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UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE<br />

FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA<br />

_______________________________________<br />

Corso di Laurea in Infermieristica<br />

L’INFERMIERE E L’APPROCCIO ALLA PERSONA<br />

SOTTOPOSTA AL TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO:<br />

MISURAZIONE DELLA QUALITA’ DI VITA SECONDO<br />

LA SCALA FACT-BMT<br />

Relatore: Dott.ssa<br />

STEFANIA LIBERATI<br />

A.A. 2009/2010<br />

<strong>Tesi</strong> di Laurea di:<br />

GINO PIERVINCENZI<br />

“L’INFERMIERE E L’APPROCCIO ALLA PERSONA<br />

SOTTOPOSTA AL TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO:<br />

MISURAZIONE DELLA QUALITA’ DI VITA SECONDO LA<br />

SCALA FACT-BMT”<br />

TESI ELABORATA DA: Gino Piervincenzi<br />

Matricola 1030049<br />

CdL in Infermieristica<br />

A.A. 2009-2010<br />

Sessione di Laurea Novembre 2010<br />

RELATORE: Dott.ssa Stefania Liberati<br />

CONTRORELATORE: Dott.ssa Isabella Baglioni<br />

Ai miei genitori<br />

e a mio nonno Gino,<br />

che rappresentano<br />

i miei saldi punti<br />

di riferimento.


INDICE<br />

PARTE I<br />

Introduzione………………………………………………....... pag. 1<br />

CAPITOLO 1<br />

IL TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO (TMO)<br />

1.1-Storia e descrizione del TMO…………………………….. pag. 2<br />

1.2-Tipologie di TMO: allogenico, singenico e autologo……. pag. 6<br />

1.3-Raccolta delle cellule staminali emopoietiche………….... pag. 8<br />

CAPITOLO 2<br />

PRINCIPALI PATOLOGIE INDICATE AL TMO<br />

2.1-Leucemie mieloidi………………………………………... pag. 17<br />

2.2-Leucemie linfoidi……………………………………….... pag. 20<br />

2.3-Linfomi………………………………………………….... pag. 24<br />

CAPITOLO 3<br />

LE FASI DEL TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO<br />

3.1-Accertamenti attestanti l’idoneità……………………….... pag. 28<br />

3.2-Fase di condizionamento…………………………………. pag. 30<br />

3.3-Fase d’infusione delle CSE………………………………. pag. 34<br />

3.4-Fase di aplasia midollare…………………………………. pag. 36<br />

3.5-Fase di attecchimento delle CSE…………………………. pag. 39<br />

3.6-Dimissione post-trapianto………………………………... pag. 41<br />

I<br />

<br />

<br />

CAPITOLO 4<br />

PRINCIPALI COMPLICANZE LEGATE AL TMO<br />

4.1-Graft versus host desease.................................................... pag. 42<br />

4.2-Complicanze precoci……………………………………... pag. 43<br />

4.3-Complicanze tardive…………………………………….... pag. 49<br />

4.4-Complicanze e qualità di vita…………………………….. pag. 54<br />

II


PARTE II<br />

Introduzione…………………………………………………... pag. 56<br />

CAPITOLO 5<br />

ANALISI DELLA QUALITA’ DI VITA NELLA<br />

PERSONA SOTTOPOSTA AL TMO<br />

5.1-Progetto di ricerca………………………………………... pag. 58<br />

5.2-Lo strumento: la scala FACT-BMT…………………….... pag. 70<br />

CAPITOLO 6<br />

ANALISI DEI DATI OTTENUTI: DISCUSSIONE<br />

6.1-Commento dei dati ottenuti dalla prima elaborazione….... pag. 74<br />

6.2-Commento dei dati ottenuti dalla seconda elaborazione…. pag. 84<br />

6.3-Commento dei dati ottenuti dall’analisi in parallelo delle<br />

varie aree d’indagine e dalle domande di riscontro …….. pag. 106<br />

CAPITOLO 7<br />

CONCLUSIONI<br />

7.1-Prospettive di miglioramento della qualità di vita:<br />

il ruolo infermieristico……………………………………<br />

BIBLIOGRAFIA……………………………………………...<br />

ABBREVIAZIONI E GLOSSARIO………………………….<br />

pag. 109<br />

pag. 111<br />

pag. 115<br />

III<br />

<br />

<br />

<br />

PARTE I<br />

INTRODUZIONE<br />

Il tema centrale, svolto per la presente tesi, è rappresentato dall’analisi della qualità di<br />

vita della persona sottoposta alla procedura di trapianto di midollo osseo.<br />

Le principali motivazioni, che hanno attirato l’attenzione e successivamente guidato la<br />

scelta su tale argomento risultano due, le quali verranno spiegate più nel dettaglio. In<br />

primo luogo perché durante l’attività frontale, svolta durante il percorso formativo,<br />

questo argomento ha posto in evidenza come risulti complesso l’iter intrapreso da tali<br />

persone. Di conseguenza, viene da sé dedurre, che per garantirne una maggior riuscita,<br />

si renda necessaria una assistenza infermieristica ben pianificata e messa in atto da un<br />

personale preparato a far fronte alle svariate necessità che possono crearsi in tali<br />

individui. In secondo luogo, ma non meno importante, perché si è avuta in famiglia<br />

l’esperienza diretta di una persona a cui era stata diagnosticata una patologia oncoematologica.<br />

Essendo capitato in un periodo nel quale non si era in grado di capire a<br />

pieno tale situazione, in quanto non si avevano tutti gli strumenti appropriati per poter<br />

analizzare nel complesso il processo patologico e le strategie terapeutiche più idonee a<br />

tale contesto, si è accentuata la necessità di approfondire le conoscenze sull’argomento.<br />

Per questi due motivi appena citati si è scelto questo lavoro al fine di ampliare le<br />

conoscenze sia dal punto di vista infermieristico che personale.<br />

L’ elaborato seguente verrà strutturato in due parti principali:<br />

nella prima si tratterà la parte descrittiva, relativa alla storia del trapianto di midollo<br />

osseo, la descrizione di tale procedura, le diverse tipologie, le fasi della cura a cui la<br />

persona verrà sottoposta, le patologie indicate a tale trattamento e le varie complicanze<br />

in cui potrà incorrere nel periodo peri-trapianto;<br />

infine nella seconda verrà esaminata, con approccio sperimentale, la qualità di vita degli<br />

individui sottoposti a tale intervento, utilizzando come strumento di misurazione la<br />

scala FACT-BMT.<br />

1


CAPITOLO 1<br />

IL TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO (TMO)<br />

1.1-STORIA E DESCRIZIONE DEL TMO<br />

L’importanza della ricerca clinica nel campo del TMO è stata riconosciuta con<br />

l’assegnazione del premio Nobel in Fisiologia e Medicina nel 1990 a E.Donnal Thomas,<br />

uno dei pionieri nello studio di questo trattamento sull’uomo.<br />

Il midollo osseo (MO) fu impiegato per la prima volta, per trattare una patologia<br />

leucemica umana, da Brown-Sequard nel 1891 somministrando una dracma di un<br />

gliceride aromatico di midollo animale per via orale, dopo i pasti.<br />

In seguito nel 1899 si impiegarono, con un certo successo, iniezioni intramidollari di<br />

midollo per trattare l’anemia aplastica, mentre nel 1937 Schretzmayr somministrò<br />

iniezioni intramuscolari di MO fresco, autologo o allogenico, a pazienti affetti da<br />

infezioni parassitarie, anche in questo caso con risultati positivi.<br />

La prima somministrazione endovenosa fu effettuata da Ossgood nel 1939, ma questa<br />

via venne successivamente abbandonata per molti anni.<br />

In seguito, uno studio condotto sui topi, cui erano state somministrate dosi<br />

potenzialmente mortali di irradiazioni, rivelò che questi venivano protetti da<br />

un’infusione di midollo, anche se soltanto nel 1952 Lorenz riuscì a dimostrare che la<br />

guarigione era dovuta alle cellule del midollo trapiantato.<br />

Grazie a questa scoperta, l’idea del TMO venne ben presto accettata dai clinici<br />

sperimentatori che vedevano in esso il mezzo per correggere le sindromi da<br />

insufficienza midollare e per proteggere i pazienti dagli effetti mieloablativi delle<br />

radiazioni e della chemioterapia.<br />

I problemi che i medici si trovarono ad affrontare nei primi anni di applicazione di tale<br />

tecnica furono numerosi. Il trapianto autologo richiedeva lo sviluppo di sistemi<br />

affidabili di criopreservazione (1) del midollo e il trapianto allogenico era ostacolato dai<br />

problemi immunologici del rigetto e del fenomeno scarsamente compreso di “malattia<br />

secondaria”. Le problematiche durarono fino a quando Fredman non scoprì il sistema<br />

dell’antigene leucocitario umano (HLA) nel 1961. Fino ad allora mancando<br />

2<br />

<br />

<br />

<br />

un’appropriata corrispondenza, la scelta del donatore era affidata al caso e, visto l’alto<br />

rischio di incompatibilità, solo pochi trapianti avevano successo.<br />

G. Mathè fu un pioniere nello sviluppo iniziale del TMO clinico in quanto fu il primo a<br />

sostenere la necessità di somministrare un’alta dose di radiazioni ionizzanti per<br />

eliminare il tumore maligno del ricevente, di usare rilevanti quantità di midollo del<br />

donatore per garantire l’attecchimento e di applicare tecniche assistenziali<br />

infermieristiche sterili. Fu proprio lui con i propri colleghi a descrivere nell’uomo la<br />

graft versus host didease (GvHD), descritta in dettaglio più avanti. Mathè suggerì,<br />

allora, che la comparsa di una malattia secondaria aveva potuto favorire l’eliminazione<br />

delle cellule leucemiche, aiutando in questo caso a raggiungere la remissione. Queste<br />

prime ipotesi sono state ora confermate e si parla di graft versus leukemia (GvL): vi è<br />

infatti un’incidenza minore di recidiva di leucemia nei pazienti che superano la GvHD<br />

rispetto al caso dei soggetti in cui non compaia. In seguito si capì che era necessario un<br />

certo tipo di “condizionamento” prima dell’infusione di midollo osseo allogenico, al<br />

fine di eliminare la reazione dell’ospite verso il midollo infuso e, nel caso di patologia<br />

tumorale, eradicare la neoplasia prima del TMO.<br />

Una parte consistente del successivo lavoro sullo sviluppo del trapianto è stata svolta da<br />

E. Donall Thomas. Inizialmente egli si è occupato di TMO autologo ed ha esaminato<br />

sistematicamente le varie fasi dell’intervento. Usando il cane come modello<br />

sperimentale, ha sviluppato schemi efficaci di total body irradiation (TBI) ed<br />

esaminando i risultati, ha scelto di introdurre un chemioterapico (methotrexate) come<br />

mezzo per prevenire la GvHD, in quanto farmaco capace di ottenere<br />

l’immunosoppressione, indispensabile a ridurre la reazione di rigetto. Questi progressi<br />

tecnici, la caratterizzazione del sistema HLA da parte di Dausset e la miniaturizzazione<br />

della determinazione dell’HLA di Teraski e Mclelland nel 1964 aprirono la strada ad<br />

una nuova era, in cui venivano eseguiti soltanto trapianti fra coppie di fratelli donatoririceventi<br />

HLA corrispondenti. Fu sempre Donnall Thomas, ad effettuare, a Seattle,<br />

TMO con successo sempre maggiore nella cura dell’anemia aplastica e della leucemia:<br />

quello di Seattle è tuttora un gruppo leader nell’applicazione di questo trattamento (tab.<br />

1) 1 . In sintesi, questo tipo di trapianto è stato utilizzato solo per terapie di salvataggio<br />

nelle fasi avanzate di malattia, ma ora, con il progresso tecnologico e l’aumentata<br />

<br />

1 Santos G. History of bone marrow transplantation. Clin Haem 1993.<br />

3


consapevolezza del bisogno di misure di supporto si è trasformato da procedura hightech,<br />

qual’era fino ai primi anni ottanta, a procedura definibile low-tech 2 .<br />

Tabella 1. Rappresentazione schematica delle tappe evolutive del TMO.<br />

Data Procedure di TMO<br />

1891<br />

1930<br />

Il midollo osseo viene usato come trattamento nutrizionale orale per i pazienti affetti<br />

da anemia.<br />

Viene effettuata un'infusione intramidollare ed endovenosa nel trattamento dei<br />

pazienti affetti da anemia.<br />

1940 Vengono effettuati studi sui danni midollari da radiazioni.<br />

1950<br />

1960<br />

Vengono studiate le alte dosi di chemio/radioterapia e la reazione di rigetto su malati<br />

con leucemia in fase avanzata.<br />

Iniziano studi che individuano la reazione immunologica provocata dall'antigeneanticorpo<br />

del midollo osseo, reazione di rigetto verso l'ospite (GvHD).<br />

Viene individuato l'antigene di istocompatibilita tipizzato sull'uomo.<br />

Aferesi degli emoderivati.<br />

Viene somministrata antibioticoterapia nel trattamento delle infezioni nel corso del<br />

trapianto di midollo e vengono sperimentate vane possibilità di trattamento con<br />

TMO di patologie maligne e non.<br />

1980 Cure ai pazienti nel periodo post-trapianto.<br />

Il trapianto di midollo osseo, per una parte significativa delle persone affette da<br />

leucemia o da altre patologie oncoematologiche è talora l’unica cura possibile. Più<br />

correttamente si dovrebbe parlare di trapianto di cellule staminali ematopoietiche in<br />

quanto il midollo osseo risulta costituito proprio da esse. Il trapianto, ossia la<br />

sostituzione di un organo irrimediabilmente ammalato con un altro proveniente da un<br />

soggetto sano, rappresenta una delle più grandi conquiste della medicina. Molte<br />

malattie, nel campo ematologico, insorgono perché le cellule staminali ematopoietiche<br />

(CSE), contenute nel midollo e responsabili della produzione di tutte le componenti<br />

corpuscolate del sangue, non funzionano o per un difetto intrinseco di natura ereditaria<br />

(come ad esempio nella talassemia) o perché colpite da un processo tumorale (come nel<br />

caso della leucemia). In molti di questi casi, la guarigione definitiva si può ottenere<br />

distruggendo il midollo colpito dal processo patologico per poi sostituirlo con uno<br />

proveniente da un soggetto sano, cioè sottoponendo il paziente ad un trapianto. Infatti se<br />

<br />

2 Thomas E. Progress in bone marrow transplantation. In Gale P. Champlin R. (eds). Bone marrow<br />

transplantation to the year2000. Alan R. Riss. New York 1997.<br />

4<br />

<br />

<br />

<br />

la terapia tradizionale mira a recuperare le cellule staminali normali residue, il TMO<br />

affronta più radicalmente il problema, mirando ad una sostituzione completa del<br />

patrimonio staminale (normale ed alterato).<br />

Il midollo osseo è un tessuto liquido, di colore rosso, localizzato negli spazi vuoti di<br />

alcune ossa, soprattutto nella cresta iliaca posteriore e in quantità minore nello sterno. Il<br />

liquido midollare, raccolto in sacche simili a quelle delle trasfusioni, viene poi<br />

trapiantato al ricevente tramite un’infusione endovenosa.<br />

A questo punto, le CSE contenute nel midollo del donatore, circolano nel sangue del<br />

ricevente per poi attecchire nelle sue cavità midollari e ricostruire un midollo “nuovo”,<br />

capace di generare un’eritropoiesi efficace priva di difetti genetici o di processi tumorali<br />

(fig. I) 3<br />

Figura I. Descrizione del TMO.<br />

<br />

3 Armitage JO. The history of autologous hematopoietic cell transplantation. In: Applebaum FR, Forman<br />

SJ, Negrin RS, Blume KG, eds. Thomas' Hematopoietic Cell Transplantation. Hoboken, NJ:<br />

Wiley-Blackwell 2009.<br />

5


1.2-TIPOLOGIE DI TMO: ALLOGENICO, SINGENICO E AUTOLOGO<br />

La dizione “trapianto di midollo osseo” è stata già da alcuni anni superata con quella più<br />

corretta di trapianto di cellule staminali emopoietiche (quando le cellule sono<br />

allogeniche) o infusione di cellule staminali emopoietiche (quando queste sono<br />

autologhe). Infatti, si deve alle poche CSE che si trovano nel midollo osseo il ripristino<br />

della cellularità midollare e la funzione emolinfopoietica dopo un trattamento<br />

citotossico mieloaplastizzante 4 .<br />

Le fonti di cellule staminali possono variare a seconda che il trapianto sia allogenico<br />

(donatore HLA compatibile o parzialmente compatibile), singenico (donatore gemello<br />

omozigote) oppure si consideri l’infusione di cellule staminali del paziente stesso<br />

(trapianto autologo).<br />

Nel TMO allogenico è di fondamentale importanza trovare un donatore compatibile.<br />

L’estremo polimorfismo del sistema HLA (sistema antigenico di istocompatibilità)<br />

viene ristretto nell’ambito familiare, dove esiste una identità HLA nel 25% dei fratelli.<br />

Di conseguenza solo 1 paziente su 4, in media, può avere la possibilità di essere avviato<br />

al TMO (fig. 2)<br />

Figura 2. Sorgenti di cellule staminali nel TMO allogenico.<br />

Negli ultimi anni si è tentato di superare l’ostacolo rappresentato dall’identità per questo<br />

sistema, avviando al TMO pazienti parzialmente HLA identici con i rispettivi donatori: i<br />

risultati sono accettabili nel caso in cui la disparità tra il donatore ed il ricevente sia<br />

limitata ad 1 solo antigene del sistema, più deludenti per diversità maggiori. Visto il<br />

grande polimorfismo del sistema, le probabilità per un paziente, di trovare un donatore<br />

<br />

4<br />

Copelan EA. Hematopoietic Stem-cell transplantation. N Engl J Med 2006.<br />

6<br />

<br />

<br />

<br />

identico al di fuori dell’ambito familiare, sono ridotte. Per rimediare a tale problematica<br />

sono state costituite in tutto il mondo “banche” di midollo osseo informatizzate,<br />

contenenti i risultati della tipizzazione HLA di centinaia di migliaia di potenziali<br />

donatori volontari e collegate fra loro. Perciò, in assenza di un donatore identico tra i<br />

consanguinei, per il paziente può essere attivata una ricerca informatizzata di un<br />

donatore HLA compatibile, che, qualora identificato e previa riconferma della<br />

compatibilità, può essere utilizzato per il trapianto 5 .<br />

Invece, il trapianto singenico viene effettuato tra fratelli gemelli mono-ovulari. È perciò<br />

intuibile come il numero di TMO singenici sia di gran lunga inferiore rispetto agli<br />

allogenici. La sorgente di cellule staminali utilizzate sono il midollo osseo o il sangue<br />

periferico. Data l’assoluta identità del sistema HLA del donatore e del ricevente, il<br />

TMO singenico non richiede alcun trattamento immunosoppressivo post-trapianto,<br />

quindi il decorso clinico è molto simile a quello dell’autotrapianto. Per quanto riguarda i<br />

vantaggi di tale tipologia di trapianto, rispetto agli altri due, sono nettamente superiori<br />

nelle patologie non maligne, mentre per quanto riguarda quelle neoplastiche, i benefici<br />

sono paragonabili al trapianto allogenico in virtù del fatto che viene a mancare l’effetto<br />

GvL.<br />

Il TMO autologo è infine indicato in pazienti portatori di neoplasia maligna chemioradiosensibile.<br />

Infatti questa procedura permette di somministrare al paziente un carico<br />

di farmaci citotossici (addizionato o meno a radiazioni ionizzanti) molto elevato (regime<br />

di condizionamento), definito “sovra massimale”, in quanto non consente il recupero<br />

ematologico spontaneo; il ripristino delle normali funzioni emopoietiche viene affidato,<br />

al termine della terapia, alla reinfusione di cellule staminali del paziente, in precedenza<br />

adeguatamente raccolte e conservate 6 . Dal punto di vista operativo,dopo aver stabilito<br />

l’indicazione all’infusione di cellule staminali autologhe, ne viene effettuata la raccolta;<br />

in seguito il paziente viene sottoposto al regime di condizionamento, al termine del<br />

quale, le cellule staminali precedentemente prelevate e criopreservate, vengono reinfuse<br />

attraverso una vena periferica o un catetere venoso centrale (CVC).<br />

<br />

5 Petersdorf EW, Hansen JA, Martin PJ, et al. Major-Histocompatibility-Complex class I alleles and<br />

antigens in hematopoietic-cell transplantation. N Engl J Med 2001.<br />

6 Ljungman P, Urbano-Ispizua A, Cavazzana-Calvo, Demirer, Dini G, Einsele H, et al. Allogeneic and<br />

autologous transplantation for haematological disease, solid tumors and immune disorders: definitions<br />

and current practice in Europe. Bone Marrow Transplant 2006.<br />

7


1.3-RACCOLTA DELLE CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE<br />

Le cellule staminali emopoietiche totipotenti, da cui hanno origine tutte le cellule del<br />

sangue adibite a compiti specifici (fig. 3), si trovano all’interno dello spazio midollare<br />

osseo e, in misura minore, nel sangue periferico.<br />

Figura 3. Fasi dell’emopoiesi.<br />

Entrambe queste sedi, si possono sfruttare come fonti di cellule staminali di midollo<br />

osseo insieme a quelle di cordone ombelicale, utilizzabili in trapianti midollari<br />

autologhi o allogenici.<br />

La raccolta di CSE può essere fatta utilizzando il midollo osseo, tessuto nel quale le<br />

cellule staminali rappresentano circa l’1-3% della cellularità totale. Durante l’espianto<br />

midollare (eseguito in anestesia generale o spinale), il paziente viene inizialmente<br />

sdraiato in posizione prona, in modo da poter aspirare il midollo dalle creste iliache<br />

posteriori. In alcuni donatori sani questa sede offre una quantità sufficiente di cellule<br />

midollari nucleate per il prelievo completo, per cui il soggetto non ha bisogno di essere<br />

girato mentre si trova sotto anestesia. Dopo aver disinfettato il campo operatorio, il<br />

paziente viene scoperto, in modo da esporre le spine iliache posteriori e la parte laterale<br />

della cresta iliaca, così da poter aspirare il midollo osseo simultaneamente dalle due<br />

creste. Si possono eseguire diverse penetrazioni della corteccia ossea, attraverso un<br />

8<br />

<br />

<br />

<br />

unico foro nella cute tirando la pelle verso un lato o l’altro e riducendo così al minimo il<br />

trauma e la formazione di lesioni cicatriziali (fig.4).<br />

Normalmente almeno due terzi della raccolta di midollo si possono ottenere dalle creste<br />

iliache.<br />

Figura 4. Procedura di espianto midollare.<br />

Il volume di midollo aspirato da ciascun lato non deve generalmente superare i 10 ml:<br />

in genere, minore è il volume aspirato da ciascun lato, più ricca è la conta delle cellule<br />

formanti colonie, con meno emodiluizione. Una volta completata l'aspirazione dalle<br />

creste iliache superiori, il paziente viene girato e si esegue l'aspirazione a livello delle<br />

creste iliache anteriori e dallo sterno, se necessario. Per le aspirazioni sternali si devono<br />

usare aghi con custodie, per evitare una perforazione allo sterno. Nel caso di pazienti<br />

candidati ad autotrapianto si deve, inoltre, far attenzione a non danneggiare i cateteri<br />

venosi centrali che possono essere stati collocati in prossimità della linea mediana. Le<br />

siringhe contenenti le quote di midollo osseo aspirate, vengono svuotate nella sacca di<br />

trasferimento attraverso un rubinetto a tre vie; la sacca di tanto in tanto viene compressa,<br />

per assicurarsi che il midollo si mescoli all'anticoagulante. Si può conoscere il<br />

volume totale di midollo aspirato se, ogni volta che viene completata una aspirazione<br />

midollare, gli operatori ne dichiarano il volume. In alternativa la sacca si può pesare: un<br />

grammo di midollo equivale a un millilitro. La dose di midollo per prelievo è<br />

solitamente espressa come numero di cellule nucleate per kg di peso corporeo del<br />

ricevente (in pratica, è uguale a un volume di 10-15 ml/kg di peso corporeo). In caso di<br />

9


non corrispondenza di HLA tra donatore e ricevente, o se è necessario un trattamento<br />

del midollo in laboratorio, si deve raccogliere un numero maggiore di cellule dal<br />

donatore. Per esempio, il purging (2) solitamente rende necessario aumentare più del<br />

doppio il numero delle cellule da raccogliere. La quantità di cellule nucleate midollari<br />

sufficienti a ripopolare il midollo osseo, è mediamente 2,0 x 10 8 /kg di peso corporeo<br />

del paziente, corrispondente a circa 8-9 x 10 4 CFU-GM/kg 7 .<br />

In alternativa può essere utilizzato il sangue periferico, una volta che le cellule staminali<br />

midollari siano state “mobilizzate” in circolo (fig.5), dato che la quota di quelle<br />

circolanti nel sangue è quasi irrilevante in condizioni di omeostasi e risulterebbe perciò<br />

improbabile, raccoglierne una quota adeguata; è pertanto necessaria la<br />

somministrazione di fattori di crescita prima di procedere alla leucoaferesi, procedura<br />

già da alcuni anni applicata presso molti centri per la raccolta di progenitori emopoietici<br />

circolanti (indicata in pazienti sottoposti a chemioterapia nel corso di TMO autologo).<br />

Figura 5. Mobilizzazione delle CSE in circolo.<br />

È attualmente possibile applicare tale procedura a soggetti sani donatori di midollo, per<br />

effettuare un trapianto allogenico e/o per potenziarne uno già in corso o come 2 o<br />

trapianto in caso di ripresa di malattia oppure di mancato attecchimento. Normalmente i<br />

progenitori emopoietici circolanti risiedono nel midollo osseo e solo in particolari<br />

circostanze possono essere presenti anche nel sangue periferico: dopo una<br />

<br />

7<br />

Miriam Magri. Assistenza infermieristica in oncologia: linee guida, procedure e protocolli di assistenza<br />

II edizione. Elsevier Masson 2007.<br />

10<br />

<br />

<br />

<br />

chemioterapia ad alte dosi o dopo la somministrazione di "fattori di crescita", da<br />

qualche anno disponibili anche in commercio come formulazione farmaceutica.<br />

Questi hanno la proprietà di rendere più rapida la crescita delle cellule staminali e di<br />

facilitarne il passaggio nel sangue periferico, anche se la stimolazione che producono<br />

nel midollo osseo può provocare alcuni disturbi (solitamente di entità lieve o moderata e<br />

ben controllabili con comuni antidolorifici).<br />

I disturbi più comunemente avvertiti sono: febbricola o febbre, cefalea, dolori ossei di<br />

diversa entità localizzati soprattutto al bacino, alla schiena e agli arti, senso di<br />

affaticamento, talora iporessia. Tali disturbi scompaiono rapidamente alla sospensione<br />

del trattamento e non lasciano sequele 8 .<br />

In un soggetto sano l'effetto di questi farmaci diventa visibile dopo 4-5 giorni di<br />

trattamento: è questo il momento previsto per la raccolta. Si tratta di una procedura in<br />

genere molto ben tollerata, che non richiede nessun tipo di anestesia. I moderni<br />

separatori cellulari utilizzati prevedono circuiti e materiali rigorosamente sterili nonché<br />

monouso e richiedono per il funzionamento ottimale due accessi vascolari, dalle due<br />

braccia: il sangue viene prelevato da un braccio, attraverso il circuito entra in una<br />

centrifuga, dove la componente cellulare che interessa viene isolata e poi raccolta in una<br />

sacca apposita, mentre il resto del sangue viene reinfuso dal braccio opposto. In caso di<br />

unico accesso vascolare, le fasi di prelievo e di reinfusione avvengono alternativamente<br />

sullo stesso braccio (fig. 6).<br />

Per tutta la procedura, che ha una durata di circa 3-4 ore, il sangue che entra nel<br />

separatore non deve coagulare perciò viene continuamente infuso un anticoagulante<br />

(ACD). Dato che il volume di ACD utilizzato è notevole (800-1000 mL in 3-4 ore),<br />

possono talora verificarsi lievi disturbi, dovuti al fatto che tale sostanza riduce la<br />

concentrazione di Calcio nel sangue: il paziente potrà avvertire formicolii soprattutto<br />

alle dita e al volto, lievi contrazioni muscolari e vago senso di nausea (risolvibili con<br />

somministrazioni di calcio).<br />

Per raccogliere la quantità desiderata di progenitori emopoietici circolanti sono<br />

necessarie 2 o 3 sedute che si effettuano in giorni consecutivi. Per tutta la durata della<br />

procedura un Infermiere e il Medico responsabile delle aferesi terapeutiche ne<br />

<br />

8 Ozer H, Armitage JO, Bennett CL, et al. Update of recommendations for the use of hematopoietic<br />

colony stimulating factors: evidencebased, clinical practice guidelines. J Clin Oncol 2000.<br />

11


sorveglieranno l'andamento e lo stato di salute del donatore in modo da cogliere<br />

tempestivamente i segni precoci di comparsa di ogni eventuale disturbo 9 .<br />

Figura 6. Raccolta di CSE dal sangue periferico tramite un separatore cellulare.<br />

La difficoltà a reperire per alcuni pazienti un donatore o la necessità di un intervento<br />

terapeutico rapido hanno spinto a ricercare delle fonti alternative di CSE. Già nel 1974<br />

era stato osservato che nel sangue cordonale erano presenti cellule staminali<br />

emopoietiche. Da tale osservazione sono scaturiti una serie di studi e sperimentazioni,<br />

prima su animali da laboratorio e poi sull’uomo, che hanno confermato la possibilità di<br />

utilizzare il sangue cordonale come fonte alternativa di progenitori emopoietici a scopo<br />

trapiantologico.<br />

Il prelievo di sangue cordonale avviene, senza alcun rischio per la mamma o per il<br />

bambino, al termine del parto, poco prima del secondamento, quando il bambino è nato<br />

ed il cordone è già stato reciso (fig.7).<br />

Figura 7. Procedura di prelievo del sangue cordonale.<br />

<br />

9 Jagasia MH, Greer JP, Morgan DS, Mineishi S, Kassim AA, Ruffner KL, et al. Pegfilgrastim after highdose<br />

chemotherapy and autologous peripheral blood stem cell transplant: phase II study. Bone Marrow<br />

Transplant 2005.<br />

12<br />

<br />

<br />

<br />

Dopo il taglio del cordone ombelicale, un operatore esperto preleva con un ago dalla<br />

vena ombelicale il sangue rimasto nel cordone e nella placenta, che poi viene raccolto in<br />

una sacca sterile. Per essere utilizzabile a fini trapiantologici, la quantità di sangue<br />

prelevato deve essere di almeno 60 ml. L’unità raccolta viene inviata alla “Banca del<br />

Sangue del Cordone" presso la quale, nelle 24 ore successive si procede, secondo<br />

standard di qualità prestabiliti, all’effettuazione di una serie di test di qualificazione<br />

biologica e controlli microbiologici di sterilità. Se valutata idonea, l’unità viene<br />

congelata e conservata in speciali contenitori in azoto liquido a -196°C (fig.8) ed i<br />

relativi dati vengono inseriti nel Registro Internazionale delle Banche di Sangue di<br />

Cordone Ombelicale 10 .<br />

Figura 8. Criopreservazione delle CSE nei contenitori di azoto liquido.<br />

Dopo sei mesi la neo-mamma viene sottoposta a un esame di controllo che non è altro<br />

che un prelievo di sangue necessario per garantire la sicurezza del cordone donato, ed<br />

inoltre, deve fornire un certificato del pediatra che attesti lo stato di salute del bambino.<br />

Il sangue cordonale raccolto, consente così di impiegare fruttuosamente un elemento<br />

biologico considerato "a perdere" eliminando al tempo stesso tutte le problematiche relative<br />

al prelievo d'organo.<br />

<br />

10<br />

Ibatici A, et al. Direct intra-bone marrow transplant of cord blood cells: a way to overcome delayed<br />

engratment. Blood 2006.<br />

13


La relativa immaturità immunologica delle cellule cordonali, consente di superare le<br />

tradizionali barriere di compatibilità, permettendo di effettuare il trapianto anche tra<br />

soggetti non perfettamente HLA-identici, con una riduzione di complicanze come il<br />

rigetto e la GvHD acuta e cronica. La possibilità di effettuare trapianti con cellule<br />

staminali di cordone ombelicale ha indotto la costituzione di vere e proprie "banche"<br />

dove vengono conservate le unità di sangue cordonale raccolte. Il numero delle banche è<br />

aumentato in questi ultimi anni in maniera esponenziale. Nonostante una serie di<br />

vantaggi, sia di tipo organizzativo che biologico, legati all'uso di cellule staminali<br />

emopoietiche da sangue cordonale (facile reperibilità, maggiore rapidità<br />

nell'identificazione di un donatore, possibilità di reperire donatori per pazienti<br />

appartenenti a minoranze etniche poco rappresentate nei registri di donatori adulti,<br />

possibilità di effettuare trapianti anche in caso di non completa compatibilità tra<br />

donatore e ricevente, minore severità di complicanze immunologiche, minor rischio di<br />

trasmissione di malattie infettive), sono stati osservati alcuni svantaggi, tra cui il più<br />

importante è rappresentato dal numero delle cellule staminali emopoietiche disponibili<br />

in ogni singola unità. Infatti, nonostante l'elevata concentrazione di progenitori<br />

emopoietici cordonali e la loro maggiore capacità proliferativa rispetto a quelli di<br />

origine midollare, il numero assoluto di queste cellule è estremamente più bassa rispetto<br />

al midollo osseo (in esso le cellule staminali emopoietiche - denominate CD34 - sono<br />

presenti in una percentuale che varia dall'1 al 3%, nel sangue cordonale la percentuale è<br />

solo dello 0,51%), con un conseguente recupero midollare più lento rispetto al midollo<br />

(25 giorni contro 19 per i neutrofili e 59 giorni contro i 27 per piastrine). Questo ha<br />

inoltre fatto si che per molto tempo l'uso di queste cellule, come fonte alternativa di<br />

progenitori emopoietici, fosse limitato quasi esclusivamente al trattamento di pazienti<br />

pediatrici. Infatti, dal momento che la maggior parte degli studi fino ad oggi condotti ha<br />

dimostrato che, il parametro più importante che si correla alla sopravvivenza globale dei<br />

pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali di sangue cordonale, è rappresentato<br />

dalla dose cellulare infusa (che viene calcolata in base al peso del paziente), è ovvio che<br />

questo tipo di trattamento terapeutico sia riservato soprattutto a pazienti pediatrici o<br />

adulti con un peso corporeo non superiore ai 50 Kg 11 .<br />

<br />

11<br />

Sanz GF, Saavedra S, Planelles D, et al. Standardized unrelated donor cord blood transplantation in<br />

adults with hematologic malignancies. Blood 2001.<br />

14<br />

<br />

<br />

<br />

Spiegate le varie tipologie di trapianti e le diverse procedure di raccolta delle CSE,<br />

verranno descritte in seguito (capitolo 3), in maniera più dettagliata, le varie fasi<br />

attraverso le quali si espleta il TMO, al fine di rendere la trattazione di questo<br />

argomento, via via sempre più chiara. Nel prossimo capitolo verranno invece<br />

approfondite le patologie maggiormente eleggibili alla procedura del trapianto.<br />

15


CAPITOLO 2<br />

PRINCIPALI PATOLOGIE INDICATE AL TMO<br />

Le affezioni ematologiche maligne hanno rappresentato l’indicazione principale al<br />

trapianto di midollo osseo, che sembra essere ad oggi l’unica procedura capace di<br />

ottenere una lunga fase di remissione e/o stabilità della patologia ed in qualche caso<br />

persino una completa guarigione, altrimenti difficilmente raggiungibile con la terapia<br />

tradizionale. E’ bene precisare che, il TMO trova impiego nella cura di un numero<br />

considerevole di malattie, ma verranno descritte solamente quelle di maggior interesse;<br />

tutte le altre saranno comunque elencate qui di seguito, in una tabella riassuntiva<br />

(tab.2).<br />

Tabella 2.Indicazioni per il trapianto di midollo osseo.<br />

PATOLOGIE MALIGNE PATOLOGIE NON MALIGNE<br />

LEUCEMIE<br />

SINDROME DA INSUFFICIENZA<br />

MIDOLLARE<br />

Leucemie mieloidi acute Anemia aplastica grave<br />

Leucemia mieloide cronica<br />

Aplasia midollare (es.aplasia di<br />

Fanconi)<br />

Leucemie linfoidi acute STATI DI IMMUNODEFICIENZA<br />

Leucemia linfoide cronica EMOGLOBINOPATIE<br />

DISTURBI LINFOPROLIFERATIVI Alcune anemie falciformi<br />

Linfomi di Hodgkin e non Hodgkin Sindrome talassemica<br />

Mieloma multiplo<br />

DISTURBI GENETICI NON<br />

EMATOLOGICI<br />

TUMORI SOLIDI Mucopolisaccaridosi, ecc<br />

Chemio e radio sensibili Glicogenosi<br />

16<br />

<br />

<br />

<br />

2.1-LEUCEMIE MIELOIDI<br />

Le leucemie sono malattie che hanno origine da una cellula staminale o da una cellula<br />

multipotente, già in parte orientata verso una produzione cellulare. La trasformazione<br />

neoplastica altera i meccanismi che regolano la proliferazione e la differenziazione della<br />

cellula staminale, impedendo la maturazione della sua progenie. Ne consegue un<br />

accumulo, primariamente nel midollo osseo e poi nel sangue periferico e in altri organi<br />

e tessuti, di cellule blastiche che proliferano autonomamente.<br />

Le leucemie mieloidi si suddividono in acute e croniche.<br />

LEUCEMIE MIELOIDI ACUTE (LAM)<br />

Insorgono ad ogni età, ma la loro frequenza aumenta considerevolmente con il passare<br />

degli anni (età media 60-65 anni).<br />

È importante distinguere le LAM, sul piano biologico, clinico e prognostico, in tre<br />

grandi categorie:<br />

LAM “primarie” o “de novo”, che compaiono acutamente in soggetti per i quali<br />

non è dimostrabile un’esposizione significativa ad agenti leucemogeni;<br />

LAM “secondarie ad esposizione nota ad agenti leucemogeni”, tra cui le<br />

leucemie che insorgono come secondo tumore nei soggetti precedentemente<br />

trattati con chemioterapia e/o radiazioni ionizzanti per una precedente neoplasia;<br />

LAM “ secondarie ad una precedente sindrome mielodisplastica”, della quale<br />

costituiscono l’evoluzione.<br />

Le leucemie che insorgono “de novo” hanno prognosi migliore rispetto alle leucemie<br />

acute “secondarie”, che presentano estese e marcate alterazioni cromosomiche, multiple<br />

e complesse (fig.9).<br />

Il quadro clinico delle LAM è caratterizzato da un’insufficiente e difettiva produzione<br />

di cellule ematiche mature, quali eritrociti (anemia), granulociti neutrofili (riduzione<br />

delle difese immunitarie) e piastrine (piastrinopenia), nonché da un’infiltrazione dei<br />

tessuti e degli organi non ematopoietici ad opera delle cellule leucemiche<br />

(organomegalia, danno funzionale), che insieme alle cellule del sistema linfatico e<br />

monocito-macrofagico, liberano citochine (febbre, dolori, calo ponderale e sudorazioni<br />

profuse).<br />

17


La diagnosi si esegue esaminando il sangue periferico (formula leucocitaria) e il<br />

midollo osseo [biopsia ossea, aspirato midollare (fig. 10)].<br />

Figura 9. Diagnosi di leucemia mieloide acuta.<br />

Figura 10. Procedura di biopsia ossea.<br />

La terapia delle LAM si basa sulla somministrazione di agenti citotossici (citosina<br />

arabinoside, antracicline) con la finalità di ridurre ai minimi termini e, possibilmente, di<br />

eradicare la popolazione leucemica, consentendo alle cellule staminali normali residue<br />

di ripopolare il midollo.<br />

Il TMO autologo è efficace in casi che hanno ottenuto una remissione da almeno sei<br />

mesi, senza troppe complicazioni, che non abbiano più di 55-60 anni.<br />

Il trapianto allogenico a condizionamento standard è attuabile in casi che abbiano un<br />

donatore consanguineo compatibile, con un coefficiente globale di mortalità e<br />

fallimento che aumenta con l’età fino ai 55 anni (limite massimo).<br />

LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA (LMC)<br />

La leucemia mieloide cronica è l’oncoemopatia a carico della cellula staminale<br />

totipotente, che si trasforma in cellula leucemica attraverso l’induzione di un’anomalia<br />

genetica da parte di radiazioni ionizzanti, tossici industriali, ecc (fig.11).<br />

I sintomi dipendono dall’espansione della massa granulocitaria e piastrinica (tensione<br />

addominale, sazietà, leucocitosi, piastrinosi, ecc), o dall’anemizzazione e da<br />

manifestazioni aspecifiche (astenia, calo ponderale, piressia, dolori ossei e muscolari,<br />

sudorazioni profuse notturne). L’esame emocromocitometrico e morfologico del sangue<br />

periferico è fondamentale per l’orientamento diagnostico: esso mostra una leucocitosi<br />

18<br />

<br />

<br />

<br />

variabile da 10.000 leucociti per mm 3 a centinaia di migliaia. L’esame citologico (per<br />

aspirato) e istologico (per biopsia) del midollo osseo, mostrano un quadro di marcata<br />

ipercellularità con iperplasia di tutta la granulopoiesi e, in molti casi, anche della<br />

megacariocitopoiesi. La diagnosi deve però obbligatoriamente includere la<br />

dimostrazione della traslocazione cromosomica t(9;22) e/o molecolare (riarrangiamento<br />

Bcr/Abl) caratteristica della malattia.<br />

Figura 11. Cellula leucemica di tipo mieloide cronico.<br />

La terapia della LMC può essere fatta con farmaci antiblastici, con interferone e con il<br />

trapianto di midollo osseo allogenico. Quando è trattata con interferone , la<br />

sopravvivenza media è uguale o superiore a 6 anni; quando invece è curata con il TMO<br />

allogenico, il 60% dei pazienti guarisce e la sopravvivenza è limitata quasi<br />

esclusivamente dalla mortalità legata al trapianto stesso.<br />

19


2.2-LEUCEMIE LINFOIDI<br />

LEUCEMIE LINFOIDI ACUTE (LAL)<br />

Originano dai precursori dei linfociti T o B, o dalle cellule staminali totipotenti. La<br />

trasformazione leucemica genera una progenie di linfoblasti leucemici che sostituiscono<br />

il midollo emopoietico, circolano nel sangue periferico ed infiltrano organi e tessuti<br />

linfoidi e non (linfonodi, fegato, SNC, testicoli, ossa). Le LAL sono più frequenti nei<br />

bambini e rappresentano le malattie tumorali più consuete nell’età pediatrica (fig.12)<br />

Figura 12. Diagnosi di leucemia linfoide acuta.<br />

Le basi fisiopatologiche sono caratterizzate da una soppressione dell’emopoiesi normale<br />

con conseguenti anemia, granulocitopenia e piastrinopenia (sindrome da insufficienza<br />

midollare). Il quadro d’esordio più comune è costituito (come in tutte le leucemie<br />

acute), da rapida anemizzazione, infezioni, piressia e sindrome emorragica (porpora,<br />

ecchimosi, epistassi, gengivorragia).<br />

Un’altra manifestazione è l’infiltrazione e la colonizzazione di organi linfoidi e non, con<br />

conseguente “sindrome da massa tumorale” (anemia ed astenia, splenoepatomegalia,<br />

interessamento linfonodale multiplo e simmetrico, impegno mediastinico). Le cellule<br />

leucemiche possono infiltrare sedi di difficile accesso per la terapia “santuari”, come il<br />

SNC o i testicoli; la localizzazione nel SNC può essere asintomatica (svelata solo dalla<br />

rachicentesi esplorativa) o sintomatica, con ipertensione endocranica e/o paralisi di più<br />

nervi cranici; l’interessamento testicolare può invece manifestarsi con tumefazione del<br />

testicolo più o meno dolorosa.<br />

20<br />

<br />

<br />

<br />

Infine, una sintomatologia più frequente nel bambino è data dalla liberazioni di<br />

linfochine e mediatori dell’infiammazione, ad opera di cellule leucemiche e normali<br />

(“sindrome da accesso di linfochine”, con febbricola o febbre, dolori ossei, muscolari ed<br />

articolari, sudorazione profusa).<br />

L’esame morfologico dello striscio di sangue periferico, dell’aspirato midollare e a<br />

volte della biopsia ossea, sono necessari per la diagnosi. La diagnosi morfologica deve<br />

essere associata ad una diagnosi immunofenotipica, basata sul riconoscimento (con<br />

anticorpi monoclonali) delle caratteristiche del fenotipo dominante della popolazione<br />

leucemica. Infine è necessaria una diagnosi cariotipica (poiché le alterazioni<br />

cromosomiche nelle LAL sono frequenti e importanti per guidare meglio la terapia), che<br />

và adeguata ai fattori di rischio non solo in base alla diagnosi, ma anche in base alla<br />

risposta della terapia di induzione.<br />

Il solo fatto di essere adulto deve essere considerato un alto rischio, per cui, il trapianto<br />

allogenico (da donatore familiare identico o da UVD) costituisce, al momento attuale, la<br />

prima scelta terapeutica. Per i casi ad alto rischio privi di donatore, è consigliabile un<br />

approccio intensificato, applicando l’autotrapianto di cellule staminali come “inserto”<br />

tra consolidamento e mantenimento.<br />

LEUCEMIA LINFOIDE CRONICA (LLC)<br />

È una neoplasia ematologica caratterizzata, nel 98% dei casi, dalla proliferazione e<br />

dall’accumulo nel sangue, midollo e tessuti linfatici, di piccoli linfociti apparentemente<br />

maturi di origine B-linfocitaria (fig.13).<br />

Figura 13. Neoplasia ematologica caratterizzata dall’accumulo di linfociti B.<br />

21


Dal punto di vista patogenetico, nelle LLC-B si assiste ad un progressivo accumulo di<br />

linfociti leucemici arrestati in Go-G1 scarsamente proliferanti, funzionalmente<br />

incompetenti, con prolungata sopravvivenza (anche di anni) in circolo,dovuta<br />

all’inibizione apoptotica generata da un’iperespressione del gene Bcl-2.<br />

L’evento leucemogeno colpisce, con molta probabilità, il linfocita B in uno stadio di<br />

precoce maturazione, che comporta l’espressione di immunoglobuline di superficie a<br />

bassa densità di tipo IgM e/o IgD. Il clone neoplastico che ne deriva è, pertanto,<br />

composto da una popolazione di linfociti aventi catene leggere del medesimo isotipo.<br />

Questa patologia è estremamente frequente negli individui di razza bianca con<br />

un’incidenza pari del 25% di tutte le leucemie e, tra le croniche, è il tipo più<br />

comunemente rappresentato; è una malattia esclusiva dell’adulto-anziano (età media 63<br />

anni).<br />

L’esordio più tipico è quello caratterizzato dall’aumento volumetrico dei linfonodi di<br />

tutte le stazioni linfoghiandolari superficiali. I linfonodi sono quasi sempre indolenti, di<br />

consistenza non dura, mobili sui piani superficiali e profondi. Frequenti sono<br />

l’epatomegalia e/o la splenomegalia. In un numero ridotto, ma non trascurabile di casi,<br />

la malattia esordisce con sintomi e segni dello scompenso mieloide (anemia e/o<br />

piastrinopenia o addirittura anemia emolitica autoimmune). Altri sintomi sono<br />

malessere, affaticamento, sudorazione, febbre associata ad infezioni sia batteriche che<br />

minormente da neutropenia.<br />

L’emogramma, la biopsia midollare e lo studio immunologico del fenotipo di<br />

membrana, sono le indagini laboratoristiche essenziali per la diagnosi, che si basa sul<br />

riscontro di una linfocitosi periferica superiore a 8-10.000/mm 3 e un’infiltrazione<br />

linfoide midollare superiore al 30%.<br />

Per la scelta della terapia è necessario tenere conto dell’età del paziente, dello stadio<br />

della malattia e dell’attività della stessa, che può essere indolente o aggressiva.<br />

In generale, l’obiettivo terapeutico di contenere la malattia è facilmente ottenibile<br />

mediante la somministrazione di chlorambucil e cortisone a dosi variabili, e nei casi<br />

meno responsivi, di polichemioterapici o di farmaci tipo fludarabina.<br />

Infine, in pazienti giovani, con LLC particolarmente aggressiva in stadio avanzato è<br />

giustificato l’impiego di protocolli polichemioterapici altamente citotossici, finalizzati<br />

22<br />

<br />

<br />

<br />

all’eradicazione della malattia. In quest’ottica trova indicazione, in pazienti selezionati,<br />

il TMO allogenico e autologo dopo opportuno “purging”.<br />

Meritano, in ultima analisi, di essere citati i trattamenti palliativi come la radioterapia, la<br />

linfocito-aferesi e la splenectomia, che possono rivelarsi utili in certe situazioni<br />

particolari.<br />

23


2.3-LINFOMI<br />

Per linfoma s’intende l’aumento volumetrico degli organi linfoidi primari e secondari e<br />

prevalentemente dei linfonodi, dovuto ad un processo neoplastico. Linfociti, istiociti e<br />

cellule dendritiche possono essere di volta in volta le cellule interessate dall’evento<br />

tumorale.<br />

La classificazione REAL (Revised European-American Lymphoma) si articola in 4<br />

categorie principali: le neoplasie di derivazione linfocitaria B, i tumori dell’asse<br />

linfocitario T, la malattia di Hodgkin e le forme inclassificabili. Adottata come modello<br />

non solo per l’ordinamento delle neoplasie linfoidi, ma anche dei tumori mieloidi ed<br />

istiocitari nel novembre del 1997, propone un approccio classificativo riconosciuto a<br />

livello internazionale.<br />

I linfomi vengono distinti in linfoma o malattia di Hodgkin e linfomi non Hodgkin:<br />

LINFOMA DI HODGKIN (LH).<br />

L’EBV (Epstein Barr virus) svolge un ruolo importante nella genesi del processo, ma è<br />

probabile che l’evento trasformante richieda il concomitare o il susseguirsi di altri<br />

fattori, quali l’espressione di bcl-2 e di p53. La sede d’esordio è quasi sempre<br />

linfonodale, le aree più frequentemente colpite si trovano lungo il decorso e le<br />

diramazioni del dotto toracico (tratto lomboaortico, mediastino, fosse sopraclaveari). La<br />

diffusione della malattia avviene per continuità, per via linfatica e solo tardivamente per<br />

via ematica.<br />

Il LH interessa tutte le età, con frequenza massima tra i 15 e i 30 anni. Più del 50% dei<br />

pazienti si presenta senza sintomi clinici, denunciando la comparsa di una tumefazione<br />

linfonodale superficiale, più spesso sopraclaveare o laterocervicale. Quando esordisce<br />

senza sintomi, viene definito “varietà A”, se invece sono presenti uno o più sintomi<br />

(piressia ondulante remittente o continua, sudorazioni notturne profuse, calo ponderale,<br />

prurito) è chiamato “varietà B”.<br />

Tra le indagini di laboratorio utili e di semplice esecuzione ricordiamo la VES,<br />

generalmente aumentata nei pazienti con varietà clinica B, ma normale in A.<br />

L’emogramma non è caratteristicamente alterato, ma può evidenziare una modesta<br />

anemia normo-ipocromica e una leucocitosi neutrofila. La diagnosi non può prescindere<br />

24<br />

<br />

<br />

<br />

dall’esame istologico, praticato in genere su un linfonodo, che deve dare riscontro di<br />

cellule di Reed-Stemberg per essere confermata (fig.14).<br />

Figura 14. Diagnosi del linfoma di Hodgkin.<br />

La radioterapia trova indicazione nei pazienti considerati a “rischio standard”, e viene<br />

generalmente applicata su tutte le stazioni linfonodali sopradiaframmatiche (mantellina:<br />

mediastino, collo e ascelle) o sotto diaframmatiche (Y rovesciata: linfonodi lombo<br />

aortici, dell’ilo splenico, iliaci ed inguino-femorali) o su entrambe (TBI).<br />

La polichemioterapia si basa su diverse associazioni di farmaci antiblastici, ed è indicata<br />

in pazienti con LH ad “alto rischio” o in fase avanzata; la combinazione di chemio e<br />

radioterapia si impiega invece nelle forme “bulky” (malattia localmente molto estesa) a<br />

livello mediastinico.<br />

Il TMO autologo viene effettuato in pazienti con remissione completa che all’esordio<br />

presentavano caratteristiche prognosticamente sfavorevoli o in pazienti con ricadute a<br />

breve termine dalla remissione o, infine, in quei pazienti che in fase di induzione<br />

mostrano una scarsa risposta alla terapia di prima linea.<br />

LINFOMI NON HODGKIN (LNH)<br />

Sono processi neoplastici che tendono a riprodurre le caratteristiche morfologiche,<br />

fenotiche, genotipiche e, talora, funzionali di una o più tappe dei processi di<br />

maturazione e di trasformazione degli elementi linfoidi. I linfociti interessati al processo<br />

neoplastico possono esprimere il fenotipo di membrana B (più spesso) o T (fig.15 e 16).<br />

I LNH rappresentano in occidente,circa il 3% di tutti i tumori maligni con una incidenza<br />

globale di circa 10 nuovi casi/100.000 abitanti/anno.<br />

25


Figura 15 e 16. Stazioni linfonodali colpite da linfoma non Hodgkin.<br />

Quelli a basso grado di aggressività (indolenti) colpiscono soprattutto gli adulti (età<br />

media 55-60 anni), mentre quelli ad alto grado di aggressività possono interessare tutte<br />

le età, con maggiore incidenza nella 3 a e 4 a decade.<br />

Nella maggior parte dei casi esordiscono coinvolgendo sia multiple stazioni linfonodali,<br />

sia la milza, il midollo osseo ed altre sedi extra-nodali .<br />

La sintomatologia generale (piressia, prurito, sudorazioni, calo ponderale) interessa solo<br />

il 10-20% dei pazienti in fase iniziale; questi sintomi sono propri delle forme più<br />

aggressive di tutte le fasi terminali, accompagnate da tumefazione del linfonodo in una<br />

o, più spesso, diverse stazioni linfatiche superficiali e/o profonde in genere simmetriche.<br />

In quelli ad alto grado di aggressività sono presenti fin dall’esordio adenomegalie<br />

superficiali e/o profonde, meno frequentemente epatosplenomegalia. La diffusione è<br />

precoce per via ematica e per via linfatica, per cui oltre il 50% dei pazienti arriva alla<br />

diagnosi già al IV stadio.<br />

La radioterapia nell’ambito degli LNH indolenti viene utilizzata nei pazienti in I-II<br />

stadio, allo stesso modo è la terapia di prima linea in quelli ad alto grado in stadio I<br />

senza “bulky”. Nelle varianti aggressive con stadio superiore al I, la strategia<br />

terapeutica si avvale di protocolli di polichemioterapia citotossici aggressivi (1 a ,2 a ,3 a<br />

generazione). Anche i pazienti giovani con LNH indolente in fase avanzata (stadi II-<br />

IV), devono essere trattati con un programma eradicante polichemioterapico. I pazienti<br />

26<br />

<br />

<br />

<br />

anziani con malattia disseminata vengono trattati con monochemioterapia associata o<br />

non a radioterapia, con l’unico intento di contenere il più possibile l’espansione della<br />

malattia, più che eradicarla. Recenti protocolli terapeutici con Rituximab, si sono<br />

rivelati molto utili nel trattamento (in regime di monochemioterapia) dei LNH indolenti<br />

ed aggressivi, in fase di recidiva o refrattari. Il TMO autologo viene utilizzato nelle<br />

forme ad alto grado di aggressività (come nei linfomi di Hodgkin), nei pazienti in<br />

remissione completa che, all’esordio, presentavano caratteristiche sfavorevoli, in<br />

pazienti che ricadono in tempi brevi e, soprattutto, in pazienti che durante la fase di<br />

induzione mostrano scarsa o lenta risposta alla terapia di prima linea. 12,13,14,15,16,17<br />

<br />

12<br />

A. Chiappella, A. D’Alessio, R. Freilone, F. Iuliano, G. Marotta. Percorsi clinici in ematologia.<br />

Elsevier 2008.<br />

13 S. Tura. Lezioni di ematologia VI edizione. Esculapio 2003.<br />

14 V. Sermonti, U. Recine. Ematologia pratica II edizione. EMSI 2004.<br />

15 P. Corradini, R. Foà. Manuale di ematologia. Minerva Medica 2008.<br />

16<br />

E. Pauleau. Syndrome myelodysdisplasique et leucemie aigue secondaires au traitement par<br />

fludarabine: a propos de deux cas. 2000.<br />

17 A. Verdier. Les inhibiteurs des tyrosine-kinases dans les hémopathies malignes: étude d'Imatinib<br />

(Glivec r) dans le traitement de la leucemie myéloïde chronique au CHU de Dijon. 2003.<br />

27


CAPITOLO 3<br />

LE FASI DEL TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO<br />

Per effettuare il trapianto è necessario innanzitutto che il paziente venga dichiarato<br />

idoneo, mediante una serie di accertamenti che seguono un iter ben preciso. In seguito,<br />

il soggetto è sottoposto ad una sequenza ben codificata di fasi dal punto di vista clinico<br />

e biologico, che termina alla completa ricostituzione di elementi ematologici privi di<br />

alterazioni genetiche o trasformazioni neoplastiche.<br />

3.1-ACCERTAMENTI ATTESTANTI L’IDONEITA’<br />

Il tempo indicativo dall'ingresso in ospedale al trapianto è di circa due settimane.<br />

Idealmente, perché il trapianto possa essere considerato come una terapia appropriata, il<br />

paziente dovrebbe essere in remissione dalla propria malattia, anche se a tale regola<br />

possono esservi alcune eccezioni.<br />

Prima dell' ingresso in ospedale il paziente viene sottoposto ad accertamenti volti a<br />

determinarne la condizione fisica generale e lo stato psichico, per stabilire così se<br />

esistono i presupposti necessari a permettere l'esecuzione del trapianto e le terapie<br />

correlate. In particolare il paziente viene sottoposto ad aspirazione e biopsia del<br />

midollo, esami radiologici (radiografia del torace ed eventuali indagini TAC), esami del<br />

sangue, prove di funzionalità respiratoria, elettrocardiogramma ed ecocardiogramma. Al<br />

fine di ridurre al minimo il rischio di sviluppare infezioni nel decorso post-trapianto,<br />

viene inoltre eseguita un'accurata indagine odontostomatologica con le terapie del caso<br />

(pulizia dei denti, cura delle carie ed eventuale avulsione dentaria); eventuali ascessi o<br />

granulomi dentari, infatti, rappresentano sempre un sicuro serbatoio di germi di vario<br />

tipo 18 .<br />

Il giorno d’ingresso in ospedale, al paziente viene inserito un catetere venoso centrale,<br />

quasi sempre nella vena succlavia (sede elettiva). Tale catetere, generalmente composto<br />

da 2 o 3 lumi, viene posto in anestesia locale, subito sotto la clavicola, da personale<br />

specializzato. Attraverso questo catetere saranno somministrati tutti i medicamenti,<br />

<br />

18<br />

McSweeney PA, Niederwieser D, Shizuru JA, et al. Hematopoietic cell transplantation in older<br />

patients with hematologic malignancies. Blood 2001.<br />

28<br />

<br />

<br />

<br />

compreso i chemioterapici, e saranno giornalmente eseguiti i prelievi ematici necessari,<br />

senza dover ricorrere, di volta in volta, a fastidiose e ripetute venopunture delle<br />

braccia 19 .<br />

Nei giorni successivi, il paziente viene sottoposto al trattamento chemio-radioterapico di<br />

condizionamento.<br />

<br />

19 Royal College of Nursing: "Standards for infusion therapy July 2003" www.rnc.org.uk.<br />

29


3.2-FASE DI CONDIZIONAMENTO<br />

Una volta ricoverato il soggetto si effettua il condizionamento, cioè uno schema di<br />

terapia sovramassimale, impiegato per il trapianto allogenico e autologo. Il trattamento<br />

serve ad abolire il midollo osseo del paziente e ad eradicare le cellule tumorali,<br />

attraverso la somministrazione di alte dosi di chemioterapia e/o radioterapia,<br />

teoricamente in grado di provocare una mielodepressione irreversibile, corretta poi con<br />

reinfusione di cellule staminali emopoietiche.<br />

I ricercatori stanno attualmente mettendo a punto le dosi, i tempi e la sequenzialità di<br />

chemio e radioterapia, per assicurare l'eliminazione di tutte le cellule tumorali con la<br />

minore tossicità possibile.<br />

I tre obiettivi principali della terapia di condizionamento in caso di TMO sono:<br />

creazione di spazio;<br />

immunosoppressione;<br />

eradicazione della malattia;<br />

Il primo di questi serve ad evitare una competizione tra le cellule staminali dell’ospite e<br />

quelle che provengono dal donatore. Anche se l’esatta biologia di questa competizione<br />

non è stata ancora chiaramente delineata, può tuttavia vertere sulla presunta richiesta da<br />

parte delle cellule progenitrici immature di occupare nicchie definite all’interno dello<br />

stroma midollare (al fine di ottenere un necessario sostegno di nutrienti e citochine per<br />

la proliferazione e la differenziazione), e la conseguente necessità da parte delle cellule<br />

staminali esistenti di venire eradicate in modo che abbia luogo l’attecchimento del<br />

donatore 20 .<br />

L'immunosoppressione, come nel trapianto di organi solidi, è necessaria per prevenire il<br />

rigetto del midollo allogenico del donatore e non è ovviamente necessaria in caso di<br />

TMO autologo. Le strategie per il condizionamento immunosoppressivo più<br />

comunemente impiegate sono la somministrazione di ciclofosfamide ad alte dosi e la<br />

total body irradiation, anche se in alcuni casi da sole possono non essere sufficienti a<br />

consentire un attecchimento permanente del midollo del donatore. È comunque evidente<br />

come non possa essere applicata una definizione universale di “alte dosi” e come si<br />

<br />

20 Chabner BA et al. Antineoplastic agents. In Goodman and Gilman's The Pharmacological Basis of<br />

Therapeutics, 11th ed. J Brunton LL, Lazo JS, and Parker KL, eds NewYork, NY: McGraw Hill 2006.<br />

30<br />

<br />

<br />

<br />

possano raggiungere dosi diverse a seconda che vi sia il supporto dei soli fattori di<br />

crescita, o del trapianto di midollo osseo unito ai fattori di crescita emopoietici 21 .<br />

Nei pazienti affetti da tumore maligno, il TMO s'impiega con intento curativo e il ruolo<br />

della terapia di condizionamento citotossico, oltre a quelli descritti in precedenza, è<br />

quello di eradicare le cellule neoplastiche. Il compito di distruggere la quota residua di<br />

malattia è affidata a diversi tipi di regimi di condizionamento, che prevedono dosi letali<br />

di chemioterapia e/o radiazioni ionizzanti (fig.17).<br />

Figura 17.Il regime di condizionamento: chemio e radioterapia.<br />

Tale terapia induce quindi la massima citotossicità tollerabile per il paziente, e quindi<br />

anche la massima citotossicità verso le cellule patologiche, che una volta eradicate<br />

permetteranno la reinfusione di cellule staminali capaci di ricostituire la corretta<br />

emopiesi 22 .<br />

Gli obiettivi principali della chemioterapia pre-trapianto, come della TBI, sono uguali a<br />

quelli del condizionamento. Ovviamente l'ablazione pre-trapianto è fondamentale per le<br />

<br />

21<br />

Lowsky R, Takashashi T, Liu P et al. Protective conditioning for acute graft versus host disease. New<br />

Engl J Med 2005.<br />

22 McSweeney PA, Niederwieser D, Shizuru JA, Sandmaier BM, Molina AJ, Maloney DG, et al.<br />

Hematopoietic cell transplantation in older patients with hematologic malignancies: replacing high-dose<br />

cytotoxic therapy with graft-versus-tumor effects. Blood 2001.<br />

31


patologie con midollo iperplastico, come nelle forme leucemiche o nelle talassemie,<br />

mentre è di minore importanza nei casi di midollo ipoplastico (come nel caso<br />

dell'aplasia midollare), dove è fondamentale invece l'effetto immunosoppressivo.<br />

I chemioterapici solitamente impiegati per l'ablazione midollare sono il busulfano<br />

(BUS), la citosina arabinoside e il melphalan, mentre la ciclofosfamide (CTX),<br />

ampiamente usata in molti regimi di condizionamento, ha prevalentemente un effetto<br />

immunosoppressivo, ma non è in genere sufficiente a determinare un'ablazione<br />

midollare dell'ospite, tranne che in presenza di uno stato midollare ipoplastico. In<br />

relazione alla patologia di base, per ottenere l'effetto sperato dal regime di<br />

condizionamento (ablazione + immunosoppressione), è fondamentale, rispetto<br />

all'impiego di una monochemioterapia, l'associazione strategica di più farmaci<br />

(polichemioterapia), in modo da ridurre la probabilità di una resistenza nei confronti di<br />

qualcuna delle sostanze impiegate. Inoltre l'impiego di associazioni chemioterapiche<br />

può ridurre la morbilità globale legata alla tossicità dei farmaci, rispetto all'equivalente<br />

morbilità che si avrebbe utilizzando un unico agente per ottenere lo stesso effetto terapeutico.<br />

Infatti, i chemioterapici impiegati nei regimi di condizionamento vengono<br />

somministrati a dosi sovramassimali e gli effetti tossici a essi associati possono essere<br />

particolarmente gravi (polmonite interstiziale, cardiotossicità, epatotossicità, VOD,<br />

cistite emorragica, crisi convulsive, ecc.) 23 .<br />

In relazione al tipo di trapianto è fondamentale, in alcuni casi, privilegiare o<br />

eventualmente incrementare (mediante l'impiego di farmaci aggiuntivi), l'effetto<br />

immunosoppressivo per ridurre il rischio del rigetto o del non attecchimento, come nel<br />

caso dei trapianti da sangue cordonale o da MUD compatibile o da donatore, nei quali<br />

alla terapia citoriduttiva viene aggiunto il siero anti-linfocitario.<br />

L'impiego dell' irradiazione corporea totale (total body irradiation, TBI) nel regime di<br />

condizionamento pre-trapianto, ha un effetto immunosoppressivo e antitumorale: in<br />

particolare la TBI agisce anche sulle cellule in fase G0 del ciclo cellulare e sulle cellule<br />

del SNC e dei testicoli (considerati santuari di malattia) 24 .<br />

<br />

23<br />

De Jonge ME, Huitema AD, Rodenhuis S, Beijnen JH. Clinical pharmacokinetics of<br />

cyclophosphamide. Clin Pharmacokinet 2005.<br />

24 Maher K.E. Radiation therapy: toxicities and management. In Yarbro C.H. et al. (eds). Cancer<br />

nursing: principles and practice. Jones and Bartlett, Boston, 2000.<br />

32<br />

<br />

<br />

<br />

Questa può essere effettuata in dose singola, quando la quantità di radiazioni viene<br />

somministrata in un'unica volta, oppure frazionata, quando la dose totale di radiazioni<br />

viene suddivisa in più giorni. La dose totale e la sua intensità sono variabili, ma di<br />

norma i valori sono più alti nella TBI frazionata rispetto a quella in frazione singola.<br />

Quando si utilizza per emopatie non maligne, la dose totale è solitamente più bassa, non<br />

essendo necessaria l'eliminazione di cellule tumorali, ma solo l'effetto<br />

immunosoppressivo 25 .<br />

<br />

<br />

25 Corvo R, Lamparelli T, Bruno S et al. Low-dose fractionated total body irradiation adversely affects<br />

prognosis of patients with leukemia receiving an HLA-matched UD-BMT. Bone Marrow Transplantation<br />

2002.<br />

33


3.3-FASE D’INFUSIONE DELLE CSE<br />

La tecnica di infusione si esegue sia per le CSE prelevate dal midollo osseo tramite<br />

l’aspirato midollare, che nelle cellule staminali raccolte dal sangue periferico mediante<br />

leucoaferesi. Le cellule infuse attraversano il microcircolo polmonare e si vanno a<br />

collocare nel midollo osseo, grazie ad un peculiare fenomeno denominato “homing”<br />

(3). Il meccanismo molecolare legato a questo processo sembra essere determinato dalla<br />

presenza di particolari antigeni sui precursori emopoietici. L'infusione di midollo osseo<br />

richiede un margine di sicurezza di almeno 24 ore dalla somministrazione di<br />

chemioterapici, per avere la certezza che nel sangue del ricevente non siano presenti<br />

citotossici che possano ritardare o inibire l'attecchimento delle cellule staminali.<br />

Preliminarmente il midollo raccolto e congelato deve essere trasferito nell'unità di cura<br />

del paziente in un contenitore di azoto liquido; è importante infondere il midollo il più<br />

rapidamente possibile dopo lo scongelamento, per ridurre al minimo il rischi di morte<br />

delle cellule staminali.<br />

Prima di effettuare l’infusione di midollo osseo, ci si deve assicurare che il ricevente abbia<br />

un accesso venoso immediato e pervio (un'infusione di soluzione fisiologica scorre<br />

liberamente immessa nel catetere venoso centrale).<br />

Le singole sacche vengono immerse in bagno termostatato con acqua a circa 40° C,<br />

dopo essere state prelevate direttamente dall'azoto liquido: è importante accertare<br />

sempre l'identità del donatore prima dell’infusione. Una volta scongelata ciascuna<br />

sacca, viene infusa velocemente nel ricevente attraverso un dispositivo di somministrazione.<br />

Al fine di ottimizzare la resa delle cellule infuse, lo scongelamento avviene<br />

immediatamente prima dell’ infusione, portando bruscamente le cellule a 37° C e<br />

infondendole attraverso il catetere venoso centrale (fig.18). Quanto più rapidamente<br />

avviene l'infusione, dopo lo scongelamento, tanto minore è la morte cellulare. Fra<br />

l'infusione di una sacca e l'altra si può lasciare un intervallo di tempo variabile, se il ricevente<br />

ha un basso peso corporeo e occorre evitare un’iperidratazione, che generando<br />

un sovraccarico di liquidi potrebbe far insorgere uno scompenso cardiaco. Si deve<br />

avvisare il paziente dello sgradevole odore del dimetilsolfossido che viene utilizzato<br />

come criopreservante e del fatto che la lisi eritrocitaria durante lo scongelamento<br />

porterà a una colorazione rossa delle urine.<br />

34<br />

<br />

<br />

<br />

Durante l'infusione midollare è necessario il monitoraggio dei parametri vitali e<br />

l'osservazione di un’eventuale insorgenza di dispnea, ortopnea, dolore toracico, brividi,<br />

reazione orticarioide e febbre. Il torace va auscultato in caso di modificazione della<br />

respirazione e dei toni cardiaci. Se dovesse essere rilevata la presenza di murmure<br />

cardiaco o di rantolo polmonare, occorre rallentare la velocità di infusione, ma la<br />

procedura non va in ogni caso sospesa.<br />

Si possono verificare complicazioni legate all'infiltrazione dell'azoto nella sacca<br />

(attraverso una porta di accesso o una chiusura termica imperfetta) ed alla rottura della<br />

sacca in uno o più punti: in questi casi il midollo può essere contaminato da batteri. La<br />

morbilità associata all'infusione di midollo può essere dovuta a contaminazione<br />

microbica, infusione di materiale particellare, tossicità del dimetilsolfossido o altri<br />

effetti negativi. L'infusione di DMSO può portare a nausea, vampate e dolore<br />

addominale 26 .<br />

Figura 18. Infusione di cellule staminali emopoietiche tramite CVC.<br />

<br />

26 Ljungman P, Urbano-Ispizua A, Cavazzana-Calvo, Demirer, Dini G, Einsele H, et al. Allogeneic and<br />

autologous transplantation for haematological disease, solid tumors and immune disorders: definitions<br />

and current practice in Europe. Bone Marrow Transplant. 2006.<br />

35


3.4-FASE DI APLASIA MIDOLLARE<br />

Entro circa due settimane le cellule midollari trapiantate iniziano ad attecchire e a<br />

ripopolare l'organismo del paziente di cellule sane. Comunque, affinché il nuovo<br />

midollo del paziente sia sviluppato a tal punto da produrre un numero sufficiente di<br />

cellule mature, occorrono almeno tre o quattro settimane. Nelle prime due/tre settimane<br />

dopo il trapianto, nell'attesa che si compia l'attecchimento e la maturazione delle nuove<br />

cellule midollari, il paziente va incontro ad uno stato di aplasia, ossia non produce<br />

cellule mature; come conseguenza della morte naturale delle cellule già presenti, si<br />

verifica una progressiva diminuzione del numero delle cellule del sangue circolanti, che<br />

si traduce in una discesa dei valori emocromocitometrici: i globuli bianchi scendono<br />

rapidamente a zero mentre, di pari passo, le piastrine e i globuli rossi calano<br />

velocemente di numero. Per sopperire alla mancata produzione cellulare ed evitare le<br />

pericolose conseguenze che ne deriverebbero, il paziente viene periodicamente trasfuso<br />

con concentrati piastrinici ed unità di globuli rossi di donatori volontari, accuratamente<br />

selezionati. Queste cellule, che sono sottoposte a rigidissimi controlli, hanno la funzione<br />

di sostituire temporaneamente quelle del paziente, che sono in via di maturazione 27 .<br />

Nonostante queste trasfusioni, però, le prime due settimane dopo il trapianto sono le più<br />

difficili per il paziente, il quale, comunque, non avendo globuli bianchi, deve superare<br />

un periodo di profonda immunosoppressione (a differenza dei globuli rossi e delle<br />

piastrine, i globuli bianchi non possono essere trasfusi). Tale periodo è perciò molto<br />

delicato, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di contrarre vari tipi di infezione<br />

(batteriche, fungine, virali). Questo pericolo sussiste anche in regime di sterilità, in parte<br />

perché molti germi sono ospiti naturali dell'organismo ed in esso sono presenti già<br />

prima che il paziente vada incontro all’immunosoppressione farmacologica, in parte<br />

perché, nonostante la stessa camera sterile, risulta impossibile impedire che il paziente<br />

venga in contatto con qualche microrganismo 28 . La camera a flusso d'aria laminare è<br />

una camera singola suddivisa in una zona-paziente e in una precamera. La zona paziente<br />

è sterile e isolata, protetta dalla precamera attraverso una cortina trasparente, un sistema<br />

filtrante altamente efficiente (filtri assoluti) e un flusso d'aria orizzontale continuo.<br />

<br />

27<br />

Regan F., Taylor C. Recent developments: blood transfusion medicine. BMJ 2002.<br />

<br />

28<br />

Moreno A, Cervera C, Gavalda J, et al. Bloodstream infections among transplant recipients:results of<br />

a nationwide surveillance in Spain. Am J Transplant 2007.<br />

36<br />

<br />

<br />

<br />

Nella cortina di separazione sono presenti guanti per visitare il paziente e una serie di<br />

presidi utili per rilevare i parametri vitali, praticare prelievi di sangue e controllare le<br />

condizioni generali. All'ingresso della zona filtro è posizionato un dispositivo per<br />

passare al paziente materiali sterilizzati e medicamenti. La parete alla testa del letto è<br />

ricoperta di filtri assoluti ad alta efficienza. Essi sono in grado di rimuovere il 99,8%<br />

delle particelle sospese e dei microrganismi di 0,2 μm di diametro. Ciò assicura l'arrivo<br />

al paziente di aria sostanzialmente sterile. Ventilatori posti dietro il sistema di filtri<br />

forniscono un flusso orizzontale d'aria sterile, creando nella zona-paziente una pressione<br />

positiva. Dalla zona-paziente l'aria si dirige nella precamera attraverso un passaggio e<br />

viene aspirata da un sistema di recupero che crea una pressione negativa; in questo<br />

modo il circolo dell'aria diventa un percorso forzato. Il flusso d'aria continuo preclude<br />

l'ingresso di microrganismi nella camera e rimuove le particelle diffuse dal paziente e da<br />

chiunque altro entri nella zona-paziente. Solitamente dall'80 al 90% dell'aria viene<br />

rigenerata con aria fresca proveniente da un sistema di ventilazione della struttura<br />

ospedaliera. I ventilatori sono a due o tre velocità, partono da una velocità bassa, usata<br />

quando il paziente è solo, per passare a una media o alta quando all'interno della zonapaziente<br />

sono presenti personale o visitatori.<br />

È importante spiegare al paziente le regole e le procedure da adottare valutandone il<br />

grado di comprensione, soprattutto per i particolari legati alle problematiche<br />

dell'isolamento. Occorre considerare i comportamenti, i tempi e le modificazioni di tutte<br />

quelle attività quotidiane, importanti per il paziente, che dovranno essere mantenute, ma<br />

realizzate con procedure sterili (come l'igiene, l'alimentazione, il movimento, ma anche<br />

la lettura, il gioco, l'ascolto musicale ecc.) 29 .<br />

L'isolamento protettivo in camera a flusso d'aria laminare viene mantenuto finché il<br />

paziente riprende le proprie funzioni immunologiche ed è, quindi, in grado di essere<br />

dimesso dall'unità. Gli standard richiesti per l'interruzione dell'isolamento consistono in<br />

una conta leucocitaria al di sopra dei 500/mm 3 . In casi di emergenza, come<br />

un'insufficienza cardiaca o respiratoria, l'ambiente protetto viene interrotto per<br />

consentire l'accesso al personale e ai materiali sanitari specifici. A volte l'interruzione<br />

dell'isolamento viene giustificata da seri problemi di ordine psicologico. Questo verrà<br />

<br />

29<br />

Jane D. Siegel, MD; Emily Rhinehart. Guideline for Isolation Precautions: Preventing Transmission of<br />

Infectious Agents in Healthcare Settings. CDC 2007.<br />

37


attentamente valutato dall'equipe di cura e da un consulente psichiatrico. La<br />

permanenza in un regime di isolamento è limitata tra 7 e 13 giorni, grazie alla rapida<br />

ripresa dei valori dei neutrofili garantita dalla somministrazione di fattori stimolanti di<br />

crescita emopoietica (GM-CSF).<br />

E’ bene infatti ricordare che, se la grande maggioranza dei germi non è in grado di<br />

sviluppare infezioni in un soggetto immunocompetente (dotato cioè di un normale<br />

sistema immunitario), senza la continua sorveglianza esercitata dai globuli bianchi,<br />

maturi e funzionanti, qualunque microrganismo può moltiplicarsi rapidamente e<br />

produrre uno stato di infezione, virtualmente a carico di qualsiasi organo del corpo. Di<br />

fatto il sistema respiratorio, proprio perché, attraverso l'aria respirata, risulta in continuo<br />

contatto con l’ambiente esterno, rappresenta l'apparato a maggior rischio di sviluppare<br />

infezioni. Al fine di prevenirle, oltre al ricovero in camera sterile, rigorosamente singola<br />

e con propri servizi igienici, vengono messi in atto tutti i possibili presidi di controllo<br />

ambientale e periodicamente vengono eseguiti dei tamponi di controllo a livello di varie<br />

parti della superficie corporea del paziente. Inoltre, viene somministrata una terapia<br />

antibiotica di profilassi contro i più comuni germi normalmente presenti nel corpo,<br />

soprattutto a livello gastroenterico. I pazienti sono mantenuti in isolamento e sia il<br />

personale medico che quello infermieristico, quando entra nella stanza indossa sempre<br />

un camice, una cuffia e dei guanti, tutti rigorosamente sterili, nonché una mascherina<br />

protettiva. Nel caso in cui, nonostante tutto ciò, il paziente vada incontro ad un episodio<br />

infettivo, viene subito iniziata una antibioticoterapia ad ampio spettro, composta di due<br />

o tre diversi antibiotici antibatterici somministrati endovena; in concomitanza con la<br />

risalita della febbre vengono eseguiti anche dei prelievi di sangue (emocolture) su cui,<br />

in laboratorio, viene ricercato il microrganismo responsabile dell’infezione; possono<br />

inoltre venire eseguite indagini supplementari (come esami colturali sulle urine,<br />

sull'espettorato o su altri liquidi biologici, ed indagini di tipo radiologico od ecografico).<br />

Talora può essere necessario ricorrere ad una terapia antifungina, utilizzando un<br />

antimicotico specifico verso questo tipo di infezioni.<br />

38<br />

<br />

<br />

<br />

3.5-FASE DI ATTECCHIMENTO DELLE CSE<br />

L’aplasia midollare termina quando le cellule staminali infuse, in grado da sole di<br />

trovare la strada per colonizzare le cavità midollari vuote, cominciano a proliferare,<br />

maturano e si differenziano in globuli bianchi, piastrine e globuli rossi (fig.19).<br />

Figura 19. Differenzazione delle CSE.<br />

Si definisce “ATTECCHIMENTO" il periodo in cui nel sangue periferico i Neutrofili<br />

superano stabilmente il valore di 500/mm 3 e le Piastrine di 25.000/mm 3 , livelli ancora<br />

ridotti ma indicativi di ripresa midollare, in quanto la presenza di cellule mature nel<br />

sangue periferico riflette l’attività dei loro precursori (CSE) nel midollo osseo.<br />

La completa autonomia dalle trasfusioni di globuli rossi e piastrine varia da caso a caso,<br />

potendo a lungo oscillare su valori intermedi.<br />

L'attecchimento dopo trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche viene<br />

generalmente confermato mediante la dimostrazione di un chimerismo completo o<br />

parziale, osservato su ripetuti campioni di sangue periferico e/o di midollo prelevati al<br />

paziente trapiantato in tempi diversi 30 .<br />

<br />

30 Bryant E, Martin P. Documentation of engraftment and charization of chimerism following<br />

hemopoietic cell transplantation. In Thoma's Hemopoietic Stem Cell Transplantation. third edition.<br />

Blackwell Publishing 2004.<br />

39


Si parla di chimerismo completo o full chimerism, quando nei campioni di sangue<br />

periferico o midollare del ricevente, non c'è apparente traccia di cellule emopoietiche o<br />

linfoidi del ricevente. Si parla di chimerismo parziale o mixed chimerism quando cellule<br />

emopoietiche e linfoidi del ricevente convivono con cellule emopoietiche e/o linfoidi<br />

del donatore. Con i termini chimerismo completo e chimerismo misto si definiscono due<br />

quadri biologici diversi la cui interpretazione varia in funzione della diagnosi, del tipo<br />

di trapianto, del tipo di sorgente di cellule staminali, della durata del follow-up e del<br />

tipo di condizionamento.<br />

Uno stato di chimerismo misto si verifica obbligatoriamente nei primi mesi del post<br />

trapianto quando il trattamento immunosoppressivo è ancora in atto. Con la sospensione<br />

del trattamento, le cellule immunocompetenti del donatore manifestano pienamente il<br />

loro effetto citotossico contro l'emopoiesi residua del ricevente favorendo la<br />

stabilizzazione di una chimera completa. In alcune situazioni si può ricorrere all'uso dei<br />

linfociti del donatore se la sospensione dei farmaci immunosppressori non ha prodotto<br />

gli effetti desiderati. Fluttuazioni del chimerismo si possono osservare anche<br />

tardivamente ed il ricorso ai linfociti del donatore può essere giustificato 31 .<br />

<br />

31 Sobecks RM, Bail EJ, Askar M, et al. Influence of killer immunoglobulin-like receptor / HLA ligand<br />

matching on achievemnet of T-cell complete donor chimerism in related donor nonmyeloablative<br />

allogeneic hematopoietic stem cell transplantation. Bone Marrow Transplant 2008.<br />

40<br />

<br />

<br />

<br />

3.6-DIMISSIONE POST-TRAPIANTO<br />

I pazienti che sopravvivono al TMO potranno essere "liberi da malattia", ma rischiano<br />

di sviluppare complicanze croniche secondarie al trattamento. Le percentuali di<br />

sopravvivenza dipendono da:<br />

età del paziente (dopo i 30 anni aumenta il rischio di GvHD, polmonite interstiziale,<br />

VOD epatica);<br />

stadio di remissione della malattia clinicamente rilevabile all'epoca del trapianto.<br />

I giovani sembrano avere maggiori capacità di recupero dei danni organici rispetto agli<br />

adulti, ma le alte dosi di chemio e radioterapia possono essere devastanti per i bambini,<br />

in relazione alla velocità del metabolismo e allo sviluppo degli organi, fino alla mancanza<br />

di un'effettiva reazione di ripresa proporzionale allo stress del trapianto.<br />

Le dimissioni dei pazienti sottenderanno a particolari criteri basati su:<br />

1) capacità si assumere alimenti, liquidi e terapie per via orale;<br />

2) controllo del trattamento e/o dei sintomi con interventi farmacologici;<br />

3) assenza di febbre;<br />

4) stabilità dei valori ematici;<br />

5) disponibilità di aiuto a domicilio.<br />

Con l'avvento dei fattori di crescita i pazienti trattati con TMO vengono dimessi<br />

velocemente nel periodo post-trapianto anche se devono essere seguiti a domicilio,<br />

controllati e valutati a intervalli regolari, per un veloce riconoscimento e trattamento di<br />

eventuali complicanze acute o croniche.<br />

In ogni caso, dopo circa 4-6 settimane dal trapianto, se non sono intervenuti problemi<br />

particolari e non si è sviluppata una di GvHD acuta di grado avanzato, generalmente il<br />

paziente può essere dimesso e tornare a casa. Ovviamente il momento della dimissione<br />

è molto variabile; di norma gli allotrapianti richiedono un'ospedalizzazione più lunga<br />

degli autotrapianti, sia perché l'attecchimento di un midollo non appartenente<br />

all’organismo del paziente richiede in genere più giorni di un midollo autologo, sia per<br />

il rischio di GvHD. Purtroppo talora può accadere che un paziente rimanga in ospedale<br />

più a lungo, per essere sottoposto ad ulteriori terapie a seguito di complicanze o perché<br />

semplicemente abbia bisogno di un tempo maggiore per raggiungere valori<br />

emocromocitometrici sufficienti a garantirne la sicurezza a casa.<br />

41


CAPITOLO 4<br />

PRINCIPALI COMPLICANZE LEGATE AL TMO<br />

Il trapianto di cellule staminali è utilizzato per salvare il paziente dalla tossicità<br />

ematopoietica dose-dipendente di chemio e radioterapia. Questi trattamenti citotossici<br />

insieme allo stesso TMO, possono portare allo sviluppo di alcune complicanze, distinte<br />

in precoci e tardive, a seconda del periodo d’insorgenza. Il pericolo maggiore è tuttavia<br />

rappresentato dalla possibilità di sviluppare una reazione di rigetto contro l’ospite.<br />

4.1-GRAFT VERSUS HOST DESEASE<br />

La GvHD rappresenta a tutt'oggi una delle più frequenti complicanze del trapianto di<br />

cellule staminali allogeniche, particolarmente nei casi di trapianto incompatibile.<br />

Dalle diverse casistiche, per il trapianto di midollo HLA identico, l'incidenza di questa<br />

complicanza è del 30-50%, mentre aumenta al 50-80% dei casi nei trapianti da MUD o<br />

familiari parzialmente compatibili. La sopravvivenza a lungo termine nei pazienti con<br />

GvHD di grado > II risulta inferiore al 30%.<br />

Ovviamente, non solo il tipo di trapianto e il grado di compatibilità donatore/ricevente<br />

influenzano l'incidenza, ma anche il regime di profilassi impiegato e numerosi altri<br />

fattori.<br />

L'esatta identificazione della popolazione cellulare responsabile della GvHD resta poco<br />

chiara ed esistono prove che sia i linfociti T CD4+ che CD8+ possano giocare un ruolo<br />

in questo fenomeno insieme a cellule NK. Possono inoltre contribuire le citochine,<br />

compresi gli interferoni, il fattore di necrosi tumorale (TNF) e il GM-CSF. In<br />

particolare, nell'immediato post-trapianto gli alti livelli di citochine e molecole di<br />

adesione possono rendere maggiormente reattivi i linfociti T infusi, verso gli antigeni<br />

HLA del ricevente ed in tal modo contribuire al danno tessutale della GvHD. Sono<br />

distinguibili due differenti "sindromi", denominate GvHD acuta e GvHD cronica e<br />

verranno affrontate separatamente nei paragrafi successivi 32 .<br />

<br />

32<br />

Velardi A, Ruggeri L, Capanni M, et al. Natural killer cell alloreactivity in mismatched hematopoietic<br />

transplantation. Hematology (Am Soc Educ Program) 2004.<br />

42<br />

<br />

<br />

<br />

4.2-COMPLICANZE PRECOCI<br />

Si definiscono complicanze precoci quelle che intervengono nei primi 100 giorni posttrapianto,<br />

mentre vengono definite tardive quelle che si manifestano successivamente.<br />

La suddivisione non segue solo un ordine di tipo temporale, ma anche prognostico;<br />

sono infatti meno tollerate dai pazienti le complicanze precoci.<br />

GVHD ACUTA<br />

La GvHD acuta compare nei primi 100 giorni post-TMO. Le manifestazioni cliniche<br />

legate a questa complicanza coinvolgono e danneggiano la cute, il fegato e il tratto<br />

gastro-intestinale.<br />

La pelle viene colpita per prima, con la presenza di maculo-papule (arrossamenti diffusi<br />

alle palme delle mani, alle piante dei piedi e alle orecchie). Gli stadi successivi sono<br />

associati a bolle, flittene, ulcerazioni e necrosi, sino alla desquamazione dell'epitelio<br />

cutaneo.<br />

Se si presenta un interessamento epatico i sintomi sono: epatomegalia, dolori nel<br />

quadrante superiore destro, un aumento della bilirubinemia, della fosfatasi alcalina e<br />

delle transaminasi. Il danno epatico provoca una diarrea acquosa verde, accompagnata<br />

da forti crampi addominali; tale sintomo può progredire sino allo sfaldamento della<br />

mucosa intestinale.<br />

Le terapie per prevenire e curare la GvHD in questi ultimi anni si sono sviluppate<br />

attraverso l'utilizzo di agenti farmacologici singoli o combinati quali: methotrexate, corticosteroidi,<br />

ciclosporina, immunoglobuline. Le tecniche non farmacologiche prevedono<br />

la deplezione dei linfociti T dal midollo del donatore prima del trapianto, attraverso<br />

tecniche di agglutinazione, immunoasportazione su colonna e trattamenti con anticorpi<br />

monoclonali.<br />

È importante effettuare una cura meticolosa della pelle per prevenire lesioni cutanee,<br />

occorre utilizzare creme per prevenire la disidratazione e medicazioni adeguate per<br />

trattare il prurito. Diventa importante il monitorare le entrate e le uscite attraverso il<br />

bilancio idrico, in quanto le gravi diarree e il disfacimento delle mucose provocano<br />

malassorbimento, da cui può conseguire un deficit nutrizionale e uno squilibrio<br />

idroelettrolitico. In caso di accertato malassorbimento può essere necessario intervenire<br />

con iperalimentazione per via parenterale. Il controllo del sangue occulto nelle feci del<br />

43


paziente può essere utile all'individuazione tempestiva di emorragie gastro-intestinali.<br />

Gli indicatori di funzionalità epatica devono essere controllati frequentemente in<br />

laboratorio e devono essere messi a confronto con l'incidenza di encefalopatie,<br />

emorragie e gravi disfunzioni epatiche 33 .<br />

COMPLICANZE INFETTIVE<br />

La neutropenia e il danno alla barriera mucosa indotto dalla chemio-radioterapia di<br />

condizionamento, rappresentano fattori di rischio che predispongono il paziente alle<br />

infezioni.<br />

La durata della neutropenia è variabile e dipende dal tipo di trapianto, dal numero di<br />

cellule infuse, dalla profilassi della GvHD e dall'uso di citochine; tuttavia mediamente è<br />

dell'ordine di 2-3 settimane. Il danno alle mucose dipende solitamente dal tipo di regime<br />

di condizionamento: farmaci quali il busulfano, il melphalan, la citarabina e la TBI si<br />

associano a un danno maggiore. Questo danno è presente non solo a carico del cavo<br />

orale, ma anche a livello del tratto gastrointestinale e l'impiego del methotrexate per la<br />

profilassi peggiora il danno alle mucose. Alla citopenia e al danno alle mucose vanno<br />

aggiunti quali fattori di rischio per le complicanze infettive l'impiego del CVC, la<br />

nutrizione parenterale e anche le alterazioni dell'integrità della cute dovute ai ripetuti<br />

prelievi del sangue, agli aspirati midollari e alle biopsie ossee e cutanee. Inoltre, alla<br />

comparsa delle complicanze infettive contribuisce anche la profonda<br />

immunosoppressione cui il paziente va incontro 34 . La durata e la gravità di questo<br />

periodo dipendono dal tipo di trapianto, dal grado di incompatibilità donatore-ricevente,<br />

dalla T deplezione, dal tipo e dalla durata della profilassi, dalla presenza di infezione da<br />

citomegalovirus (CMV) e di GvHD acuta. Naturalmente, con il tempo c'è un recupero<br />

dell'immunità cellulare e umorale che verosimilmente è più rapido dopo un trapianto da<br />

donatore familiare compatibile che in altre condizioni trapiantologiche. Tuttavia, in<br />

presenza di GvHD cronica lo stato immunodepressivo può persistere per mesi o anche<br />

<br />

33<br />

Lowsky R, Takahashi T, Liu YP, et al. Protective conditioning for acute graft-versus-host disease. N<br />

Engl J Med 2005.<br />

<br />

34<br />

Tyring S, Belanger R, Bezwoda W, Ljungman P, Boon R, Saltzman RL. A randomized, double-blind<br />

trial of famciclovir versus acyclovir for the treatment of localized dermatomal herpes zoster in<br />

immunocompromised patients. Cancer Invest 2001.<br />

44<br />

<br />

<br />

<br />

per anni; solitamente in condizioni ottimali il tempo di recupero immunologico è di<br />

circa un anno.<br />

In funzione della sequenza di eventi legati a tali fattori di rischio si distinguono diversi<br />

periodi di comparsa di complicanze infettive nel paziente trapiantato. Entro le prime tre<br />

settimane dal trapianto sono frequenti le infezioni batteriche e fungine (neutropenia +<br />

lesioni mucose). Le infezioni da virus erpetico si sviluppano solitamente entro il primo<br />

mese (riattivazione del virus latente).<br />

Entro i primi tre mesi si osservano il maggior numero di infezioni da CMV.<br />

Le infezioni da aspergillo, toxoplasma e pneumocisti carinii si osservano nei primi 6<br />

mesi da trapianto, o anche successivamente se insorge GvHD cronica e persiste il<br />

trattamento immunosoppressivo. Di più raro riscontro sono le infezioni da adenovirus,<br />

rotavirus e da epstein barr virus. Il terzo periodo di rischio infettivo fa seguito al terzo<br />

mese dal trapianto in corrispondenza della GvHD cronica. In tale periodo si osservano<br />

soprattutto infezioni respiratorie: haemophilus influenzae, streptococcus pneumoniae,<br />

germi capsulati, queste ultime soprattutto in assenza di profilassi con penicillina. Il<br />

paziente trapiantato, in questa fase tardiva, può andare incontro a infezioni batteriche,<br />

virali o fungine insorte ex novo o per riattivazione di infezioni pregresse. Sono frequenti<br />

anche infezioni causate dal virus della varicella zoster (herpes virus), a partire dal sesto<br />

mese 35 .<br />

COMPLICANZE GASTROINTESTINALI<br />

Una conseguenza molto frequente della chemioterapia ad alte dosi e della radioterapia<br />

di condizionamento è la mucosite, ossia l'infiammazione delle mucose dell’apparato<br />

orale e gastroenterico. Essa è dovuta alla morte delle cellule superficiali delle mucose,<br />

le cosiddette cellule epiteliali (si parla infatti di disepitelizzazione), cui segue una fase<br />

di rigenerazione e ricostituzione delle mucose stesse. La mucosite compare in genere<br />

nei giorni subito successivi al trapianto e si protrae per un periodo molto variabile;<br />

talora si manifesta in maniera molto lieve o addirittura quasi indolente, altre volte<br />

invece si presenta più seria e progredisce fino ad impedire anche l'alimentazione, nel<br />

qual caso il paziente viene adeguatamente nutrito e supportato per via parenterale. Il più<br />

<br />

35 Che Y, Scieux C, Garrait V, Socie G, Rocha V, Molina JM, et al. Resistant herpes simplex virus type 1<br />

infection: an emerging concern after allogeneic stem cell transplantation. Clin Infect Dis 2000.<br />

45


delle volte i pazienti con la mucosite inizialmente avvertono un fastidio alla bocca ed<br />

alla gola, che poi esita nella formazione di piccole lesioni ulcerative a livello della<br />

mucosa orale, della lingua ed delle gengive. In rari casi queste lesioni possono divenire<br />

anche molto estese e provocare perciò uno stato soggettivamente molto invalidante, che<br />

impedisce la deglutizione. Tutto ciò, inoltre, viene ulteriormente complicato da un altro<br />

aspetto, la cosiddetta scialorrea (4), conseguenza di uno stato infiammatorio che,<br />

insieme alle mucose, colpisce anche le ghiandole salivari. In ogni caso la mucosite e la<br />

scialorrea sono disturbi transitori, che nel volgere di alcuni giorni (generalmente 7-10<br />

giorni) rapidamente migliorano e si risolvono in maniera definitiva 36 .<br />

Un’altra complicanza che può verificarsi è la malattia veno-occlusiva del fegato (VOD),<br />

la quale insorge nei primi 30 giorni dopo il trapianto e si manifesta con ittero, ritenzione<br />

idrica, epatomegalia ed ascite. La malattia istologicamente è caratterizzata da un danno<br />

endoteliale, per cui la fibrina si depone a livello della parete delle venule epatiche, con<br />

conseguente restringimento del lume dei vasi. Clinicamente la diagnosi si manifesta con<br />

aumento del peso corporeo, incremento della bilirubina sierica, seguita da dolore<br />

addominale, ascite, epatomegalia. La diagnosi clinica ha però una specificità limitata<br />

perché nei giorni immediatamente successivi al trapianto, sono numerosi i fattori che<br />

possono determinare iprebilirubinemia, epatomegalia e/o ritenzione di liquidi e non<br />

sempre la diagnosi differenziale risulta agevole.<br />

Alcuni studi hanno evidenziato che la somministrazione continua di eparina nei pazienti<br />

sottoposti a trapianto è molto efficace, poiché previene il depositarsi di precipitato di<br />

fibrina a livello sub-intimale delle venule epatiche terminali.<br />

CISTITE EMORRAGICA<br />

La cistite emorragica è una importante causa di morbilità in bambini sottoposti a<br />

trapianto di CSE, che si manifesta con microematuria ma anche con macroematuria e<br />

formazione di coaguli intravescicali. Dal punto di vista eziopatogenetico si distingue<br />

una cistite emorragica chimica precoce, dovuta probabilmente all’effetto tossico di<br />

alcuni chemioterapici sull’urotelio e una cistite tardiva, di probabile origine virale. La<br />

principale caratteristica della cistite emorragica chimica è quella di insorgere durante o<br />

<br />

36<br />

Epstein JB, Schubert MM. Oropharyngeal mucositis in cancer therapy. Review of pathogenesis,<br />

diagnosis, and management. Oncology 2003.<br />

46<br />

<br />

<br />

<br />

entro pochi giorni dalla somministrazione della chemioterapia, invece la tardiva si<br />

verifica nel secondo-terzo mese post-trapianto.<br />

Le forme più gravi di cistite, si associano spesso ad un trapianto con decorso complicato<br />

e ad una maggiore mortalità peritrapiantologia. Si è visto per esempio, che l’incidenza<br />

di emorragie è più alta nei soggetti con GvHD acuta rispetto a quelli senza GvHD ed in<br />

alcuni casi, la persistenza della flogosi cronica della mucosa della vescica può esitare in<br />

fibrosi, ostruzione uretrale ed insufficienza renale.<br />

Come profilassi della cistite emorragica vengono adottate alcune misure preventive<br />

come iperidratazione, in modo da ridurre l’esposizione della mucosa della vescica ai<br />

cataboliti tossici ed evitare la formazione di coaguli, oppure diuresi forzata e minzioni<br />

frequenti (con l’uso del catetere vescicale) 37 .<br />

ULTERIORI COMPLICANZE PRECOCI<br />

Come tutte le chemioterapie, anche il regime di condizionamento può indurre uno stato<br />

di nausea ed eventualmente scatenare episodi di vomito. Generalmente però, questo<br />

effetto collaterale ha una durata limitata ai giorni del condizionamento stesso e viene<br />

controllato mediante la somministrazione di farmaci antiemetici 38 . Un altro effetto<br />

potenzialmente pericoloso del regime chemio-radioterapico è la possibilità di indurre<br />

crisi epilettiche: tale rischio è raro e riguarda solo soggetti eventualmente predisposti,<br />

ma al fine di impedire che esso possa realizzarsi, viene comunque attuata una apposita<br />

profilassi farmacologica; quest'ultima, fondata sulla somministrazione di<br />

benzodiazepine, può indurre uno stato di sonnolenza e/o torpore della durata di poche<br />

ore.<br />

Ulteriore effetto secondario al regime di condizionamento è rappresentato dall'alopecia,<br />

ossia la perdita dei capelli. Essa si verifica inesorabilmente tra la quinta e la decima<br />

giornata dopo il trapianto, tanto che, normalmente, al primo accenno di perdita di<br />

capelli il paziente viene sottoposto a rasatura completa della testa; ciò anche per motivi<br />

<br />

37 Savona MR, Newton D, Frame D, Levine JE, Mineishi S, Kaul DR. Low-dose cidofovir treatment of<br />

BK virus-associated hemorrhagic cystitis in recipients of hematopoietic stem cell transplant. Bone<br />

Marrow Transplant 2007.<br />

38 Navarri RM, Einhorn LH, et al. A phase II trial of olan-zapine, dexamethasone and palonosetron for<br />

the prevention of chemotherapy-induced nausea and vomiting: a Hoosier oncology group study. Support<br />

Care Cancer 2007.<br />

47


igienici e di sterilità, oltre che per motivi estetici. L'alopecia è una conseguenza sempre<br />

transitoria, legata ad un danno dei bulbi capilliferi; nell’arco di tre mesi dal trapianto<br />

infatti, generalmente tutti i pazienti tornano in possesso della propria capigliatura.<br />

I pazienti sottoposti a TMO incorrono in complicanze quali l'anemia e la piastrinopenia<br />

come dirette conseguenze delle chemioterapie. Necessariamente dovranno ricevere<br />

frequenti trasfusioni di piastrine e globuli rossi. Per prevenire effetti collaterali delle<br />

trasfusioni, come febbri e reazioni allergiche, si prevedono premedicazioni farmacologiche<br />

standardizzate. Gli emoderivati vengono sempre irradiati prima di essere<br />

somministrati al paziente, per eliminare tutti i linfociti T del donatore, e testati riguardo<br />

la sieronegatività verso citomegalovirus, con lo scopo di prevenire lo sviluppo di tale<br />

infezione.<br />

La ripresa piastrinica in alcuni pazienti post-trapianto può rivelarsi ritardata, per cui sarà<br />

necessario programmare e utilizzare misure di protezione per la prevenzione del rischio<br />

emorragico e dei danni che questo può comportare 39 .<br />

<br />

39<br />

Mercábante S. Gebbia V, Marrazzo A.. Filosio S. Anaemia in cancer: pathophysiology and treatment.<br />

Cancer Treat Rev 2000.<br />

48<br />

<br />

<br />

<br />

4.3-COMPLICANZE TARDIVE<br />

Si definiscono tardive quelle complicanze che intervengono dopo 100 giorni dal<br />

trapianto. Alcune di queste sono direttamente correlate ad esso (effetti da GvHD cronica<br />

o immunodeficienza), altre sono dovute all'intensità del regime di condizionamento,<br />

molte hanno una patogenesi multifattoriale.<br />

GVHD CRONICA<br />

La GvHD cronica può manifestarsi nel 25-50% dei casi, dopo 100 giorni dal trapianto<br />

allogenico; somiglia a una malattia autoimmune e può intaccare la pelle, l'apparato<br />

muscolo-scheletrico, gli occhi (le complicanze oculari saranno descritte separatamente),<br />

la bocca e il tratto gastro-intestinale.<br />

I trattamenti utilizzati sono: ciclosporina, corticosteroidi, azatioprine e, in studi<br />

sperimentali, anticorpi monoclonali e talidomide. La prima manifestazione di GvHD è<br />

costituita da alterazioni cutanee, quali comparsa di un eritema maculo-papuloso sulla<br />

cute del paziente, arrossamenti alle palme delle mani, alle piante dei piedi e alle<br />

orecchie; se non viene trattata adeguatamente la reazione di rigetto può peggiorare e<br />

provocare sclerodermie e contratture. Gli interventi mirati al controllo delle alterazioni<br />

della cute prevedono: antipiretici, applicazione di creme alla lanolina e creme con l'1%<br />

di idrocortisone, utilizzo di saponi naturali e lozioni senza profumo, i pazienti devono<br />

inoltre evitare di esporsi alle radiazioni solari. Le complicanze muscolo-scheletriche si<br />

caratterizzano per dolore e debolezza muscolare e per una progressiva riduzione delle<br />

capacità motorie. Gli steroidi utilizzati per il trattamento possono mettere a rischio i<br />

pazienti per necrosi asettiche associate a dolori diffusi.<br />

L'80% dei casi di GvHD cronica comporta una degenerazione della mucosa del cavo<br />

orale, lesioni o riduzione della cheratinizzazione e riduzione del flusso di saliva, con un<br />

effetto di grave secchezza delle fauci. Deve essere prestata grande attenzione all'igiene<br />

dentale, soprattutto quando c'è rischio di formazione di carie.<br />

Calo ponderale e dimagrimento sono dovuti spesso a un inadeguato apporto<br />

nutrizionale. Il monitoraggio continuo dei parametri nutrizionali è fondamentale nei pazienti<br />

con manifestazioni a carico del cavo orale, dell'esofago e del tratto gastroenterico.<br />

Le complicanze esofagee associate alla GvHD possono indurre a una riduzione<br />

dell'assunzione di cibo, causando così un'ulteriore perdita di peso.<br />

49


I segni e i sintomi possono comprendere: steatosi, nausea e vomito, diarrea, calo<br />

ponderale. L'anoressia può comparire come complicanza sul lungo periodo, i sanitari<br />

dovrebbero evitare l'insorgenza di una sindrome da malassorbimento di grassi se il<br />

paziente presenta diarrea persistente. Viene programmata una serie di valutazioni e<br />

indagini del tratto gastro-intestinale con colture delle feci ed endoscopia per escludere<br />

infezioni al tratto gastro-intestinale. L'iperalimentazione e il riposo del tratto gastroenterico<br />

sono attenzioni utili per evitare perdite di peso o sbilanciamento<br />

idroelettrolitico.<br />

L'aumento degli enzimi epatici, l'epatomegalia e il dolore sono i primi segni e sintomi<br />

della degenerazione epatica dovuta alla GvHD. Devono essere eseguiti controlli dei<br />

marcatori dell'epatite ed ecografie addominali per escludere occlusioni, assieme a una<br />

biopsia epatica per escludere infezioni.<br />

La GvHD cronica è spesso causa dell'aumento dell'insorgenza di infezioni croniche<br />

ritardate per deficienza di cellule B e T. Sono molto frequenti, a causa dell'incapacità<br />

del paziente di produrre immunoglobuline, infezioni batteriche polmonari e<br />

sanguinamenti. Sono spesso programmati schemi di terapia antibiotica profilattica per<br />

evitare l'insorgenza delle infezioni ritardate.<br />

COMPLICANZE OCULARI<br />

Gli occhi possono essere sede di complicanze tardive post-trapianto per effetto della<br />

GvHD cronica, della terapia steroidea impiegata per il trattamento, per infezioni o per<br />

sequele dovute al regime di condizionamento (in particolare la TBI, più raramente i<br />

chemioterapici).<br />

L'incidenza legata a un peggioramento della vista si riscontra nell' 80-90% dei pazienti<br />

con GvHD cronica. Inizialmente questa complicanza si presenta con bruciore oculare e i<br />

pazienti avvertono la sensazione di presenza di sabbia, causata da una diminuzione della<br />

produzione e della secrezione di lacrime; può inoltre presentarsi fotofobia legata a<br />

un'infiammazione corneale. La gestione di queste problematiche si basa sull'utilizzo di<br />

corticosteroidi o di lacrime artificiali. Possono essere applicati colliri durante il sonno,<br />

per prevenire la secchezza oculare durante le ore notturne. È raccomandato l'uso di lenti<br />

a contatto protettive o impacchi con bende oculari, per prevenire l'evaporazione dei<br />

medicamenti applicati agli occhi. Il paziente deve essere seguito da un oculista<br />

50<br />

<br />

<br />

<br />

specializzato. È stata riferita un'incidenza di cataratta post-TBI pari, in alcune<br />

casistiche, al 75% a 5-6 anni post-trapianto dopo irradiazione singola; tale incidenza si<br />

riduce nel caso della total body irradiation frazionata al 50% per dosaggi superiori a<br />

1200 rad, fino a percentuali del 30-35% per dosi di 1200 rad o inferiori. L'incidenza<br />

post-chemioterapia è dell'ordine del 20%.<br />

ACCRESCIMENTO<br />

L'accrescimento è un fenomeno determinato durante l'infanzia prevalentemente dallo<br />

stato nutrizionale, quindi dall'ormone della crescita (GH) e durante la pubertà<br />

dall'azione combinata del GH e degli ormoni sessuali. Le radiazioni possono indurre un<br />

ritardo della crescita. Anche lo sviluppo della dentizione e dello scheletro facciale<br />

risultano alterati in bambini sottoposti a radioterapia prima dei 6 anni. L'irradiazione del<br />

SNC si associa infatti a una riduzione dell’ormone in correlazione all'età del paziente,<br />

alla dose di radiazione e al tipo di frazionamento. Questo deficit si può osservare in<br />

particolare quando all’irradiazione corporea totale è associata una radioterapia craniale<br />

prima del trapianto e può non svilupparsi nel caso della sola TBI. Sembra che il ritardo<br />

della crescita possa essere notevolmente contenuto con l'impiego della TBI frazionata<br />

rispetto alla dose unica.<br />

EFFETTI SULLA TIROIDE<br />

La chemioterapia convenzionale non determina solitamente danni alla tiroide, mentre la<br />

radioterapia pre-trapianto può causare problemi di ipotiroidismo. Dopo TBI il danno<br />

funzionale, anche se ben compensato, può intervenire dal 28 al 56% dei casi e<br />

successivamente convertirsi in ipotiroidismo clinico nel 9-13% dei pazienti<br />

sopravvissuti a lungo termine, anche se con minor frequenza dopo TBI frazionata. Il<br />

danno tiroideo non sembra correlato con l'età del paziente, con la GvHD acuta o<br />

cronica, o con il sesso. Nell'asse ipotalamo - ghiandola pituitaria - ghiandola tiroidea,<br />

quest'ultima appare maggiormente danneggiata dalla radiazione. È stato inoltre descritto<br />

il trasferimento dal donatore al ricevente di tiroidite autoimmunitaria.<br />

51


COMPLICANZE POLMONARI A LUNGO TERMINE<br />

A carico del polmone sono stati segnalati sia deficit restrittivi che ostruttivi, quali<br />

sequenze a distanza del trapianto. In uno studio condotto da Springmeyer e coll, il 20%<br />

dei pazienti mostrava un deficit restrittivo dopo un anno dal trapianto,<br />

indipendentemente dal regime di condizionamento o dalla GvHD cronica, con<br />

miglioramento dopo il 3° o 4° anno. Poco conosciuti sono i meccanismi che<br />

determinano il deficit ostruttivo, che si osserva dal 10 al 15% dei pazienti con GvHD<br />

cronica (che sono in generale i più esposti allo sviluppo di deficit polmonari gravi).<br />

Questi possono favorire l'insorgenza di infezioni con ulteriore peggioramento della<br />

funzionalità polmonare fino a quadri di polmonite interstiziale o bronchiolite<br />

obliterante.<br />

FERTILITA’<br />

Dopo il trapianto, a causa della radio-chemioterapia sovramassimale, la pubertà<br />

spontanea è ritardata o assente nelle ragazze e solo una quota di esse giunge al menarca<br />

spontaneamente. Molte richiedono terapia ormonale sostitutiva a base di ormoni<br />

sessuali. I ragazzi frequentemente recuperano la funzione delle cellule del Leydwig e<br />

producono testosterone a meno che non abbiano ricevuto dosi supplementari di<br />

radioterapia sui testicoli e solitamente non necessitano di terapia ormonale sostitutiva.<br />

Negli adulti l'infertilità è quasi la norma; dopo TBI nelle donne la gravidanza è<br />

un'evenienza rarissima, infatti in letteratura sono stati riferiti solo casi sporadici di<br />

maternità post-trapianto. Tutte le donne sottoposte a irradiazione vanno incontro a<br />

insufficienza ovarica primitiva, in particolare l'incidenza aumenta con l'età della<br />

paziente ed è richiesta terapia ormonale sostitutiva.<br />

Dopo Total body irradiation più del 90% degli uomini va incontro ad azospermia<br />

permanente. In alcuni casi è stata osservata ripresa della spermogenesi a distanza di anni<br />

dal trapianto.<br />

SECONDO TUMORE<br />

In una recente analisi relativa a 19.229 pazienti condotta da Rochelle e coll, i pazienti<br />

sottoposti a trapianto allogenico hanno un rischio più elevato, rispetto alla popolazione<br />

generale di sviluppare tumori solidi. In particolare il rischio è 8,3 volte superiore per<br />

52<br />

<br />

<br />

<br />

quelli che sopravvivono oltre 10 anni dal trapianto. La probabilità di sviluppare un<br />

secondo tumore è del 2,2% a 10 anni e 6,7% a 15 anni. I tumori più frequentemente<br />

osservati sono il melanoma maligno, tumori della cavità buccale, del SNC, della tiroide,<br />

del tessuto osseo e tessuto connettivo. In particolare il rischio di sviluppare un secondo<br />

tumore sembra più alto per i pazienti trapiantati in giovane età rispetto agli altri. Il<br />

fattore di rischio che all'analisi multivariata si associa a una maggiore incidenza di<br />

secondo tumore, risulta essere la TBI. La GvHD cronica e il sesso maschile sembrano<br />

correlare con un aumentato rischio di tumori squamocellulari della cavità buccale e<br />

della cute.<br />

Questa aumentata incidenza di secondi tumori rende ragione, per il paziente trapiantato,<br />

di una stretta sorveglianza, anche a distanza dal trapianto, per il monitoraggio di tali<br />

eventuali complicazioni 40, 41, 42 .<br />

<br />

40 Flomenberg N, Baxter-Lowe LA, Confer D, et al. Impact of HLA class I and class II high-resolution<br />

matching on outcomes of unrelated bone marrow transplantation: HLA-C mismatching is associated with<br />

a strong adverse effect on transplant outcome. Blood 2004.<br />

41 Corvo R, Lamparelli T, Bruno S et al. Low-dose fractionated total body irradiation adversely affects<br />

prognosis of patients with leukemia receiving an HLA-matched UD-BMT. Bone Marrow Transplantation<br />

2002.<br />

<br />

42 Copelan EA. Hematopoietic Stem-cell transplantation. N Engl J Med 2006.<br />

53


4.4-COMPLICANZE E QUALITA’ DI VITA<br />

La qualità di vita è definita dall’OMS come «la percezione soggettiva che un individuo<br />

ha della propria posizione nella vita, nel contesto di una cultura e di un insieme di valori<br />

nei quali egli vive, anche in relazione dei propri obiettivi, aspettative,<br />

preoccupazioni» 43 .<br />

Appare chiaro pertanto che non si può estrapolare un indice di benessere valido per tutti,<br />

in quanto ogni individuo percepisce gli stessi valori in maniera differente.<br />

Tuttavia la qualità di vita delle persone sottoposte a TMO è nettamente inferiore: gli<br />

obiettivi risultano modificati in quanto la precaria condizione fisica impedisce il<br />

raggiungimento di una buona parte di questi; le aspettative si mostrano sia<br />

quantitativamente che qualitativamente inferiori; infine le preoccupazioni, com’è facile<br />

comprendere, aumentano esponenzialmente in relazione alla gravità della patologia e<br />

dei trattamenti effettuati.<br />

Le conseguenze che il trapianto può comportare dipendono in parte dal decorso<br />

clinico, pertanto l’insorgenza di complicanze, soprattutto tardive, influenza<br />

negativamente la qualità di vita di queste persone.<br />

Questo decremento si osserva in varie aree di benessere del soggetto:<br />

- in quello fisico, perché l’aggravamento delle condizioni corporee induce<br />

un’astenia spesso tanto debilitante da costringerlo a letto;<br />

- in quello sociale/familiare, perché il regime di ricovero ne ostacola i rapporti<br />

interpersonali;<br />

- in quello emotivo, perché la comparsa di complicanze lo istiga a perdere<br />

fiducia e gli incute timore;<br />

- in quello personale, perché la condizione fisica non gli permette di svolgere le<br />

normali attività socio-ricreative.<br />

Tra le altre conseguenze al trattamento che possono incidere sulla qualità di<br />

vita, rivestono un ruolo altrettanto importante i regimi di condizionamento<br />

(chemio-radioterapia), che producono effetti collaterali gravissimi.<br />

È quindi necessario che l’infermiere tenga conto di tutte queste problematiche e<br />

si mostri sempre pronto a confrontarsi con esse.<br />

<br />

43<br />

Mock V. Pickett M.. Ropka M. et al. Fatigue and quality of life outcomes of exercise during cancer<br />

treatment. Oncol Nurs Forum 2001.<br />

54<br />

<br />

<br />

<br />

Una corretta assistenza non può perciò prescindere da un’aggiornata<br />

informazione sui correnti progetti di ricerca, che mirano a descrivere in maniera<br />

approfondita i problemi che incidono sulla qualità di vita di questi pazienti.<br />

L’idea di realizzare questo studio è nata proprio per cercare di comprendere<br />

meglio come le problematiche affrontate dal paziente durante<br />

l’ospedalizzazione, vadano ad incidere nei vari modelli di benessere.<br />

Nella seconda parte sarà illustrato lo studio condotto, le analisi effettuate ed i<br />

risultati ottenuti.<br />

55


PARTE II<br />

INTRODUZIONE<br />

Avendo descritto, nella prima parte del presente lavoro, la procedura, le complicanze e<br />

tutto l’iter terapeutico cui va incontro la persona sottoposta al TMO, si comprende<br />

facilmente l’importanza della variazione della qualità di vita in tali individui.<br />

L’infermiere deve dunque raccogliere le informazioni necessarie, per poter mettere in<br />

atto interventi mirati ed efficaci a risolvere o diminuire tutte le problematiche in grado<br />

d’incidere chiaramente sul benessere dei pazienti.<br />

Tale modificazione viene ad instaurarsi a causa di inevitabili procedure e precauzioni,<br />

che però debbono essere rispettate per salvaguardare lo stato di salute della persona<br />

assistita e per ottenere un risultato positivo dal trapianto . Esse vengono rappresentate<br />

dalla terapia di condizionamento, dall’isolamento protettivo e dal lungo periodo di<br />

ospedalizzazione.<br />

Il periodo di condizionamento cui và ad imbattersi il paziente, viene effettuato (come<br />

già descritto) tramite la polichemioteapia e la total body irradiation . Queste hanno un<br />

riscontro altamente negativo sull’area del benessere fisico ed emotivo dell’individuo, a<br />

causa dei numerosi effetti collaterali che si instaurano. Infatti la persona assistita si<br />

trova ad affrontare varie problematiche, che colpiscono il modello nutrizionale (in<br />

quanto i chemioterapici vanno ad alterarlo per la capacità di sviluppare mucosite<br />

orofaringea) e l’aspetto psicologico ed estetico, a causa dell’alopecia che s’instaura; si<br />

ha inoltre un elevato pericolo di sviluppare processi infettivi conseguenti<br />

all’immunosoppressione. Proprio per cercare di evitare le frequenti infezioni, il<br />

candidato al trapianto, viene collocato in una stanza a bassa carica microbica, nella<br />

quale ci sono tutte le le attrezzature indispensabili e le precauzioni possibili per essere<br />

posto in isolamento protettivo.<br />

Quest’ultimo invece, insieme al lungo periodo di ospedalizzazione, ha effetti negativi<br />

sulle aree del benessere sociale/familiare e del benessere emotivo, in quanto l’assistito si<br />

trova costretto a rimanere da solo ed estraniato dal mondo esterno per un lungo periodo,<br />

56<br />

<br />

<br />

<br />

poiché si devono ridurre al minimo le visite delle persone al fine di evitare l’ ingresso di<br />

agenti patogeni all’interno della stanza.<br />

È proprio per tali motivazioni, ed ulteriori altre, che la qualità di vita del paziente<br />

sottoposto a TMO rappresenta l’oggetto di molte ricerche scientifiche da parte di<br />

numerose associazioni, per cercare di comprendere le variabili che la influenzano allo<br />

scopo di poterne aumentare il livello.<br />

A tale proposito, in questo studio sperimentale, per mezzo di uno strumento, si è<br />

valutato il livello della qualità di vita di tali persone. La valutazione è stata effettuata in<br />

5 diverse aree: benessere fisico, benessere sociale/familiare, benessere emotivo,<br />

benessere personale ed ulteriori problematiche. Questa suddivisione è stata creata per<br />

poter meglio analizzare qualsiasi minima variazione sulla qualità di vita e per mettere in<br />

seguito i risultati a confronto più facilmente, al fine di estrapolare le differenze in vari<br />

pazienti o periodi (time points).<br />

Prima di svolgere il lavoro di ricerca è stato fondamentale mettere a punto il<br />

questionario che, in seguito, è stato distribuito alle varie persone arruolate nello studio.<br />

Il periodo di raccolta dati è stato protratto nel tempo, per cercare di inserire più casi<br />

possibili nello studio ed ottenere un campione di maggiore significatività statistica. A<br />

termine dell’intervallo di tempo prestabilito si è provveduto a ritirare tutto il materiale e<br />

a rielaborare tutti i dati per trarre tutte le conclusioni della ricerca.<br />

57


CAPITOLO 5<br />

ANALISI DELLA QUALITA’ DI VITA NELLA PERSONA<br />

SOTTOPOSTA AL TMO<br />

5.1-PROGETTO DI RICERCA<br />

OBIETTIVI DELLO STUDIO<br />

Il primo obiettivo della tesi, grazie all’analisi dei dati raccolti, è quello di misurare la<br />

qualità di vita delle persone sottoposte al trapianto di midollo osseo; non semplicemente<br />

andare ad indagare in modo generico solo determinati aspetti, bensì andare a studiare in<br />

modo approfondito ogni singola area che può influenzare positivamente o<br />

negativamente il loro benessere.<br />

Il secondo obiettivo è rappresentato dall’analisi della qualità di vita dei pazienti<br />

sottoposti al TMO in quattro fasi del trattamento, per poter meglio comprendere quali<br />

sono le differenze nei vari periodi (0, 1, 2, 3) della procedura, e scoprire se le varie aree<br />

subiscono delle variazioni.<br />

Il terzo obiettivo è rappresentato dall’analisi di ogni item, per vedere se e come questi<br />

hanno subito delle modificazioni al passare del tempo.<br />

In ulteriore aggiunta, verranno messe a confronto all’interno di ogni periodo, le varie<br />

aree del benessere della persona assistita, per analizzare se ci sono delle analogie nel<br />

loro andamento.<br />

Infine, verrà stimata la veridicità dei dati e calcolata la percentuale di affidabilità dei<br />

quesiti di riscontro relativi alle varie aree, per tutti i time points.<br />

Risulta ovvio che i risultati dell’indagine, anche se potranno essere usati per individuare<br />

le cause che vanno a modificare la qualità di vita nel lasso di tempo analizzato, non<br />

possono essere considerati utili per ricercarle in un intervallo di tempo più lungo (per<br />

raggiungere un simile obiettivo dovrebbero essere condotti altri studi con disegni più<br />

complessi, utili ad analizzare la qualità di vita post-trapianto a distanza di mesi o anni),<br />

ma potranno essere impiegati come modello o nella formulazione di ipotesi da testare in<br />

ricerche successive.<br />

58<br />

<br />

<br />

<br />

CRITERI DI SELEZIONE ED INSERIMENTO DELLE PERSONE E DEI DATI<br />

OTTENUTI NELLO STUDIO<br />

Ottenere il campione d’inserimento, oggetto dello studio, si è dimostrato molto<br />

problematico. La complessità è stata data dal numero di persone, che risultava essere<br />

esiguo e, quindi, insufficiente a formare un campionamento valido ai fini dell’analisi.<br />

Infatti questo trattamento viene effettuato soltanto su un numero ristretto di casi (che<br />

devono rispondere a criteri di eleggibilità complessi e articolati), percentualmente<br />

minore rispetto a quello di altri interventi, di uso più comune.<br />

Per far fronte a questa difficoltà è stata necessaria ottenere la collaborazione di più<br />

presidi ospedalieri, nell’intento di aumentare l’area di riferimento (e di conseguenza<br />

incrementare il numero delle persone sottoposte al TMO). A tal proposito, si è scelto di<br />

analizzare la qualità di vita di tutti i soggetti ricoverati presso l’ASUR n°7 di Ancona,<br />

l’ASUR n°1 di Pesaro e l’ASUR n°8 di Civitanova Marche nel periodo di tempo<br />

compreso tra il 15/05/2010 e il 20/10/2010. Il campione totale raccolto è di 23 persone,<br />

delle quali 18 analizzate.<br />

I criteri di inclusione risultavano: 1) soggetti sottoposti a trapianto di midollo osseo<br />

autologo, allogenico o singenico; 2) persone che avevano raggiunto almeno la<br />

maggiore età.<br />

Invece i criteri di esclusione venivano rappresentati da: 1) minore età, per la tutela dei<br />

pazienti pediatrici che, peraltro, non avrebbero potuto compilare tutte le parti del<br />

questionario, impedendo una corretta analisi; 2) pazienti stranieri che non avevano<br />

raggiunto un buon livello di comprensione della lingua italiana necessaria per la<br />

compilazione del questionario (in quanto avrebbero potuto inficiare l’attendibilità del<br />

dato). Con l’applicazione di questi criteri nella selezione del campione, sono stati<br />

esclusi dallo studio 5 casi.<br />

Conclusa la selezione del campione, si è provveduto, andando di persona nei vari<br />

presidi ospedalieri, a ritirare tutti i questionari compilati. Questi ultimi, in seguito, sono<br />

stati sottoposti ad un attento spoglio, al fine di controllare eventuali errori di<br />

compilazione e /o campi non riempiti.<br />

I criteri di validazione utilizzati, strettamente legati alla completezza dei dati nelle<br />

diverse sezioni, si basavano sulla possibilità di risalire al periodo in cui era stato<br />

59


compilato il questionario, al numero di cartella clinica ed alla compilazione di tutte le<br />

aree del benessere del soggetto.<br />

In caso di mancanza dei punti su citati, per evitare di invalidare il questionario, si è<br />

cercato di recuperarli chiedendo informazioni al personale infermieristico e medico.<br />

DISEGNO DI STUDIO<br />

Per effettuare il presente lavoro è stato condotto uno studio definito “di coorte<br />

prospettico”, in quanto si è cercato di osservare e misurare quanto accaduto dall’inizio<br />

della ricerca in poi, in una popolazione di persone che corrispondevano a particolari<br />

caratteristiche, definite da criteri d’inclusione e d’esclusione.<br />

Si è infatti cercato di misurare la qualità della vita di determinate persone sottoposte al<br />

TMO, arruolate nello studio secondo criteri d’inclusione e d’esclusione<br />

precedentemente descritti, per tutto il periodo della loro degenza (suddiviso in quattro<br />

time points).<br />

PROGRAMMA DETTAGLIATO DELLO STUDIO<br />

La realizzazione di questo studio si articola in fasi distinte che verranno qui di seguito<br />

illustrate singolarmente ed in maniera dettagliata, allo scopo di fornire un quadro il più<br />

completo possibile del lavoro che è stato svolto.<br />

Una volta scelto l’argomento, si è cercato di individuare uno strumento che potesse<br />

essere in grado di fornire dati relativi alla qualità di vita della persona sottoposta al<br />

trapianto. È stato quindi preso come modello un questionario (verrà descritto nel<br />

dettaglio più avanti), sviluppato dalla Comprehensive Cancer Center of Wake Forest<br />

University e dalla Bowman Gray School of Medicine, che è stato sottoposto ad una<br />

attenta revisione. Terminata la fase di costruzione del nuovo strumento, si è reso<br />

indispensabile indirizzare l’attenzione alla scelta dei criteri di selezione e d’esclusione<br />

dei soggetti sottoposti a campionamento.<br />

Definita l’area di ricerca sono state richieste tutte le autorizzazioni necessarie, presso il<br />

Direttore Medico del P.O. ed il Direttore delle Professioni Sanitarie Area Inf-Ost delle<br />

varie Zone Territoriali coinvolte, senza il consenso dei quali non sarebbe stato possibile<br />

svolgere questa indagine.<br />

60<br />

<br />

<br />

<br />

Il questionario è stato quindi presentato ai Coordinatori delle varie Unità Operative,<br />

unitamente a tutte le istruzioni indispensabili per un uso corretto dello strumento, allo<br />

scopo di raggiungere la massima collaborazione necessaria a garantire un buon risultato.<br />

È stata concordata insieme all’equipe infermieristica la durata dei time points di<br />

riferimento, al termine di ognuno dei quali è stata effettuata una nuova distribuzione con<br />

conseguente ritiro dei questionari compilati. Lo scopo è stato quello di andare ad<br />

analizzare piccole variazioni nell’andamento della qualità di vita, rendendo lo strumento<br />

maggiormente sensibile.<br />

Successivamente all’approvazione del progetto, i questionari sono stati consegnati ai<br />

Coordinatori, i quali hanno personalmente provveduto ad informare tutto il personale<br />

infermieristico del progetto di ricerca, istruendolo sulle norme della compilazione e sui<br />

criteri da seguire per effettuare la distribuzione.<br />

A causa della complessità dello strumento utilizzato, è stato doveroso il monitoraggio<br />

continuo di andamento e sviluppo della ricerca nelle varie fasi.<br />

Questo compito è stato svolto con disponibilità dai Coordinatori, che hanno inoltre<br />

provveduto a fornire tutte le informazioni sui progressi della raccolta dati.<br />

Al termine della compilazione dei questionari da parte dei pazienti inseriti nello studio,<br />

si è provveduto a concordare con i vari Coordinatori la data del ritiro.<br />

La raccolta dei questionari e dei dati è stata suddivisa per Zona Territoriale, perché è<br />

risultata necessaria ai fini dell’analisi, la ricerca delle cartelle cliniche riferite ai pazienti<br />

arruolati nello studio, richiedendo più giorni per la conclusione.<br />

Dalle cartelle, una volta consultate, sono stati estrapolati i dati sensibili (dati anagrafici,<br />

dati anamnestici, giorni di degenza), utili a stratificare il campione in esame e ad<br />

aumentare i dati disponibili per eventuali valutazioni supplementari.<br />

In seguito infatti sono state ricercate, tramite l’analisi dei dati, correlazioni tra i vari<br />

dati aggiuntivi raccolti e le varie aree del benessere dei pazienti, per comprendere se<br />

questi potessero avere effetti sulla qualità di vita.<br />

61


METODO DI RILEVAZIONE ED ELABORAZIONE DEI DATI<br />

In questo studio, per svolgere la fase di rilevazione dei dati, ci si è avvalsi in parte di<br />

uno strumento di valutazione elaborato dalla Comprehensive Cancer Center of Wake<br />

Forest University e dalla Bowman Gray School of Medicine. Questo, rappresentato da<br />

un questionario, è stato ricercato sulla banca dati medica di PUB-MED nell’intento di<br />

acquisire un articolo relativo alla qualità di vita dei soggetti sottoposti al trapianto di<br />

midollo osseo 44 . Una volta riusciti ad ottenerne l’ultima versione (quarta) si è<br />

provveduto ad analizzarlo e a modificarlo secondo le necessità dello studio condotto;<br />

altrimenti si sarebbe dimostrato non valido per il raggiungimento degli obiettivi<br />

prefissati all’inizio dello studio.<br />

Le modifiche apportate sono sostanzialmente tre: 1) traduzione dell’intero documento;<br />

2) inclusione della voce per la registrazione del numero della cartella clinica, necessaria<br />

per risalire al paziente e di conseguenza ai dati sensibili; 3) collocazione di un’area<br />

dedicata all’inquadramento del periodo di somministrazione del questionario alle<br />

persone (0, 1, 2, 3).<br />

L’acronimo della scala di misurazione è FACT-BMT (Functional Assesment of Cancer<br />

Theraphy-Bone Marron Transplant), un questionario composto da 50 quesiti a risposta<br />

multipla, suddivisi in 5 diverse aree: benessere fisico, benessere sociale/familiare,<br />

benessere emotivo, benessere personale ed ulteriori problematiche. La finalità di tale<br />

suddivisione è stata quella di analizzare il benessere di queste persone in modo olistico,<br />

per cercare di non trascurare alcun elemento che potesse successivamente risultare utile<br />

all’analisi dei dati. Inoltre, per quest’ultima, era richiesta la distribuzione dello stesso<br />

questionario in quattro periodi differenti, al fine di ottenere maggiori informazioni<br />

possibili e di analizzare le variazioni della qualità di vita nel tempo. I periodi di<br />

riferimento sono stati così fissati: “periodo 0” = giorno del ricovero; “periodo 1” =<br />

giorno successivo all’infusione del midollo; “periodo 2” = 7 giorni dopo l’infusione;<br />

“periodo 3” = 14 giorni dopo.<br />

Per poter risalire ad ogni domanda, senza dover ritornare al questionario durante lo<br />

spoglio dei dati, nonché per meglio strutturare la raccolta dei valori numerici<br />

<br />

44 RP. McQuellon, GB. Russell, DF. Cella, BL. Craven, M. Brady, A. Bonomi and DD. Hurd. Quality of<br />

life measurement in bone marrow transplantation: development of the Functional Assessment of Cancer<br />

Therapy-Bone Marrow Transplant (FACT-BMT) scale. Bone Marrow Transplantation 1997.<br />

62<br />

<br />

<br />

<br />

corrispondenti alle risposte, ogni area è stata contrassegnata da un codice (GP, GS, GE,<br />

GF, e BMT), mentre ad ogni quesito è stato attribuito un numero progressivo.<br />

La valutazione è stata resa possibile utilizzando una scala di tipo Likert con valori<br />

compresi tra “0” e “4” che corrispondevano alla misurazione delle varie risposte relative<br />

alla qualità di vita del paziente in quel periodo: “0” per niente, “1” in parte, “2” poco,<br />

“3” abbastanza, “4” molto.<br />

Quindi per la corretta compilazione del questionario risultava indispensabile inserire il<br />

numero della cartella clinica, barrare il periodo relativo alla somministrazione, e<br />

compilare le risposte di ogni area indagata.<br />

Con l’utilizzo di questo strumento è stato possibile valutare la qualità di vita del<br />

campione di persone preso in esame.<br />

I dati rilevati sono stati estrapolati dai questionari, ed in seguito registrati su un<br />

documento Excel. In questo è stata tracciata una riga per ogni persona e in ogni colonna<br />

sono state inserite tutte le variabili ottenute, costituite dai dati sensibili (Z.T., numero di<br />

cartella clinica, sesso, età, patologia, tipo di TMO, giorni di degenza, complicanze) e dai<br />

50 quesiti rappresentanti le varie aree, che sono stati ripetuti per i 4 periodi.<br />

Appare quindi ovvio che, per tener conto di tutte queste variabili, un solo foglio di<br />

lavoro non è sufficiente, infatti al termine, per l’elaborazione ne sono stati realizzati 4.<br />

In tutti i fogli di calcolo, ad eccezione dell’ultimo (i primi 3 sono in allegato nella tasca<br />

posteriore in fondo alla tesi, mentre il quarto si trova nelle pagine successive), sono<br />

state riportate in tabella 18 righe, corrispondenti al numero dei pazienti ed una serie di<br />

colonne variabili, in base al tipo di funzione ed all’aspetto da analizzare .<br />

Nella prima tabella sono stati riportati i singoli valori relativi a tutte le risposte date<br />

all’interno delle varie aree, suddivisi ulteriormente per periodi, in modo da poter<br />

mettere in risalto le singole variazioni nel corso della degenza. Sono state inserite per<br />

prime le 8 colonne relative ai dati sensibili, seguite da 4 grandi blocchi corrispondenti ai<br />

diversi periodi. All’interno di ogni periodo sono state create 5 serie di celle, ognuna<br />

relativa ad un’area d’indagine utilizzando un colore diverso (benessere fisico =<br />

turchese, benessere sociale/familiare = grigio, benessere emotivo = viola, benessere<br />

personale = arancione, ulteriori problematiche = verde chiaro). Al di sotto delle singole<br />

aree sono state realizzate un numero di celle pari a quello delle domande (GP n ° 7, GS n °<br />

8, GE n ° 6, GF n ° 7, BMT n ° 23) e sono stati inseriti i codici inerenti l’area,<br />

63


accompagnati da un numero diverso (progressivo) a differenziare ciascuna domanda.<br />

Terminata l’organizzazione, tutti i dati sono stati immessi in sequenza all’interno delle<br />

righe dei singoli pazienti, rispettando l’ordine di formattazione.<br />

Nella seconda tabella, invece, sono state inserite le somme dei valori relativi alle varie<br />

aree di benessere, anche stavolta suddivise per periodi. I dati sono stati calcolati nella<br />

tabella precedente, quindi riportati in successione sotto l’area corrispondente nel nuovo<br />

foglio di lavoro. L’obiettivo di questa analisi è stato quello di andare a ricercare e<br />

mettere in risalto eventuali variazioni e/o analogie delle varie aree in funzione del<br />

periodo. Per semplificare lo smistamento dei dati si è scelto di utilizzare gli stessi colori<br />

(riferiti alle medesime variabili presenti) in tutti i fogli di lavoro, sarebbe infatti risultato<br />

artificioso e confusionale assegnare colorazioni differenti alle variabili a seconda del<br />

foglio. Per quanto riguarda l’organizzazione, le colonne inserite, a seguito dei dati<br />

sensibili, risultano cinque per ogni periodo, venti in totale. Ogni colonna rappresenta<br />

un’area d’indagine e contiene la somma relativa alle risposte date dal paziente per quel<br />

determinato benessere nel periodo di riferimento.<br />

Nella terza tabella sono state prese in considerazione soltanto le domande di maggiore<br />

interesse, cioè quelle che presentavano un andamento di valori più eterogeneo,<br />

escludendo quelle meno significative ai fini di questa nuova analisi. Ogni risposta alle<br />

26 domande selezionate (5 benessere fisico, 3 benessere sociale/familiare, 4 benessere<br />

emotivo, 3 benessere personale, 11 ulteriori problematiche) è stata estrapolata dalla<br />

prima tabella realizzata ed ordinata per periodo, allo scopo di andare a misurarne le<br />

variazioni al passare del tempo. In questo modo si è ottenuto un riscontro visivo<br />

immediato dell’andamento temporale, non evidenziato dalle tabelle precedenti. Si è<br />

scelto di analizzare: per il benessere fisico le domande 1, 2, 4, 6, 7; per il benessere<br />

sociale/familiare le domande 2, 3, 4; per il benessere emotivo le domande 1, 2, 3, 5; per<br />

il benessere personale le domande 4, 5, 7; infine per le ulteriori problematiche le<br />

domande 2, 3, 4, 5, 8, 12, 14, 15, 17, 20, 21. In tabella le colonne sono state suddivise<br />

per area d’indagine, pertanto dopo i dati sensibili, sono stati disposti 5 gruppi di celle,<br />

all’interno di ognuno dei quali il numero di celle è pari al numero delle domande<br />

moltiplicate per il numero di periodi (104 in totale). Come ultima riga, al di sotto di<br />

quelle dei pazienti, sono state indicate le colonne corrispondenti alle domande utili per<br />

ottenere un riscontro delle relative aree.<br />

64<br />

<br />

<br />

<br />

Infine l’ultima tabella riassume tutti i dati sviluppati dall’analisi (tab.3) delle precedenti.<br />

All’interno si è distinta la somma del numero dei pazienti, ad ogni determinato periodo,<br />

per la condizione dei tipi di benessere che presentava. L’obiettivo era rappresentato<br />

dalla necessità di avere una sintesi, da cui ricavare il numero delle persone che<br />

presentavano una determinata condizione su ogni area d’indagine, per ottenere in<br />

seguito le percentuali che verranno citate e descritte nella prima discussione dei risultati<br />

ottenuti.<br />

Tabella 3. Tabella finale rappresentante la condizione del campione<br />

BENESSEREFISICO>=<br />

Condizioni<br />

Periodo () () (=) (+) (++) Persi<br />

PERIODO0 2/18 10/18 2/18 3/18 1/18 /<br />

PERIODO1 1/18 / 1/18 10/18 6/18 /<br />

PERIODO2 / 8/18 / 3/18 5/18 2/18<br />

PERIODO3 2/18 2/18 2/18 6/18 / 6/18<br />

BENESSERESOCIALE/FAMILIARE>=+<br />

Condizioni<br />

Periodo () () (=) (+) (++) Persi<br />

PERIODO0 / 4/18 3/18 5/18 6/18 /<br />

PERIODO1 9/18 7/18 / 2/18 / /<br />

PERIODO2 2/18 4/18 6/18 4/18 / 2/18<br />

PERIODO3 / 5/18 6/18 1/18 / 6/18<br />

BENESSEREEMOTIVO>=<br />

Condizioni<br />

Periodo () () (=) (+) (++) Persi<br />

PERIODO0 6/18 6/18 5/18 / 1/18 /<br />

PERIODO1 / 2/18 10/18 5/18 1/18 /<br />

PERIODO2 / 3/18 9/18 4/18 2/18<br />

PERIODO3 3/18 5/18 3/18 1/18 6/18<br />

BENESSEREPERSONALE>=+<br />

Condizioni<br />

Periodo () () (=) (+) (++) Persi<br />

PERIODO0 3/18 4/18 3/18 5/18 3/18 /<br />

PERIODO1 6/18 6/18 5/18 1/18 / /<br />

PERIODO2 2/18 4/18 7/18 3/18 / 2/18<br />

PERIODO3 / 4/18 5/18 3/18 / 6/18<br />

Per la costruzione si sono inseriti 4 blocchi indipendenti, rappresentanti tutte le aree di<br />

benessere ad eccezione delle ulteriori problematiche (esclusione effettuata in quanto<br />

rappresenta un riscontro delle aree d’indagine sondate nella prima parte del<br />

questionario). Inferiormente sono state applicate 5 righe (1 riproduceva la condizione<br />

dei soggetti, mentre 4 i periodi) e 7 colonne (1 dedicata alla specificazione del periodo;<br />

5 per le diverse condizioni, che andavano da una situazione negativa ad una positiva; ed<br />

65


1 per i pazienti persi al controllo). Solo in seguito si sono inseriti i numeri, in modo<br />

organizzato, relativi alle persone nei vari spazi creati.<br />

La finalità della creazione di tutti questi fogli di calcolo è stata quella di avere tutti i<br />

dati organizzati in modo diverso, per poter vedere se le ipotesi venivano confermate dai<br />

dati raccolti e mettere in evidenza ogni volta solo l’aspetto che si voleva prendere in<br />

considerazione. Questo lavoro si è dimostrato necessario sia per il grande numero di<br />

variabili presenti (come già citato), che per l’impossibilità di usufruire della funzione<br />

del raggruppamento di Excel, in quanto questo non permetteva di mettere a confronto<br />

ogni singola domanda, bensì soltanto gli stessi periodi.<br />

Anche se la procedura di costruzione delle 4 tabelle si è descritta consecutivamente,<br />

queste si sono sviluppate a distanza di tempo, in base alle necessità dell’elaborazione<br />

dei dati.<br />

Dopo aver descritto ampiamente il metodo di rilevazione dei dati, ovvero lo strumento<br />

di misurazione (consistente nella scala FACT-BMT) e l’intero documento di Excel<br />

utilizzato, verrà spiegata la metodologia di elaborazione dei dati.<br />

Per raggiungere gli obiettivi dello studio, sono state effettuate 2 tipi di analisi delle<br />

risposte ottenute, dunque 2 tipi di elaborazioni.<br />

La prima è risultata più complessa ed ha necessitato di più fasi per essere portata a<br />

termine.<br />

Il punto di partenza, dopo la costruzione della prima tabella, è stato quello di analizzarla<br />

e cercare di comprendere l’andamento delle varie aree di benessere nei vari periodi.<br />

Analizzandola, però, si era notato che per poter recuperare tutte le informazioni<br />

necessarie, si doveva incorrere in alcune problematiche tecniche; infatti si dovevano<br />

rivedere troppe volte i fogli, in quanto l’andamento del lavoro di Excel era in senso<br />

orizzontale e i quesiti di ogni area moltiplicate per il numero delle persone,<br />

rappresentavano troppe variabili per poter essere analizzate contemporaneamente.<br />

Quindi per far fronte a queste difficoltà, si è scelto di effettuare la somma di tutte le<br />

risposte di ogni area, per tutti i periodi e pazienti. Questa procedura è stata resa possibile<br />

in quanto tutte le risposte alle varie domande avevano la caratteristica di poter essere<br />

addizionate: all’interno delle singole aree, le domande avevano tutte lo stesso<br />

orientamento prognostico, fatta eccezione per l’item GE 2 di cui invece si sono invertiti<br />

i valori (0 = 4, 1 = 3, 2 = 2, 3 = 1, 4 = 0). Questo procedimento ha portato alla creazione<br />

66<br />

<br />

<br />

<br />

della seconda tabella, nella quale si aveva un riscontro diretto, grazie ai valori<br />

visualizzabili, della situazione dei singoli casi in ogni area, per ogni periodo. Il lavoro<br />

successivo eseguito è stato quello di dover scaglionare i numeri ottenuti, al fine di poter<br />

comprendere in che situazione di benessere si trovavano i soggetti. Per fare questo, si è<br />

effettuata la somma del punteggio massimo ottenibile, dalle risposte a tutte le domande<br />

contenute in ogni singola area. A risultato ottenuto, poi, si è calcolata la media, che<br />

rappresentava la condizione di stabilità per quell’area di benessere.<br />

Ricavato il valore di stazionarietà, si è provveduto ad applicare dei segni positivi<br />

(+/++), negativi (-/--) o di uguaglianza (=) a tutte le persone del periodo 0, a seconda del<br />

punteggio totale da loro ottenuto nelle singole aree, al fine di poterle suddividere in base<br />

al grado di condizione. Terminata l’assegnazione dei simboli, è stato quindi formulato il<br />

campione di riferimento, rappresentante la situazione di partenza, da confrontare con il<br />

successivo periodo, al fine di controllare potenziali cambiamenti. Lo stesso<br />

procedimento è stato applicato ai rimanenti periodi, fatta eccezione per la condizione di<br />

partenza, che invece risultava diversa di volta in volta, in quanto i dati venivano<br />

confrontati sempre a quelli del time point precedente; lo scopo di questo metodo era<br />

quello di diminuire il distacco temporale, andando a calcolare intervalli di variazione<br />

più piccoli possibili.<br />

Nella fase finale di questa elaborazione, i segni registrati sulla seconda tabella sono stati<br />

conteggiati per ogni condizione e periodo. Dunque il risultato raggiunto per ognuno di<br />

essi (ovvero il numero di pazienti trovatosi per ogni condizione), è stato inserito sulla<br />

quarta tabella, che rappresentava la sintesi del lavoro di elaborazione svolto e<br />

permetteva di ricavare i dati trattati più avanti nel prossimo capitolo.<br />

Dopo aver terminato la suddetta elaborazione, si è passati ad effettuare la seconda, che,<br />

invece, ha necessitato di minori passaggi. Per prima fase, come per la precedente<br />

elaborazione, si è esaminata la prima tabella cercando di studiare, questa volta,<br />

l’andamento di ogni risposta in rapporto ai periodi.<br />

Quindi per ottenere una modalità più celere e priva di possibilità di errore, si è deciso di<br />

estrapolare, dalla prima tabella, i valori risultati dalle domande ritenute più significative<br />

per ogni soggetto e per ogni periodo e di inserirli su di una griglia. Proprio a tal fine si è<br />

costruita la terza tabella, con l’accortezza però di prendere tutti i punteggi dei vari<br />

periodi di un quesito e paziente alla volta. Questo criterio si è ripetuto fino alla<br />

67


conclusione dei dati da analizzare. Il risultato ottenuto ha avuto esito positivo, infatti,<br />

con questa visualizzazione si è dimostrato molto più semplice effettuare l’analisi.<br />

Occorre inoltre specificare, che un ulteriore controllo sulla validità dei dati è stato<br />

eseguito identificando con questa elaborazione, in alcune aree d’indagine e domande,<br />

quesiti di riscontro, con l’intento di rendere lo strumento più affidabile e di individuare<br />

possibili incongruenze nelle risposte precedentemente date dai pazienti.<br />

Più dettagliatamente, i quesiti inseriti corrispondono alle domande contraddistinte dai<br />

codici GP 6 (riscontro benessere fisico), BMT 2 (riscontro benessere sociale/familiare),<br />

BMT 8 (2 ° riscontro benessere fisico) e BMT 12 (riscontro benessere emotivo).<br />

I risultati ottenuti sono stati accuratamente esaminati, domanda per domanda, paziente<br />

per paziente; è stato inoltre calcolato l’andamento medio dei casi dalla linea base<br />

(periodo 0) all’ultimo periodo di riferimento (periodo 3).<br />

In conclusione gli andamenti sono stati riportati su un grafico a dispersione (XY) e<br />

commentati, insieme ai dati estratti, nel capitolo inerente la discussione dei risultati<br />

ottenuti.<br />

DATI RILEVATI E VALUTATI: AREE D’INDAGINE<br />

Grazie allo strumento di valutazione è stato possibile analizzare la qualità di vita delle<br />

persone sottoposte al trapianto di midollo osseo in 5 aree d’indagine, con i relativi<br />

quesiti di tipo sia qualitativo che quantitativo.<br />

Il questionario utilizzato, il FACT-BMT, è un modello unificato che comprende 2 scale<br />

di misurazione: il modello generico FACT-G e il BMTS.<br />

L’obiettivo primario del FACT-G è di stabilire se ci sono delle variazioni sulla qualità<br />

di vita, in relazione agli effetti collaterali della terapia, sui pazienti affetti da neoplasie<br />

in quattro aree principali: benessere fisico, benessere sociale/familiare, benessere<br />

emozionale e benessere personale. Invece, le domande incluse nel BMTS sono state<br />

costruite in seguito, per essere compatibili con il FACT-G. L’idea è stata quella di<br />

costruire uno strumento più sensibile che vada meglio ad analizzare la qualità di vita dei<br />

pazienti sottoposti al TMO, così la sottoscala è stata scelta per completare lo strumento<br />

generico FACT-G.<br />

In questo studio per effettuare la prima analisi, si sono prese in riferimento tutte le<br />

domande del questionario FACT-BMT dalle varie aree del benessere, escludendo<br />

68<br />

<br />

<br />

<br />

dall’ultima tabella le ulteriori problematiche, mentre per svolgere la seconda sono state<br />

prese in considerazione solo i quesiti di maggiore interesse dalle varie aree d’indagine:<br />

dal Benessere Fisico sono state valutate “Ho carenza di energia”, “Ho nausea”,<br />

“Ho dolore”, “Mi sento male” e “Sono costretto a passare il tempo a letto”;<br />

dal Benessere Sociale/Familiare sono state valutate “Ricevo supporto emotivo<br />

dalla mia famiglia”, “Ricevo supporto dai miei amici” e “La famiglia ha<br />

accettato la mia malattia”;<br />

dal Benessere Emotivo sono state valutate “Mi sento triste”, “Sono soddisfatto di<br />

come sto affrontando la mia malattia”, “Sto perdendo la speranza nella lotta<br />

contro la lotta della mia malattia” e “ho paura di morire”;<br />

dal Benessere Personale sono state valutate “Ho accettato la mia malattia”,<br />

“Dormo bene” e “Sono soddisfatto della qualità della mia vita in questo<br />

momento”;<br />

da Ulteriori Problematiche sono state valutate “Mi sento distante dalle altre<br />

persone”, “Temo che il trapianto non funzioni”, “Gli effetti avversi del<br />

trattamento sono peggiori di quanto immaginassi”, “Presento appetito”, “Mi<br />

affatico facilmente”, “Mi preoccupa il trapianto di midollo osseo”, “Ho<br />

frequentemente raffreddori/infezioni”, “Presento alterazioni del gusto quando<br />

mangio”, “Presento irritazioni cutanee (esempio rush, prurito)” e “Presento<br />

problemi intestinali”.<br />

Nelle pagine successive è riportato lo strumento, con le varie aree d’indagine e i relativi<br />

quesiti presi in considerazione nell’analisi della qualità di vita dei soggetti sottoposti al<br />

TMO, nonché la discussione dei risultati ottenuti ed i rispettivi grafici riassuntivi.<br />

69


5.2-LO STRUMENTO: LA SCALA FACT-BMT PER LA<br />

MISURAZIONE DELLA QUALITA’ DI VITA NELLA PERSONA<br />

SOTTOPOSTA AL TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO.<br />

70<br />

<br />

<br />

<br />

CAPITOLO 6<br />

ANALISI DEI RISULTATI OTTENUTI: DISCUSSIONE<br />

6.1-COMMENTO DEI DATI OTTENUTI DALLA PRIMA<br />

ELABORAZIONE<br />

La prima elaborazione consisteva nell’analisi delle varie aree d’indagine, per misurare<br />

la situazione di partenza dei soggetti presi in campione e gli eventuali cambiamenti col<br />

trascorrere dei periodi.<br />

Come già si è detto, per il seguente obiettivo ci si è avvalsi di tre fogli di lavoro Excel;<br />

adesso verranno qui di seguito illustrati i risultati ottenuti.<br />

Considerando che la percentuale di compilazione dei questionari per i vari periodi<br />

risulta del 100% nello 0 e nell’1, dell’89% nel 2 e del 67% nel 3, si può affermare che<br />

nei primi due il margine di errore è pressoché uguale a zero, mentre negli altri due<br />

aumenta progressivamente. Questo perché nel campione esaminato, 2/18 persone nel<br />

secondo periodo e 6/18 nel terzo non hanno compilato lo strumento perché fuori dal<br />

periodo di raccolta dati.<br />

Nell’area del benessere fisico la situazione di partenza (periodo 0) mostrava che il 67%<br />

delle persone alla linea base, aveva una condizione fisica favorevole, sostanzialmente<br />

data dalla assenza di disturbi o sintomi di vario genere; l’11% era rappresentato da<br />

soggetti che avevano uno stato fisico pressoché stazionario, infatti presentavano<br />

qualche alterazione della qualità di vita ma non troppo significativa; mentre del 22%<br />

che arrivava già con una situazione negativa, soltanto il 5% aveva una condizione<br />

altamente sfavorevole. Questo time point mostrava che al giorno del ricovero la gran<br />

parte delle persone si trovavano in uno stato di benessere fisico buono, dovuto<br />

presumibilmente dalla remissione della patologia di base.<br />

74


11%<br />

0%<br />

5%<br />

Grafico a torta 1<br />

Situazionedelbenesserefisico<br />

alperiodo0(>=)<br />

56%<br />

17%<br />

Dall’analisi del periodo 1 è emerso che: solo il 6% dei casi ha avuto un miglioramento<br />

rispetto al precedente, che probabilmente è stato reso possibile dalle condizioni<br />

antecedenti più negative; il 5% era esente da variazioni; il restante 89% (maggioranza<br />

netta) ha peggiorato la propria condizione, forse a causa dei trattamenti subiti e di<br />

questi, il 33% in modo significativo. Il lasso di tempo analizzato ha evidenziato che la<br />

gran parte dei soggetti ha avuto un netto peggioramento attribuibile alla chemioradioterapia,<br />

cui incorre il paziente, durante la fase di condizionamento.<br />

Grafico a torta 2<br />

5%<br />

0%<br />

6%<br />

0%<br />

56%<br />

Nel periodo 2, invece, si riscontrava un miglioramento nel 44% dei soggetti, indicante<br />

una ripresa delle condizioni fisiche, seppure modesta e non in grado di ripristinare i<br />

valori della linea base; il 17% peggiorava lievemente la propria condizione (peraltro già<br />

compromessa); il 28% continuava progressivamente a peggiorare mostrando i valori più<br />

75<br />

33%<br />

11%<br />

Situazionedelbenesserefisico<br />

alperiodo1(>=)<br />

()<br />

()<br />

(=)<br />

(+)<br />

(++)<br />

Persi<br />

()<br />

()<br />

(=)<br />

(+)<br />

(++)<br />

Persi<br />

<br />

<br />

<br />

alti di tutta l’area. Nell'insieme l’andamento di questo periodo si è dimostrato<br />

estremamente dinamico, difatti non sono stati riscontrati casi di stazionarietà.<br />

Grafico a torta 3<br />

0%<br />

Infine al periodo 3, il 22% delle persone presentava un miglioramento, con segni di<br />

ripresa che per l’11% si sono rivelati significativi; l’11% restava in una condizione di<br />

stabilità; il 33% subiva una debole acutizzazione. Nonostante i miglioramenti osservati,<br />

i valori continuavano a divergere dalla linea base, mostrando un quadro complessivo di<br />

peggioramento in rapporto al periodo.<br />

Grafico a torta 4<br />

0%<br />

17%<br />

34%<br />

Situazionedelbenesserefisico<br />

alperiodo2(>=)<br />

44%<br />

28%<br />

La situazione di partenza (periodo 0) che caratterizzava il benessere sociale/familiare<br />

mostrava un quadro abbastanza positivo, con una percentuale di negatività pari al 22%,<br />

senza nessun caso significativo; il 17% si presentava in una condizione di benessere<br />

accettabile, non lamentando carenze affettive o familiari; del restante 61%, oltre il 33%<br />

76<br />

11%<br />

0%<br />

Situazionedelbenesserefisico<br />

alperiodo3(>=)<br />

33%<br />

11%<br />

11%<br />

11%<br />

()<br />

()<br />

(=)<br />

(+)<br />

(++)<br />

Persi<br />

()<br />

()<br />

(=)<br />

(+)<br />

(++)<br />

Persi


dei soggetti manifestava piena soddisfazione per la propria condizione sociale,<br />

pienamente appoggiati da amici e familiari, ad indicare una grande fiducia dei soggetti.<br />

Questo dimostrava che i pazienti al momento del ricovero non soffrivano di solitudine,<br />

anzi si sentivano supportati dalle persone a loro care.<br />

Grafico a torta 5<br />

22%<br />

Situazionedelbenesseresociale/familiare<br />

alperiodo0(>=+)<br />

0%<br />

0%<br />

17% 28%<br />

Nel periodo 1 si è osservato un netto peggioramento delle condizioni rispetto alla linea<br />

base, infatti circa la metà dei pazienti presentava significative variazioni, mentre la<br />

percentuale complessiva dei soggetti che peggioravano sfiorava il 90%;<br />

deboli miglioramenti o segni di ripresa si riscontravano soltanto nell’ 11% ca dei<br />

pazienti, in ogni caso senza cambiamenti rilevanti.<br />

Grafico a torta 6<br />

50%<br />

39%<br />

Nel periodo 2 i pazienti in situazione stazionaria risultavano essere il 34% del totale,<br />

registrando una bassa dinamicità che si contrapponeva all’instabilità del periodo<br />

77<br />

33%<br />

Situazionedelbenesseresociale/familiare<br />

alperiodo1(>=+)<br />

()<br />

11%<br />

0%<br />

0%<br />

0%<br />

()<br />

()<br />

(=)<br />

(+)<br />

(++)<br />

Persi<br />

()<br />

(=)<br />

(+)<br />

(++)<br />

Persi<br />

<br />

<br />

<br />

precedente, sottolineando una maggiore sicurezza e fiducia del paziente negli affetti; ciò<br />

nonostante l’11% dei soggetti continuava a peggiorare marcatamente, ad evidenziare il<br />

disagio provato per l’obbligo di ospedalizzazione che chiaramente influiva sulla qualità<br />

dei rapporti sociali; peggiorava in modo poco significativo il 22% dei pazienti, flusso<br />

matematicamente annullato da un altro 22% che invece recuperava, migliorando la<br />

propria situazione sociale. Gli sviluppi positivi riscontrati si sono comunque dimostrati<br />

troppo esigui per poter assumere valore statistico, pertanto il quadro generale restava<br />

all'incirca simile a quello del precedente time point.<br />

Grafico a torta 7<br />

22%<br />

Situazionedelbenesseresociale/familiare<br />

alperiodo2(>=+)<br />

11%<br />

34%<br />

11%<br />

Nell’ultimo periodo non è stato rilevato alcun ulteriore peggioramento marcato o di<br />

interesse, difatti del 28% dei soggetti che peggiorava, nessuno risultava grave o<br />

discostato in modo significativo dalla linea base; Il 33% dei casi restava fermo nelle<br />

proprie condizioni, dimostrando d’aver raggiunto un equilibrio di benessere<br />

quantomeno accettato dai soggetti stessi; l’incremento dei valori è tuttavia risultato<br />

modesto, poiché soltanto il 5% del campione migliorava, seppur leggermente, la propria<br />

condizione. Possiamo quindi affermare nel complesso che il benessere sociale e<br />

familiare andava a diminuire all’aumentare dei periodi, dimostrando che il soggetto in<br />

ospedale tendeva a sentirsi sempre più solo al passare del tempo. Tutto questo è<br />

imputabile alle precauzioni che vengono prese durante l’ospedalizzazione, per<br />

scongiurare ogni pericolo di infezione e/o contaminazione rispettivamente del soggetto<br />

e dell’ambiente, procedura nota con il nome di isolamento protettivo.<br />

78<br />

0%<br />

22%<br />

()<br />

()<br />

(=)<br />

(+)<br />

(++)<br />

Persi


28%<br />

0%<br />

Grafico a torta 8<br />

Situazionedelbenesseresociale/familiare<br />

alperiodo3(>=+)<br />

()<br />

33%<br />

5%<br />

0%<br />

Partendo dalla linea base (periodo 0), il benessere emotivo appariva sostanzialmente<br />

molto positivo, il giorno dell’ingresso in ospedale soltanto il 5% in tutto il campione di<br />

riferimento presentava una situazione negativa; il 28% dei casi si trovava in condizioni<br />

di equilibrio accettabili, dimostrando di affrontare la malattia con serenità; del restante<br />

67% che mostrava un quadro positivo, all’incirca la metà manifestava una situazione<br />

emotiva ottimale, con i più alti valori registrati rispetto a tutte le altre aree d’indagine.<br />

Grafico a torta 9<br />

34%<br />

33%<br />

Nel periodo 1 è stato invece rilevato un crollo emotivo coinvolgente il 28% dei casi, in<br />

netto peggioramento rispetto al precedente controllo; soltanto l’11% esibiva segni di<br />

miglioramento rispetto al giorno d’ingresso; tuttavia il quadro rimaneva ancora<br />

abbastanza positivo, difatti veniva registrato un notevole aumento percentuale dei<br />

soggetti in equilibrio emotivo accettabile, fino al 56%; il 5% dei soggetti che il giorno<br />

79<br />

34%<br />

Situazionedelbenessereemotivo<br />

nelperiodo0(>=)<br />

28%<br />

5%<br />

0%<br />

0%<br />

()<br />

(=)<br />

(+)<br />

(++)<br />

Persi<br />

()<br />

()<br />

(=)<br />

(+)<br />

(++)<br />

Persi<br />

<br />

<br />

<br />

del ricovero si trovava in una condizione profondamente compromessa, continuava ad<br />

aggravarsi, dimostrando di perdere ulteriormente fiducia e speranza nella cura della<br />

propria patologia. Complessivamente è stata registrata una perdita emotiva modesta<br />

all’interno del campione, che dimostrava di maturare dei timori inerenti il trattamento,<br />

associati a nervosismo e/o pessimismo nei confronti delle aspettative future.<br />

Grafico a torta 10<br />

0%<br />

0%<br />

Situazionedelbenessereemotivonel<br />

periodo1(>=)<br />

11%<br />

5%<br />

56%<br />

Dai dati esaminati nel periodo 2 è emerso che il 50% del campione ha mantenuto una<br />

certa stazionarietà, dimostrando di non lasciarsi turbare più di tanto dalle proprie paure;<br />

il 22% dei casi ha invece peggiorato il proprio stato, seppure in minima parte; soltanto il<br />

17% ha ottenuto un debole progresso rispetto al periodo di riferimento. Il quadro<br />

generale mostrava un sottile miglioramento, buona parte dei soggetti rivelava una<br />

condizione di benessere abbastanza positiva, incoraggiati dal fatto d’aver già superato le<br />

fasi del trapianto più delicate (condizionamento, infusione).<br />

Grafico a torta 11<br />

80<br />

28%<br />

Situazionedelbenessereemotivo<br />

nelperiodo2(>=)<br />

50%<br />

17%<br />

0%<br />

11%<br />

22%<br />

0%<br />

()<br />

()<br />

(=)<br />

(+)<br />

(++)<br />

Persi<br />

()<br />

()<br />

(=)<br />

(+)<br />

(++)<br />

Persi


Il periodo 3 non verrà preso in considerazione poiché i dati ricavati sono per lo più<br />

equiparabili a quelli del precedente, ad eccezione di un unico caso che palesava un netto<br />

crollo emotivo a causa di gravi complicazioni insorte in seguito al trattamento.<br />

Globalmente il benessere emotivo della media dei pazienti risulta per lo più positivo in<br />

tutti i periodi. Nel lasso di tempo preso in considerazione i soggetti risentivano dei<br />

momenti critici del trattamento, ma tendevano a ripristinare il proprio stato di benessere,<br />

tornando alla linea base.<br />

Grafico a torta 12<br />

17%<br />

0%<br />

Situazionedelbenessereemotivo<br />

alperiodo3(>=)<br />

27% 17%<br />

34%<br />

In ultima analisi, il giorno del ricovero, i soggetti che si trovavano in uno stato di<br />

benessere personale sfavorevole erano il 39%, di questi il 17% mostrava una condizione<br />

significativamente negativa, registrando i valori più bassi in linea base rispetto alle altre<br />

aree di benessere; il 17% del campione si presentava in condizioni accettabili, ma non<br />

ottimali; un ulteriore 17% viveva invece una situazione estremamente positiva,<br />

portando il quadro generale del campione a livelli, tutto sommato, favorevoli; inoltre i<br />

casi positivi in maniera modesta, risultavano il 27%.<br />

I valori registrati in linea base indicavano che molti soggetti, al momento del ricovero,<br />

non erano in grado di svolgere il proprio lavoro e presentavano un alterato modello<br />

sonno-riposo.<br />

81<br />

5%<br />

()<br />

()<br />

(=)<br />

(+)<br />

(++)<br />

Persi<br />

<br />

<br />

<br />

Grafico a torta 13<br />

Situazionedelbenesserepersonalenel<br />

periodo0(>=+)<br />

17%<br />

22%<br />

0%<br />

17%<br />

17%<br />

Nel periodo 1 è stata riscontrata una diminuzione sostanziosa del benessere analizzato,<br />

che ha coinvolto il 66% dei casi, per la metà in modo considerevole (33%); Il 28% del<br />

campione esibiva una situazione stazionaria relativamente alla linea di base; Soltanto il<br />

6% delle persone sottoposte a controllo esprimeva valori positivi, in miglioramento<br />

rispetto al giorno del ricovero. Il quadro generale palesava dunque una condizione di<br />

benessere personale sfavorevole, dovuta al fatto che la degenza non permetteva ai<br />

soggetti di svolgere le proprie attività e/o svaghi.<br />

Grafico a torta 14<br />

Il periodo 2 è caratterizzato da segni di ripresa, precisamente il 17% del campione si<br />

mostrava in fase di recupero, presentando maggior adattamento alla condizione di<br />

ricovero; il 39% dei soggetti si manteneva invece stazionario rispetto al periodo<br />

precedente; infine la percentuale di quelli che continuavano a peggiorare scende al 33%,<br />

di cui solo l’11% in modo consistente, migliorando il quadro generale rispetto al<br />

82<br />

27%<br />

Situazionedelbenesserepersonalenel<br />

periodo1(>=+)<br />

33%<br />

33%<br />

28%<br />

6%<br />

0% 0%<br />

()<br />

()<br />

(=)<br />

(+)<br />

(++)<br />

Persi<br />

()<br />

()<br />

(=)<br />

(+)<br />

(++)<br />

Persi


periodo di riferimento (periodo 1). Il ritorno dei valori verso la linea base indica una<br />

maggiore consapevolezza del paziente della propria condizione ed un ritorno di energie<br />

perse nelle fasi iniziali del trattamento, con conseguente aumento della capacità di<br />

svolgere le varie attività.<br />

Grafico a torta 15<br />

22%<br />

Situazionedelbenesserepersonalenel<br />

periodo2(>=+)<br />

39%<br />

()<br />

()<br />

17%<br />

(=)<br />

11%<br />

11%<br />

0%<br />

(+)<br />

(++)<br />

Persi<br />

Infine nel periodo 3 i valori continuavano a crescere, ritornando verso la linea base, ma<br />

divergendo ancora considerevolmente da essa. Ciò è avvalorato dal fatto che la<br />

percentuale di casi che peggioravano limitatamente, scendeva al 22%; il 27%<br />

manteneva la propria situazione rispetto al periodo 2; infine il 17% del campione<br />

esibiva un netto miglioramento. Il quadro generale indicava un incremento sostanziale<br />

delle condizioni di benessere, che si aggiungeva a quello del periodo precedente,<br />

mostrando un andamento graduale nel tempo che rifletteva le difficoltà iniziali del<br />

soggetto ad accettare l’ospedalizzazione, poi in parte superate, ma non del tutto<br />

eliminate; pertanto la qualità di vita dei pazienti complessivamente risultava<br />

compromessa: infatti sono pochi quelli che affermavano di essere soddisfatti dei risultati<br />

ottenuti.<br />

Grafico a torta 16<br />

22%<br />

0%<br />

Situazionedelbenesserepersonalenel<br />

periodo3(>=+)<br />

27%<br />

()<br />

()<br />

17% (=)<br />

34%<br />

0%<br />

(+)<br />

(++)<br />

Persi<br />

83<br />

<br />

<br />

<br />

6.2-COMMENTO DEI DATI OTTENUTI DALLA SECONDA<br />

ELABORAZIONE<br />

La seconda analisi comprende uno studio approfondito e dettagliato di ogni domanda<br />

significativa, che si pone come obbiettivo l’analisi dell’andamento di risposta nel<br />

campione, durante i vari periodi. Tutte le risposte alle domande sono state analizzate<br />

minuziosamente, per aumentare l’affidabilità dello strumento utilizzato, riducendo il<br />

margine d’errore. Il campione impiegato è ovviamente uguale al precedente, per cui è<br />

ovvio che le problematiche inerenti l’affidabilità dei dati siano le stesse del primo<br />

studio, ovvero gli ultimi periodi di riferimento presentavano un numero di casi<br />

insufficienti a fornire un margine d’errore trascurabile (~ 0).<br />

BENESSERE FISICO<br />

Dal benessere fisico sono state analizzate le domande GP 1, GP 2, GP 4, GP 6, GP 7.<br />

Alla domanda 1 “Ho carenza di energia” alla linea base il 22% dei soggetti ha risposto<br />

“per niente”, il 28% “in parte”, il 22% “poco”, il 17% “abbastanza”, l’11% “molto”.<br />

L’andamento dei soggetti nei periodi portava ad una situazione finale in cui il 39% dei<br />

casi peggiorava, il 33% manteneva uno stato di benessere fisico inalterato, il 28%<br />

migliorava. Di quest’ultimo 28%, il 5% mostrava un incremento graduale nel tempo,<br />

il 6% ripristinava i valori che aveva in linea base dopo una ricaduta, il 6% iniziava a<br />

migliorare significativamente soltanto dal periodo 2 ed un ulteriore 11% migliorava in<br />

modo non significativo; la percentuale di risposta “molto” nel periodo 3 saliva al 17%.<br />

Da questo quadro si evinceva che la maggior parte dei soggetti al momento del<br />

ricovero non accusavano astenia, mentre nel periodo 1, a causa del regime di<br />

trattamento, il 28% dei pazienti rispondeva “molto”; tuttavia già dal periodo 2 si<br />

notavano segni di ripresa e all’ultimo controllo i valori nel 78% dei casi tendevano a<br />

ripristinare la linea base, mentre il 22% si era aggravato in modo considerevole,<br />

mostrando un drastico incremento dei valori. Complessivamente si osservava quindi<br />

un rapido recupero di energie per la maggior parte di loro.<br />

84


Valori<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Istogramma 1<br />

VariazionidipunteggioalladomandaGP1<br />

neivariperiodidituttelepersone<br />

0 1 2 3<br />

Periodi<br />

1° persona<br />

2° persona<br />

3° persona<br />

4° persona<br />

5° persona<br />

6° persona<br />

7° persona<br />

7° persona<br />

9° persona<br />

10° persona<br />

11° persona<br />

12° persona<br />

13° persona<br />

14° persona<br />

15° persona<br />

16° persona<br />

17° persona<br />

18° persona<br />

Alla domanda 2 “Ho nausea”, relativamente alla linea base, le risposte registrate sono:<br />

78% “per niente”, il 17% “in parte” e il 5% “molto”, riflettendo una situazione di<br />

partenza ottimale per molti, critica per qualcuno. Nei periodi 1 e 2 sono stati registrati<br />

valori di peggioramento intermedi ed all’ultimo controllo la percentuale di pazienti<br />

che accusavano considerevolmente nausea è pari al 28%, mentre quelli che non la<br />

presentavano affatto scendeva al 28%. Il quadro mostrava livelli crescenti di malessere<br />

direttamente proporzionali al periodo, rilevando la comparsa di effetti collaterali nel<br />

95% dei soggetti, contro un misero 5% che invece non manifestava mai questo<br />

sintomo.<br />

85<br />

<br />

<br />

<br />

Valori<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Istogramma 2<br />

VariazionidipunteggioalladomandaGP2<br />

neivariperiodidituttelepersone<br />

0 1 2 3<br />

Periodi<br />

1° persona<br />

2° persona<br />

3° persona<br />

4° persona<br />

5° persona<br />

6° persona<br />

7° persona<br />

8° persona<br />

9° persona<br />

10° persona<br />

11° persona<br />

12° persona<br />

13° persona<br />

14° persona<br />

15° persona<br />

16° persona<br />

17° persona<br />

18° persona<br />

Alla domanda 4 “Ho dolore” il giorno del ricovero, un 55% del campione ha risposto<br />

“per niente”, il 34% “in parte”, l’11% “poco”, mentre nessuno ha risposto<br />

“abbastanza” o “molto”. Nei periodi successivi prima il 33%, poi il 22% dei soggetti<br />

accusava considerevolmente dolore, portando l’andamento su valori positivi.<br />

All’ultimo controllo solo il 33% non lamentava dolore, mentre il 22% mostrava<br />

disturbi di lieve entità; era interessante notare che l’11% subiva un incremento tale da<br />

rispondere “molto”. L’andamento complessivo risultava abbastanza negativo, i<br />

soggetti peggioravano la propria condizione dalla linea base all’ultimo periodo, ad<br />

eccezione del 17% che non manifestava mai dolore e di un ulteriore 17% che<br />

ripristinava la linea base o la migliorava leggermente. Questi valori indicavano una<br />

situazione estremamente problematica, che andava inequivocabilmente ad incidere<br />

sulla qualità di vita del campione esaminato.<br />

86


Valori<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Istogramma 3<br />

VariazionidipunteggioalladomandaGP4<br />

neivariperiodidituttelepersone<br />

0 1 2 3<br />

Periodi<br />

1° persona<br />

2° persona<br />

3° persona<br />

4° persona<br />

5° persona<br />

6° persona<br />

7° persona<br />

8° persona<br />

9° persona<br />

10° persona<br />

11° persona<br />

12° persona<br />

13° persona<br />

14° persona<br />

15° persona<br />

16° persona<br />

17° persona<br />

18° persona<br />

Alla domanda 6 “Mi sento male” al periodo 0, l’83% dei casi ha risposto “per niente”,<br />

mentre il restante 17% ha risposto “in parte”, riflettendo una condizione iniziale di<br />

benessere elevata. I valori iniziavano a scostarsi dalla linea base già nel periodo 1, per<br />

raggiungere i massimi livelli di malessere al periodo 2; seguiva un lieve<br />

miglioramento che riportava la situazione finale (periodo 3) verso la linea base, anche<br />

se i valori mostravano una condizione di peggioramento generale: solo il 28%<br />

all’ultimo controllo non presentava alcun dolore, mentre il 17% mostrava lievi<br />

disturbi, infine saliva al 22% il numero di pazienti in condizioni critiche, che<br />

presentava cioè, un notevole stato di malessere. Il quadro che ne derivava, dunque, era<br />

di relativo benessere per tutti i soggetti il giorno del ricovero, ma proseguendo nei<br />

periodi, i valori salivano bruscamente nell’83%, contro un modesto 17% che<br />

manteneva invariata la situazione dalla linea base all’ultimo controllo; Nell’ultimo<br />

periodo i valori scendevano, segno che i pazienti lamentavano una condizione fisica<br />

meno debilitante, ma solo l’11% migliorava a tal punto da ripristinare la linea base, il<br />

restante 72% continuava a provare un malessere fisico superiore a quello descritto il<br />

giorno d’ingresso in ospedale.<br />

87<br />

<br />

<br />

<br />

Valori<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Istogramma 4<br />

VariazionidipunteggioalladomandaGP6<br />

neivariperiodidituttelepersone<br />

0 1 2 3<br />

Periodi<br />

1° persona<br />

2° persona<br />

3° persona<br />

4° persona<br />

5° persona<br />

6° persona<br />

7° persona<br />

8° persona<br />

9° persona<br />

10° persona<br />

11° persona<br />

12° persona<br />

13° persona<br />

14° persona<br />

15° persona<br />

16° persona<br />

17° persona<br />

18° persona<br />

Nell’ultima domanda relativa al benessere fisico “Sono costretto a passare il tempo a<br />

letto” alla condizione di partenza, solo il 5% del campione ha risposto “molto”<br />

unitamente ad un altro 5% che ha risposto “abbastanza”, contro un 45% che<br />

rispondeva “per niente”; il 45% dei soggetti si manteneva su valori di disagio minimi<br />

rispondendo “in parte” (33%) e “poco” (12%). Il quadro manteneva in linea base,<br />

valori abbastanza accettabili, come del resto accadeva in tutte le altre domande del<br />

benessere fisico; basta però allontanarsi dal punto di partenza per registrare valori via<br />

via sempre più alti: al periodo 1, il 17% dei pazienti dichiarava di essere costretto di<br />

passare molto tempo a letto, il 39% “abbastanza”; soltanto un 5% rispondeva “per<br />

niente”, la restante parte si manteneva su valori intermedi. Al periodo successivo i<br />

valori scendevano, ritornando verso il periodo di partenza, ma mantenendo il 39% di<br />

casi ancora abbastanza impossibilitati a muoversi ed il 17% di prima che continuava a<br />

rispondere “molto”; saliva però all’11% il numero di persone non accusanti il disturbo<br />

(“per niente”). Infine nell’ultimo periodo soltanto un 22% di soggetti equamente<br />

ripartito (2 x 11%) viveva un disagio considerevole, dichiarando di trascorrere a letto<br />

88


ancora una quantità di tempo sostanziosa; il 17% migliorava o ripristinava la linea<br />

base, mentre l’11% si manteneva sugli stessi valori per tutta la durata del controllo.<br />

Analizzando “in toto” il benessere fisico, ci si accorge di come la qualità di vita dei<br />

degenti in quest’area, sia più alta all’ingresso e vada progressivamente a ridursi nei<br />

periodi più critici dell’ospedalizzazione, tendendo poi a risalire, stabilizzandosi però su<br />

valori superiori (condizione negativa) a quelli registrati nel periodo 0.<br />

Grafico a dispersione 1<br />

Valorinegativi<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

Confrontosull'andamentodeiquesitidelbenesserefisico<br />

1 1,5 2 2,5<br />

Timepoints<br />

3 3,5 4<br />

Le motivazioni che possono spiegare questo andamento, devono tener conto delle<br />

difficoltà incontrate dai soggetti durante le fasi critiche del TMO; i trattamenti<br />

chemioterapici della fase di condizionamento, producono una mole di effetti collaterali<br />

generalizzata: la nausea, ad esempio, colpisce il 95% del campione con un plateau<br />

corrispondente proprio alla fase immunosoppressiva. Anche l’infusione (periodo 1) può<br />

condurre ad effetti collaterali importanti come dolore toracico, nausea, reazione<br />

orticarioide, dolore addominale, ecc.<br />

È bene tener presente che, fino all’attecchimento, i pazienti anche a causa dell’aplasia<br />

midollare, non potranno raggiungere livelli di benessere fisico adeguati (essendo<br />

soggetti a rischio di frequenti infezioni e probabili emorragie).<br />

È quindi fondamentale un’assistenza infermieristica rivolta al monitoraggio continuo<br />

dei parametri vitali, nonché ad una tempestiva rilevazione di ogni eventuale<br />

manifestazione clinica (segni, sintomi) in tutte le fasi, al fine di ridurre al minimo le<br />

89<br />

GP1<br />

GP2<br />

GP4<br />

GP6<br />

GP7<br />

<br />

<br />

<br />

probabilità di sviluppare complicanze e di mettere immediatamente in atto interventi<br />

specifici e ben pianificati, nel caso in cui si presentassero. L’obbiettivo è quello di<br />

aumentare, per quanto possibile, la qualità di vita dei pazienti, dal punto di vista del<br />

benessere fisico.<br />

BENESSERE SOCIALE/FAMILIARE<br />

Dal benessere sociale/familiare sono state esaminate le domande GS 2, GS 3, GS 4.<br />

Alla domanda 2 “Ricevo supporto emotivo dalla mia famiglia” nel periodo 0, l’89%<br />

del campione ha evidenziato una situazione familiare ottimale (55% ”molto”, 34%<br />

“abbastanza”), mentre soltanto l’11% ha risposto “poco”; L’andamento subiva<br />

piccolissime variazioni nel tempo, arrivando ad una situazione finale (periodo 3) più o<br />

meno simile alla linea base, dalla quale migliorava leggermente, l’11% che aveva<br />

risposto “poco” non compariva più nell’ultimo controllo. La situazione finale è per<br />

tutti molto positiva.<br />

Alla domanda 3 “Ricevo supporto dai miei amici” i valori riflettevano una situazione<br />

per lo più positiva in tutti i periodi; soltanto il 28% ha risposto “in parte” o “poco”, ed<br />

ha mantenuto i valori stabili a tutti i controlli. Il quadro restava dunque pressoché<br />

invariato nel tempo (le variazioni erano infatti troppo piccole per dimostrarsi<br />

significative) . E’ importante sottolineare inoltre che le risposte date dai pazienti,<br />

risentivano di un contesto determinato da variabili soggettive, come il valore<br />

dell’amicizia, che pertanto non essendo quantificabile, non può nemmeno essere<br />

definito con certezza.<br />

Alla domanda 4 “La famiglia ha accettato la mia malattia”, ultima in quest’area<br />

d’indagine, al giorno del ricovero i valori erano per il 95% positivi; soltanto un 5% ha<br />

risposto “poco”, lamentando una carente accettazione familiare riguardo l’insorgere<br />

della propria patologia; all’ultimo controllo la situazione appariva di poco discostata<br />

dalla linea base, assumendo valori più bassi solo nel 17% dei soggetti. L’andamento<br />

mostrava quindi un leggero decremento dal periodo 0 al 3, ma non tale da risultare<br />

indicativo di un peggioramento delle condizioni familiari.<br />

90


Valori<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Istogramma 5<br />

VariazionidipunteggioalladomandaGS4<br />

neivariperiodidituttelepersone 1° persona<br />

2° persona<br />

3° persona<br />

4° persona<br />

5° persona<br />

6° persona<br />

7° persona<br />

8° persona<br />

9° persona<br />

10° persona<br />

11° persona<br />

12° persona<br />

13° persona<br />

14° persona<br />

15° persona<br />

16° persona<br />

17° persona<br />

18° persona<br />

0 1 2 3<br />

Periodi<br />

L’aspetto generale di quest’area d’indagine risultava poco significativo ai fini dell’<br />

analisi, l’andamento emergeva, con qualche approssimazione, abbastanza regolare, a<br />

comprovare la bassa influenza che può avere il trapianto sui quesiti presi in<br />

considerazione. L’andamento familiare non risultava compromesso, sebbene<br />

nell’ambito sociale di questa stessa area, i valori registrati avevano subito decrementi<br />

considerevoli, dimostrando che se anche il supporto familiare era sufficiente a<br />

mantenere una qualità di vita accettabile, quello degli amici spesso risultava inadeguato.<br />

Grafico a dispersione 2<br />

Valorinegativi<br />

7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Confrontosull'andamentodeiquesiti<br />

delbenesseresociale/familiare<br />

1 1,5 2 2,5 3 3,5 4<br />

Timepoints<br />

91<br />

GS2<br />

GS3<br />

GS4<br />

<br />

<br />

<br />

I decrementi osservati vanno tuttavia attribuiti all’ isolamento protettivo cui era<br />

sottoposto il campione, che rendeva meno agevoli i rapporti dei pazienti con familiari<br />

ed amici. Questa procedura prevede giorni, orari e numero di ingressi limitati, divieto di<br />

introdurre oggetti di qualunque tipo (tecnologico, ludico, ecc) e/o alimenti. Tutto ciò<br />

sottopone il paziente ad uno squilibrio di tipo sociale-familiare, ma anche psicologico.<br />

L’assistenza infermieristica mira a ristabilire l’equilibrio psicologico del paziente,<br />

cercando di fargli comprendere la necessità e l’importanza di queste restrizioni, per la<br />

buona riuscita del trattamento. L’isolamento potrebbe infatti andare a migliorare<br />

considerevolmente lo stato di salute del soggetto, riducendo il rischio di complicanze,<br />

ed è bene che venga sottolineato e specificato per dare una visione più ottimistica ed<br />

infondergli fiducia.<br />

Infine è indispensabile istruire il paziente sulle regole da seguire per rendere<br />

l’isolamento efficace prima che venga eseguito, assicurandosi che ne abbia ben<br />

compreso nozioni, motivazioni e comportamenti da mettere in atto durante tutto il<br />

periodo.<br />

BENESSERE EMOTIVO<br />

Dal benessere emotivo sono state analizzate le domande GE 1, GE 2, GE 3, GE 5.<br />

Alla domanda 1 “Mi sento triste” il giorno del ricovero ha risposto “per niente” il<br />

39% dei casi, “poco” il 50% e soltanto il 5% “molto”; al giorno dell’infusione invece i<br />

“poco” risultavano stabili, mentre il 33% iniziava ad accusare tristezza, raggiungendo<br />

punteggi elevati, il 39% dei pazienti che il giorno del ricovero non accusava<br />

malessere, all’infusione scendeva al 17%. All’ultimo controllo i valori tornavano<br />

leggermente verso la linea base, con un 22% di soggetti non colpiti, un 11% molto<br />

triste e un 33% di poco peggiorato rispetto al quadro iniziale; è da sottolineare che il<br />

17% del campione rimaneva stabilmente sul valore più basso. L’andamento generale<br />

era quindi caratterizzato da un repentino aumento dei valori (condizione negativa)<br />

seguito da un decremento che tendeva a ripristinare i valori iniziali, per cui possiamo<br />

affermare che la situazione andava debolmente a peggiorare.<br />

Alla domanda 2 “Sono soddisfatto di come sto affondando la mia malattia”, nel<br />

periodo 0 i valori si mantenevano tutti alti, mentre nei periodi successivi si osservava<br />

92


un 17% di pazienti con valori bassi (“in parte”, “poco”), mentre il restante 83%<br />

continuava ad avere fiducia nell’approccio che aveva assunto.<br />

Alla domanda 3 “Sto perdendo la speranza nella lotta contro la mia malattia” il 60%<br />

dei soggetti rispondeva sempre “per niente”; nel primo controllo solo il 22% si<br />

mostrava dubbioso (11% “in parte, 11% “poco”), tutti gli altri asserivano di non aver<br />

perso affatto la speranza. Nei periodi successivi solo il 5% peggiorava, discostandosi<br />

dalla linea base. Il quadro perciò appariva abbastanza positivo, i pazienti si sentivano<br />

abbastanza soddisfatti dell’andamento del trattamento.<br />

Alla domanda 5 “Ho paura di morire” il 22% dei soggetti rispondeva a tutti i controlli<br />

“molto”, contro un 33% stabilmente privo di questo timore. Solo l’11% presentava un<br />

incremento di valori dal primo all’ultimo controllo. Si può quindi affermare che i<br />

soggetti che mostravano di avere molta paura il giorno del ricovero, avevano più o<br />

meno mantenuto questa condizione nel tempo, lo stesso ragionamento può essere fatto<br />

per quelli che invece non pensavano per niente alla morte. Questa staticità di valori<br />

mostrava la difficoltà di contenere o estinguere i timori dei soggetti nel tempo,<br />

probabilmente perché le paure erano così radicate da rendere inefficaci gli interventi<br />

infermieristici specifici.<br />

Istogramma 6<br />

Valori<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

VariazionidipunteggioalladomandaGE5<br />

neivariperiodidituttelepersone<br />

0 1 2 3<br />

Periodi<br />

1° persona<br />

2° persona<br />

3° persona<br />

4° persona<br />

5° persona<br />

6° persona<br />

7° persona<br />

8° persona<br />

9° persona<br />

10° persona<br />

11° persona<br />

12° persona<br />

13° persona<br />

14° persona<br />

15° persona<br />

16° persona<br />

17° persona<br />

18° persona<br />

93<br />

<br />

<br />

<br />

La condizione generale mostrava un peggioramento significativo in questi punti del<br />

benessere emotivo, che nell’insieme rifletteva una perdita di fiducia del soggetto nella<br />

cura della propria patologia.<br />

Grafico a dispersione 3<br />

Valorinegativi<br />

7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Confrontosull'andamentodeiquesitidelbenessereemotivo<br />

1 1,5 2 2,5 3 3,5 4<br />

Timepoints<br />

Gli effetti collaterali dei vari trattamenti spaventavano ed agitavano i pazienti,<br />

facendogli temere un peggioramento delle proprie condizioni ed in qualche caso,<br />

addirittura la morte. Per far fronte a queste problematiche, l’infermiere deve:<br />

incoraggiare i pazienti, per cercare di farli reagire a questa situazione; tranquillizzarli<br />

nei momenti di maggior sconforto, sostenendoli emotivamente; spiegargli le varie<br />

procedure nel momento dell’effettuazione, al fine di renderli partecipi ed attivi nel piano<br />

assistenziale; infine illustrargli gli effetti collaterali ai quali potrebbero andare incontro,<br />

per eliminare le paure che questi sarebbero in grado di scatenare.<br />

BENESSERE PERSONALE<br />

Dal benessere personale sono state valutate le domande GF 4, GF 5, GF 7.<br />

Alla domanda 4 “Ho accettato la mia malattia” al periodo 0 solo l’11% dei soggetti<br />

rispondeva “in parte”, il 17% “poco”, il 61% “abbastanza” e l’11% “molto”.<br />

L’andamento era sostanzialmente stabile, solo l’ 11% dei casi aveva un graduale<br />

aumento nel tempo, ma il flusso veniva annullato da un’ulteriore 11% che invece,<br />

peggiorava leggermente. Globalmente la tendenza era quella di mantenersi attorno alla<br />

94<br />

GE1<br />

GE2<br />

GE3<br />

GE5


linea base, e tra questi meritava considerazione un 11% che dimostrava di non essersi<br />

adattato alla malattia in tutto il periodo di riferimento. Solo il 17% dava prova di non<br />

aver preso bene la patologia, mentre un buon 50% andava ad aggiungersi a quelli che<br />

dimostravano piena accettazione (rispondendo “abbastanza” in ogni periodo)<br />

Istogramma 7<br />

Valori<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

VariazionidipunteggioalladomandaGF4<br />

neivariperiodidituttelepersone 1° persona<br />

2° persona<br />

3° persona<br />

4° persona<br />

5° persona<br />

6° persona<br />

7° persona<br />

8° persona<br />

9° persona<br />

10° persona<br />

11° persona<br />

12° persona<br />

13° persona<br />

14° persona<br />

15° persona<br />

16° persona<br />

17° persona<br />

18° persona<br />

0 1 2 3<br />

Periodi<br />

Alla domanda 5 “Dormo bene” nel periodo 0, il 33% del campione mostrava valori<br />

bassi (11% “in parte”, 22% “poco”) e il 67% alti (56% “abbastanza”, l’11% “molto”).<br />

L’andamento era decrescente nei periodi 1 e 2, mentre risaliva leggermente all’ultimo<br />

controllo. Nel periodo 3 il 33% aveva ancora valori bassi e scendeva al 39% il numero<br />

di pazienti abbastanza soddisfatti del proprio riposo. Il decremento osservato era da<br />

attribuirsi alla condizione fisica dei pazienti<br />

Alla domanda 7 “Sono soddisfatto della qualità di vita in questo momento” l’11%<br />

esordiva al ricovero con “per niente”, il 33% con “poco”, il 50% con “abbastanza” ed<br />

infine il 6% con “molto”. Il percorso evidenziato dalle risposte, progrediva in senso<br />

decrescente in relazione ai periodi 1 e 2. Infatti all’ultimo intervallo posto in analisi, il<br />

17% aveva risposto “per niente”, il 28% “poco”, il 22% “abbastanza” e il 5% “molto”.<br />

Le uniche eccezioni a questo andamento risultavano del 39% dei casi, in quanto questi<br />

avevano mantenuto sempre dei valori stazionari per tutti i time points; di questi il 6%<br />

aveva assunto sempre valori corrispondenti a “per niente”, il 5% a “molto”, mentre il<br />

95<br />

<br />

<br />

<br />

restante 28% a risultati intermedi. Nel complesso i livelli di soddisfazione della qualità<br />

di vita registrati, indicavano una riduzione rispetto al giorno del ricovero.<br />

Istogramma 8<br />

Valori<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

0 1 2 3<br />

Periodi<br />

Per l’intera analisi effettuata sui quesiti selezionati del benessere personale, era emersa<br />

una situazione di differenza sul loro andamento, tant’è vero che i risultati ottenuti non<br />

potevano essere sovrapposti o generalizzati tra loro.<br />

Grafico a dispersione 4<br />

Valorinegativi<br />

14<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

VariazionidipunteggioalladomandaGF7<br />

neivariperiodidituttelepersone<br />

Confrontosull'andamentodeiquesitidelbenesserepersonale<br />

1 1,5 2 2,5 3 3,5 4<br />

Timepoints<br />

1° persona<br />

2° persona<br />

3° persona<br />

4° persona<br />

5° persona<br />

6° persona<br />

7° persona<br />

8° persona<br />

9° persona<br />

10° persona<br />

11° persona<br />

12° persona<br />

13° persona<br />

14° persona<br />

15° persona<br />

16° persona<br />

17° persona<br />

18° persona<br />

96<br />

GF4<br />

GF5<br />

GF7


Riassumendo si era osservata una incompleta accettazione della patologia nella<br />

maggioranza dei soggetti, un alterato modello di sonno/riposo e una limitata capacità<br />

nello svolgere le attività che normalmente effettuavano, sia dal punto di vista lavorativo<br />

che ricreativo. Queste rappresentano complicanze che possono svilupparsi nell’area del<br />

benessere emotivo di questi soggetti, come ad esempio la preoccupazione per l’esito del<br />

TMO, ma anche in altre aree d’indagine (dolore fisico, effetti collaterali, ecc), che<br />

devono comunque essere risolte o diminuite tramite un’assistenza infermieristica<br />

efficace e ben pianificata.<br />

L’infermiere di fronte a queste situazioni, difatti, deve mettere in atto un modello di<br />

coping valido, per cercare di comprendere incertezze, dubbi o perplessità che<br />

presentano le persone assistite, al fine di farle adattare a questa nuova situazione. Per<br />

quanto riguarda il ripristino del modello sonno/riposo, si deve cercare di<br />

creare/mantenere un ambiente confortevole e regolare il ritmo sonno/veglia,<br />

organizzando nel modo migliore tutte le procedure da effettuare, creando così del tempo<br />

libero al paziente. Infine, si deve cercare di far mantenere ai soggetti un modello di<br />

attività fisica commisurata alla propria condizione, incentivandoli sull’esecuzione di<br />

esercizi e incoraggiandoli a svolgere delle attività ricreative.<br />

ULTERIORI PROBLEMATICHE<br />

Dalle ulteriori problematiche sono state studiate le domande BMT 2, BMT 3, BMT 4,<br />

BMT 5, BMT 8, BMT 12, BMT 15, BMT 17, BMT 20, BMT 21.<br />

Alla domanda 2 “Mi sento distante dalle altre persone” all’ingresso in ospedale il 45%<br />

dei casi affermava “per niente”, il 28% “poco”, il 17% in parte, il restante 10% si<br />

divideva equamente tra “abbastanza” e “molto”. All’ultimo controllo invece, il numero<br />

di soggetti che si sentivano vicini agli altri scendeva al 17%, mentre restavano<br />

invariati i valori bassi ( 28%, 17%) ed alti ( 11%). La situazione nell’insieme appariva<br />

in sottile peggioramento (valori più alti) dalla linea base all’ultimo periodo di<br />

riferimento, confermando quanto rilevato nel benessere sociale/familiare per il quale,<br />

questo item, fungeva da riscontro.<br />

97<br />

<br />

<br />

<br />

Valori<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Istogramma 9<br />

0 1 2 3<br />

Periodi<br />

Alla domanda 3 “Temo che il trapianto non funzioni” i valori nel periodo 0 si<br />

mantenevano in un range abbastanza moderato, infatti il 39% affermava di non avere<br />

alcuna preoccupazione riguardo al trapianto, il 45% manifestava qualche timore ( 39%<br />

poco, 17% in parte) e soltanto il 5% emergeva dal gruppo con “abbastanza”. La<br />

tendenza all’interno dei periodi è stabile, difatti il campione all’ultimo controllo<br />

appariva minimamente modificato, il 61 % dei pazienti manteneva i valori invariati in<br />

tutti i periodi, la restante parte subiva qualche variazione non sostanziale tornando poi<br />

alla linea di base. I dati raccolti non sono quindi risultati molto significativi,<br />

probabilmente perché i time points presi in considerazione erano troppo brevi e quindi<br />

insufficienti a descrivere variazioni così ridotte.<br />

Istogramma 10<br />

Valori<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

VariazionidipunteggioalladomandaBMT2<br />

neivariperiodidituttelepersone<br />

VariazionidipunteggioalladomandaBMT3<br />

neivariperiodidituttelepersone<br />

0 1 2 3<br />

Periodi<br />

1° persona<br />

2° persona<br />

3° persona<br />

4° persona<br />

5° persona<br />

6° persona<br />

7° persona<br />

8° persona<br />

9° persona<br />

10° persona<br />

11° persona<br />

12° persona<br />

13° persona<br />

14° persona<br />

15° persona<br />

16° persona<br />

1° persona<br />

2° persona<br />

3° persona<br />

4° persona<br />

5° persona<br />

6° persona<br />

7° persona<br />

8° persona<br />

9° persona<br />

10° persona<br />

11° persona<br />

12° persona<br />

13° persona<br />

14° persona<br />

15° persona<br />

16° persona<br />

98


Alla domanda 4 “Gli effetti avversi del trattamento sono peggiori di quanto<br />

immaginassi” al primo controllo le percentuali risultavano: il 72% “per niente”, il 17%<br />

“in parte” e l’11% poco. Con il verificarsi degli effetti collaterali inerenti alla chemioradioterapia,<br />

i valori salivano, peggiorando l’andamento generale. Appunto per tale<br />

motivazione, i punteggi calcolati nell’ultimo periodo aumentavano (condizione<br />

negativa), eccetto un 28% che restava stabile e un 33% che rispondeva “per niente”;<br />

l’11% si manteneva su valori bassi (5% in parte, 6% poco) e comparivano situazioni<br />

negative nel 22% dei soggetti che, peggiorato il proprio stato di benessere, manteneva<br />

i valori compresi tra “abbastanza” e “molto”. Nel complesso si era osservato un trend<br />

in rapido incremento, rispecchiante una situazione in netto peggioramento rispetto al<br />

ricovero, che dimostrava la non completa consapevolezza del campione riguardo la<br />

gravità degli effetti collaterali che si manifestavano in seguito ai trattamenti.<br />

Istogramma 11<br />

Valori<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

VariazionidipunteggioalladomandaBMT4<br />

neivariperiodidituttelepersone 1° persona<br />

2° persona<br />

3° persona<br />

4° persona<br />

5° persona<br />

6° persona<br />

7° persona<br />

8° persona<br />

9° persona<br />

10° persona<br />

11° persona<br />

12° persona<br />

13° persona<br />

14° persona<br />

15° persona<br />

16° persona<br />

17° persona<br />

18° persona<br />

0 1 2 3<br />

Periodi<br />

Alla domanda 5 “Presento appetito”, un buon 33% si manteneva stabile durante i<br />

periodi, mentre la restante parte subiva un netto decremento di punteggi. Al periodo 0,<br />

solo il 5% presentava inappetenza, il 33% aveva “poco” appetito, il 62% “molto”.<br />

All’ultimo controllo i “per niente” erano saliti all’11%, i “poco” erano diventati il 39%<br />

99<br />

<br />

<br />

<br />

e quelli che al giorno di ricovero, presentavano molto appetito, si erano drasticamente<br />

ridotti al 17%. Appariva chiaro come la situazione andasse decisamente a peggiorare,<br />

probabilmente a causa della comparsa di disturbi gastro-enterici e/o mucosite.<br />

Istogramma 12<br />

Valori<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

VariazionidipunteggioalladomandaBMT5<br />

neivariperiodidituttelepersone 1° persona<br />

2° persona<br />

3° persona<br />

4° persona<br />

5° persona<br />

6° persona<br />

7° persona<br />

8° persona<br />

9° persona<br />

10° persona<br />

11° persona<br />

12° persona<br />

13° persona<br />

14° persona<br />

15° persona<br />

16° persona<br />

17° persona<br />

18° persona<br />

0 1 2 3<br />

Periodi<br />

Alla domanda 8 “Mi affatico facilmente” i soggetti che mantenevano stabili i propri<br />

valori risultavano il 28%, tra questi meritava particolare attenzione un 5% che si<br />

trovava in una condizione critica sin dall’inizio. I valori nel primo controllo<br />

descrivevano una condizione di benessere accettabile con un 61% di valori positivi<br />

(11% per niente, 11% in parte, 39% poco) e solamente un 33% di “abbastanza”. Al<br />

periodo 3 invece la situazione appariva drastica: i valori positivi erano scesi al 28%<br />

(17% in parte, 11% poco), mentre gli “abbastanza” restavano invariati e i “molto”<br />

salivano (11%). Nell’insieme quindi il contesto faceva intuire un peggioramento<br />

generale, in quanto i soggetti presentavano grave astenia.<br />

100


Valori<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Istogramma 13<br />

VariazionidipunteggioalladomandaBMT8<br />

neivariperiodidituttelepersone 1° persona<br />

2° persona<br />

3° persona<br />

4° persona<br />

5° persona<br />

6° persona<br />

7° persona<br />

8° persona<br />

9° persona<br />

10° persona<br />

11° persona<br />

12° persona<br />

13° persona<br />

14° persona<br />

15° persona<br />

16° persona<br />

17° persona<br />

18° persona<br />

0 1 2 3<br />

Periodi<br />

Alla domanda 12 “Mi preoccupa il trapianto di midollo osseo”, nel periodo di<br />

partenza, il 12% aveva riferito “per niente”, il 33% “poco”, mentre il rimanente 55%<br />

aveva esposto valori elevati (22% abbastanza, 33% molto). Il trend mostrava un<br />

incremento dei valori nel secondo controllo e una progressiva diminuzione nei<br />

successivi, fino ad arrivare all’ultimo intervallo preso in considerazione, nel quale si<br />

registrava il 22% con “per niente”, il 22% “poco”, il 17% “abbastanza” e il 5%<br />

“molto”. Era degno d’attenzione un 33% di casi che rimaneva sulle proprie posizioni<br />

durante tutto lo studio; di questi, l’11% affermava di non essere affatto preoccupato<br />

dal trapianto. Ne risultava che le persone al trascorrere dei periodi (e di conseguenza<br />

delle fasi), erano meno intimoriti da questo trattamento, avendone già superato i<br />

momenti più critici.<br />

101<br />

<br />

<br />

<br />

Valori<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Istogramma 14<br />

VariazionidipunteggioalladomandaBMT12<br />

neivariperiodidituttelepersone 1° persona<br />

2° persona<br />

3° persona<br />

4° persona<br />

5° persona<br />

6° persona<br />

7° persona<br />

8° persona<br />

9° persona<br />

10° persona<br />

11° persona<br />

12° persona<br />

13° persona<br />

14° persona<br />

15° persona<br />

16° persona<br />

17° persona<br />

18° persona<br />

0 1 2 3<br />

Periodi<br />

Alla domanda 15 “Ho frequentemente raffreddori/infezioni” il giorno del ricovero il<br />

45% dei pazienti asseriva di non esserne (per niente) colpito, un 50% lievemente (22%<br />

in parte, 28% poco), solo il 5% “abbastanza”. Al periodo 3 la situazione si presentava<br />

debolmente migliorata, poiché la percentuale di pazienti non colpiti saliva al 56%,<br />

mentre il 33% rimaneva nella stessa condizione lungo tutta la degenza; restava al 5% il<br />

numero di persone con frequenti problemi di questo genere, ma diminuiva<br />

considerevolmente quello dei casi in parte soggetti a queste complicanze (5%). La<br />

situazione si mostrava quindi migliore all’ultimo controllo in paragone alla linea base,<br />

segno che i pazienti, superata la fase di aplasia, ristabilivano il sistema immunitario.<br />

Alla domanda17 “Presento alterazioni del gusto quando mangio” soltanto l’11% non<br />

ha mostrato variazioni nel tempo, il 5% non presentava disgeusia, il 6% ne aveva<br />

abbastanza. Nel periodo 0 soltanto il 50% dei soggetti presentava questa problematica,<br />

il 6% in maniera molto significativa, l’11% abbastanza e il 33% in minima parte.<br />

All’ultimo step esclusivamente il 17% affermava di non avere questo sintomo, mentre<br />

la restante parte presentava un livello di disgeusia lieve (27%), consistente (17%) o<br />

elevato (5%). Questi punteggi indicavano uno sviluppo verso l’alto (condizione<br />

102


negativa) non troppo significativo, ma che rifletteva un aumento complessivo degli<br />

effetti collaterali ai chemioterapici.<br />

Istogramma 15<br />

Valori<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

VariazionidipunteggialladomandaBMT17<br />

neivariperiodidituttelepersone 1° persona<br />

2° persona<br />

3° persona<br />

4° persona<br />

5° persona<br />

6° persona<br />

7° persona<br />

8° persona<br />

9° persona<br />

10° persona<br />

11° persona<br />

12° persona<br />

13° persona<br />

14° persona<br />

15° persona<br />

16° persona<br />

17° persona<br />

18° persona<br />

0 1 2 3<br />

Periodi<br />

Alla domanda 20 “Presento irritazioni cutanee” il 50% affermava costantemente di<br />

non averne, mentre un 5% rimaneva stabile sul valore 2 (poco) della scala Likert. Il<br />

giorno del ricovero il 66% non presentava il problema, il 28% accusava lievi<br />

manifestazioni, il 6% ne era affetto in maniera significativa. La situazione migliorava,<br />

con il passare del tempo, in modo così irrilevante da risultare quasi impercettibile; i<br />

valori si mantenevano molto vicini a quelli della linea base, ma da questa si<br />

discostavano per un decremento del numero di persone lievemente colpite (17%).<br />

Alla domanda 21 “Presento problemi intestinali” i pazienti che dimostravano un<br />

andamento di tipo rettilineo (stabile), stimati al 50%, riflettevano perlopiù situazioni<br />

positive, ad eccezione di un 5% evidentemente interessato. Al primo time point il 39%<br />

non presentava alterazioni, il 55% disturbi marginali. I punteggi risultavano massimi<br />

tra i periodi 1 e 2, mentre ritornavano verso la linea base al periodo 3, restando in ogni<br />

caso superiori ai valori iniziali; all’ultimo controllo l’11% dei soggetti si riteneva<br />

molto colpito e soltanto il 22% indenne, dimostrando la comparsa di questi effetti<br />

avversi, prevalentemente nelle fasi intermedie dello studio.<br />

103<br />

<br />

<br />

<br />

Valori<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Istogramma 16<br />

VariazionidipunteggioalladomandaBMT21<br />

neivariperiodidituttelepersone 1° persona<br />

2° persona<br />

3° persona<br />

4° persona<br />

5° persona<br />

6° persona<br />

7° persona<br />

8° persona<br />

9° persona<br />

10° persona<br />

11° persona<br />

12° persona<br />

13° persona<br />

14° persona<br />

15° persona<br />

16° persona<br />

17° persona<br />

18° persona<br />

0 1 2 3<br />

Periodi<br />

Volendo analizzare in modo globale il BMT, è stata necessaria una suddivisione degli<br />

items in due sezioni (A e B) per valutare separatamente gli effetti collaterali, dai timori<br />

dei pazienti. La prima sezione comprende le domande BMT 5, BMT 8, BMT 15, BMT<br />

17, BMT 20 e BMT 21, ed è stata utilizzata per misurare la qualità di vita dal punto di<br />

vista del benessere fisico; la sezione B è invece costituita dai quesiti BMT 2, BMT 3,<br />

BMT 4 e BMT 12, e rispecchia il benessere emotivo dei soggetti.<br />

Analizzando gli items BMT del gruppo A, è risultato un andamento irregolare, con un<br />

picco di valori “negativi” nei periodi intermedi, ad indicare la maggior difficoltà del<br />

soggetto durante l’aplasia a mantenere uno stato di benessere fisico accettabile;<br />

superata questa fase, i pazienti iniziavano a riacquistare tono muscolare ed a ristabilire<br />

l’emopoiesi, diminuendo la comparsa di infezioni e irritazioni cutanee. Restavano<br />

importanti le problematiche inerenti l’appetito, l’alterazione del gusto e i problemi<br />

intestinali, pertanto risultava fondamentale un’assistenza infermieristica mirata alla<br />

soluzione di queste complicazioni.<br />

104


Valorinegativi<br />

16<br />

14<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

Grafico a dispersione 5<br />

Confrontosull'andamentodeiquesitidelBMTA<br />

1 1,5 2 2,5 3 3,5 4<br />

Timepoints<br />

D’altra parte, nei quesiti BMT per il benessere emotivo, le problematiche emerse,<br />

descrivevano una situazione di disagio causata dall’isolamento, di scoraggiamento per<br />

la comparsa degli effetti collaterali e di preoccupazione riguardo al trapianto, anche se<br />

nessun soggetto sembrava dubitare dell’efficacia di quest’ultimo. In conclusione, i<br />

problemi di natura infermieristica individuati tra le varie tematiche, risultano<br />

assimilabili a quelli già trattati durante l’analisi delle aree d’indagine corrispondenti<br />

(benessere fisico ed emotivo), pertanto anche gli interventi infermieristici attuabili<br />

risultano gli stessi. L’analisi delle risposte contenute nel BMT confermavano quindi<br />

quanto già evidenziato dai quesiti del FACT.<br />

Grafico a dispersione 6<br />

Valorinegativi<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

Confrontosull'andamentodeiquesitidelBMTB<br />

1 1,5 2 2,5 3 3,5 4<br />

Timepoints<br />

BMT5<br />

BMT8<br />

BMT15<br />

BMT17<br />

BMT20<br />

BMT21<br />

BMT2<br />

BMT3<br />

BMT4<br />

BMT12<br />

105<br />

<br />

<br />

<br />

6.3-COMMENTO DEI DATI OTTENUTI DALL’ANALISI IN<br />

PARALLELO DELLE VARIE AREE D’INDAGINE E DALLE<br />

DOMANDE DI RISCONTRO<br />

L’analisi in parallelo delle varie aree è stata effettuata avvalendosi dei grafici e delle<br />

tabelle elaborate nella prima analisi, nonché dei quadri descrittivi l’andamento delle<br />

aree nel tempo. Sono state messe a confronto tra di loro, le varie aree di benessere, per<br />

verificarne analogie e/o differenze in relazione ai dati ricavati durante i time points. I<br />

criteri tenuti in considerazione per lo svolgimento, sono stati il valore prognostico che<br />

seguiva ogni area e la stabilità o dinamicità che assumeva nel tempo.<br />

Ne è scaturita una certa somiglianza nell’andamento complessivo del benessere fisico al<br />

sociale/familiare, dal quale si discostava negli ultimi periodi per la tendenza a<br />

migliorare, tornando verso la linea base, mentre quello sociale/familiare si manteneva<br />

stazionario; l’affinità riscontrata è attribuibile all’isolamento protettivo, che oltre a<br />

debilitare fortemente il paziente, ostacolava i rapporti interpersonali, che evidentemente,<br />

anche al termine di tale trattamento, non si ripristinavano adeguatamente. L’andamento<br />

migliore è stato riconosciuto nel benessere emotivo, che registrava nei periodi<br />

successivi al primo controllo, peggioramenti meno significativi rispetto alle altre aree<br />

indagate, che seguivano un andamento del tutto diverso. Il benessere personale ha<br />

invece disegnato un quadro abbastanza negativo, a conferma che il primo a risentire<br />

delle variazioni di qualità di vita è sempre il soggetto stesso, ma in prima persona.<br />

All’ultimo controllo tuttavia gli ambiti fisico e personale tendevano a ripristinare i<br />

valori iniziali, mentre la sfera emotiva e quella sociale/familiare raggiungevano<br />

miglioramenti tanto insignificanti, da non modificarne l’andamento complessivo,<br />

venendo pertanto valutati stazionari. Il campione provava maggiormente disagio nei<br />

periodi intermedi, più difficili e complicati, specialmente per quanto riguarda il<br />

benessere fisico, considerevolmente compromesso dall’insorgere delle complicanze e<br />

dal sostanziale aumento del tempo passato a letto.<br />

Il giorno del ricovero l’area più negativa risultava, così come ci si attendeva, il<br />

benessere personale; infatti è facile comprendere l’impossibilità del soggetto a compiere<br />

tutte le attività quotidiane come ad esempio il lavorare, che inevitabilmente si rifletteva<br />

sui valori assunti in linea base.<br />

106


Altrettanto facile risulta comprendere come i valori in linea base del benessere emotivo<br />

siano i più alti, segno che il campione il giorno del ricovero nutriva fiducia e speranza<br />

riguardo al trapianto e non accusava tristezza, mentre con l’andar del tempo le paure<br />

(anche a causa della precaria condizione fisica) aumentavano, la speranza diminuiva e la<br />

tristezza si estendeva ad un campione più rappresentativo.<br />

Grafico a dispersione 7<br />

Vaoloripositivi<br />

18<br />

16<br />

14<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

Confrontoparallelodelleareed'indagine<br />

1 1,5 2 2,5<br />

Timepoints<br />

3 3,5 4<br />

Benessere<br />

fisico<br />

Benenessere<br />

sociale/familiare<br />

Benessere<br />

emotivo<br />

Benessere<br />

personale<br />

Dopo aver esaminato le varie aree d’indagine, si è passati ad analizzare le singole<br />

domande alla ricerca di problematiche generali che potessero fungere da riscontro al<br />

benessere considerato: i quesiti del FACT sono stati perciò confrontati con quelli del<br />

BMT che valutavano problematiche attinenti.<br />

In questo studio sono stati quindi individuati items di riscontro alle varie aree di<br />

benessere, allo scopo di verificare l’attendibilità dei dati ricavati dalla prima analisi.<br />

I punteggi di riscontro sono stati equiparati a quelli delle domande dell’area in esame, si<br />

è ulteriormente provveduto a calcolare il margine d’errore e verificare la validità del<br />

riscontro stesso, in modo da ottenere alla fine la percentuale d’affidabilità dei dati.<br />

Per il benessere personale sono stati adoperati gli items GP 6 «Mi sento male» e BMT 8<br />

«Mi affatico facilmente», con punteggi che hanno portato a percentuali di affidabilità<br />

maggiori del 50% in tutti i time points.<br />

Più dettagliatamente al periodo 0, GP 6 rivelava il 55% di affidabilità, al periodo 1<br />

restava invariato (55%) e al periodo 2 cresceva notevolmente all’87%; infine al periodo<br />

BMTA<br />

BMTB<br />

107<br />

<br />

<br />

<br />

3, scendeva al 70%. Relativamente a BMT 8, l’affidabilità calcolata per il periodo 0 era<br />

pari al 61%, per il periodo 1 al 78%, per il periodo 2 all’81% e per l’ultimo periodo al<br />

67%. Nel secondo time point il riscontro più efficace si è quindi dimostrato l’item BMT<br />

8, mentre nel terzo, GP 6 mostrava un’affidabilità maggiore.<br />

Per il benessere sociale/familiare è stato scelto il quesito BMT 2 «Mi sento distante<br />

dalle altre persone» ed anche stavolta le percentuali superavano il 50%; i valori<br />

d’affidabilità trovati, partendo dal periodo 0 in direzione del periodo 3, sono: 83%,<br />

72%, 75%, 70%.<br />

Per il benessere emotivo, ultima area valutata, è stata utilizzata come domanda di<br />

riscontro, il quesito BMT 12 «Mi preoccupa il trapianto di midollo osseo»; l’affidabilità<br />

calcolata nel periodo 0 è risultata del 50%, nel periodo 1 del 72%, nel periodo 2 del<br />

69%, per concludere nel periodo 3 del 75%; il riscontro era quindi inaspettatamente<br />

maggiore nell’ultimo periodo di riferimento, piuttosto che negli altri.<br />

In base ai punteggi di affidabilità ottenuti ,i quesiti si sono quindi dimostrati tutti idonei<br />

al controllo delle varie aree, che sono risultate molto vicine nell’andamento a quello di<br />

riscontro. Lo scopo di quest’elaborazione era quello di verificare i criteri e la logicità<br />

utilizzati dal campione per rispondere alle domande delle varie aree; I dati ottenuti<br />

dimostrano che i pazienti hanno letto le domande con attenzione e non si sono<br />

contraddetti sulle dichiarazioni, né all’interno delle varie tipologie di benessere, né<br />

durante le varie fasi di compilazione; pertanto le condizioni di benessere descritte dai<br />

pazienti corrispondevano, con un margine d’errore pressoché trascurabile, alla reale<br />

qualità di vita che li caratterizzava.<br />

Grafico a barre 1<br />

Periodi<br />

Periodo3<br />

Periodo2<br />

Periodo1<br />

Periodo0<br />

Percentualidiattendibilitàdegliitemsdiriscontro<br />

neivariperiodi<br />

75%<br />

67%<br />

70%<br />

70%<br />

69%<br />

81%<br />

75% 87%<br />

72%<br />

78%<br />

55%<br />

72<br />

50% 61%<br />

83%<br />

55%<br />

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100<br />

Percentuali<br />

BMT12<br />

BMT8<br />

BMT2<br />

GP6<br />

108


CAPITOLO 7<br />

CONCLUSIONI<br />

7.1-PROSPETTIVE DI MIGLIORAMENTO DELLA QUALITA’ DI<br />

VITA: IL RUOLO INFERMIERISTICO<br />

Da quanto ampiamente esaminato, appare chiaro come la qualità di vita di un paziente<br />

sottoposto a trapianto di midollo osseo, già di per sé inferiore a quella di un equiparabile<br />

individuo sano, continui a ridursi quando questo viene sottoposto ad un regime di<br />

ricovero.<br />

Le aree d’indagine più colpite, cioè quelle che maggiormente influenzano, in modo<br />

negativo, la qualità di vita di questi soggetti, sono il benessere fisico ed il benessere<br />

personale.<br />

Occorre ricordare che, nella determinazione dell’andamento relativo al primo benessere<br />

(benessere fisico) sono stati valutati, oltre agli items appartenenti a questa stessa area,<br />

quelli appositamente inseriti nel BMT A, che funge pertanto da strumento secondario<br />

per una stima più precisa della condizione fisica del campione; perciò anche questa<br />

sezione, tratta dalle ulteriori problematiche, risulta tra le più compromesse.<br />

Il benessere emotivo si è invece dimostrato quello meno interessato da brusche<br />

variazioni, segno che i pazienti, anche grazie ad un corretto supporto dell’equipe<br />

infermieristica e medica, nutrono fiducia e speranza nella buona riuscita del trapianto e<br />

dei vari trattamenti ad esso associati.<br />

L’aspetto sociale/familiare si mostra viceversa significativamente compromesso, anche<br />

se, l’incidenza del trattamento su quest’area, non raggiunge i livelli osservati per il<br />

benessere personale, il quale risulta in assoluto il più colpito, perfino in paragone a<br />

quello fisico.<br />

Dall’analisi dei vari periodi si è appreso che i time points intermedi corrispondono ai<br />

momenti più critici per i pazienti, che manifestano una qualità di vita inferiore, -anche<br />

se ad intensità differente-, in ogni area indagata; il periodo meno interessato si è<br />

dimostrato quello relativo al giorno del ricovero, come era del resto facilmente intuibile,<br />

considerando che i pazienti allora non erano ancora stati sottoposti al regime di<br />

109<br />

<br />

<br />

<br />

condizionamento. A questo controllo i valori più bassi sono stati registrati per il<br />

benessere personale, che quindi risulta problematico già alla situazione di partenza.<br />

Sarebbe stato utile, per la misurazione dell’andamento temporale, potersi servire di time<br />

points con un intervallo maggiore, comprendente finanche un follow-up<br />

post-dimissione; infatti all’ultimo controllo i segni di ripresa rilevati, indicano un<br />

miglioramento delle condizioni generali in ogni area, probabilmente ancora non<br />

abbastanza significativi da permettere un ritorno alle condizioni di partenza.<br />

Nonostante il lasso di tempo ristretto, lo studio permette di individuare tutte le<br />

problematiche relative all’ospedalizzazione, tutte quelle, cioè, utili per poter effettuare<br />

degli appropriati interventi infermieristici.<br />

Queste sono emerse distintamente dall’analisi dei singoli items, verso i quali sono state<br />

già illustrate le risposte e le eventuali strategie interventistiche, che potrebbero essere<br />

messe in atto dal personale infermieristico incaricato.<br />

I dati raccolti si sono dimostrati attendibili, in quanto le percentuali di affidabilità<br />

arrivano fino all’87%, pertanto le problematiche rilevate sono molto vicine a quelle che<br />

realmente il paziente si trova ad affrontare nella realtà.<br />

Da questa ricerca è quindi emersa una situazione abbastanza chiara, dalla quale si<br />

evince che l’infermiere può effettivamente migliorare la qualità di vita dei pazienti<br />

sottoposti al trapianto di midollo osseo, purché tenga sempre conto del periodo in cui si<br />

trova il paziente, della sua situazione fisica, personale, emotiva, familiare , sociale come<br />

pure di tutte le altre possibili variabili.<br />

Gli interventi attuabili, già esposti precedentemente, richiedono una diversificazione per<br />

ogni area di benessere. L’infermiere quindi, deve erogare un’assistenza costante e ben<br />

pianificata per tutta la durata della degenza, sulla base di criteri di complessità ed<br />

efficacia, in relazione al time point intrapreso dal paziente ed al quadro clinico che<br />

questo presenta; come si è detto all’inizio, infatti, l’assistito affronta gli stadi più gravi e<br />

complessi del trattamento durante le fasi di condizionamento ed aplasia.<br />

Monitoraggio, istruzione, coinvolgimento e partecipazione, risultano quindi le parole<br />

chiave su cui improntare, attraverso i vari interventi, un’assistenza infermieristica<br />

mirata, in grado di ripristinare una qualità di vita accettabile per questi pazienti.<br />

110


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114


ABBREVIAZIONI E GLOSSARIO<br />

ACD = soluzione di Acido Citrico e Destrosio.<br />

BUS = Busulfano<br />

CFU-GM = Colony Forming Unit-Granulocyte Macrofage.<br />

CMV = Citomegalovirus.<br />

CSE = Cellule Staminali Emopoietiche.<br />

CTX = Ciclofosfamide.<br />

CVC = Catetere Venoso Centrale.<br />

DMSO = Dimetilsolfossido.<br />

EBV = Epstein Barr Virus.<br />

FACT-BMT = Functional Assesment of Cancer Theraphy-Bone Marron Transplant.<br />

GH = Growth Hormon.<br />

GM-CSF =Granulocyte Macrofage-Colonies Stimulating Factors.<br />

GvHD = Graft Versus Host Desease.<br />

GvL = Graft Versus Leukemia.<br />

HLA = Human Leucocyte Antigenes.<br />

LAL = Leucemia Acuta Linfoide.<br />

LAM = Leucemia Acuta Mieloide.<br />

LH = Linfoma di Hodgkin.<br />

LLC = Leucemia Linfoide Cronica.<br />

LMC = Leucemia Mieloide Cronica.<br />

LNH = Linfomi Non Hodgkin.<br />

MO = Midollo Osseo.<br />

MUD = Marrow Unrelated Donor.<br />

REAL = Revised European-American Lymphoma.<br />

SNC = Sistema Nervoso Centrale.<br />

115<br />

<br />

<br />

<br />

TAC = Tomografia Assiale Computerizzata.<br />

TBI = Total Body Irradiation.<br />

TMO = Trapianto di Midollo osseo.<br />

TNF = Tumor Necrosis Factor.<br />

UVD = registro Donatori Volontari.<br />

VES = Velocità di Eritro Sedimentazione.<br />

VOD = malattia Veno Occlusiva del fegato.<br />

CRIOPRESERVAZIONE = Conservazione delle cellule staminali emopoietiche<br />

dentro speciali contenitori includenti azoto liquido a -196°C, al fine di congelarle,<br />

preservandone così l’integrità.<br />

PURGING = Tecnica di purificazione delle cellule staminali emopoietiche da<br />

eventuali cellule malate.<br />

HOMING = Reclutamento delle CSE circolanti, nel midollo osseo: processo che si<br />

verifica o per interazione cellula-cellula (mediante espressione di recettori per le<br />

integrine) , o tramite produzione di fattori di crescita (stromal derived factor 1).<br />

SCIALORREA = Ipersalivazione che può far seguito all’uso di farmaci, a malattie<br />

neurologiche o a fenomeni infiammatori della mucosa orale, di origine virale o<br />

batterica.<br />

116

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