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UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE<br />
FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA<br />
_______________________________________<br />
Corso di Laurea in Infermieristica<br />
L’INFERMIERE E L’APPROCCIO ALLA PERSONA<br />
SOTTOPOSTA AL TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO:<br />
MISURAZIONE DELLA QUALITA’ DI VITA SECONDO<br />
LA SCALA FACT-BMT<br />
Relatore: Dott.ssa<br />
STEFANIA LIBERATI<br />
A.A. 2009/2010<br />
<strong>Tesi</strong> di Laurea di:<br />
GINO PIERVINCENZI<br />
“L’INFERMIERE E L’APPROCCIO ALLA PERSONA<br />
SOTTOPOSTA AL TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO:<br />
MISURAZIONE DELLA QUALITA’ DI VITA SECONDO LA<br />
SCALA FACT-BMT”<br />
TESI ELABORATA DA: Gino Piervincenzi<br />
Matricola 1030049<br />
CdL in Infermieristica<br />
A.A. 2009-2010<br />
Sessione di Laurea Novembre 2010<br />
RELATORE: Dott.ssa Stefania Liberati<br />
CONTRORELATORE: Dott.ssa Isabella Baglioni<br />
Ai miei genitori<br />
e a mio nonno Gino,<br />
che rappresentano<br />
i miei saldi punti<br />
di riferimento.
INDICE<br />
PARTE I<br />
Introduzione………………………………………………....... pag. 1<br />
CAPITOLO 1<br />
IL TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO (TMO)<br />
1.1-Storia e descrizione del TMO…………………………….. pag. 2<br />
1.2-Tipologie di TMO: allogenico, singenico e autologo……. pag. 6<br />
1.3-Raccolta delle cellule staminali emopoietiche………….... pag. 8<br />
CAPITOLO 2<br />
PRINCIPALI PATOLOGIE INDICATE AL TMO<br />
2.1-Leucemie mieloidi………………………………………... pag. 17<br />
2.2-Leucemie linfoidi……………………………………….... pag. 20<br />
2.3-Linfomi………………………………………………….... pag. 24<br />
CAPITOLO 3<br />
LE FASI DEL TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO<br />
3.1-Accertamenti attestanti l’idoneità……………………….... pag. 28<br />
3.2-Fase di condizionamento…………………………………. pag. 30<br />
3.3-Fase d’infusione delle CSE………………………………. pag. 34<br />
3.4-Fase di aplasia midollare…………………………………. pag. 36<br />
3.5-Fase di attecchimento delle CSE…………………………. pag. 39<br />
3.6-Dimissione post-trapianto………………………………... pag. 41<br />
I<br />
<br />
<br />
CAPITOLO 4<br />
PRINCIPALI COMPLICANZE LEGATE AL TMO<br />
4.1-Graft versus host desease.................................................... pag. 42<br />
4.2-Complicanze precoci……………………………………... pag. 43<br />
4.3-Complicanze tardive…………………………………….... pag. 49<br />
4.4-Complicanze e qualità di vita…………………………….. pag. 54<br />
II
PARTE II<br />
Introduzione…………………………………………………... pag. 56<br />
CAPITOLO 5<br />
ANALISI DELLA QUALITA’ DI VITA NELLA<br />
PERSONA SOTTOPOSTA AL TMO<br />
5.1-Progetto di ricerca………………………………………... pag. 58<br />
5.2-Lo strumento: la scala FACT-BMT…………………….... pag. 70<br />
CAPITOLO 6<br />
ANALISI DEI DATI OTTENUTI: DISCUSSIONE<br />
6.1-Commento dei dati ottenuti dalla prima elaborazione….... pag. 74<br />
6.2-Commento dei dati ottenuti dalla seconda elaborazione…. pag. 84<br />
6.3-Commento dei dati ottenuti dall’analisi in parallelo delle<br />
varie aree d’indagine e dalle domande di riscontro …….. pag. 106<br />
CAPITOLO 7<br />
CONCLUSIONI<br />
7.1-Prospettive di miglioramento della qualità di vita:<br />
il ruolo infermieristico……………………………………<br />
BIBLIOGRAFIA……………………………………………...<br />
ABBREVIAZIONI E GLOSSARIO………………………….<br />
pag. 109<br />
pag. 111<br />
pag. 115<br />
III<br />
<br />
<br />
<br />
PARTE I<br />
INTRODUZIONE<br />
Il tema centrale, svolto per la presente tesi, è rappresentato dall’analisi della qualità di<br />
vita della persona sottoposta alla procedura di trapianto di midollo osseo.<br />
Le principali motivazioni, che hanno attirato l’attenzione e successivamente guidato la<br />
scelta su tale argomento risultano due, le quali verranno spiegate più nel dettaglio. In<br />
primo luogo perché durante l’attività frontale, svolta durante il percorso formativo,<br />
questo argomento ha posto in evidenza come risulti complesso l’iter intrapreso da tali<br />
persone. Di conseguenza, viene da sé dedurre, che per garantirne una maggior riuscita,<br />
si renda necessaria una assistenza infermieristica ben pianificata e messa in atto da un<br />
personale preparato a far fronte alle svariate necessità che possono crearsi in tali<br />
individui. In secondo luogo, ma non meno importante, perché si è avuta in famiglia<br />
l’esperienza diretta di una persona a cui era stata diagnosticata una patologia oncoematologica.<br />
Essendo capitato in un periodo nel quale non si era in grado di capire a<br />
pieno tale situazione, in quanto non si avevano tutti gli strumenti appropriati per poter<br />
analizzare nel complesso il processo patologico e le strategie terapeutiche più idonee a<br />
tale contesto, si è accentuata la necessità di approfondire le conoscenze sull’argomento.<br />
Per questi due motivi appena citati si è scelto questo lavoro al fine di ampliare le<br />
conoscenze sia dal punto di vista infermieristico che personale.<br />
L’ elaborato seguente verrà strutturato in due parti principali:<br />
nella prima si tratterà la parte descrittiva, relativa alla storia del trapianto di midollo<br />
osseo, la descrizione di tale procedura, le diverse tipologie, le fasi della cura a cui la<br />
persona verrà sottoposta, le patologie indicate a tale trattamento e le varie complicanze<br />
in cui potrà incorrere nel periodo peri-trapianto;<br />
infine nella seconda verrà esaminata, con approccio sperimentale, la qualità di vita degli<br />
individui sottoposti a tale intervento, utilizzando come strumento di misurazione la<br />
scala FACT-BMT.<br />
1
CAPITOLO 1<br />
IL TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO (TMO)<br />
1.1-STORIA E DESCRIZIONE DEL TMO<br />
L’importanza della ricerca clinica nel campo del TMO è stata riconosciuta con<br />
l’assegnazione del premio Nobel in Fisiologia e Medicina nel 1990 a E.Donnal Thomas,<br />
uno dei pionieri nello studio di questo trattamento sull’uomo.<br />
Il midollo osseo (MO) fu impiegato per la prima volta, per trattare una patologia<br />
leucemica umana, da Brown-Sequard nel 1891 somministrando una dracma di un<br />
gliceride aromatico di midollo animale per via orale, dopo i pasti.<br />
In seguito nel 1899 si impiegarono, con un certo successo, iniezioni intramidollari di<br />
midollo per trattare l’anemia aplastica, mentre nel 1937 Schretzmayr somministrò<br />
iniezioni intramuscolari di MO fresco, autologo o allogenico, a pazienti affetti da<br />
infezioni parassitarie, anche in questo caso con risultati positivi.<br />
La prima somministrazione endovenosa fu effettuata da Ossgood nel 1939, ma questa<br />
via venne successivamente abbandonata per molti anni.<br />
In seguito, uno studio condotto sui topi, cui erano state somministrate dosi<br />
potenzialmente mortali di irradiazioni, rivelò che questi venivano protetti da<br />
un’infusione di midollo, anche se soltanto nel 1952 Lorenz riuscì a dimostrare che la<br />
guarigione era dovuta alle cellule del midollo trapiantato.<br />
Grazie a questa scoperta, l’idea del TMO venne ben presto accettata dai clinici<br />
sperimentatori che vedevano in esso il mezzo per correggere le sindromi da<br />
insufficienza midollare e per proteggere i pazienti dagli effetti mieloablativi delle<br />
radiazioni e della chemioterapia.<br />
I problemi che i medici si trovarono ad affrontare nei primi anni di applicazione di tale<br />
tecnica furono numerosi. Il trapianto autologo richiedeva lo sviluppo di sistemi<br />
affidabili di criopreservazione (1) del midollo e il trapianto allogenico era ostacolato dai<br />
problemi immunologici del rigetto e del fenomeno scarsamente compreso di “malattia<br />
secondaria”. Le problematiche durarono fino a quando Fredman non scoprì il sistema<br />
dell’antigene leucocitario umano (HLA) nel 1961. Fino ad allora mancando<br />
2<br />
<br />
<br />
<br />
un’appropriata corrispondenza, la scelta del donatore era affidata al caso e, visto l’alto<br />
rischio di incompatibilità, solo pochi trapianti avevano successo.<br />
G. Mathè fu un pioniere nello sviluppo iniziale del TMO clinico in quanto fu il primo a<br />
sostenere la necessità di somministrare un’alta dose di radiazioni ionizzanti per<br />
eliminare il tumore maligno del ricevente, di usare rilevanti quantità di midollo del<br />
donatore per garantire l’attecchimento e di applicare tecniche assistenziali<br />
infermieristiche sterili. Fu proprio lui con i propri colleghi a descrivere nell’uomo la<br />
graft versus host didease (GvHD), descritta in dettaglio più avanti. Mathè suggerì,<br />
allora, che la comparsa di una malattia secondaria aveva potuto favorire l’eliminazione<br />
delle cellule leucemiche, aiutando in questo caso a raggiungere la remissione. Queste<br />
prime ipotesi sono state ora confermate e si parla di graft versus leukemia (GvL): vi è<br />
infatti un’incidenza minore di recidiva di leucemia nei pazienti che superano la GvHD<br />
rispetto al caso dei soggetti in cui non compaia. In seguito si capì che era necessario un<br />
certo tipo di “condizionamento” prima dell’infusione di midollo osseo allogenico, al<br />
fine di eliminare la reazione dell’ospite verso il midollo infuso e, nel caso di patologia<br />
tumorale, eradicare la neoplasia prima del TMO.<br />
Una parte consistente del successivo lavoro sullo sviluppo del trapianto è stata svolta da<br />
E. Donall Thomas. Inizialmente egli si è occupato di TMO autologo ed ha esaminato<br />
sistematicamente le varie fasi dell’intervento. Usando il cane come modello<br />
sperimentale, ha sviluppato schemi efficaci di total body irradiation (TBI) ed<br />
esaminando i risultati, ha scelto di introdurre un chemioterapico (methotrexate) come<br />
mezzo per prevenire la GvHD, in quanto farmaco capace di ottenere<br />
l’immunosoppressione, indispensabile a ridurre la reazione di rigetto. Questi progressi<br />
tecnici, la caratterizzazione del sistema HLA da parte di Dausset e la miniaturizzazione<br />
della determinazione dell’HLA di Teraski e Mclelland nel 1964 aprirono la strada ad<br />
una nuova era, in cui venivano eseguiti soltanto trapianti fra coppie di fratelli donatoririceventi<br />
HLA corrispondenti. Fu sempre Donnall Thomas, ad effettuare, a Seattle,<br />
TMO con successo sempre maggiore nella cura dell’anemia aplastica e della leucemia:<br />
quello di Seattle è tuttora un gruppo leader nell’applicazione di questo trattamento (tab.<br />
1) 1 . In sintesi, questo tipo di trapianto è stato utilizzato solo per terapie di salvataggio<br />
nelle fasi avanzate di malattia, ma ora, con il progresso tecnologico e l’aumentata<br />
<br />
1 Santos G. History of bone marrow transplantation. Clin Haem 1993.<br />
3
consapevolezza del bisogno di misure di supporto si è trasformato da procedura hightech,<br />
qual’era fino ai primi anni ottanta, a procedura definibile low-tech 2 .<br />
Tabella 1. Rappresentazione schematica delle tappe evolutive del TMO.<br />
Data Procedure di TMO<br />
1891<br />
1930<br />
Il midollo osseo viene usato come trattamento nutrizionale orale per i pazienti affetti<br />
da anemia.<br />
Viene effettuata un'infusione intramidollare ed endovenosa nel trattamento dei<br />
pazienti affetti da anemia.<br />
1940 Vengono effettuati studi sui danni midollari da radiazioni.<br />
1950<br />
1960<br />
Vengono studiate le alte dosi di chemio/radioterapia e la reazione di rigetto su malati<br />
con leucemia in fase avanzata.<br />
Iniziano studi che individuano la reazione immunologica provocata dall'antigeneanticorpo<br />
del midollo osseo, reazione di rigetto verso l'ospite (GvHD).<br />
Viene individuato l'antigene di istocompatibilita tipizzato sull'uomo.<br />
Aferesi degli emoderivati.<br />
Viene somministrata antibioticoterapia nel trattamento delle infezioni nel corso del<br />
trapianto di midollo e vengono sperimentate vane possibilità di trattamento con<br />
TMO di patologie maligne e non.<br />
1980 Cure ai pazienti nel periodo post-trapianto.<br />
Il trapianto di midollo osseo, per una parte significativa delle persone affette da<br />
leucemia o da altre patologie oncoematologiche è talora l’unica cura possibile. Più<br />
correttamente si dovrebbe parlare di trapianto di cellule staminali ematopoietiche in<br />
quanto il midollo osseo risulta costituito proprio da esse. Il trapianto, ossia la<br />
sostituzione di un organo irrimediabilmente ammalato con un altro proveniente da un<br />
soggetto sano, rappresenta una delle più grandi conquiste della medicina. Molte<br />
malattie, nel campo ematologico, insorgono perché le cellule staminali ematopoietiche<br />
(CSE), contenute nel midollo e responsabili della produzione di tutte le componenti<br />
corpuscolate del sangue, non funzionano o per un difetto intrinseco di natura ereditaria<br />
(come ad esempio nella talassemia) o perché colpite da un processo tumorale (come nel<br />
caso della leucemia). In molti di questi casi, la guarigione definitiva si può ottenere<br />
distruggendo il midollo colpito dal processo patologico per poi sostituirlo con uno<br />
proveniente da un soggetto sano, cioè sottoponendo il paziente ad un trapianto. Infatti se<br />
<br />
2 Thomas E. Progress in bone marrow transplantation. In Gale P. Champlin R. (eds). Bone marrow<br />
transplantation to the year2000. Alan R. Riss. New York 1997.<br />
4<br />
<br />
<br />
<br />
la terapia tradizionale mira a recuperare le cellule staminali normali residue, il TMO<br />
affronta più radicalmente il problema, mirando ad una sostituzione completa del<br />
patrimonio staminale (normale ed alterato).<br />
Il midollo osseo è un tessuto liquido, di colore rosso, localizzato negli spazi vuoti di<br />
alcune ossa, soprattutto nella cresta iliaca posteriore e in quantità minore nello sterno. Il<br />
liquido midollare, raccolto in sacche simili a quelle delle trasfusioni, viene poi<br />
trapiantato al ricevente tramite un’infusione endovenosa.<br />
A questo punto, le CSE contenute nel midollo del donatore, circolano nel sangue del<br />
ricevente per poi attecchire nelle sue cavità midollari e ricostruire un midollo “nuovo”,<br />
capace di generare un’eritropoiesi efficace priva di difetti genetici o di processi tumorali<br />
(fig. I) 3<br />
Figura I. Descrizione del TMO.<br />
<br />
3 Armitage JO. The history of autologous hematopoietic cell transplantation. In: Applebaum FR, Forman<br />
SJ, Negrin RS, Blume KG, eds. Thomas' Hematopoietic Cell Transplantation. Hoboken, NJ:<br />
Wiley-Blackwell 2009.<br />
5
1.2-TIPOLOGIE DI TMO: ALLOGENICO, SINGENICO E AUTOLOGO<br />
La dizione “trapianto di midollo osseo” è stata già da alcuni anni superata con quella più<br />
corretta di trapianto di cellule staminali emopoietiche (quando le cellule sono<br />
allogeniche) o infusione di cellule staminali emopoietiche (quando queste sono<br />
autologhe). Infatti, si deve alle poche CSE che si trovano nel midollo osseo il ripristino<br />
della cellularità midollare e la funzione emolinfopoietica dopo un trattamento<br />
citotossico mieloaplastizzante 4 .<br />
Le fonti di cellule staminali possono variare a seconda che il trapianto sia allogenico<br />
(donatore HLA compatibile o parzialmente compatibile), singenico (donatore gemello<br />
omozigote) oppure si consideri l’infusione di cellule staminali del paziente stesso<br />
(trapianto autologo).<br />
Nel TMO allogenico è di fondamentale importanza trovare un donatore compatibile.<br />
L’estremo polimorfismo del sistema HLA (sistema antigenico di istocompatibilità)<br />
viene ristretto nell’ambito familiare, dove esiste una identità HLA nel 25% dei fratelli.<br />
Di conseguenza solo 1 paziente su 4, in media, può avere la possibilità di essere avviato<br />
al TMO (fig. 2)<br />
Figura 2. Sorgenti di cellule staminali nel TMO allogenico.<br />
Negli ultimi anni si è tentato di superare l’ostacolo rappresentato dall’identità per questo<br />
sistema, avviando al TMO pazienti parzialmente HLA identici con i rispettivi donatori: i<br />
risultati sono accettabili nel caso in cui la disparità tra il donatore ed il ricevente sia<br />
limitata ad 1 solo antigene del sistema, più deludenti per diversità maggiori. Visto il<br />
grande polimorfismo del sistema, le probabilità per un paziente, di trovare un donatore<br />
<br />
4<br />
Copelan EA. Hematopoietic Stem-cell transplantation. N Engl J Med 2006.<br />
6<br />
<br />
<br />
<br />
identico al di fuori dell’ambito familiare, sono ridotte. Per rimediare a tale problematica<br />
sono state costituite in tutto il mondo “banche” di midollo osseo informatizzate,<br />
contenenti i risultati della tipizzazione HLA di centinaia di migliaia di potenziali<br />
donatori volontari e collegate fra loro. Perciò, in assenza di un donatore identico tra i<br />
consanguinei, per il paziente può essere attivata una ricerca informatizzata di un<br />
donatore HLA compatibile, che, qualora identificato e previa riconferma della<br />
compatibilità, può essere utilizzato per il trapianto 5 .<br />
Invece, il trapianto singenico viene effettuato tra fratelli gemelli mono-ovulari. È perciò<br />
intuibile come il numero di TMO singenici sia di gran lunga inferiore rispetto agli<br />
allogenici. La sorgente di cellule staminali utilizzate sono il midollo osseo o il sangue<br />
periferico. Data l’assoluta identità del sistema HLA del donatore e del ricevente, il<br />
TMO singenico non richiede alcun trattamento immunosoppressivo post-trapianto,<br />
quindi il decorso clinico è molto simile a quello dell’autotrapianto. Per quanto riguarda i<br />
vantaggi di tale tipologia di trapianto, rispetto agli altri due, sono nettamente superiori<br />
nelle patologie non maligne, mentre per quanto riguarda quelle neoplastiche, i benefici<br />
sono paragonabili al trapianto allogenico in virtù del fatto che viene a mancare l’effetto<br />
GvL.<br />
Il TMO autologo è infine indicato in pazienti portatori di neoplasia maligna chemioradiosensibile.<br />
Infatti questa procedura permette di somministrare al paziente un carico<br />
di farmaci citotossici (addizionato o meno a radiazioni ionizzanti) molto elevato (regime<br />
di condizionamento), definito “sovra massimale”, in quanto non consente il recupero<br />
ematologico spontaneo; il ripristino delle normali funzioni emopoietiche viene affidato,<br />
al termine della terapia, alla reinfusione di cellule staminali del paziente, in precedenza<br />
adeguatamente raccolte e conservate 6 . Dal punto di vista operativo,dopo aver stabilito<br />
l’indicazione all’infusione di cellule staminali autologhe, ne viene effettuata la raccolta;<br />
in seguito il paziente viene sottoposto al regime di condizionamento, al termine del<br />
quale, le cellule staminali precedentemente prelevate e criopreservate, vengono reinfuse<br />
attraverso una vena periferica o un catetere venoso centrale (CVC).<br />
<br />
5 Petersdorf EW, Hansen JA, Martin PJ, et al. Major-Histocompatibility-Complex class I alleles and<br />
antigens in hematopoietic-cell transplantation. N Engl J Med 2001.<br />
6 Ljungman P, Urbano-Ispizua A, Cavazzana-Calvo, Demirer, Dini G, Einsele H, et al. Allogeneic and<br />
autologous transplantation for haematological disease, solid tumors and immune disorders: definitions<br />
and current practice in Europe. Bone Marrow Transplant 2006.<br />
7
1.3-RACCOLTA DELLE CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE<br />
Le cellule staminali emopoietiche totipotenti, da cui hanno origine tutte le cellule del<br />
sangue adibite a compiti specifici (fig. 3), si trovano all’interno dello spazio midollare<br />
osseo e, in misura minore, nel sangue periferico.<br />
Figura 3. Fasi dell’emopoiesi.<br />
Entrambe queste sedi, si possono sfruttare come fonti di cellule staminali di midollo<br />
osseo insieme a quelle di cordone ombelicale, utilizzabili in trapianti midollari<br />
autologhi o allogenici.<br />
La raccolta di CSE può essere fatta utilizzando il midollo osseo, tessuto nel quale le<br />
cellule staminali rappresentano circa l’1-3% della cellularità totale. Durante l’espianto<br />
midollare (eseguito in anestesia generale o spinale), il paziente viene inizialmente<br />
sdraiato in posizione prona, in modo da poter aspirare il midollo dalle creste iliache<br />
posteriori. In alcuni donatori sani questa sede offre una quantità sufficiente di cellule<br />
midollari nucleate per il prelievo completo, per cui il soggetto non ha bisogno di essere<br />
girato mentre si trova sotto anestesia. Dopo aver disinfettato il campo operatorio, il<br />
paziente viene scoperto, in modo da esporre le spine iliache posteriori e la parte laterale<br />
della cresta iliaca, così da poter aspirare il midollo osseo simultaneamente dalle due<br />
creste. Si possono eseguire diverse penetrazioni della corteccia ossea, attraverso un<br />
8<br />
<br />
<br />
<br />
unico foro nella cute tirando la pelle verso un lato o l’altro e riducendo così al minimo il<br />
trauma e la formazione di lesioni cicatriziali (fig.4).<br />
Normalmente almeno due terzi della raccolta di midollo si possono ottenere dalle creste<br />
iliache.<br />
Figura 4. Procedura di espianto midollare.<br />
Il volume di midollo aspirato da ciascun lato non deve generalmente superare i 10 ml:<br />
in genere, minore è il volume aspirato da ciascun lato, più ricca è la conta delle cellule<br />
formanti colonie, con meno emodiluizione. Una volta completata l'aspirazione dalle<br />
creste iliache superiori, il paziente viene girato e si esegue l'aspirazione a livello delle<br />
creste iliache anteriori e dallo sterno, se necessario. Per le aspirazioni sternali si devono<br />
usare aghi con custodie, per evitare una perforazione allo sterno. Nel caso di pazienti<br />
candidati ad autotrapianto si deve, inoltre, far attenzione a non danneggiare i cateteri<br />
venosi centrali che possono essere stati collocati in prossimità della linea mediana. Le<br />
siringhe contenenti le quote di midollo osseo aspirate, vengono svuotate nella sacca di<br />
trasferimento attraverso un rubinetto a tre vie; la sacca di tanto in tanto viene compressa,<br />
per assicurarsi che il midollo si mescoli all'anticoagulante. Si può conoscere il<br />
volume totale di midollo aspirato se, ogni volta che viene completata una aspirazione<br />
midollare, gli operatori ne dichiarano il volume. In alternativa la sacca si può pesare: un<br />
grammo di midollo equivale a un millilitro. La dose di midollo per prelievo è<br />
solitamente espressa come numero di cellule nucleate per kg di peso corporeo del<br />
ricevente (in pratica, è uguale a un volume di 10-15 ml/kg di peso corporeo). In caso di<br />
9
non corrispondenza di HLA tra donatore e ricevente, o se è necessario un trattamento<br />
del midollo in laboratorio, si deve raccogliere un numero maggiore di cellule dal<br />
donatore. Per esempio, il purging (2) solitamente rende necessario aumentare più del<br />
doppio il numero delle cellule da raccogliere. La quantità di cellule nucleate midollari<br />
sufficienti a ripopolare il midollo osseo, è mediamente 2,0 x 10 8 /kg di peso corporeo<br />
del paziente, corrispondente a circa 8-9 x 10 4 CFU-GM/kg 7 .<br />
In alternativa può essere utilizzato il sangue periferico, una volta che le cellule staminali<br />
midollari siano state “mobilizzate” in circolo (fig.5), dato che la quota di quelle<br />
circolanti nel sangue è quasi irrilevante in condizioni di omeostasi e risulterebbe perciò<br />
improbabile, raccoglierne una quota adeguata; è pertanto necessaria la<br />
somministrazione di fattori di crescita prima di procedere alla leucoaferesi, procedura<br />
già da alcuni anni applicata presso molti centri per la raccolta di progenitori emopoietici<br />
circolanti (indicata in pazienti sottoposti a chemioterapia nel corso di TMO autologo).<br />
Figura 5. Mobilizzazione delle CSE in circolo.<br />
È attualmente possibile applicare tale procedura a soggetti sani donatori di midollo, per<br />
effettuare un trapianto allogenico e/o per potenziarne uno già in corso o come 2 o<br />
trapianto in caso di ripresa di malattia oppure di mancato attecchimento. Normalmente i<br />
progenitori emopoietici circolanti risiedono nel midollo osseo e solo in particolari<br />
circostanze possono essere presenti anche nel sangue periferico: dopo una<br />
<br />
7<br />
Miriam Magri. Assistenza infermieristica in oncologia: linee guida, procedure e protocolli di assistenza<br />
II edizione. Elsevier Masson 2007.<br />
10<br />
<br />
<br />
<br />
chemioterapia ad alte dosi o dopo la somministrazione di "fattori di crescita", da<br />
qualche anno disponibili anche in commercio come formulazione farmaceutica.<br />
Questi hanno la proprietà di rendere più rapida la crescita delle cellule staminali e di<br />
facilitarne il passaggio nel sangue periferico, anche se la stimolazione che producono<br />
nel midollo osseo può provocare alcuni disturbi (solitamente di entità lieve o moderata e<br />
ben controllabili con comuni antidolorifici).<br />
I disturbi più comunemente avvertiti sono: febbricola o febbre, cefalea, dolori ossei di<br />
diversa entità localizzati soprattutto al bacino, alla schiena e agli arti, senso di<br />
affaticamento, talora iporessia. Tali disturbi scompaiono rapidamente alla sospensione<br />
del trattamento e non lasciano sequele 8 .<br />
In un soggetto sano l'effetto di questi farmaci diventa visibile dopo 4-5 giorni di<br />
trattamento: è questo il momento previsto per la raccolta. Si tratta di una procedura in<br />
genere molto ben tollerata, che non richiede nessun tipo di anestesia. I moderni<br />
separatori cellulari utilizzati prevedono circuiti e materiali rigorosamente sterili nonché<br />
monouso e richiedono per il funzionamento ottimale due accessi vascolari, dalle due<br />
braccia: il sangue viene prelevato da un braccio, attraverso il circuito entra in una<br />
centrifuga, dove la componente cellulare che interessa viene isolata e poi raccolta in una<br />
sacca apposita, mentre il resto del sangue viene reinfuso dal braccio opposto. In caso di<br />
unico accesso vascolare, le fasi di prelievo e di reinfusione avvengono alternativamente<br />
sullo stesso braccio (fig. 6).<br />
Per tutta la procedura, che ha una durata di circa 3-4 ore, il sangue che entra nel<br />
separatore non deve coagulare perciò viene continuamente infuso un anticoagulante<br />
(ACD). Dato che il volume di ACD utilizzato è notevole (800-1000 mL in 3-4 ore),<br />
possono talora verificarsi lievi disturbi, dovuti al fatto che tale sostanza riduce la<br />
concentrazione di Calcio nel sangue: il paziente potrà avvertire formicolii soprattutto<br />
alle dita e al volto, lievi contrazioni muscolari e vago senso di nausea (risolvibili con<br />
somministrazioni di calcio).<br />
Per raccogliere la quantità desiderata di progenitori emopoietici circolanti sono<br />
necessarie 2 o 3 sedute che si effettuano in giorni consecutivi. Per tutta la durata della<br />
procedura un Infermiere e il Medico responsabile delle aferesi terapeutiche ne<br />
<br />
8 Ozer H, Armitage JO, Bennett CL, et al. Update of recommendations for the use of hematopoietic<br />
colony stimulating factors: evidencebased, clinical practice guidelines. J Clin Oncol 2000.<br />
11
sorveglieranno l'andamento e lo stato di salute del donatore in modo da cogliere<br />
tempestivamente i segni precoci di comparsa di ogni eventuale disturbo 9 .<br />
Figura 6. Raccolta di CSE dal sangue periferico tramite un separatore cellulare.<br />
La difficoltà a reperire per alcuni pazienti un donatore o la necessità di un intervento<br />
terapeutico rapido hanno spinto a ricercare delle fonti alternative di CSE. Già nel 1974<br />
era stato osservato che nel sangue cordonale erano presenti cellule staminali<br />
emopoietiche. Da tale osservazione sono scaturiti una serie di studi e sperimentazioni,<br />
prima su animali da laboratorio e poi sull’uomo, che hanno confermato la possibilità di<br />
utilizzare il sangue cordonale come fonte alternativa di progenitori emopoietici a scopo<br />
trapiantologico.<br />
Il prelievo di sangue cordonale avviene, senza alcun rischio per la mamma o per il<br />
bambino, al termine del parto, poco prima del secondamento, quando il bambino è nato<br />
ed il cordone è già stato reciso (fig.7).<br />
Figura 7. Procedura di prelievo del sangue cordonale.<br />
<br />
9 Jagasia MH, Greer JP, Morgan DS, Mineishi S, Kassim AA, Ruffner KL, et al. Pegfilgrastim after highdose<br />
chemotherapy and autologous peripheral blood stem cell transplant: phase II study. Bone Marrow<br />
Transplant 2005.<br />
12<br />
<br />
<br />
<br />
Dopo il taglio del cordone ombelicale, un operatore esperto preleva con un ago dalla<br />
vena ombelicale il sangue rimasto nel cordone e nella placenta, che poi viene raccolto in<br />
una sacca sterile. Per essere utilizzabile a fini trapiantologici, la quantità di sangue<br />
prelevato deve essere di almeno 60 ml. L’unità raccolta viene inviata alla “Banca del<br />
Sangue del Cordone" presso la quale, nelle 24 ore successive si procede, secondo<br />
standard di qualità prestabiliti, all’effettuazione di una serie di test di qualificazione<br />
biologica e controlli microbiologici di sterilità. Se valutata idonea, l’unità viene<br />
congelata e conservata in speciali contenitori in azoto liquido a -196°C (fig.8) ed i<br />
relativi dati vengono inseriti nel Registro Internazionale delle Banche di Sangue di<br />
Cordone Ombelicale 10 .<br />
Figura 8. Criopreservazione delle CSE nei contenitori di azoto liquido.<br />
Dopo sei mesi la neo-mamma viene sottoposta a un esame di controllo che non è altro<br />
che un prelievo di sangue necessario per garantire la sicurezza del cordone donato, ed<br />
inoltre, deve fornire un certificato del pediatra che attesti lo stato di salute del bambino.<br />
Il sangue cordonale raccolto, consente così di impiegare fruttuosamente un elemento<br />
biologico considerato "a perdere" eliminando al tempo stesso tutte le problematiche relative<br />
al prelievo d'organo.<br />
<br />
10<br />
Ibatici A, et al. Direct intra-bone marrow transplant of cord blood cells: a way to overcome delayed<br />
engratment. Blood 2006.<br />
13
La relativa immaturità immunologica delle cellule cordonali, consente di superare le<br />
tradizionali barriere di compatibilità, permettendo di effettuare il trapianto anche tra<br />
soggetti non perfettamente HLA-identici, con una riduzione di complicanze come il<br />
rigetto e la GvHD acuta e cronica. La possibilità di effettuare trapianti con cellule<br />
staminali di cordone ombelicale ha indotto la costituzione di vere e proprie "banche"<br />
dove vengono conservate le unità di sangue cordonale raccolte. Il numero delle banche è<br />
aumentato in questi ultimi anni in maniera esponenziale. Nonostante una serie di<br />
vantaggi, sia di tipo organizzativo che biologico, legati all'uso di cellule staminali<br />
emopoietiche da sangue cordonale (facile reperibilità, maggiore rapidità<br />
nell'identificazione di un donatore, possibilità di reperire donatori per pazienti<br />
appartenenti a minoranze etniche poco rappresentate nei registri di donatori adulti,<br />
possibilità di effettuare trapianti anche in caso di non completa compatibilità tra<br />
donatore e ricevente, minore severità di complicanze immunologiche, minor rischio di<br />
trasmissione di malattie infettive), sono stati osservati alcuni svantaggi, tra cui il più<br />
importante è rappresentato dal numero delle cellule staminali emopoietiche disponibili<br />
in ogni singola unità. Infatti, nonostante l'elevata concentrazione di progenitori<br />
emopoietici cordonali e la loro maggiore capacità proliferativa rispetto a quelli di<br />
origine midollare, il numero assoluto di queste cellule è estremamente più bassa rispetto<br />
al midollo osseo (in esso le cellule staminali emopoietiche - denominate CD34 - sono<br />
presenti in una percentuale che varia dall'1 al 3%, nel sangue cordonale la percentuale è<br />
solo dello 0,51%), con un conseguente recupero midollare più lento rispetto al midollo<br />
(25 giorni contro 19 per i neutrofili e 59 giorni contro i 27 per piastrine). Questo ha<br />
inoltre fatto si che per molto tempo l'uso di queste cellule, come fonte alternativa di<br />
progenitori emopoietici, fosse limitato quasi esclusivamente al trattamento di pazienti<br />
pediatrici. Infatti, dal momento che la maggior parte degli studi fino ad oggi condotti ha<br />
dimostrato che, il parametro più importante che si correla alla sopravvivenza globale dei<br />
pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali di sangue cordonale, è rappresentato<br />
dalla dose cellulare infusa (che viene calcolata in base al peso del paziente), è ovvio che<br />
questo tipo di trattamento terapeutico sia riservato soprattutto a pazienti pediatrici o<br />
adulti con un peso corporeo non superiore ai 50 Kg 11 .<br />
<br />
11<br />
Sanz GF, Saavedra S, Planelles D, et al. Standardized unrelated donor cord blood transplantation in<br />
adults with hematologic malignancies. Blood 2001.<br />
14<br />
<br />
<br />
<br />
Spiegate le varie tipologie di trapianti e le diverse procedure di raccolta delle CSE,<br />
verranno descritte in seguito (capitolo 3), in maniera più dettagliata, le varie fasi<br />
attraverso le quali si espleta il TMO, al fine di rendere la trattazione di questo<br />
argomento, via via sempre più chiara. Nel prossimo capitolo verranno invece<br />
approfondite le patologie maggiormente eleggibili alla procedura del trapianto.<br />
15
CAPITOLO 2<br />
PRINCIPALI PATOLOGIE INDICATE AL TMO<br />
Le affezioni ematologiche maligne hanno rappresentato l’indicazione principale al<br />
trapianto di midollo osseo, che sembra essere ad oggi l’unica procedura capace di<br />
ottenere una lunga fase di remissione e/o stabilità della patologia ed in qualche caso<br />
persino una completa guarigione, altrimenti difficilmente raggiungibile con la terapia<br />
tradizionale. E’ bene precisare che, il TMO trova impiego nella cura di un numero<br />
considerevole di malattie, ma verranno descritte solamente quelle di maggior interesse;<br />
tutte le altre saranno comunque elencate qui di seguito, in una tabella riassuntiva<br />
(tab.2).<br />
Tabella 2.Indicazioni per il trapianto di midollo osseo.<br />
PATOLOGIE MALIGNE PATOLOGIE NON MALIGNE<br />
LEUCEMIE<br />
SINDROME DA INSUFFICIENZA<br />
MIDOLLARE<br />
Leucemie mieloidi acute Anemia aplastica grave<br />
Leucemia mieloide cronica<br />
Aplasia midollare (es.aplasia di<br />
Fanconi)<br />
Leucemie linfoidi acute STATI DI IMMUNODEFICIENZA<br />
Leucemia linfoide cronica EMOGLOBINOPATIE<br />
DISTURBI LINFOPROLIFERATIVI Alcune anemie falciformi<br />
Linfomi di Hodgkin e non Hodgkin Sindrome talassemica<br />
Mieloma multiplo<br />
DISTURBI GENETICI NON<br />
EMATOLOGICI<br />
TUMORI SOLIDI Mucopolisaccaridosi, ecc<br />
Chemio e radio sensibili Glicogenosi<br />
16<br />
<br />
<br />
<br />
2.1-LEUCEMIE MIELOIDI<br />
Le leucemie sono malattie che hanno origine da una cellula staminale o da una cellula<br />
multipotente, già in parte orientata verso una produzione cellulare. La trasformazione<br />
neoplastica altera i meccanismi che regolano la proliferazione e la differenziazione della<br />
cellula staminale, impedendo la maturazione della sua progenie. Ne consegue un<br />
accumulo, primariamente nel midollo osseo e poi nel sangue periferico e in altri organi<br />
e tessuti, di cellule blastiche che proliferano autonomamente.<br />
Le leucemie mieloidi si suddividono in acute e croniche.<br />
LEUCEMIE MIELOIDI ACUTE (LAM)<br />
Insorgono ad ogni età, ma la loro frequenza aumenta considerevolmente con il passare<br />
degli anni (età media 60-65 anni).<br />
È importante distinguere le LAM, sul piano biologico, clinico e prognostico, in tre<br />
grandi categorie:<br />
LAM “primarie” o “de novo”, che compaiono acutamente in soggetti per i quali<br />
non è dimostrabile un’esposizione significativa ad agenti leucemogeni;<br />
LAM “secondarie ad esposizione nota ad agenti leucemogeni”, tra cui le<br />
leucemie che insorgono come secondo tumore nei soggetti precedentemente<br />
trattati con chemioterapia e/o radiazioni ionizzanti per una precedente neoplasia;<br />
LAM “ secondarie ad una precedente sindrome mielodisplastica”, della quale<br />
costituiscono l’evoluzione.<br />
Le leucemie che insorgono “de novo” hanno prognosi migliore rispetto alle leucemie<br />
acute “secondarie”, che presentano estese e marcate alterazioni cromosomiche, multiple<br />
e complesse (fig.9).<br />
Il quadro clinico delle LAM è caratterizzato da un’insufficiente e difettiva produzione<br />
di cellule ematiche mature, quali eritrociti (anemia), granulociti neutrofili (riduzione<br />
delle difese immunitarie) e piastrine (piastrinopenia), nonché da un’infiltrazione dei<br />
tessuti e degli organi non ematopoietici ad opera delle cellule leucemiche<br />
(organomegalia, danno funzionale), che insieme alle cellule del sistema linfatico e<br />
monocito-macrofagico, liberano citochine (febbre, dolori, calo ponderale e sudorazioni<br />
profuse).<br />
17
La diagnosi si esegue esaminando il sangue periferico (formula leucocitaria) e il<br />
midollo osseo [biopsia ossea, aspirato midollare (fig. 10)].<br />
Figura 9. Diagnosi di leucemia mieloide acuta.<br />
Figura 10. Procedura di biopsia ossea.<br />
La terapia delle LAM si basa sulla somministrazione di agenti citotossici (citosina<br />
arabinoside, antracicline) con la finalità di ridurre ai minimi termini e, possibilmente, di<br />
eradicare la popolazione leucemica, consentendo alle cellule staminali normali residue<br />
di ripopolare il midollo.<br />
Il TMO autologo è efficace in casi che hanno ottenuto una remissione da almeno sei<br />
mesi, senza troppe complicazioni, che non abbiano più di 55-60 anni.<br />
Il trapianto allogenico a condizionamento standard è attuabile in casi che abbiano un<br />
donatore consanguineo compatibile, con un coefficiente globale di mortalità e<br />
fallimento che aumenta con l’età fino ai 55 anni (limite massimo).<br />
LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA (LMC)<br />
La leucemia mieloide cronica è l’oncoemopatia a carico della cellula staminale<br />
totipotente, che si trasforma in cellula leucemica attraverso l’induzione di un’anomalia<br />
genetica da parte di radiazioni ionizzanti, tossici industriali, ecc (fig.11).<br />
I sintomi dipendono dall’espansione della massa granulocitaria e piastrinica (tensione<br />
addominale, sazietà, leucocitosi, piastrinosi, ecc), o dall’anemizzazione e da<br />
manifestazioni aspecifiche (astenia, calo ponderale, piressia, dolori ossei e muscolari,<br />
sudorazioni profuse notturne). L’esame emocromocitometrico e morfologico del sangue<br />
periferico è fondamentale per l’orientamento diagnostico: esso mostra una leucocitosi<br />
18<br />
<br />
<br />
<br />
variabile da 10.000 leucociti per mm 3 a centinaia di migliaia. L’esame citologico (per<br />
aspirato) e istologico (per biopsia) del midollo osseo, mostrano un quadro di marcata<br />
ipercellularità con iperplasia di tutta la granulopoiesi e, in molti casi, anche della<br />
megacariocitopoiesi. La diagnosi deve però obbligatoriamente includere la<br />
dimostrazione della traslocazione cromosomica t(9;22) e/o molecolare (riarrangiamento<br />
Bcr/Abl) caratteristica della malattia.<br />
Figura 11. Cellula leucemica di tipo mieloide cronico.<br />
La terapia della LMC può essere fatta con farmaci antiblastici, con interferone e con il<br />
trapianto di midollo osseo allogenico. Quando è trattata con interferone , la<br />
sopravvivenza media è uguale o superiore a 6 anni; quando invece è curata con il TMO<br />
allogenico, il 60% dei pazienti guarisce e la sopravvivenza è limitata quasi<br />
esclusivamente dalla mortalità legata al trapianto stesso.<br />
19
2.2-LEUCEMIE LINFOIDI<br />
LEUCEMIE LINFOIDI ACUTE (LAL)<br />
Originano dai precursori dei linfociti T o B, o dalle cellule staminali totipotenti. La<br />
trasformazione leucemica genera una progenie di linfoblasti leucemici che sostituiscono<br />
il midollo emopoietico, circolano nel sangue periferico ed infiltrano organi e tessuti<br />
linfoidi e non (linfonodi, fegato, SNC, testicoli, ossa). Le LAL sono più frequenti nei<br />
bambini e rappresentano le malattie tumorali più consuete nell’età pediatrica (fig.12)<br />
Figura 12. Diagnosi di leucemia linfoide acuta.<br />
Le basi fisiopatologiche sono caratterizzate da una soppressione dell’emopoiesi normale<br />
con conseguenti anemia, granulocitopenia e piastrinopenia (sindrome da insufficienza<br />
midollare). Il quadro d’esordio più comune è costituito (come in tutte le leucemie<br />
acute), da rapida anemizzazione, infezioni, piressia e sindrome emorragica (porpora,<br />
ecchimosi, epistassi, gengivorragia).<br />
Un’altra manifestazione è l’infiltrazione e la colonizzazione di organi linfoidi e non, con<br />
conseguente “sindrome da massa tumorale” (anemia ed astenia, splenoepatomegalia,<br />
interessamento linfonodale multiplo e simmetrico, impegno mediastinico). Le cellule<br />
leucemiche possono infiltrare sedi di difficile accesso per la terapia “santuari”, come il<br />
SNC o i testicoli; la localizzazione nel SNC può essere asintomatica (svelata solo dalla<br />
rachicentesi esplorativa) o sintomatica, con ipertensione endocranica e/o paralisi di più<br />
nervi cranici; l’interessamento testicolare può invece manifestarsi con tumefazione del<br />
testicolo più o meno dolorosa.<br />
20<br />
<br />
<br />
<br />
Infine, una sintomatologia più frequente nel bambino è data dalla liberazioni di<br />
linfochine e mediatori dell’infiammazione, ad opera di cellule leucemiche e normali<br />
(“sindrome da accesso di linfochine”, con febbricola o febbre, dolori ossei, muscolari ed<br />
articolari, sudorazione profusa).<br />
L’esame morfologico dello striscio di sangue periferico, dell’aspirato midollare e a<br />
volte della biopsia ossea, sono necessari per la diagnosi. La diagnosi morfologica deve<br />
essere associata ad una diagnosi immunofenotipica, basata sul riconoscimento (con<br />
anticorpi monoclonali) delle caratteristiche del fenotipo dominante della popolazione<br />
leucemica. Infine è necessaria una diagnosi cariotipica (poiché le alterazioni<br />
cromosomiche nelle LAL sono frequenti e importanti per guidare meglio la terapia), che<br />
và adeguata ai fattori di rischio non solo in base alla diagnosi, ma anche in base alla<br />
risposta della terapia di induzione.<br />
Il solo fatto di essere adulto deve essere considerato un alto rischio, per cui, il trapianto<br />
allogenico (da donatore familiare identico o da UVD) costituisce, al momento attuale, la<br />
prima scelta terapeutica. Per i casi ad alto rischio privi di donatore, è consigliabile un<br />
approccio intensificato, applicando l’autotrapianto di cellule staminali come “inserto”<br />
tra consolidamento e mantenimento.<br />
LEUCEMIA LINFOIDE CRONICA (LLC)<br />
È una neoplasia ematologica caratterizzata, nel 98% dei casi, dalla proliferazione e<br />
dall’accumulo nel sangue, midollo e tessuti linfatici, di piccoli linfociti apparentemente<br />
maturi di origine B-linfocitaria (fig.13).<br />
Figura 13. Neoplasia ematologica caratterizzata dall’accumulo di linfociti B.<br />
21
Dal punto di vista patogenetico, nelle LLC-B si assiste ad un progressivo accumulo di<br />
linfociti leucemici arrestati in Go-G1 scarsamente proliferanti, funzionalmente<br />
incompetenti, con prolungata sopravvivenza (anche di anni) in circolo,dovuta<br />
all’inibizione apoptotica generata da un’iperespressione del gene Bcl-2.<br />
L’evento leucemogeno colpisce, con molta probabilità, il linfocita B in uno stadio di<br />
precoce maturazione, che comporta l’espressione di immunoglobuline di superficie a<br />
bassa densità di tipo IgM e/o IgD. Il clone neoplastico che ne deriva è, pertanto,<br />
composto da una popolazione di linfociti aventi catene leggere del medesimo isotipo.<br />
Questa patologia è estremamente frequente negli individui di razza bianca con<br />
un’incidenza pari del 25% di tutte le leucemie e, tra le croniche, è il tipo più<br />
comunemente rappresentato; è una malattia esclusiva dell’adulto-anziano (età media 63<br />
anni).<br />
L’esordio più tipico è quello caratterizzato dall’aumento volumetrico dei linfonodi di<br />
tutte le stazioni linfoghiandolari superficiali. I linfonodi sono quasi sempre indolenti, di<br />
consistenza non dura, mobili sui piani superficiali e profondi. Frequenti sono<br />
l’epatomegalia e/o la splenomegalia. In un numero ridotto, ma non trascurabile di casi,<br />
la malattia esordisce con sintomi e segni dello scompenso mieloide (anemia e/o<br />
piastrinopenia o addirittura anemia emolitica autoimmune). Altri sintomi sono<br />
malessere, affaticamento, sudorazione, febbre associata ad infezioni sia batteriche che<br />
minormente da neutropenia.<br />
L’emogramma, la biopsia midollare e lo studio immunologico del fenotipo di<br />
membrana, sono le indagini laboratoristiche essenziali per la diagnosi, che si basa sul<br />
riscontro di una linfocitosi periferica superiore a 8-10.000/mm 3 e un’infiltrazione<br />
linfoide midollare superiore al 30%.<br />
Per la scelta della terapia è necessario tenere conto dell’età del paziente, dello stadio<br />
della malattia e dell’attività della stessa, che può essere indolente o aggressiva.<br />
In generale, l’obiettivo terapeutico di contenere la malattia è facilmente ottenibile<br />
mediante la somministrazione di chlorambucil e cortisone a dosi variabili, e nei casi<br />
meno responsivi, di polichemioterapici o di farmaci tipo fludarabina.<br />
Infine, in pazienti giovani, con LLC particolarmente aggressiva in stadio avanzato è<br />
giustificato l’impiego di protocolli polichemioterapici altamente citotossici, finalizzati<br />
22<br />
<br />
<br />
<br />
all’eradicazione della malattia. In quest’ottica trova indicazione, in pazienti selezionati,<br />
il TMO allogenico e autologo dopo opportuno “purging”.<br />
Meritano, in ultima analisi, di essere citati i trattamenti palliativi come la radioterapia, la<br />
linfocito-aferesi e la splenectomia, che possono rivelarsi utili in certe situazioni<br />
particolari.<br />
23
2.3-LINFOMI<br />
Per linfoma s’intende l’aumento volumetrico degli organi linfoidi primari e secondari e<br />
prevalentemente dei linfonodi, dovuto ad un processo neoplastico. Linfociti, istiociti e<br />
cellule dendritiche possono essere di volta in volta le cellule interessate dall’evento<br />
tumorale.<br />
La classificazione REAL (Revised European-American Lymphoma) si articola in 4<br />
categorie principali: le neoplasie di derivazione linfocitaria B, i tumori dell’asse<br />
linfocitario T, la malattia di Hodgkin e le forme inclassificabili. Adottata come modello<br />
non solo per l’ordinamento delle neoplasie linfoidi, ma anche dei tumori mieloidi ed<br />
istiocitari nel novembre del 1997, propone un approccio classificativo riconosciuto a<br />
livello internazionale.<br />
I linfomi vengono distinti in linfoma o malattia di Hodgkin e linfomi non Hodgkin:<br />
LINFOMA DI HODGKIN (LH).<br />
L’EBV (Epstein Barr virus) svolge un ruolo importante nella genesi del processo, ma è<br />
probabile che l’evento trasformante richieda il concomitare o il susseguirsi di altri<br />
fattori, quali l’espressione di bcl-2 e di p53. La sede d’esordio è quasi sempre<br />
linfonodale, le aree più frequentemente colpite si trovano lungo il decorso e le<br />
diramazioni del dotto toracico (tratto lomboaortico, mediastino, fosse sopraclaveari). La<br />
diffusione della malattia avviene per continuità, per via linfatica e solo tardivamente per<br />
via ematica.<br />
Il LH interessa tutte le età, con frequenza massima tra i 15 e i 30 anni. Più del 50% dei<br />
pazienti si presenta senza sintomi clinici, denunciando la comparsa di una tumefazione<br />
linfonodale superficiale, più spesso sopraclaveare o laterocervicale. Quando esordisce<br />
senza sintomi, viene definito “varietà A”, se invece sono presenti uno o più sintomi<br />
(piressia ondulante remittente o continua, sudorazioni notturne profuse, calo ponderale,<br />
prurito) è chiamato “varietà B”.<br />
Tra le indagini di laboratorio utili e di semplice esecuzione ricordiamo la VES,<br />
generalmente aumentata nei pazienti con varietà clinica B, ma normale in A.<br />
L’emogramma non è caratteristicamente alterato, ma può evidenziare una modesta<br />
anemia normo-ipocromica e una leucocitosi neutrofila. La diagnosi non può prescindere<br />
24<br />
<br />
<br />
<br />
dall’esame istologico, praticato in genere su un linfonodo, che deve dare riscontro di<br />
cellule di Reed-Stemberg per essere confermata (fig.14).<br />
Figura 14. Diagnosi del linfoma di Hodgkin.<br />
La radioterapia trova indicazione nei pazienti considerati a “rischio standard”, e viene<br />
generalmente applicata su tutte le stazioni linfonodali sopradiaframmatiche (mantellina:<br />
mediastino, collo e ascelle) o sotto diaframmatiche (Y rovesciata: linfonodi lombo<br />
aortici, dell’ilo splenico, iliaci ed inguino-femorali) o su entrambe (TBI).<br />
La polichemioterapia si basa su diverse associazioni di farmaci antiblastici, ed è indicata<br />
in pazienti con LH ad “alto rischio” o in fase avanzata; la combinazione di chemio e<br />
radioterapia si impiega invece nelle forme “bulky” (malattia localmente molto estesa) a<br />
livello mediastinico.<br />
Il TMO autologo viene effettuato in pazienti con remissione completa che all’esordio<br />
presentavano caratteristiche prognosticamente sfavorevoli o in pazienti con ricadute a<br />
breve termine dalla remissione o, infine, in quei pazienti che in fase di induzione<br />
mostrano una scarsa risposta alla terapia di prima linea.<br />
LINFOMI NON HODGKIN (LNH)<br />
Sono processi neoplastici che tendono a riprodurre le caratteristiche morfologiche,<br />
fenotiche, genotipiche e, talora, funzionali di una o più tappe dei processi di<br />
maturazione e di trasformazione degli elementi linfoidi. I linfociti interessati al processo<br />
neoplastico possono esprimere il fenotipo di membrana B (più spesso) o T (fig.15 e 16).<br />
I LNH rappresentano in occidente,circa il 3% di tutti i tumori maligni con una incidenza<br />
globale di circa 10 nuovi casi/100.000 abitanti/anno.<br />
25
Figura 15 e 16. Stazioni linfonodali colpite da linfoma non Hodgkin.<br />
Quelli a basso grado di aggressività (indolenti) colpiscono soprattutto gli adulti (età<br />
media 55-60 anni), mentre quelli ad alto grado di aggressività possono interessare tutte<br />
le età, con maggiore incidenza nella 3 a e 4 a decade.<br />
Nella maggior parte dei casi esordiscono coinvolgendo sia multiple stazioni linfonodali,<br />
sia la milza, il midollo osseo ed altre sedi extra-nodali .<br />
La sintomatologia generale (piressia, prurito, sudorazioni, calo ponderale) interessa solo<br />
il 10-20% dei pazienti in fase iniziale; questi sintomi sono propri delle forme più<br />
aggressive di tutte le fasi terminali, accompagnate da tumefazione del linfonodo in una<br />
o, più spesso, diverse stazioni linfatiche superficiali e/o profonde in genere simmetriche.<br />
In quelli ad alto grado di aggressività sono presenti fin dall’esordio adenomegalie<br />
superficiali e/o profonde, meno frequentemente epatosplenomegalia. La diffusione è<br />
precoce per via ematica e per via linfatica, per cui oltre il 50% dei pazienti arriva alla<br />
diagnosi già al IV stadio.<br />
La radioterapia nell’ambito degli LNH indolenti viene utilizzata nei pazienti in I-II<br />
stadio, allo stesso modo è la terapia di prima linea in quelli ad alto grado in stadio I<br />
senza “bulky”. Nelle varianti aggressive con stadio superiore al I, la strategia<br />
terapeutica si avvale di protocolli di polichemioterapia citotossici aggressivi (1 a ,2 a ,3 a<br />
generazione). Anche i pazienti giovani con LNH indolente in fase avanzata (stadi II-<br />
IV), devono essere trattati con un programma eradicante polichemioterapico. I pazienti<br />
26<br />
<br />
<br />
<br />
anziani con malattia disseminata vengono trattati con monochemioterapia associata o<br />
non a radioterapia, con l’unico intento di contenere il più possibile l’espansione della<br />
malattia, più che eradicarla. Recenti protocolli terapeutici con Rituximab, si sono<br />
rivelati molto utili nel trattamento (in regime di monochemioterapia) dei LNH indolenti<br />
ed aggressivi, in fase di recidiva o refrattari. Il TMO autologo viene utilizzato nelle<br />
forme ad alto grado di aggressività (come nei linfomi di Hodgkin), nei pazienti in<br />
remissione completa che, all’esordio, presentavano caratteristiche sfavorevoli, in<br />
pazienti che ricadono in tempi brevi e, soprattutto, in pazienti che durante la fase di<br />
induzione mostrano scarsa o lenta risposta alla terapia di prima linea. 12,13,14,15,16,17<br />
<br />
12<br />
A. Chiappella, A. D’Alessio, R. Freilone, F. Iuliano, G. Marotta. Percorsi clinici in ematologia.<br />
Elsevier 2008.<br />
13 S. Tura. Lezioni di ematologia VI edizione. Esculapio 2003.<br />
14 V. Sermonti, U. Recine. Ematologia pratica II edizione. EMSI 2004.<br />
15 P. Corradini, R. Foà. Manuale di ematologia. Minerva Medica 2008.<br />
16<br />
E. Pauleau. Syndrome myelodysdisplasique et leucemie aigue secondaires au traitement par<br />
fludarabine: a propos de deux cas. 2000.<br />
17 A. Verdier. Les inhibiteurs des tyrosine-kinases dans les hémopathies malignes: étude d'Imatinib<br />
(Glivec r) dans le traitement de la leucemie myéloïde chronique au CHU de Dijon. 2003.<br />
27
CAPITOLO 3<br />
LE FASI DEL TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO<br />
Per effettuare il trapianto è necessario innanzitutto che il paziente venga dichiarato<br />
idoneo, mediante una serie di accertamenti che seguono un iter ben preciso. In seguito,<br />
il soggetto è sottoposto ad una sequenza ben codificata di fasi dal punto di vista clinico<br />
e biologico, che termina alla completa ricostituzione di elementi ematologici privi di<br />
alterazioni genetiche o trasformazioni neoplastiche.<br />
3.1-ACCERTAMENTI ATTESTANTI L’IDONEITA’<br />
Il tempo indicativo dall'ingresso in ospedale al trapianto è di circa due settimane.<br />
Idealmente, perché il trapianto possa essere considerato come una terapia appropriata, il<br />
paziente dovrebbe essere in remissione dalla propria malattia, anche se a tale regola<br />
possono esservi alcune eccezioni.<br />
Prima dell' ingresso in ospedale il paziente viene sottoposto ad accertamenti volti a<br />
determinarne la condizione fisica generale e lo stato psichico, per stabilire così se<br />
esistono i presupposti necessari a permettere l'esecuzione del trapianto e le terapie<br />
correlate. In particolare il paziente viene sottoposto ad aspirazione e biopsia del<br />
midollo, esami radiologici (radiografia del torace ed eventuali indagini TAC), esami del<br />
sangue, prove di funzionalità respiratoria, elettrocardiogramma ed ecocardiogramma. Al<br />
fine di ridurre al minimo il rischio di sviluppare infezioni nel decorso post-trapianto,<br />
viene inoltre eseguita un'accurata indagine odontostomatologica con le terapie del caso<br />
(pulizia dei denti, cura delle carie ed eventuale avulsione dentaria); eventuali ascessi o<br />
granulomi dentari, infatti, rappresentano sempre un sicuro serbatoio di germi di vario<br />
tipo 18 .<br />
Il giorno d’ingresso in ospedale, al paziente viene inserito un catetere venoso centrale,<br />
quasi sempre nella vena succlavia (sede elettiva). Tale catetere, generalmente composto<br />
da 2 o 3 lumi, viene posto in anestesia locale, subito sotto la clavicola, da personale<br />
specializzato. Attraverso questo catetere saranno somministrati tutti i medicamenti,<br />
<br />
18<br />
McSweeney PA, Niederwieser D, Shizuru JA, et al. Hematopoietic cell transplantation in older<br />
patients with hematologic malignancies. Blood 2001.<br />
28<br />
<br />
<br />
<br />
compreso i chemioterapici, e saranno giornalmente eseguiti i prelievi ematici necessari,<br />
senza dover ricorrere, di volta in volta, a fastidiose e ripetute venopunture delle<br />
braccia 19 .<br />
Nei giorni successivi, il paziente viene sottoposto al trattamento chemio-radioterapico di<br />
condizionamento.<br />
<br />
19 Royal College of Nursing: "Standards for infusion therapy July 2003" www.rnc.org.uk.<br />
29
3.2-FASE DI CONDIZIONAMENTO<br />
Una volta ricoverato il soggetto si effettua il condizionamento, cioè uno schema di<br />
terapia sovramassimale, impiegato per il trapianto allogenico e autologo. Il trattamento<br />
serve ad abolire il midollo osseo del paziente e ad eradicare le cellule tumorali,<br />
attraverso la somministrazione di alte dosi di chemioterapia e/o radioterapia,<br />
teoricamente in grado di provocare una mielodepressione irreversibile, corretta poi con<br />
reinfusione di cellule staminali emopoietiche.<br />
I ricercatori stanno attualmente mettendo a punto le dosi, i tempi e la sequenzialità di<br />
chemio e radioterapia, per assicurare l'eliminazione di tutte le cellule tumorali con la<br />
minore tossicità possibile.<br />
I tre obiettivi principali della terapia di condizionamento in caso di TMO sono:<br />
creazione di spazio;<br />
immunosoppressione;<br />
eradicazione della malattia;<br />
Il primo di questi serve ad evitare una competizione tra le cellule staminali dell’ospite e<br />
quelle che provengono dal donatore. Anche se l’esatta biologia di questa competizione<br />
non è stata ancora chiaramente delineata, può tuttavia vertere sulla presunta richiesta da<br />
parte delle cellule progenitrici immature di occupare nicchie definite all’interno dello<br />
stroma midollare (al fine di ottenere un necessario sostegno di nutrienti e citochine per<br />
la proliferazione e la differenziazione), e la conseguente necessità da parte delle cellule<br />
staminali esistenti di venire eradicate in modo che abbia luogo l’attecchimento del<br />
donatore 20 .<br />
L'immunosoppressione, come nel trapianto di organi solidi, è necessaria per prevenire il<br />
rigetto del midollo allogenico del donatore e non è ovviamente necessaria in caso di<br />
TMO autologo. Le strategie per il condizionamento immunosoppressivo più<br />
comunemente impiegate sono la somministrazione di ciclofosfamide ad alte dosi e la<br />
total body irradiation, anche se in alcuni casi da sole possono non essere sufficienti a<br />
consentire un attecchimento permanente del midollo del donatore. È comunque evidente<br />
come non possa essere applicata una definizione universale di “alte dosi” e come si<br />
<br />
20 Chabner BA et al. Antineoplastic agents. In Goodman and Gilman's The Pharmacological Basis of<br />
Therapeutics, 11th ed. J Brunton LL, Lazo JS, and Parker KL, eds NewYork, NY: McGraw Hill 2006.<br />
30<br />
<br />
<br />
<br />
possano raggiungere dosi diverse a seconda che vi sia il supporto dei soli fattori di<br />
crescita, o del trapianto di midollo osseo unito ai fattori di crescita emopoietici 21 .<br />
Nei pazienti affetti da tumore maligno, il TMO s'impiega con intento curativo e il ruolo<br />
della terapia di condizionamento citotossico, oltre a quelli descritti in precedenza, è<br />
quello di eradicare le cellule neoplastiche. Il compito di distruggere la quota residua di<br />
malattia è affidata a diversi tipi di regimi di condizionamento, che prevedono dosi letali<br />
di chemioterapia e/o radiazioni ionizzanti (fig.17).<br />
Figura 17.Il regime di condizionamento: chemio e radioterapia.<br />
Tale terapia induce quindi la massima citotossicità tollerabile per il paziente, e quindi<br />
anche la massima citotossicità verso le cellule patologiche, che una volta eradicate<br />
permetteranno la reinfusione di cellule staminali capaci di ricostituire la corretta<br />
emopiesi 22 .<br />
Gli obiettivi principali della chemioterapia pre-trapianto, come della TBI, sono uguali a<br />
quelli del condizionamento. Ovviamente l'ablazione pre-trapianto è fondamentale per le<br />
<br />
21<br />
Lowsky R, Takashashi T, Liu P et al. Protective conditioning for acute graft versus host disease. New<br />
Engl J Med 2005.<br />
22 McSweeney PA, Niederwieser D, Shizuru JA, Sandmaier BM, Molina AJ, Maloney DG, et al.<br />
Hematopoietic cell transplantation in older patients with hematologic malignancies: replacing high-dose<br />
cytotoxic therapy with graft-versus-tumor effects. Blood 2001.<br />
31
patologie con midollo iperplastico, come nelle forme leucemiche o nelle talassemie,<br />
mentre è di minore importanza nei casi di midollo ipoplastico (come nel caso<br />
dell'aplasia midollare), dove è fondamentale invece l'effetto immunosoppressivo.<br />
I chemioterapici solitamente impiegati per l'ablazione midollare sono il busulfano<br />
(BUS), la citosina arabinoside e il melphalan, mentre la ciclofosfamide (CTX),<br />
ampiamente usata in molti regimi di condizionamento, ha prevalentemente un effetto<br />
immunosoppressivo, ma non è in genere sufficiente a determinare un'ablazione<br />
midollare dell'ospite, tranne che in presenza di uno stato midollare ipoplastico. In<br />
relazione alla patologia di base, per ottenere l'effetto sperato dal regime di<br />
condizionamento (ablazione + immunosoppressione), è fondamentale, rispetto<br />
all'impiego di una monochemioterapia, l'associazione strategica di più farmaci<br />
(polichemioterapia), in modo da ridurre la probabilità di una resistenza nei confronti di<br />
qualcuna delle sostanze impiegate. Inoltre l'impiego di associazioni chemioterapiche<br />
può ridurre la morbilità globale legata alla tossicità dei farmaci, rispetto all'equivalente<br />
morbilità che si avrebbe utilizzando un unico agente per ottenere lo stesso effetto terapeutico.<br />
Infatti, i chemioterapici impiegati nei regimi di condizionamento vengono<br />
somministrati a dosi sovramassimali e gli effetti tossici a essi associati possono essere<br />
particolarmente gravi (polmonite interstiziale, cardiotossicità, epatotossicità, VOD,<br />
cistite emorragica, crisi convulsive, ecc.) 23 .<br />
In relazione al tipo di trapianto è fondamentale, in alcuni casi, privilegiare o<br />
eventualmente incrementare (mediante l'impiego di farmaci aggiuntivi), l'effetto<br />
immunosoppressivo per ridurre il rischio del rigetto o del non attecchimento, come nel<br />
caso dei trapianti da sangue cordonale o da MUD compatibile o da donatore, nei quali<br />
alla terapia citoriduttiva viene aggiunto il siero anti-linfocitario.<br />
L'impiego dell' irradiazione corporea totale (total body irradiation, TBI) nel regime di<br />
condizionamento pre-trapianto, ha un effetto immunosoppressivo e antitumorale: in<br />
particolare la TBI agisce anche sulle cellule in fase G0 del ciclo cellulare e sulle cellule<br />
del SNC e dei testicoli (considerati santuari di malattia) 24 .<br />
<br />
23<br />
De Jonge ME, Huitema AD, Rodenhuis S, Beijnen JH. Clinical pharmacokinetics of<br />
cyclophosphamide. Clin Pharmacokinet 2005.<br />
24 Maher K.E. Radiation therapy: toxicities and management. In Yarbro C.H. et al. (eds). Cancer<br />
nursing: principles and practice. Jones and Bartlett, Boston, 2000.<br />
32<br />
<br />
<br />
<br />
Questa può essere effettuata in dose singola, quando la quantità di radiazioni viene<br />
somministrata in un'unica volta, oppure frazionata, quando la dose totale di radiazioni<br />
viene suddivisa in più giorni. La dose totale e la sua intensità sono variabili, ma di<br />
norma i valori sono più alti nella TBI frazionata rispetto a quella in frazione singola.<br />
Quando si utilizza per emopatie non maligne, la dose totale è solitamente più bassa, non<br />
essendo necessaria l'eliminazione di cellule tumorali, ma solo l'effetto<br />
immunosoppressivo 25 .<br />
<br />
<br />
25 Corvo R, Lamparelli T, Bruno S et al. Low-dose fractionated total body irradiation adversely affects<br />
prognosis of patients with leukemia receiving an HLA-matched UD-BMT. Bone Marrow Transplantation<br />
2002.<br />
33
3.3-FASE D’INFUSIONE DELLE CSE<br />
La tecnica di infusione si esegue sia per le CSE prelevate dal midollo osseo tramite<br />
l’aspirato midollare, che nelle cellule staminali raccolte dal sangue periferico mediante<br />
leucoaferesi. Le cellule infuse attraversano il microcircolo polmonare e si vanno a<br />
collocare nel midollo osseo, grazie ad un peculiare fenomeno denominato “homing”<br />
(3). Il meccanismo molecolare legato a questo processo sembra essere determinato dalla<br />
presenza di particolari antigeni sui precursori emopoietici. L'infusione di midollo osseo<br />
richiede un margine di sicurezza di almeno 24 ore dalla somministrazione di<br />
chemioterapici, per avere la certezza che nel sangue del ricevente non siano presenti<br />
citotossici che possano ritardare o inibire l'attecchimento delle cellule staminali.<br />
Preliminarmente il midollo raccolto e congelato deve essere trasferito nell'unità di cura<br />
del paziente in un contenitore di azoto liquido; è importante infondere il midollo il più<br />
rapidamente possibile dopo lo scongelamento, per ridurre al minimo il rischi di morte<br />
delle cellule staminali.<br />
Prima di effettuare l’infusione di midollo osseo, ci si deve assicurare che il ricevente abbia<br />
un accesso venoso immediato e pervio (un'infusione di soluzione fisiologica scorre<br />
liberamente immessa nel catetere venoso centrale).<br />
Le singole sacche vengono immerse in bagno termostatato con acqua a circa 40° C,<br />
dopo essere state prelevate direttamente dall'azoto liquido: è importante accertare<br />
sempre l'identità del donatore prima dell’infusione. Una volta scongelata ciascuna<br />
sacca, viene infusa velocemente nel ricevente attraverso un dispositivo di somministrazione.<br />
Al fine di ottimizzare la resa delle cellule infuse, lo scongelamento avviene<br />
immediatamente prima dell’ infusione, portando bruscamente le cellule a 37° C e<br />
infondendole attraverso il catetere venoso centrale (fig.18). Quanto più rapidamente<br />
avviene l'infusione, dopo lo scongelamento, tanto minore è la morte cellulare. Fra<br />
l'infusione di una sacca e l'altra si può lasciare un intervallo di tempo variabile, se il ricevente<br />
ha un basso peso corporeo e occorre evitare un’iperidratazione, che generando<br />
un sovraccarico di liquidi potrebbe far insorgere uno scompenso cardiaco. Si deve<br />
avvisare il paziente dello sgradevole odore del dimetilsolfossido che viene utilizzato<br />
come criopreservante e del fatto che la lisi eritrocitaria durante lo scongelamento<br />
porterà a una colorazione rossa delle urine.<br />
34<br />
<br />
<br />
<br />
Durante l'infusione midollare è necessario il monitoraggio dei parametri vitali e<br />
l'osservazione di un’eventuale insorgenza di dispnea, ortopnea, dolore toracico, brividi,<br />
reazione orticarioide e febbre. Il torace va auscultato in caso di modificazione della<br />
respirazione e dei toni cardiaci. Se dovesse essere rilevata la presenza di murmure<br />
cardiaco o di rantolo polmonare, occorre rallentare la velocità di infusione, ma la<br />
procedura non va in ogni caso sospesa.<br />
Si possono verificare complicazioni legate all'infiltrazione dell'azoto nella sacca<br />
(attraverso una porta di accesso o una chiusura termica imperfetta) ed alla rottura della<br />
sacca in uno o più punti: in questi casi il midollo può essere contaminato da batteri. La<br />
morbilità associata all'infusione di midollo può essere dovuta a contaminazione<br />
microbica, infusione di materiale particellare, tossicità del dimetilsolfossido o altri<br />
effetti negativi. L'infusione di DMSO può portare a nausea, vampate e dolore<br />
addominale 26 .<br />
Figura 18. Infusione di cellule staminali emopoietiche tramite CVC.<br />
<br />
26 Ljungman P, Urbano-Ispizua A, Cavazzana-Calvo, Demirer, Dini G, Einsele H, et al. Allogeneic and<br />
autologous transplantation for haematological disease, solid tumors and immune disorders: definitions<br />
and current practice in Europe. Bone Marrow Transplant. 2006.<br />
35
3.4-FASE DI APLASIA MIDOLLARE<br />
Entro circa due settimane le cellule midollari trapiantate iniziano ad attecchire e a<br />
ripopolare l'organismo del paziente di cellule sane. Comunque, affinché il nuovo<br />
midollo del paziente sia sviluppato a tal punto da produrre un numero sufficiente di<br />
cellule mature, occorrono almeno tre o quattro settimane. Nelle prime due/tre settimane<br />
dopo il trapianto, nell'attesa che si compia l'attecchimento e la maturazione delle nuove<br />
cellule midollari, il paziente va incontro ad uno stato di aplasia, ossia non produce<br />
cellule mature; come conseguenza della morte naturale delle cellule già presenti, si<br />
verifica una progressiva diminuzione del numero delle cellule del sangue circolanti, che<br />
si traduce in una discesa dei valori emocromocitometrici: i globuli bianchi scendono<br />
rapidamente a zero mentre, di pari passo, le piastrine e i globuli rossi calano<br />
velocemente di numero. Per sopperire alla mancata produzione cellulare ed evitare le<br />
pericolose conseguenze che ne deriverebbero, il paziente viene periodicamente trasfuso<br />
con concentrati piastrinici ed unità di globuli rossi di donatori volontari, accuratamente<br />
selezionati. Queste cellule, che sono sottoposte a rigidissimi controlli, hanno la funzione<br />
di sostituire temporaneamente quelle del paziente, che sono in via di maturazione 27 .<br />
Nonostante queste trasfusioni, però, le prime due settimane dopo il trapianto sono le più<br />
difficili per il paziente, il quale, comunque, non avendo globuli bianchi, deve superare<br />
un periodo di profonda immunosoppressione (a differenza dei globuli rossi e delle<br />
piastrine, i globuli bianchi non possono essere trasfusi). Tale periodo è perciò molto<br />
delicato, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di contrarre vari tipi di infezione<br />
(batteriche, fungine, virali). Questo pericolo sussiste anche in regime di sterilità, in parte<br />
perché molti germi sono ospiti naturali dell'organismo ed in esso sono presenti già<br />
prima che il paziente vada incontro all’immunosoppressione farmacologica, in parte<br />
perché, nonostante la stessa camera sterile, risulta impossibile impedire che il paziente<br />
venga in contatto con qualche microrganismo 28 . La camera a flusso d'aria laminare è<br />
una camera singola suddivisa in una zona-paziente e in una precamera. La zona paziente<br />
è sterile e isolata, protetta dalla precamera attraverso una cortina trasparente, un sistema<br />
filtrante altamente efficiente (filtri assoluti) e un flusso d'aria orizzontale continuo.<br />
<br />
27<br />
Regan F., Taylor C. Recent developments: blood transfusion medicine. BMJ 2002.<br />
<br />
28<br />
Moreno A, Cervera C, Gavalda J, et al. Bloodstream infections among transplant recipients:results of<br />
a nationwide surveillance in Spain. Am J Transplant 2007.<br />
36<br />
<br />
<br />
<br />
Nella cortina di separazione sono presenti guanti per visitare il paziente e una serie di<br />
presidi utili per rilevare i parametri vitali, praticare prelievi di sangue e controllare le<br />
condizioni generali. All'ingresso della zona filtro è posizionato un dispositivo per<br />
passare al paziente materiali sterilizzati e medicamenti. La parete alla testa del letto è<br />
ricoperta di filtri assoluti ad alta efficienza. Essi sono in grado di rimuovere il 99,8%<br />
delle particelle sospese e dei microrganismi di 0,2 μm di diametro. Ciò assicura l'arrivo<br />
al paziente di aria sostanzialmente sterile. Ventilatori posti dietro il sistema di filtri<br />
forniscono un flusso orizzontale d'aria sterile, creando nella zona-paziente una pressione<br />
positiva. Dalla zona-paziente l'aria si dirige nella precamera attraverso un passaggio e<br />
viene aspirata da un sistema di recupero che crea una pressione negativa; in questo<br />
modo il circolo dell'aria diventa un percorso forzato. Il flusso d'aria continuo preclude<br />
l'ingresso di microrganismi nella camera e rimuove le particelle diffuse dal paziente e da<br />
chiunque altro entri nella zona-paziente. Solitamente dall'80 al 90% dell'aria viene<br />
rigenerata con aria fresca proveniente da un sistema di ventilazione della struttura<br />
ospedaliera. I ventilatori sono a due o tre velocità, partono da una velocità bassa, usata<br />
quando il paziente è solo, per passare a una media o alta quando all'interno della zonapaziente<br />
sono presenti personale o visitatori.<br />
È importante spiegare al paziente le regole e le procedure da adottare valutandone il<br />
grado di comprensione, soprattutto per i particolari legati alle problematiche<br />
dell'isolamento. Occorre considerare i comportamenti, i tempi e le modificazioni di tutte<br />
quelle attività quotidiane, importanti per il paziente, che dovranno essere mantenute, ma<br />
realizzate con procedure sterili (come l'igiene, l'alimentazione, il movimento, ma anche<br />
la lettura, il gioco, l'ascolto musicale ecc.) 29 .<br />
L'isolamento protettivo in camera a flusso d'aria laminare viene mantenuto finché il<br />
paziente riprende le proprie funzioni immunologiche ed è, quindi, in grado di essere<br />
dimesso dall'unità. Gli standard richiesti per l'interruzione dell'isolamento consistono in<br />
una conta leucocitaria al di sopra dei 500/mm 3 . In casi di emergenza, come<br />
un'insufficienza cardiaca o respiratoria, l'ambiente protetto viene interrotto per<br />
consentire l'accesso al personale e ai materiali sanitari specifici. A volte l'interruzione<br />
dell'isolamento viene giustificata da seri problemi di ordine psicologico. Questo verrà<br />
<br />
29<br />
Jane D. Siegel, MD; Emily Rhinehart. Guideline for Isolation Precautions: Preventing Transmission of<br />
Infectious Agents in Healthcare Settings. CDC 2007.<br />
37
attentamente valutato dall'equipe di cura e da un consulente psichiatrico. La<br />
permanenza in un regime di isolamento è limitata tra 7 e 13 giorni, grazie alla rapida<br />
ripresa dei valori dei neutrofili garantita dalla somministrazione di fattori stimolanti di<br />
crescita emopoietica (GM-CSF).<br />
E’ bene infatti ricordare che, se la grande maggioranza dei germi non è in grado di<br />
sviluppare infezioni in un soggetto immunocompetente (dotato cioè di un normale<br />
sistema immunitario), senza la continua sorveglianza esercitata dai globuli bianchi,<br />
maturi e funzionanti, qualunque microrganismo può moltiplicarsi rapidamente e<br />
produrre uno stato di infezione, virtualmente a carico di qualsiasi organo del corpo. Di<br />
fatto il sistema respiratorio, proprio perché, attraverso l'aria respirata, risulta in continuo<br />
contatto con l’ambiente esterno, rappresenta l'apparato a maggior rischio di sviluppare<br />
infezioni. Al fine di prevenirle, oltre al ricovero in camera sterile, rigorosamente singola<br />
e con propri servizi igienici, vengono messi in atto tutti i possibili presidi di controllo<br />
ambientale e periodicamente vengono eseguiti dei tamponi di controllo a livello di varie<br />
parti della superficie corporea del paziente. Inoltre, viene somministrata una terapia<br />
antibiotica di profilassi contro i più comuni germi normalmente presenti nel corpo,<br />
soprattutto a livello gastroenterico. I pazienti sono mantenuti in isolamento e sia il<br />
personale medico che quello infermieristico, quando entra nella stanza indossa sempre<br />
un camice, una cuffia e dei guanti, tutti rigorosamente sterili, nonché una mascherina<br />
protettiva. Nel caso in cui, nonostante tutto ciò, il paziente vada incontro ad un episodio<br />
infettivo, viene subito iniziata una antibioticoterapia ad ampio spettro, composta di due<br />
o tre diversi antibiotici antibatterici somministrati endovena; in concomitanza con la<br />
risalita della febbre vengono eseguiti anche dei prelievi di sangue (emocolture) su cui,<br />
in laboratorio, viene ricercato il microrganismo responsabile dell’infezione; possono<br />
inoltre venire eseguite indagini supplementari (come esami colturali sulle urine,<br />
sull'espettorato o su altri liquidi biologici, ed indagini di tipo radiologico od ecografico).<br />
Talora può essere necessario ricorrere ad una terapia antifungina, utilizzando un<br />
antimicotico specifico verso questo tipo di infezioni.<br />
38<br />
<br />
<br />
<br />
3.5-FASE DI ATTECCHIMENTO DELLE CSE<br />
L’aplasia midollare termina quando le cellule staminali infuse, in grado da sole di<br />
trovare la strada per colonizzare le cavità midollari vuote, cominciano a proliferare,<br />
maturano e si differenziano in globuli bianchi, piastrine e globuli rossi (fig.19).<br />
Figura 19. Differenzazione delle CSE.<br />
Si definisce “ATTECCHIMENTO" il periodo in cui nel sangue periferico i Neutrofili<br />
superano stabilmente il valore di 500/mm 3 e le Piastrine di 25.000/mm 3 , livelli ancora<br />
ridotti ma indicativi di ripresa midollare, in quanto la presenza di cellule mature nel<br />
sangue periferico riflette l’attività dei loro precursori (CSE) nel midollo osseo.<br />
La completa autonomia dalle trasfusioni di globuli rossi e piastrine varia da caso a caso,<br />
potendo a lungo oscillare su valori intermedi.<br />
L'attecchimento dopo trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche viene<br />
generalmente confermato mediante la dimostrazione di un chimerismo completo o<br />
parziale, osservato su ripetuti campioni di sangue periferico e/o di midollo prelevati al<br />
paziente trapiantato in tempi diversi 30 .<br />
<br />
30 Bryant E, Martin P. Documentation of engraftment and charization of chimerism following<br />
hemopoietic cell transplantation. In Thoma's Hemopoietic Stem Cell Transplantation. third edition.<br />
Blackwell Publishing 2004.<br />
39
Si parla di chimerismo completo o full chimerism, quando nei campioni di sangue<br />
periferico o midollare del ricevente, non c'è apparente traccia di cellule emopoietiche o<br />
linfoidi del ricevente. Si parla di chimerismo parziale o mixed chimerism quando cellule<br />
emopoietiche e linfoidi del ricevente convivono con cellule emopoietiche e/o linfoidi<br />
del donatore. Con i termini chimerismo completo e chimerismo misto si definiscono due<br />
quadri biologici diversi la cui interpretazione varia in funzione della diagnosi, del tipo<br />
di trapianto, del tipo di sorgente di cellule staminali, della durata del follow-up e del<br />
tipo di condizionamento.<br />
Uno stato di chimerismo misto si verifica obbligatoriamente nei primi mesi del post<br />
trapianto quando il trattamento immunosoppressivo è ancora in atto. Con la sospensione<br />
del trattamento, le cellule immunocompetenti del donatore manifestano pienamente il<br />
loro effetto citotossico contro l'emopoiesi residua del ricevente favorendo la<br />
stabilizzazione di una chimera completa. In alcune situazioni si può ricorrere all'uso dei<br />
linfociti del donatore se la sospensione dei farmaci immunosppressori non ha prodotto<br />
gli effetti desiderati. Fluttuazioni del chimerismo si possono osservare anche<br />
tardivamente ed il ricorso ai linfociti del donatore può essere giustificato 31 .<br />
<br />
31 Sobecks RM, Bail EJ, Askar M, et al. Influence of killer immunoglobulin-like receptor / HLA ligand<br />
matching on achievemnet of T-cell complete donor chimerism in related donor nonmyeloablative<br />
allogeneic hematopoietic stem cell transplantation. Bone Marrow Transplant 2008.<br />
40<br />
<br />
<br />
<br />
3.6-DIMISSIONE POST-TRAPIANTO<br />
I pazienti che sopravvivono al TMO potranno essere "liberi da malattia", ma rischiano<br />
di sviluppare complicanze croniche secondarie al trattamento. Le percentuali di<br />
sopravvivenza dipendono da:<br />
età del paziente (dopo i 30 anni aumenta il rischio di GvHD, polmonite interstiziale,<br />
VOD epatica);<br />
stadio di remissione della malattia clinicamente rilevabile all'epoca del trapianto.<br />
I giovani sembrano avere maggiori capacità di recupero dei danni organici rispetto agli<br />
adulti, ma le alte dosi di chemio e radioterapia possono essere devastanti per i bambini,<br />
in relazione alla velocità del metabolismo e allo sviluppo degli organi, fino alla mancanza<br />
di un'effettiva reazione di ripresa proporzionale allo stress del trapianto.<br />
Le dimissioni dei pazienti sottenderanno a particolari criteri basati su:<br />
1) capacità si assumere alimenti, liquidi e terapie per via orale;<br />
2) controllo del trattamento e/o dei sintomi con interventi farmacologici;<br />
3) assenza di febbre;<br />
4) stabilità dei valori ematici;<br />
5) disponibilità di aiuto a domicilio.<br />
Con l'avvento dei fattori di crescita i pazienti trattati con TMO vengono dimessi<br />
velocemente nel periodo post-trapianto anche se devono essere seguiti a domicilio,<br />
controllati e valutati a intervalli regolari, per un veloce riconoscimento e trattamento di<br />
eventuali complicanze acute o croniche.<br />
In ogni caso, dopo circa 4-6 settimane dal trapianto, se non sono intervenuti problemi<br />
particolari e non si è sviluppata una di GvHD acuta di grado avanzato, generalmente il<br />
paziente può essere dimesso e tornare a casa. Ovviamente il momento della dimissione<br />
è molto variabile; di norma gli allotrapianti richiedono un'ospedalizzazione più lunga<br />
degli autotrapianti, sia perché l'attecchimento di un midollo non appartenente<br />
all’organismo del paziente richiede in genere più giorni di un midollo autologo, sia per<br />
il rischio di GvHD. Purtroppo talora può accadere che un paziente rimanga in ospedale<br />
più a lungo, per essere sottoposto ad ulteriori terapie a seguito di complicanze o perché<br />
semplicemente abbia bisogno di un tempo maggiore per raggiungere valori<br />
emocromocitometrici sufficienti a garantirne la sicurezza a casa.<br />
41
CAPITOLO 4<br />
PRINCIPALI COMPLICANZE LEGATE AL TMO<br />
Il trapianto di cellule staminali è utilizzato per salvare il paziente dalla tossicità<br />
ematopoietica dose-dipendente di chemio e radioterapia. Questi trattamenti citotossici<br />
insieme allo stesso TMO, possono portare allo sviluppo di alcune complicanze, distinte<br />
in precoci e tardive, a seconda del periodo d’insorgenza. Il pericolo maggiore è tuttavia<br />
rappresentato dalla possibilità di sviluppare una reazione di rigetto contro l’ospite.<br />
4.1-GRAFT VERSUS HOST DESEASE<br />
La GvHD rappresenta a tutt'oggi una delle più frequenti complicanze del trapianto di<br />
cellule staminali allogeniche, particolarmente nei casi di trapianto incompatibile.<br />
Dalle diverse casistiche, per il trapianto di midollo HLA identico, l'incidenza di questa<br />
complicanza è del 30-50%, mentre aumenta al 50-80% dei casi nei trapianti da MUD o<br />
familiari parzialmente compatibili. La sopravvivenza a lungo termine nei pazienti con<br />
GvHD di grado > II risulta inferiore al 30%.<br />
Ovviamente, non solo il tipo di trapianto e il grado di compatibilità donatore/ricevente<br />
influenzano l'incidenza, ma anche il regime di profilassi impiegato e numerosi altri<br />
fattori.<br />
L'esatta identificazione della popolazione cellulare responsabile della GvHD resta poco<br />
chiara ed esistono prove che sia i linfociti T CD4+ che CD8+ possano giocare un ruolo<br />
in questo fenomeno insieme a cellule NK. Possono inoltre contribuire le citochine,<br />
compresi gli interferoni, il fattore di necrosi tumorale (TNF) e il GM-CSF. In<br />
particolare, nell'immediato post-trapianto gli alti livelli di citochine e molecole di<br />
adesione possono rendere maggiormente reattivi i linfociti T infusi, verso gli antigeni<br />
HLA del ricevente ed in tal modo contribuire al danno tessutale della GvHD. Sono<br />
distinguibili due differenti "sindromi", denominate GvHD acuta e GvHD cronica e<br />
verranno affrontate separatamente nei paragrafi successivi 32 .<br />
<br />
32<br />
Velardi A, Ruggeri L, Capanni M, et al. Natural killer cell alloreactivity in mismatched hematopoietic<br />
transplantation. Hematology (Am Soc Educ Program) 2004.<br />
42<br />
<br />
<br />
<br />
4.2-COMPLICANZE PRECOCI<br />
Si definiscono complicanze precoci quelle che intervengono nei primi 100 giorni posttrapianto,<br />
mentre vengono definite tardive quelle che si manifestano successivamente.<br />
La suddivisione non segue solo un ordine di tipo temporale, ma anche prognostico;<br />
sono infatti meno tollerate dai pazienti le complicanze precoci.<br />
GVHD ACUTA<br />
La GvHD acuta compare nei primi 100 giorni post-TMO. Le manifestazioni cliniche<br />
legate a questa complicanza coinvolgono e danneggiano la cute, il fegato e il tratto<br />
gastro-intestinale.<br />
La pelle viene colpita per prima, con la presenza di maculo-papule (arrossamenti diffusi<br />
alle palme delle mani, alle piante dei piedi e alle orecchie). Gli stadi successivi sono<br />
associati a bolle, flittene, ulcerazioni e necrosi, sino alla desquamazione dell'epitelio<br />
cutaneo.<br />
Se si presenta un interessamento epatico i sintomi sono: epatomegalia, dolori nel<br />
quadrante superiore destro, un aumento della bilirubinemia, della fosfatasi alcalina e<br />
delle transaminasi. Il danno epatico provoca una diarrea acquosa verde, accompagnata<br />
da forti crampi addominali; tale sintomo può progredire sino allo sfaldamento della<br />
mucosa intestinale.<br />
Le terapie per prevenire e curare la GvHD in questi ultimi anni si sono sviluppate<br />
attraverso l'utilizzo di agenti farmacologici singoli o combinati quali: methotrexate, corticosteroidi,<br />
ciclosporina, immunoglobuline. Le tecniche non farmacologiche prevedono<br />
la deplezione dei linfociti T dal midollo del donatore prima del trapianto, attraverso<br />
tecniche di agglutinazione, immunoasportazione su colonna e trattamenti con anticorpi<br />
monoclonali.<br />
È importante effettuare una cura meticolosa della pelle per prevenire lesioni cutanee,<br />
occorre utilizzare creme per prevenire la disidratazione e medicazioni adeguate per<br />
trattare il prurito. Diventa importante il monitorare le entrate e le uscite attraverso il<br />
bilancio idrico, in quanto le gravi diarree e il disfacimento delle mucose provocano<br />
malassorbimento, da cui può conseguire un deficit nutrizionale e uno squilibrio<br />
idroelettrolitico. In caso di accertato malassorbimento può essere necessario intervenire<br />
con iperalimentazione per via parenterale. Il controllo del sangue occulto nelle feci del<br />
43
paziente può essere utile all'individuazione tempestiva di emorragie gastro-intestinali.<br />
Gli indicatori di funzionalità epatica devono essere controllati frequentemente in<br />
laboratorio e devono essere messi a confronto con l'incidenza di encefalopatie,<br />
emorragie e gravi disfunzioni epatiche 33 .<br />
COMPLICANZE INFETTIVE<br />
La neutropenia e il danno alla barriera mucosa indotto dalla chemio-radioterapia di<br />
condizionamento, rappresentano fattori di rischio che predispongono il paziente alle<br />
infezioni.<br />
La durata della neutropenia è variabile e dipende dal tipo di trapianto, dal numero di<br />
cellule infuse, dalla profilassi della GvHD e dall'uso di citochine; tuttavia mediamente è<br />
dell'ordine di 2-3 settimane. Il danno alle mucose dipende solitamente dal tipo di regime<br />
di condizionamento: farmaci quali il busulfano, il melphalan, la citarabina e la TBI si<br />
associano a un danno maggiore. Questo danno è presente non solo a carico del cavo<br />
orale, ma anche a livello del tratto gastrointestinale e l'impiego del methotrexate per la<br />
profilassi peggiora il danno alle mucose. Alla citopenia e al danno alle mucose vanno<br />
aggiunti quali fattori di rischio per le complicanze infettive l'impiego del CVC, la<br />
nutrizione parenterale e anche le alterazioni dell'integrità della cute dovute ai ripetuti<br />
prelievi del sangue, agli aspirati midollari e alle biopsie ossee e cutanee. Inoltre, alla<br />
comparsa delle complicanze infettive contribuisce anche la profonda<br />
immunosoppressione cui il paziente va incontro 34 . La durata e la gravità di questo<br />
periodo dipendono dal tipo di trapianto, dal grado di incompatibilità donatore-ricevente,<br />
dalla T deplezione, dal tipo e dalla durata della profilassi, dalla presenza di infezione da<br />
citomegalovirus (CMV) e di GvHD acuta. Naturalmente, con il tempo c'è un recupero<br />
dell'immunità cellulare e umorale che verosimilmente è più rapido dopo un trapianto da<br />
donatore familiare compatibile che in altre condizioni trapiantologiche. Tuttavia, in<br />
presenza di GvHD cronica lo stato immunodepressivo può persistere per mesi o anche<br />
<br />
33<br />
Lowsky R, Takahashi T, Liu YP, et al. Protective conditioning for acute graft-versus-host disease. N<br />
Engl J Med 2005.<br />
<br />
34<br />
Tyring S, Belanger R, Bezwoda W, Ljungman P, Boon R, Saltzman RL. A randomized, double-blind<br />
trial of famciclovir versus acyclovir for the treatment of localized dermatomal herpes zoster in<br />
immunocompromised patients. Cancer Invest 2001.<br />
44<br />
<br />
<br />
<br />
per anni; solitamente in condizioni ottimali il tempo di recupero immunologico è di<br />
circa un anno.<br />
In funzione della sequenza di eventi legati a tali fattori di rischio si distinguono diversi<br />
periodi di comparsa di complicanze infettive nel paziente trapiantato. Entro le prime tre<br />
settimane dal trapianto sono frequenti le infezioni batteriche e fungine (neutropenia +<br />
lesioni mucose). Le infezioni da virus erpetico si sviluppano solitamente entro il primo<br />
mese (riattivazione del virus latente).<br />
Entro i primi tre mesi si osservano il maggior numero di infezioni da CMV.<br />
Le infezioni da aspergillo, toxoplasma e pneumocisti carinii si osservano nei primi 6<br />
mesi da trapianto, o anche successivamente se insorge GvHD cronica e persiste il<br />
trattamento immunosoppressivo. Di più raro riscontro sono le infezioni da adenovirus,<br />
rotavirus e da epstein barr virus. Il terzo periodo di rischio infettivo fa seguito al terzo<br />
mese dal trapianto in corrispondenza della GvHD cronica. In tale periodo si osservano<br />
soprattutto infezioni respiratorie: haemophilus influenzae, streptococcus pneumoniae,<br />
germi capsulati, queste ultime soprattutto in assenza di profilassi con penicillina. Il<br />
paziente trapiantato, in questa fase tardiva, può andare incontro a infezioni batteriche,<br />
virali o fungine insorte ex novo o per riattivazione di infezioni pregresse. Sono frequenti<br />
anche infezioni causate dal virus della varicella zoster (herpes virus), a partire dal sesto<br />
mese 35 .<br />
COMPLICANZE GASTROINTESTINALI<br />
Una conseguenza molto frequente della chemioterapia ad alte dosi e della radioterapia<br />
di condizionamento è la mucosite, ossia l'infiammazione delle mucose dell’apparato<br />
orale e gastroenterico. Essa è dovuta alla morte delle cellule superficiali delle mucose,<br />
le cosiddette cellule epiteliali (si parla infatti di disepitelizzazione), cui segue una fase<br />
di rigenerazione e ricostituzione delle mucose stesse. La mucosite compare in genere<br />
nei giorni subito successivi al trapianto e si protrae per un periodo molto variabile;<br />
talora si manifesta in maniera molto lieve o addirittura quasi indolente, altre volte<br />
invece si presenta più seria e progredisce fino ad impedire anche l'alimentazione, nel<br />
qual caso il paziente viene adeguatamente nutrito e supportato per via parenterale. Il più<br />
<br />
35 Che Y, Scieux C, Garrait V, Socie G, Rocha V, Molina JM, et al. Resistant herpes simplex virus type 1<br />
infection: an emerging concern after allogeneic stem cell transplantation. Clin Infect Dis 2000.<br />
45
delle volte i pazienti con la mucosite inizialmente avvertono un fastidio alla bocca ed<br />
alla gola, che poi esita nella formazione di piccole lesioni ulcerative a livello della<br />
mucosa orale, della lingua ed delle gengive. In rari casi queste lesioni possono divenire<br />
anche molto estese e provocare perciò uno stato soggettivamente molto invalidante, che<br />
impedisce la deglutizione. Tutto ciò, inoltre, viene ulteriormente complicato da un altro<br />
aspetto, la cosiddetta scialorrea (4), conseguenza di uno stato infiammatorio che,<br />
insieme alle mucose, colpisce anche le ghiandole salivari. In ogni caso la mucosite e la<br />
scialorrea sono disturbi transitori, che nel volgere di alcuni giorni (generalmente 7-10<br />
giorni) rapidamente migliorano e si risolvono in maniera definitiva 36 .<br />
Un’altra complicanza che può verificarsi è la malattia veno-occlusiva del fegato (VOD),<br />
la quale insorge nei primi 30 giorni dopo il trapianto e si manifesta con ittero, ritenzione<br />
idrica, epatomegalia ed ascite. La malattia istologicamente è caratterizzata da un danno<br />
endoteliale, per cui la fibrina si depone a livello della parete delle venule epatiche, con<br />
conseguente restringimento del lume dei vasi. Clinicamente la diagnosi si manifesta con<br />
aumento del peso corporeo, incremento della bilirubina sierica, seguita da dolore<br />
addominale, ascite, epatomegalia. La diagnosi clinica ha però una specificità limitata<br />
perché nei giorni immediatamente successivi al trapianto, sono numerosi i fattori che<br />
possono determinare iprebilirubinemia, epatomegalia e/o ritenzione di liquidi e non<br />
sempre la diagnosi differenziale risulta agevole.<br />
Alcuni studi hanno evidenziato che la somministrazione continua di eparina nei pazienti<br />
sottoposti a trapianto è molto efficace, poiché previene il depositarsi di precipitato di<br />
fibrina a livello sub-intimale delle venule epatiche terminali.<br />
CISTITE EMORRAGICA<br />
La cistite emorragica è una importante causa di morbilità in bambini sottoposti a<br />
trapianto di CSE, che si manifesta con microematuria ma anche con macroematuria e<br />
formazione di coaguli intravescicali. Dal punto di vista eziopatogenetico si distingue<br />
una cistite emorragica chimica precoce, dovuta probabilmente all’effetto tossico di<br />
alcuni chemioterapici sull’urotelio e una cistite tardiva, di probabile origine virale. La<br />
principale caratteristica della cistite emorragica chimica è quella di insorgere durante o<br />
<br />
36<br />
Epstein JB, Schubert MM. Oropharyngeal mucositis in cancer therapy. Review of pathogenesis,<br />
diagnosis, and management. Oncology 2003.<br />
46<br />
<br />
<br />
<br />
entro pochi giorni dalla somministrazione della chemioterapia, invece la tardiva si<br />
verifica nel secondo-terzo mese post-trapianto.<br />
Le forme più gravi di cistite, si associano spesso ad un trapianto con decorso complicato<br />
e ad una maggiore mortalità peritrapiantologia. Si è visto per esempio, che l’incidenza<br />
di emorragie è più alta nei soggetti con GvHD acuta rispetto a quelli senza GvHD ed in<br />
alcuni casi, la persistenza della flogosi cronica della mucosa della vescica può esitare in<br />
fibrosi, ostruzione uretrale ed insufficienza renale.<br />
Come profilassi della cistite emorragica vengono adottate alcune misure preventive<br />
come iperidratazione, in modo da ridurre l’esposizione della mucosa della vescica ai<br />
cataboliti tossici ed evitare la formazione di coaguli, oppure diuresi forzata e minzioni<br />
frequenti (con l’uso del catetere vescicale) 37 .<br />
ULTERIORI COMPLICANZE PRECOCI<br />
Come tutte le chemioterapie, anche il regime di condizionamento può indurre uno stato<br />
di nausea ed eventualmente scatenare episodi di vomito. Generalmente però, questo<br />
effetto collaterale ha una durata limitata ai giorni del condizionamento stesso e viene<br />
controllato mediante la somministrazione di farmaci antiemetici 38 . Un altro effetto<br />
potenzialmente pericoloso del regime chemio-radioterapico è la possibilità di indurre<br />
crisi epilettiche: tale rischio è raro e riguarda solo soggetti eventualmente predisposti,<br />
ma al fine di impedire che esso possa realizzarsi, viene comunque attuata una apposita<br />
profilassi farmacologica; quest'ultima, fondata sulla somministrazione di<br />
benzodiazepine, può indurre uno stato di sonnolenza e/o torpore della durata di poche<br />
ore.<br />
Ulteriore effetto secondario al regime di condizionamento è rappresentato dall'alopecia,<br />
ossia la perdita dei capelli. Essa si verifica inesorabilmente tra la quinta e la decima<br />
giornata dopo il trapianto, tanto che, normalmente, al primo accenno di perdita di<br />
capelli il paziente viene sottoposto a rasatura completa della testa; ciò anche per motivi<br />
<br />
37 Savona MR, Newton D, Frame D, Levine JE, Mineishi S, Kaul DR. Low-dose cidofovir treatment of<br />
BK virus-associated hemorrhagic cystitis in recipients of hematopoietic stem cell transplant. Bone<br />
Marrow Transplant 2007.<br />
38 Navarri RM, Einhorn LH, et al. A phase II trial of olan-zapine, dexamethasone and palonosetron for<br />
the prevention of chemotherapy-induced nausea and vomiting: a Hoosier oncology group study. Support<br />
Care Cancer 2007.<br />
47
igienici e di sterilità, oltre che per motivi estetici. L'alopecia è una conseguenza sempre<br />
transitoria, legata ad un danno dei bulbi capilliferi; nell’arco di tre mesi dal trapianto<br />
infatti, generalmente tutti i pazienti tornano in possesso della propria capigliatura.<br />
I pazienti sottoposti a TMO incorrono in complicanze quali l'anemia e la piastrinopenia<br />
come dirette conseguenze delle chemioterapie. Necessariamente dovranno ricevere<br />
frequenti trasfusioni di piastrine e globuli rossi. Per prevenire effetti collaterali delle<br />
trasfusioni, come febbri e reazioni allergiche, si prevedono premedicazioni farmacologiche<br />
standardizzate. Gli emoderivati vengono sempre irradiati prima di essere<br />
somministrati al paziente, per eliminare tutti i linfociti T del donatore, e testati riguardo<br />
la sieronegatività verso citomegalovirus, con lo scopo di prevenire lo sviluppo di tale<br />
infezione.<br />
La ripresa piastrinica in alcuni pazienti post-trapianto può rivelarsi ritardata, per cui sarà<br />
necessario programmare e utilizzare misure di protezione per la prevenzione del rischio<br />
emorragico e dei danni che questo può comportare 39 .<br />
<br />
39<br />
Mercábante S. Gebbia V, Marrazzo A.. Filosio S. Anaemia in cancer: pathophysiology and treatment.<br />
Cancer Treat Rev 2000.<br />
48<br />
<br />
<br />
<br />
4.3-COMPLICANZE TARDIVE<br />
Si definiscono tardive quelle complicanze che intervengono dopo 100 giorni dal<br />
trapianto. Alcune di queste sono direttamente correlate ad esso (effetti da GvHD cronica<br />
o immunodeficienza), altre sono dovute all'intensità del regime di condizionamento,<br />
molte hanno una patogenesi multifattoriale.<br />
GVHD CRONICA<br />
La GvHD cronica può manifestarsi nel 25-50% dei casi, dopo 100 giorni dal trapianto<br />
allogenico; somiglia a una malattia autoimmune e può intaccare la pelle, l'apparato<br />
muscolo-scheletrico, gli occhi (le complicanze oculari saranno descritte separatamente),<br />
la bocca e il tratto gastro-intestinale.<br />
I trattamenti utilizzati sono: ciclosporina, corticosteroidi, azatioprine e, in studi<br />
sperimentali, anticorpi monoclonali e talidomide. La prima manifestazione di GvHD è<br />
costituita da alterazioni cutanee, quali comparsa di un eritema maculo-papuloso sulla<br />
cute del paziente, arrossamenti alle palme delle mani, alle piante dei piedi e alle<br />
orecchie; se non viene trattata adeguatamente la reazione di rigetto può peggiorare e<br />
provocare sclerodermie e contratture. Gli interventi mirati al controllo delle alterazioni<br />
della cute prevedono: antipiretici, applicazione di creme alla lanolina e creme con l'1%<br />
di idrocortisone, utilizzo di saponi naturali e lozioni senza profumo, i pazienti devono<br />
inoltre evitare di esporsi alle radiazioni solari. Le complicanze muscolo-scheletriche si<br />
caratterizzano per dolore e debolezza muscolare e per una progressiva riduzione delle<br />
capacità motorie. Gli steroidi utilizzati per il trattamento possono mettere a rischio i<br />
pazienti per necrosi asettiche associate a dolori diffusi.<br />
L'80% dei casi di GvHD cronica comporta una degenerazione della mucosa del cavo<br />
orale, lesioni o riduzione della cheratinizzazione e riduzione del flusso di saliva, con un<br />
effetto di grave secchezza delle fauci. Deve essere prestata grande attenzione all'igiene<br />
dentale, soprattutto quando c'è rischio di formazione di carie.<br />
Calo ponderale e dimagrimento sono dovuti spesso a un inadeguato apporto<br />
nutrizionale. Il monitoraggio continuo dei parametri nutrizionali è fondamentale nei pazienti<br />
con manifestazioni a carico del cavo orale, dell'esofago e del tratto gastroenterico.<br />
Le complicanze esofagee associate alla GvHD possono indurre a una riduzione<br />
dell'assunzione di cibo, causando così un'ulteriore perdita di peso.<br />
49
I segni e i sintomi possono comprendere: steatosi, nausea e vomito, diarrea, calo<br />
ponderale. L'anoressia può comparire come complicanza sul lungo periodo, i sanitari<br />
dovrebbero evitare l'insorgenza di una sindrome da malassorbimento di grassi se il<br />
paziente presenta diarrea persistente. Viene programmata una serie di valutazioni e<br />
indagini del tratto gastro-intestinale con colture delle feci ed endoscopia per escludere<br />
infezioni al tratto gastro-intestinale. L'iperalimentazione e il riposo del tratto gastroenterico<br />
sono attenzioni utili per evitare perdite di peso o sbilanciamento<br />
idroelettrolitico.<br />
L'aumento degli enzimi epatici, l'epatomegalia e il dolore sono i primi segni e sintomi<br />
della degenerazione epatica dovuta alla GvHD. Devono essere eseguiti controlli dei<br />
marcatori dell'epatite ed ecografie addominali per escludere occlusioni, assieme a una<br />
biopsia epatica per escludere infezioni.<br />
La GvHD cronica è spesso causa dell'aumento dell'insorgenza di infezioni croniche<br />
ritardate per deficienza di cellule B e T. Sono molto frequenti, a causa dell'incapacità<br />
del paziente di produrre immunoglobuline, infezioni batteriche polmonari e<br />
sanguinamenti. Sono spesso programmati schemi di terapia antibiotica profilattica per<br />
evitare l'insorgenza delle infezioni ritardate.<br />
COMPLICANZE OCULARI<br />
Gli occhi possono essere sede di complicanze tardive post-trapianto per effetto della<br />
GvHD cronica, della terapia steroidea impiegata per il trattamento, per infezioni o per<br />
sequele dovute al regime di condizionamento (in particolare la TBI, più raramente i<br />
chemioterapici).<br />
L'incidenza legata a un peggioramento della vista si riscontra nell' 80-90% dei pazienti<br />
con GvHD cronica. Inizialmente questa complicanza si presenta con bruciore oculare e i<br />
pazienti avvertono la sensazione di presenza di sabbia, causata da una diminuzione della<br />
produzione e della secrezione di lacrime; può inoltre presentarsi fotofobia legata a<br />
un'infiammazione corneale. La gestione di queste problematiche si basa sull'utilizzo di<br />
corticosteroidi o di lacrime artificiali. Possono essere applicati colliri durante il sonno,<br />
per prevenire la secchezza oculare durante le ore notturne. È raccomandato l'uso di lenti<br />
a contatto protettive o impacchi con bende oculari, per prevenire l'evaporazione dei<br />
medicamenti applicati agli occhi. Il paziente deve essere seguito da un oculista<br />
50<br />
<br />
<br />
<br />
specializzato. È stata riferita un'incidenza di cataratta post-TBI pari, in alcune<br />
casistiche, al 75% a 5-6 anni post-trapianto dopo irradiazione singola; tale incidenza si<br />
riduce nel caso della total body irradiation frazionata al 50% per dosaggi superiori a<br />
1200 rad, fino a percentuali del 30-35% per dosi di 1200 rad o inferiori. L'incidenza<br />
post-chemioterapia è dell'ordine del 20%.<br />
ACCRESCIMENTO<br />
L'accrescimento è un fenomeno determinato durante l'infanzia prevalentemente dallo<br />
stato nutrizionale, quindi dall'ormone della crescita (GH) e durante la pubertà<br />
dall'azione combinata del GH e degli ormoni sessuali. Le radiazioni possono indurre un<br />
ritardo della crescita. Anche lo sviluppo della dentizione e dello scheletro facciale<br />
risultano alterati in bambini sottoposti a radioterapia prima dei 6 anni. L'irradiazione del<br />
SNC si associa infatti a una riduzione dell’ormone in correlazione all'età del paziente,<br />
alla dose di radiazione e al tipo di frazionamento. Questo deficit si può osservare in<br />
particolare quando all’irradiazione corporea totale è associata una radioterapia craniale<br />
prima del trapianto e può non svilupparsi nel caso della sola TBI. Sembra che il ritardo<br />
della crescita possa essere notevolmente contenuto con l'impiego della TBI frazionata<br />
rispetto alla dose unica.<br />
EFFETTI SULLA TIROIDE<br />
La chemioterapia convenzionale non determina solitamente danni alla tiroide, mentre la<br />
radioterapia pre-trapianto può causare problemi di ipotiroidismo. Dopo TBI il danno<br />
funzionale, anche se ben compensato, può intervenire dal 28 al 56% dei casi e<br />
successivamente convertirsi in ipotiroidismo clinico nel 9-13% dei pazienti<br />
sopravvissuti a lungo termine, anche se con minor frequenza dopo TBI frazionata. Il<br />
danno tiroideo non sembra correlato con l'età del paziente, con la GvHD acuta o<br />
cronica, o con il sesso. Nell'asse ipotalamo - ghiandola pituitaria - ghiandola tiroidea,<br />
quest'ultima appare maggiormente danneggiata dalla radiazione. È stato inoltre descritto<br />
il trasferimento dal donatore al ricevente di tiroidite autoimmunitaria.<br />
51
COMPLICANZE POLMONARI A LUNGO TERMINE<br />
A carico del polmone sono stati segnalati sia deficit restrittivi che ostruttivi, quali<br />
sequenze a distanza del trapianto. In uno studio condotto da Springmeyer e coll, il 20%<br />
dei pazienti mostrava un deficit restrittivo dopo un anno dal trapianto,<br />
indipendentemente dal regime di condizionamento o dalla GvHD cronica, con<br />
miglioramento dopo il 3° o 4° anno. Poco conosciuti sono i meccanismi che<br />
determinano il deficit ostruttivo, che si osserva dal 10 al 15% dei pazienti con GvHD<br />
cronica (che sono in generale i più esposti allo sviluppo di deficit polmonari gravi).<br />
Questi possono favorire l'insorgenza di infezioni con ulteriore peggioramento della<br />
funzionalità polmonare fino a quadri di polmonite interstiziale o bronchiolite<br />
obliterante.<br />
FERTILITA’<br />
Dopo il trapianto, a causa della radio-chemioterapia sovramassimale, la pubertà<br />
spontanea è ritardata o assente nelle ragazze e solo una quota di esse giunge al menarca<br />
spontaneamente. Molte richiedono terapia ormonale sostitutiva a base di ormoni<br />
sessuali. I ragazzi frequentemente recuperano la funzione delle cellule del Leydwig e<br />
producono testosterone a meno che non abbiano ricevuto dosi supplementari di<br />
radioterapia sui testicoli e solitamente non necessitano di terapia ormonale sostitutiva.<br />
Negli adulti l'infertilità è quasi la norma; dopo TBI nelle donne la gravidanza è<br />
un'evenienza rarissima, infatti in letteratura sono stati riferiti solo casi sporadici di<br />
maternità post-trapianto. Tutte le donne sottoposte a irradiazione vanno incontro a<br />
insufficienza ovarica primitiva, in particolare l'incidenza aumenta con l'età della<br />
paziente ed è richiesta terapia ormonale sostitutiva.<br />
Dopo Total body irradiation più del 90% degli uomini va incontro ad azospermia<br />
permanente. In alcuni casi è stata osservata ripresa della spermogenesi a distanza di anni<br />
dal trapianto.<br />
SECONDO TUMORE<br />
In una recente analisi relativa a 19.229 pazienti condotta da Rochelle e coll, i pazienti<br />
sottoposti a trapianto allogenico hanno un rischio più elevato, rispetto alla popolazione<br />
generale di sviluppare tumori solidi. In particolare il rischio è 8,3 volte superiore per<br />
52<br />
<br />
<br />
<br />
quelli che sopravvivono oltre 10 anni dal trapianto. La probabilità di sviluppare un<br />
secondo tumore è del 2,2% a 10 anni e 6,7% a 15 anni. I tumori più frequentemente<br />
osservati sono il melanoma maligno, tumori della cavità buccale, del SNC, della tiroide,<br />
del tessuto osseo e tessuto connettivo. In particolare il rischio di sviluppare un secondo<br />
tumore sembra più alto per i pazienti trapiantati in giovane età rispetto agli altri. Il<br />
fattore di rischio che all'analisi multivariata si associa a una maggiore incidenza di<br />
secondo tumore, risulta essere la TBI. La GvHD cronica e il sesso maschile sembrano<br />
correlare con un aumentato rischio di tumori squamocellulari della cavità buccale e<br />
della cute.<br />
Questa aumentata incidenza di secondi tumori rende ragione, per il paziente trapiantato,<br />
di una stretta sorveglianza, anche a distanza dal trapianto, per il monitoraggio di tali<br />
eventuali complicazioni 40, 41, 42 .<br />
<br />
40 Flomenberg N, Baxter-Lowe LA, Confer D, et al. Impact of HLA class I and class II high-resolution<br />
matching on outcomes of unrelated bone marrow transplantation: HLA-C mismatching is associated with<br />
a strong adverse effect on transplant outcome. Blood 2004.<br />
41 Corvo R, Lamparelli T, Bruno S et al. Low-dose fractionated total body irradiation adversely affects<br />
prognosis of patients with leukemia receiving an HLA-matched UD-BMT. Bone Marrow Transplantation<br />
2002.<br />
<br />
42 Copelan EA. Hematopoietic Stem-cell transplantation. N Engl J Med 2006.<br />
53
4.4-COMPLICANZE E QUALITA’ DI VITA<br />
La qualità di vita è definita dall’OMS come «la percezione soggettiva che un individuo<br />
ha della propria posizione nella vita, nel contesto di una cultura e di un insieme di valori<br />
nei quali egli vive, anche in relazione dei propri obiettivi, aspettative,<br />
preoccupazioni» 43 .<br />
Appare chiaro pertanto che non si può estrapolare un indice di benessere valido per tutti,<br />
in quanto ogni individuo percepisce gli stessi valori in maniera differente.<br />
Tuttavia la qualità di vita delle persone sottoposte a TMO è nettamente inferiore: gli<br />
obiettivi risultano modificati in quanto la precaria condizione fisica impedisce il<br />
raggiungimento di una buona parte di questi; le aspettative si mostrano sia<br />
quantitativamente che qualitativamente inferiori; infine le preoccupazioni, com’è facile<br />
comprendere, aumentano esponenzialmente in relazione alla gravità della patologia e<br />
dei trattamenti effettuati.<br />
Le conseguenze che il trapianto può comportare dipendono in parte dal decorso<br />
clinico, pertanto l’insorgenza di complicanze, soprattutto tardive, influenza<br />
negativamente la qualità di vita di queste persone.<br />
Questo decremento si osserva in varie aree di benessere del soggetto:<br />
- in quello fisico, perché l’aggravamento delle condizioni corporee induce<br />
un’astenia spesso tanto debilitante da costringerlo a letto;<br />
- in quello sociale/familiare, perché il regime di ricovero ne ostacola i rapporti<br />
interpersonali;<br />
- in quello emotivo, perché la comparsa di complicanze lo istiga a perdere<br />
fiducia e gli incute timore;<br />
- in quello personale, perché la condizione fisica non gli permette di svolgere le<br />
normali attività socio-ricreative.<br />
Tra le altre conseguenze al trattamento che possono incidere sulla qualità di<br />
vita, rivestono un ruolo altrettanto importante i regimi di condizionamento<br />
(chemio-radioterapia), che producono effetti collaterali gravissimi.<br />
È quindi necessario che l’infermiere tenga conto di tutte queste problematiche e<br />
si mostri sempre pronto a confrontarsi con esse.<br />
<br />
43<br />
Mock V. Pickett M.. Ropka M. et al. Fatigue and quality of life outcomes of exercise during cancer<br />
treatment. Oncol Nurs Forum 2001.<br />
54<br />
<br />
<br />
<br />
Una corretta assistenza non può perciò prescindere da un’aggiornata<br />
informazione sui correnti progetti di ricerca, che mirano a descrivere in maniera<br />
approfondita i problemi che incidono sulla qualità di vita di questi pazienti.<br />
L’idea di realizzare questo studio è nata proprio per cercare di comprendere<br />
meglio come le problematiche affrontate dal paziente durante<br />
l’ospedalizzazione, vadano ad incidere nei vari modelli di benessere.<br />
Nella seconda parte sarà illustrato lo studio condotto, le analisi effettuate ed i<br />
risultati ottenuti.<br />
55
PARTE II<br />
INTRODUZIONE<br />
Avendo descritto, nella prima parte del presente lavoro, la procedura, le complicanze e<br />
tutto l’iter terapeutico cui va incontro la persona sottoposta al TMO, si comprende<br />
facilmente l’importanza della variazione della qualità di vita in tali individui.<br />
L’infermiere deve dunque raccogliere le informazioni necessarie, per poter mettere in<br />
atto interventi mirati ed efficaci a risolvere o diminuire tutte le problematiche in grado<br />
d’incidere chiaramente sul benessere dei pazienti.<br />
Tale modificazione viene ad instaurarsi a causa di inevitabili procedure e precauzioni,<br />
che però debbono essere rispettate per salvaguardare lo stato di salute della persona<br />
assistita e per ottenere un risultato positivo dal trapianto . Esse vengono rappresentate<br />
dalla terapia di condizionamento, dall’isolamento protettivo e dal lungo periodo di<br />
ospedalizzazione.<br />
Il periodo di condizionamento cui và ad imbattersi il paziente, viene effettuato (come<br />
già descritto) tramite la polichemioteapia e la total body irradiation . Queste hanno un<br />
riscontro altamente negativo sull’area del benessere fisico ed emotivo dell’individuo, a<br />
causa dei numerosi effetti collaterali che si instaurano. Infatti la persona assistita si<br />
trova ad affrontare varie problematiche, che colpiscono il modello nutrizionale (in<br />
quanto i chemioterapici vanno ad alterarlo per la capacità di sviluppare mucosite<br />
orofaringea) e l’aspetto psicologico ed estetico, a causa dell’alopecia che s’instaura; si<br />
ha inoltre un elevato pericolo di sviluppare processi infettivi conseguenti<br />
all’immunosoppressione. Proprio per cercare di evitare le frequenti infezioni, il<br />
candidato al trapianto, viene collocato in una stanza a bassa carica microbica, nella<br />
quale ci sono tutte le le attrezzature indispensabili e le precauzioni possibili per essere<br />
posto in isolamento protettivo.<br />
Quest’ultimo invece, insieme al lungo periodo di ospedalizzazione, ha effetti negativi<br />
sulle aree del benessere sociale/familiare e del benessere emotivo, in quanto l’assistito si<br />
trova costretto a rimanere da solo ed estraniato dal mondo esterno per un lungo periodo,<br />
56<br />
<br />
<br />
<br />
poiché si devono ridurre al minimo le visite delle persone al fine di evitare l’ ingresso di<br />
agenti patogeni all’interno della stanza.<br />
È proprio per tali motivazioni, ed ulteriori altre, che la qualità di vita del paziente<br />
sottoposto a TMO rappresenta l’oggetto di molte ricerche scientifiche da parte di<br />
numerose associazioni, per cercare di comprendere le variabili che la influenzano allo<br />
scopo di poterne aumentare il livello.<br />
A tale proposito, in questo studio sperimentale, per mezzo di uno strumento, si è<br />
valutato il livello della qualità di vita di tali persone. La valutazione è stata effettuata in<br />
5 diverse aree: benessere fisico, benessere sociale/familiare, benessere emotivo,<br />
benessere personale ed ulteriori problematiche. Questa suddivisione è stata creata per<br />
poter meglio analizzare qualsiasi minima variazione sulla qualità di vita e per mettere in<br />
seguito i risultati a confronto più facilmente, al fine di estrapolare le differenze in vari<br />
pazienti o periodi (time points).<br />
Prima di svolgere il lavoro di ricerca è stato fondamentale mettere a punto il<br />
questionario che, in seguito, è stato distribuito alle varie persone arruolate nello studio.<br />
Il periodo di raccolta dati è stato protratto nel tempo, per cercare di inserire più casi<br />
possibili nello studio ed ottenere un campione di maggiore significatività statistica. A<br />
termine dell’intervallo di tempo prestabilito si è provveduto a ritirare tutto il materiale e<br />
a rielaborare tutti i dati per trarre tutte le conclusioni della ricerca.<br />
57
CAPITOLO 5<br />
ANALISI DELLA QUALITA’ DI VITA NELLA PERSONA<br />
SOTTOPOSTA AL TMO<br />
5.1-PROGETTO DI RICERCA<br />
OBIETTIVI DELLO STUDIO<br />
Il primo obiettivo della tesi, grazie all’analisi dei dati raccolti, è quello di misurare la<br />
qualità di vita delle persone sottoposte al trapianto di midollo osseo; non semplicemente<br />
andare ad indagare in modo generico solo determinati aspetti, bensì andare a studiare in<br />
modo approfondito ogni singola area che può influenzare positivamente o<br />
negativamente il loro benessere.<br />
Il secondo obiettivo è rappresentato dall’analisi della qualità di vita dei pazienti<br />
sottoposti al TMO in quattro fasi del trattamento, per poter meglio comprendere quali<br />
sono le differenze nei vari periodi (0, 1, 2, 3) della procedura, e scoprire se le varie aree<br />
subiscono delle variazioni.<br />
Il terzo obiettivo è rappresentato dall’analisi di ogni item, per vedere se e come questi<br />
hanno subito delle modificazioni al passare del tempo.<br />
In ulteriore aggiunta, verranno messe a confronto all’interno di ogni periodo, le varie<br />
aree del benessere della persona assistita, per analizzare se ci sono delle analogie nel<br />
loro andamento.<br />
Infine, verrà stimata la veridicità dei dati e calcolata la percentuale di affidabilità dei<br />
quesiti di riscontro relativi alle varie aree, per tutti i time points.<br />
Risulta ovvio che i risultati dell’indagine, anche se potranno essere usati per individuare<br />
le cause che vanno a modificare la qualità di vita nel lasso di tempo analizzato, non<br />
possono essere considerati utili per ricercarle in un intervallo di tempo più lungo (per<br />
raggiungere un simile obiettivo dovrebbero essere condotti altri studi con disegni più<br />
complessi, utili ad analizzare la qualità di vita post-trapianto a distanza di mesi o anni),<br />
ma potranno essere impiegati come modello o nella formulazione di ipotesi da testare in<br />
ricerche successive.<br />
58<br />
<br />
<br />
<br />
CRITERI DI SELEZIONE ED INSERIMENTO DELLE PERSONE E DEI DATI<br />
OTTENUTI NELLO STUDIO<br />
Ottenere il campione d’inserimento, oggetto dello studio, si è dimostrato molto<br />
problematico. La complessità è stata data dal numero di persone, che risultava essere<br />
esiguo e, quindi, insufficiente a formare un campionamento valido ai fini dell’analisi.<br />
Infatti questo trattamento viene effettuato soltanto su un numero ristretto di casi (che<br />
devono rispondere a criteri di eleggibilità complessi e articolati), percentualmente<br />
minore rispetto a quello di altri interventi, di uso più comune.<br />
Per far fronte a questa difficoltà è stata necessaria ottenere la collaborazione di più<br />
presidi ospedalieri, nell’intento di aumentare l’area di riferimento (e di conseguenza<br />
incrementare il numero delle persone sottoposte al TMO). A tal proposito, si è scelto di<br />
analizzare la qualità di vita di tutti i soggetti ricoverati presso l’ASUR n°7 di Ancona,<br />
l’ASUR n°1 di Pesaro e l’ASUR n°8 di Civitanova Marche nel periodo di tempo<br />
compreso tra il 15/05/2010 e il 20/10/2010. Il campione totale raccolto è di 23 persone,<br />
delle quali 18 analizzate.<br />
I criteri di inclusione risultavano: 1) soggetti sottoposti a trapianto di midollo osseo<br />
autologo, allogenico o singenico; 2) persone che avevano raggiunto almeno la<br />
maggiore età.<br />
Invece i criteri di esclusione venivano rappresentati da: 1) minore età, per la tutela dei<br />
pazienti pediatrici che, peraltro, non avrebbero potuto compilare tutte le parti del<br />
questionario, impedendo una corretta analisi; 2) pazienti stranieri che non avevano<br />
raggiunto un buon livello di comprensione della lingua italiana necessaria per la<br />
compilazione del questionario (in quanto avrebbero potuto inficiare l’attendibilità del<br />
dato). Con l’applicazione di questi criteri nella selezione del campione, sono stati<br />
esclusi dallo studio 5 casi.<br />
Conclusa la selezione del campione, si è provveduto, andando di persona nei vari<br />
presidi ospedalieri, a ritirare tutti i questionari compilati. Questi ultimi, in seguito, sono<br />
stati sottoposti ad un attento spoglio, al fine di controllare eventuali errori di<br />
compilazione e /o campi non riempiti.<br />
I criteri di validazione utilizzati, strettamente legati alla completezza dei dati nelle<br />
diverse sezioni, si basavano sulla possibilità di risalire al periodo in cui era stato<br />
59
compilato il questionario, al numero di cartella clinica ed alla compilazione di tutte le<br />
aree del benessere del soggetto.<br />
In caso di mancanza dei punti su citati, per evitare di invalidare il questionario, si è<br />
cercato di recuperarli chiedendo informazioni al personale infermieristico e medico.<br />
DISEGNO DI STUDIO<br />
Per effettuare il presente lavoro è stato condotto uno studio definito “di coorte<br />
prospettico”, in quanto si è cercato di osservare e misurare quanto accaduto dall’inizio<br />
della ricerca in poi, in una popolazione di persone che corrispondevano a particolari<br />
caratteristiche, definite da criteri d’inclusione e d’esclusione.<br />
Si è infatti cercato di misurare la qualità della vita di determinate persone sottoposte al<br />
TMO, arruolate nello studio secondo criteri d’inclusione e d’esclusione<br />
precedentemente descritti, per tutto il periodo della loro degenza (suddiviso in quattro<br />
time points).<br />
PROGRAMMA DETTAGLIATO DELLO STUDIO<br />
La realizzazione di questo studio si articola in fasi distinte che verranno qui di seguito<br />
illustrate singolarmente ed in maniera dettagliata, allo scopo di fornire un quadro il più<br />
completo possibile del lavoro che è stato svolto.<br />
Una volta scelto l’argomento, si è cercato di individuare uno strumento che potesse<br />
essere in grado di fornire dati relativi alla qualità di vita della persona sottoposta al<br />
trapianto. È stato quindi preso come modello un questionario (verrà descritto nel<br />
dettaglio più avanti), sviluppato dalla Comprehensive Cancer Center of Wake Forest<br />
University e dalla Bowman Gray School of Medicine, che è stato sottoposto ad una<br />
attenta revisione. Terminata la fase di costruzione del nuovo strumento, si è reso<br />
indispensabile indirizzare l’attenzione alla scelta dei criteri di selezione e d’esclusione<br />
dei soggetti sottoposti a campionamento.<br />
Definita l’area di ricerca sono state richieste tutte le autorizzazioni necessarie, presso il<br />
Direttore Medico del P.O. ed il Direttore delle Professioni Sanitarie Area Inf-Ost delle<br />
varie Zone Territoriali coinvolte, senza il consenso dei quali non sarebbe stato possibile<br />
svolgere questa indagine.<br />
60<br />
<br />
<br />
<br />
Il questionario è stato quindi presentato ai Coordinatori delle varie Unità Operative,<br />
unitamente a tutte le istruzioni indispensabili per un uso corretto dello strumento, allo<br />
scopo di raggiungere la massima collaborazione necessaria a garantire un buon risultato.<br />
È stata concordata insieme all’equipe infermieristica la durata dei time points di<br />
riferimento, al termine di ognuno dei quali è stata effettuata una nuova distribuzione con<br />
conseguente ritiro dei questionari compilati. Lo scopo è stato quello di andare ad<br />
analizzare piccole variazioni nell’andamento della qualità di vita, rendendo lo strumento<br />
maggiormente sensibile.<br />
Successivamente all’approvazione del progetto, i questionari sono stati consegnati ai<br />
Coordinatori, i quali hanno personalmente provveduto ad informare tutto il personale<br />
infermieristico del progetto di ricerca, istruendolo sulle norme della compilazione e sui<br />
criteri da seguire per effettuare la distribuzione.<br />
A causa della complessità dello strumento utilizzato, è stato doveroso il monitoraggio<br />
continuo di andamento e sviluppo della ricerca nelle varie fasi.<br />
Questo compito è stato svolto con disponibilità dai Coordinatori, che hanno inoltre<br />
provveduto a fornire tutte le informazioni sui progressi della raccolta dati.<br />
Al termine della compilazione dei questionari da parte dei pazienti inseriti nello studio,<br />
si è provveduto a concordare con i vari Coordinatori la data del ritiro.<br />
La raccolta dei questionari e dei dati è stata suddivisa per Zona Territoriale, perché è<br />
risultata necessaria ai fini dell’analisi, la ricerca delle cartelle cliniche riferite ai pazienti<br />
arruolati nello studio, richiedendo più giorni per la conclusione.<br />
Dalle cartelle, una volta consultate, sono stati estrapolati i dati sensibili (dati anagrafici,<br />
dati anamnestici, giorni di degenza), utili a stratificare il campione in esame e ad<br />
aumentare i dati disponibili per eventuali valutazioni supplementari.<br />
In seguito infatti sono state ricercate, tramite l’analisi dei dati, correlazioni tra i vari<br />
dati aggiuntivi raccolti e le varie aree del benessere dei pazienti, per comprendere se<br />
questi potessero avere effetti sulla qualità di vita.<br />
61
METODO DI RILEVAZIONE ED ELABORAZIONE DEI DATI<br />
In questo studio, per svolgere la fase di rilevazione dei dati, ci si è avvalsi in parte di<br />
uno strumento di valutazione elaborato dalla Comprehensive Cancer Center of Wake<br />
Forest University e dalla Bowman Gray School of Medicine. Questo, rappresentato da<br />
un questionario, è stato ricercato sulla banca dati medica di PUB-MED nell’intento di<br />
acquisire un articolo relativo alla qualità di vita dei soggetti sottoposti al trapianto di<br />
midollo osseo 44 . Una volta riusciti ad ottenerne l’ultima versione (quarta) si è<br />
provveduto ad analizzarlo e a modificarlo secondo le necessità dello studio condotto;<br />
altrimenti si sarebbe dimostrato non valido per il raggiungimento degli obiettivi<br />
prefissati all’inizio dello studio.<br />
Le modifiche apportate sono sostanzialmente tre: 1) traduzione dell’intero documento;<br />
2) inclusione della voce per la registrazione del numero della cartella clinica, necessaria<br />
per risalire al paziente e di conseguenza ai dati sensibili; 3) collocazione di un’area<br />
dedicata all’inquadramento del periodo di somministrazione del questionario alle<br />
persone (0, 1, 2, 3).<br />
L’acronimo della scala di misurazione è FACT-BMT (Functional Assesment of Cancer<br />
Theraphy-Bone Marron Transplant), un questionario composto da 50 quesiti a risposta<br />
multipla, suddivisi in 5 diverse aree: benessere fisico, benessere sociale/familiare,<br />
benessere emotivo, benessere personale ed ulteriori problematiche. La finalità di tale<br />
suddivisione è stata quella di analizzare il benessere di queste persone in modo olistico,<br />
per cercare di non trascurare alcun elemento che potesse successivamente risultare utile<br />
all’analisi dei dati. Inoltre, per quest’ultima, era richiesta la distribuzione dello stesso<br />
questionario in quattro periodi differenti, al fine di ottenere maggiori informazioni<br />
possibili e di analizzare le variazioni della qualità di vita nel tempo. I periodi di<br />
riferimento sono stati così fissati: “periodo 0” = giorno del ricovero; “periodo 1” =<br />
giorno successivo all’infusione del midollo; “periodo 2” = 7 giorni dopo l’infusione;<br />
“periodo 3” = 14 giorni dopo.<br />
Per poter risalire ad ogni domanda, senza dover ritornare al questionario durante lo<br />
spoglio dei dati, nonché per meglio strutturare la raccolta dei valori numerici<br />
<br />
44 RP. McQuellon, GB. Russell, DF. Cella, BL. Craven, M. Brady, A. Bonomi and DD. Hurd. Quality of<br />
life measurement in bone marrow transplantation: development of the Functional Assessment of Cancer<br />
Therapy-Bone Marrow Transplant (FACT-BMT) scale. Bone Marrow Transplantation 1997.<br />
62<br />
<br />
<br />
<br />
corrispondenti alle risposte, ogni area è stata contrassegnata da un codice (GP, GS, GE,<br />
GF, e BMT), mentre ad ogni quesito è stato attribuito un numero progressivo.<br />
La valutazione è stata resa possibile utilizzando una scala di tipo Likert con valori<br />
compresi tra “0” e “4” che corrispondevano alla misurazione delle varie risposte relative<br />
alla qualità di vita del paziente in quel periodo: “0” per niente, “1” in parte, “2” poco,<br />
“3” abbastanza, “4” molto.<br />
Quindi per la corretta compilazione del questionario risultava indispensabile inserire il<br />
numero della cartella clinica, barrare il periodo relativo alla somministrazione, e<br />
compilare le risposte di ogni area indagata.<br />
Con l’utilizzo di questo strumento è stato possibile valutare la qualità di vita del<br />
campione di persone preso in esame.<br />
I dati rilevati sono stati estrapolati dai questionari, ed in seguito registrati su un<br />
documento Excel. In questo è stata tracciata una riga per ogni persona e in ogni colonna<br />
sono state inserite tutte le variabili ottenute, costituite dai dati sensibili (Z.T., numero di<br />
cartella clinica, sesso, età, patologia, tipo di TMO, giorni di degenza, complicanze) e dai<br />
50 quesiti rappresentanti le varie aree, che sono stati ripetuti per i 4 periodi.<br />
Appare quindi ovvio che, per tener conto di tutte queste variabili, un solo foglio di<br />
lavoro non è sufficiente, infatti al termine, per l’elaborazione ne sono stati realizzati 4.<br />
In tutti i fogli di calcolo, ad eccezione dell’ultimo (i primi 3 sono in allegato nella tasca<br />
posteriore in fondo alla tesi, mentre il quarto si trova nelle pagine successive), sono<br />
state riportate in tabella 18 righe, corrispondenti al numero dei pazienti ed una serie di<br />
colonne variabili, in base al tipo di funzione ed all’aspetto da analizzare .<br />
Nella prima tabella sono stati riportati i singoli valori relativi a tutte le risposte date<br />
all’interno delle varie aree, suddivisi ulteriormente per periodi, in modo da poter<br />
mettere in risalto le singole variazioni nel corso della degenza. Sono state inserite per<br />
prime le 8 colonne relative ai dati sensibili, seguite da 4 grandi blocchi corrispondenti ai<br />
diversi periodi. All’interno di ogni periodo sono state create 5 serie di celle, ognuna<br />
relativa ad un’area d’indagine utilizzando un colore diverso (benessere fisico =<br />
turchese, benessere sociale/familiare = grigio, benessere emotivo = viola, benessere<br />
personale = arancione, ulteriori problematiche = verde chiaro). Al di sotto delle singole<br />
aree sono state realizzate un numero di celle pari a quello delle domande (GP n ° 7, GS n °<br />
8, GE n ° 6, GF n ° 7, BMT n ° 23) e sono stati inseriti i codici inerenti l’area,<br />
63
accompagnati da un numero diverso (progressivo) a differenziare ciascuna domanda.<br />
Terminata l’organizzazione, tutti i dati sono stati immessi in sequenza all’interno delle<br />
righe dei singoli pazienti, rispettando l’ordine di formattazione.<br />
Nella seconda tabella, invece, sono state inserite le somme dei valori relativi alle varie<br />
aree di benessere, anche stavolta suddivise per periodi. I dati sono stati calcolati nella<br />
tabella precedente, quindi riportati in successione sotto l’area corrispondente nel nuovo<br />
foglio di lavoro. L’obiettivo di questa analisi è stato quello di andare a ricercare e<br />
mettere in risalto eventuali variazioni e/o analogie delle varie aree in funzione del<br />
periodo. Per semplificare lo smistamento dei dati si è scelto di utilizzare gli stessi colori<br />
(riferiti alle medesime variabili presenti) in tutti i fogli di lavoro, sarebbe infatti risultato<br />
artificioso e confusionale assegnare colorazioni differenti alle variabili a seconda del<br />
foglio. Per quanto riguarda l’organizzazione, le colonne inserite, a seguito dei dati<br />
sensibili, risultano cinque per ogni periodo, venti in totale. Ogni colonna rappresenta<br />
un’area d’indagine e contiene la somma relativa alle risposte date dal paziente per quel<br />
determinato benessere nel periodo di riferimento.<br />
Nella terza tabella sono state prese in considerazione soltanto le domande di maggiore<br />
interesse, cioè quelle che presentavano un andamento di valori più eterogeneo,<br />
escludendo quelle meno significative ai fini di questa nuova analisi. Ogni risposta alle<br />
26 domande selezionate (5 benessere fisico, 3 benessere sociale/familiare, 4 benessere<br />
emotivo, 3 benessere personale, 11 ulteriori problematiche) è stata estrapolata dalla<br />
prima tabella realizzata ed ordinata per periodo, allo scopo di andare a misurarne le<br />
variazioni al passare del tempo. In questo modo si è ottenuto un riscontro visivo<br />
immediato dell’andamento temporale, non evidenziato dalle tabelle precedenti. Si è<br />
scelto di analizzare: per il benessere fisico le domande 1, 2, 4, 6, 7; per il benessere<br />
sociale/familiare le domande 2, 3, 4; per il benessere emotivo le domande 1, 2, 3, 5; per<br />
il benessere personale le domande 4, 5, 7; infine per le ulteriori problematiche le<br />
domande 2, 3, 4, 5, 8, 12, 14, 15, 17, 20, 21. In tabella le colonne sono state suddivise<br />
per area d’indagine, pertanto dopo i dati sensibili, sono stati disposti 5 gruppi di celle,<br />
all’interno di ognuno dei quali il numero di celle è pari al numero delle domande<br />
moltiplicate per il numero di periodi (104 in totale). Come ultima riga, al di sotto di<br />
quelle dei pazienti, sono state indicate le colonne corrispondenti alle domande utili per<br />
ottenere un riscontro delle relative aree.<br />
64<br />
<br />
<br />
<br />
Infine l’ultima tabella riassume tutti i dati sviluppati dall’analisi (tab.3) delle precedenti.<br />
All’interno si è distinta la somma del numero dei pazienti, ad ogni determinato periodo,<br />
per la condizione dei tipi di benessere che presentava. L’obiettivo era rappresentato<br />
dalla necessità di avere una sintesi, da cui ricavare il numero delle persone che<br />
presentavano una determinata condizione su ogni area d’indagine, per ottenere in<br />
seguito le percentuali che verranno citate e descritte nella prima discussione dei risultati<br />
ottenuti.<br />
Tabella 3. Tabella finale rappresentante la condizione del campione<br />
BENESSEREFISICO>=<br />
Condizioni<br />
Periodo () () (=) (+) (++) Persi<br />
PERIODO0 2/18 10/18 2/18 3/18 1/18 /<br />
PERIODO1 1/18 / 1/18 10/18 6/18 /<br />
PERIODO2 / 8/18 / 3/18 5/18 2/18<br />
PERIODO3 2/18 2/18 2/18 6/18 / 6/18<br />
BENESSERESOCIALE/FAMILIARE>=+<br />
Condizioni<br />
Periodo () () (=) (+) (++) Persi<br />
PERIODO0 / 4/18 3/18 5/18 6/18 /<br />
PERIODO1 9/18 7/18 / 2/18 / /<br />
PERIODO2 2/18 4/18 6/18 4/18 / 2/18<br />
PERIODO3 / 5/18 6/18 1/18 / 6/18<br />
BENESSEREEMOTIVO>=<br />
Condizioni<br />
Periodo () () (=) (+) (++) Persi<br />
PERIODO0 6/18 6/18 5/18 / 1/18 /<br />
PERIODO1 / 2/18 10/18 5/18 1/18 /<br />
PERIODO2 / 3/18 9/18 4/18 2/18<br />
PERIODO3 3/18 5/18 3/18 1/18 6/18<br />
BENESSEREPERSONALE>=+<br />
Condizioni<br />
Periodo () () (=) (+) (++) Persi<br />
PERIODO0 3/18 4/18 3/18 5/18 3/18 /<br />
PERIODO1 6/18 6/18 5/18 1/18 / /<br />
PERIODO2 2/18 4/18 7/18 3/18 / 2/18<br />
PERIODO3 / 4/18 5/18 3/18 / 6/18<br />
Per la costruzione si sono inseriti 4 blocchi indipendenti, rappresentanti tutte le aree di<br />
benessere ad eccezione delle ulteriori problematiche (esclusione effettuata in quanto<br />
rappresenta un riscontro delle aree d’indagine sondate nella prima parte del<br />
questionario). Inferiormente sono state applicate 5 righe (1 riproduceva la condizione<br />
dei soggetti, mentre 4 i periodi) e 7 colonne (1 dedicata alla specificazione del periodo;<br />
5 per le diverse condizioni, che andavano da una situazione negativa ad una positiva; ed<br />
65
1 per i pazienti persi al controllo). Solo in seguito si sono inseriti i numeri, in modo<br />
organizzato, relativi alle persone nei vari spazi creati.<br />
La finalità della creazione di tutti questi fogli di calcolo è stata quella di avere tutti i<br />
dati organizzati in modo diverso, per poter vedere se le ipotesi venivano confermate dai<br />
dati raccolti e mettere in evidenza ogni volta solo l’aspetto che si voleva prendere in<br />
considerazione. Questo lavoro si è dimostrato necessario sia per il grande numero di<br />
variabili presenti (come già citato), che per l’impossibilità di usufruire della funzione<br />
del raggruppamento di Excel, in quanto questo non permetteva di mettere a confronto<br />
ogni singola domanda, bensì soltanto gli stessi periodi.<br />
Anche se la procedura di costruzione delle 4 tabelle si è descritta consecutivamente,<br />
queste si sono sviluppate a distanza di tempo, in base alle necessità dell’elaborazione<br />
dei dati.<br />
Dopo aver descritto ampiamente il metodo di rilevazione dei dati, ovvero lo strumento<br />
di misurazione (consistente nella scala FACT-BMT) e l’intero documento di Excel<br />
utilizzato, verrà spiegata la metodologia di elaborazione dei dati.<br />
Per raggiungere gli obiettivi dello studio, sono state effettuate 2 tipi di analisi delle<br />
risposte ottenute, dunque 2 tipi di elaborazioni.<br />
La prima è risultata più complessa ed ha necessitato di più fasi per essere portata a<br />
termine.<br />
Il punto di partenza, dopo la costruzione della prima tabella, è stato quello di analizzarla<br />
e cercare di comprendere l’andamento delle varie aree di benessere nei vari periodi.<br />
Analizzandola, però, si era notato che per poter recuperare tutte le informazioni<br />
necessarie, si doveva incorrere in alcune problematiche tecniche; infatti si dovevano<br />
rivedere troppe volte i fogli, in quanto l’andamento del lavoro di Excel era in senso<br />
orizzontale e i quesiti di ogni area moltiplicate per il numero delle persone,<br />
rappresentavano troppe variabili per poter essere analizzate contemporaneamente.<br />
Quindi per far fronte a queste difficoltà, si è scelto di effettuare la somma di tutte le<br />
risposte di ogni area, per tutti i periodi e pazienti. Questa procedura è stata resa possibile<br />
in quanto tutte le risposte alle varie domande avevano la caratteristica di poter essere<br />
addizionate: all’interno delle singole aree, le domande avevano tutte lo stesso<br />
orientamento prognostico, fatta eccezione per l’item GE 2 di cui invece si sono invertiti<br />
i valori (0 = 4, 1 = 3, 2 = 2, 3 = 1, 4 = 0). Questo procedimento ha portato alla creazione<br />
66<br />
<br />
<br />
<br />
della seconda tabella, nella quale si aveva un riscontro diretto, grazie ai valori<br />
visualizzabili, della situazione dei singoli casi in ogni area, per ogni periodo. Il lavoro<br />
successivo eseguito è stato quello di dover scaglionare i numeri ottenuti, al fine di poter<br />
comprendere in che situazione di benessere si trovavano i soggetti. Per fare questo, si è<br />
effettuata la somma del punteggio massimo ottenibile, dalle risposte a tutte le domande<br />
contenute in ogni singola area. A risultato ottenuto, poi, si è calcolata la media, che<br />
rappresentava la condizione di stabilità per quell’area di benessere.<br />
Ricavato il valore di stazionarietà, si è provveduto ad applicare dei segni positivi<br />
(+/++), negativi (-/--) o di uguaglianza (=) a tutte le persone del periodo 0, a seconda del<br />
punteggio totale da loro ottenuto nelle singole aree, al fine di poterle suddividere in base<br />
al grado di condizione. Terminata l’assegnazione dei simboli, è stato quindi formulato il<br />
campione di riferimento, rappresentante la situazione di partenza, da confrontare con il<br />
successivo periodo, al fine di controllare potenziali cambiamenti. Lo stesso<br />
procedimento è stato applicato ai rimanenti periodi, fatta eccezione per la condizione di<br />
partenza, che invece risultava diversa di volta in volta, in quanto i dati venivano<br />
confrontati sempre a quelli del time point precedente; lo scopo di questo metodo era<br />
quello di diminuire il distacco temporale, andando a calcolare intervalli di variazione<br />
più piccoli possibili.<br />
Nella fase finale di questa elaborazione, i segni registrati sulla seconda tabella sono stati<br />
conteggiati per ogni condizione e periodo. Dunque il risultato raggiunto per ognuno di<br />
essi (ovvero il numero di pazienti trovatosi per ogni condizione), è stato inserito sulla<br />
quarta tabella, che rappresentava la sintesi del lavoro di elaborazione svolto e<br />
permetteva di ricavare i dati trattati più avanti nel prossimo capitolo.<br />
Dopo aver terminato la suddetta elaborazione, si è passati ad effettuare la seconda, che,<br />
invece, ha necessitato di minori passaggi. Per prima fase, come per la precedente<br />
elaborazione, si è esaminata la prima tabella cercando di studiare, questa volta,<br />
l’andamento di ogni risposta in rapporto ai periodi.<br />
Quindi per ottenere una modalità più celere e priva di possibilità di errore, si è deciso di<br />
estrapolare, dalla prima tabella, i valori risultati dalle domande ritenute più significative<br />
per ogni soggetto e per ogni periodo e di inserirli su di una griglia. Proprio a tal fine si è<br />
costruita la terza tabella, con l’accortezza però di prendere tutti i punteggi dei vari<br />
periodi di un quesito e paziente alla volta. Questo criterio si è ripetuto fino alla<br />
67
conclusione dei dati da analizzare. Il risultato ottenuto ha avuto esito positivo, infatti,<br />
con questa visualizzazione si è dimostrato molto più semplice effettuare l’analisi.<br />
Occorre inoltre specificare, che un ulteriore controllo sulla validità dei dati è stato<br />
eseguito identificando con questa elaborazione, in alcune aree d’indagine e domande,<br />
quesiti di riscontro, con l’intento di rendere lo strumento più affidabile e di individuare<br />
possibili incongruenze nelle risposte precedentemente date dai pazienti.<br />
Più dettagliatamente, i quesiti inseriti corrispondono alle domande contraddistinte dai<br />
codici GP 6 (riscontro benessere fisico), BMT 2 (riscontro benessere sociale/familiare),<br />
BMT 8 (2 ° riscontro benessere fisico) e BMT 12 (riscontro benessere emotivo).<br />
I risultati ottenuti sono stati accuratamente esaminati, domanda per domanda, paziente<br />
per paziente; è stato inoltre calcolato l’andamento medio dei casi dalla linea base<br />
(periodo 0) all’ultimo periodo di riferimento (periodo 3).<br />
In conclusione gli andamenti sono stati riportati su un grafico a dispersione (XY) e<br />
commentati, insieme ai dati estratti, nel capitolo inerente la discussione dei risultati<br />
ottenuti.<br />
DATI RILEVATI E VALUTATI: AREE D’INDAGINE<br />
Grazie allo strumento di valutazione è stato possibile analizzare la qualità di vita delle<br />
persone sottoposte al trapianto di midollo osseo in 5 aree d’indagine, con i relativi<br />
quesiti di tipo sia qualitativo che quantitativo.<br />
Il questionario utilizzato, il FACT-BMT, è un modello unificato che comprende 2 scale<br />
di misurazione: il modello generico FACT-G e il BMTS.<br />
L’obiettivo primario del FACT-G è di stabilire se ci sono delle variazioni sulla qualità<br />
di vita, in relazione agli effetti collaterali della terapia, sui pazienti affetti da neoplasie<br />
in quattro aree principali: benessere fisico, benessere sociale/familiare, benessere<br />
emozionale e benessere personale. Invece, le domande incluse nel BMTS sono state<br />
costruite in seguito, per essere compatibili con il FACT-G. L’idea è stata quella di<br />
costruire uno strumento più sensibile che vada meglio ad analizzare la qualità di vita dei<br />
pazienti sottoposti al TMO, così la sottoscala è stata scelta per completare lo strumento<br />
generico FACT-G.<br />
In questo studio per effettuare la prima analisi, si sono prese in riferimento tutte le<br />
domande del questionario FACT-BMT dalle varie aree del benessere, escludendo<br />
68<br />
<br />
<br />
<br />
dall’ultima tabella le ulteriori problematiche, mentre per svolgere la seconda sono state<br />
prese in considerazione solo i quesiti di maggiore interesse dalle varie aree d’indagine:<br />
dal Benessere Fisico sono state valutate “Ho carenza di energia”, “Ho nausea”,<br />
“Ho dolore”, “Mi sento male” e “Sono costretto a passare il tempo a letto”;<br />
dal Benessere Sociale/Familiare sono state valutate “Ricevo supporto emotivo<br />
dalla mia famiglia”, “Ricevo supporto dai miei amici” e “La famiglia ha<br />
accettato la mia malattia”;<br />
dal Benessere Emotivo sono state valutate “Mi sento triste”, “Sono soddisfatto di<br />
come sto affrontando la mia malattia”, “Sto perdendo la speranza nella lotta<br />
contro la lotta della mia malattia” e “ho paura di morire”;<br />
dal Benessere Personale sono state valutate “Ho accettato la mia malattia”,<br />
“Dormo bene” e “Sono soddisfatto della qualità della mia vita in questo<br />
momento”;<br />
da Ulteriori Problematiche sono state valutate “Mi sento distante dalle altre<br />
persone”, “Temo che il trapianto non funzioni”, “Gli effetti avversi del<br />
trattamento sono peggiori di quanto immaginassi”, “Presento appetito”, “Mi<br />
affatico facilmente”, “Mi preoccupa il trapianto di midollo osseo”, “Ho<br />
frequentemente raffreddori/infezioni”, “Presento alterazioni del gusto quando<br />
mangio”, “Presento irritazioni cutanee (esempio rush, prurito)” e “Presento<br />
problemi intestinali”.<br />
Nelle pagine successive è riportato lo strumento, con le varie aree d’indagine e i relativi<br />
quesiti presi in considerazione nell’analisi della qualità di vita dei soggetti sottoposti al<br />
TMO, nonché la discussione dei risultati ottenuti ed i rispettivi grafici riassuntivi.<br />
69
5.2-LO STRUMENTO: LA SCALA FACT-BMT PER LA<br />
MISURAZIONE DELLA QUALITA’ DI VITA NELLA PERSONA<br />
SOTTOPOSTA AL TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO.<br />
70<br />
<br />
<br />
<br />
CAPITOLO 6<br />
ANALISI DEI RISULTATI OTTENUTI: DISCUSSIONE<br />
6.1-COMMENTO DEI DATI OTTENUTI DALLA PRIMA<br />
ELABORAZIONE<br />
La prima elaborazione consisteva nell’analisi delle varie aree d’indagine, per misurare<br />
la situazione di partenza dei soggetti presi in campione e gli eventuali cambiamenti col<br />
trascorrere dei periodi.<br />
Come già si è detto, per il seguente obiettivo ci si è avvalsi di tre fogli di lavoro Excel;<br />
adesso verranno qui di seguito illustrati i risultati ottenuti.<br />
Considerando che la percentuale di compilazione dei questionari per i vari periodi<br />
risulta del 100% nello 0 e nell’1, dell’89% nel 2 e del 67% nel 3, si può affermare che<br />
nei primi due il margine di errore è pressoché uguale a zero, mentre negli altri due<br />
aumenta progressivamente. Questo perché nel campione esaminato, 2/18 persone nel<br />
secondo periodo e 6/18 nel terzo non hanno compilato lo strumento perché fuori dal<br />
periodo di raccolta dati.<br />
Nell’area del benessere fisico la situazione di partenza (periodo 0) mostrava che il 67%<br />
delle persone alla linea base, aveva una condizione fisica favorevole, sostanzialmente<br />
data dalla assenza di disturbi o sintomi di vario genere; l’11% era rappresentato da<br />
soggetti che avevano uno stato fisico pressoché stazionario, infatti presentavano<br />
qualche alterazione della qualità di vita ma non troppo significativa; mentre del 22%<br />
che arrivava già con una situazione negativa, soltanto il 5% aveva una condizione<br />
altamente sfavorevole. Questo time point mostrava che al giorno del ricovero la gran<br />
parte delle persone si trovavano in uno stato di benessere fisico buono, dovuto<br />
presumibilmente dalla remissione della patologia di base.<br />
74
11%<br />
0%<br />
5%<br />
Grafico a torta 1<br />
Situazionedelbenesserefisico<br />
alperiodo0(>=)<br />
56%<br />
17%<br />
Dall’analisi del periodo 1 è emerso che: solo il 6% dei casi ha avuto un miglioramento<br />
rispetto al precedente, che probabilmente è stato reso possibile dalle condizioni<br />
antecedenti più negative; il 5% era esente da variazioni; il restante 89% (maggioranza<br />
netta) ha peggiorato la propria condizione, forse a causa dei trattamenti subiti e di<br />
questi, il 33% in modo significativo. Il lasso di tempo analizzato ha evidenziato che la<br />
gran parte dei soggetti ha avuto un netto peggioramento attribuibile alla chemioradioterapia,<br />
cui incorre il paziente, durante la fase di condizionamento.<br />
Grafico a torta 2<br />
5%<br />
0%<br />
6%<br />
0%<br />
56%<br />
Nel periodo 2, invece, si riscontrava un miglioramento nel 44% dei soggetti, indicante<br />
una ripresa delle condizioni fisiche, seppure modesta e non in grado di ripristinare i<br />
valori della linea base; il 17% peggiorava lievemente la propria condizione (peraltro già<br />
compromessa); il 28% continuava progressivamente a peggiorare mostrando i valori più<br />
75<br />
33%<br />
11%<br />
Situazionedelbenesserefisico<br />
alperiodo1(>=)<br />
()<br />
()<br />
(=)<br />
(+)<br />
(++)<br />
Persi<br />
()<br />
()<br />
(=)<br />
(+)<br />
(++)<br />
Persi<br />
<br />
<br />
<br />
alti di tutta l’area. Nell'insieme l’andamento di questo periodo si è dimostrato<br />
estremamente dinamico, difatti non sono stati riscontrati casi di stazionarietà.<br />
Grafico a torta 3<br />
0%<br />
Infine al periodo 3, il 22% delle persone presentava un miglioramento, con segni di<br />
ripresa che per l’11% si sono rivelati significativi; l’11% restava in una condizione di<br />
stabilità; il 33% subiva una debole acutizzazione. Nonostante i miglioramenti osservati,<br />
i valori continuavano a divergere dalla linea base, mostrando un quadro complessivo di<br />
peggioramento in rapporto al periodo.<br />
Grafico a torta 4<br />
0%<br />
17%<br />
34%<br />
Situazionedelbenesserefisico<br />
alperiodo2(>=)<br />
44%<br />
28%<br />
La situazione di partenza (periodo 0) che caratterizzava il benessere sociale/familiare<br />
mostrava un quadro abbastanza positivo, con una percentuale di negatività pari al 22%,<br />
senza nessun caso significativo; il 17% si presentava in una condizione di benessere<br />
accettabile, non lamentando carenze affettive o familiari; del restante 61%, oltre il 33%<br />
76<br />
11%<br />
0%<br />
Situazionedelbenesserefisico<br />
alperiodo3(>=)<br />
33%<br />
11%<br />
11%<br />
11%<br />
()<br />
()<br />
(=)<br />
(+)<br />
(++)<br />
Persi<br />
()<br />
()<br />
(=)<br />
(+)<br />
(++)<br />
Persi
dei soggetti manifestava piena soddisfazione per la propria condizione sociale,<br />
pienamente appoggiati da amici e familiari, ad indicare una grande fiducia dei soggetti.<br />
Questo dimostrava che i pazienti al momento del ricovero non soffrivano di solitudine,<br />
anzi si sentivano supportati dalle persone a loro care.<br />
Grafico a torta 5<br />
22%<br />
Situazionedelbenesseresociale/familiare<br />
alperiodo0(>=+)<br />
0%<br />
0%<br />
17% 28%<br />
Nel periodo 1 si è osservato un netto peggioramento delle condizioni rispetto alla linea<br />
base, infatti circa la metà dei pazienti presentava significative variazioni, mentre la<br />
percentuale complessiva dei soggetti che peggioravano sfiorava il 90%;<br />
deboli miglioramenti o segni di ripresa si riscontravano soltanto nell’ 11% ca dei<br />
pazienti, in ogni caso senza cambiamenti rilevanti.<br />
Grafico a torta 6<br />
50%<br />
39%<br />
Nel periodo 2 i pazienti in situazione stazionaria risultavano essere il 34% del totale,<br />
registrando una bassa dinamicità che si contrapponeva all’instabilità del periodo<br />
77<br />
33%<br />
Situazionedelbenesseresociale/familiare<br />
alperiodo1(>=+)<br />
()<br />
11%<br />
0%<br />
0%<br />
0%<br />
()<br />
()<br />
(=)<br />
(+)<br />
(++)<br />
Persi<br />
()<br />
(=)<br />
(+)<br />
(++)<br />
Persi<br />
<br />
<br />
<br />
precedente, sottolineando una maggiore sicurezza e fiducia del paziente negli affetti; ciò<br />
nonostante l’11% dei soggetti continuava a peggiorare marcatamente, ad evidenziare il<br />
disagio provato per l’obbligo di ospedalizzazione che chiaramente influiva sulla qualità<br />
dei rapporti sociali; peggiorava in modo poco significativo il 22% dei pazienti, flusso<br />
matematicamente annullato da un altro 22% che invece recuperava, migliorando la<br />
propria situazione sociale. Gli sviluppi positivi riscontrati si sono comunque dimostrati<br />
troppo esigui per poter assumere valore statistico, pertanto il quadro generale restava<br />
all'incirca simile a quello del precedente time point.<br />
Grafico a torta 7<br />
22%<br />
Situazionedelbenesseresociale/familiare<br />
alperiodo2(>=+)<br />
11%<br />
34%<br />
11%<br />
Nell’ultimo periodo non è stato rilevato alcun ulteriore peggioramento marcato o di<br />
interesse, difatti del 28% dei soggetti che peggiorava, nessuno risultava grave o<br />
discostato in modo significativo dalla linea base; Il 33% dei casi restava fermo nelle<br />
proprie condizioni, dimostrando d’aver raggiunto un equilibrio di benessere<br />
quantomeno accettato dai soggetti stessi; l’incremento dei valori è tuttavia risultato<br />
modesto, poiché soltanto il 5% del campione migliorava, seppur leggermente, la propria<br />
condizione. Possiamo quindi affermare nel complesso che il benessere sociale e<br />
familiare andava a diminuire all’aumentare dei periodi, dimostrando che il soggetto in<br />
ospedale tendeva a sentirsi sempre più solo al passare del tempo. Tutto questo è<br />
imputabile alle precauzioni che vengono prese durante l’ospedalizzazione, per<br />
scongiurare ogni pericolo di infezione e/o contaminazione rispettivamente del soggetto<br />
e dell’ambiente, procedura nota con il nome di isolamento protettivo.<br />
78<br />
0%<br />
22%<br />
()<br />
()<br />
(=)<br />
(+)<br />
(++)<br />
Persi
28%<br />
0%<br />
Grafico a torta 8<br />
Situazionedelbenesseresociale/familiare<br />
alperiodo3(>=+)<br />
()<br />
33%<br />
5%<br />
0%<br />
Partendo dalla linea base (periodo 0), il benessere emotivo appariva sostanzialmente<br />
molto positivo, il giorno dell’ingresso in ospedale soltanto il 5% in tutto il campione di<br />
riferimento presentava una situazione negativa; il 28% dei casi si trovava in condizioni<br />
di equilibrio accettabili, dimostrando di affrontare la malattia con serenità; del restante<br />
67% che mostrava un quadro positivo, all’incirca la metà manifestava una situazione<br />
emotiva ottimale, con i più alti valori registrati rispetto a tutte le altre aree d’indagine.<br />
Grafico a torta 9<br />
34%<br />
33%<br />
Nel periodo 1 è stato invece rilevato un crollo emotivo coinvolgente il 28% dei casi, in<br />
netto peggioramento rispetto al precedente controllo; soltanto l’11% esibiva segni di<br />
miglioramento rispetto al giorno d’ingresso; tuttavia il quadro rimaneva ancora<br />
abbastanza positivo, difatti veniva registrato un notevole aumento percentuale dei<br />
soggetti in equilibrio emotivo accettabile, fino al 56%; il 5% dei soggetti che il giorno<br />
79<br />
34%<br />
Situazionedelbenessereemotivo<br />
nelperiodo0(>=)<br />
28%<br />
5%<br />
0%<br />
0%<br />
()<br />
(=)<br />
(+)<br />
(++)<br />
Persi<br />
()<br />
()<br />
(=)<br />
(+)<br />
(++)<br />
Persi<br />
<br />
<br />
<br />
del ricovero si trovava in una condizione profondamente compromessa, continuava ad<br />
aggravarsi, dimostrando di perdere ulteriormente fiducia e speranza nella cura della<br />
propria patologia. Complessivamente è stata registrata una perdita emotiva modesta<br />
all’interno del campione, che dimostrava di maturare dei timori inerenti il trattamento,<br />
associati a nervosismo e/o pessimismo nei confronti delle aspettative future.<br />
Grafico a torta 10<br />
0%<br />
0%<br />
Situazionedelbenessereemotivonel<br />
periodo1(>=)<br />
11%<br />
5%<br />
56%<br />
Dai dati esaminati nel periodo 2 è emerso che il 50% del campione ha mantenuto una<br />
certa stazionarietà, dimostrando di non lasciarsi turbare più di tanto dalle proprie paure;<br />
il 22% dei casi ha invece peggiorato il proprio stato, seppure in minima parte; soltanto il<br />
17% ha ottenuto un debole progresso rispetto al periodo di riferimento. Il quadro<br />
generale mostrava un sottile miglioramento, buona parte dei soggetti rivelava una<br />
condizione di benessere abbastanza positiva, incoraggiati dal fatto d’aver già superato le<br />
fasi del trapianto più delicate (condizionamento, infusione).<br />
Grafico a torta 11<br />
80<br />
28%<br />
Situazionedelbenessereemotivo<br />
nelperiodo2(>=)<br />
50%<br />
17%<br />
0%<br />
11%<br />
22%<br />
0%<br />
()<br />
()<br />
(=)<br />
(+)<br />
(++)<br />
Persi<br />
()<br />
()<br />
(=)<br />
(+)<br />
(++)<br />
Persi
Il periodo 3 non verrà preso in considerazione poiché i dati ricavati sono per lo più<br />
equiparabili a quelli del precedente, ad eccezione di un unico caso che palesava un netto<br />
crollo emotivo a causa di gravi complicazioni insorte in seguito al trattamento.<br />
Globalmente il benessere emotivo della media dei pazienti risulta per lo più positivo in<br />
tutti i periodi. Nel lasso di tempo preso in considerazione i soggetti risentivano dei<br />
momenti critici del trattamento, ma tendevano a ripristinare il proprio stato di benessere,<br />
tornando alla linea base.<br />
Grafico a torta 12<br />
17%<br />
0%<br />
Situazionedelbenessereemotivo<br />
alperiodo3(>=)<br />
27% 17%<br />
34%<br />
In ultima analisi, il giorno del ricovero, i soggetti che si trovavano in uno stato di<br />
benessere personale sfavorevole erano il 39%, di questi il 17% mostrava una condizione<br />
significativamente negativa, registrando i valori più bassi in linea base rispetto alle altre<br />
aree di benessere; il 17% del campione si presentava in condizioni accettabili, ma non<br />
ottimali; un ulteriore 17% viveva invece una situazione estremamente positiva,<br />
portando il quadro generale del campione a livelli, tutto sommato, favorevoli; inoltre i<br />
casi positivi in maniera modesta, risultavano il 27%.<br />
I valori registrati in linea base indicavano che molti soggetti, al momento del ricovero,<br />
non erano in grado di svolgere il proprio lavoro e presentavano un alterato modello<br />
sonno-riposo.<br />
81<br />
5%<br />
()<br />
()<br />
(=)<br />
(+)<br />
(++)<br />
Persi<br />
<br />
<br />
<br />
Grafico a torta 13<br />
Situazionedelbenesserepersonalenel<br />
periodo0(>=+)<br />
17%<br />
22%<br />
0%<br />
17%<br />
17%<br />
Nel periodo 1 è stata riscontrata una diminuzione sostanziosa del benessere analizzato,<br />
che ha coinvolto il 66% dei casi, per la metà in modo considerevole (33%); Il 28% del<br />
campione esibiva una situazione stazionaria relativamente alla linea di base; Soltanto il<br />
6% delle persone sottoposte a controllo esprimeva valori positivi, in miglioramento<br />
rispetto al giorno del ricovero. Il quadro generale palesava dunque una condizione di<br />
benessere personale sfavorevole, dovuta al fatto che la degenza non permetteva ai<br />
soggetti di svolgere le proprie attività e/o svaghi.<br />
Grafico a torta 14<br />
Il periodo 2 è caratterizzato da segni di ripresa, precisamente il 17% del campione si<br />
mostrava in fase di recupero, presentando maggior adattamento alla condizione di<br />
ricovero; il 39% dei soggetti si manteneva invece stazionario rispetto al periodo<br />
precedente; infine la percentuale di quelli che continuavano a peggiorare scende al 33%,<br />
di cui solo l’11% in modo consistente, migliorando il quadro generale rispetto al<br />
82<br />
27%<br />
Situazionedelbenesserepersonalenel<br />
periodo1(>=+)<br />
33%<br />
33%<br />
28%<br />
6%<br />
0% 0%<br />
()<br />
()<br />
(=)<br />
(+)<br />
(++)<br />
Persi<br />
()<br />
()<br />
(=)<br />
(+)<br />
(++)<br />
Persi
periodo di riferimento (periodo 1). Il ritorno dei valori verso la linea base indica una<br />
maggiore consapevolezza del paziente della propria condizione ed un ritorno di energie<br />
perse nelle fasi iniziali del trattamento, con conseguente aumento della capacità di<br />
svolgere le varie attività.<br />
Grafico a torta 15<br />
22%<br />
Situazionedelbenesserepersonalenel<br />
periodo2(>=+)<br />
39%<br />
()<br />
()<br />
17%<br />
(=)<br />
11%<br />
11%<br />
0%<br />
(+)<br />
(++)<br />
Persi<br />
Infine nel periodo 3 i valori continuavano a crescere, ritornando verso la linea base, ma<br />
divergendo ancora considerevolmente da essa. Ciò è avvalorato dal fatto che la<br />
percentuale di casi che peggioravano limitatamente, scendeva al 22%; il 27%<br />
manteneva la propria situazione rispetto al periodo 2; infine il 17% del campione<br />
esibiva un netto miglioramento. Il quadro generale indicava un incremento sostanziale<br />
delle condizioni di benessere, che si aggiungeva a quello del periodo precedente,<br />
mostrando un andamento graduale nel tempo che rifletteva le difficoltà iniziali del<br />
soggetto ad accettare l’ospedalizzazione, poi in parte superate, ma non del tutto<br />
eliminate; pertanto la qualità di vita dei pazienti complessivamente risultava<br />
compromessa: infatti sono pochi quelli che affermavano di essere soddisfatti dei risultati<br />
ottenuti.<br />
Grafico a torta 16<br />
22%<br />
0%<br />
Situazionedelbenesserepersonalenel<br />
periodo3(>=+)<br />
27%<br />
()<br />
()<br />
17% (=)<br />
34%<br />
0%<br />
(+)<br />
(++)<br />
Persi<br />
83<br />
<br />
<br />
<br />
6.2-COMMENTO DEI DATI OTTENUTI DALLA SECONDA<br />
ELABORAZIONE<br />
La seconda analisi comprende uno studio approfondito e dettagliato di ogni domanda<br />
significativa, che si pone come obbiettivo l’analisi dell’andamento di risposta nel<br />
campione, durante i vari periodi. Tutte le risposte alle domande sono state analizzate<br />
minuziosamente, per aumentare l’affidabilità dello strumento utilizzato, riducendo il<br />
margine d’errore. Il campione impiegato è ovviamente uguale al precedente, per cui è<br />
ovvio che le problematiche inerenti l’affidabilità dei dati siano le stesse del primo<br />
studio, ovvero gli ultimi periodi di riferimento presentavano un numero di casi<br />
insufficienti a fornire un margine d’errore trascurabile (~ 0).<br />
BENESSERE FISICO<br />
Dal benessere fisico sono state analizzate le domande GP 1, GP 2, GP 4, GP 6, GP 7.<br />
Alla domanda 1 “Ho carenza di energia” alla linea base il 22% dei soggetti ha risposto<br />
“per niente”, il 28% “in parte”, il 22% “poco”, il 17% “abbastanza”, l’11% “molto”.<br />
L’andamento dei soggetti nei periodi portava ad una situazione finale in cui il 39% dei<br />
casi peggiorava, il 33% manteneva uno stato di benessere fisico inalterato, il 28%<br />
migliorava. Di quest’ultimo 28%, il 5% mostrava un incremento graduale nel tempo,<br />
il 6% ripristinava i valori che aveva in linea base dopo una ricaduta, il 6% iniziava a<br />
migliorare significativamente soltanto dal periodo 2 ed un ulteriore 11% migliorava in<br />
modo non significativo; la percentuale di risposta “molto” nel periodo 3 saliva al 17%.<br />
Da questo quadro si evinceva che la maggior parte dei soggetti al momento del<br />
ricovero non accusavano astenia, mentre nel periodo 1, a causa del regime di<br />
trattamento, il 28% dei pazienti rispondeva “molto”; tuttavia già dal periodo 2 si<br />
notavano segni di ripresa e all’ultimo controllo i valori nel 78% dei casi tendevano a<br />
ripristinare la linea base, mentre il 22% si era aggravato in modo considerevole,<br />
mostrando un drastico incremento dei valori. Complessivamente si osservava quindi<br />
un rapido recupero di energie per la maggior parte di loro.<br />
84
Valori<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
Istogramma 1<br />
VariazionidipunteggioalladomandaGP1<br />
neivariperiodidituttelepersone<br />
0 1 2 3<br />
Periodi<br />
1° persona<br />
2° persona<br />
3° persona<br />
4° persona<br />
5° persona<br />
6° persona<br />
7° persona<br />
7° persona<br />
9° persona<br />
10° persona<br />
11° persona<br />
12° persona<br />
13° persona<br />
14° persona<br />
15° persona<br />
16° persona<br />
17° persona<br />
18° persona<br />
Alla domanda 2 “Ho nausea”, relativamente alla linea base, le risposte registrate sono:<br />
78% “per niente”, il 17% “in parte” e il 5% “molto”, riflettendo una situazione di<br />
partenza ottimale per molti, critica per qualcuno. Nei periodi 1 e 2 sono stati registrati<br />
valori di peggioramento intermedi ed all’ultimo controllo la percentuale di pazienti<br />
che accusavano considerevolmente nausea è pari al 28%, mentre quelli che non la<br />
presentavano affatto scendeva al 28%. Il quadro mostrava livelli crescenti di malessere<br />
direttamente proporzionali al periodo, rilevando la comparsa di effetti collaterali nel<br />
95% dei soggetti, contro un misero 5% che invece non manifestava mai questo<br />
sintomo.<br />
85<br />
<br />
<br />
<br />
Valori<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
Istogramma 2<br />
VariazionidipunteggioalladomandaGP2<br />
neivariperiodidituttelepersone<br />
0 1 2 3<br />
Periodi<br />
1° persona<br />
2° persona<br />
3° persona<br />
4° persona<br />
5° persona<br />
6° persona<br />
7° persona<br />
8° persona<br />
9° persona<br />
10° persona<br />
11° persona<br />
12° persona<br />
13° persona<br />
14° persona<br />
15° persona<br />
16° persona<br />
17° persona<br />
18° persona<br />
Alla domanda 4 “Ho dolore” il giorno del ricovero, un 55% del campione ha risposto<br />
“per niente”, il 34% “in parte”, l’11% “poco”, mentre nessuno ha risposto<br />
“abbastanza” o “molto”. Nei periodi successivi prima il 33%, poi il 22% dei soggetti<br />
accusava considerevolmente dolore, portando l’andamento su valori positivi.<br />
All’ultimo controllo solo il 33% non lamentava dolore, mentre il 22% mostrava<br />
disturbi di lieve entità; era interessante notare che l’11% subiva un incremento tale da<br />
rispondere “molto”. L’andamento complessivo risultava abbastanza negativo, i<br />
soggetti peggioravano la propria condizione dalla linea base all’ultimo periodo, ad<br />
eccezione del 17% che non manifestava mai dolore e di un ulteriore 17% che<br />
ripristinava la linea base o la migliorava leggermente. Questi valori indicavano una<br />
situazione estremamente problematica, che andava inequivocabilmente ad incidere<br />
sulla qualità di vita del campione esaminato.<br />
86
Valori<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
Istogramma 3<br />
VariazionidipunteggioalladomandaGP4<br />
neivariperiodidituttelepersone<br />
0 1 2 3<br />
Periodi<br />
1° persona<br />
2° persona<br />
3° persona<br />
4° persona<br />
5° persona<br />
6° persona<br />
7° persona<br />
8° persona<br />
9° persona<br />
10° persona<br />
11° persona<br />
12° persona<br />
13° persona<br />
14° persona<br />
15° persona<br />
16° persona<br />
17° persona<br />
18° persona<br />
Alla domanda 6 “Mi sento male” al periodo 0, l’83% dei casi ha risposto “per niente”,<br />
mentre il restante 17% ha risposto “in parte”, riflettendo una condizione iniziale di<br />
benessere elevata. I valori iniziavano a scostarsi dalla linea base già nel periodo 1, per<br />
raggiungere i massimi livelli di malessere al periodo 2; seguiva un lieve<br />
miglioramento che riportava la situazione finale (periodo 3) verso la linea base, anche<br />
se i valori mostravano una condizione di peggioramento generale: solo il 28%<br />
all’ultimo controllo non presentava alcun dolore, mentre il 17% mostrava lievi<br />
disturbi, infine saliva al 22% il numero di pazienti in condizioni critiche, che<br />
presentava cioè, un notevole stato di malessere. Il quadro che ne derivava, dunque, era<br />
di relativo benessere per tutti i soggetti il giorno del ricovero, ma proseguendo nei<br />
periodi, i valori salivano bruscamente nell’83%, contro un modesto 17% che<br />
manteneva invariata la situazione dalla linea base all’ultimo controllo; Nell’ultimo<br />
periodo i valori scendevano, segno che i pazienti lamentavano una condizione fisica<br />
meno debilitante, ma solo l’11% migliorava a tal punto da ripristinare la linea base, il<br />
restante 72% continuava a provare un malessere fisico superiore a quello descritto il<br />
giorno d’ingresso in ospedale.<br />
87<br />
<br />
<br />
<br />
Valori<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
Istogramma 4<br />
VariazionidipunteggioalladomandaGP6<br />
neivariperiodidituttelepersone<br />
0 1 2 3<br />
Periodi<br />
1° persona<br />
2° persona<br />
3° persona<br />
4° persona<br />
5° persona<br />
6° persona<br />
7° persona<br />
8° persona<br />
9° persona<br />
10° persona<br />
11° persona<br />
12° persona<br />
13° persona<br />
14° persona<br />
15° persona<br />
16° persona<br />
17° persona<br />
18° persona<br />
Nell’ultima domanda relativa al benessere fisico “Sono costretto a passare il tempo a<br />
letto” alla condizione di partenza, solo il 5% del campione ha risposto “molto”<br />
unitamente ad un altro 5% che ha risposto “abbastanza”, contro un 45% che<br />
rispondeva “per niente”; il 45% dei soggetti si manteneva su valori di disagio minimi<br />
rispondendo “in parte” (33%) e “poco” (12%). Il quadro manteneva in linea base,<br />
valori abbastanza accettabili, come del resto accadeva in tutte le altre domande del<br />
benessere fisico; basta però allontanarsi dal punto di partenza per registrare valori via<br />
via sempre più alti: al periodo 1, il 17% dei pazienti dichiarava di essere costretto di<br />
passare molto tempo a letto, il 39% “abbastanza”; soltanto un 5% rispondeva “per<br />
niente”, la restante parte si manteneva su valori intermedi. Al periodo successivo i<br />
valori scendevano, ritornando verso il periodo di partenza, ma mantenendo il 39% di<br />
casi ancora abbastanza impossibilitati a muoversi ed il 17% di prima che continuava a<br />
rispondere “molto”; saliva però all’11% il numero di persone non accusanti il disturbo<br />
(“per niente”). Infine nell’ultimo periodo soltanto un 22% di soggetti equamente<br />
ripartito (2 x 11%) viveva un disagio considerevole, dichiarando di trascorrere a letto<br />
88
ancora una quantità di tempo sostanziosa; il 17% migliorava o ripristinava la linea<br />
base, mentre l’11% si manteneva sugli stessi valori per tutta la durata del controllo.<br />
Analizzando “in toto” il benessere fisico, ci si accorge di come la qualità di vita dei<br />
degenti in quest’area, sia più alta all’ingresso e vada progressivamente a ridursi nei<br />
periodi più critici dell’ospedalizzazione, tendendo poi a risalire, stabilizzandosi però su<br />
valori superiori (condizione negativa) a quelli registrati nel periodo 0.<br />
Grafico a dispersione 1<br />
Valorinegativi<br />
12<br />
10<br />
8<br />
6<br />
4<br />
2<br />
0<br />
Confrontosull'andamentodeiquesitidelbenesserefisico<br />
1 1,5 2 2,5<br />
Timepoints<br />
3 3,5 4<br />
Le motivazioni che possono spiegare questo andamento, devono tener conto delle<br />
difficoltà incontrate dai soggetti durante le fasi critiche del TMO; i trattamenti<br />
chemioterapici della fase di condizionamento, producono una mole di effetti collaterali<br />
generalizzata: la nausea, ad esempio, colpisce il 95% del campione con un plateau<br />
corrispondente proprio alla fase immunosoppressiva. Anche l’infusione (periodo 1) può<br />
condurre ad effetti collaterali importanti come dolore toracico, nausea, reazione<br />
orticarioide, dolore addominale, ecc.<br />
È bene tener presente che, fino all’attecchimento, i pazienti anche a causa dell’aplasia<br />
midollare, non potranno raggiungere livelli di benessere fisico adeguati (essendo<br />
soggetti a rischio di frequenti infezioni e probabili emorragie).<br />
È quindi fondamentale un’assistenza infermieristica rivolta al monitoraggio continuo<br />
dei parametri vitali, nonché ad una tempestiva rilevazione di ogni eventuale<br />
manifestazione clinica (segni, sintomi) in tutte le fasi, al fine di ridurre al minimo le<br />
89<br />
GP1<br />
GP2<br />
GP4<br />
GP6<br />
GP7<br />
<br />
<br />
<br />
probabilità di sviluppare complicanze e di mettere immediatamente in atto interventi<br />
specifici e ben pianificati, nel caso in cui si presentassero. L’obbiettivo è quello di<br />
aumentare, per quanto possibile, la qualità di vita dei pazienti, dal punto di vista del<br />
benessere fisico.<br />
BENESSERE SOCIALE/FAMILIARE<br />
Dal benessere sociale/familiare sono state esaminate le domande GS 2, GS 3, GS 4.<br />
Alla domanda 2 “Ricevo supporto emotivo dalla mia famiglia” nel periodo 0, l’89%<br />
del campione ha evidenziato una situazione familiare ottimale (55% ”molto”, 34%<br />
“abbastanza”), mentre soltanto l’11% ha risposto “poco”; L’andamento subiva<br />
piccolissime variazioni nel tempo, arrivando ad una situazione finale (periodo 3) più o<br />
meno simile alla linea base, dalla quale migliorava leggermente, l’11% che aveva<br />
risposto “poco” non compariva più nell’ultimo controllo. La situazione finale è per<br />
tutti molto positiva.<br />
Alla domanda 3 “Ricevo supporto dai miei amici” i valori riflettevano una situazione<br />
per lo più positiva in tutti i periodi; soltanto il 28% ha risposto “in parte” o “poco”, ed<br />
ha mantenuto i valori stabili a tutti i controlli. Il quadro restava dunque pressoché<br />
invariato nel tempo (le variazioni erano infatti troppo piccole per dimostrarsi<br />
significative) . E’ importante sottolineare inoltre che le risposte date dai pazienti,<br />
risentivano di un contesto determinato da variabili soggettive, come il valore<br />
dell’amicizia, che pertanto non essendo quantificabile, non può nemmeno essere<br />
definito con certezza.<br />
Alla domanda 4 “La famiglia ha accettato la mia malattia”, ultima in quest’area<br />
d’indagine, al giorno del ricovero i valori erano per il 95% positivi; soltanto un 5% ha<br />
risposto “poco”, lamentando una carente accettazione familiare riguardo l’insorgere<br />
della propria patologia; all’ultimo controllo la situazione appariva di poco discostata<br />
dalla linea base, assumendo valori più bassi solo nel 17% dei soggetti. L’andamento<br />
mostrava quindi un leggero decremento dal periodo 0 al 3, ma non tale da risultare<br />
indicativo di un peggioramento delle condizioni familiari.<br />
90
Valori<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
Istogramma 5<br />
VariazionidipunteggioalladomandaGS4<br />
neivariperiodidituttelepersone 1° persona<br />
2° persona<br />
3° persona<br />
4° persona<br />
5° persona<br />
6° persona<br />
7° persona<br />
8° persona<br />
9° persona<br />
10° persona<br />
11° persona<br />
12° persona<br />
13° persona<br />
14° persona<br />
15° persona<br />
16° persona<br />
17° persona<br />
18° persona<br />
0 1 2 3<br />
Periodi<br />
L’aspetto generale di quest’area d’indagine risultava poco significativo ai fini dell’<br />
analisi, l’andamento emergeva, con qualche approssimazione, abbastanza regolare, a<br />
comprovare la bassa influenza che può avere il trapianto sui quesiti presi in<br />
considerazione. L’andamento familiare non risultava compromesso, sebbene<br />
nell’ambito sociale di questa stessa area, i valori registrati avevano subito decrementi<br />
considerevoli, dimostrando che se anche il supporto familiare era sufficiente a<br />
mantenere una qualità di vita accettabile, quello degli amici spesso risultava inadeguato.<br />
Grafico a dispersione 2<br />
Valorinegativi<br />
7<br />
6<br />
5<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
Confrontosull'andamentodeiquesiti<br />
delbenesseresociale/familiare<br />
1 1,5 2 2,5 3 3,5 4<br />
Timepoints<br />
91<br />
GS2<br />
GS3<br />
GS4<br />
<br />
<br />
<br />
I decrementi osservati vanno tuttavia attribuiti all’ isolamento protettivo cui era<br />
sottoposto il campione, che rendeva meno agevoli i rapporti dei pazienti con familiari<br />
ed amici. Questa procedura prevede giorni, orari e numero di ingressi limitati, divieto di<br />
introdurre oggetti di qualunque tipo (tecnologico, ludico, ecc) e/o alimenti. Tutto ciò<br />
sottopone il paziente ad uno squilibrio di tipo sociale-familiare, ma anche psicologico.<br />
L’assistenza infermieristica mira a ristabilire l’equilibrio psicologico del paziente,<br />
cercando di fargli comprendere la necessità e l’importanza di queste restrizioni, per la<br />
buona riuscita del trattamento. L’isolamento potrebbe infatti andare a migliorare<br />
considerevolmente lo stato di salute del soggetto, riducendo il rischio di complicanze,<br />
ed è bene che venga sottolineato e specificato per dare una visione più ottimistica ed<br />
infondergli fiducia.<br />
Infine è indispensabile istruire il paziente sulle regole da seguire per rendere<br />
l’isolamento efficace prima che venga eseguito, assicurandosi che ne abbia ben<br />
compreso nozioni, motivazioni e comportamenti da mettere in atto durante tutto il<br />
periodo.<br />
BENESSERE EMOTIVO<br />
Dal benessere emotivo sono state analizzate le domande GE 1, GE 2, GE 3, GE 5.<br />
Alla domanda 1 “Mi sento triste” il giorno del ricovero ha risposto “per niente” il<br />
39% dei casi, “poco” il 50% e soltanto il 5% “molto”; al giorno dell’infusione invece i<br />
“poco” risultavano stabili, mentre il 33% iniziava ad accusare tristezza, raggiungendo<br />
punteggi elevati, il 39% dei pazienti che il giorno del ricovero non accusava<br />
malessere, all’infusione scendeva al 17%. All’ultimo controllo i valori tornavano<br />
leggermente verso la linea base, con un 22% di soggetti non colpiti, un 11% molto<br />
triste e un 33% di poco peggiorato rispetto al quadro iniziale; è da sottolineare che il<br />
17% del campione rimaneva stabilmente sul valore più basso. L’andamento generale<br />
era quindi caratterizzato da un repentino aumento dei valori (condizione negativa)<br />
seguito da un decremento che tendeva a ripristinare i valori iniziali, per cui possiamo<br />
affermare che la situazione andava debolmente a peggiorare.<br />
Alla domanda 2 “Sono soddisfatto di come sto affondando la mia malattia”, nel<br />
periodo 0 i valori si mantenevano tutti alti, mentre nei periodi successivi si osservava<br />
92
un 17% di pazienti con valori bassi (“in parte”, “poco”), mentre il restante 83%<br />
continuava ad avere fiducia nell’approccio che aveva assunto.<br />
Alla domanda 3 “Sto perdendo la speranza nella lotta contro la mia malattia” il 60%<br />
dei soggetti rispondeva sempre “per niente”; nel primo controllo solo il 22% si<br />
mostrava dubbioso (11% “in parte, 11% “poco”), tutti gli altri asserivano di non aver<br />
perso affatto la speranza. Nei periodi successivi solo il 5% peggiorava, discostandosi<br />
dalla linea base. Il quadro perciò appariva abbastanza positivo, i pazienti si sentivano<br />
abbastanza soddisfatti dell’andamento del trattamento.<br />
Alla domanda 5 “Ho paura di morire” il 22% dei soggetti rispondeva a tutti i controlli<br />
“molto”, contro un 33% stabilmente privo di questo timore. Solo l’11% presentava un<br />
incremento di valori dal primo all’ultimo controllo. Si può quindi affermare che i<br />
soggetti che mostravano di avere molta paura il giorno del ricovero, avevano più o<br />
meno mantenuto questa condizione nel tempo, lo stesso ragionamento può essere fatto<br />
per quelli che invece non pensavano per niente alla morte. Questa staticità di valori<br />
mostrava la difficoltà di contenere o estinguere i timori dei soggetti nel tempo,<br />
probabilmente perché le paure erano così radicate da rendere inefficaci gli interventi<br />
infermieristici specifici.<br />
Istogramma 6<br />
Valori<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
VariazionidipunteggioalladomandaGE5<br />
neivariperiodidituttelepersone<br />
0 1 2 3<br />
Periodi<br />
1° persona<br />
2° persona<br />
3° persona<br />
4° persona<br />
5° persona<br />
6° persona<br />
7° persona<br />
8° persona<br />
9° persona<br />
10° persona<br />
11° persona<br />
12° persona<br />
13° persona<br />
14° persona<br />
15° persona<br />
16° persona<br />
17° persona<br />
18° persona<br />
93<br />
<br />
<br />
<br />
La condizione generale mostrava un peggioramento significativo in questi punti del<br />
benessere emotivo, che nell’insieme rifletteva una perdita di fiducia del soggetto nella<br />
cura della propria patologia.<br />
Grafico a dispersione 3<br />
Valorinegativi<br />
7<br />
6<br />
5<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
Confrontosull'andamentodeiquesitidelbenessereemotivo<br />
1 1,5 2 2,5 3 3,5 4<br />
Timepoints<br />
Gli effetti collaterali dei vari trattamenti spaventavano ed agitavano i pazienti,<br />
facendogli temere un peggioramento delle proprie condizioni ed in qualche caso,<br />
addirittura la morte. Per far fronte a queste problematiche, l’infermiere deve:<br />
incoraggiare i pazienti, per cercare di farli reagire a questa situazione; tranquillizzarli<br />
nei momenti di maggior sconforto, sostenendoli emotivamente; spiegargli le varie<br />
procedure nel momento dell’effettuazione, al fine di renderli partecipi ed attivi nel piano<br />
assistenziale; infine illustrargli gli effetti collaterali ai quali potrebbero andare incontro,<br />
per eliminare le paure che questi sarebbero in grado di scatenare.<br />
BENESSERE PERSONALE<br />
Dal benessere personale sono state valutate le domande GF 4, GF 5, GF 7.<br />
Alla domanda 4 “Ho accettato la mia malattia” al periodo 0 solo l’11% dei soggetti<br />
rispondeva “in parte”, il 17% “poco”, il 61% “abbastanza” e l’11% “molto”.<br />
L’andamento era sostanzialmente stabile, solo l’ 11% dei casi aveva un graduale<br />
aumento nel tempo, ma il flusso veniva annullato da un’ulteriore 11% che invece,<br />
peggiorava leggermente. Globalmente la tendenza era quella di mantenersi attorno alla<br />
94<br />
GE1<br />
GE2<br />
GE3<br />
GE5
linea base, e tra questi meritava considerazione un 11% che dimostrava di non essersi<br />
adattato alla malattia in tutto il periodo di riferimento. Solo il 17% dava prova di non<br />
aver preso bene la patologia, mentre un buon 50% andava ad aggiungersi a quelli che<br />
dimostravano piena accettazione (rispondendo “abbastanza” in ogni periodo)<br />
Istogramma 7<br />
Valori<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
VariazionidipunteggioalladomandaGF4<br />
neivariperiodidituttelepersone 1° persona<br />
2° persona<br />
3° persona<br />
4° persona<br />
5° persona<br />
6° persona<br />
7° persona<br />
8° persona<br />
9° persona<br />
10° persona<br />
11° persona<br />
12° persona<br />
13° persona<br />
14° persona<br />
15° persona<br />
16° persona<br />
17° persona<br />
18° persona<br />
0 1 2 3<br />
Periodi<br />
Alla domanda 5 “Dormo bene” nel periodo 0, il 33% del campione mostrava valori<br />
bassi (11% “in parte”, 22% “poco”) e il 67% alti (56% “abbastanza”, l’11% “molto”).<br />
L’andamento era decrescente nei periodi 1 e 2, mentre risaliva leggermente all’ultimo<br />
controllo. Nel periodo 3 il 33% aveva ancora valori bassi e scendeva al 39% il numero<br />
di pazienti abbastanza soddisfatti del proprio riposo. Il decremento osservato era da<br />
attribuirsi alla condizione fisica dei pazienti<br />
Alla domanda 7 “Sono soddisfatto della qualità di vita in questo momento” l’11%<br />
esordiva al ricovero con “per niente”, il 33% con “poco”, il 50% con “abbastanza” ed<br />
infine il 6% con “molto”. Il percorso evidenziato dalle risposte, progrediva in senso<br />
decrescente in relazione ai periodi 1 e 2. Infatti all’ultimo intervallo posto in analisi, il<br />
17% aveva risposto “per niente”, il 28% “poco”, il 22% “abbastanza” e il 5% “molto”.<br />
Le uniche eccezioni a questo andamento risultavano del 39% dei casi, in quanto questi<br />
avevano mantenuto sempre dei valori stazionari per tutti i time points; di questi il 6%<br />
aveva assunto sempre valori corrispondenti a “per niente”, il 5% a “molto”, mentre il<br />
95<br />
<br />
<br />
<br />
restante 28% a risultati intermedi. Nel complesso i livelli di soddisfazione della qualità<br />
di vita registrati, indicavano una riduzione rispetto al giorno del ricovero.<br />
Istogramma 8<br />
Valori<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
0 1 2 3<br />
Periodi<br />
Per l’intera analisi effettuata sui quesiti selezionati del benessere personale, era emersa<br />
una situazione di differenza sul loro andamento, tant’è vero che i risultati ottenuti non<br />
potevano essere sovrapposti o generalizzati tra loro.<br />
Grafico a dispersione 4<br />
Valorinegativi<br />
14<br />
12<br />
10<br />
8<br />
6<br />
4<br />
2<br />
0<br />
VariazionidipunteggioalladomandaGF7<br />
neivariperiodidituttelepersone<br />
Confrontosull'andamentodeiquesitidelbenesserepersonale<br />
1 1,5 2 2,5 3 3,5 4<br />
Timepoints<br />
1° persona<br />
2° persona<br />
3° persona<br />
4° persona<br />
5° persona<br />
6° persona<br />
7° persona<br />
8° persona<br />
9° persona<br />
10° persona<br />
11° persona<br />
12° persona<br />
13° persona<br />
14° persona<br />
15° persona<br />
16° persona<br />
17° persona<br />
18° persona<br />
96<br />
GF4<br />
GF5<br />
GF7
Riassumendo si era osservata una incompleta accettazione della patologia nella<br />
maggioranza dei soggetti, un alterato modello di sonno/riposo e una limitata capacità<br />
nello svolgere le attività che normalmente effettuavano, sia dal punto di vista lavorativo<br />
che ricreativo. Queste rappresentano complicanze che possono svilupparsi nell’area del<br />
benessere emotivo di questi soggetti, come ad esempio la preoccupazione per l’esito del<br />
TMO, ma anche in altre aree d’indagine (dolore fisico, effetti collaterali, ecc), che<br />
devono comunque essere risolte o diminuite tramite un’assistenza infermieristica<br />
efficace e ben pianificata.<br />
L’infermiere di fronte a queste situazioni, difatti, deve mettere in atto un modello di<br />
coping valido, per cercare di comprendere incertezze, dubbi o perplessità che<br />
presentano le persone assistite, al fine di farle adattare a questa nuova situazione. Per<br />
quanto riguarda il ripristino del modello sonno/riposo, si deve cercare di<br />
creare/mantenere un ambiente confortevole e regolare il ritmo sonno/veglia,<br />
organizzando nel modo migliore tutte le procedure da effettuare, creando così del tempo<br />
libero al paziente. Infine, si deve cercare di far mantenere ai soggetti un modello di<br />
attività fisica commisurata alla propria condizione, incentivandoli sull’esecuzione di<br />
esercizi e incoraggiandoli a svolgere delle attività ricreative.<br />
ULTERIORI PROBLEMATICHE<br />
Dalle ulteriori problematiche sono state studiate le domande BMT 2, BMT 3, BMT 4,<br />
BMT 5, BMT 8, BMT 12, BMT 15, BMT 17, BMT 20, BMT 21.<br />
Alla domanda 2 “Mi sento distante dalle altre persone” all’ingresso in ospedale il 45%<br />
dei casi affermava “per niente”, il 28% “poco”, il 17% in parte, il restante 10% si<br />
divideva equamente tra “abbastanza” e “molto”. All’ultimo controllo invece, il numero<br />
di soggetti che si sentivano vicini agli altri scendeva al 17%, mentre restavano<br />
invariati i valori bassi ( 28%, 17%) ed alti ( 11%). La situazione nell’insieme appariva<br />
in sottile peggioramento (valori più alti) dalla linea base all’ultimo periodo di<br />
riferimento, confermando quanto rilevato nel benessere sociale/familiare per il quale,<br />
questo item, fungeva da riscontro.<br />
97<br />
<br />
<br />
<br />
Valori<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
Istogramma 9<br />
0 1 2 3<br />
Periodi<br />
Alla domanda 3 “Temo che il trapianto non funzioni” i valori nel periodo 0 si<br />
mantenevano in un range abbastanza moderato, infatti il 39% affermava di non avere<br />
alcuna preoccupazione riguardo al trapianto, il 45% manifestava qualche timore ( 39%<br />
poco, 17% in parte) e soltanto il 5% emergeva dal gruppo con “abbastanza”. La<br />
tendenza all’interno dei periodi è stabile, difatti il campione all’ultimo controllo<br />
appariva minimamente modificato, il 61 % dei pazienti manteneva i valori invariati in<br />
tutti i periodi, la restante parte subiva qualche variazione non sostanziale tornando poi<br />
alla linea di base. I dati raccolti non sono quindi risultati molto significativi,<br />
probabilmente perché i time points presi in considerazione erano troppo brevi e quindi<br />
insufficienti a descrivere variazioni così ridotte.<br />
Istogramma 10<br />
Valori<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
VariazionidipunteggioalladomandaBMT2<br />
neivariperiodidituttelepersone<br />
VariazionidipunteggioalladomandaBMT3<br />
neivariperiodidituttelepersone<br />
0 1 2 3<br />
Periodi<br />
1° persona<br />
2° persona<br />
3° persona<br />
4° persona<br />
5° persona<br />
6° persona<br />
7° persona<br />
8° persona<br />
9° persona<br />
10° persona<br />
11° persona<br />
12° persona<br />
13° persona<br />
14° persona<br />
15° persona<br />
16° persona<br />
1° persona<br />
2° persona<br />
3° persona<br />
4° persona<br />
5° persona<br />
6° persona<br />
7° persona<br />
8° persona<br />
9° persona<br />
10° persona<br />
11° persona<br />
12° persona<br />
13° persona<br />
14° persona<br />
15° persona<br />
16° persona<br />
98
Alla domanda 4 “Gli effetti avversi del trattamento sono peggiori di quanto<br />
immaginassi” al primo controllo le percentuali risultavano: il 72% “per niente”, il 17%<br />
“in parte” e l’11% poco. Con il verificarsi degli effetti collaterali inerenti alla chemioradioterapia,<br />
i valori salivano, peggiorando l’andamento generale. Appunto per tale<br />
motivazione, i punteggi calcolati nell’ultimo periodo aumentavano (condizione<br />
negativa), eccetto un 28% che restava stabile e un 33% che rispondeva “per niente”;<br />
l’11% si manteneva su valori bassi (5% in parte, 6% poco) e comparivano situazioni<br />
negative nel 22% dei soggetti che, peggiorato il proprio stato di benessere, manteneva<br />
i valori compresi tra “abbastanza” e “molto”. Nel complesso si era osservato un trend<br />
in rapido incremento, rispecchiante una situazione in netto peggioramento rispetto al<br />
ricovero, che dimostrava la non completa consapevolezza del campione riguardo la<br />
gravità degli effetti collaterali che si manifestavano in seguito ai trattamenti.<br />
Istogramma 11<br />
Valori<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
VariazionidipunteggioalladomandaBMT4<br />
neivariperiodidituttelepersone 1° persona<br />
2° persona<br />
3° persona<br />
4° persona<br />
5° persona<br />
6° persona<br />
7° persona<br />
8° persona<br />
9° persona<br />
10° persona<br />
11° persona<br />
12° persona<br />
13° persona<br />
14° persona<br />
15° persona<br />
16° persona<br />
17° persona<br />
18° persona<br />
0 1 2 3<br />
Periodi<br />
Alla domanda 5 “Presento appetito”, un buon 33% si manteneva stabile durante i<br />
periodi, mentre la restante parte subiva un netto decremento di punteggi. Al periodo 0,<br />
solo il 5% presentava inappetenza, il 33% aveva “poco” appetito, il 62% “molto”.<br />
All’ultimo controllo i “per niente” erano saliti all’11%, i “poco” erano diventati il 39%<br />
99<br />
<br />
<br />
<br />
e quelli che al giorno di ricovero, presentavano molto appetito, si erano drasticamente<br />
ridotti al 17%. Appariva chiaro come la situazione andasse decisamente a peggiorare,<br />
probabilmente a causa della comparsa di disturbi gastro-enterici e/o mucosite.<br />
Istogramma 12<br />
Valori<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
VariazionidipunteggioalladomandaBMT5<br />
neivariperiodidituttelepersone 1° persona<br />
2° persona<br />
3° persona<br />
4° persona<br />
5° persona<br />
6° persona<br />
7° persona<br />
8° persona<br />
9° persona<br />
10° persona<br />
11° persona<br />
12° persona<br />
13° persona<br />
14° persona<br />
15° persona<br />
16° persona<br />
17° persona<br />
18° persona<br />
0 1 2 3<br />
Periodi<br />
Alla domanda 8 “Mi affatico facilmente” i soggetti che mantenevano stabili i propri<br />
valori risultavano il 28%, tra questi meritava particolare attenzione un 5% che si<br />
trovava in una condizione critica sin dall’inizio. I valori nel primo controllo<br />
descrivevano una condizione di benessere accettabile con un 61% di valori positivi<br />
(11% per niente, 11% in parte, 39% poco) e solamente un 33% di “abbastanza”. Al<br />
periodo 3 invece la situazione appariva drastica: i valori positivi erano scesi al 28%<br />
(17% in parte, 11% poco), mentre gli “abbastanza” restavano invariati e i “molto”<br />
salivano (11%). Nell’insieme quindi il contesto faceva intuire un peggioramento<br />
generale, in quanto i soggetti presentavano grave astenia.<br />
100
Valori<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
Istogramma 13<br />
VariazionidipunteggioalladomandaBMT8<br />
neivariperiodidituttelepersone 1° persona<br />
2° persona<br />
3° persona<br />
4° persona<br />
5° persona<br />
6° persona<br />
7° persona<br />
8° persona<br />
9° persona<br />
10° persona<br />
11° persona<br />
12° persona<br />
13° persona<br />
14° persona<br />
15° persona<br />
16° persona<br />
17° persona<br />
18° persona<br />
0 1 2 3<br />
Periodi<br />
Alla domanda 12 “Mi preoccupa il trapianto di midollo osseo”, nel periodo di<br />
partenza, il 12% aveva riferito “per niente”, il 33% “poco”, mentre il rimanente 55%<br />
aveva esposto valori elevati (22% abbastanza, 33% molto). Il trend mostrava un<br />
incremento dei valori nel secondo controllo e una progressiva diminuzione nei<br />
successivi, fino ad arrivare all’ultimo intervallo preso in considerazione, nel quale si<br />
registrava il 22% con “per niente”, il 22% “poco”, il 17% “abbastanza” e il 5%<br />
“molto”. Era degno d’attenzione un 33% di casi che rimaneva sulle proprie posizioni<br />
durante tutto lo studio; di questi, l’11% affermava di non essere affatto preoccupato<br />
dal trapianto. Ne risultava che le persone al trascorrere dei periodi (e di conseguenza<br />
delle fasi), erano meno intimoriti da questo trattamento, avendone già superato i<br />
momenti più critici.<br />
101<br />
<br />
<br />
<br />
Valori<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
Istogramma 14<br />
VariazionidipunteggioalladomandaBMT12<br />
neivariperiodidituttelepersone 1° persona<br />
2° persona<br />
3° persona<br />
4° persona<br />
5° persona<br />
6° persona<br />
7° persona<br />
8° persona<br />
9° persona<br />
10° persona<br />
11° persona<br />
12° persona<br />
13° persona<br />
14° persona<br />
15° persona<br />
16° persona<br />
17° persona<br />
18° persona<br />
0 1 2 3<br />
Periodi<br />
Alla domanda 15 “Ho frequentemente raffreddori/infezioni” il giorno del ricovero il<br />
45% dei pazienti asseriva di non esserne (per niente) colpito, un 50% lievemente (22%<br />
in parte, 28% poco), solo il 5% “abbastanza”. Al periodo 3 la situazione si presentava<br />
debolmente migliorata, poiché la percentuale di pazienti non colpiti saliva al 56%,<br />
mentre il 33% rimaneva nella stessa condizione lungo tutta la degenza; restava al 5% il<br />
numero di persone con frequenti problemi di questo genere, ma diminuiva<br />
considerevolmente quello dei casi in parte soggetti a queste complicanze (5%). La<br />
situazione si mostrava quindi migliore all’ultimo controllo in paragone alla linea base,<br />
segno che i pazienti, superata la fase di aplasia, ristabilivano il sistema immunitario.<br />
Alla domanda17 “Presento alterazioni del gusto quando mangio” soltanto l’11% non<br />
ha mostrato variazioni nel tempo, il 5% non presentava disgeusia, il 6% ne aveva<br />
abbastanza. Nel periodo 0 soltanto il 50% dei soggetti presentava questa problematica,<br />
il 6% in maniera molto significativa, l’11% abbastanza e il 33% in minima parte.<br />
All’ultimo step esclusivamente il 17% affermava di non avere questo sintomo, mentre<br />
la restante parte presentava un livello di disgeusia lieve (27%), consistente (17%) o<br />
elevato (5%). Questi punteggi indicavano uno sviluppo verso l’alto (condizione<br />
102
negativa) non troppo significativo, ma che rifletteva un aumento complessivo degli<br />
effetti collaterali ai chemioterapici.<br />
Istogramma 15<br />
Valori<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
VariazionidipunteggialladomandaBMT17<br />
neivariperiodidituttelepersone 1° persona<br />
2° persona<br />
3° persona<br />
4° persona<br />
5° persona<br />
6° persona<br />
7° persona<br />
8° persona<br />
9° persona<br />
10° persona<br />
11° persona<br />
12° persona<br />
13° persona<br />
14° persona<br />
15° persona<br />
16° persona<br />
17° persona<br />
18° persona<br />
0 1 2 3<br />
Periodi<br />
Alla domanda 20 “Presento irritazioni cutanee” il 50% affermava costantemente di<br />
non averne, mentre un 5% rimaneva stabile sul valore 2 (poco) della scala Likert. Il<br />
giorno del ricovero il 66% non presentava il problema, il 28% accusava lievi<br />
manifestazioni, il 6% ne era affetto in maniera significativa. La situazione migliorava,<br />
con il passare del tempo, in modo così irrilevante da risultare quasi impercettibile; i<br />
valori si mantenevano molto vicini a quelli della linea base, ma da questa si<br />
discostavano per un decremento del numero di persone lievemente colpite (17%).<br />
Alla domanda 21 “Presento problemi intestinali” i pazienti che dimostravano un<br />
andamento di tipo rettilineo (stabile), stimati al 50%, riflettevano perlopiù situazioni<br />
positive, ad eccezione di un 5% evidentemente interessato. Al primo time point il 39%<br />
non presentava alterazioni, il 55% disturbi marginali. I punteggi risultavano massimi<br />
tra i periodi 1 e 2, mentre ritornavano verso la linea base al periodo 3, restando in ogni<br />
caso superiori ai valori iniziali; all’ultimo controllo l’11% dei soggetti si riteneva<br />
molto colpito e soltanto il 22% indenne, dimostrando la comparsa di questi effetti<br />
avversi, prevalentemente nelle fasi intermedie dello studio.<br />
103<br />
<br />
<br />
<br />
Valori<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
Istogramma 16<br />
VariazionidipunteggioalladomandaBMT21<br />
neivariperiodidituttelepersone 1° persona<br />
2° persona<br />
3° persona<br />
4° persona<br />
5° persona<br />
6° persona<br />
7° persona<br />
8° persona<br />
9° persona<br />
10° persona<br />
11° persona<br />
12° persona<br />
13° persona<br />
14° persona<br />
15° persona<br />
16° persona<br />
17° persona<br />
18° persona<br />
0 1 2 3<br />
Periodi<br />
Volendo analizzare in modo globale il BMT, è stata necessaria una suddivisione degli<br />
items in due sezioni (A e B) per valutare separatamente gli effetti collaterali, dai timori<br />
dei pazienti. La prima sezione comprende le domande BMT 5, BMT 8, BMT 15, BMT<br />
17, BMT 20 e BMT 21, ed è stata utilizzata per misurare la qualità di vita dal punto di<br />
vista del benessere fisico; la sezione B è invece costituita dai quesiti BMT 2, BMT 3,<br />
BMT 4 e BMT 12, e rispecchia il benessere emotivo dei soggetti.<br />
Analizzando gli items BMT del gruppo A, è risultato un andamento irregolare, con un<br />
picco di valori “negativi” nei periodi intermedi, ad indicare la maggior difficoltà del<br />
soggetto durante l’aplasia a mantenere uno stato di benessere fisico accettabile;<br />
superata questa fase, i pazienti iniziavano a riacquistare tono muscolare ed a ristabilire<br />
l’emopoiesi, diminuendo la comparsa di infezioni e irritazioni cutanee. Restavano<br />
importanti le problematiche inerenti l’appetito, l’alterazione del gusto e i problemi<br />
intestinali, pertanto risultava fondamentale un’assistenza infermieristica mirata alla<br />
soluzione di queste complicazioni.<br />
104
Valorinegativi<br />
16<br />
14<br />
12<br />
10<br />
8<br />
6<br />
4<br />
2<br />
0<br />
Grafico a dispersione 5<br />
Confrontosull'andamentodeiquesitidelBMTA<br />
1 1,5 2 2,5 3 3,5 4<br />
Timepoints<br />
D’altra parte, nei quesiti BMT per il benessere emotivo, le problematiche emerse,<br />
descrivevano una situazione di disagio causata dall’isolamento, di scoraggiamento per<br />
la comparsa degli effetti collaterali e di preoccupazione riguardo al trapianto, anche se<br />
nessun soggetto sembrava dubitare dell’efficacia di quest’ultimo. In conclusione, i<br />
problemi di natura infermieristica individuati tra le varie tematiche, risultano<br />
assimilabili a quelli già trattati durante l’analisi delle aree d’indagine corrispondenti<br />
(benessere fisico ed emotivo), pertanto anche gli interventi infermieristici attuabili<br />
risultano gli stessi. L’analisi delle risposte contenute nel BMT confermavano quindi<br />
quanto già evidenziato dai quesiti del FACT.<br />
Grafico a dispersione 6<br />
Valorinegativi<br />
12<br />
10<br />
8<br />
6<br />
4<br />
2<br />
0<br />
Confrontosull'andamentodeiquesitidelBMTB<br />
1 1,5 2 2,5 3 3,5 4<br />
Timepoints<br />
BMT5<br />
BMT8<br />
BMT15<br />
BMT17<br />
BMT20<br />
BMT21<br />
BMT2<br />
BMT3<br />
BMT4<br />
BMT12<br />
105<br />
<br />
<br />
<br />
6.3-COMMENTO DEI DATI OTTENUTI DALL’ANALISI IN<br />
PARALLELO DELLE VARIE AREE D’INDAGINE E DALLE<br />
DOMANDE DI RISCONTRO<br />
L’analisi in parallelo delle varie aree è stata effettuata avvalendosi dei grafici e delle<br />
tabelle elaborate nella prima analisi, nonché dei quadri descrittivi l’andamento delle<br />
aree nel tempo. Sono state messe a confronto tra di loro, le varie aree di benessere, per<br />
verificarne analogie e/o differenze in relazione ai dati ricavati durante i time points. I<br />
criteri tenuti in considerazione per lo svolgimento, sono stati il valore prognostico che<br />
seguiva ogni area e la stabilità o dinamicità che assumeva nel tempo.<br />
Ne è scaturita una certa somiglianza nell’andamento complessivo del benessere fisico al<br />
sociale/familiare, dal quale si discostava negli ultimi periodi per la tendenza a<br />
migliorare, tornando verso la linea base, mentre quello sociale/familiare si manteneva<br />
stazionario; l’affinità riscontrata è attribuibile all’isolamento protettivo, che oltre a<br />
debilitare fortemente il paziente, ostacolava i rapporti interpersonali, che evidentemente,<br />
anche al termine di tale trattamento, non si ripristinavano adeguatamente. L’andamento<br />
migliore è stato riconosciuto nel benessere emotivo, che registrava nei periodi<br />
successivi al primo controllo, peggioramenti meno significativi rispetto alle altre aree<br />
indagate, che seguivano un andamento del tutto diverso. Il benessere personale ha<br />
invece disegnato un quadro abbastanza negativo, a conferma che il primo a risentire<br />
delle variazioni di qualità di vita è sempre il soggetto stesso, ma in prima persona.<br />
All’ultimo controllo tuttavia gli ambiti fisico e personale tendevano a ripristinare i<br />
valori iniziali, mentre la sfera emotiva e quella sociale/familiare raggiungevano<br />
miglioramenti tanto insignificanti, da non modificarne l’andamento complessivo,<br />
venendo pertanto valutati stazionari. Il campione provava maggiormente disagio nei<br />
periodi intermedi, più difficili e complicati, specialmente per quanto riguarda il<br />
benessere fisico, considerevolmente compromesso dall’insorgere delle complicanze e<br />
dal sostanziale aumento del tempo passato a letto.<br />
Il giorno del ricovero l’area più negativa risultava, così come ci si attendeva, il<br />
benessere personale; infatti è facile comprendere l’impossibilità del soggetto a compiere<br />
tutte le attività quotidiane come ad esempio il lavorare, che inevitabilmente si rifletteva<br />
sui valori assunti in linea base.<br />
106
Altrettanto facile risulta comprendere come i valori in linea base del benessere emotivo<br />
siano i più alti, segno che il campione il giorno del ricovero nutriva fiducia e speranza<br />
riguardo al trapianto e non accusava tristezza, mentre con l’andar del tempo le paure<br />
(anche a causa della precaria condizione fisica) aumentavano, la speranza diminuiva e la<br />
tristezza si estendeva ad un campione più rappresentativo.<br />
Grafico a dispersione 7<br />
Vaoloripositivi<br />
18<br />
16<br />
14<br />
12<br />
10<br />
8<br />
6<br />
4<br />
2<br />
0<br />
Confrontoparallelodelleareed'indagine<br />
1 1,5 2 2,5<br />
Timepoints<br />
3 3,5 4<br />
Benessere<br />
fisico<br />
Benenessere<br />
sociale/familiare<br />
Benessere<br />
emotivo<br />
Benessere<br />
personale<br />
Dopo aver esaminato le varie aree d’indagine, si è passati ad analizzare le singole<br />
domande alla ricerca di problematiche generali che potessero fungere da riscontro al<br />
benessere considerato: i quesiti del FACT sono stati perciò confrontati con quelli del<br />
BMT che valutavano problematiche attinenti.<br />
In questo studio sono stati quindi individuati items di riscontro alle varie aree di<br />
benessere, allo scopo di verificare l’attendibilità dei dati ricavati dalla prima analisi.<br />
I punteggi di riscontro sono stati equiparati a quelli delle domande dell’area in esame, si<br />
è ulteriormente provveduto a calcolare il margine d’errore e verificare la validità del<br />
riscontro stesso, in modo da ottenere alla fine la percentuale d’affidabilità dei dati.<br />
Per il benessere personale sono stati adoperati gli items GP 6 «Mi sento male» e BMT 8<br />
«Mi affatico facilmente», con punteggi che hanno portato a percentuali di affidabilità<br />
maggiori del 50% in tutti i time points.<br />
Più dettagliatamente al periodo 0, GP 6 rivelava il 55% di affidabilità, al periodo 1<br />
restava invariato (55%) e al periodo 2 cresceva notevolmente all’87%; infine al periodo<br />
BMTA<br />
BMTB<br />
107<br />
<br />
<br />
<br />
3, scendeva al 70%. Relativamente a BMT 8, l’affidabilità calcolata per il periodo 0 era<br />
pari al 61%, per il periodo 1 al 78%, per il periodo 2 all’81% e per l’ultimo periodo al<br />
67%. Nel secondo time point il riscontro più efficace si è quindi dimostrato l’item BMT<br />
8, mentre nel terzo, GP 6 mostrava un’affidabilità maggiore.<br />
Per il benessere sociale/familiare è stato scelto il quesito BMT 2 «Mi sento distante<br />
dalle altre persone» ed anche stavolta le percentuali superavano il 50%; i valori<br />
d’affidabilità trovati, partendo dal periodo 0 in direzione del periodo 3, sono: 83%,<br />
72%, 75%, 70%.<br />
Per il benessere emotivo, ultima area valutata, è stata utilizzata come domanda di<br />
riscontro, il quesito BMT 12 «Mi preoccupa il trapianto di midollo osseo»; l’affidabilità<br />
calcolata nel periodo 0 è risultata del 50%, nel periodo 1 del 72%, nel periodo 2 del<br />
69%, per concludere nel periodo 3 del 75%; il riscontro era quindi inaspettatamente<br />
maggiore nell’ultimo periodo di riferimento, piuttosto che negli altri.<br />
In base ai punteggi di affidabilità ottenuti ,i quesiti si sono quindi dimostrati tutti idonei<br />
al controllo delle varie aree, che sono risultate molto vicine nell’andamento a quello di<br />
riscontro. Lo scopo di quest’elaborazione era quello di verificare i criteri e la logicità<br />
utilizzati dal campione per rispondere alle domande delle varie aree; I dati ottenuti<br />
dimostrano che i pazienti hanno letto le domande con attenzione e non si sono<br />
contraddetti sulle dichiarazioni, né all’interno delle varie tipologie di benessere, né<br />
durante le varie fasi di compilazione; pertanto le condizioni di benessere descritte dai<br />
pazienti corrispondevano, con un margine d’errore pressoché trascurabile, alla reale<br />
qualità di vita che li caratterizzava.<br />
Grafico a barre 1<br />
Periodi<br />
Periodo3<br />
Periodo2<br />
Periodo1<br />
Periodo0<br />
Percentualidiattendibilitàdegliitemsdiriscontro<br />
neivariperiodi<br />
75%<br />
67%<br />
70%<br />
70%<br />
69%<br />
81%<br />
75% 87%<br />
72%<br />
78%<br />
55%<br />
72<br />
50% 61%<br />
83%<br />
55%<br />
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100<br />
Percentuali<br />
BMT12<br />
BMT8<br />
BMT2<br />
GP6<br />
108
CAPITOLO 7<br />
CONCLUSIONI<br />
7.1-PROSPETTIVE DI MIGLIORAMENTO DELLA QUALITA’ DI<br />
VITA: IL RUOLO INFERMIERISTICO<br />
Da quanto ampiamente esaminato, appare chiaro come la qualità di vita di un paziente<br />
sottoposto a trapianto di midollo osseo, già di per sé inferiore a quella di un equiparabile<br />
individuo sano, continui a ridursi quando questo viene sottoposto ad un regime di<br />
ricovero.<br />
Le aree d’indagine più colpite, cioè quelle che maggiormente influenzano, in modo<br />
negativo, la qualità di vita di questi soggetti, sono il benessere fisico ed il benessere<br />
personale.<br />
Occorre ricordare che, nella determinazione dell’andamento relativo al primo benessere<br />
(benessere fisico) sono stati valutati, oltre agli items appartenenti a questa stessa area,<br />
quelli appositamente inseriti nel BMT A, che funge pertanto da strumento secondario<br />
per una stima più precisa della condizione fisica del campione; perciò anche questa<br />
sezione, tratta dalle ulteriori problematiche, risulta tra le più compromesse.<br />
Il benessere emotivo si è invece dimostrato quello meno interessato da brusche<br />
variazioni, segno che i pazienti, anche grazie ad un corretto supporto dell’equipe<br />
infermieristica e medica, nutrono fiducia e speranza nella buona riuscita del trapianto e<br />
dei vari trattamenti ad esso associati.<br />
L’aspetto sociale/familiare si mostra viceversa significativamente compromesso, anche<br />
se, l’incidenza del trattamento su quest’area, non raggiunge i livelli osservati per il<br />
benessere personale, il quale risulta in assoluto il più colpito, perfino in paragone a<br />
quello fisico.<br />
Dall’analisi dei vari periodi si è appreso che i time points intermedi corrispondono ai<br />
momenti più critici per i pazienti, che manifestano una qualità di vita inferiore, -anche<br />
se ad intensità differente-, in ogni area indagata; il periodo meno interessato si è<br />
dimostrato quello relativo al giorno del ricovero, come era del resto facilmente intuibile,<br />
considerando che i pazienti allora non erano ancora stati sottoposti al regime di<br />
109<br />
<br />
<br />
<br />
condizionamento. A questo controllo i valori più bassi sono stati registrati per il<br />
benessere personale, che quindi risulta problematico già alla situazione di partenza.<br />
Sarebbe stato utile, per la misurazione dell’andamento temporale, potersi servire di time<br />
points con un intervallo maggiore, comprendente finanche un follow-up<br />
post-dimissione; infatti all’ultimo controllo i segni di ripresa rilevati, indicano un<br />
miglioramento delle condizioni generali in ogni area, probabilmente ancora non<br />
abbastanza significativi da permettere un ritorno alle condizioni di partenza.<br />
Nonostante il lasso di tempo ristretto, lo studio permette di individuare tutte le<br />
problematiche relative all’ospedalizzazione, tutte quelle, cioè, utili per poter effettuare<br />
degli appropriati interventi infermieristici.<br />
Queste sono emerse distintamente dall’analisi dei singoli items, verso i quali sono state<br />
già illustrate le risposte e le eventuali strategie interventistiche, che potrebbero essere<br />
messe in atto dal personale infermieristico incaricato.<br />
I dati raccolti si sono dimostrati attendibili, in quanto le percentuali di affidabilità<br />
arrivano fino all’87%, pertanto le problematiche rilevate sono molto vicine a quelle che<br />
realmente il paziente si trova ad affrontare nella realtà.<br />
Da questa ricerca è quindi emersa una situazione abbastanza chiara, dalla quale si<br />
evince che l’infermiere può effettivamente migliorare la qualità di vita dei pazienti<br />
sottoposti al trapianto di midollo osseo, purché tenga sempre conto del periodo in cui si<br />
trova il paziente, della sua situazione fisica, personale, emotiva, familiare , sociale come<br />
pure di tutte le altre possibili variabili.<br />
Gli interventi attuabili, già esposti precedentemente, richiedono una diversificazione per<br />
ogni area di benessere. L’infermiere quindi, deve erogare un’assistenza costante e ben<br />
pianificata per tutta la durata della degenza, sulla base di criteri di complessità ed<br />
efficacia, in relazione al time point intrapreso dal paziente ed al quadro clinico che<br />
questo presenta; come si è detto all’inizio, infatti, l’assistito affronta gli stadi più gravi e<br />
complessi del trattamento durante le fasi di condizionamento ed aplasia.<br />
Monitoraggio, istruzione, coinvolgimento e partecipazione, risultano quindi le parole<br />
chiave su cui improntare, attraverso i vari interventi, un’assistenza infermieristica<br />
mirata, in grado di ripristinare una qualità di vita accettabile per questi pazienti.<br />
110
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114
ABBREVIAZIONI E GLOSSARIO<br />
ACD = soluzione di Acido Citrico e Destrosio.<br />
BUS = Busulfano<br />
CFU-GM = Colony Forming Unit-Granulocyte Macrofage.<br />
CMV = Citomegalovirus.<br />
CSE = Cellule Staminali Emopoietiche.<br />
CTX = Ciclofosfamide.<br />
CVC = Catetere Venoso Centrale.<br />
DMSO = Dimetilsolfossido.<br />
EBV = Epstein Barr Virus.<br />
FACT-BMT = Functional Assesment of Cancer Theraphy-Bone Marron Transplant.<br />
GH = Growth Hormon.<br />
GM-CSF =Granulocyte Macrofage-Colonies Stimulating Factors.<br />
GvHD = Graft Versus Host Desease.<br />
GvL = Graft Versus Leukemia.<br />
HLA = Human Leucocyte Antigenes.<br />
LAL = Leucemia Acuta Linfoide.<br />
LAM = Leucemia Acuta Mieloide.<br />
LH = Linfoma di Hodgkin.<br />
LLC = Leucemia Linfoide Cronica.<br />
LMC = Leucemia Mieloide Cronica.<br />
LNH = Linfomi Non Hodgkin.<br />
MO = Midollo Osseo.<br />
MUD = Marrow Unrelated Donor.<br />
REAL = Revised European-American Lymphoma.<br />
SNC = Sistema Nervoso Centrale.<br />
115<br />
<br />
<br />
<br />
TAC = Tomografia Assiale Computerizzata.<br />
TBI = Total Body Irradiation.<br />
TMO = Trapianto di Midollo osseo.<br />
TNF = Tumor Necrosis Factor.<br />
UVD = registro Donatori Volontari.<br />
VES = Velocità di Eritro Sedimentazione.<br />
VOD = malattia Veno Occlusiva del fegato.<br />
CRIOPRESERVAZIONE = Conservazione delle cellule staminali emopoietiche<br />
dentro speciali contenitori includenti azoto liquido a -196°C, al fine di congelarle,<br />
preservandone così l’integrità.<br />
PURGING = Tecnica di purificazione delle cellule staminali emopoietiche da<br />
eventuali cellule malate.<br />
HOMING = Reclutamento delle CSE circolanti, nel midollo osseo: processo che si<br />
verifica o per interazione cellula-cellula (mediante espressione di recettori per le<br />
integrine) , o tramite produzione di fattori di crescita (stromal derived factor 1).<br />
SCIALORREA = Ipersalivazione che può far seguito all’uso di farmaci, a malattie<br />
neurologiche o a fenomeni infiammatori della mucosa orale, di origine virale o<br />
batterica.<br />
116