ho venduto il mio tempo per fare i regali di natale - Altervista
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S’APRIVA AUTUNNO AGLI IMPREVISTI<br />
Quel 1966 fu, <strong>per</strong> me, particolarmente vivace. E forse val la pena <strong>di</strong> raccontare con un certo or<strong>di</strong>ne,<br />
anche se la memoria può aver oscurato dettagli.<br />
Siamo a Torino, città allora arroccata attorno alla FIAT, in sonnolente tran-tran, avvolta da una<br />
cappa mortificante. Come da sempre i ricchi stanno bene, i poveri meno. Chi ha <strong>il</strong> potere lo <strong>di</strong>fende<br />
e chi non ce l’ha si oppone. Sembra un teatrino a ruoli fissi. La città, da sempre, ha avuto una<br />
vocazione sociale, forse un po’ troppo cottolenghiana (1) , <strong>per</strong>sino da parte della sinistra politica.<br />
Ognuno, da bravo subalpino, fa la sua parte ed <strong>il</strong> mito del lavoro e del profitto giustifica la<br />
ripetizione, <strong>il</strong> mugugno e le ferie al mare. Da un anno, <strong>per</strong>ò, strani <strong>per</strong>sonaggi si intravedono seduti<br />
ai Giar<strong>di</strong>ni Reali. Uno <strong>di</strong> loro, che chiamano Ginsberg (2), intervistato dalla Stampa, ha spiegato le<br />
motivazioni, le s<strong>per</strong>anze, <strong>di</strong> questi giovani accampati poveramente dove verde e panchine offrono<br />
ristoro. Li chiamano ‘capelloni’ <strong>per</strong>ché sono in<strong>di</strong>fferenti alla lunghezza dei capelli, non amano <strong>il</strong><br />
rasato dei marines, si <strong>di</strong>chiarano anarchici e pacifisti. Il loro slogan è “Non contate su <strong>di</strong> noi”. La<br />
guerra in Vietnam procede in modo atroce ed ancora una volta gli USA fanno la parte degli<br />
esecutori. Nella già Indocina, i conta<strong>di</strong>ni combattono nelle jungle e nelle risaie: li chiamano vietcong.<br />
Sono piccoli, s<strong>il</strong>enziosi, tenaci e lottano <strong>per</strong> la propria in<strong>di</strong>pendenza.<br />
Torino è città o<strong>per</strong>aia, cattolica e comunista. Si sente forte la <strong>di</strong>ssociazione dalla politica americana.<br />
Yankee go <strong>ho</strong>me, si legge sui muri. Ci sono cortei, proteste. Torino è allenata. Già fece la sua parte<br />
durante la guerra d’Algeria. Ma <strong>il</strong> Viet-nam ha un altro sapore. Anche negli States i giovani si<br />
mob<strong>il</strong>itano, creano <strong>il</strong> ‘movimento’. Ci stanno dentro studenti universitari, preti cattolici, pastori<br />
protestanti, quaccheri, hippies, arrabbiati bianchi, Pantere nere, pacifisti, <strong>di</strong>ssidenti… Da noi<br />
l’opposizione è più tra<strong>di</strong>zionale, rientra nei ranghi previsti dal sistema partitico. L’ideologia è<br />
sempre in primo piano, <strong>per</strong> <strong>di</strong>scriminare i buoni dai cattivi. Ma quelli del ‘non contate su <strong>di</strong> noi’<br />
sono stufi <strong>di</strong> vivere in tal modo. Si sta avviando una s<strong>il</strong>enziosa, <strong>di</strong>sorganizzata, esistenziale<br />
rivoluzione <strong>di</strong> vita, che rifiuta <strong>il</strong> potere, <strong>il</strong> consumismo, <strong>il</strong> dogmatismo, la rigi<strong>di</strong>tà e fa sua<br />
l’affermazione <strong>di</strong> Lao-tze, quella che ci ricorda “Il duro e <strong>il</strong> rigido sono compagni della morte /<br />
mentre <strong>il</strong> tenero e <strong>il</strong> debole sono compagni della vita”. Definirò questa decennale marcia s<strong>il</strong>enziosa<br />
come una eresia pau<strong>per</strong>istica, in un mondo costellato <strong>di</strong> bombe H, <strong>di</strong> consumismo straripante, in un<br />
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