ho venduto il mio tempo per fare i regali di natale - Altervista
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3 Mario Fancello In mano a chi?<br />
4 Mario Fancello Note informative: Lello Voce<br />
6 ------------ -------------- Prof<strong>il</strong>o biografico <strong>di</strong> Lello Voce<br />
7 Lello Voce Trascrizione dell’intervento Polipoesia (a c. <strong>di</strong> M. Fancello)<br />
14 Mario Fancello Sottolineature<br />
16 Mario Fancello Note informative: Luca Praussello<br />
18 ------------ -------------- Prof<strong>il</strong>o biografico <strong>di</strong> Luca Praussello<br />
19 Luca Praussello Trascrizione dell’intervento (a c. <strong>di</strong> M. Fancello)<br />
23 Mario Fancello Sottolineature<br />
24 ------------ -------------- Commenti imberbi<br />
26 Gianni M<strong>il</strong>ano S’apriva autunno agli imprevisti<br />
33 Em<strong>il</strong>y Dickinson Tre poesie d’amore (traduzione <strong>di</strong> Massimo Sannelli)<br />
35 ------------ -------------- Puntasp<strong>il</strong>li (a c. <strong>di</strong> M. Fancello)<br />
37 ------------ -------------- Farfalle metropolitane (a c. <strong>di</strong> M. Fancello)<br />
39 ------------ -------------- Dizionario <strong>di</strong>dattico<br />
40 ------------ -------------- Scheletri nell’arma<strong>di</strong>o: Giancarlo Politi (a c. <strong>di</strong> M. Fancello)<br />
Cantarena<br />
Anno VII – Numero 25<br />
Marzo 2004<br />
Perio<strong>di</strong>cità trimestrale<br />
Direzione e redazione<br />
Mario Fancello<br />
S<strong>il</strong>vana Masnata<br />
Rosangela Piccardo<br />
Mirella Tornatore<br />
Realizzazione grafica<br />
Mario Canepa<br />
Mauro Grasso<br />
Rosangela Piccardo<br />
Produzione e <strong>di</strong>stribuzione in proprio<br />
Per contatti ed informazioni<br />
Scuola Me<strong>di</strong>a Statale V. Centurione<br />
Salita inferiore Catal<strong>di</strong>, 5<br />
16154 Genova<br />
Fax 010 / 6011225<br />
Posta elettronica<br />
vcenturione@tin.it<br />
2<br />
SOMMARIO<br />
In co<strong>per</strong>tina:<br />
TOMASO POGGIO, Festival della Scienza,<br />
Genova, 23 ottobre – 3 novembre 2003<br />
www.festivalscienza.it<br />
In quarta <strong>di</strong> co<strong>per</strong>tina:<br />
LUCA PRAUSSELLO, s.t., Genova, 2001<br />
Le fotografie raffiguranti gli incontri<br />
alla S.M.S. Centurione sono <strong>di</strong> M. Fancello.<br />
COMUNICATO:<br />
Ringraziamo <strong>per</strong> la collaborazione<br />
l’A.R.C.I. <strong>di</strong> Genova.
3<br />
IN MANO A CHI?<br />
I politici, se avessero davvero a cuore <strong>il</strong> destino della scuola, si occu<strong>per</strong>ebbero, fra le altre cose, anche della<br />
scelta e della formazione dei <strong>di</strong>rigenti scolastici.<br />
Girovagando tra gli archetipi si apprende che al capo d’istituto viene ascritto – come modulo primor<strong>di</strong>ale –<br />
un corpus <strong>di</strong> qualità non comuni: soli<strong>di</strong>ssimo equ<strong>il</strong>ibrio interiore, elevata prontezza sensoria, sott<strong>il</strong>i ab<strong>il</strong>ità<br />
<strong>di</strong>plomatiche, incon<strong>di</strong>zionata de<strong>di</strong>zione ai principi democratici, conoscenze cap<strong>il</strong>lari <strong>di</strong> normative<br />
ministerial-giuri<strong>di</strong>che e molto altro.<br />
Tuttavia a denotare l’identità e <strong>il</strong> valore <strong>di</strong> un vero preside è la bravura nel riconoscere accogliere ed<br />
arricchire i fermenti dell’habitat con<strong>tempo</strong>raneo. La levatura professionale <strong>di</strong> chi soprintende al lavoro<br />
educativo si misura soprattutto sul potere d’infondere energia alla ricerca dotandola delle strutture che ne<br />
favoriscano la crescita vigorosa. Ogni minuscolo ecosistema scolastico, sotto l’impulso del suo coor<strong>di</strong>natore,<br />
dovrebbe trasformarsi in car<strong>di</strong>ne culturale del quartiere e dell’intera città.<br />
Senza far torto a quanti già o<strong>per</strong>ano in pieno assetto, presi a bersaglio dagli innumerevoli cecchini, queste<br />
idee sembrano oggi provenire da altri pianeti.<br />
Che bello sarebbe se i ministri della pubblica istruzione abbandonassero <strong>il</strong> loro olimpo <strong>per</strong> passeggiare tra i<br />
comuni mortali.
Con <strong>il</strong> contributo <strong>di</strong><br />
Banca Carige<br />
4<br />
NOTE INFORMATIVE:<br />
L E L L O V O C E<br />
Grazie al contributo finanziario della Banca CARIGE, la Scuola Me<strong>di</strong>a Centurione sabato 25<br />
gennaio, dalle ore 10 alle 12.45, ha potuto ospitare nell’aula video della sede <strong>il</strong> poeta del Gruppo<br />
93, già redattore della rivista letteraria Baldus, Lello Voce.<br />
Lello Voce, in aula proiezioni, parla <strong>di</strong> poesia totale.
La conferenza/<strong>per</strong>formance, intitolata Polipoesia, fa parte del progetto scolastico Interazioni 2.<br />
Hanno assistito alla lezione sei classi (3 a B, 3 a C, 3 a D, 3 a E, 1 a H, 3 a L) sud<strong>di</strong>vise in due turni (10-<br />
11.15; 11.30-12.45).<br />
Lello, durante l’intervento, ha interpretato – su nostra richiesta – una sua poesia e ha de<strong>di</strong>cato molto<br />
<strong>tempo</strong> alla proizione <strong>di</strong> un CD Rom, ideato da lui, costituito da un’antologia visivo-sonora <strong>di</strong> molti<br />
dei principali poeti totali.<br />
Della mattinata esistono una videoripresa (effettuata da alcuni dei nostri allievi) e<br />
un’au<strong>di</strong>oregistrazione.<br />
La versione scritta dell’incontro non usufruisce del placet del Poeta.<br />
5<br />
Lello Voce tra gli allievi della Centurione
6<br />
PROFILO BIOGRAFICO<br />
L E L L O V O C E<br />
Lello Voce è nato a Napoli nel 1957. vive e lavora a Treviso. Poeta, scrittore e <strong>per</strong>former, è stato tra<br />
i fondatori del Gruppo 93 e del semestrale letterario “Baldus”.<br />
Ha pubblicato nel 1985 Singin’ Napoli cantare (Ripostes ed.), nel 1992 (Musa!) (libro + au<strong>di</strong>o<br />
cassetta, Mancosu ed.) e nel 1966 I segni i suoni le cose (libro + CD Au<strong>di</strong>o, Manni ed.). Del 1999 è<br />
<strong>il</strong> suo primo romanzo Eroina (Transeuropa ed.).<br />
Il suo ultimo volume <strong>di</strong> versi, Farfalle da combattimento, comprendente un CD au<strong>di</strong>o con sue<br />
letture e musiche <strong>di</strong> Paolo Fresu e Frank Nemola e <strong>il</strong>lustrato da sei <strong>di</strong>segni <strong>di</strong> S<strong>il</strong>vio Merlino è stato<br />
pubblicato nella collana InVersi <strong>di</strong>retta da Aldo Nove, presso Bompiani. Sue poesie e racconti sono<br />
stati pubblicati su quoti<strong>di</strong>ani (“La Repubblica”, “Lo Specchio della Stampa”, “L’Unità”, ecc.),<br />
riviste (tra le altre, “Baldus”, “Altri Termini”, “Anterem”, “Ritmica”, “Il Verri”, “Variations”,<br />
“Cahiers du Refuge”, ecc.) e raccolte antologiche in Italia e all’estero (tra cui: La poesia italiana<br />
della contrad<strong>di</strong>zione, a cura <strong>di</strong> Cavallo e Lunetta, Newton Compton, 1989; 1° Quaderno <strong>di</strong><br />
“Invarianti”, a cura <strong>di</strong> G. Patrizi, Pellicani, 1989; Shearsmen of Sort; Italian Poetry 1975-1993,<br />
num. spec. <strong>di</strong> “Forum Italicum”, New York University, 1993, Italian Poetry 1950 to 1990, Dante<br />
University Press, Boston, 1996).<br />
Ha partecipato a numerosi rea<strong>di</strong>ng e <strong>per</strong>formance in giro <strong>per</strong> <strong>il</strong> mondo.<br />
Suoi testi sono stati trasmessi in spazi ra<strong>di</strong>ofonici della RAI (Rai Ra<strong>di</strong>oUno StereoBox, Ra<strong>di</strong>o 3<br />
Suite, Lampi <strong>di</strong> Primavera, ecc.), della ra<strong>di</strong>o nazionale spagnola e della Ra<strong>di</strong>o Television Suisse<br />
Romande (Espace 2: Les dossiers d’espace2 – La poèsie sonore).
Legenda:<br />
- LV - Lello Voce<br />
- RR - Alunni delle classi III B, III C, III D, III E, I H, III L<br />
- R - Singoli allievi non identificati<br />
- RP - Rosangela Piccardo<br />
TRASCRIZIONE DELL’INTERVENTO<br />
L E L L O V O C E<br />
P O L I P O E S I A<br />
- LV – [...] CD ROM è iniziata con una trasmissione TV che si chiama (si chiamava, s<strong>per</strong>iamo si<br />
chiamerà ancora) L’ombelico del mondo, che è una trasmissione della RAI che <strong>ho</strong> fatto<br />
insieme a degli altri amici e da questa trasmissione è venuto fuori un CD ROM che si chiama<br />
nel modo in cui Enzo Minarelli chiama la poesia, cioè si chiama Polipoesia, cioè una poesia<br />
fatta in tanti mo<strong>di</strong>, in tante maniere, e siccome voi sembrate più cortesi dei colleghi che vi<br />
hanno preceduto 1<br />
[sorride], la cosa mi consola moltissimo, volevo cominciare anche con<br />
voi questo viaggio; magari la luce la teniamo a<strong>per</strong>ta <strong>per</strong>ché credo si veda abbastanza bene<br />
lo stesso, la chiu<strong>di</strong>amo solo quando ve<strong>di</strong>amo delle cose visive. Allora, ... Ecco i primi<br />
ritardatari.<br />
- RP – No, no, sono giustificati.<br />
- LV – Sono giustificati? E va bene, li <strong>per</strong>doniamo. Allora,<br />
- RP – Collaborano.<br />
- LV – Sono collaboranti. Allora: [visione e ascolto <strong>di</strong> un brano del CD ROM]. Allora questo<br />
conto alla rovescia, che avete sentito, è un pezzo <strong>di</strong> una poesia sonora <strong>di</strong> un poeta italiano<br />
che si chiama Adriano Spatola, che è morto da poco e che era uno dei più importanti poeti<br />
sonori. Riproviamo quello che abbiamo provato prima: volevo partire con voi da qualcosa<br />
che forse a scuola avete già conosciuto, che è <strong>il</strong> Futurismo; <strong>il</strong> Futurismo sono questi artisti<br />
un po’ strani un po’ buffi che facevano poesia in tutti i mo<strong>di</strong>; pensate che facevano<br />
1 Fa riferimento agli allievi del primo turno molti dei quali hanno approfittato dell’occasione <strong>per</strong> <strong>fare</strong> chiasso.<br />
7
ad<strong>di</strong>rittura la poesia degli odori; non <strong>ho</strong> capito bene come facessero, probab<strong>il</strong>mente<br />
andavano in giro con queste robe che usate anche voi a Carnevale con i vari odori <strong>per</strong>ché<br />
sostenevano che una serie <strong>di</strong> odori messi insieme poteva essere una poesia; e volevo<br />
ripartire da questo signore che si chiama Giacomo Balla, che è anche un grande pittore oltre<br />
che un artista futurista e vi volevo far sentire una cosa <strong>di</strong> Balla, <strong>di</strong> partenza, che si chiama Il<br />
pigro, è una poesia del 1920, ed è – come <strong>di</strong>re? – la mia maniera <strong>di</strong> <strong>di</strong>rvi che con la poesia<br />
ci si può anche <strong>di</strong>vertire; è molto sim<strong>il</strong>e a quello che potrebbe capitare <strong>di</strong> <strong>fare</strong> a voi se<br />
voleste <strong>fare</strong> una poesia <strong>per</strong> ridere e voleste far vedere – secondo voi – chi è una <strong>per</strong>sona<br />
pigra. S<strong>per</strong>iamo che stavolta parta subito, eccola [attiva un’altra finestra del CD ROM].<br />
Cioè, voglio <strong>di</strong>re fatela sentire a papà e a mamma quando siete molto stanchi e magari<br />
provate a convincerli <strong>di</strong> farvi dormire un po’ in più. Avete sentito che non erano importanti<br />
solo le parole; se voi prendete <strong>il</strong> testo <strong>di</strong> questa poesia e la leggete così, la prima<br />
impressione che avete è che sia una poesia tutto sommato sciocca, un po’ stupida; in realtà<br />
ciò che conta è <strong>il</strong> modo in cui viene letta; quando viene letta <strong>di</strong> colpo può <strong>di</strong>ventare una<br />
cosa non <strong>di</strong>co proprio <strong>di</strong>vertente <strong>per</strong>ché lo so che la poesia insomma non è proprio non stop<br />
nelle vostre classifiche, insomma un po’ meno noiosa, un po’ meno noiosa del solito e<br />
sempre in ambito futurista voglio farvi vedere una cosa, cioè prima <strong>di</strong> tutto guardate questo<br />
testo, ecco pren<strong>di</strong>amo questo, apriti, eccolo là, è lento, vedete questo testo? Si chiama<br />
Verbalizzazione astratta <strong>di</strong> signora, è la descrizione <strong>di</strong> una signora, non so come si <strong>di</strong>ca la<br />
signora molto elegante a Genova, in Veneto si <strong>di</strong>ce sioretta, la sioretta è <strong>di</strong> quelle che<br />
quando si alzano dal letto ci ha i capelli fatti come quando è andata a dormire, non so come<br />
mai. Provate a mettere assieme questo testo con la recitazione che ne fa De<strong>per</strong>o, che è un<br />
altro grande pittore, un altro grande poeta futurista. S<strong>per</strong>iamo che parta, no <strong>ho</strong> sbagliato, <strong>ho</strong><br />
sbagliato, ragazzi <strong>ho</strong> sbagliato, fate finta <strong>di</strong> niente, doveva partire questo, non è successo<br />
niente. [Parte <strong>il</strong> f<strong>il</strong>mato dell’i<strong>per</strong>testo]. Vedete com’è scritta? Col laser vi sto in<strong>di</strong>cando<br />
dove sta leggendo, vedete?<br />
- RR – [I ragazzi ridono].<br />
- LV – É un po’ nervosa la signora. Ecco credo che possiamo interrom<strong>per</strong>e <strong>per</strong>ché <strong>il</strong> <strong>tempo</strong> è<br />
tiranno. Provate a pensare cos’è importante in questa poesia, pensate a quello che avete<br />
ascoltato e a quello che state vedendo e domandatevi se sono più importanti le parole o <strong>il</strong><br />
sostegno materiale che c’è sotto <strong>di</strong> esse, cioè (lo so che <strong>ho</strong> detto una cosa <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e adesso,<br />
provo a spiegarvela meglio) la voce non è la stessa cosa della parola. Se io emetto un suono<br />
senza articolare una parola allora c’è solo la voce, giusto? Se io articolo la parola allora c’è<br />
<strong>il</strong> linguaggio. Quello che c’è sotto <strong>per</strong>ò è la voce, è un elemento materiale. Avete mai<br />
notato che quando gli insegnanti si arrabbiano, anch’io sono un insegnante, e lanciano<br />
quegli urli belluini – no? – terrib<strong>il</strong>i, che sono in<strong>di</strong>menticab<strong>il</strong>i <strong>per</strong> tutta la nostra vita, le<br />
finestre tremano. E lo sapete <strong>per</strong>ché? Perché la voce è l’elemento materiale più sott<strong>il</strong>e che<br />
esista, più impalpab<strong>il</strong>e che esista, ma è materiale. Con la voce possiamo carezzarvi o, a<br />
volte, anche se metaforicamente, qualche volta anche non tanto metaforicamente quando<br />
fate i cattivi, schiaffeggiarvi con i nostri urli. E vedete queste elaborazioni grafiche, vedete<br />
che non è importante tanto ciò che è scritto, ma come è fatta la parola che è scritta. Io da<br />
qua vorrei con voi <strong>fare</strong> un salto imme<strong>di</strong>ato molto più avanti in Italia, parlo dei poeti viventi,<br />
<strong>di</strong> colleghi, e farvi vedere le o<strong>per</strong>e <strong>di</strong> un signore che si chiama Lamberto Pignotti, e vi <strong>di</strong>co<br />
anche <strong>per</strong>ché ve le voglio far vedere. Vedete che c’è Pa<strong>per</strong>ino? C’è Pa<strong>per</strong>ino, sì, c’è<br />
Pa<strong>per</strong>ino. È una cosa tranqu<strong>il</strong>la, siamo poeti buoni, ci piace Pa<strong>per</strong>ino, siamo brave <strong>per</strong>sone.<br />
Allora, ragazzi, sapete <strong>per</strong>ché voglio farvele vedere? Perché entrando in quest’aula adesso,<br />
dopo aver fumato la mia sigaretta d’intervallo, sulla destra <strong>ho</strong> visto dei collages molto<br />
carini fatti con dei pezzi <strong>di</strong> giornale. 2<br />
Bene, quello che volevo farvi vedere è che questo<br />
modo <strong>di</strong> <strong>fare</strong> poesia con le immagini e con le parole è una cosa che fanno anche i poeti<br />
2 Si tratta <strong>di</strong> lavori fatti realizzare dalla professoressa Rosangela Piccardo ed esposti nei corridoi della Centurione.<br />
8
importanti, <strong>per</strong> farvi capire che quello che a voi magari sembra un gioco può essere invece<br />
un’attività molto importante se voi riuscite a capire come farla e a sfruttarne gli aspetti più<br />
creativi. Partiamo da Pa<strong>per</strong>ino? Che <strong>di</strong>te? Si parte da Pa<strong>per</strong>ino. Vai Pa<strong>per</strong>ino. Apriti<br />
Pa<strong>per</strong>ino. Voi pensavate che fosse Pa<strong>per</strong>ino, eh! Guardate che viene fuori, ah! Un seno.<br />
Ecco è <strong>il</strong> nuovo futuro d’avanguar<strong>di</strong>a. Come vedete Pa<strong>per</strong>ino non è molto contento del<br />
nuovo futuro d’avanguar<strong>di</strong>a, né della signorina <strong>di</strong>scinta né tanto meno del futuro<br />
d’avanguar<strong>di</strong>a che lo aspetta. Quest’o<strong>per</strong>a che state vedendo è un’o<strong>per</strong>a <strong>di</strong> un poeta che si<br />
chiama Lamberto Pignotti.<br />
- R – Ce ne fa vedere altre?<br />
- LV – Come no, adesso ve ne faccio vedere tante.<br />
- RR – [Ridacchiano].<br />
Lello Voce fotografato tra gli allievi <strong>di</strong> III C davanti allo striscione dello sponsor (Banca Carige) dell’intervento.<br />
A destra: <strong>il</strong> professore <strong>di</strong> tecnica Mauro Grasso mentre cerca <strong>di</strong> far funzionare un riottoso au<strong>di</strong>oregistratore.<br />
- LV – Questo modo particolare <strong>di</strong> <strong>fare</strong> poesia si chiama poesia visiva. Allora, tanto <strong>per</strong>ché<br />
magari può essere ut<strong>il</strong>e poi ai colleghi quando devono riprendere <strong>il</strong> <strong>di</strong>scorso, vi do una<br />
piccola <strong>di</strong>stinzione. Quando faccio poesia anche <strong>per</strong> gli occhi, e non intendo <strong>di</strong>re <strong>per</strong> la<br />
lettura ma con le immagini, posso usare due meto<strong>di</strong> fondamentalmente; una cosa che viene<br />
fuori dal primo metodo si chiama la poesia concreta, e adesso – dopo questa – ve la faccio<br />
vedere, un’altra si chiama poesia visiva. La <strong>di</strong>fferenza sta sostanzialmente nel fatto che nel<br />
primo caso <strong>per</strong> creare delle immagini io ut<strong>il</strong>izzo soltanto la forma delle lettere, delle parole,<br />
del linguaggio; nel secondo caso, della poesia visiva, invece adotto anche delle immagini<br />
vere e proprie come quelle dei collages prese dai giornali che fate anche voi normalmente –<br />
credo – nelle lezioni <strong>di</strong> Artistica o magari anche nelle lezioni <strong>di</strong> Italiano se avete gli<br />
insegnanti che vogliono farvi poesia visiva. Questo è l’occhio terrib<strong>il</strong>e che sembrava una<br />
cosa da piccoli brivi<strong>di</strong> e invece – guardate – Quelli dell’Apocalisse non sanno più <strong>di</strong>vertirsi<br />
9
e anche questo credo sia una cosa che vi riguar<strong>di</strong>. Quando prima vedevo i vostri amici 3<br />
che<br />
ridevano prima <strong>di</strong> sa<strong>per</strong>e <strong>per</strong> cosa ridere mi è venuta in mente questa poesia <strong>di</strong> Pignotti che<br />
si chiama Quelli dell’Apocalisse non sanno più <strong>di</strong>vertirsi, <strong>per</strong>ché voi capite che ridere<br />
prima che ci sia qualcosa da ridere è una con<strong>di</strong>zione drammaticissima <strong>di</strong> <strong>per</strong>sone che non<br />
sono affatto contente, che ridono <strong>per</strong>ché non possono piangere in quel momento e mi è<br />
vento in mente Quelli dell’Apocalisse <strong>di</strong> Pignotti. Ve ne faccio vedere qualcun’altra <strong>di</strong><br />
Pignotti che può essere interessante a proposito <strong>di</strong> ... Guardate questa è un’immagine con<br />
giornali, quoti<strong>di</strong>ani: No al dolore. Quanto può <strong>di</strong>rsi si può <strong>di</strong>re chiaro. La rivoluzione toglie<br />
<strong>il</strong> dolore. Io sono convinto che guardandoli voi vi rendete conto che, dal punto <strong>di</strong> vista<br />
manuale, questa è una cosa che potete <strong>fare</strong> anche voi, è un metodo che potete usare anche<br />
voi. È ovvio che poi non basta la manualità, occorrono delle idee, occorrono delle teorie –<br />
<strong>di</strong>ciamo noi gran<strong>di</strong> – <strong>di</strong>etro; <strong>per</strong>ò questo è un modo che credo possa esservi ut<strong>il</strong>e <strong>per</strong><br />
esprimere la vostra creatività <strong>di</strong> partenza senza dover scegliere: voglio <strong>fare</strong> una poesia,<br />
voglio <strong>fare</strong> un <strong>di</strong>segno, voglio <strong>fare</strong> un collage. Provando a mettere insieme tutte le<br />
competenze che avete, e certamente ne avete, <strong>per</strong> tirare fuori qualcosa che esprima i vostri<br />
stati d’animo. Allora vi parlavo prima della poesia concreta. La poesia si può <strong>fare</strong> prima <strong>di</strong><br />
tutto – <strong>di</strong>cevamo – anche solo con le lettere – no ragazzi? – cioè cambiando la <strong>di</strong>mensione<br />
delle lettere oppure, ad<strong>di</strong>rittura, facendole muovere nel momento in cui i poeti scoprono i<br />
nuovi me<strong>di</strong>a elettronici. Noi poeti siamo come dei bambini, ci piace moltissimo questa roba<br />
del computer, del sonoro; io a casa ci <strong>ho</strong> tantissimi microfoni e campionatori <strong>per</strong> <strong>fare</strong> le mie<br />
poesie e mi <strong>di</strong>verto come un matto, molto più che a scrivere le poesie semplicemente con la<br />
penna e <strong>il</strong> foglio <strong>di</strong> carta che dopo un po’ mi viene la malinconia pure a me che metà basta e<br />
<strong>di</strong>co: «No, voglio cambiare lavoro» e invece appena mi metto a lavorare con la musica e le<br />
parole torno a <strong>di</strong>vertirmi <strong>di</strong> nuovo. Adesso parte una pagina, nel momento in cui parte<br />
questa pagina parte una canzone o una poesia, quello che vi pare, un coretto che si chiama<br />
Coca Cola e si riferisce esattamente alla Coca Cola che bevete; l’ha fatta un poeta<br />
bras<strong>il</strong>iano che si chiama Decio Pignatari e è sostanzialmente ciò che lui pensa della Coca<br />
Cola. Adesso ve la faccio vedere, si vede in piccolino al centro della pagina. È partito a<br />
metà, ha un problema <strong>di</strong> memoria, ecco, eccola qua, la vedete? La vedete? [Videoascolto].<br />
Cloaca cloaca. Pignatari era uno convinto che, se bevete la Coca Cola, vi avvelenate tutti e<br />
lo ha espresso in questo modo. Ma guardate che cosa è capace <strong>di</strong> <strong>fare</strong>, s<strong>per</strong>ando che la<br />
nostra memoria virtuale qui<br />
- R – [Pone una domanda].<br />
- LV – Cloaca è una fogna, è la fogna, è lo scarico, è <strong>il</strong> collettore dove vanno ... ed è quin<strong>di</strong><br />
l’idea che questa bevanda insomma proprio tanto bene non fa. Ma guardate cosa si può <strong>fare</strong>.<br />
Questo che vedete adesso è un cinepoema, sempre <strong>di</strong> Decio Pignatari, sulla parola life, che<br />
significa vita. S<strong>per</strong>iamo che parta. Questo è assolutamente s<strong>il</strong>enzioso, dovete solo vederlo.<br />
Si formano pian piano le lettere. Questa è la elle, vedete? C’è stata la i in mezzo. Life.<br />
Questa è poesia in movimento, poesia visi[va], e non è <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e da realizzare con un pc, eh.<br />
Tra qualche anno molti <strong>di</strong> voi sapranno <strong>fare</strong> cose tecnologicamente molto più complesse <strong>di</strong><br />
questo piccolo poemetto <strong>di</strong> Decio. Eeehhh, <strong>il</strong> computer ha l’autoran inserito e non abbiamo<br />
detto al collega <strong>di</strong> togliere l’autoran. Attenzione, guardate cosa si può <strong>fare</strong> con la poesia;<br />
questo che vedete si chiama Rêver che significa “sognare” ed è un poema visivo <strong>di</strong> un altro<br />
autore bras<strong>il</strong>iano che si chiama Augusto De Campos. Sognare, questo è <strong>il</strong> modo ... [Parte <strong>il</strong><br />
f<strong>il</strong>mato]. Ancora, guardate come si può <strong>fare</strong> una – eccolo qua – una poesia su una parola<br />
che tutti conoscete che è SOS, la conoscono in tutto <strong>il</strong> mondo. Un’altra cosa importante <strong>di</strong><br />
questa cosa che si chiama poesia concreta (questa che vedete adesso è proprio poesia<br />
concreta) è che un problema dei poeti è che devono essere tradotti. Se io suonassi la chitarra<br />
avrei molto meno <strong>di</strong>fficoltà ad essere conosciuto negli Stati Uniti <strong>di</strong> quanta non ne abbia<br />
3 Si riferisce <strong>di</strong> nuovo al comportamento degli alunni del primo turno.<br />
10
siccome scrivo in una lingua che è l’italiano. I poeti concreti si erano messi in testa che<br />
fosse possib<strong>il</strong>e <strong>fare</strong> della poesia basandosi su delle parole molto semplici. Nessuno <strong>di</strong> noi ha<br />
come madre lingua l’inglese – no? – ma life sapevate tutti che significava vita, quin<strong>di</strong><br />
funzionava. L’idea è quella <strong>di</strong> poter <strong>fare</strong> una poesia che poi sia valida in tutti i punti del<br />
mondo, in cui tanto l’inglese quanto <strong>il</strong> tedesco, <strong>il</strong> giapponese possano capirlo, e SOS è una<br />
cosa del genere. Dal punto <strong>di</strong> vista tecnico, siccome so che poi ai ragazzi piacciono le cose<br />
tecnologiche, questa che vedete è un’animazione flash <strong>di</strong> un poema che si chiama SOS <strong>di</strong><br />
Augusto De Campos. [Videoascolto]. Guardate come si forma l’immagine. Ognuna <strong>di</strong><br />
quelle lettere è un’immagine separata che è stata montata come in un cinemontaggio.<br />
Niente male, eh?<br />
Lello Voce, al 2° turno, tra gli alunni <strong>di</strong> III B. A destra la professoressa <strong>di</strong> Lingua Inglese Clau<strong>di</strong>a Meschinelli.<br />
- RR – [Pongono delle domande].<br />
- LV – No, è un tipo <strong>di</strong> software particolare. Cioè, <strong>per</strong> costruire queste immagini avete<br />
bisogno <strong>di</strong> una cosa che si chiama flash, che è un’interfaccia che è stata costruita apposta<br />
<strong>per</strong> <strong>per</strong>mettere <strong>il</strong> rapporto tra la creatività umana e la macchina, quin<strong>di</strong> è particolarmente<br />
dutt<strong>il</strong>e. La stessa poesia è un’immagine poi <strong>per</strong> conto suo. Eccola. Questa è un’immagine <strong>di</strong><br />
poesia concreta. Cioè: da questa stessa poesia <strong>il</strong> poeta tira fuori un f<strong>il</strong>e au<strong>di</strong>o, cioè lavora<br />
sulla voce con i musicisti, ha un’animazione flash e c’è un testo <strong>di</strong> poesia concreta. Questo<br />
è quello che io intendevo quando vi <strong>di</strong>cevo prima: esiste una poesia particolare che si<br />
chiama poesia concreta. Vedete? Non ci sono immagini come prima, ci sono solo le lettere,<br />
che <strong>per</strong>ò si <strong>di</strong>spongono nello spazio – in questo caso – con la forma <strong>di</strong> un <strong>di</strong>sco che gira. La<br />
cosa può essere anche molto più semplice, può essere una cosa del genere <strong>per</strong> esempio<br />
[esemplifica al computer]. Questo è Aroldo De Campos, è probab<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> più grande<br />
poeta bras<strong>il</strong>iano vivente, attualmente, e si chiama Cristal cristal questa poesia. Vedete<br />
come sono semplici le parole che ci sono dentro. Cristal cristal fome, significa fame. Cristal<br />
cristal fome de forma, fame <strong>di</strong> forma. Cristal cristal fame <strong>di</strong> forma. È in portoghese, in<br />
bras<strong>il</strong>iano <strong>per</strong> essere precisi, ma adotta anche in questo caso delle parole semplicissime<br />
11
<strong>per</strong>ché <strong>il</strong> Poeta vuole avere la certezza <strong>di</strong> poter essere – come <strong>di</strong>re? – imme<strong>di</strong>atamente<br />
compreso anche da chi non parla la sua lingua. E torniamo un attimo all’au<strong>di</strong>o. Si possono<br />
<strong>fare</strong> queste cose con l’occhio, con le immagini, e si può lavorare con la voce. Allora, voi<br />
vivete in un posto che si chiama Genova, che tutti conoscevano pure prima, ma adesso<br />
conoscono soprattutto <strong>per</strong>ché è <strong>di</strong>ventata in qualche modo la città del G8 e questo G8<br />
dentro e fuori parlava, adesso non ci interessa chi avesse ragione, c’interessa che in questo<br />
G8 si parlava <strong>di</strong> una cosa, cioè del fatto che c’erano tanti popoli nella terra e che questi<br />
popoli dovevano trovare una maniera <strong>di</strong> convivere. C’è un poeta francese molto importante<br />
che si chiama Bernard Heidsieck, che è questo signore che vedete qui dove <strong>ho</strong> <strong>il</strong> <strong>mio</strong><br />
mouse, che un giorno ha deciso <strong>di</strong> <strong>fare</strong> una poesia che si chiama Vaduz passe-partout.<br />
Allora Vaduz è un paesino nel centro dell’Europa, è praticamente al centro dell’Europa.<br />
Ricordate quella poesia che abbiamo appena visto, SOS, come era circolare? Lo stesso<br />
lavoro, che Augusto De Campos ha fatto con le immagini, Bernard Heidsieck lo fa adesso<br />
con la voce. Voi ne sentirete un pezzettino <strong>per</strong>ché è molto lungo. Sostanzialmente l’idea è<br />
questa, nominare circolarmente, andando sempre più largo come in una spirale, i nomi <strong>di</strong><br />
tutti i popoli che pian piano incontro andando da Vaduz e allargandosi sempre. Si parte<br />
dall’Europa e – come capite – si arriva fino all’Amazzonia e questa che sentite adesso è una<br />
vera e propria poesia sonora, cioè è un esempio <strong>di</strong> come si fa adesso la poesia, non<br />
precisamente <strong>di</strong> come la faccio io <strong>per</strong>ché la faccio con dei musicisti, con delle basi<br />
musicali, lui usa in questo momento invece la sua voce e due nastri preregistrati, cioè<br />
registra una traccia una volta, poi registra una seconda traccia, le sincronizza in un certo<br />
modo e dal vivo ci piazza la sua voce dentro. Anche questo è un es<strong>per</strong>imento che potete<br />
<strong>fare</strong> a casa tranqu<strong>il</strong>lamente, vi servono solo due registratori; vengono fuori delle cose che<br />
forse non saranno della grande poesia come questa ma che vi garantiscono e vi fanno<br />
<strong>di</strong>vertire moltissimo soprattutto se provate a usare le voci degli amici e a mescolarle e a far<br />
<strong>di</strong>re loro qualcosa che non volevano <strong>di</strong>re. Io l’<strong>ho</strong> fatto con degli allievi <strong>di</strong> una scuola <strong>di</strong><br />
Firenze e alla fine vi garantisco che sono venute fuori delle cose davvero es<strong>il</strong>aranti. Loro lo<br />
hanno fatto – senza <strong>di</strong>rlo – con le voci degli insegnanti, i risultati sono stati drammatici. Per<br />
cui – come <strong>di</strong>re? – ut<strong>il</strong>izzatelo anche <strong>per</strong> <strong>di</strong>fesa <strong>per</strong>sonale nei prossimi giorni. S<strong>per</strong>iamo che<br />
parta, questo è Vaduz passe-partout. Autour significa tutto intorno [Sovrappone la sua voce<br />
a quella del f<strong>il</strong>mato]. Allemand tedeschi. Dei Sassoni. Dei Bavaresi. Les Ligures siete voi,<br />
eh; i Liguri siete voi, è arrivato qui.<br />
- RR – [Chiacchierano].<br />
- LV – Lo porto un po’ più avanti <strong>per</strong> farvi vedere dove arriva, eh?<br />
- R – No no no.<br />
- LV – Solo un pezzettino più avanti dei Sic<strong>il</strong>iens <strong>per</strong> farti sentire cosa succede nella foresta<br />
amazzonica, senti. Sentite come accelera?<br />
- RR [Ridono].<br />
- LV – E andando avanti così ... Allora, questo era Vaduz passe-partout. Tornate a me, sono<br />
qua, vo<strong>il</strong>à, vo<strong>il</strong>à. Non è sempre così noiosa la poesia. Ci sono delle eccezioni come vedete.<br />
Molto ritmica. La poesia può essere ut<strong>il</strong>e in vari mo<strong>di</strong> – ragazzi – quando <strong>di</strong>venta poco<br />
noiosa come in questo caso, può essere ut<strong>il</strong>e anche a dare dei messaggi e, a volte, sono dei<br />
messaggi importanti. Questa poesia che vi faccio sentire adesso si chiama [...] che significa<br />
Farsi le <strong>per</strong>e non è una bella cosa, ragazzo, letteralmente; cioè, la droga non è una bella<br />
cosa.<br />
- RR – [Chiacchierano].<br />
- LV – Ragazziii ... Allora. Se <strong>per</strong>ò non vi spiego come funziona ... Prima siete riusciti a<br />
<strong>di</strong>vertirvi un po’ – almeno s<strong>per</strong>o – <strong>per</strong>ché io vi spiegavo prima come funzionava; se non mi<br />
state a sentire <strong>di</strong>venta rumore soltanto <strong>per</strong> voi, ma non <strong>per</strong>ché non siete bravi, <strong>per</strong>ché<br />
nessuno vi spiega come funziona e quin<strong>di</strong> ...<br />
- RR – [Risulta chiaro che stanno parlando <strong>di</strong> Vaduz].<br />
12
- LV – Vaduz è forte, Vaduz è forte.<br />
- R – Lo può rimettere?<br />
- LV – Adesso ne sentiamo uno più bello <strong>di</strong> Vaduz. Dopo, <strong>di</strong> Vaduz ti faccio una<br />
registrazione <strong>per</strong>sonale e te la mando solo <strong>per</strong> te e te la metti in camera.<br />
- R – Oh, grazie.<br />
- LV – Allora,<br />
- RP – Stooop – ragazzi. Ora basta.<br />
- LV – ricordate quello che v’<strong>ho</strong> detto prima a proposito della poesia concreta no? La poesia<br />
concreta può essere anche sonora. La poesia concreta sonora consiste nell’ut<strong>il</strong>izzo <strong>di</strong><br />
pochissime parole che vengono <strong>per</strong>mutate, cioè ridette e costruite inven[s’interrompe qui la<br />
registrazione].<br />
Lello Voce mentre – su <strong>mio</strong> invito – interpreta una sua poesia.<br />
13
14<br />
SOTTOLINEATURE<br />
1. Quando i vostri amici ridevano prima <strong>di</strong> sa<strong>per</strong>e <strong>per</strong> cosa ridere mi è venuta in mente la<br />
poesia <strong>di</strong> Pignotti Quelli dell’Apocalisse non sanno più <strong>di</strong>vertirsi, <strong>per</strong>ché ridere prima che ci<br />
sia qualcosa da ridere è una con<strong>di</strong>zione drammaticissima <strong>di</strong> <strong>per</strong>sone che non sono affatto<br />
contente, che ridono <strong>per</strong>ché non possono piangere.<br />
2. So che la poesia non è non stop nelle vostre classifiche.<br />
3. Con la poesia ci si può anche <strong>di</strong>vertire.<br />
4. I futuristi facevano poesia in tutti i mo<strong>di</strong>. Componevano ad<strong>di</strong>rittura la poesia degli odori.<br />
Non <strong>ho</strong> capito bene come facessero, probab<strong>il</strong>mente andavano in giro con quelle robe che si<br />
usano a Carnevale <strong>per</strong>ché sostenevano che una serie <strong>di</strong> odori messi insieme poteva essere<br />
una poesia.<br />
5. Con la voce possiamo carezzarvi o – quando fate i cattivi – schiaffeggiarvi.<br />
6. Avete mai notato che quando gli insegnanti si arrabbiano – anch’io sono un insegnante – e<br />
lanciano quegli urli belluini terrib<strong>il</strong>i, che sono in<strong>di</strong>menticab<strong>il</strong>i, le finestre tremano?<br />
7. Non è importante tanto ciò che è scritto, ma come è fatta la parola scritta.<br />
8. Noi poeti siamo come dei bambini: ci piace moltissimo <strong>il</strong> computer. Io a casa <strong>ho</strong> tantissimi<br />
microfoni e campionatori <strong>per</strong> <strong>fare</strong> le mie poesie e mi <strong>di</strong>verto come un matto, molto più che a<br />
scriverle semplicemente con la penna e <strong>il</strong> foglio <strong>di</strong> carta, infatti – dopo un po’ – mi viene la<br />
malinconia pure a me e <strong>di</strong>co: «No, voglio cambiare lavoro», e invece appena mi metto a<br />
lavorare con la musica e le parole torno a <strong>di</strong>vertirmi <strong>di</strong> nuovo.
9. Quando faccio poesia anche <strong>per</strong> gli occhi, posso usare due meto<strong>di</strong>; uno si chiama poesia<br />
concreta, l’altro poesia visiva. La <strong>di</strong>fferenza sta sostanzialmente nel fatto che nel primo caso<br />
<strong>per</strong> creare delle immagini ut<strong>il</strong>izzo soltanto la forma delle lettere, delle parole, del<br />
linguaggio; nel secondo caso adotto anche delle immagini vere e proprie come quelle dei<br />
collages prese dai giornali.<br />
10. Si può <strong>fare</strong> poesia su parole note in tutto <strong>il</strong> mondo. Chi suona la chitarra ha meno <strong>di</strong>fficoltà<br />
d’essere conosciuto negli Stati Uniti <strong>di</strong> quanta non ne abbia chi scrive in italiano. I poeti<br />
concreti si erano messi in testa che fosse possib<strong>il</strong>e <strong>fare</strong> della poesia basandosi su delle parole<br />
molto semplici. Nessuno <strong>di</strong> noi ha come madre lingua l’inglese, ma sanno tutti che life<br />
significa vita, quin<strong>di</strong> funziona. L’idea è quella <strong>di</strong> <strong>fare</strong> una poesia che sia valida in tutti i<br />
punti del mondo, in cui tanto l’inglese quanto <strong>il</strong> tedesco, <strong>il</strong> giapponese possano capirla.<br />
Lello Voce al microfono. Vicino alla tenda la prof. d’Inglese Clau<strong>di</strong>a Meschinelli. In basso, <strong>di</strong>nanzi al carrello su cui si trova <strong>il</strong><br />
videoproiettore, la prof. d’Artistica Nicoletta Bur<strong>di</strong>sso. Di fianco, a destra, la prof. <strong>di</strong> Lettere Franca Rinal<strong>di</strong>.<br />
15
Con <strong>il</strong> contributo della<br />
Provincia <strong>di</strong> Genova<br />
16<br />
NOTE INFORMATIVE<br />
LUCA PRAUSSELLO<br />
Giovedì 13 febbraio 2003 <strong>il</strong> poeta Luca Praussello, nell’au<strong>di</strong>torium della Centurione, ha posto gli<br />
allievi <strong>di</strong> I B e III B (e quelli <strong>di</strong> III C in un’altra mattinata), attraverso la tecnica dell’happening,<br />
<strong>di</strong>nanzi ai principi <strong>di</strong> base delle sue teorie artistiche.<br />
Luca Praussello in au<strong>di</strong>torium spiega agli allievi <strong>di</strong> II B e III B l’uso dell’elettrofono.
L’incontro, supportato economicamente dalla Provincia <strong>di</strong> Genova, rientra nel progetto scolastico<br />
Interazioni 2.<br />
La trascrizione, alquanto lacunosa a causa della pessima acustica, non è stata visionata dall’Artista.<br />
Disponiamo <strong>di</strong> una registrazione in au<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> un’altra in video.<br />
L’alunno Emanuele Scapìn effettua la ripresa video. A sinistra <strong>il</strong> collega <strong>di</strong> Educazione Fisica: Professor Mario Canepa.<br />
17
18<br />
PROFILO BIOGRAFICO DI:<br />
L UC A P R A U S S E L L O<br />
Membro fondatore delle Voci Atroci, partendo dall’analisi del lavoro <strong>di</strong> Demetrio Stratos e<br />
attraverso es<strong>per</strong>ienze <strong>di</strong> vocalità classica presso <strong>il</strong> Conservatorio Niccolò Paganini, <strong>di</strong> Jazz presso la<br />
Berkley Summer Sc<strong>ho</strong>ol ed i Clinics <strong>di</strong> Umbria Jazz 92, <strong>di</strong> musica etnica, in migliaia <strong>di</strong><br />
<strong>per</strong>formance dal vivo ha costruito un vocabolario musicale che preferisce esprimere senza la<br />
me<strong>di</strong>azione <strong>di</strong> alcun strumento. Si de<strong>di</strong>ca infatti alla s<strong>per</strong>imentazione vocale, considerando proprio<br />
la voce come lo strumento primo e più naturale, che viene <strong>per</strong>ò usualmente trascurato e costretto<br />
dall’educazione e dalle convenzioni che ne limitano le possib<strong>il</strong>ità espressive. La <strong>per</strong>formance<br />
attualmente proposta tende a realizzare una comunicazione totale con l’au<strong>di</strong>ence, sfruttando stimoli<br />
visuali e sonori <strong>per</strong> riscoprire la voce cantata nelle sue infinite forme e nella totalità delle sue<br />
possib<strong>il</strong>ità espressive; partendo dalla ricerca della “propria” voce e dalla produzione dei suoni più<br />
<strong>per</strong>sonali, li integra in un contesto corale puntando alla intenzione ed alla forza espressiva più che<br />
alla bellezza convenzionale e formale. La <strong>per</strong>formance viene realizzata con l’aus<strong>il</strong>io <strong>di</strong> supporti<br />
video, e si avvale <strong>di</strong> campionamenti <strong>di</strong>gitali della voce, <strong>di</strong> sovrapposizioni <strong>di</strong> più strati corali e della<br />
applicazione <strong>di</strong> effetti e trattamenti <strong>di</strong>gitali alla voce stessa, che consentono all’interpretazione<br />
<strong>per</strong>sonale dell’autore <strong>di</strong> raggiungere atmosfere ed armonie insolite ed impreve<strong>di</strong>b<strong>il</strong>i.
Legenda<br />
- LP - Luca Praussello<br />
- RR - Alunni delle classi I B e III B<br />
- R - Alunno non in<strong>di</strong>viduato<br />
- ? - Voce non in<strong>di</strong>viduata con sicurezza<br />
TRASCRIZIONE DELL’INTERVENTO<br />
L U C A P R A U S S E L L O<br />
- LP – [...] attraverso l’uso lu<strong>di</strong>co voleva la pace. Okay? Qua ci siamo? Allora io <strong>ho</strong><br />
sv<strong>il</strong>uppato la mia poesia dal rumore <strong>di</strong>rettamente. Vi faccio un esempio le pi, le effe, le esse,<br />
tutto quello che non è vocale può essere poesia; <strong>per</strong> esempio [esegue un intervento<br />
accompagnato da un ritmo <strong>di</strong> tamburi e battiti <strong>di</strong> mani]. Avete capito?<br />
- RR – [Ridono e parlano gioiosamente].<br />
- LP – No, <strong>per</strong>ché oltre alle vocali, oltre alla a la e la u la i e la o, ci sono le consonanti;<br />
quin<strong>di</strong> io <strong>ho</strong> ut<strong>il</strong>izzato <strong>per</strong> la mia poesia molte consonanti. Questo non lo conoscete? [Si<br />
riferisce al téreminvox]. Faremo un giro poi tutti. Questo è un téremin. Vi faccio vedere<br />
come funziona. [Prima lo mette a punto e poi lo ut<strong>il</strong>izza].<br />
- R – Cos’è?<br />
- LP – Un giro a testa. Piano, eh. Piano piano. Ci siamo? Ci sono dei problemi tecnici; ma<br />
questo è normale, siamo artisti. Allora che cosa è la poesia? La vecchia poesia? Nooo, non<br />
la vecchia. É la parola, è come la magia, ogni volta che tu la pronunci riesci a dare delle cose<br />
- RR – [Ridono].<br />
- LP – Pronto? Niente. Ci sei? Non funziona niente. Va beh, è lo stesso. Vado tranqu<strong>il</strong>lo così<br />
allora, eh? [Si schiarisce la voce]<br />
Ottimamente ottimo<br />
[Ut<strong>il</strong>izza <strong>il</strong> teremin]. Vieni qua tu, ci hai l’occhio sveglio, non inciampare, eh; sali su.<br />
Dammi la mano qua, alzala, dai. [Gli fa provare <strong>il</strong> tereminvox, l’elettrofono]<br />
- RR – [Ridono].<br />
19
Au<strong>di</strong>torium della Me<strong>di</strong>a Centurione: Luca Praussello intrattiene la I e la III B parlando <strong>di</strong> poesia.<br />
- LP – Dai dai, vai.<br />
- RR – [Ridono e applaudono].<br />
- LP – Sei bravo. Bravo. Allora io non sono abituato a <strong>fare</strong> lezioni, <strong>di</strong> solito faccio<br />
<strong>per</strong>formance. Questa è la mia <strong>per</strong>formance. Di solito suono nei locali [...] dove la gente è<br />
vecchia, cattiva; invece adesso qua sono tranqu<strong>il</strong>lo <strong>per</strong>ché sono in mezzo a delle anime pure<br />
- RR – [Vociare dei ragazzi poco convinti <strong>per</strong> gli apprezzamenti].<br />
- LP – Al mattino, al mattino.<br />
- RR – [Stanno al gioco e rispondono tutti insieme qualcosa].<br />
- LP – Vi voglio leggere una poesia dadaista, eh? Allora ... Grazie e favori.<br />
[Dopo la lettura si ode della musica ritmica]. Allora l’idea è questa. Ce l’avete un foglio?<br />
- R – A quadretti o a righe?<br />
- LP – Scrivete quello che vi passa <strong>per</strong> la mente in una riga. Poi fate così.<br />
- RR – [Gran parlare. Battimani <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nati e poi ritmati. Tifo da sta<strong>di</strong>o. Provano tutti uno<br />
<strong>per</strong> volta <strong>il</strong> teremin mentre Luca spiega ad ognuno in<strong>di</strong>vidualmente come usarlo. Al termine<br />
Praussello invita parecchi allievi a parlare al microfono e ne mo<strong>di</strong>fica elettronicamente la<br />
voce in m<strong>il</strong>le mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti].<br />
- LP – Non fidatevi mai <strong>di</strong> quello che c’è scritto sui giornali, non fidatevi mai <strong>di</strong> quello che<br />
guardate alla televisione <strong>per</strong>ché la falsificazione della realtà va avanti da almeno una<br />
trentina d’anni. Almeno. Non fidatevi.<br />
Vi racconto una favola. La favola va bene, no?<br />
- RR – [Rispondono].<br />
- LP – C’era una volta un conta<strong>di</strong>no che aveva tre figli: Pitti, [procede nella narrazione mal<br />
registrata nel nastro e <strong>per</strong>ciò non trascrivib<strong>il</strong>e]<br />
[…]<br />
La me<strong>di</strong>a qua quant’è? Quanti anni avete?<br />
- RR – [Rispondono in tanti].<br />
- LP – Bella la vita, ehhh!<br />
20
- RR – [Ridono e qualcuno ripete l’interiezione <strong>di</strong> Luca] Bella la vita, ehhh!<br />
- LP – Allora vorrei che faceste tutti insieme al quattro (io vi do uno due tre quattro) un urlo.<br />
Okay?<br />
- R – Eeehhh?<br />
- LP – Al quattro tutti quanti fanno un urlo. Ci state?<br />
- RR – Sì. Sì.<br />
- LP – Al quattro. Al quattro, eh? Un urlo.<br />
- RR – [Ognuno, senza aspettare alcun segnale, si mette a lanciare gridolini <strong>per</strong> proprio<br />
conto, così come fa l’orchestra prima <strong>di</strong> un concerto].<br />
- LP – Al quattro.<br />
Alunni <strong>di</strong> I B e III B. In pie<strong>di</strong>, a destra, <strong>il</strong> prof. d’Educazione Fisica Mario Canepa.<br />
- RR – [Continuano a chiacchierare e ad emettere urletti, poi fanno improvvisamente s<strong>il</strong>enzio<br />
e infine esplodono all’unisono in un urlo variegato <strong>di</strong> eeehhh e <strong>di</strong> aaahhh. Applaudono<br />
vigorosamente].<br />
- LP – [Effettua vocalizzazioni rielaborate elettronicamente]. La poesia è una cosa che non fa<br />
parte della vita reale degli uomini. Di poeti ce ne sono proprio pochi, mangiano male,<br />
mangiano pane secco; una vita un po’ così. Uno deve sceglierlo <strong>di</strong> essere poeta. Quando uno<br />
<strong>di</strong>viene poeta vuol <strong>di</strong>re proprio ... è come una vocazione, come farsi preti. È come essere<br />
magici. Voi siete nel passaggio tra <strong>il</strong> mondo magico e quello adulto, no? Non vi fate<br />
impressionare dal mondo adulto <strong>per</strong>ché da vecchi vi ritroverete bambini e quin<strong>di</strong> tanto vale<br />
rimanere bambini <strong>per</strong> sempre. Ognuno <strong>di</strong> noi è la custo<strong>di</strong>a del bambino che era.<br />
- R – [Pone una domanda].<br />
- LP – No, va be’, tu lavori; lavori così: tipo l’Ueb [Web], storie tipo ... A Internet io non ci<br />
credo, credo che sia una sorta <strong>di</strong> truffa generale, che la gente crede che ci sia qualcosa e non<br />
c’è. È come <strong>il</strong> telefono, no? Anch’io <strong>ho</strong> un telefonino ma devi poter avere tanta tanta fede<br />
<strong>per</strong> poter [...]. Io ti posso far vedere me stesso che comunque, pur facendo <strong>il</strong> poeta, la<br />
sopravvivenza ce l’<strong>ho</strong>. La poesia non dà pane, carmina non dant panem, <strong>per</strong>ò <strong>il</strong> formaggio<br />
lo abbiamo. Va bene. Direi che ci siamo. Liberi tutti ragazzi. Fate delle domande.<br />
- RR – [S<strong>il</strong>enzio].<br />
21
- LP – Un altro urlo?<br />
- RR – Sìì.<br />
- LP – Di nuovo allora.<br />
- RR – [Urlo più omogeneo e liberatorio del precedente].<br />
- LP – Facciamo un’intervista?<br />
- RR – [Strepitano. Devono leggere le frasi che hanno scritto. Uno inizia a leggere la sua].<br />
Viva Doria!<br />
- LP – Doria chi? Andrea?<br />
- RR – Nooo. [Ridacchiano. Un altro <strong>di</strong>ce] É una bella giornata.<br />
- LP – É una bella giornata [Ripetuta con voce grave e strascicata].<br />
- R – Forza Genoa!<br />
- RR – [Tornano a strepitare] Uuuhhh!<br />
- R – Tempo ideale <strong>per</strong> i fagioli.<br />
- RR – [Ridono, chiacchierano e urlano].<br />
- R – Basta con questo caldo.<br />
- RR – [Commentano].<br />
- R – Forza Inter!<br />
- RR – Uuuhhh!<br />
- R – [Grida a squarciagola] Forza Genoa!<br />
- RR – UUUHHH!<br />
- R – Buonasera.<br />
- LP – [Con voce da basso] BUONASERA.<br />
- RR – [Chiacchierano e commentano]<br />
- LP – [Legge tutte <strong>di</strong> seguito le frasi scritte dai ragazzi; esse sono fra loro scollegatissime,<br />
ma Luca le interpreta come se fossero fornite <strong>di</strong> nessi logici più che mai evidenti].<br />
Io faccio la batteria e voi [...]. Okay?<br />
- R – Sììì.<br />
- LP – Aspetta <strong>per</strong>ò; dobbiamo andare a <strong>tempo</strong>. A <strong>tempo</strong>, eh? Ci siamo? [Si ode <strong>il</strong> ritmo<br />
<strong>per</strong>cussivo della batteria]. Okay okay. È stato un piacere conoscervi.<br />
- RR – [Schiamazzano, poi si avviano molto lentamente all’uscita dell’aula proseguendo a<br />
<strong>fare</strong> chiasso]. Salve!<br />
[Qui termina la trascrizione ufficiale ma, essendo rimasto acceso <strong>il</strong> registratore, desidero riportare<br />
due battute un po’ private che si odono chiaramente tra <strong>il</strong> rumore <strong>di</strong> fondo – attenuato – degli<br />
allievi che vociano lungo le rampe della scuola e lo schiocco secco delle attrezzature che vengono<br />
smontate e riposte nei borsoni da viaggio].<br />
- LP – Com’è andata?<br />
- ?? – Benissimo.<br />
- LP – La cassetta me la devi dare <strong>per</strong>ò.<br />
- ?? – Sì.<br />
- LP – Hai registrato?<br />
- ?? – Certo, se no come si faceva? Grande!<br />
- LP – Molto bene <strong>di</strong>rei.<br />
- ?? – Un delirio, completamente. Tutto bene.<br />
22
23<br />
SOTTOLINEATURE:<br />
LUCA PRAUSSELLO<br />
1. Voi siete nel passaggio tra <strong>il</strong> mondo magico e quello adulto. Non fatevi impressionare dal<br />
mondo adulto <strong>per</strong>ché da vecchi vi ritroverete bambini e quin<strong>di</strong> tanto vale rimanere bambini<br />
<strong>per</strong> sempre.<br />
2. Ognuno <strong>di</strong> noi è la custo<strong>di</strong>a del bambino che era.<br />
3. Di poeti ce ne sono proprio pochi. Vivono <strong>di</strong> stenti. Uno deve sceglierlo d’essere poeta. È<br />
come una vocazione, come farsi preti. È come essere magici.<br />
4. Che cosa è la poesia? É la parola, è come la magia, ogni volta che tu la pronunci riesci a<br />
dare delle cose [immagini, sensazioni, ecc].<br />
5. La poesia è una cosa che non fa parte della vita reale degli uomini.<br />
6. Non fidatevi mai <strong>di</strong> quello che c’è scritto sui giornali, non fidatevi mai <strong>di</strong> quello che<br />
guardate alla televisione <strong>per</strong>ché la falsificazione della realtà va avanti da almeno una<br />
trentina d’anni. Almeno. Non fidatevi.<br />
7. Ci sono dei problemi tecnici; ma questo è normale, siamo artisti.
Commenti non richiesti da me e spontaneamente presentati da due allieve.<br />
S. F. 3 a B COMMENTO<br />
POESIA<br />
24<br />
COMMENTI IMBERBI<br />
A me, è piaciuta veramente tanto <strong>il</strong> poeta, che giovedì è venuto nella nostra scuola.<br />
Forse è quella che mi è piaciuta <strong>di</strong> più, <strong>per</strong>ché era <strong>di</strong>versa dalle altre, ed era anche molto simpatico e<br />
<strong>di</strong>scorsivo. Anche se ci sono stati vari “PROBLEMI TECNICI”, è riuscito, in modo secondo me<br />
molto semplice, a mantenere un <strong>di</strong>scorso molto importante sulla poesia.<br />
Infatti la poesia non è solo <strong>il</strong> libro, ma anche suono e capacità <strong>di</strong> esprimerla, come <strong>di</strong>ceva lui, anche<br />
con le sole consonanti.<br />
È piaciuto tanto anche agli altri ragazzi, <strong>per</strong>ché ci sembrava un pittore “moderno”, ma che<br />
soprattutto è riuscito a cogliere in pieno quello che noi non credevamo fosse poesia.
Luca Praussello si rivolge a un u<strong>di</strong>torio attento ed “esibizionista”.<br />
PRAUSSELLO<br />
Il poeta mi ha fatto capire che la poesia non è solo quella in rima <strong>il</strong> cui significato si capisce subito,<br />
che è “dentro” un linguaggio preciso. Ma è poesia anche una frase apparentemente senza<br />
significato, dei suoni e <strong>per</strong>fino delle urla, che producono dentro <strong>di</strong> noi delle vibrazioni, ci fanno<br />
sentire delle emozioni.<br />
[Alunna <strong>di</strong> I B].<br />
25<br />
E.<br />
T.
S’APRIVA AUTUNNO AGLI IMPREVISTI<br />
Quel 1966 fu, <strong>per</strong> me, particolarmente vivace. E forse val la pena <strong>di</strong> raccontare con un certo or<strong>di</strong>ne,<br />
anche se la memoria può aver oscurato dettagli.<br />
Siamo a Torino, città allora arroccata attorno alla FIAT, in sonnolente tran-tran, avvolta da una<br />
cappa mortificante. Come da sempre i ricchi stanno bene, i poveri meno. Chi ha <strong>il</strong> potere lo <strong>di</strong>fende<br />
e chi non ce l’ha si oppone. Sembra un teatrino a ruoli fissi. La città, da sempre, ha avuto una<br />
vocazione sociale, forse un po’ troppo cottolenghiana (1) , <strong>per</strong>sino da parte della sinistra politica.<br />
Ognuno, da bravo subalpino, fa la sua parte ed <strong>il</strong> mito del lavoro e del profitto giustifica la<br />
ripetizione, <strong>il</strong> mugugno e le ferie al mare. Da un anno, <strong>per</strong>ò, strani <strong>per</strong>sonaggi si intravedono seduti<br />
ai Giar<strong>di</strong>ni Reali. Uno <strong>di</strong> loro, che chiamano Ginsberg (2), intervistato dalla Stampa, ha spiegato le<br />
motivazioni, le s<strong>per</strong>anze, <strong>di</strong> questi giovani accampati poveramente dove verde e panchine offrono<br />
ristoro. Li chiamano ‘capelloni’ <strong>per</strong>ché sono in<strong>di</strong>fferenti alla lunghezza dei capelli, non amano <strong>il</strong><br />
rasato dei marines, si <strong>di</strong>chiarano anarchici e pacifisti. Il loro slogan è “Non contate su <strong>di</strong> noi”. La<br />
guerra in Vietnam procede in modo atroce ed ancora una volta gli USA fanno la parte degli<br />
esecutori. Nella già Indocina, i conta<strong>di</strong>ni combattono nelle jungle e nelle risaie: li chiamano vietcong.<br />
Sono piccoli, s<strong>il</strong>enziosi, tenaci e lottano <strong>per</strong> la propria in<strong>di</strong>pendenza.<br />
Torino è città o<strong>per</strong>aia, cattolica e comunista. Si sente forte la <strong>di</strong>ssociazione dalla politica americana.<br />
Yankee go <strong>ho</strong>me, si legge sui muri. Ci sono cortei, proteste. Torino è allenata. Già fece la sua parte<br />
durante la guerra d’Algeria. Ma <strong>il</strong> Viet-nam ha un altro sapore. Anche negli States i giovani si<br />
mob<strong>il</strong>itano, creano <strong>il</strong> ‘movimento’. Ci stanno dentro studenti universitari, preti cattolici, pastori<br />
protestanti, quaccheri, hippies, arrabbiati bianchi, Pantere nere, pacifisti, <strong>di</strong>ssidenti… Da noi<br />
l’opposizione è più tra<strong>di</strong>zionale, rientra nei ranghi previsti dal sistema partitico. L’ideologia è<br />
sempre in primo piano, <strong>per</strong> <strong>di</strong>scriminare i buoni dai cattivi. Ma quelli del ‘non contate su <strong>di</strong> noi’<br />
sono stufi <strong>di</strong> vivere in tal modo. Si sta avviando una s<strong>il</strong>enziosa, <strong>di</strong>sorganizzata, esistenziale<br />
rivoluzione <strong>di</strong> vita, che rifiuta <strong>il</strong> potere, <strong>il</strong> consumismo, <strong>il</strong> dogmatismo, la rigi<strong>di</strong>tà e fa sua<br />
l’affermazione <strong>di</strong> Lao-tze, quella che ci ricorda “Il duro e <strong>il</strong> rigido sono compagni della morte /<br />
mentre <strong>il</strong> tenero e <strong>il</strong> debole sono compagni della vita”. Definirò questa decennale marcia s<strong>il</strong>enziosa<br />
come una eresia pau<strong>per</strong>istica, in un mondo costellato <strong>di</strong> bombe H, <strong>di</strong> consumismo straripante, in un<br />
26
mondo che uccide i suoi boschi e la sua memoria ed avvelena i suoi figli e spezza <strong>il</strong> cerchio magico<br />
della solidarietà cosmica.<br />
Il gruppo <strong>di</strong> ‘capelloni’ torinesi decide <strong>di</strong> organizzare una manifestazione nonviolenta contro la<br />
guerra in Viet-nam. E’ un modo <strong>per</strong> presentarsi, <strong>per</strong> <strong>di</strong>chiarare <strong>il</strong> proprio antim<strong>il</strong>itarismo (gli<br />
obiettori <strong>di</strong> coscienza vengono ancora inviati in galera), <strong>per</strong> collegarsi alla nuova storia americana<br />
dalle cui ra<strong>di</strong>ci sta germogliando quello che verrà definito l’underground, anche italiano. Episo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
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ifiuto della guerra ci sono stati. Il 4 novembre qualcuno ha già passeggiato sotto i portici <strong>di</strong> via<br />
Roma con un cartello appeso al collo nel quale <strong>di</strong>chiara che non <strong>di</strong> festa ma <strong>di</strong> lutto si tratta. Ci sono<br />
stati anche processi. L’Italia, allora un po’ ‘lazzarona’, urlava urlava ma poi tutti a casa, a ripetere<br />
gli stanchi rituali che i me<strong>di</strong>a reclamizzavano. Le vie dei cambiamenti profon<strong>di</strong> <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>mente sono<br />
<strong>di</strong> massa ed indolori. Pinna, segretario <strong>di</strong> Capitini, fondatore del Movimento nonviolento italiano<br />
aveva conosciuto <strong>il</strong> carcere e la repressione da parte delle autorità m<strong>il</strong>itari <strong>per</strong> <strong>il</strong> suo rifiuto <strong>di</strong><br />
indossare la <strong>di</strong>visa. Fummo insieme nel 1967 in un campeggio <strong>di</strong> nonviolenti a Montoggio.<br />
Fui inviato, allora, <strong>per</strong>ché ritenuto più ‘presentab<strong>il</strong>e’ in quanto insegnante, a chiedere<br />
l’autorizzazione <strong>per</strong> la manifestazione alla Questura <strong>di</strong> Torino. Fui ricevuto ed un graduato, che<br />
stendeva la richiesta, rimase imbarazzato quando <strong>di</strong>chiarai che non una <strong>per</strong>sona specifica od<br />
un’organizzazione comunicava l’intento <strong>di</strong> manifestare ma un gruppo <strong>di</strong> beatniks. Si fece s<strong>il</strong>labare <strong>il</strong><br />
nome e credo che nella patrie questure quella fu la prima volta che ufficialmente, su documenti,<br />
apparve <strong>il</strong> nome, troppo complicato <strong>per</strong> i questurini e <strong>per</strong> i lettori frettolosi dei quoti<strong>di</strong>ani nazionali,<br />
<strong>per</strong> cui fu più fac<strong>il</strong>e, da destra come da sinistra, ironizzare sui ‘capelloni’, che non erano<br />
catalogab<strong>il</strong>i, non votavano, non si schieravano nell’agone politico (3).<br />
La manifestazione fu vietata. Ci si radunò, allora, ‘capelloni’ provenienti da <strong>di</strong>verse città, forse un<br />
centinaio, in piazza Castello, dove campeggia <strong>il</strong> Palazzo Madama (la Madama reale che scatenò la<br />
repressione dei Valdesi), e, accanto, un sinistro complesso monumentale de<strong>di</strong>cato al Duca d’Aosta<br />
che mostra m<strong>il</strong>itari <strong>di</strong> varie armi. Per evitare <strong>il</strong> <strong>di</strong>vieto a <strong>di</strong>ffondere volantini non autorizzati ci si<br />
coprì con ponc<strong>ho</strong> <strong>di</strong> lenzuola sui quali stavano scritti slogan <strong>di</strong> pace e contro la guerra in Viet-nam.<br />
Noi pensavamo che essendo ‘abiti’ non rientravano nella stampa e quin<strong>di</strong> erano tacitamente<br />
<strong>per</strong>messi. Ci accampammo sulla grande base in marmo scuro del monumento, in s<strong>il</strong>enzio, a<br />
testimonianza del fatto che non tutti accettavano come lecita la violenza della guerra. Arrivò la<br />
Polizia e caricò. Non reagimmo e praticammo la resistenza passiva, facendoci, cioè, trascinare via<br />
ad uno ad uno. Fummo schedati e r<strong>il</strong>asciati. Un gruppo <strong>di</strong> noi continuò la manifestazione sotto<br />
forma <strong>di</strong> scio<strong>per</strong>o della fame in un locale <strong>per</strong>iferico, che scoprimmo, poi, essere un club gay.<br />
Grazie, anche se in ritardo. Lo scio<strong>per</strong>o durò tre giorni. Alla fine giunse nuovamente la Polizia che<br />
ci portò in Centrale, registrò i nostri documenti, comp<strong>il</strong>ò un ‘foglio <strong>di</strong> via’ <strong>per</strong> i non residenti, spedì<br />
alcuni <strong>di</strong> noi in ospedale <strong>per</strong> verificare le nostre con<strong>di</strong>zioni fisiche (dovevamo essere mal messi!) e<br />
poi ci buttò fuori dalle scatole. In seguito a tale trattamento decisi <strong>di</strong> andare a Parigi in autostop con<br />
la compagna <strong>di</strong> Gesù, un già punto <strong>di</strong> riferimento dei capelloni dei Giar<strong>di</strong>ni Reali, <strong>il</strong> quale, <strong>per</strong>ò, si<br />
era def<strong>il</strong>ato evitando <strong>di</strong>giuno, pestaggio e schedatura. Dopo traversie le più <strong>di</strong>verse giunsi a Parigi,<br />
fui subito arrestato, poi r<strong>il</strong>asciato, incontrai i Provos ed altri amici <strong>di</strong> M<strong>il</strong>ano, ritornai a Torino,<br />
risalii <strong>per</strong> una seconda volta a Parigi <strong>per</strong> cercare una fanciulla scappata da casa e infine mi rintanai<br />
nella mia soffitta che dava sulla più grande piazza a fianco del Po. Feci ancora un viaggio a Roma<br />
<strong>per</strong> incontrare i redattori <strong>di</strong> un giornale giovan<strong>il</strong>e ed al ritorno, prima che iniziasse la scuola,<br />
ricevetti, portatami da Barba <strong>di</strong> Firenze (come Gesù o Ginsberg anche Barba era un nome <strong>di</strong> banda)<br />
una lettera inviatami da Fernanda Pivano che conoscevo come traduttrice dei poeti beat americani.<br />
Come si vede, Fernanda era allora impegnata sul fronte del pacifismo nonviolento. Non <strong>di</strong>sdegnava<br />
l’incontro con <strong>per</strong>sone come <strong>il</strong> sottoscritto né con altre del genere. Amica <strong>di</strong> Ginsberg, <strong>il</strong> poeta<br />
americano, s<strong>per</strong>ava <strong>di</strong> trovare tracce del suo st<strong>il</strong>e nell’ arcipelago <strong>di</strong> giovani uomini e donne che<br />
cercavano <strong>di</strong> inventarsi un nuovo st<strong>il</strong>e <strong>di</strong> vita. Fui molto emozionato. La lettera la conservo con<br />
cura, come le altre che da lei ricevetti dal 1966 al 1968. Partii imme<strong>di</strong>atamente, con un giovane<br />
amico che poi si def<strong>il</strong>ò, <strong>per</strong> M<strong>il</strong>ano. Presi <strong>il</strong> treno, <strong>per</strong> arrivare in <strong>tempo</strong>. Fu quello l’inizio <strong>di</strong> un<br />
flirt tra me e la città, più complessa <strong>di</strong> Torino ma, in qualche misura, più a<strong>per</strong>ta. Ebbi occasione <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>re a Matteo Guarnaccia, qualche <strong>tempo</strong> fa: “A M<strong>il</strong>ano ci sono gli angeli ed a Torino i cimiteri.<br />
Occorrerebbe collegare le due realtà”. Intendevo affermare che M<strong>il</strong>ano mi pareva aerea, attraversata<br />
da stimoli e collegamenti i più <strong>di</strong>versi mentre Torino era più catacombale, introversa, alchemica.<br />
Unire le due anime avrebbe aiutato <strong>il</strong> ‘movimento’ a raggiungere consapevolezze nuove, non<br />
frivole, non cogitabonde. Con Matteo e la sua dolce compagna i contatti continuano (4) e M<strong>il</strong>ano,<br />
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qualche volta, quando la luna si pone <strong>di</strong> sbieco, riemerge nelle mie poesie come una landa cinese<br />
<strong>per</strong>corsa da un viandante stanco ma amoroso.<br />
Giunsi a M<strong>il</strong>ano che era buio, sera avanzata.<br />
Trovai a fatica, e a pie<strong>di</strong>, l’in<strong>di</strong>rizzo <strong>di</strong><br />
Fernanda Pivano. Salii al suo piano, suonai<br />
<strong>il</strong> campanello ma nessuno rispose. Decisi <strong>di</strong><br />
attendere. La fatica e la fame, poco si<br />
mangiava <strong>per</strong> mancanza <strong>di</strong> denaro, ebbero<br />
la meglio. Mi accucciai sullo stuoino e mi<br />
addormentai. Così mi trovarono Fernanda<br />
ed Ettore quando giunsero. Dolci e gent<strong>il</strong>i,<br />
dopo i primi contatti, ci inviarono ad un<br />
<strong>ho</strong>tel presso <strong>il</strong> quale era pronta una cena ed<br />
una camera <strong>per</strong> noi. Appuntamento al<br />
mattino dopo a casa loro. Mi ricevettero in<br />
un ambiente ricco, in un grande salone. Lei<br />
bionda, lui corpulento. Tenerissimi<br />
entrambi, morbi<strong>di</strong> quasi, <strong>di</strong> una gent<strong>il</strong>ezza<br />
che non <strong>ho</strong> mai più trovato se non nel<br />
<strong>per</strong>iodo <strong>di</strong> Vernazza. C’era con loro Andrea<br />
D’Anna, con <strong>il</strong> quale legai subito, anche<br />
<strong>per</strong>ché Fernanda <strong>di</strong>chiarò che Andrea<br />
poteva <strong>di</strong>ventare <strong>il</strong> Kerouac italiano ed io,<br />
lo ricordo bene e forse la sua era euforia, <strong>il</strong><br />
Ginsberg, così come già mi chiamavano nei<br />
gruppi. Andrea, nei rari momenti in cui<br />
risiedeva a <strong>il</strong>ano dove traduceva <strong>per</strong><br />
Feltrinelli, ebbe a <strong>di</strong>re che entrambi<br />
eravamo gemelli in cielo. Ora Andrea è<br />
mancato ed io l’<strong>ho</strong> onorato con una poesia<br />
(5). Parlai, parlai, invaso da una sorta <strong>di</strong> estasi. Raccontai della mia sco<strong>per</strong>ta del buddhismo, <strong>di</strong><br />
Francesco d’Assisi, della pace, della poesia, della povertà e della sottrazione alle logiche del potere,<br />
<strong>il</strong> ‘non contate su <strong>di</strong> noi’ coniato a Torino…<br />
A me pareva <strong>di</strong> toccare acqua <strong>di</strong> sorgente. Fernanda ed Ettore erano, infatti, <strong>il</strong> ponte fisico, non<br />
virtuale, tra l’es<strong>per</strong>ienza autoctona e quella grande americana, tra i maestri ed i giovani <strong>di</strong>scepoli, i<br />
quali sapevano, cosa ormai caduta in <strong>di</strong>suso, ringraziare i loro guru, senza invi<strong>di</strong>a, con gioiosa<br />
consapevolezza <strong>di</strong> far parte d’una nuova visione, d’una nuova possib<strong>il</strong>e storia.<br />
Nel primo pomeriggio Ettore e Nanda caricarono Andrea, me, Poppy, Vittorio, credo, e ci recammo<br />
a Verona dove un gruppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigenti del PSIUP cercava <strong>di</strong> capire se era possib<strong>il</strong>e incapsulare nella<br />
logica <strong>di</strong> partito queste nuove presenze. Il <strong>di</strong>alogo fu tra sor<strong>di</strong>. Di fronte alle proposte che<br />
provenivano dagli interlocutori veronesi, i m<strong>il</strong>anesi reagivano con irruente ed urgente ingenuità e<br />
candore. Io provenivo dall’es<strong>per</strong>ienza all’interno del PCI e conoscevo bene i linguaggi e le<br />
strategie. Coloro non capivano che era in atto una rivoluzione interiore, che avrebbe mutato <strong>il</strong> modo<br />
<strong>di</strong> <strong>per</strong>cepire la vita, i sistemi sociali ed economici. I politici erano ancorati a letture materialiste,<br />
fuori da gran<strong>di</strong> prospettive, noi ut<strong>il</strong>izzavamo f<strong>il</strong>osofie orientali, saggezze in<strong>di</strong>gene, sentimenti<br />
libertari. La loro era una politica asessuata, <strong>di</strong> scontro frontale. Noi eravamo convinti che occorresse<br />
tirarsi fuori dal sistema. Poche possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> accordo. Per la prima volta erano i nostri corpi, le<br />
nostre vite a <strong>di</strong>rigere <strong>il</strong> concerto, senza deleghe, senza mistificazioni, con s<strong>per</strong>anza nelle beatitu<strong>di</strong>ni<br />
promesse.<br />
Da quel giorno frequentai Fernanda Pivano tutti i fine settimana, parlando, ascoltando, conoscendo<br />
creativi, raccontando <strong>di</strong> quel che avveniva nelle tribù ai confini dell’im<strong>per</strong>o. Fernanda <strong>di</strong>venne zia<br />
29
Nanda. Ci furono molte occasioni <strong>di</strong> collaborazione, la più importante delle quali fu la nascita <strong>di</strong><br />
Pianeta Fresco. Il 1968 ruppe molti legami, spezzò via nel suo rullare pesante <strong>il</strong> giar<strong>di</strong>no zen che si<br />
era creato in una casa <strong>di</strong> M<strong>il</strong>ano. Ci furono <strong>di</strong>aspore, sommersioni, sofferenze. Io venni allontanato<br />
dall’insegnamento, la casa e<strong>di</strong>trice da me fondata fu denunciata ed i poeti che vi avevano pubblicato<br />
ebbero un processo. Fernanda mi fu accanto fattivamente. Ora la vedo qualche volta in televisione.<br />
L’ultima volta che ebbi occasione <strong>di</strong> parlarle fu alla fine del secolo scorso, nel centro sociale la<br />
Conchetta <strong>di</strong> M<strong>il</strong>ano. Si celebravano gli anni dell’alternativa tentata ed i protagonisti erano presenti,<br />
come reduci alcuni, come vecchi nostalgici altri. Fernanda era stanca e sfiduciata, allora. Sedemmo<br />
vicini, lei sempre bionda, io quasi bianco. Ma quando penso a lei la rivedo dal basso in alto, io sullo<br />
stuoino e lei stupita che mi sorrideva mentre br<strong>il</strong>lava un grosso anello al <strong>di</strong>to. Fu: è. Grazie.(6)<br />
30<br />
Gianni M<strong>il</strong>ano<br />
Cartolina inviatami dal Giappone da Fernanda ed Ettore in occasione <strong>di</strong> un loro viaggio in Oriente nel 1967.
Note:<br />
1 - “E con le strade la città è <strong>di</strong>pinta dal sudato colore<br />
della biacca – naufraghi estivi che Torino insacca<br />
come si fa quand’<strong>il</strong> maiale è ucciso<br />
e dopo l’assassinio non più grinta sul volto lieto e rosso<br />
com’un culo ma <strong>il</strong> sod<strong>di</strong>sfatto assetto delle rughe<br />
com’allo scalo merci a mezzanotte – e <strong>per</strong> le strade<br />
ch’erano truccate com’antiche puttane <strong>di</strong> Fellini<br />
e mostravano un niente senza scopo<br />
adorno tutt’intorno d’anellini come scimmie cannibali infoiate<br />
e “Basta che t’avvii e <strong>il</strong> gioco è fatto” ma <strong>il</strong> Messico<br />
è lontano e non c’è luna “Tutta fortuna tua<br />
tutta fortuna” così che l’insipienza si trasmuta<br />
in rapido passaggio <strong>di</strong> rasoio che resecò <strong>il</strong> cordone<br />
e <strong>il</strong> nastro rosa <strong>di</strong> una malinconia ch’è fregatura<br />
<strong>per</strong> darsi a chi non so <strong>per</strong> darsi e basta – sopra <strong>il</strong> catrame<br />
e i suoni della festa che raccoglievo a spiccioli<br />
ed in cesta gettavo com’inut<strong>il</strong>e sozzura.” (da ‘Le strade dei canti e degli antichi’ <strong>di</strong> Gianni M<strong>il</strong>ano – Quaderni <strong>di</strong><br />
Cantarena, n. 0, <strong>di</strong>cembre 2000 – Genova)<br />
2 - Gianni M<strong>il</strong>ano – Il maestro e le margherite – Stampa alternativa – Viterbo 1998<br />
3 - AA.VV – Beat & mondo beat – Stampa alternativa – Viterbo 1996<br />
4 – Ecco <strong>il</strong> sito <strong>di</strong> Matteo Guarnaccia: http://releasethereality.com/matteo/<br />
5 - Onde d’ulivo antico come seni<br />
o come curve ambrate <strong>di</strong> sederi ai bor<strong>di</strong> degli sguar<strong>di</strong><br />
e dei pensieri<br />
carezzano <strong>il</strong> <strong>mio</strong> andare clau<strong>di</strong>cante <strong>di</strong>etro nel <strong>tempo</strong>,<br />
dove più profondo è inra<strong>di</strong>cato l’albero del cielo,<br />
ai cui pie<strong>di</strong> sodale è con la terra<br />
Andrea, l’amico, <strong>il</strong> <strong>mio</strong> gemello astrale.<br />
Vorrei offrirti sede sul sentiero degli Amanti<br />
sospesi tra due vane mutevoli porzioni d’irreale:<br />
ancora vi cammina in modo eguale<br />
<strong>il</strong> giovane compagno <strong>di</strong> quei tempi e <strong>il</strong> luogo è d’ombre<br />
e d’agave reale in fraterna adesione al litorale.<br />
Fuori dal corto fiato <strong>di</strong> M<strong>il</strong>ano,<br />
in questo <strong>tempo</strong> che <strong>per</strong> noi s’imbrina, non mi lasciare solo<br />
alla marina. Porta con te vetrate colorate,<br />
occhi d’oscure lande visionarie, aci<strong>di</strong> odori d’Africa solare<br />
e in queste terre, rannicchiate e spoglie,<br />
incàrnati <strong>di</strong> nuovo<br />
sulle soglie d’un secolo sen<strong>il</strong>e che finisce<br />
ed imbruttisce i canti e le memorie.<br />
Sostienimi nel cogliere le storie, consunte da mnemonico rollìo,<br />
in ikebana senape ed azzurri: i bodhisattva<br />
sono antichi e nuovi – nel dharma <strong>di</strong> ricerca li ritrovi<br />
accanto ancora come in altri eventi<br />
a salmo<strong>di</strong>are E’ santo è santo è santo<br />
<strong>il</strong> mondo nel suo onnivoro mutare. (da Gianni M<strong>il</strong>ano – Le strade dei canti e degli antichi – Quaderni <strong>di</strong> Cantarena –<br />
n. 0, <strong>di</strong>cembre 2000 – Genova)<br />
6 - L’America, Fernanda, è quella cosa che pare una pelliccia<br />
<strong>di</strong> bisonte<br />
e, sopra, i grumi <strong>di</strong> violenze e tese <strong>di</strong> Dylan le canzoni<br />
che le offese dei cieli e dei <strong>per</strong>corsi dei ribelli<br />
veicolò nel mondo dei corsari.<br />
L’America, Fernanda, era quel mito che galleggiò com’una bolla<br />
31
al sole<br />
sopra le gobbe monferrine e accanto allo snodarsi <strong>di</strong> vicende umane<br />
fatte <strong>di</strong> morte, d’abbandoni e fame.<br />
Il porte-enfant in cui dormivo, <strong>il</strong> mito –<br />
quel mito d’oltre-oceano e vicino, quell’orma che annusavo<br />
come un cane, quel segno oracolare che pretese<br />
la sua quota <strong>di</strong> vita e fu recisa<br />
la linearità del <strong>mio</strong> destino.<br />
Ananda Nanda, sopra uno stuoino mi trovasti accucciato<br />
come un feto o come <strong>il</strong> figlio <strong>di</strong> quel cagnolino<br />
che seguiva le piste dei tramonti<br />
s<strong>per</strong>ando che dormisse anche la guerra. Ma la terra<br />
ha le fitte anche <strong>di</strong> notte<br />
e infanta psichedelici bambini. (da Gianni M<strong>il</strong>ano – Le strade dei canti e degli antichi – Quaderni <strong>di</strong> Cantarena –<br />
numero 0 – <strong>di</strong>cembre 2000 – Genova)<br />
32
1<br />
Se <strong>il</strong> Torto è <strong>mio</strong> – abbandonaMi –<br />
ma non <strong>di</strong>re “abbandonaMi” –<br />
Abbandonarti è <strong>il</strong> Verbo<br />
che scaccia Fede – e Patria!<br />
2<br />
Il Mondo – appare Secco<br />
all’Atto <strong>di</strong> Morire.<br />
Vogliamo la Rugiada:<br />
la Gloria anche – è arida.<br />
Le Ban<strong>di</strong>ere travagliano<br />
<strong>il</strong> Viso che morirà –<br />
ma dal Ventaglio tenero<br />
in Mani amate piove<br />
la freschezza – dell’Aria.<br />
Ecco la mia Presenza<br />
accanto alla tua Sete,<br />
che verrà: la Tessaglia<br />
porta rugiada – Iblea<br />
molto suo balsamo!<br />
33<br />
EMILY DICKINSON<br />
TRE POESIE D’AMORE
3<br />
Tra le Vite create<br />
ne <strong>ho</strong> eletta Una.<br />
Quando <strong>il</strong> Senso dal Cuore<br />
si scioglierà, bruciato <strong>il</strong> Sotterfugio –<br />
ed è e fu appariranno nomi<br />
nu<strong>di</strong>, ed <strong>il</strong> breve Teatro del corpo<br />
volerà – così la Sabbia – e l’Uomo<br />
esibirà la sua Fronte <strong>di</strong> Re,<br />
scomparendo la Nebbia: –<br />
guardate l’Atomo,<br />
da Me eletto<br />
sopra ogni Creta!<br />
34<br />
traduzione <strong>di</strong> Massimo Sannelli<br />
(febbraio 2004)
35<br />
PUNTASPILLI<br />
1. Sottraiamo dal contesto <strong>di</strong> un ampio articolo <strong>di</strong> Giovanni Bollea questo piccolo e spaurito<br />
passo.<br />
[...] oggi i ragazzi parlano ancora del “<strong>mio</strong> professore” ma non parlano più della “mia<br />
scuola”: ciò vuol <strong>di</strong>re che, se la classe è ancora un punto positivo, la scuola non lo è più.<br />
[...].<br />
GIOVANNI BOLLEA, La scuola: una seconda casa, in Gente, M<strong>il</strong>ano, 11 <strong>di</strong>cembre 2003, n° 50, p.165.<br />
2. Sarei curioso <strong>di</strong> conoscere e guardare negli occhi <strong>il</strong> preside (anzi i presi<strong>di</strong>, fosse uno solo la<br />
faccenda sarebbe meno grave) che ha pensato <strong>di</strong> vietare videocamere e macchine<br />
fotografiche alle recite natalizie con l’obiettivo <strong>di</strong> garantire la privacy dei bambini.<br />
[...].<br />
L’episo<strong>di</strong>o è <strong>per</strong>ò esemplare <strong>di</strong> un vizio squisitamente italiano: trasformare le regole nate <strong>per</strong><br />
tutelare <strong>il</strong> citta<strong>di</strong>no in nuove e più raffinate trappole burocratiche.<br />
Una vocazione borbonica durissima a morire, soprattutto nella scuola.<br />
GIULIANO GALLETTA, La recita <strong>di</strong> Natale, in Il Secolo XIX, Genova, giovedì 18 <strong>di</strong>cembre 2003, p. 1.<br />
3. Venerdì 2 gennaio 2004. Ore 17.50. Ra<strong>di</strong>o3: Fahreneit. Alberto Abruzzese, in occasione<br />
della celebrazione del cinquantesimo anniversario della nascita della televisione, giu<strong>di</strong>ca la<br />
scuola <strong>di</strong> vari decenni fa come una “sfera” che non aveva alcun collegamento con la vita<br />
esterna né con <strong>il</strong> quoti<strong>di</strong>ano, “era una bolla che si autolegittimava; ora questo con la tivù è<br />
crollato”.<br />
4. Sabato 3 gennaio 2004. Ore 11. Ra<strong>di</strong>o3, Scelte. Il docente Cesare Moreno, che, attraverso<br />
l’iniziativa contro la <strong>di</strong>s<strong>per</strong>sione scolastica Chances, o<strong>per</strong>a in un quartiere “degradato” <strong>di</strong>
Napoli (Barra), constata che – nella realtà or<strong>di</strong>naria – la scuola non è fatta <strong>per</strong> stu<strong>di</strong>are né<br />
tanto meno <strong>per</strong> <strong>per</strong>mettere al giovane <strong>di</strong> conoscere se stesso.<br />
5. Nantas Salvalaggio, nel rispondere ad un quesito posto da un lettore <strong>di</strong> “Oggi” r<strong>il</strong>eva tra<br />
l’altro come gli italiani abbiano a suo <strong>tempo</strong> insegnato la musica all’Europa:<br />
[...]. Bach non sarebbe stato Bach senza lo stimolo <strong>di</strong> Antonio Vival<strong>di</strong>. Ma le nostre scuole<br />
sono sorde e grigie come <strong>il</strong> Parlamento visto da Mussolini. Si esce dal liceo senza sa<strong>per</strong>e<br />
un’acca <strong>di</strong> Ver<strong>di</strong> o <strong>di</strong> Rossini, <strong>di</strong> Scarlatti o <strong>di</strong> Montever<strong>di</strong>; mentre nelle città «barbariche»<br />
della California o del New Jersey le romanze della Traviata o della Bohème sono consumate<br />
come da noi «E Pippo Pippo non lo sa/ che quando passa ride tutta la città». [...].<br />
NANTAS SALVALAGGIO, Era <strong>il</strong> caso che la Rai rinunciasse al concerto <strong>di</strong> Capodanno da Vienna?, in Oggi,<br />
M<strong>il</strong>ano, 7 gennaio 2004, n° 2, p. 6.<br />
6. Preleviamo dalla rubrica Domande <strong>di</strong> Oggi un articoletto che viene qui riportato <strong>per</strong> intero.<br />
Ben 22 m<strong>il</strong>ioni <strong>di</strong> italiani sono analfabeti, «semianalfabeti» o in possesso della sola licenza<br />
elementare. Il 39,2 <strong>per</strong> cento scrive e legge con <strong>di</strong>fficoltà. Questo emerge dalla ricerca<br />
dell’università <strong>di</strong> Castel Sant’Angelo su dati Unla-Ucsa. Ma quanti italiani non sanno né<br />
leggere né scrivere?<br />
Risponde Giorgio Triani<br />
Sociologo<br />
Siamo un popolo <strong>di</strong> analfabeti, da sempre o <strong>di</strong> ritorno, parziali o totali. Ma non è una novità.<br />
Da due decenni, a intervalli <strong>di</strong> due-tre anni, vengono fatte indagini sul patrimonio alfabetico<br />
e le competenze linguistiche che fotografano una situazione pietosa. Da Occidente ricco, ma<br />
arretrato culturalmente; da Paese che nella quasi totalità va in auto e usa <strong>il</strong> telefonino, ma<br />
che in buona parte fa grande fatica, o ad<strong>di</strong>rittura non sa leggere e scrivere. Tuttavia <strong>il</strong> 39,2<br />
<strong>per</strong> cento <strong>di</strong> italiani in questa con<strong>di</strong>zione sorprende e ancor più preoccupa <strong>per</strong>ché in<strong>di</strong>ca una<br />
situazione che negli ultimi anni non è migliorata bensì peggiorata. Nel 2000, secondo <strong>il</strong><br />
Centro europeo dell’educazione, gli italiani analfabeti o semianalfabeti erano <strong>il</strong> 34,6 <strong>per</strong><br />
cento. Ma volendo <strong>fare</strong> un altro paragone nel 1951 in Italia c’era <strong>il</strong> 60 <strong>per</strong> cento <strong>di</strong><br />
analfabeti, segno che in più <strong>di</strong> cinquant’anni si è fatto poco <strong>per</strong> alzare <strong>il</strong> livello culturale<br />
minimo della popolazione. Prova è che gli analfabeti totali sono circa 2 m<strong>il</strong>ioni e che<br />
attualmente gli italiani in possesso della licenza me<strong>di</strong>a sono circa 16 m<strong>il</strong>ioni e 677 m<strong>il</strong>a, cioè<br />
<strong>il</strong> 29 <strong>per</strong> cento. Sulla base <strong>di</strong> questi dati vien quasi da ridere, o da piangere, a parlare <strong>di</strong><br />
società dell’informazione e della conoscenza o <strong>di</strong> aumento della competitività del sistema<br />
Paese. Perché, restando in ambito alfabetico, se i bambini sin dalle elementari devono<br />
imparare l’uso del computer e l’inglese, è più urgente insegnare ai loro genitori a leggere e<br />
scrivere con piena proprietà. Diversamente continueremo a porci domande retoriche e<br />
inut<strong>il</strong>i. Per esempio <strong>per</strong> quale ragione gli italiani, essendo i più tele<strong>di</strong>pendenti d’Europa,<br />
sono gli ultimi nella lettura <strong>di</strong> giornali e <strong>di</strong> libri? Ma <strong>per</strong>ché non sanno leggere.<br />
GIORGIO TRIANI, Sono ancora tanti gli italiani che non sanno né leggere, né scrivere?, in Oggi, M<strong>il</strong>ano, 4<br />
febbraio 2004, n° 6, p. 15.<br />
36
37<br />
FARFALLE METROPOLITANE<br />
Venerdì 12 <strong>di</strong>cembre 2003. I muri <strong>di</strong> Via Sestri e <strong>di</strong>ntorni sono cosparsi <strong>di</strong> sentenze che<br />
sembrano tracciate – con vernice nera – da un’unica mano su un identico argomento: <strong>il</strong> <strong>tempo</strong>.<br />
Ne scegliamo solo alcune. Eccole.<br />
1. Piazza dei Nattino.<br />
2. Piazzetta Cave <strong>di</strong> Seltz.<br />
PASSEGGIANDO<br />
A TEMPO DI NOIA<br />
LA<br />
STUPIDITÀ<br />
È DI MODA<br />
3. Via Ciro Menotti, abside della Chiesa dell’Assunta<br />
L’OROLOGIO È IL CARCERE DEL TEMPO
4. Via Fausto Coppi, fianco esterno sinistro della Chiesa dell’Assunta.<br />
HO VENDUTO IL MIO TEMPO PER FARE<br />
I REGALI DI NATALE<br />
5. Via Puccini, parete esterna della stazione ferroviaria.<br />
IL TEMPO<br />
NON ESISTE ...<br />
GLI OROLOGI SI.<br />
38
39<br />
DIZIONARIO DIDATTICO<br />
Memoria Naturalmente la memoria non è un archivio <strong>di</strong>dattico. È un processo attivo <strong>di</strong><br />
elaborazione e <strong>di</strong> costruzione del futuro. Fortini <strong>di</strong>ceva: noi possiamo imparare dal<br />
nostro passato unicamente nella misura in cui abbiamo interesse a costruirci un<br />
futuro.<br />
Parole <strong>di</strong> Moni Ova<strong>di</strong>a estrapolate da: RENZO PARODI, Ova<strong>di</strong>a:«La memoria antidoto contro <strong>il</strong> ritorno<br />
della barbarie», in Il Secolo XIX, Genova, lunedì 26 gennaio 2004, p. 4.<br />
*** *** ***<br />
CONSIDERAZIONI<br />
Il potere non può <strong>per</strong>mettere un uso incontrollato della ra<strong>di</strong>o e della televisione: gliene<br />
deriverebbero danni enormi e insanab<strong>il</strong>i.<br />
NINO PIRITO, I rischi <strong>di</strong> una tv che è tutto o nulla, in Il Secolo XIX, Genova, sabato 3 gennaio 2004, pp. 1, 12.
Lettere al Direttore<br />
LE ACCADEMIE D’ARTE IN ITALIA<br />
40<br />
SCHELETRI NELL’ARMADIO<br />
G I A N C A R L O P O L I T I<br />
Caro Politi,<br />
<strong>ho</strong> letto su Flash Art <strong>di</strong> ottobre/novembre la tua risposta a una lettera scritta da un ragazzo che ti<br />
chiedeva un consiglio riguardo le Accademie italiane ... la tua risposta mi ha incre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>mente<br />
deluso!<br />
Il tuo verdetto è stato: vai a New York ... “L’accademia è <strong>tempo</strong> <strong>per</strong>so”!!!<br />
Io frequento l’Accademia <strong>di</strong> Brera e penso che i tre anni trascorsi in questo luogo non siano stati<br />
buttati al vento!<br />
Ho seguito moltissimi corsi che mi hanno chiarito le idee riguardo l’arte con<strong>tempo</strong>ranea (un <strong>tempo</strong><br />
<strong>per</strong> me incomprensib<strong>il</strong>e) e inoltre <strong>ho</strong> trovato coraggio e voglia <strong>di</strong> creare in un ambiente<br />
intellettualmente stimolante. Inoltre molti docenti <strong>di</strong> Brera collaborano a Flash Art, la tua splen<strong>di</strong>da<br />
rivista, come Luca Beatrice e Giacinto Di Pietrantonio ...<br />
Beh <strong>per</strong>sonalmente credo che invece <strong>di</strong> “inviare” i nostri giovani artisti all’estero <strong>fare</strong>mmo bene a<br />
tenerceli stretti ... tra qualche <strong>tempo</strong> l’epicentro dell’arte potrebbe tornare in Italia, non cre<strong>di</strong>? Un<br />
caro saluto.<br />
Valentina, mvalentine@tiscalinet.it<br />
TI ASPETTA UN FUTURO DA COMMESSA<br />
Cara Valentina,<br />
<strong>per</strong> trascorrere serenamente i tuoi quattro anni <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> su<strong>per</strong>iori (non sono forse i ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> scuola<br />
più belli, quando sono stati belli?) l’Accademia è ideale. Li potrai raccontare ai tuoi nipotini.
Tanti amici, belle serate in pizzeria e in <strong>di</strong>scoteca, viaggi, <strong>di</strong>scussioni, assemblee, occupazioni,<br />
scio<strong>per</strong>i: insomma una pacchia, come si suol <strong>di</strong>re. Ma se pensi e preten<strong>di</strong> <strong>di</strong> acquisire una<br />
professionalità e d’imparare anche qualcosa che ti serva nelle scelte della vita, sbagli.<br />
Perché le nostre scuole (le Università danno una preparazione solo libresca e obsoleta, le<br />
Accademie nemmeno questo; e tutte le scuole italiane ti preparano – chi più chi meno – al passato,<br />
ma non sono in grado d’interpretare <strong>il</strong> nostro futuro), dal punto <strong>di</strong> vista della preparazione reale e<br />
della vita, non servono a nulla. Quel poco o molto che tu hai imparato te l’ha dato la vita, le<br />
frequentazioni <strong>di</strong> colleghi e <strong>di</strong> artisti, le letture e l’arte, sicuramente Flash Art, non la tua scuola –<br />
seppure l’Accademia <strong>di</strong> Brera, sino ad oggi sia, in<strong>di</strong>scutib<strong>il</strong>mente e <strong>di</strong> gran lunga, la migliore in<br />
Italia (l’amico Fernando De F<strong>il</strong>ippi ha compiuto un miracolo, riuscendo a <strong>di</strong>stricarsi nelle pastoie<br />
burocratiche).<br />
Tu mi hai citato due docenti ottimi (e non sono i soli, ritengo), ma la tua Accademia si porta <strong>di</strong>etro<br />
una pletora <strong>di</strong> docenti inamovib<strong>il</strong>i, impreparati, demotivati, pronti a scendere in campo solo <strong>per</strong> i<br />
piccoli priv<strong>il</strong>egi sindacali e <strong>per</strong> poter lavorare <strong>il</strong> meno possib<strong>il</strong>e. Insomma, docenti che vengono<br />
solo a prendere, non a dare qualcosa.<br />
I francesi quattro volte su<strong>per</strong>iori agli italiani<br />
Una recentissima indagine della Comunità Europea ha stab<strong>il</strong>ito che, me<strong>di</strong>amente (con le rarissime<br />
eccezioni), uno studente francese ha una conoscenza informatica QUATTRO VOLTE<br />
SUPERIORE a quella <strong>di</strong> un italiano. È in grado d’installare un computer, creare programmi ecc.<br />
Insomma acquisisce una conoscenza straor<strong>di</strong>naria del mezzo che ha cambiato la nostra vita.<br />
Chiedete a Giotto e Primavera, i figli del vostro <strong>di</strong>rettore Fernando De F<strong>il</strong>ippi, che hanno<br />
frequentato la scuola francese a M<strong>il</strong>ano. Io li ricordo che, già alle elementari, erano dei geni<br />
rispetto ai coetanei italiani, al punto che, un’estate, chiamai <strong>il</strong> piccolo Giotto <strong>di</strong> tre<strong>di</strong>ci anni come<br />
webmaster nella mia azienda. E, pensando all’età, lo retribuii con <strong>di</strong>ecim<strong>il</strong>a lire l’ora (due m<strong>il</strong>ioni<br />
<strong>di</strong> allora, al mese) e lui scappò, sentendosi, così <strong>di</strong>sse, equiparato a una colf.<br />
Cara Valentina, la tua lettera mi fa male al cuore, <strong>per</strong>ché tu non ti ren<strong>di</strong> conto dello stato della<br />
scuola italiana: purtroppo non hai la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> <strong>fare</strong> confronti e dunque cre<strong>di</strong> a ciò che ti<br />
<strong>di</strong>cono. Ma sei mai stata alla St. Martin’s Sc<strong>ho</strong>ol, al Royal College, al Goldsmith <strong>di</strong> Londra, alla<br />
CALART <strong>di</strong> Los Angeles o alla Tisch Sc<strong>ho</strong>ol <strong>di</strong> New York? Beh, un’altra storia, cre<strong>di</strong>mi. I migliori<br />
docenti possib<strong>il</strong>i, e che cambiano ogni quadrimestre, un programma intenso e propulsivo verso la<br />
vita e l’attualità, un equipment da <strong>fare</strong> invi<strong>di</strong>a alle realtà professionali. E docenti sottoposti a<br />
stimoli (economici e intellettuali) eccezionali. Si tratta ovviamente <strong>di</strong> scuole private, con un Head of<br />
Department (Direttore <strong>di</strong> sezione) e un Consiglio <strong>di</strong>rettivo <strong>di</strong> <strong>il</strong>luminati (tutti docenti della stessa<br />
materia) e che cercano solo <strong>il</strong> meglio <strong>per</strong> la scuola e gli studenti. Parla con qualche ragazzo<br />
italiano che ha avuto <strong>il</strong> coraggio e la fortuna <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are all’estero e che può <strong>fare</strong> <strong>il</strong> raffronto: solo<br />
così potrai capire.<br />
La società italiana non premia i migliori<br />
Ma tutto questo è normale: in Italia, la scuola (ma anche la società civ<strong>il</strong>e) non cerca <strong>il</strong> meglio, non<br />
lo offre né lo chiede. Vengono premiati i me<strong>di</strong>ocri, gli opportunisti, gli zelanti. Le scuole sono <strong>il</strong><br />
covo degli opportunisti: <strong>il</strong> più bravo è chi consce i cav<strong>il</strong>li sindacali <strong>per</strong> lavorare meno. E in una<br />
scuola è lui <strong>il</strong> punto <strong>di</strong> riferimento in<strong>di</strong>scusso. All’interno delle scuole si creano camar<strong>il</strong>le e<br />
alleanze tra docenti <strong>per</strong> far emergere i propri allievi, non sempre i migliori.<br />
Gli intoccab<strong>il</strong>i<br />
Ma questo è normale, mia cara Valentina: tu hai un corpo docente intoccab<strong>il</strong>e che, magari, vince<br />
un concorso <strong>per</strong> Decorazione, Scenografia o Incisione e poi, <strong>per</strong> tutta la vita, insegna video,<br />
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fotografia o scultura, alimentando in sé, e in voi, solo pigrizia e inerzia intellettuale. Il paradosso<br />
solo italiano è che qualunque insegnante non deve rendere conto a nessuno (voi non esistete).<br />
Capisci tu l’aberrazione? Tutti insegnano la materia più fac<strong>il</strong>e o meno impegnativa. Una mia<br />
amica americana, molto professionale, che <strong>per</strong> un anno ha insegnato a Brera, mi <strong>di</strong>ceva che <strong>per</strong><br />
lei, già docente negli USA, la scuola italiana era un <strong>di</strong>vertimento, un passa<strong>tempo</strong> anti stress, non<br />
un lavoro.<br />
Nessun artista (o quasi) insegna da voi: non trovi ciò aberrante? Mimmo Pala<strong>di</strong>no, Jannis<br />
Kounellis, Giulio Paolini, Sandro Chia, Maurizio Cattelan, Vanessa Beecroft (e in passato Alberto<br />
Burri e Lucio Fontana) li avete mai visti in Accademia? Magari all’estero, dove la professionalità e<br />
<strong>il</strong> prestigio hanno un valore reale, non in Italia.<br />
Mi spiace deluderti cara Valentina, ma questa è la realtà in cui tu vivi.<br />
Se non avrai fortuna, se non ti informerai da sola, ti aspetta un futuro da commessa. O da artista,<br />
una delle migliaia che si trascinano in Italia. M<strong>il</strong>ano una capitale dell’arte? Dimenticalo mia<br />
giovane amica! Le capitali <strong>di</strong> qualcosa sono segnate dal destino del paese. E l’Italia è ben lontana<br />
dall’essere un epicentro della cultura e della con<strong>tempo</strong>raneità. Il nostro ruolo è quello <strong>di</strong><br />
conservare (male) <strong>il</strong> passato, non <strong>di</strong> cercare <strong>di</strong> affrontare <strong>il</strong> futuro. Pessimista? No, solo un lucido<br />
realista. E se hai voglia, passa a trovarmi: ti farò conoscere i miei collaboratori, cioè <strong>per</strong>sone che<br />
si sono formate nella grande università del lavoro. Un esempio <strong>per</strong> tutti.<br />
LA SCUOLA IN ITALIA<br />
Gent<strong>il</strong>e <strong>di</strong>rettore,<br />
scrivo <strong>per</strong> sottoporle un quesito che riguarda la <strong>di</strong>ffusione dell’arte con<strong>tempo</strong>ranea nelle scuole<br />
su<strong>per</strong>iori. Insegno a un pubblico giovan<strong>il</strong>e molto numeroso e <strong>ho</strong> sempre sentito l’importanza del<br />
ruolo che ricopro nella qualità <strong>di</strong> suggeritore <strong>di</strong> un messaggio, non solo estetico. In una recente<br />
visita al Centre Pompidou, <strong>ho</strong> notato ragazzi accendersi <strong>di</strong> curiosità verso forme che sono vicine<br />
alla loro e alla mia sensib<strong>il</strong>ità, porre interrogativi, ipotizzare soluzioni.<br />
Lei converrà con me che non si può spiegare la creazione artistica esclusivamente dal risultato<br />
estetico, ma sarebbe opportuno muovere da quell’universo <strong>di</strong> possib<strong>il</strong>ità espressive derivanti dalla<br />
necessità <strong>di</strong> comunicazione che artista o poeta o musicista mette in atto. Al fine <strong>di</strong> penetrare i<br />
principi e le forme che sono alla base dell’arte con<strong>tempo</strong>ranea è necessario conoscere <strong>il</strong> proprio<br />
<strong>tempo</strong>, meglio sarebbe “vivere” <strong>il</strong> proprio <strong>tempo</strong>. Come è possib<strong>il</strong>e ciò, se i programmi scolastici<br />
riescono a coprire un <strong>per</strong>iodo che arriva, a stento, al 1945, sia in storia che in f<strong>il</strong>osofia? Se non<br />
esiste un supporto culturale allargato alla cultura e al pensiero, resta problematico far capire<br />
l’avventura dell’intuizione con<strong>tempo</strong>ranea. Non parliamo poi del programma <strong>di</strong> storia dell’arte<br />
previsto dal ministero, altrimenti cadremmo nel ri<strong>di</strong>colo!! Per completare <strong>il</strong> quadro, aggiungo anche<br />
la ritrosia della maggior parte dei colleghi verso tali problematiche! A quale commissione<br />
ministeriale che si occupa <strong>di</strong> programmazione artistica rivolgersi?<br />
Patrizio Sanguigni, kalamis 1 @tiscali.it<br />
PS: Gra<strong>di</strong>rei un suo giu<strong>di</strong>zio su alcuni miei lavori recentemente esposti a M<strong>il</strong>ano.<br />
MALATI DI NOSTALGIA<br />
Caro Patrizio,<br />
forse basterebbe leggere la mia risposta a Valentina, che apre questa rubrica, <strong>per</strong> conoscere la mia<br />
opinione.<br />
La scuola italiana è ancora fortemente proiettata verso <strong>il</strong> passato, quasi le guerre puniche siano<br />
più importanti della Seconda Guerra Mon<strong>di</strong>ale, oppure Masaniello o Luigi XIV più <strong>di</strong> Stalin,<br />
Hitler, Mussolini o Bush.<br />
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Ecco, la con<strong>di</strong>zione della scuola italiana si potrebbe sintetizzare in queste poche righe. È malata <strong>di</strong><br />
nostalgia, <strong>di</strong> acculturazione, <strong>di</strong> nozionismo. Teme <strong>di</strong> misurarsi con la con<strong>tempo</strong>raneità, dunque si<br />
rifugia nella memoria e nel passato: viviamo un continuo amarcord esistenziale. Anche se io, da<br />
sempre, sostengo che la con<strong>tempo</strong>raneità e <strong>il</strong> futuro dovrebbero riguardarci più da vicino.<br />
Ma tu lo sai che nelle scuole anglosassoni (ancora loro) lo stu<strong>di</strong>o della storia (civ<strong>il</strong>e, o dell’arte o<br />
della f<strong>il</strong>osofia) inizia dal presente, dall’attualità? Si incomincia con Derrida o Lacan o<br />
Wittgenstein, prima <strong>di</strong> arrivare a ritroso a Platone o Anassimandro.<br />
Perché quei paesi hanno un approccio pragmatico e attualistico verso la cultura.<br />
Per questo inglesi, americani e tedeschi hanno acquisito un predominio culturale (dunque<br />
scientifico, economico) sugli altri paesi. Per loro l’approccio alla con<strong>tempo</strong>raneità (ve<strong>di</strong> anche la<br />
musica) è un fatto naturale, come usare <strong>il</strong> computer. Infatti hanno capito che è meglio conoscere <strong>il</strong><br />
nostro <strong>tempo</strong>, poi le altre epoche <strong>per</strong> confrontarle. Non come avviene da noi, che si stu<strong>di</strong>a <strong>il</strong><br />
Rinascimento o <strong>il</strong> Risorgimento ma non la Guerra Fredda o la caduta del Muro <strong>di</strong> Berlino.<br />
Hai ragione tu, caro amico: la con<strong>tempo</strong>raneità è meglio viverla che stu<strong>di</strong>arla, in tal modo tutto<br />
<strong>di</strong>venta più fac<strong>il</strong>e. La mia ormai lunga frequentazione mi ha <strong>per</strong>messo <strong>di</strong> vivere in <strong>di</strong>retta le<br />
es<strong>per</strong>ienze dell’Arte Povera, dell’Arte Concettuale, della Minimal Art, <strong>di</strong> Fluxus, della<br />
Transavanguar<strong>di</strong>a. Se poi <strong>ho</strong> letto e stu<strong>di</strong>ato questi movimenti e i protagonisti, è stato <strong>per</strong><br />
confrontare le mie idee con quelle altrui, ma la conoscenza era già in me.<br />
A chi rivolgersi <strong>per</strong> una supplica? Cre<strong>di</strong> ancora in queste cose? Roba d’altri tempi o <strong>di</strong> altri paesi.<br />
Comunque prova a scrivere a Letizia Moratti. Chissà che non abbia una segretaria intelligente che<br />
le passi la lettera. Comunque auguri. Anche <strong>per</strong> <strong>il</strong> tuo lavoro <strong>di</strong> artista che non è male. Ma <strong>il</strong> tuo<br />
intervento ne era già un segnale.<br />
GIANCARLO POLÌTI, Lettere al <strong>di</strong>rettore, in Fash Art, M<strong>il</strong>ano, <strong>di</strong>cembre 2003-gennaio 2004, n° 243, pp. 77-78.<br />
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