Tesi - aiiao
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MESSINA<br />
FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA<br />
CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA<br />
CORSO INTEGRATO DI SCIENZE MEDICHE E CHIRURGICHE<br />
Medicina Interna – Chirurgia Generale – Malattie Infettive<br />
Anatomia Patologica – Malattie dell’Apparato Locomotore<br />
_______________________________________________________________________________________<br />
PAPILLOMA VIRUS E CARCINOMA DELLA CERVICE<br />
UTERINA: prevenzione della malattia – gestione della<br />
vaccinazione e dello screening – ruolo e compiti<br />
dell’ infermiere<br />
<strong>Tesi</strong> di Laurea di:<br />
Lavinia Novello<br />
Anno Accademico 2008/2009<br />
Relatore<br />
Prof. Giovanni Pellicano’
Indice<br />
CAPITOLO PRIMO Il Papilloma Virus Umano e le patologie<br />
connesse ..................................................................................................... 1<br />
Papilloma Virus Umano ............................................................................. 2<br />
Differenze tra ceppi pericolosi e non di HPV e la loro cancerogenicità .. 6<br />
Le infezioni da HPV ............................................................................. 8<br />
Le lesioni precancerose .................................................................... 11<br />
Il carcinoma in situ ........................................................................ 12<br />
Il carcinoma della cervice uterina ............................................... 14<br />
CAPITOLO SECONDO La prevenzione e l’ educazione sanitaria . 28<br />
La prevenzione primaria-secondaria-terziaria .......................................... 29<br />
L’educazione sanitaria .......................................................................... 34<br />
CAPITOLO TERZO GARDASIL ® .................................................. 46<br />
Cos’è il Gardasil ® ..................................................................................... 47<br />
A chi è indirizzato Gardasil ® ................................................................. 49<br />
Il consenso informato ........................................................................ 50<br />
Modalità di somministrazione ....................................................... 58<br />
Scopo ed efficacia della vaccinazione ....................................... 62<br />
Gardasil ® e Cervarix ® a confronto ......................................... 69<br />
CAPITOLO QUARTO Enna e Piazza Armerina: risposta all’avvio<br />
di Gardasil ® ............................................................................................. 73<br />
CAPITOLO QUINTO Lo Screening .................................................. 89<br />
Gestione dello screening .......................................................................... 90<br />
CAPITOLO SESTO Infermiere e Prevenzione.................................. 99<br />
L’ infermiere nel Servizio di Igiene Pubblica ........................................ 100<br />
L’ infermiere nelle comunità ................................................................ 106<br />
L’ infermiere nelle U.O. di Pediatria(approccio alle vaccinazioni) ... 108<br />
Ambulatorio Infermieristico: l’ infermiere di famiglia ................... 109<br />
CONCLUSIONE .................................................................................. 120<br />
BIBLIOGRAFIA ...................................................................................... I<br />
SITOGRAFIA ....................................................................................... III
CAPITOLO PRIMO<br />
Il Papilloma Virus Umano e le<br />
patologie connesse
PAPILLOMA VIRUS UMANO<br />
Il papilloma virus umano o Human Papilloma<br />
Virus (HPV) appartiene al gruppo dei Parvovirus, dotato<br />
di genoma a DNA circolare a doppio filamento. E’<br />
costituito dal solo capside proteico (a sua volta unione di<br />
72 capsomeri, ciascuno risultante dall’ assemblamento di<br />
5 proteine strutturali L1) e racchiude una molecola<br />
circolare di DNA a doppia elica, costituita circa da 8000<br />
coppie di basi; quest’ ultimo si organizza, da un punto di<br />
vista del genoma, in due “domains” ossia regioni<br />
suddivisibili in sequenze nucleotidiche, dette Open<br />
Reading Frames (ORFs, o quadri di lettura aperta), che<br />
rappresentano tratti del genoma potenzialmente<br />
trascrizionali.<br />
Ogni ORF è in grado di codificare per uno<br />
specifico mRNA e la sua relativa proteina. Proprio queste<br />
proteine saranno poi le responsabili della varie funzioni<br />
nello svolgimento del ciclo vitale dell’ HPV.
Il genoma è costituito da tre regioni:<br />
E (early): regione che codifica<br />
per le early-proteines, suddivisa in 6 ORFs<br />
( open-reading frames) che vanno da E1 a<br />
E7. Si tratta di geni responsabili dei<br />
processi di replicazione, trascrizione<br />
plasmidica e trasformazione cellulare.<br />
L (late): regione che codifica<br />
per le late-proteines, in questo caso<br />
suddivisa in 2 ORFs: una proteina capsidica<br />
maggiore, L1, e una minore, L2. Vi<br />
troviamo inoltre proteine strutturali del<br />
capside virale, ergo capaci di evocare<br />
risposta immunitaria da parte dell’ ospite.<br />
LCR ( long-control-region):<br />
regione non codificante e dunque senza<br />
alcuna capacità di trascrizione autonoma; è<br />
sede di interazione con fattori cellulari, per<br />
la modulazione della trascrizione di HPV<br />
(regione necessaria per la replicazione e per<br />
la trascrizione del genoma virale).
Il virus, allora, una volta entrato dentro le cellule fa<br />
esprimere alcuni geni E (early) i quali modificano il<br />
metabolismo della cellula infettata per metterlo al<br />
servizio di HPV, che poco prima della fuoriuscita dalla<br />
cellula fa sintetizzare le proteine L1 e L2 (late) che<br />
associandosi tra loro formano la struttura icosaedrica del<br />
capside virale.<br />
Le proteine precoci del virus hanno lo scopo di<br />
favorire la crescita e la divisione della cellula; HPV può<br />
infatti replicare solo nelle cellule in replicazione, in<br />
quanto non codifica per una sua DNA polimerasi e ha<br />
bisogno della polimerasi della cellula ospite (che viene<br />
sintetizzata nelle cellule in attiva divisione).<br />
Le cellule bersaglio del virus sono per questo gli<br />
epiteli della cute e delle mucose di diverse specie animali<br />
(bovine-PV, canine-PV, cotton-tail, rabbit-PV) e<br />
dell’uomo (human-PV) dando origine ad un ampio<br />
spettro di lesioni capaci di rigenerarsi in continuazione. A<br />
seconda del luogo dell'infezione si avranno dunque
verruche nella cute e papillomi nelle mucose. La<br />
patogenesi è dunque la crescita cellulare indotta dal virus<br />
negli strati basale e spinoso degli epiteli.<br />
Si conoscono oltre 120 tipi di HPV, individuabili in<br />
16 generi identificati con le lettere dell’ alfabeto greco (α,<br />
β, γ, δ, ε, ζ, η, θ, ι, κ, λ, µ, ν, χ, ο, π), la maggior parte dei<br />
quali causa malattie non gravi.<br />
I papilloma virus umani afferiscono ai generi α<br />
(prevalente tropismo mucosale) e β (prevalente tropismo<br />
cutaneo, cioè responsabili delle verruche plantari o<br />
piane).<br />
Quelli appartenenti al genere α sono 50 ed infettano<br />
per lo più le mucose genitali; la maggior parte di questi<br />
virus vengono definiti a basso rischio (6, 11, 42, 43, 44) e<br />
quindi in grado di determinare solo manifestazioni<br />
proliferative benigne a livello cutaneo-mucosale. I<br />
genotipi virali definiti invece ad alto rischio (16, 18, 31,<br />
33, 35, 39, 45, 51, 52, 56, 58, 59, 68) sono fortemente<br />
correlati a lesioni neoplastiche, prime tra tutte quelle della<br />
cervice uterina ma anche del cavo orale, dell’ ano,
dell’ esofago, del laringe. Alcuni tipi di HPV possono<br />
tuttavia causare tumori benigni quale il condiloma<br />
genitale.<br />
Tutti i tumori del collo dell'utero sono causati<br />
dall'HPV. Si calcola che oltre il 70% delle donne<br />
contragga un'infezione genitale da HPV nel corso della<br />
propria vita, ma la grande maggioranza di queste<br />
infezioni é destinata a scomparire spontaneamente nel<br />
corso di pochi mesi grazie al loro sistema immunitario.<br />
Solo in caso di persistenza nel tempo di infezioni di HPV<br />
ad alto rischio oncogenico è possibile, in una minoranza<br />
dei casi e nel corso di parecchi anni, lo sviluppo di un<br />
tumore maligno del collo uterino.<br />
Differenze tra i ceppi pericolosi e non di<br />
HPV e la loro cancerogenicità<br />
I genotipi ad alto rischio di HPV (16, 18, 31, 33,<br />
35, 39, 45, 51, 52, 56, 58, 59, 68) si differenziano da<br />
quelli a basso rischio (6, 11, 42, 43, 44) sia in base al sito
di azione, in quanto i primi attaccano le mucose<br />
mentre i secondi la cute, sia in base ad alcune mutazioni<br />
dell'oncoproteina E7 . Questa differente patogenicità è<br />
dovuta al fatto che le mucose sono molto più sensibili<br />
della pelle alle infezioni di HPV perché la minore<br />
robustezza delle membrane cellulari delle cellule delle<br />
mucose facilita l'ingresso dei virus all'interno delle stesse<br />
ed in più le oncoproteine E7 dei Papilloma Virus ad alto<br />
rischio hanno delle mutazioni amminoacidiche che<br />
permettono un legame e un' inibizione migliore del<br />
retinoblastoma rispetto agli E7 dei genotipi a basso<br />
rischio.<br />
Ad esempio la differenza amminoacidica<br />
principale tra l'E7 dell'HPV 16 (alto rischio) e quello<br />
dell’HPV 6 (basso rischio) è un acido aspartico in<br />
posizione 21 presente nel primo, invece di una glicina<br />
presente nel secondo: quest’ unica differenza fa si che la<br />
prima proteina abbia una capacità ligante (e quindi di<br />
causare il cancro) del 41% superiore alla seconda.
Una volta che l'HPV è entrato dentro la cellula fa<br />
sintetizzare alla cellula infettata due proteine E6 e E7,<br />
che si legano e inibiscono il retinoblastoma (proteina<br />
capace di regolare le mitosi cellulari), il che causa<br />
divisioni cellulari incontrollate.<br />
Si suppone che questi cambiamenti fisiologici che<br />
vengono dati alle cellule infettate servano al virus per<br />
diffondersi meglio.<br />
Le infezioni da HPV<br />
Modello 3D del Virus del papilloma<br />
Gli HPV si contraggono tramite contatto diretto<br />
(sessuale, orale e cutaneo). Non sono presenti in liquidi<br />
biologici quali sangue, saliva o sperma.
Il rischio di contrarre una infezione da HPV<br />
aumenta con il numero dei partners sessuali, ed é<br />
massimo nell'età più giovanile (13-35 anni). Il virus è più<br />
frequentemente trovato tra le popolazione promiscue e in<br />
condizioni precarie di igiene.<br />
L'uso del profilattico non pare avere azione<br />
protettiva completa in quanto l'infezione è spesso diffusa<br />
anche alla cute della vulva e perineo.<br />
L'infezione da HPV è asintomatica nella maggior<br />
parte dei casi. In alcuni casi, si può invece manifestare<br />
con condilomi in sede genitale (pene e vulva, perineo).<br />
Le lesioni da HPV del collo uterino possono essere<br />
riconosciute mediante il Pap-test, l’ HPV test, la<br />
colposcopia o tecniche di patologia molecolare, e le<br />
lesioni del pene mediante la penescopia.<br />
Come in molte infezioni virali, la terapia dell'HPV<br />
é spesso problematica. Tuttavia poiché la maggior parte<br />
delle infezioni da HPV regredisce spontaneamente, solo<br />
una minoranza dei casi richiederà un trattamento.
Nei casi di infezione persistente della cervice<br />
uterina, non esistono attualmente trattamenti non invasivi<br />
di elevata efficacia.<br />
Nel caso l'infezione sia associata a modificazioni<br />
precancerose dell'epitelio, possono essere prese in<br />
considerazione la laserterapia o la conizzazione. Per la<br />
rimozione dei condilomi acuminati della vulva, pene o<br />
perineo si può ricorrere al laser, all'elettrocoaugulazione,<br />
alla crioterapia o ad applicazioni di podofillina.<br />
Ogni anno, in Italia, sono circa 3.500 le donne che<br />
si ammalano di cervicocarcinoma. Quasi la metà muore.<br />
Nel Mondo ogni anno 400.000 donne si ammalano<br />
e la metà di loro muore. Si stima che il 75% della<br />
popolazione entri in contatto con il virus almeno una<br />
volta durante la sua vita.
Le lesioni precancerose<br />
Si definisce lesione precancerosa quella lesione che, se<br />
non viene curata od eliminata, ha talora possibilità di<br />
trasformarsi in carcinoma: oggi vi si dà il nome di<br />
«displasia» e la loro importanza clinica sta nella<br />
potenziale evoluzione verso la malignità.<br />
Le lesioni displastiche sono caratterizzate da una<br />
anormale maturazione e proliferazione dell’ epitelio<br />
squamoso, ad ogni modo differiscono da quella del<br />
carcinoma in quanto conservano una certa maturazione e<br />
cheratinizzazione superficiale.<br />
A seconda dei gradi di atipia istologica più o meno<br />
spiccata si distinguono displasie di grado BASSO,<br />
MEDIO, ELEVATO; come anche displasie BENIGNE nei<br />
primi due casi, e MALIGNE nell’ ultimo. Si è cercato<br />
inoltre di individuare in quanto tempo una displasia si<br />
può trasformare in carcinoma, come si è tentato di fissare<br />
il periodo che occorre affinché un carcinoma in situ si
trasformi in cancro invasivo. Ebbene si parla di<br />
molti anni, ma si tratta di affermazioni presuntive.<br />
La frequenza della displasia cervicale varia dal 3 al<br />
5 % delle donne: l’età in cui tale frequenza è maggiore è<br />
quella giovanile, tra i 25 e i 40 anni, mentre invece per il<br />
cervicocarcinoma l’età media è tra i 35 e i 45 anni.<br />
Il carcinoma in situ<br />
Il carcinoma in situ o carcinoma preinvasivo della<br />
cervice uterina è una lesione con caratteristiche<br />
istologiche di malignità, però limitate al solo epitelio<br />
squamoso; la membrana basale non è superata e non vi è<br />
infiltrazione verso lo stroma sottostante. Tali atipie a<br />
volte possono estendersi sino a coinvolgere i colletti<br />
ghiandolari, ma si tratta sempre di un epitelio immaturo<br />
in tutti gli strati.
I due requisiti necessari a considerare una lesione<br />
della portio come carcinoma in situ sono:<br />
la sostituzione dell’ epitelio normale con un<br />
epitelio atipico nel quale le cellule hanno<br />
perso la loro abituale stratificazione e<br />
invece presentano un pleomorfismo con<br />
aumento dell’ attività mitotica;<br />
l’assenza di invasione del connettivo<br />
sottoepiteliale.<br />
Generalmente il carcinoma in situ insorge a livello<br />
della giunzione fra epitelio squamoso ed epitelio<br />
cilindrico del collo dell’ utero, tale zona viene detta per<br />
l’appunto “di transizione” e può estendersi in alto verso<br />
l’endocervice, all’ esterno verso la portio e la vagina, o in<br />
entrambe le direzioni.<br />
La cervice uterina macroscopicamente si presenterà<br />
alterata per un ectropion, un’erosione o una lacerazione,<br />
sebbene non sia raro il caso di una portio ricoperta da<br />
epitelio di aspetto perfettamente normale, nella quale<br />
esista comunque un carcinoma in situ: in questo caso non
saranno infrequenti sanguinamenti della portio stessa,<br />
specie a seguito di stimolazione con le valve dello<br />
speculum o con una spatola.<br />
Alla diagnosi vi si arriva perché la donna, anche in<br />
assenza di disturbi ginecologici, si è sottoposta al test di<br />
Papanicolaou e questo ha dato esito positivo, oppure a<br />
seguito di una colposcopia sono state individuate delle<br />
zone sospette; ergo alla paziente viene subito eseguita una<br />
biopsia per conizzazione o una biopsia mirata, così da<br />
poter precisare la diagnosi istologica di carcinoma in situ.<br />
La terapia è rappresentata dalla stessa conizzazione<br />
che ha permesso di diagnosticarlo, cui seguiranno<br />
controlli colposcopici e citologici ogni 6 mesi, in quanto<br />
tale lesione mette comunque a rischio la donna per un<br />
futuro cancro cervicale.<br />
Il carcinoma della cervice uterina<br />
Il cancro del collo dell’ utero si distingua a seconda<br />
del punto di insorgenza, in:
cancro della portio<br />
cancro del canale cervicale.<br />
Nell’ ambito del carcinoma invasivo riveste<br />
particolare importanza il dato istologico dell’ entità<br />
dell’invasione, e vi si distinguono:<br />
carcinoma con invasione iniziale dello<br />
stroma (early stromal invasion)<br />
carcinoma microinvasivo o<br />
microcarcinoma<br />
carcinoma francamente ed<br />
evidentemente invasivo<br />
Nell’early stromal invasion (iniziale invasione<br />
stromale) si hanno piccolissime gittate o isole cellulari<br />
atipiche nello stroma, spesso si tratta di un carcinoma in<br />
situ dove le digitazioni di cellule atipiche proliferano<br />
verso lo stroma, facendo sorgere il sospetto di<br />
sconfinamenti oltre la mambrana basale; altre volte<br />
invece si apprezza un coinvolgimento dell’epitelio<br />
ghiandolare.
Nel micro carcinoma l’invasione dello stroma è<br />
molto netta, se pure iniziale o focale. Questo fatto rende<br />
possibile, anche se in via eccezionale, il verificarsi di<br />
metastasi linfonoidali.<br />
Il cancro cervicale francamente invasivo è spesso<br />
una lesione già evidente alla visita ginecologica, in<br />
particolar modo al controllo visivo della portio dopo<br />
l’applicazione dello speculum; si presenta sotto tre<br />
aspetti:<br />
tumore:<br />
forma ulcerativa<br />
forma vegetante o esofitica, “cancro a<br />
cavolfiore”<br />
forma nodulare o infiltrante<br />
Da un punto di vita istologico invece si tratta:<br />
93% tipo squamoso<br />
5% adenocarcinoma<br />
2% carcinoma indifferenziato<br />
Tra i carcinomi squamosi distinguiamo 3 tipi di
1) ad elementi indifferenziati, con cellule grandi<br />
di tipo spinoso, nuclei rotondi e vescicolari,<br />
circondati da citoplasma ampio;<br />
2) ad elementi immaturi, con cellule più piccole<br />
e scure, a scarso citoplasma cosicché i nuclei<br />
paiano addensati gli uni agli altri;<br />
3) ad elementi intermedi, con cellule simili a<br />
quelle dello strato profondo basale e con<br />
caratteristiche intermedie fra i due tipi<br />
precedenti.<br />
L’adenocarcinoma cervicale origina dalle<br />
ghiandole del canale cervicale o da residui embrionali a<br />
livello della cervice uterina (resti mesonefrici o<br />
paramesonefrici); assume nella maggioranza dei casi<br />
aspetto papillare, ma può anche essere nudulare o<br />
polipoide.<br />
Macroscopicamente troviamo diverse varianti: il<br />
tipo più comune è l’adenocarcinoma mucinoso, ma è<br />
abbastanza frequente anche il tipo adeno-squamoso<br />
(adenoacantoma) e l’adenocarcinoma solido o
indifferenziato; meno frequente, invece è<br />
l’adenocarcinoma mesofrenico, derivante dal dotto del<br />
Malpighi.<br />
Il cervicocarcinoma si diffonde per contiguità e per<br />
via linfatica: la prima via di diffusione interessa<br />
soprattutto la vagina, il parametrio e il paracolpo, più<br />
raramente il corpo dell’ utero; inoltre sempre seguendo<br />
questa via, il tumore può arrivare ad interessare anche la<br />
vescica e/o il retto.<br />
La seconda via di diffusione, quella linfatica, in un<br />
primo tempo avviene nei linfonodi del parametrio,<br />
interessando in seguito anche quelli pelvici. Le stazioni<br />
linfonodali interessate in un primo momento, «stazioni di<br />
invasione primaria», sono, in ordine di frequenza: le<br />
iliache esterne, le otturatorie, le ipogastriche e le iliache<br />
comuni. Quelle invece definite di «invasione secondaria»<br />
sono: le aortiche, le sacrali e le inguinali.<br />
Pare vi sia una certa correlazione tra grado di<br />
immaturità del tumore e la sua potenzialità a dare<br />
metastasi, per tale motivo si afferma allora che il
carcinoma squamoso ad elementi indifferenziati e<br />
l’ adenocarcinoma metastatizzano più frequentemente e<br />
precocemente.<br />
Il carcinoma della cervice uterina è una malattia<br />
che tende a restare pelvica, spesso sino all’exitus della<br />
paziente, che avviene per ostruzione delle vie urinarie, e<br />
quindi per coma uremico, o per emorragia da erosione dei<br />
grossi vasi pelvici. Può comunque avvenire anche la<br />
possibilità di metastasi a distanza per via ematica.<br />
La sintomatologia compare quando il tumore è già<br />
decisamente invasivo e spesso ha già dato metastasi ai<br />
linfonodi pelvici: si tratta di donne che non hanno<br />
eseguito annualmente il controllo citologico o perché ne<br />
ignoravano l’esistenza, o per indolenza, o per<br />
disinformazione, oppure ancora perché questa opportunità<br />
non era disponibile nel luogo in cui esse vivevano.<br />
Ad ogni modo il sintomo podromico in genere è la<br />
perdita di sangue, proveniente dal tessuto cervicale<br />
(portio o canale cervicale) e può assumere il carattere di<br />
una perdita improvvisa, anche abbondante, di colore
osso vivo, oppure di una piccola perdita ematica che<br />
compare di colpo a seguito di un rapporto sessuale o dopo<br />
una irrigazione vaginale, o in seguito alla minzione o alla<br />
defecazione, o ancora durante una visita ginecologica, e<br />
per sino come spotting tra una mestruazione e l’altra.<br />
Soprattutto nei primi mesi di evoluzione del<br />
carcinoma invasivo la perdita ematica può essere<br />
rappresentata dalla sola leucorrea striata di rosso o rosa,<br />
viceversa, negli stadi più avanzati l’emorragia può<br />
assumere proporzioni allarmanti.<br />
Altro sintomo abbastanza frequente, ma non<br />
caratteristico, è la leucoxantorrea, ossia la presenza di<br />
perdite bianco-giallastre.<br />
Il dolore è invece un sintomo assai tardivo: quando<br />
compare è dovuto al fatto che la neoplasia sta<br />
interessando direttamente i nervi o i vasi pelvici od altri<br />
organi vicino all’ utero (vescica-retto). I disturbi vescicali<br />
(disuria – ematuria – stranguria) o rettali (tenesmo –<br />
proctorragie) possono comparire quando l’ infiltrazione<br />
neoplastica ha cominciato ad interessare questi organi.
Nelle fasi avanzate il tumore può distruggere il<br />
setto vescico-vaginale o quello retto-vaginale e possono<br />
così insorgere fistole urinarie e fecali.<br />
Anche l’edema dell’arto inferiore è in genere segno<br />
dell’avanzata diffusione del tumore, si verifica per<br />
compressione sulle vene iliache o sui linfatici pelvici da<br />
parte di gruppi di linfonodi ingrossati a causa delle<br />
metastasi che contengono.<br />
Per ciò che attiene alla diagnosi, questa in un primo<br />
momento si servirà dell’ esame obiettivo: la portio mette<br />
in evidenza una lesione di tipo ulcerativo o vegetante, la<br />
zona neoplastica è molto sanguinante e friabile. In<br />
qualche caso si può apprezzare un ingrossamento a botte<br />
della cervice, il cui tessuto è fragilissimo e la pinza da<br />
biopsia asporta facilmente grossi frammenti di cervice.<br />
Ovviamente la diagnosi dovrà essere confermata<br />
dall’ esame istologico, che permetterà di differenziare con<br />
sicurezza il carcinoma cervicale da alcune lesioni<br />
tubercolari, o da papillomi cervicali benigni ad esempio.
Circa le regole per la determinazione dello stadio è<br />
necessario attenersi a quanto stabilito dalla Federazione<br />
Internazionale di Ginecologia e Ostetricia; vi si arriva<br />
solo a seguito di:<br />
a) esame ginecologico vaginale e rettale;<br />
b) urografia;<br />
c) RX polmoni e scheletro;<br />
d) cistoscopia;<br />
e) rettoscopia;<br />
f) linfografia.<br />
L’esame per via vaginale e rettale è necessario per<br />
valutare l’ estensione della neoplasia sia alla vagina sia in<br />
senso laterale, ai parametri: un dato abbastanza<br />
attendibile è quello della fissità dell’ utero, infatti se così<br />
si presenta con ogni probabilità esiste una notevole<br />
infiltrazione al parametrio.
Il cancro cervicale di tipo squamoso è una delle<br />
neoplasie più radio curabili tra quelle dei genitali<br />
femminili, il suo trattamento può essere chirurgico,<br />
attinico, radiochirurgico. Il trattamento radiante è<br />
preferibile nei casi ad alto rischio operatorio nelle donne<br />
di età superiore ai 65 anni con patologie extragenitali<br />
associate. Gli adenocarcinomi e gli epiteliomi ad elementi<br />
indifferenziati sono da considerarsi meno radiosensibili,<br />
per tale motivo si predilige la terapia chirurgica.<br />
La scelta del tipo di terapia viene effettuata tenendo<br />
in considerazione alcuni fattori, quali la diffusione che ha<br />
assunto il tumore e quindi il suo stadio clinico e le<br />
condizioni generali della paziente, tra i quali la sua età e il<br />
suo grado di resistenza ai vari possibili trattamenti.<br />
Cionondimeno sarà necessario procedere cogli<br />
esami di laboratorio e gli altri mezzi diagnostici (apparato<br />
cardiovascolare, apparato respiratorio, apparato<br />
uropoietico e apparato digerente).<br />
Prima di procedere con l’intervento chirurgico sarà<br />
inoltre opportuno depistare eventuali infezioni vaginali e
la possibile presenza di batteriuria: in caso di positività di<br />
questi esami è indispensabile il controllo colturale per<br />
conoscere l’ agente dell’ infezione vaginale od urinaria e<br />
per l’esecuzione di un antibiogramma, onde avere a<br />
disposizione un dato utile per curare la flogosi ed<br />
impedire le complicanze a questa legate, durante e dopo<br />
la terapia.<br />
L’intervento di elezione è quello di exeresi,<br />
adeguato allo stadio di diffusione del tumore, e si<br />
definisce «radicale».<br />
La radioterapia invece offre numerosi vantaggi, tra<br />
cui : la mortalità iatrogena è certamente inferiore a quella<br />
legata alla terapia chirurgica; quanto più la tecnica è<br />
corretta e i mezzi impiegati sono perfezionati, tanto meno<br />
esiste il rischio di morbilità; può essere impiegata in<br />
qualsiasi stadio della malattia.<br />
Le modalità più usate sono:<br />
• la radioterapia intracavitaria (Radium,<br />
Cobalto, Cesio, Iridio): ha per lo più lo
scopo di distruggere la neoplasia primitiva e<br />
le sue propaggini;<br />
• l’irradiazione esterna della pelvi con sorgenti<br />
di radiazioni di alta energia (telecobalto,<br />
betatrone, ecc): si vuole eliminare la<br />
diffusione ai parametri, ai linfonodi pelvici e<br />
ogni propagazione a distanza nella pelvi<br />
stessa.
CAPITOLO SECONDO<br />
La prevenzione e l’educazione sanitaria
LA PREVENZIONE PRIMARIA –<br />
SECONDARIA – TERZIARIA<br />
La prevenzione (o profilassi), è un insieme di provvedimenti sanitari che<br />
hanno lo scopo di prevenire le malattie, studiandone cause e dinamiche ma,<br />
soprattutto, sistemi atti a impedirne l’evoluzione, o a limitarne l’insorgenza, nelle<br />
collettività umane. La prevenzione si rivolge sia alle patologie infettive, sia a quelle<br />
non infettive.<br />
Riguardo alle prime, le azioni più efficaci sono:<br />
l’interruzione della catena di contagio e di<br />
trasmissione;<br />
la bonifica o il risanamento ambientale,<br />
eliminando i substrati adatti alla<br />
proliferazione dei microrganismi patogeni;<br />
la vaccinazione, ove possibile, delle<br />
popolazioni umane, al fine di renderle<br />
immuni.<br />
I provvedimenti elencati, da adattare alle specifiche caratteristiche degli<br />
agenti causali e delle patologie, rappresentano a tutt’oggi la più efficace via di<br />
riduzione dei fenomeni patologici infettivi. La prevenzione applicabile alle patologie
non infettive verte ancora sull’individuazione degli agenti causali, ma più<br />
frequentemente dei fattori di rischio. L’eliminazione o la riduzione di tali agenti o<br />
fattori è la forma più efficace di prevenzione, cui segue l’individuazione precoce<br />
dello stato morboso, al fine di intervenire il più rapidamente, e quindi il più<br />
efficacemente possibile.<br />
Si tratta allora di un insieme di azioni finalizzate<br />
ad impedire o ridurre il rischio e dunque la probabilità<br />
che si verifichino eventi non desiderati. Gli interventi di<br />
prevenzione sono in genere rivolti all'eliminazione o, nel<br />
caso la stessa non sia concretamente attuabile, alla<br />
riduzione dei rischi che possono generare dei danni.<br />
In medicina, si indica come prevenzione<br />
qualunque attività che riduca la mortalità o la morbilità<br />
dovute ad una certa patologia.<br />
Esistono tre livelli di prevenzione, che agiscono in<br />
momenti diversi:<br />
1. prevenzione primaria: secondo una<br />
definizione classica è quella che agisce in assenza di<br />
sintomi ed è centrata sulle cause del fenomeno da
prevenire, dunque è mirata a quei comportamenti che<br />
cercano di evitare e/o ridurre l’ insorgenza e/o lo sviluppo<br />
di una patologia. La maggior parte delle attività di<br />
promozione della salute verso la popolazione sono misure<br />
di prevenzione primaria, in quanto riducono i fattori di<br />
rischio che potrebbero aumentare l’insorgenza di quella<br />
patologia: un esempio di prevenzione primaria è<br />
rappresentato certamente dall’ inoculazione del vaccino,<br />
nonché dalla campagna di promozione all’uso di<br />
dispositivi di protezione dei rapporti sessuali<br />
(profilattici).<br />
2. prevenzione secondaria: è quella che<br />
interviene dopo l'emersione dei primi sintomi e lavora<br />
soprattutto su questi, punta allora alla diagnosi precoce di<br />
una patologia nascente, permettendo così di intervenire<br />
sulla stessa sul nascere e aumentando le opportunità<br />
d’ intervento per prevenirne la progressione e ridurre gli<br />
effetti negativi. Come esempio si può citare l’utilizzo del<br />
Pap test e/o dell’HPV test nella popolazione femminile<br />
sana.
3. prevenzione terziaria: quest’ultima<br />
interviene dopo la diffusione e reiterazione di un<br />
fenomeno, e punta alla riduzione del suo incremento o<br />
dell'aggravamento andando a ridurre l’impatto negativo<br />
di una patologia avviata, ripristinando le funzioni,<br />
limitando le complicazioni e le probabilità di recidive.<br />
La differenza tra “prevenzione primaria” e “promozione della salute”<br />
consiste nel fatto che la prima tende a modificare i contesti e/o ad aumentare le<br />
competenze dei soggetti nel fronteggiarli.<br />
La Promozione della Salute, invece, è un concetto più ampio, che può anche<br />
comprendere la prevenzione, ma che comunque prevede semplici azioni informative.<br />
Alcuni sostengono che se c'è un cambiamento stabile è “prevenzione primaria”, se<br />
invece non c'è, si parlerà semplicemente di informazione e quindi di “promozione<br />
della salute”.<br />
Parlando ancora di diversità è importante comprendere quella che differenzia<br />
la “prevenzione terziaria” dalla “cura”: secondo il modello di Caplan (colui che per<br />
primo distinse fra prevenzione<br />
primaria, secondaria e terziaria) la prevenzione primaria ridurrebbe la probabilità di<br />
insorgenza dei disturbi (incidenza); la prevenzione secondaria ridurrebbe la durata e<br />
la diffusione del disturbo (prevalenza); e la prevenzione terziaria ridurrebbe le
conseguenze e l'impatto di un particolare disturbo, sottolineando che questa si<br />
concentra sulla "prevenzione delle recidive".<br />
La differenza con la cura è molto allora sottile: in fondo è solo un problema<br />
di prospettiva: curare di solito esclude un apprendimento, mentre prevenire lo<br />
comprende.<br />
L’educazione sanitaria<br />
È quell’attività “di comunicazione intesa ad incrementare la salute, ad<br />
eliminare i fattori di rischio e a prevenire le malattie, rivolta a soggetti singoli o ad<br />
intere comunità e realizzata influenzando positivamente le conoscenze, gli<br />
atteggiamenti e i comportamenti del singolo, delle comunità e dei detentori del<br />
potere” (Smith, 1979) .<br />
Facciamo educazione ogni qualvolta produciamo un cambiamento nelle<br />
conoscenze, negli atteggiamenti, nelle abilità, nei comportamenti, nelle abitudini, nei<br />
valori e così via di un altro individuo esponendolo a stimoli educativi, cioè<br />
comunicando con lui. Un cambiamento prodotto nel comportamento di una persona
in virtù, ad esempio, di effetti farmacologici è sicuramente un cambiamento<br />
comportamentale, ma non ha nulla a che vedere con l’educazione.<br />
Più specificatamente, si parla di educazione sanitaria quando il cambiamento<br />
in questione riguarda quelle conoscenze, atteggiamenti, abitudini, valori, che<br />
contribuiscono ad esporre a (o a proteggere da) un danno alla salute.<br />
A seconda di ciò che si intende cambiare attraverso l’educazione sanitaria, si<br />
parlerà di finalità ed obiettivi diversi, ed in particolare di:<br />
obiettivi cognitivi (area del sapere), quando<br />
lo scopo è quello di migliorare il<br />
patrimonio di conoscenze e di informazioni<br />
posseduto dall’individuo (ad esempio<br />
aumentare le sue conoscenze circa i<br />
possibili rischi causati dagli atteggiamenti<br />
che espongono al contagio di malattie<br />
sessualmente trasmissibili);<br />
obiettivi affettivi (area del saper essere),<br />
quando ciò che si intende mutare sono gli<br />
atteggiamenti o i valori di un individuo, i<br />
significati emotivi che egli attribuisce a<br />
certe abitudini o ad alcune sue capacità
elazionali (ad esempio aumentare la<br />
capacità di rifiutare l’offerta di relazioni<br />
promiscue o non protette senza che questo<br />
determini la paura di sentirsi rifiutato o non<br />
apprezzato da chi ci sta intorno);<br />
obiettivi di comportamento (area del saper<br />
fare) quando il mutamento che si intende<br />
produrre nell’individuo riguarda le sue<br />
abilità, il suo comportamento, le sue<br />
abitudini (ad esempio il recarsi in strutture<br />
adeguate per informarsi circa la<br />
prevenzione di alcune malattie<br />
sessualmente trasmissibili).<br />
Esistono due livelli o modalità di educazione alla salute: il primo è un<br />
modello formale (o esplicito), quello cioè che si realizza ogni volta che qualcuno, in<br />
maniera esplicita e soprattutto intenzionale, cerca di insegnare a qualcun altro cosa<br />
sapere o come comportarsi per tutelare la propria salute. L’ educazione formale è<br />
anche quella, per esempio, realizzata dal genitore che raccomanda al figlio l’uso del<br />
casco in ciclomotore.
Il secondo è invece il modello informale (o implicito) che passa in modo non<br />
intenzionale (e viene assorbito in modo spesso inconsapevole) attraverso le relazioni<br />
quotidiane, i discorsi di tutti i giorni, l’osservazione del comportamento altrui,<br />
l’identificazione con persone modello; così il contatto quotidiano con un gruppo di<br />
amici che si prende gioco di chi fa uso del profilattico diventa un esempio di<br />
educazione informale.<br />
Alcuni autori propongono di classificare e raggruppare i diversi modi di<br />
realizzare l’educazione sanitaria utilizzando come criterio di classificazione il livello<br />
di protagonismo e coinvolgimento dei destinatari, e giungendo perciò a distinguere<br />
alcune grandi categorie di approcci:<br />
L’approccio direttivo (o prescrittivo-esortativo)<br />
E’ questo forse il modello di educazione sanitaria storicamente più noto e<br />
diffuso: ridotto ai suoi elementi essenziali, questo approccio si fonda sull’idea che<br />
l’educazione sanitaria debba essere intesa come una relazione asimmetrica tra chi<br />
(l’operatore sanitario) sa che cosa la gente dovrebbe fare per tutelare la propria salute<br />
e chi (il cittadino), invece, ha bisogno di essere persuaso a fare certe cose ritenute<br />
utili e ad evitarne altre ritenute dannose.<br />
Tra i limiti principali dell’approccio direttivo, va segnalato il fatto che esso dà<br />
per scontato che nessuno meglio degli esperti di problemi sanitari possa sapere ciò
che è davvero vantaggioso (o dannoso) per la salute ed il benessere di ciascuno di<br />
noi, cerca di imporre la gerarchia di valori propria della medicina sovrapponendola<br />
alla gerarchia di valori dell’utente, alle sue priorità ed ai suoi bisogni reali (il bisogno<br />
di integrazione sociale, di affetto, di apprezzamento e accettazione da parte degli altri,<br />
in realtà possono essere per l’utente molto più importanti).<br />
Spesso tale approccio direttivo fa sì che l’utente finisca anche col sentirsi<br />
colpevole se non accetta di seguire le regole ed i consigli che gli sono stati dati “per il<br />
suo bene” e “nel suo interesse”, o addirittura di sentirsi in qualche modo spinto a<br />
ribellarsi ad esse per sancire la propria autonomia, ciò che spesso accade<br />
all’adolescente.<br />
L’approccio “educativo”<br />
A differenza di quanto accade nell’approccio direttivo, l’approccio cosiddetto<br />
“educativo” non punta ad esortare l’utente a comportarsi in un modo anziché in un<br />
altro. Questo approccio mira piuttosto a fornire conoscenze e assicurare la<br />
comprensione dei problemi di salute, in modo tale da aiutare l’utente ad analizzare<br />
autonomamente i propri comportamenti e le proprie abitudini ed a prendere decisioni<br />
consapevoli circa ciò che è importante per la propria salute.
L’approccio centrato sul destinatario<br />
Caratteristica peculiare di questo approccio è quella di operare sul destinatario<br />
dell’intervento educativo partendo anzitutto dai suoi bisogni di informazione e di<br />
conoscenza, allo scopo di favorire scelte consapevoli ed autonome prese dal<br />
destinatario sulla base dei propri interessi e valori. Si tratta dunque di un approccio<br />
per molti versi assai simile all'approccio educativo”, con un’unica fondamentale<br />
differenza: i bisogni e le tematiche affrontate sono scelti dall’utente e non<br />
dall’educatore.<br />
L’approccio volto al cambiamento sociale<br />
L’approccio volto al cambiamento sociale si propone di<br />
modificare l’ambiente in modo da permettere o rendere più<br />
agevoli le scelte per una vita più sana, intervenendo a livello<br />
politico e sociale. Questo tipo di approccio, dunque, raccoglie al<br />
proprio interno interventi ed iniziative che più spesso non sono<br />
rivolte direttamente a singoli destinatari e che frequentemente<br />
non consistono in azioni “educative” (pur trattandosi di azioni<br />
volte alla “promozione” della salute).<br />
Più che un vero e proprio modello di educazione sanitaria, l’approccio volto<br />
al cambiamento sociale è da ritenersi un’azione parallela e facilitante rispetto
all’azione educativa vera e propria, poiché contribuisce a far sì che nell’ambiente di<br />
vita della persona (nella città, sul lavoro, nelle relazioni con gli altri, nelle regole di<br />
convivenza) questa possa trovare condizioni che rendano più semplice fare quelle<br />
scelte utili per la salute alle quali è stato educato.<br />
E dunque agevole notare che non esiste un’unica modalità corretta per fare<br />
educazione sanitaria.<br />
Così come accade in qualsiasi altro tipo di intervento educativo o didattico<br />
intenzionale (educazione formale), anche per quanto riguarda l’educazione sanitaria<br />
la progettazione dell’intervento prevede un certo numero di fasi e di “nodi<br />
decisionali” (cioè di momenti in cui vengono effettuate delle scelte razionali).<br />
Schematicamente, queste fasi potrebbero venire così riassunte:<br />
1. identificazione dei bisogni<br />
2. identificazione dei destinatari<br />
3. definizione delle finalità educative<br />
4. formulazione degli obiettivi<br />
5. selezione di contenuti, metodi e sussidi<br />
6. definizione delle risorse necessarie
7. realizzazione dell’intervento<br />
8. valutazione dei risultati<br />
Può allora essere utile consegnare dei modelli informativi (Lettera d’invito,<br />
Consigli ai genitori, Lettera di sollecito) all’utente quali per esempio:<br />
LETTERA D’INVITO<br />
REGIONE<br />
AZIENDA UNITÀ SANITARIA LOCALE N° _____________________________<br />
_________________________________________________________________<br />
Oggetto: Vaccinazione anti-papillomavirus umano<br />
AI GENITORI di ____________________________________________________<br />
Il tumore del collo dell’utero è una malattia che ancora oggi in Italia colpisce ogni anno migliaia di donne.<br />
Fortunatamente il pap-test permette in molti casi di individuare il tumore in fase precoce, ma le decine di migliaia di<br />
donne che ogni anno ricevono la risposta per un pap-test anormale devono comunque sottoporsi ad esami di<br />
approfondimento e in alcuni casi ad interventi chirurgici. Un virus molto comune, il papillomavirus umano, è<br />
responsabile di queste alterazioni del pap-test che, se non individuate e trattate, possono arrivare fino al cancro del collo<br />
dell’utero. Oggi esiste un vaccino preventivo, sicuro ed efficace, rivolto contro la maggior parte dei tipi di papilloma<br />
virus che causano il tumore. Il vaccino non contiene virus intero e non può quindi in nessun caso causare infezione o<br />
malattia. Il vaccino va somministrato in tre dosi: la seconda a 2 mesi dalla prima, la terza a 4 mesi dalla seconda per<br />
iniezione intramuscolare alla spalla. Solo raramente può dare qualche effetto collaterale consistente in un leggero<br />
rossore nel punto di iniezione e qualche linea di febbre di breve durata.<br />
La Regione mette a disposizione gratuitamente il vaccino per vaccinare tutte le ragazze all’undicesimo anno di<br />
età.<br />
È un’importante opportunità per proteggere vostra figlia dal rischio delle malattie da papillomavirus, per difenderla dal<br />
tumore del collo dell’utero.<br />
L’appuntamento per la somministrazione della prima dose è fissato per il giorno ____________________<br />
alle ______, presso ____________________________chiedere _____________________________________<br />
Per spostare l’appuntamento può telefonare al numero ________________________ dal lunedì al venerdì,<br />
dalle ______, alle ______ Città __________________________ Data<br />
_______________________<br />
Firma del responsabile ASL __________________________________<br />
PORTARE IL TESSERINO DI VACCINAZIONE
Oppure:<br />
CONSIGLI AI GENITORI<br />
Cari genitori, è oggi disponibile, per vostra figlia e le sue coetanee, la vaccinazione contro il papilloma virus umano,<br />
causa accertata del cancro del collo dell’utero. Non pensiamo che vi preoccupi parlarne con lei, visto che ogni genitore<br />
ha la sua modalità e il suo linguaggio. Tuttavia, se pensate di aver bisogno di qualche suggerimento questa lettera può<br />
fornirvi dei consigli di massima. Affrontare questo tema con vostra figlia non deve rappresentare un problema, ma<br />
piuttosto un’ottima occasione di incontro. Infatti, dal momento che i ragazzi dell’età di vostra figlia hanno già delle idee<br />
e delle conoscenze, spesso incomplete e a volte confuse, un colloquio franco e informazioni precise sono ciò di cui<br />
hanno bisogno. Vostra figlia sicuramente già conosce le vaccinazioni e sa che servono per prevenire le malattie. Questa<br />
vaccinazione serve – in particolare – per prevenire il tumore del collo dell’utero, il cui responsabile è un virus (il<br />
papillomavirus) contro cui può essere vaccinata come già in passato è stata vaccinata contro l’epatite o altre malattie. Si<br />
tratta perciò di un vaccino molto importante, per diminuire il rischio di cancro dell’utero. Se infatti vostra figlia sa già<br />
che esistono i tumori, malattie gravi che sarebbe importantissimo prevenire, è però probabile che non abbia un’idea<br />
precisa dell’utero, che è un organo della riproduzione, importantissimo nel suo futuro di donna, ma che non si vede.<br />
Questa è una informazione nuova, che sta a voi fornirle. Cosa c’è da dire in più? Che è utile spiegare che la trasmissione<br />
del papillomavirus avviene per contatto sessuale. Vostra figlia ha un’età in cui si hanno idee poco chiare sulla<br />
sessualità: non la conosce e prova sentimenti confusi di interesse e paura. Parlarne con voi può aiutarla a chiarire i suoi<br />
dubbi, e non rappresenta certamente un trauma. Anzi, per voi genitori sarà un’occasione importante di comunicare con<br />
lei sulla futura vita sessuale. È opportuno che le venga presentata in una prospettiva positiva, sottolineando la sua<br />
importanza sul piano affettivo e relazionale, ricordandole però che può esporre ad alcune conseguenze naturali, come la<br />
gravidanza. Questa, vissuta felicemente quando è il frutto di una scelta consapevole, può essere viceversa vissuta in<br />
modo negativo se indesiderata. Diverse malattie, poi, possono nascere dal contatto sessuale. Tra queste la più grave e la<br />
più conosciuta è l’AIDS, causata dal virus dell’HIV. Perciò indipendentemente dalla vaccinazione, che protegge dal<br />
papillomavirus, è importante ricordare la necessità di rapporti sessuali protetti per evitare rischi. Il momento della<br />
vaccinazione è quindi un’occasione importante per iniziare un dialogo con vostra figlia su questi argomenti. Per ultimo,<br />
vostra figlia deve sapere che in tutta Italia, tutte le ragazze della sua età, non solo lei, hanno questa grande opportunità<br />
di vaccinarsi. Se avete dubbi o se affrontare questo discorso vi preoccupa, il consiglio di un medico di vostra fiducia<br />
potrà essere prezioso: non esitate a contattarlo.<br />
O infine:<br />
LETTERA DI SOLLECITO<br />
REGIONE<br />
AZIENDA UNITÀ SANITARIA LOCALE N° _____________________________<br />
_________________________________________________________________<br />
Oggetto: Vaccinazione anti-papillomavirus umano - secondo invito<br />
AI GENITORI di ____________________________________________________<br />
Non avendo ricevuto risposta al primo invito per la vaccinazione anti-papillomavirus, vi ricordiamo i motivi per i quali<br />
è importante vaccinare vostra figlia.<br />
La Regione mette a disposizione gratuitamente il vaccino anti-papillomavirus per vaccinare tutte le ragazze,<br />
come vostra figlia, all’undicesimo anno di età.<br />
Il vaccino è efficace contro il tumore del collo dell’utero, una malattia che ancora oggi in Italia colpisce quasi 3500<br />
donne, causando circa 1500 morti. Lo stesso virus causa anche delle lesioni iniziali che precedono il cancro vero e
proprio; quando queste lesioni iniziali vengono scoperte con il pap-test, le donne devono sottoporsi ad esami di<br />
approfondimento e in alcuni casi ad interventi chirurgici.<br />
Il vaccino va somministrato in 3 dosi: la seconda a 2 mesi dalla prima, la terza a 4 mesi dalla seconda per iniezione<br />
intramuscolare alla spalla. Il vaccino è fatto di particelle che assomigliano al virus, ma NON sono il virus, quindi non<br />
hanno nessuna possibilità di causare infezione o malattia. Sono già state somministrate nel mondo milioni di dosi. Solo<br />
raramente può dare qualche effetto collaterale consistente in un leggero rossore nel punto di iniezione e qualche linea di<br />
febbre di breve durata.<br />
Il programma di vaccinazione gratuita per le ragazze di 11 anni di età, offerto dalla Regione, è un’importante<br />
opportunità per proteggere vostra figlia dal rischio delle malattie da papillomavirus e per difenderla dal tumore del collo<br />
dell’utero. L’appuntamento per la somministrazione della prima dose è fissato per il giorno____________________alle<br />
______,<br />
presso____________________________chiedere_____________________________________<br />
Per spostare l’appuntamento può telefonare al numero ________________________ dal lunedì al venerdì, dalle ______<br />
alle ______<br />
Prima di prendere la decisione di rifiutare questa occasione parlatene con il vostro medico. Nel caso in cui prendiate la<br />
decisione di non vaccinare vostra figlia, Vi preghiamo comunque di recarvi presso il centro di vaccinazione per<br />
compilare un documento che attesti il vostro dissenso alla vaccinazione.<br />
Città __________________________ Data _______________________<br />
Firma del responsabile ASL __________________________________<br />
PORTARE IL TESSERINO DI VACCINAZIONE
COS’E’ GARDASIL ® ?<br />
CAPITOLO TERZO<br />
Gardasil ®<br />
Gardasil ® è un vaccino per la prevenzione della displasia di alto grado del<br />
collo dell’utero (CIN 2/3), del cervicocarcinoma, delle lesioni displastiche di alto<br />
grado della vulva (VIN 2/3) e delle lesioni genitali esterne (condilomi acuminati)<br />
causate dal Papillomavirus Umano (HPV) tipi 6, 11, 16 e 18.<br />
In vivo, il capside (lo strato esterno del virus) del Papillomavirus è costituito<br />
da due proteine:<br />
L1 (major capsid protein)<br />
L2 (minor capsid protein).
Quando al momento dell’infezione il virus viene a contatto con il sistema<br />
immunitario dell’ospite la risposta immune è rivolta verso queste proteine.<br />
Alcuni studi hanno dimostrato che la proteina L1 promuove una risposta<br />
immunitaria maggiore.<br />
Quando la proteina L1 viene sintetizzata in quantità sufficienti<br />
spontaneamente si assembla a formare Virus-Like Particles (VLPs) ossia sfere vuote<br />
di proteina L1 capsidica. Gardasil ® unisce innovazione ed esperienza per combinare<br />
insieme efficacia e sicurezza:<br />
innovazione, grazie a questa nuova metodica, (particelle simil virali) «Virus-like<br />
particles: VLPs» che mimano il virus ed inducono una risposta immunitaria intensa<br />
e duratura; ed esperienza di milioni di dosi di vaccini ben tollerati.<br />
Inoltre, i vaccini con adiuvante AAHS (alluminio idrossifosfato solfato),<br />
come Gardasil ® , hanno dimostrato un’ elevata efficacia e un buon profilo di<br />
sicurezza; tale adiuvante AAHS indirizza e stimola la risposta immunitaria per la<br />
produzione di anticorpi specifici.<br />
Come già specificato più volte, Gardasil ® racchiude AAHS e VLP,<br />
mostrando di riuscire ad indurre una memoria immunitaria: il vaccino quindi non<br />
contiene né il virus né parti di esso ergo non comprende il materiale genetico capace
di causare l'infezione ed in alcuni casi il tumore. Il sistema immunitario<br />
dell'individuo, allora, reagisce senza nessun rischio di essere infettato.<br />
A chi è indirizzato GARDASIL ®<br />
Il vaccino viene somministrato alla popolazione femminile di età compresa tra<br />
i 9 e i 26 anni: per le bambine che abbiano completato l’ undicesimo anno di età, e<br />
quindi abbiano già compiuto 12 anni, il vaccino è incluso in fascia H (ossia gratuita)<br />
dal Ministero della Salute, in quanto si ritiene che in questa fascia sia massimo il<br />
profilo beneficio-rischio poiché la somministrazione del vaccino prima dell’inizio dei<br />
rapporti sessuali è particolarmente vantaggioso, inducendo un’efficace protezione<br />
prima di un eventuale contagio con il virus HPV, che si acquisisce di norma subito<br />
dopo l’inizio dell’attività sessuale, e perché la risposta immunitaria in questa fascia di<br />
età è maggiore di quella osservata nelle donne in altre fasce di età; per le altre giovani<br />
donne adulte di età compresa tra i 13 e i 26 anni il vaccino invece viene offerto a<br />
pagamento, previa indicazione e prescrizione del medico.
Il Consenso Informato<br />
La legge italiana prevede che i medici e gli operatori sanitari possono curare<br />
una persona solo questa è d’accordo e dà il consenso informato. Il soggetto deve,<br />
cioè, poter decidere se vuole essere curato per una malattia: ha il diritto/dovere di<br />
conoscere tutte le informazioni disponibili sulla propria salute, chiedendo al medico<br />
ciò che non è chiaro, e di scegliere, di conseguenza in modo informato, se sottoporsi<br />
ad una determinata terapia.<br />
In ogni caso, il consenso informato dato dal<br />
malato deve essere attuale, deve cioè riguardare una<br />
situazione presente e non una futura. Se la cura<br />
considerata prevede più fasi diverse e separabili, ogni<br />
fase necessita di un consenso separato: la persona malata<br />
deve dare il suo consenso per ogni singola parte di<br />
cura.<br />
È legittimo revocare un consenso già dato ed<br />
interrompere una cura in corso, sempre che questo non<br />
sia materialmente impossibile o non metta a serio rischio<br />
la vita della persona.
Il consenso informato ad una determinata cura<br />
può essere espresso da un'altra persona solo se questa è<br />
stata delegata chiaramente dal malato stesso. Se la<br />
persona che dovrebbe esprimere il consenso è<br />
minorenne, questo è automaticamente delegato ai<br />
genitori. Il minorenne, però, ha diritto ad essere<br />
informato e ad esprimere i suoi desideri, che devono<br />
essere tenuti in considerazione.<br />
Se il soggetto invece è maggiorenne ma è<br />
incapace di decidere, sarà il tutore legale a dovere<br />
esprimere il consenso alla prestazione, ma la persona<br />
interdetta ha diritto ad essere informato e di veder presa<br />
in considerazione la sua volontà.<br />
Le uniche eccezioni all’obbligo del consenso<br />
informato sono:<br />
le situazioni nelle quali la persona ha espresso<br />
esplicitamente la volontà di non essere<br />
informata;<br />
le condizioni della persona siano talmente gravi e<br />
pericolose per la sua vita da richiedere un<br />
immediato intervento "di necessità e urgenza"
indispensabile. In questi casi si parla di consenso<br />
presunto;<br />
le condizioni per cui si parla di consenso<br />
implicito, per esempio per quelle cure di routine,<br />
o per quei farmaci prescritti per una malattia nota,<br />
quando sia consolidata l’informazione ed il<br />
consenso relativo;<br />
in caso di rischi che riguardano conseguenze<br />
atipiche, eccezionali ed imprevedibili di un<br />
intervento chirurgico, che possono causare ansie e<br />
timori inutili. Se, però, il malato richiede<br />
direttamente questo tipo di informazioni, il<br />
medico dovrà fornirle;<br />
i Trattamenti Sanitari Obbligatori (TSO), in caso<br />
di particolari disturbi psichici;<br />
le vaccinazioni obbligatorie, stabilite nei<br />
programmi nazionali di salute pubblica.<br />
In ambito sanitario il progresso delle conoscenze<br />
scientifiche e dei mezzi tecnologici ha aperto nuove<br />
problematiche sul piano etico e morale, ponendo il cliente<br />
di fronte a scelte spesso molto complesse, per assumere le
quali risulta spesso fondamentale la corretta informazione<br />
da parte del professionista, anche per gli obblighi<br />
deontologici connessi. Infatti l’omessa informazione può<br />
produrre una negligenza grave, della quale il<br />
professionista sanitario risponde in concorso con<br />
l’azienda sul piano della responsabilità civile, e la<br />
mancata acquisizione del Consenso Informato può<br />
determinare una responsabilità penale del professionista<br />
stesso.<br />
Come il Consiglio Nazionale di Bioetica ha<br />
evidenziato, il Consenso Informato ha il fine di<br />
legittimare l’atto sanitario, che altrimenti sarebbe illecito<br />
in quanto lesivo del diritto soggettivo dell’utente di<br />
autodeterminarsi.<br />
Il processo che porta la persona assistita ad<br />
accettare un atto sanitario si articola in tre momenti<br />
fondamentali:<br />
1. la comunicazione al paziente di informazioni,<br />
2. l’assicurazione che egli abbia capito il<br />
significato della suddetta comunicazione,
3. la sua decisione definitiva in merito.<br />
Non si è in grado di acconsentire, se non si dispone dell’informazione<br />
adeguata, senza la quale qualsiasi modulo di consenso sottoscritto non è<br />
giuridicamente valido. Pertanto il consenso deve essere:<br />
Informato: per soddisfare questo requisito<br />
è necessario rispettare le caratteristiche<br />
della corretta informazione, la quale deve<br />
essere: - Personalizzata, ossia adeguata alla<br />
situazione di salute, culturale e linguistica<br />
del paziente e proporzionata alla tipologia<br />
della prestazione proposta;<br />
- Comprensibile, quindi espressa con<br />
linguaggio semplice e chiaro; - Veritiera,<br />
non falsamente illusoria; - Obiettiva, e<br />
dunque basata su fonti validate o che<br />
godono di legittimazione clinico-<br />
scientifica; - Esaustiva, perciò finalizzata<br />
a fornire notizie inerenti l’atto sanitario;<br />
- Non imposta, il paziente ha infatti la<br />
facoltà di non essere informato.
Inoltre il consenso deve essere:<br />
Personale.<br />
Consapevole: espresso da soggetto che sia<br />
capace di intendere e di volere.<br />
Manifesto: la manifestazione di volontà<br />
deve essere esplicita ed espressa in modo<br />
inequivocabile, ancor meglio se in forma<br />
scritta.<br />
Specifico: il consenso deve essere riferito<br />
allo specifico atto sanitario proposto.<br />
Preventivo ed attuale: ossia deve essere<br />
prestato prima dell’atto proposto.<br />
Revocabile: il paziente può revocare il<br />
consenso in qualsiasi momento.<br />
Il consenso informato può inoltre essere acquisito<br />
a seguito di un periodo di tempo sufficientemente lungo,<br />
necessario al paziente, durante il quale costui potrà<br />
riflettere sul contenuto informativo ricevuto. Inoltre, si<br />
raccomanda che l’acquisizione dello stesso venga assunta<br />
da chi dovrà praticamente effettuare la prestazione,
facendo attenzione che di ciò ne resti traccia nella<br />
documentazione; il consenso può essere implicito o<br />
esplicito, in quest’ ultimo caso potrà essere orale o scritto.<br />
Il consenso deve essere scritto nei casi in cui<br />
l’esame clinico o la terapia medica possono comportare<br />
gravi conseguenze per la salute e l’incolumità della<br />
persona, e comunque deve essere espresso in forma<br />
scritta nei casi previsti dalla legge, ossia quando si dona o<br />
si riceve sangue, nei casi in cui si assume un farmaco<br />
ancora sperimentale, negli accertamenti di un’infezione<br />
da HIV.<br />
Se il consenso è rifiutato, il medico ha l’obbligo<br />
di non eseguire o di interrompere l’esame clinico o la<br />
terapia in questione.<br />
Il Codice Deontologico degli infermieri all’ art.<br />
24 prevede che «L’ infermiere aiuta e sostiene l’ assistito<br />
nelle scelte, fornendo informazioni di natura assistenziale<br />
in relazione ai progetti diagnostico-terapeutici e<br />
adeguando la comunicazione alla sua capacità di<br />
comprendere» e continua con l’ art. 25 con «[…] rispetta<br />
la consapevole ed esplicita volontà dell’ assistito di non
essere informato sul suo stato di salute, purché la<br />
mancata informazione non sia di pericolo per sé o per gli<br />
altri».<br />
Appare allora chiaro che l’infermiere ha il<br />
compito di aiutare e sostenere la persona nelle proprie<br />
scelte, inoltre garantisce le informazioni riguardo alle<br />
proprie autonomie e competenze, ed ai relativi piani<br />
assistenziali tenendo conto della persona, modulando la<br />
propria comunicazione, per risultare sempre chiaro e<br />
conciso, assicurando le informazioni globali rispetto al<br />
contesto, anche, e soprattutto, di natura non clinica<br />
riconoscendo il diritto alla scelta di non essere informato.<br />
Modalità di somministrazione<br />
La vaccinazione primaria consiste di 3 dosi distinte da 0,5 ml, somministrate in<br />
accordo con la seguente schedula:<br />
0, 2, 6 mesi
Ove sia necessaria una schedula vaccinale alternativa, la seconda dose deve<br />
essere somministrata almeno 1 mese dopo la prima dose, e la terza dose almeno 3<br />
mesi dopo la seconda dose. Tutte e tre le dosi devono essere somministrate entro il<br />
periodo di 1 anno.<br />
Non è stata stabilita la necessità di una dose di richiamo.<br />
Gardasil ® non è raccomandato per l’impiego nelle bambine di età inferiore ai<br />
9 anni, poiché i dati di immunogenicità, sicurezza ed efficacia in questa fascia di età<br />
non sono sufficienti: l’indicazione è basata sulla dimostrazione di efficacia del<br />
vaccino in donne adulte di età compresa tra 16 e 26 anni e sulla dimostrazione<br />
dell’immunogenicità dello stesso in bambini ed adolescenti di età compresa tra 9 e 15<br />
anni. L’efficacia protettiva non è stata valutata nei maschi.<br />
preferiti sono:<br />
Il vaccino deve essere somministrato per iniezione intramuscolare, i siti<br />
la regione deltoidea del braccio<br />
localizzabile 4-5 cm al di sotto del margine<br />
inferiore del processo dell’ acromion in<br />
direzione del braccio;
il muscolo vasto laterale, localizzabile in<br />
corrispondenza del terzo medio della parte<br />
anterolaterale superiore della coscia.<br />
Prima di procedere alla somministrazione intramuscolare è necessario<br />
valutare attentamente la zona per la possibile presenza di lesioni: eritema,<br />
infiammazione, ecchimosi, edema, atrofia muscolare, zone di maggiore consistenza<br />
che possono essere indice di mancato assorbimento o di ascessi; altra variabile da non<br />
sottovalutare soprattutto nel nostro caso è l’ eccessiva magrezza della<br />
bambina/adolescente, nonché eventuali allergie ai principi attivi o agli eccipienti.<br />
Una dose di Gardasil ® si presenta come un liquido trasparente con un<br />
precipitato bianco all’ interno di una siringa preriempita contenuta in un astuccio<br />
esterno protettivo sul quale è indicata la data di scadenza, va conservato ad una<br />
temperatura di 2°-8°C; non è necessario ricostituire il vaccino, occorre solo agitare<br />
accuratamente la siringa che così presenterà un liquido bianco opalescente, scegliere<br />
allora quale dei due aghi di diversa misura contenuti nella confezione sia più<br />
appropriato per eseguire la somministrazione in base alla corporatura e al peso della<br />
paziente e inserirlo sulla siringa ruotandolo in direzione oraria sino a che non si sia<br />
saldamente fissato.<br />
L’iniezione viene praticata, previo lavaggio sociale delle mani, disinfettando<br />
la zona prescelta con movimento circolare dall’ interno verso l’ esterno di un
atuffolo imbevuto di antisettico; si procede allora all’ introduzione dell’ ago con<br />
un’ angolazione di 90° rispetto al piano cutaneo, con un movimento leggero ma<br />
deciso (nei bambini o nelle persone molto magre può essere utile afferrare il<br />
muscolo sede di iniezione sollevandolo leggermente per evitare di colpire l’ osso).<br />
Si esegue la manovra di Lesser, ossia si retrae delicatamente lo stantuffo della<br />
siringa così da mettere in evidenza l’eventuale lesione di un vaso sanguigno durante<br />
l’ introduzione dell’ ago: questa manovra serve per evitare di iniettare la soluzione<br />
direttamente nel circolo ematico piuttosto che nel tessuto muscolare.<br />
Dopo di che si procede con l’inoculazione del vaccino spingendo lo stantuffo<br />
all’ interno della camicia, terminata la quale si estrae rapidamente l’ago con la stessa<br />
angolazione con cui lo si è introdotto per evitare lacerazione dei tessuti e/o dolore e si<br />
massaggia in senso circolare la sede di iniezione con un batuffolo di cotone per<br />
favorire l’ assorbimento del vaccino.<br />
A questo punto si procede con lo smaltimento della siringa e dell’ago negli<br />
appositi contenitori e si registra l’avvenuta somministrazione nella scheda vaccinale<br />
della bambina/adolescente.<br />
Gardasil ® non deve essere iniettato per via intravascolare e non ha mostrato<br />
di avere effetto terapeutico. Il vaccino non è pertanto indicato per il trattamento del<br />
carcinoma del collo dell’utero, delle lesioni displastiche di alto grado del collo
dell’utero, della vulva e della vagina o dei condilomi genitali. Il vaccino non è altresì<br />
indicato per prevenire la progressione di altre lesioni già esistenti correlate con il<br />
papillomavirus umano.<br />
Scopo ed efficacia della vaccinazione<br />
La vaccinazione non sostituisce l’abituale screening del collo dell’utero, del<br />
resto nessun vaccino è al 100% efficace e Gardasil ® protegge contro i ceppi HPV a<br />
più alto rischio e non contro infezioni preesistenti da HPV, ergo l’abituale screening<br />
della cervice uterina mantiene importanza critica e deve essere effettuato in accordo<br />
con le raccomandazioni locali, mediante Pap-test e test HPV: il Pap-test va<br />
eseguito regolarmente per poter diagnosticare precocemente lesioni precancerose<br />
nonché lo stesso cervicocarcinoma. Si tratta di uno strumento in grado di ridurre sia<br />
la mortalità per carcinoma, favorendone la diagnosi in una fase precoce in cui il<br />
trattamento sanitario può essere efficace, sia l'incidenza della neoplasia stessa<br />
intervenendo sulla lesione precancerosa prima che evolva in tumore. Il vaccino si<br />
dimostra efficace soprattutto se somministrato in giovane età, prima che si entri in<br />
contatto con il virus, che si trasmette generalmente per via sessuale, infatti nel corso<br />
della vita quattro persone su cinque verranno a contatto con il virus HPV: è per<br />
questo che si è deciso di rivolgere l’offerta vaccinale gratuita a tutte le bambine tra gli<br />
undici e i dodici anni di età.
Nella grande maggioranza dei casi le reazioni avverse sono di lieve entità,<br />
come irritazione, gonfiore o rossore al sito di iniezione. I più comuni eventi<br />
sfavorevoli sospettati essere correlati a Gardasil ® e segnalati al sistema di<br />
farmacovigilanza italiano sono: reazione al sito di iniezione (arrossamento, dolore,<br />
gonfiore), malessere, nausea, vomito, cefalea, capogiri, affaticamento e letargia,<br />
talvolta febbre, raramente sincope.<br />
Gli eventi psicogeni comprendono, approssimativamente il 20%, di tutte le<br />
reazioni avverse segnalate per Gardasil ® . Questi eventi comprendono: capogiri,<br />
svenimenti (sincope) e attacchi di panico, riconosciuti come associati alla<br />
somministrazione dei vaccini o ad altre procedure iniettive.<br />
Un’importante categoria di possibili reazioni ad un vaccino è rappresentata<br />
dall’allergia. Gravi reazioni allergiche, come anafilassi, possono richiedere<br />
trattamento iniettivo con Adrenalina o altri farmaci. Tutti i casi riportati al<br />
Therapeutic Goods Administration (TGA) sono stati trattati in modo appropriato o si<br />
sono risolti spontaneamente. L’anafilassi e le reazioni allergiche sono eventi non<br />
prevedibili, che possono manifestarsi in qualsiasi individuo, anche in coloro senza<br />
una storia di allergia.<br />
Il TGA è al corrente del possibile presentarsi di sintomi neurologici, simili a<br />
quelli che si manifestano in pazienti con malattia demielinizzante, come la sclerosi
multipla, subito dopo vaccinazione con Gardasil ® : è stato dimostrato come in molti<br />
di questi casi i sintomi erano presenti prima della vaccinazione.<br />
Secondo un gruppo di Esperti, l’incidenza di disordini demielinizzanti tra<br />
coloro a cui è stato somministrato il vaccino Gardasil ® , non è più alta di quella<br />
attesa.<br />
Nessuna morte, secondo le Autorità sanitarie, è risultata finora correlata<br />
alla vaccinazione contro il Papillomavirus umano.<br />
Nell’ infezione naturale il capside virale, cioè l’involucro proteico costituito<br />
dalle proteine L1 e L2, che circonda il genoma virale, evoca nell’ ospite una modesta<br />
risposta anticorpale: con l’ inoculazione del vaccino si è tentato di ottenere una<br />
medesima risposta immunitaria alle proteine capsidi che senza però infettare la<br />
donna.<br />
La possibilità di produrre dei capsidi “vuoti”, cioè che non contengano<br />
materiale genetico virale, ma che siano ugualmente immunogenici è stata allora la<br />
chiave di volta nello sviluppo vaccinale, con l’ introduzione delle VLPs (virus-like<br />
particles) si è ottenuto l’auto assemblaggio a partire dalla stessa proteina capsidica<br />
L1; le VLPs si caratterizzano in quanto altamente immonogeniche, evocano cioè una<br />
risposta anticorpale decine di volte superiore a quella naturale, e assolutamente non<br />
infettive ergo non potenzialmente oncogene, poiché non contengono DNA virale.
Il razionale dell’efficacia vaccinale consiste quindi nell’ evocare una potente<br />
risposta immunitaria, in particolare di IgG, diretta contro la proteina capsidica L1 e<br />
perciò in grado di bloccare nel muco cervicale l’ HPV.<br />
La presenza di IgG nel muco cervicale avviene per trasudazione dal torrente<br />
circolatorio, ovvero per migrazione attraverso le stesse fenestrature dell’epitelio che<br />
hanno permesso la penetrazione del virus. In entranbi i casi comunque si determina<br />
una presenza massiva di anticorpi neutralizzanti, in dimensioni notevolmente più<br />
elevate rispetto a quanto verificato nell’ infezione naturale.<br />
Efficacia clinica: cervice uterina<br />
I dati oggi a disposizione indicano in maniera esaustiva come sia<br />
estremamente elevata dopo 5 anni di follow-up la protezione nei confronti del CIN2+.<br />
Sono al momento in fase di sperimentazione degli studi sull’efficacia del vaccino in<br />
età più adulta (sino a 45 anni), e i risultati, benché non ancora conclusivi, mostrano<br />
già un’ ottima protezione clinica.<br />
Efficacia clinica: vulva e vagina<br />
I dati di efficacia clinica riferiti alla patologia vulvo-vaginale, sia per le<br />
lesioni condilomatose che per quelle pre-cancerose, sono al momento presenti e<br />
pubblicati solo nella sperimentazione con vaccino quadrivalente: per ciò che attiene<br />
l’efficacia delle VIN-VaIN è stato preso in considerazione l’articolo di Elmar A.
Joura, professore di ginecologia oncologica all’ Università di Vienna, in cui si<br />
valuta la combinazione di tre studi randomizzati, per un totale di 18.174 donne<br />
arruolate, con età compresa tra i 16 e i 26 anni. Il follow-up medio è stato di tre anni.<br />
La percentuale totale di protezione della condiloma tosi vulvo-vaginale è pari al<br />
100%.<br />
Il vantaggio per la collettività dovuto alla prevenzione della patologia<br />
condiloma tosa vulvo-vaginale è di veloce impatto temporale e di sicuro rilievo<br />
economico.<br />
I dati riassuntivi dell’ efficacia clinica di Gardasil ® nei confronti delle lesioni<br />
preneoplastiche vulvo-vaginali VIN 2-3, VaIN 3 è completa, ossia il 100% di<br />
protezione per entrambe le sedi anatomiche considerate, e statisticamente<br />
significativa.<br />
Il dettaglio degli effetti collaterali mette in evidenza un modesto aumento, nel<br />
gruppo vaccinato rispetto al placebo, di iperemia (10.3% vs 8.6%), dolore sul sito di<br />
iniezione (83.9% vs 75.4%) ed eritema (24.6% vs 18.4%). Invece, in termini di gravi<br />
eventi avversi non è stata evidenziata alcuna differenza significativa tra i due gruppi<br />
di donne.<br />
In conclusione, la messa a punto di un vaccino HPV è certamente una delle<br />
acquisizioni più importanti dell’ attuale medicina preventiva.
Gardasil ® e Cervarix ® a confronto<br />
I vaccini a disposizione sul mercato italiano contro il virus HPV sono due e<br />
sono entrambi sicuri ed efficaci: Gardasil ® , vaccino tetravalente della Sanofi-Pasteur<br />
in Europa e Merck & Co in America, che protegge contro i genotipi 16 e 18<br />
dell’HPV, responsabili di circa il 70% dei casi di carcinoma della cervice uterina, e i<br />
genotipi 6 e 11, responsabili del 90% dei condilomi, autorizzato all’immissione in<br />
commercio dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) con delibera del 28 febbraio<br />
2007 (costo al pubblico 171,64 euro); e il Cervarix ® , vaccino bivalente della<br />
GlaxoSmithKline, attivo contro i genotipi 16 e 18, responsabili di circa il 70% dei<br />
casi di cervicocarcinoma, autorizzato dall’AIFA con delibera del 29/10/2007 (costo<br />
al pubblico 156,79 euro).<br />
I dati dei primi studi che hanno messo a confronto le due differenti<br />
formulazioni con i diversi adiuvanti hanno rivelato che la risposta immunitaria del<br />
Cervarix ® , contenente l’adiuvante AS04, è maggiore e più duratura nel tempo,<br />
rispetto al vaccino in cui l’adiuvante era rappresentato dal solo sale di alluminio.<br />
Cervarix ® contiene infatti un sistema adiuvante a base di monophosphoryl<br />
lipid (MPL), un lipopolisaccaride batterico purificato il quale agisce da<br />
immunostimolante, in grado di favorire la risposta del sistema immunitario.
Le particelle virus-simili di proteina L1 e l’MPL vengono fissate su un<br />
composto di alluminio, per ottenere una risposta immunitaria<br />
migliore.<br />
In seguito alla vaccinazione, il sistema immunitario sarà in grado di produrre<br />
anticorpi più rapidamente in caso di esposizione al virus e l’organismo sarà quindi in<br />
grado di proteggersi dalle malattie causate da questi virus.<br />
E’ stato osservato che i livelli anticorpali indotti dal vaccino anti-HPV con<br />
adiuvante AS04 (Cervarix ® ) erano 1.5 e 2.1 volte maggiori per il tipo 16 e per il tipo<br />
18 di HPV, rispettivamente, dopo 3.5 anni dalla vaccinazione, rispetto all’altro<br />
vaccino con il sale di alluminio (AAHS) come adiuvante (Gardasil ® ).<br />
E’ stata anche dimostrata la capacità del vaccino con adiuvante AS04 di<br />
aumentare il numero delle cellule B di memoria. Dopo 1 mese<br />
dal termine del ciclo di 3 iniezioni, il numero delle cellule B di memoria era 2 e 3.6<br />
volte più alto per HPV 18 e HPV16. Le cellule B di memoria sembrano avere un<br />
ruolo chiave nella persistenza dei livelli anticorpali dopo vaccinazione.<br />
Gli effetti collaterali più frequenti osservati con Cervarix ® sono: cefalea,<br />
mialgia, reazioni sul sito di iniezione ( dolore, arrossamento e gonfiore ),<br />
senso di spossatezza (stanchezza). Anche questo vaccino non deve essere<br />
somministrato nei soggetti con ipersensibilità (allergia) al principio attivo o ad uno
qualsiasi degli eccipienti. La vaccinazione deve essere rimandata nelle pazienti che<br />
presentano malattia con febbre alta. E’ stato inoltre dimostrato come le più comuni<br />
reazioni avverse, ad esempio rush sul sito di inoculazione, sono molto più diffuse a<br />
seguito dell’ iniezione di Cervarix ® che non con Gardasil ® .<br />
Entrambi i vaccini vengono somministrati gratuitamente dalle ASL alle<br />
bambine tra gli undici e i dodici anni, con la somministrazione per via intramuscolare<br />
di una dose iniziale e due richiami, entro i sei mesi dalla prima<br />
ed entrambi sono disponibili a pagamento in farmacia, previa indicazione e<br />
prescrizione del medico.
CAPITOLO QUARTO<br />
Enna e Piazza Armerina: risposta all’avvio di<br />
Gardasil ®
Le bambine nate (e ancora residenti negli anni 2008-2009) nel comune di Enna nel 1996 sono state 127, mentre nel<br />
1997 sono state 119.<br />
Le bambine nate (e ancora residenti negli anni 2008-2009) nel comune di Piazza Armerina nel 1996 sono state 109,<br />
mentre nel 1997 sono state 90.<br />
Bambine nate nel 1996 vaccinate con Gardasil ® nel 2008 nel comune di Enna.
Bambine nate nel 1996 vaccinate con Gardasil ® nel 2009 nel comune di Enna.
Bambine nate nel 1997 vaccinate con Gardasil ® nel 2008 nel comune di
Bambine nate nel 1997 vaccinate con Gardasil ® 2009 nel comune di<br />
Bambine nate nel 1996 vaccinate con Gardasil ® nel 2008 nel comune di Piazza Armerina.
Bambine nate nel 1996 vaccinate con Gardasil ® nel 2009 nel comune di Piazza Armerina.
Bambine nate nel 1997 vaccinate con Gardasil ® nel 2008 nel comune di Piazza Armerina.
Bambine nate nel 1997 vaccinate con Gardasil ® nel 2009 nel comune di Piazza Armerina.
Vaccinate con Gardasil ® in fascia non gratuita negli anni 2008-2009 nel comune di Enna.
Vaccinate con Gardasil ® in fascia non gratuita negli anni 2008-2009 nel comune di Enna.
Vaccinate con Gardasil ® in fascia non gratuita negli anni 2008-2009 nel comune di Piazza Armerina.
Vaccinate con Gardasil ® in fascia non gratuita negli anni 2008-2009 nel comune di Piazza Armerina.
Percentuale delle bambine nate negli anni 1996-1997, residenti e vaccinate con Gardasil ® negli anni 2008-2009 nel<br />
comune di Enna.
Percentuale delle bambine nate negli anni 1996-1997, residenti e vaccinate con Gardasil ® negli anni 2008-2009 nel<br />
comune di Piazza Armerina.
CAPITOLO QUINTO<br />
Lo Screening
GESTIONE DELLO SCREENING<br />
Il termine screening è di origine inglese e sta ad<br />
indicare una strategia, un protocollo di indagini<br />
diagnostiche generalizzate, utilizzate per identificare una<br />
malattia in una popolazione standard, con un rischio<br />
medio di malattia. A differenza dei test medici eseguiti<br />
nella pratica clinico-diagnostica generale, le procedure<br />
dello screening, prevedono che gli esami medici siano<br />
eseguiti a tappeto su tutta la popolazione, anche quelli<br />
senza alcun sintomo, indicazione clinica di malattia o<br />
familiarità per malattia.<br />
Lo scopo dello screening è quello di identificare<br />
le malattie presenti in una comunità in una fase precoce,<br />
permettendo così di giungere ad interventi terapeutici<br />
tempestivi ed alla gestione standardizzata della terapia in<br />
modo di ridurre sistematicamente la mortalità e le<br />
sofferenze derivate dalle malattie più diffuse e facilmente<br />
diagnosticabili.
I test impiegati nei programmi di screening,<br />
soprattutto per quelle malattie di cui si conosce la bassa<br />
incidenza, devono avere una buona specificità in aggiunta<br />
ad una sensibilità accettabile.<br />
Può comunque accadere che i test risultino<br />
positivi in pazienti che non hanno la malattia, si parla<br />
allora di c.d. “falsi positivi”, oppure può non essere di<br />
immediata corrispondenza la diagnosi in persone che<br />
davvero hanno la malattia, i c.d. “falsi negativi”.<br />
Nel caso specifico i test di screening utilizzati<br />
sono il Pap-test e l’HPV test: si seleziona, all'interno della<br />
popolazione bersaglio donne senza sintomi,<br />
apparentemente sane che possono avere una malattia,<br />
rispetto a quelle che sono veramente sane. Si tratta di un<br />
invito personalizzato rivolto alle donne.<br />
La donna viene invitata con una prima lettera contenente il giorno, l'orario e<br />
la sede di effettuazione del prelievo, nonché informazioni sulle modalità di<br />
esecuzione dell'esame. Se non si presenta all'appuntamento, a distanza di 40-45 giorni<br />
viene sollecitata da una seconda lettera d'invito.
Una volta eseguito, l'esame viene inviato al centro di lettura e il risultato, se<br />
negativo, viene spedito a domicilio per lettera; mentre se si evidenziano lesioni<br />
precancerose, la donna viene contattata telefonicamente dall' infermiere che<br />
provvede a fissare un colloquio con il ginecologo per l'esame di approfondimento<br />
diagnostico.<br />
Il Pap-test, chiamato anche striscio cervico-vaginale, venne introdotto<br />
negli anni 40 ma non è in grado di evidenziare la presenza del virus dell’HPV ma<br />
solamente anomalie cellulari, e consiste in due prelievi di cellule realizzati dal<br />
ginecologo: uno con una spatola effettuato sulla superficie esterna del collo dell'utero<br />
e l'altro con uno spazzolino all'interno del canale cervicale.<br />
Strisciato e fissato su di un vetrino, il campione di cellule viene quindi<br />
esaminato al microscopio per individuare eventuali cellule dubbie o anomale. E' un<br />
esame semplice, innocuo ed indolore.<br />
Nelle donne in età fertile, bisogna attendere la fine del ciclo mestruale, nei<br />
cinque giorni precedenti l'esame non bisogna far uso di ovuli, candelette, creme o<br />
lavande vaginali. Una accentuata infiammazione, la presenza di sangue nel prelievo o<br />
una scarsità di materiale strisciato impediscono la lettura corretta del vetrino; in caso<br />
di infiammazione, è bene ripetere l'esame dopo avere effettuato idonea terapia locale.
Inoltre non vanno effettuate visite ginecologiche ed ecografie con sonda<br />
transvaginale prima di sottoporsi al test. E’ poi consigliabile astenersi dai rapporti<br />
sessuali almeno due giorni prima dell'esame.<br />
Sebbene il Pap-test abbia con efficacia ridotto i decessi da tumore del collo<br />
dell’utero, l’intrinseca soggettività di questo metodo di test significa che la sua<br />
accuratezza nell’individuare la malattia oscilla da una media del 50 al 70% dei casi.<br />
L'indicazione di base di questo test è quella di fornire una diagnosi precoce<br />
dei tumori del collo dell'utero; ma l'esame può evidenziare anche la presenza di<br />
batteri, funghi ed altri agenti infettivi.<br />
Normalmente l'esame va eseguito con l'inizio dell'attività sessuale.<br />
È stato evidenziato che tra i responsabili del tumore cervicale ci sono due<br />
virus della classe dei papilloma virus (HPV) che sembrano essere presenti nello<br />
sperma e che sono trasmissibili sessualmente.<br />
Inoltre il fumo di sigaretta e un abbassamento delle difese immunitarie.<br />
Il referto su cui è trascritto il risultato del Pap-test positivo contiene sigle circa<br />
la diagnosi il cui significato è:<br />
CIN 1: displasia lieve, lesione precancerosa<br />
che spesso regredisce;
CIN 2: displasia moderata, lesione<br />
precancerosa che può regredire;<br />
CIN 3: displasia grave e carcinoma<br />
localizzato senza infiltrazione nei tessuti<br />
sottostanti, lesione precancerosa grave;<br />
ASCUS: cellule squamose atipiche di<br />
significato indeterminato, striscio dubbio<br />
legato spesso ad infiammazione;<br />
AGUS: cellule ghiandolari atipiche di<br />
significato indeterminato, striscio dubbio di<br />
cellule interne all'utero.<br />
In caso di esito positivo si procede con indagini più specifiche: la colposcopia<br />
e la biopsia. La colposcopia consiste nell'osservare il collo dell'utero con uno<br />
strumento ottico che permette di esaminare ad ingrandimento la zona sospetta,<br />
localizzare le aree anomale e guidare la biopsia, ossia il prelievo di un piccolo<br />
frammento di tessuto da sottoporre ad esame istologico per confermare o meno la<br />
natura della lesione.<br />
Il test dell’HPV permette ai professionisti sanitari di identificare la presenza<br />
del virus e quindi di controllare più efficacemente ogni donna. Combinando il Pap-
test con il test dell’HPV si potrebbe ottenere una protezione del 100% contro lo<br />
sviluppo del tumore del collo dell’utero.<br />
Il test HPV è un nuovo strumento molecolare in grado di individuare il Dna<br />
del papillomavirus umano (HPV), ed è risultato essere molto più affidabile del Pap-<br />
test. Lo rivela uno studio della McGill, Università di Montreal, apparso sul New<br />
England Journal of Medicine.<br />
I due test sono stati confrontati su più di 10.000 donne canadesi tra i 30 e i 69<br />
anni. La ricerca ha verificato che la sensibilità del test HPV (cioè la sua capacità di<br />
identificare nelle donne il virus del papilloma umano e le cellule cervicali pre-<br />
cancerose) è del 94.6%, contro il 55,4% di quella del Pap-test.<br />
al 100%.<br />
Se utilizzati insieme, inoltre, i due test raggiungono una sensibilità prossima<br />
Il test per l'HPV identifica sia le donne affette dalla malattia sia quelle con un<br />
alto rischio di svilupparla. Un test positivo non significa che la donna svilupperà un<br />
cancro della cervice uterina, ma fornisce informazioni supplementari su potenziali<br />
rischi e consente al medico di effettuare controlli più accurati. Ad oggi è circa 4 o 5<br />
volte più costoso del Pap-test, ma il numero di vite salvate e il fatto che data la sua<br />
sensibilità lo si può effettuare una volta ogni tre anni, invece che ogni anno, fanno sì<br />
che i maggiori costi potranno essere facilmente ammortizzati. L’esito negativo di
entrambi i test significa avere il 99% di probabilità di non sviluppare un tumore del<br />
collo dell’utero nei successivi 5 anni.<br />
Il test è molto semplice e richiede il solo prelievo con un tampone vaginale di<br />
un piccolo campione di cellule del collo dell’utero esattamente nello<br />
stesso modo del Pap-test.<br />
Per quanto riguarda invece nello specifico lo screening della vaccinazione con<br />
Gardasil ® nei distretti di Enna e Piazza Armerina non è stato evidenziato alcun<br />
effetto collaterale alla somministrazione del vaccino, né nel breve termine a 15 minuti<br />
dalla inoculazione, né a distanza di 2 anni dal termine del primo ciclo di vaccinazioni<br />
(Gennaio 2008- Dicembre 2009).
CAPITOLO SESTO<br />
Infermiere e prevenzione
L’ infermiere nel Servizio di Igiene Pubblica<br />
L’infermiere che svolge la sua attività professionale presso un Servizio<br />
Vaccinale diventa attore protagonista e partecipa con autonomia e competenza a<br />
protocolli operativi quali l’ informazione riguardo ai rischi e vantaggi delle<br />
vaccinazioni, si occupa della raccolta e documentazione del consenso informato,<br />
dell’anamnesi prevaccinale compilando la ceck-list anamnestica che deve essere<br />
sottoscritta da colui/coloro che forniscono le informazioni, nonché<br />
dell’ identificazione di controindicazioni alla vaccinazione.<br />
Inoltre poi, è ovviamente compito suo la somministrazione del vaccino, fase<br />
che va eseguita nel rispetto dei protocolli procedurali adottati nel servizio. La<br />
somministrazione del vaccino non richiede dunque “ex jure” né la partecipazione<br />
diretta né la presenza del medico. La sua pronta disponibilità in loco è peraltro<br />
indispensabile ai fini di fronteggiare eventuali inconvenienti/urgenze insorti nel<br />
contesto della vaccinazione, nonché per constatare, monitorare e segnalare eventuali<br />
eventi avversi.<br />
Nei Dipartimenti di Prevenzione dell’ASP 04 di Enna, di cui mi sono<br />
occupata e questo elaborato vuole prendere in cosiderazione, si sono adottati tre<br />
protocolli di vaccinazione, tenendo in considerazione i soggetti cui l’ offerta<br />
vaccinale è rivolta:
1) Soggetti nel dodicesimo anno di vita 1 :<br />
Chiamata attiva, utilizzando anagrafe vaccinale<br />
(registri e schede) ed elenchi scolastici (elenchi completi<br />
delle prime classi della scuola media);<br />
Colloquio con la ragazza in presenza dei genitori<br />
dove vengono fornite tutte le informazioni sul vaccino<br />
anti HPV;<br />
Compilazione scheda anamnestica e scheda di<br />
rilevazione;<br />
Compilazione del consenso informato;<br />
Somministrazione del vaccino (0, 2, 6 mesi);<br />
Registrazione dell’avvenuta vaccinazione sulla<br />
scheda di rilevazione, sul registro e sulla diaria<br />
giornaliera di attività.<br />
2) Soggetti di età superiore ai tredici anni che non<br />
hanno iniziato vita di relazione 2 :<br />
Colloquio con la ragazza, (in presenza dei genitori<br />
o di chi esercita la patria potestà, se minori), dove<br />
1 A. Bearzi, «Protocollo vaccinazioni infanzia, adolescenza e adulti», 2010<br />
2 A. Bearzi, «Protocollo vaccinazioni infanzia, adolescenza e adulti», 2010
vengono fornite tutte le informazioni sul vaccino anti<br />
HPV;<br />
Informazioni sul pagamento e consegna del<br />
bollettino postale con la cifra da pagare;<br />
Programmazione appuntamento per praticare la<br />
vaccinazione;<br />
Compilazione scheda anamnestica e scheda di<br />
rilevazione;<br />
Compilazione del consenso informato;<br />
Somministrazione della vaccinazione anti HPV<br />
(0, 2, 6 mesi);<br />
Registrazione dell’avvenuta vaccinazione sulla<br />
scheda di rilevazione, sul registro e sulla diaria<br />
giornaliera di attività.<br />
3) Soggetti di età superiore ai tredici anni che<br />
hanno vita di relazione 3 :<br />
Colloquio con la ragazza, (in presenza dei genitori<br />
o di chi esercita la patria potestà, se minori), dove<br />
vengono fornite tutte le informazioni sul vaccino anti<br />
HPV;<br />
3 A. Bearzi, «Protocollo vaccinazioni infanzia, adolescenza e adulti», 2010
Invio al proprio ginecologo di fiducia per<br />
eventuale esecuzione di Pap-test;<br />
Informazioni sul pagamento e consegna del<br />
bollettino postale con la cifra da pagare;<br />
Programmazione appuntamento per praticare la<br />
vaccinazione;<br />
Compilazione scheda anamnestica e scheda di<br />
rilevazione;<br />
Compilazione del consenso informato;<br />
Somministrazione della vaccinazione anti HPV<br />
(0, 2, 6 mesi);<br />
Registrazione dell’avvenuta vaccinazione sulla<br />
scheda di rilevazione, sul registro e sulla diaria<br />
giornaliera di attività.<br />
È auspicabile inoltre che fosse previsto un sistema informatizzato sulle<br />
vaccinazioni, collegato con l’anagrafe sanitaria e l’anagrafe comunale, per migliorare<br />
la ricerca attiva dei soggetti che non si presentano per le vaccinazioni obbligatorie e<br />
raccomandate.
Qualora ancora ciò non fosse possibile, il controllo periodico dei registri<br />
consentirebbe comunque, anche se in modo meno preciso, di valutare ritardi,<br />
inadempienze e coperture vaccinali.<br />
Ad ogni modo, tale sistema informativo dovrebbe avere dei requisiti tali da<br />
permettere il controllo effettivo di tutte le fasi di attività, dei dati di efficienza dei<br />
servizi (ritardi di inizio, ritardi alle diverse dosi, coperture, soggetti difficili da<br />
raggiungere), nonché la raccolta delle segnalazioni delle reazioni avverse e l’attività<br />
effettuata conseguentemente alla ricezione delle segnalazioni.<br />
Tale anagrafe vaccinale deve essere gestita da personale dedicato formato ed<br />
addestrato. Il tutto permetterebbe di valutare i progressi compiuti nel raggiungimento<br />
degli obiettivi previsti e quindi identificare le eventuali aree di intervento: per poter<br />
fare ciò comunque sarebbe innanzitutto indispensabile disporre di dati di copertura<br />
vaccinale affidabili ed aggiornati.<br />
Per copertura vaccinale si intende la proporzione di soggetti vaccinati sul<br />
totale dei soggetti candidati alla vaccinazione. Il valore di copertura va riferito ad uno<br />
specifico intervallo temporale e a una precisa area (Distretto, Comune …).<br />
Il calcolo della copertura permette di valutare l’efficienza e l’efficacia del<br />
programma di vaccinazione.
Vanno anche mantenute e intensificate le attività di verifica in ogni Comune<br />
dei risultati conseguiti, per evidenziare tempestivamente aree con copertura sub-<br />
ottimale e adottare misure strategiche correttive.<br />
L’accettabilità dell’offerta vaccinale va sostenuta dalla disponibilità di sistemi<br />
di rilevazione degli eventi avversi, efficienti ed accessibili agli operatori sul territorio.<br />
La disponibilità di vaccini sicuri ed efficaci contro altre malattie rispetto a quelle<br />
menzionate nei LEA è un’ulteriore occasione di salute per la popolazione.<br />
L’introduzione dell’offerta da parte dei Centri Vaccinali anche di questi<br />
vaccini, con obiettivi chiaramente esplicitati, misurabili e collocabili nel tempo,<br />
rappresenta una ricchezza per la Sanità Pubblica.<br />
L’infermiere nelle comunità.<br />
Il concetto di comunità intesa come un insieme di<br />
soggetti che condividono aspetti significativi della<br />
propria esistenza e che per questa ragione sono in un<br />
rapporto di interdipendenza, possono sviluppare un senso<br />
di appartenenza e possono intrattenere tra loro relazioni<br />
fiduciarie. L’infermiere di comunità assume i luoghi delle<br />
cure, i tempi della malattia, le tecnologie di cure in uso in
un territorio dato, come campi propri in cui esercitare il<br />
proprio specifico professionale.<br />
Il lavoro di comunità è individuato come un<br />
approccio basato sui principi dello sviluppo di<br />
comunità, in cui si perseguono obiettivi di<br />
cambiamento partecipato, di empowerment, di<br />
sviluppo di risorse e in cui si ritiene necessario<br />
sostenere i processi di responsabilizzazione dei<br />
membri di una comunità e l’impiego delle loro<br />
competenze/risorse per la soluzione dei problemi.<br />
L’infermiere di comunità è uno degli<br />
operatori dei servizi territoriali che in modo<br />
integrato e interdisciplinare orienta la sua azione<br />
nella valutazione dei processi sociali in corso in<br />
una certa realtà e concorda azioni di<br />
valorizzazione delle risorse di quel gruppo per<br />
affrontare i problemi di salute/malattia.
L’infermiere nelle U.O. di Pediatria (approccio alle vaccinazioni).<br />
Per i bambini di età superiore ai dieci anni, le raccomandazioni di screening<br />
aggiuntive includono un Pap-test e lo screening per la Chlamydia per le femmine<br />
sessualmente attive e la valutazione dell’ alcolismo, crescente problema per tutti gli<br />
adolescenti. Il counseling con questa fascia d'età comprende comportamenti sessuali,<br />
fumo, alcol e altre droghe.<br />
Le vaccinazioni dovrebbero poi includere<br />
l’anti tetano-difterite come richiamo per coloro che<br />
abbiano superato gli undici anni ma non abbiano<br />
ancora compiuto i sedici.<br />
Per ciò che attiene, sempre nell’ ambito<br />
delle vaccinazioni, l’anti Epatite B e anti Varicella<br />
devono essere somministrati a coloro che non li<br />
avessero ricevuti in età prescolare.<br />
Vengono considerati adolescenti ad alto<br />
rischio coloro che si dedicano in maniera<br />
preoccupante a comportamenti sessuali definiti<br />
pericolosi o uso di droghe, o coloro cui sia stata<br />
già diagnosticata una delle patologie a
trasmissione sessuale. Si procede allora mediante<br />
interventi specifici a ciascuna di queste categorie<br />
alfine di informare ed educare alla prevenzione.<br />
Ambulatorio infermieristico: l’infermiere di famiglia<br />
L’ambulatorio infermieristico è già una realtà operante in alcuni Paesi<br />
europei, in quelle realtà che hanno già sviluppato un’ assistenza sanitaria territoriale:<br />
in queste Regioni gli ambulatori infermieristici sono delle strutture organizzative,<br />
istituite tramite disposizioni legislative regionali appunto, integrate nel sistema<br />
pubblico. Si tratta di veri e proprio sportelli aperti al pubblico capaci di effettuare<br />
prestazioni quali prelievi ematici, iniezioni intramuscolari, sottocutanee o<br />
intradermiche, rimozione punti di sutura, controlli della pressione arteriosa e del tasso<br />
glicemico nel sangue periferico, elettrocardiogrammi, medicazioni ferite e/o ulcere, e<br />
molto altro ancora, nonché la possibilità di fornire informazioni al pubblico.<br />
L’ambulatorio infermieristico si presenta allora come un luogo dedicato<br />
all’attività assistenziale infermieristica, con una collocazione ben precisa nel<br />
territorio in cui obiettivi principali sono l’informazione e la promozione della salute,<br />
grazie anche al rapporto diretto con le famiglie e anche grazie al fatto che si propone
come una sorta di anello di congiunzione nella comunicazione tra cliente e medico,<br />
visto lo stretto rapporto anche con la classe medica ivi comunque presente.<br />
Di contro però, in quanto ambulatorio, il cliente/paziente si scontrerà con le<br />
lungaggini della burocratizzazione, la rigidità degli orari di apertura e chiusura al<br />
pubblico, e l’inevitabile “spersonalizzazione” dell’assistenza: l’approccio olistico alla<br />
base dell’assistenza infermieristica in questa sede viene purtroppo a mancare data la<br />
carenza di personale rispetto all’utenza.<br />
Si tratta di limiti insiti nella concezione di assistenza extra ospedaliera, limiti<br />
che nel futuro ognuno di noi operatori sanitari deve impegnarsi a superare, per poter<br />
garantire il miglior servizio possibile e quindi la migliore assistenza infermieristica.<br />
Per tracciare l’identità dell’infermiere di famiglia si fa riferimento in<br />
particolare al Gruppo di Pianificazione europeo per la formazione dell’Infermiere di<br />
Famiglia .<br />
Il concetto di infermiere di famiglia infatti non è nuovo, ma attualmente c’è<br />
un nuovo interesse teso sia a sviluppare il ruolo stesso sia ad espandere le prestazioni<br />
attualmente erogate dai servizi infermieristici, così da inglobare aspetti già presenti di<br />
assistenza con quelli evolutivi offerti dalla prospettiva dell’assistenza alla famiglia e<br />
alla comunità.
Questa è anche la prospettiva proposta dall’OMS-Europa che intende<br />
promuovere un’Infermiere di Famiglia che si prenda cura, nella sua globalità, della<br />
famiglia vista come soggetto fondante in una comunità. L’infermiere di famiglia<br />
adeguatamente formato è parte di un gruppo multidisciplinare di cura della salute con<br />
un ruolo rilevante nell’ambito delle cure primarie.<br />
L’International Concil of Nurses (I.C.N.) nell’ambito delle sue attività di<br />
sviluppo dell’assistenza infermieristica ha incluso l’Infermiere di famiglia fra le<br />
nuove prospettive evolutive sia dell’assistenza infermieristica che del ruolo<br />
dell’infermiere.<br />
In questo conteso l’infermiere di famiglia è definito come un professionista<br />
preparato nelle cure primarie di comunità, che lavora in collaborazione con persone,<br />
famiglie ed altri operatori che sono attivi in un contesto di cure sanitarie di primo<br />
livello Primary Health Care (P.H.C.).<br />
Gli obiettivi di salute pubblica relativi alla famiglia e alla comunità sono<br />
largamente presenti da alcuni anni, negli interventi dei servizi sanitari in USA e<br />
Canada, dove sono stati elaborati i modelli teorici di riferimento attuale per<br />
l’assistenza alle famiglie e alla comunità, mentre in Europa l’attivazione di questi<br />
obiettivi è più recente e non completamente estesa a tutti i paesi membri dell’UE.
Nei suoi comunicati l’American Nurses<br />
Association (ANA) nel 1980 e nel 1995, descrive<br />
la famiglia come uno degli obiettivi principali<br />
dell’assistenza infermieristica. Secondo il<br />
documento europeo Salute per tutti dell’OMS,<br />
l’infermiere di famiglia sviluppa alcune<br />
caratteristiche nella sua attività assistenziale quali<br />
l’ aiuto gli individui ad adattarsi alla malattia e<br />
alla disabilità cronica o nei momenti di stress,<br />
trascorrendo buona parte del loro tempo a lavorare<br />
a domicilio dei pazienti e con le loro famiglie. È<br />
colui che consiglia, informa, educa riguardo agli<br />
stili di vita ed i fattori comportamentali di rischio;<br />
osserva e attraverso la diagnosi precoce, può<br />
facilitare l’individuazione di problemi sanitari<br />
delle famiglie cosicché possano essere curati al<br />
loro insorgere. Deve inoltre possedere la capacita<br />
di identificare gli effetti dei fattori socioeconomici<br />
sulla salute della famiglia ed indirizzare<br />
quest'ultima alle strutture più adatte; è quella<br />
figura che facilita le dimissioni precoci dagli
ospedali fornendo assistenza infermieristica a<br />
domicilio ed agisce da tramite tra la famiglia ed il<br />
medico di base, sostituendosi a quest'ultimo<br />
quando i bisogni identificati sono di carattere<br />
prevalentemente infermieristico.<br />
L' infermiere di famiglia può sviluppare un ruolo durante tutto il continuum<br />
assistenziale e la prevenzione della malattia. Oggetto dell'assistenza non sono soltanto<br />
i membri delle famiglie così come comunemente intese, in quanto il ruolo è molto più<br />
ampio, comprendendo tutte le persone della comunità, sia che vivano con altri in una<br />
casa, sia si tratti di persone senza dimora e/o in qualche modo emarginate, nonché la<br />
comunità stessa.<br />
Ciò che è nuovo nel concetto di infermiere di<br />
famiglia è la particolare combinazione dei vari elementi:<br />
lo spiccato interesse verso le famiglie<br />
“nucleo di base della società”;<br />
la casa come ambiente, “setting” operativo<br />
biofisico e psicosociale;<br />
la capacità dei membri della famiglia di<br />
farsi carico insieme dei problemi di salute;
creare il concetto e l’esperienza di “famiglia<br />
sana”;<br />
la comunità come luogo di “reciprocità<br />
possibile” per consentire attraverso la<br />
promozione di appartenenza, l’attivazione<br />
di percorsi di inclusione sociale.<br />
La posizione ed il ruolo del nuovo infermiere di famiglia possono essere<br />
considerati sotto l'ombrello della salute pubblica e dell'assistenza primaria, nel<br />
contesto del settore sanitario integrato con i servizi psicosociali.<br />
In questa prospettiva si possono allora riconoscere alcuni tipi generali di<br />
intervento possibile dell’infermiere di famiglia raggruppati in quattro grosse<br />
tipologie: prevenzione primaria, secondaria, terziaria e interventi di assistenza diretta<br />
e in caso di crisi.<br />
1. La prevenzione primaria: l'infermiere<br />
verifica la possibile presenza di fattori<br />
dannosi o di minacce alla salute e lavora<br />
attivamente per evitare che questi<br />
colpiscano la famiglia. Può aiutare la<br />
famiglia a costruirsi le proprie risorse<br />
difensive e protettive attraverso
l'educazione sanitaria ed il sostegno ed<br />
aiutandola a mobilitare altre risorse presenti<br />
nella sua rete informale e formale. Inoltre<br />
monitorando l'integrità del sistema famiglia<br />
è possibile identificare possibili fattori<br />
dannosi.<br />
2. La prevenzione secondaria: l'infermiere è<br />
attivamente coinvolto nei programmi di<br />
screening e di vaccinazione. La conoscenza<br />
da parte dell’infermiere, della particolare<br />
casistica clinica riguardante le famiglie di<br />
cui si fa carico, sarà facilitato<br />
nell’individuare precocemente l'insorgere di<br />
problemi di salute, attivando rapidamente<br />
misure adeguate a ridurre al minimo<br />
l'impatto sull'individuo e sulla famiglia e<br />
chiamando in causa quando necessario,<br />
altre risorse di personale esperto del sistema<br />
dei servizi, nella prospettiva di un ruolo di<br />
collegamento della rete dei servizi.
3. La prevenzione terziaria: l'infermiere è<br />
coinvolto nella riabilitazione e nella<br />
ricostruzione delle risorse difensive e<br />
protettive della famiglia e della sua rete.<br />
4. Il quarto tipo di intervento consiste nel fatto<br />
che l’infermiere è attivo nell'assistenza<br />
diretta.<br />
E’ il ruolo infermieristico tradizionale quando la dinamica di adattamento<br />
dell'individuo e della sua famiglia si spezzano a causa di un evento clinico: una<br />
malattia. In questo caso l'infermiere di famiglia lavora in collaborazione con<br />
l'individuo e la sua famiglia per ottenere, a seconda del caso, cura, sostegno,<br />
riabilitazione, palliazione, accompagnamento alla morte.<br />
Nell’attuale panorama di cambiamento che percorre i servizi sanitari e sociali<br />
non va mai dimenticato che la persona, la famiglia, la comunità, sono i fruitori dei<br />
servizi, la ragione fondante dell’esistenza stessa dei servizi e lo scopo ultimo dei<br />
servizi stessi. Le innovazioni dei servizi sanitari alle persone possono funzionare e<br />
dare esiti positivi se si fondano su alcune opzioni operative che hanno un sostanziale<br />
fondamento etico come l’auto-aiuto, l’umanizzazione delle pratiche cliniche e<br />
organizzative, l’ascolto dei bisogni, la ricerca della collaborazione con le famiglie e<br />
la comunità.
In questa prospettiva il contributo della scienza infermieristica e<br />
dell’infermiere di famiglia può essere significativo e decisivo per il potenziamento di<br />
servizi realmente fruibili dalle persone e dalle loro famiglie.<br />
Questa prospettiva richiede di modificare il generico concetto di infermiere,<br />
spesso ricco di luoghi comuni e stereotipi, poiché un ruolo decisivo nella<br />
realizzazione delle cure primarie può e deve essere giocato proprio dall’infermiere di<br />
famiglia e di comunità: questo implica un impegno notevole degli infermieri coinvolti<br />
ai vari livelli.
CONCLUSIONI<br />
Dallo studio che ho eseguito è emerso che entrambi i Distretti di Enna e<br />
Piazza Armerina dell’ASP 4 hanno accolto positivamente l’avvio alla vaccinazione<br />
anti HPV: è infatti evidente la copertura di oltre l’85% della popolazione, ed è stato<br />
anche mostrato come persino le fasce non gratuite hanno ben accolto l’iniziativa.<br />
Questo ci fa riflettere sull’importanza della prevenzione dalle malattie sessualmente<br />
trasmissibili, sempre in crescita nella nostra società.<br />
Il papilloma virus è meritatamente entrato nella rosa degli agenti patogeni<br />
della malattia del secolo: il cancro. La prevenzione da questo terribile male è oggi<br />
possibile con una semplice iniezione, e la ricerca sta ancora continuando.<br />
Dimostrazione ne sono gli innumerevoli studi sull’applicazione del vaccino<br />
anche per la prevenzione del cancro penieno.<br />
Per finire posso dire che il ruolo dell’ infermiere nella prevenzione e nell’<br />
informazione è di fondamentale importanza, non solo, e soprattutto non più, per la
mera tecnica, bensì per le capacità comunicative e di counseling che ci vengono oggi<br />
impartite con il corso di laurea.<br />
L’infermiere è davvero diventato un professionista cui è chiesto di agire in<br />
prima linea sul fonte della prevenzione e informazione.<br />
Concludo allora con le parole del Profilo Professionale che all’ art. 2 recita<br />
che «L’assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di<br />
natura tecnica, relazionale, educativa. Le principali funzioni sono la prevenzione<br />
delle malattie, l’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l’educazione<br />
sanitaria» il che legittima ulteriormente il ruolo principe dell’infermiere nell’azione<br />
preventiva.
BIBLIOGRAFIA:<br />
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Vulvare», Editor Fausto Boselli.<br />
o Pescetto – De Cecco - Pecorari, «Manuale di Clinica<br />
Ostetrica e Ginecologia», ed. SEU.<br />
o Bonanni – Carbone – Carosi – D’Alessandro - Gargiulo<br />
- Lo Giudice - Matteelli - Pecorelli - Perino - Sideri -<br />
Suligoi, «La vaccinazione anti- papillomavirus», Il<br />
Pensiero Scientifico Editore.<br />
o M. C. Baratta - L. Tartarotti, «Appunti di educazione<br />
Sanitaria», Mantova, 1999<br />
o C. Majello, «L’ arte di comunicare»,<br />
FrancoAngeli-TREND Ed. 26- 2003.<br />
o TGA (Therapeutic Goods Administration), 2009<br />
o A. Bearzi, «Protocollo vaccinazione infanzia, adolescenza e<br />
adulti», 2010<br />
o EMEA (European Medicines Agency), 2007<br />
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