Latino - La Rocca - il giornale di Sant'Agata Feltria - Altervista

2/2008
NOTIZIARIO DI STORIA E ATTUALITÀ SANTAGATESE n. 1 reg. trib. ps nr. 427 - Dir. Resp. G. Dall’Ara. Redazione Sant’Agata Feltria
Fax 0541/929744 - Grafica e fotocomposizione: il Ponte - Stampa: la Pieve poligrafica editoriale, V. Verucchio - email: gda@glomanet.com
Sommario Latino: ma non era
una lingua “morta”?
2
Il giornale del tuo paese
3
Un pianoforte a mezza coda
4
Documenti inediti
5
Correva l’anno 1681, quasi ieri
6
Rivolti al Signore
7
A S. Agata si celebra la messa in latino
8
Chi era Eugenio Valzania?
9
Batzin contro napoleone
10
A teatro con Nalin & Compagnia
11
Nuova e vecchie biblioteche
12
Mille anni della cattedrale di Sarsina
ROCCA È UN’INIZIATIVA
Comitato Fiere
ed iniziative Promozionali
Quando nel 2006 è
toccato alla Finlandia
presiedere per
un semestre l’Unione Europea,
il Governo finlandese
ha festeggiato l’avvenimento
inaugurando un sito web ufficiale
in latino (www.eu2006.
fi). Non solo per questo, da
qualche tempo c’è chi parla
di “rinascita del latino”.
Se si entra in un negozio di
dischi si può scoprire che
diversi cantanti famosi incidono
anche in latino. È il
caso ad esempio di Mina (cd
“Dalla terra”), di Enia, cantante
irlandese che scrive e canta anche
in latino, o del gruppo musicale tedesco
Ista che ha lanciato tre singoli nell’antica
lingua (l’ultimo mette in rap la
poesia “Odi et amo” di Catullo). I maggiori
successi di Elvis Presley sono stati
tradotti in latino da Jukka Ammondt,
docente finlandese.
In libreria possiamo trovare non pochi
libri, e riviste in latino. A cominciare dal
best seller di Henry Mouth “Amo amas
amat”. La Eli è una piccola casa editrice
di Recanati che pubblica in latino fumetti
famosi: Topolino (Michael Musculus),
e Paperino (Donaldus Anas),
ma anche Braccio di Ferro (Popeius) assieme
a due riviste “Iuvenes” e “Adulescens”
che vengono distribuite in tutto
il mondo (dalla Spagna alla Finlandia al
Belgio, all’Australia e in tutti i paesi dell’ex
blocco sovietico), perché in tutto il
mondo vi sono appassionati di latino.
La rocca di Sant’Agata dall’alto
Se si naviga su internet si trovano centinaia
di siti in latino (c’è anche la versione
in latino dell’enciclopedia Wikipedia),
e on line si può trovare il giornale
Ephemeris, e sul sito www.latinitatis.
com sono consultabili molti fumetti
in latino come Asterix, Alix, Tintin…
A proposito di fumetti in Inghilterra fa
scalpore Minimus, un topo che parla in
latino e che ha anche un sito (www.minimus.com).
Che dire poi del film interamente in latino
(ebraico e aramaico) “Passion” di
Mel Gibson?
Eppure ci sono molti pregiudizi sul latino
accusato di essere una lingua morta.
Molti non sanno che il latino è oggi più
vivo di ieri, e che l’interesse per il latino
è diffuso.
In Cina diverse Università propongono
segue a pag. 2

La Rocca
dalla prima
corsi di latino, e i maggiori classici latini
sono oggi tradotti in cinese. Non a caso
in Cina è stato avviato da qualche anno
un lavoro di ricerca sul diritto romano,
nella speranza che il diritto romano possa
aiutare questo formidabile paese ad
uscire dai “problemi” del passato e del
capitalismo di stato.
Per restare più vicino a noi non molti
sanno che Radio Zammù, emittente
della Facoltà di Lingue di Catania, trasmette
settimanalmente un notiziario
interamente latino “Nuntii latini italici”.
Lo spunto è venuto dai notiziari in
latino che da sempre vengono trasmessi
da alcune emittenti radiofoniche finlandesi,
che hanno spinto i giovani del
Circulus latinus catanensis – impegnato
nella promozione della lingua antica – a
intraprendere anche l’iniziativa del notiziario.
Per altro un programma in latino
va in onda anche a Brema, in Germania.
SOTTOSCRIZIONI
I vecchi
strumenti
della banda
Alfiero Dominici, Lione (F)
Miranda Dominici, Rennes (F)
Primo Gentili, S. Agata
Ettore Sampaoli, Villa San Rocco di S.
Agata
AnnaMaria Peruzzi, S. Agata
Giuseppe Peruzzi, Bellaria
Lino Cappelli, Alessandria
Evelyne Cottingham, Gran Bretagna
Gino Sampaoli, Corsico (MI)
Piero Raggi, Ravenna
Amedeo Varotti, Novafeltria
Tosca Ciacci, S. Agata
Don Elio Ciacci, S. Agata
(un ringraziamento particolare ad
Aroldo Vicini e famiglia, che hanno
sostenuto la Rocca sin dai primi numeri,
IL GIORNALE DEL TUO PAESE
E poi naturalmente il latino è la lingua
del Concilio Ecumenico Vaticano II,
e più precisamente è la lingua ufficiale
della Chiesa. E di questo parliamo nelle
pagine interne del giornale.
Giancarlo Dall’Ara
p.s. intanto facciamo un test: indovinate
chi è il personaggio dei fumetti “Snupius”
Marco Battistelli
A pagina 4 di questo numero della
Rocca riprendiamo la pubblicazione
degli articoli inediti che il prof. Marco
Battistelli ha scritto in esclusiva per
la Rocca. Marco Battistelli di origini
pesaresi ha vissuto diversi anni a Perticara,
ed è stato uno degli storici più
apprezzati tra quelli che nel recente
passato si sono occupati di cose feretrane
e santagatesi. Con la pubblicazione
di questi articoli intendiamo
tenere viva la sua memoria.
ma che, per una serie di disguidi non
sono regolarmente apparsi nell’elenco dei
sottoscrittori)
Don Ivo Mancini S. Agata
Maria Vandini S. Agata
Maria Perego, Treviglio
Orciano Spada , S. Agata
Gabriella Polidori, S. Agata
Aroldo e Giuliana Vicini, S. Agata
Maddalena Gamberoni, S. Agata
Luciana e Anna Piacenti, MILANO
Gianluca Tonelli, S. Agata
Sincero Chiari, S. Agata
Cinzia Chiari, Gualdo di Roncofreddo
Isabella Marinai Palezzato
Maria Cerbara S. Agata
Fernando Bartolini, S. Agata
2
Marzo/Aprile 2008 Marzo/Aprile 2008
Il giornale
del tuo paese
Grazie ai volontari che hanno provveduto
a scrivere e distribuire il giornale, grazie al
lavoro di redazione di Enzo Liverani, alle
fotografie di Marco Zanchini, a Paola Boldrini,
a Mario Nalin, ad Alessia Dellamea,
e ad Arrigo Bonci che coordina la distribuzione,
e grazie ai lettori e sostenitori,
numerosi come sempre. Se il giornale vi
piace ditelo ai vostri amici, e chiedete loro
di sottoscrivere, per ricevere regolarmente
la Rocca! Se volete aiutarci a fare più bello
questo giornale, inviateci articoli, fotografie,
ricordi, lettere e commenti. Se non siete
d’accordo con il contenuto degli articoli
pubblicati, o più semplicemente volete
dire la vostra opinione, scriveteci.
Le vostre foto
Avete scattato delle belle fotografie? Inviatecele
subito. Le pubblicheremo sul giornale
e nel nostro sito web. Se è da molto
tempo che non lo visitate fatelo subito! Il
sito web curato da Gino Sampaoli è ora
pieno di informazioni e di fotografie inedite
del nostro paese. Aiutateci a realizzare
la sezione in dialetto e prendete nota del
nuovo indirizzo:
http://santagata.altervista.org
Sottoscrivi anche tu per la Rocca
Sostenitore 15 Euro
Benemerito 25 Euro
Le sottoscrizioni possono essere inviate
alla redazione della Rocca, Casella
Postale 26, 61019 S. Agata Feltria (Pesaro),
oppure presso la nuova cartolibreria
in Piazza Garibaldi a S. Agata
Feltria.
Bianca Baroncelli, Ravenna
Antonello Ugolini, S. Agata
Cinzia Giuliani, S. Agata
Sergio Toni, Miniera di Perticara
Enedina Antinori, Miniera
Giovanna Antinori, Miniera
Nino Manghi, S. Agata
Guido Guidi, S. Agata
Renato Piacenti, S. Agata
Stefania Gambetti, S. Agata
Medardo Gambetti, Casteldelci
Paola Borghesi, S. Agata
Adalgisa Diana, Genova
Davide Magnani, Maiano
Andrea Masini, Milano
Marino Moretti, Romagnano
Pochi mesi fa sulla Rocca è apparsa
una lettera a firma OTSUAF che
denunciava lo stato in cui si trovava
uno storico pianoforte a coda. L’appello
non è andato a vuoto e sul Resto del
Carlino del 10 febbraio 2008 è apparso
un articolo che vi proponiamo di seguito
assieme ad una nuova lettera del nostro
OTSUAF.
Cominciamo con l’articolo del Carlino:
“In molti in paese avevano già intonato
la marcia funebre, magari con un accordo
in Re bemolle minore preso a prestito
da Chopin per farla meno triste.
Quel vecchio pianoforte a mezza coda,
che riassume la storia musicale novecentesca
di Sant’Agata, scordato, malandato
e muto da stagioni, giaceva nella Sala
delle Scuderie, in preda all’umidità,
continuamente spostato a destra e a sinistra
per far spazio alle varie manifestazioni.
In sua difesa si era levato un
appello in paese, raccolto dal periodico
Rocca e dal Comitato per la Salvaguardia
dei Beni Culturali. Un primo passo
per la sua sopravvivenza è stato compiuto.
L’Amministrazione ha trasferito il
glorioso pianoforte nella Sala del Consiglio
Comunale. “Qui non c’è umidità,
sarà curato e appena possibile riceverà
la visita di un accordatore” assicura l’assessore
Guglielmino Cerbara.
Aveva suonato nella chiesa di San Girolamo,
per i concerti del “Maggio Agatense”,
le sue note erano risuonate nel
loggiato del teatro, per gli allegri caffè
concerto del “Bentornati a casa” e per i
concerti di fine estate. Ha accompagnato
i “Ragazzi del Montefeltro”, gruppo
corale e strumentale, e il coro di S. Cecilia.
Realtà tramontate e con esse il pianoforte,
“mal ridotto, scordato... e con
le corde a pezzi”.
Ora il mezza coda è sulla via del recupero,
ma che fine hanno fatto i “suoi”
vecchi amici, gli strumenti della vecchia
banda? Secondo qualcuno il Flicorno, il
vecchio Corno, e gli altri sarebbero nella
vecchia e storica scuola di musica al
castello. (m.c.)
IL PIANOFORTE A CODA 2
Confidenze di un pianoforte
a mezza coda…
in una sera di fine settembre…
Era un pomeriggio piovigginoso di
novembre, dal monte di Sant’Agata
arrivava un’aria fredda e pungente che
invogliava a rimanere in casa, o con gli
amici al bar. La piazza grande, deserta,
silenziosa… e come dice il mio amico
Paget… (un’gnera gnenca un chèn).
Io, seduto su un vecchio e storico sgabello
da palco, mi trovavo in mezzo
al palcoscenico del teatro. Me ne stavo
silenzioso, immerso nella storia, ed
estasiato dalla bellezza architettonica di
quest’opera d’arte, quando il mio orecchio
viene accarezzato da un dolce suono
di fisarmonica. Colpito dalla grande
sensibilità interpretativa e dalla bravura
del musicista, ascoltai con molto piacere
l’esecuzione del “Preludio della Traviata”
di G. Verdi.
Il bravo strumentista, che stava deliziando
gli amici nella barbieria di Carlo, era
Giuseppe Paci, da tutti conosciuto e
chiamato ‘Pippo’.
La bravura di Pippo e l’atmosfera magica
del teatro mi aiutarono a ricordare
che proprio nel nostro paese, come
maestro della banda cittadina, iniziò la
sua grande carriera di direttore d’orchestra
il maestro Angelo Mariani; grande
innovatore e valorizzatore della figura
del direttore d’orchestra, in tutto il
mondo. Maestro prescelto e preferito di
G. Verdi, per la direzione delle sue opere
al Teatro alla Scala di Milano.
Nel periodo giovanile trascorso nel nostro
paese, compose diversi brani, uno
3
La Rocca
Torniamo a parlare del pianoforte
fra tutti “Sonata per tromba”. L’avrei
voluto suonare o almeno leggere. La
partitura strumentale non mi arrivò
mai. Solo dopo varie richieste mi pervennero
due partiture: quella della Cassa
e piatti e quella del Tamburo. Senza
offesa per i percussionisti e i loro antichi
e nobili strumenti, queste partiture
non potevano essere di nessun aiuto per
soddisfare la mia curiosità. Una banale
distrazione?… forse… che non mi abbiano
riconosciuto?… strano, però! In
quel periodo, ero ancora su di corde…
tutto nero e lucido facevo la mia bella
figura… sicuramente un errore, dovuto
alla scarsa conoscenza del mondo delle
sette note…
Aspetto sempre notizie dei miei vecchi
amici “Gli strumenti musicali della vecchia
banda cittadina”. … voci di corridoio,
ascoltate da sotto la polvere che
mi sta massacrando la cassa armonica, e
sta arrugginendo tutta la mia meccanica
una volta perfetta, parlavano della vecchia
scuola di musica, che non si trova
più nella casa storica del Castello…
I tanti vecchi spartiti musicali, che
rappresentavano la storia musicale del
paese, dove sono stati raccolti? … Stanno
bene?… Ahi! …ho sentito un altro
colpo dentro la mia cassa armonica; sicuramente
un’altra corda ha ceduto…
passerò alla storia come il pianoforte a
mezza coda… senza corde… muto!!
Vi saluto caramente con il notturno n°
5 di Chopin… e voi, in religioso silenzio…
ad occhi chiusi, ascoltate. Il vecchio
pianoforte a mezza coda…
OTSUAF

La Rocca
STORIA
Un documento inedito su Gaspare del Bufalo
Nell’archivio parrocchiale di
Sant’Agata Feltria si conserva,
inedita, una preziosa lettera
spedita da Albano (Roma) e datata 18
novembre 1840, e indirizzata al canonico
Giovanni Menghi, vicario del S.
Offizio in Sant’Agata Feltria. Si tratta
del resoconto della ricognizione del cadavere
del venerabile Gaspare del Bufalo
(1786-1837) fatta eseguire in Albano il
19 ottobre di quell’anno e del racconto
delle grazie scaturite da quella rimozione.
Ma perché una missiva al canonico di
Sant’Agata, Giovanni Menghi? Questo
lo apprendiamo da uno scritto pubblicato
sul n. 9 (settembre-ottobre 1998)
del periodico Rocca: «Verso il fine del
mese di giugno del corrente anno 1828,
si portò il missionario instancabile (Gaspare)
del Bufalo a un’altra missione in
Sant’Agata Feltria, nella quale occupassi
laboriosamente del compagno don Biagio
Valentini per lo spazio di 12 giorni».
Nel documento si parla anche di una
grazia compiuta in quell’occasione dal
missionario.
La nostra lettera, che inneggia in testa al
Divin Sangue (“Dove io volgo lo sguardo,
o nella flagellazione, o nella corona
di spine, non rammento né vedo che
sangue”) e si chiude con un “Il vostro
don Pedro”, dovrà essere consegnata al
canonico Menghi dal primo destinatario,
che è un tale don Carlo.
Esaurite le premesse di rito, affrontiamo
ora il dettato dello scritto, che tratta,
intimamente legati in una sola pagina a
caratteri minuti, i due argomenti della
descrizione della riesumazione e ricognizione
del cadavere di Gaspare del Bufalo,
e delle grazie che in seguito a quel
rito sono scaturite.
La ricognizione del corpo viene effettuata
dal cardinale-vescovo della diocesi,
alla presenza di un notaio, dei testimoni
chiamati e di tutti i missionari della comunità
di Albano. Le porte sono chiuse
anche a “distinti personaggi, che ad ogni
costo avrebbero voluto avervi l’ingresso”.
Fatto lo scavo fu trovato il sovrapposto
tavolato, tutto fradicio per la grande
umidità del luogo, che nelle operazioni
della tumulazione era sembrato asciuttissimo
per essersi ritenuta, la roccia scavata,
un masso di travertino, mentre era
invece peperino, il quale quando è esposto
all’aria aperta è asciutto, la qual cosa
non avviene in assenza di aria.
La scoperta fece temere che anche nella
cassa fosse penetrata l’umidità, “siccome
di fatti era pur troppo e in guisa
che penetrava una pozzanghera”. Il tutto
appariva un ammasso di fradiciume con
abbondanti strati di muffa qua e là, che
però non emanavano odore come del resto
non c’era lezzo di cadavere.
Rimossa quella marcia copertura ed
estratto il tubo contenente la pergamena,
dove anche era penetrata abbondante
umidità, si scoperse che la carta non
ne aveva patito, anche se era completamente
bagnata.
“Si scoprì poi anche il corpo del Servo
di Dio, il quale tuttora era vestito, o per
meglio dire, era involto in piucchè mezzo
fradici panni, da’ quali a gran stento
svestito si trovò tutto il corpo, come già
se ne era veduto il capo, disseccato, ma
ancora tutte le parti solide unite e legate
(solo per mano mal pratica ne rimase
poi staccato un osso d’una tibia) e ben
coperta dalla lor pelle a guisa insomma
di una mummia, come si espresse lì per
lì il medico e il chirurgo, o di uno scheletro
patologico”.
Destò sorpresa che non solo il petto,
ma anche il ventre si trovasse in perfetto
stato “come si trattasse di carta pesta” e
che battendovi sopra, anche non tanto
leggermente, col risuonare, indicava una
sottostante cavità.
Anche buona parte
dei capelli era ancora
tenacemente inserita
nel cuoio capelluto,
e al relatore ed altri,
parve che il viso del
futuro santo, conservasse
un po’ della sua
fisionomia da vivo,
“ma i professori han
giudicato diversamente”.
Finita la ricognizione,
il cadavere viene ripo-
4
sto nello stesso luogo, ma con l’aggiunta
di una cassa di piombo. Per soddisfare la
curiosità del canonico, l’estensore della
lettera affronta l’argomento delle grazie
che nella solenne circostanza il venerabile
Gaspare del Bufalo ha fatto e di quelle
che sono apparse tali. Egli esordisce con
un incidente accaduto al cuoco del cardinale.
A costui si rovesciò sul capo e per
tutta la faccia una pignatta di brodo bollente,
“e solo per mostrar che questo era
bollente davvero (io la penso così) non
lo scottò che solo quanto è tondo un
baiocco, vicino ad un occhio, senz’altro
male, e ancor ne porta il segno”.
Il cuoco stesso ed un’altra persona presente
all’incidente, non poterono non
esclamare: «Questo è un miracolo di
quel Servo di Dio». Il relatore racconta
poi di un missionario novello che soffriva
di abituale “ottusità di mente, e la
malinconia lo rendeva un po’ vacillante
nell’esecuzione”.
Egli toccò con la mano, la fronte del corpo
del venerabile del Bufalo e poi la sua,
e da allora non soffrì più del suo solito
malumore. Di altre grazie si fa riferimento
nella lettera, ma avvenute prima
della riesumazione e ricognizione del cadavere,
oltre alla circostanza eccezionale
che una ventina di zitelle presero i voti,
ispirate dall’immagine di Gaspare. A
conclusione della sua missiva don Pedro
rivela: «Io tengo per reliquia le forbici
adoperate quel dì per tagliargli i panni
di dosso, poiché per le reliquie proprie
ci era la scomunica».
Marco Battistelli
Pasqualotti di S. Agata a Teatro (febbraio ’08)
Marzo/Aprile 2008 Marzo/Aprile 2008
STORIA
La rocca di Sant’Agata,
anno 1681
“Annesso a questa Terra, sta fabricato sopra d’un sasso, un edificio
con molte case adiacenti, che per l’eminenza del sito ed
artificiosa struttura, mirabilmente abbellisce”.
Questo il preambolo della descrizione delle condizioni in cui si
trova la rocca di Sant’Agata nel 1681.
“Al di fuori dell’ingresso miransi le vestigia d’un ponte levatore che
lo fortificava, e nella sommità moltiplicati merli che la circondano”
prosegue il relatore, che è il podestà Giacinto Furiosi.
“Di dentro, oltre l’ampiezza d’un cortile, si divide con molte stanze
soffittate e modernamente ripartite, capaci d’ogni qualificata persona.
Questo serviva d’abitazione e di rocca alli Fregosi, come feudatari di
questa Terra e suoi annessi”.
“Difficile è ora entrare dalla porta principale perché la soglia è alta da
terra quasi una canna (circa due metri); alcuni muri esterni sono rovinati
o crollati; scalcinate sono le pareti degli interni, incurvate sono
le travi di qualche stanza; altre hanno i pavimenti mossi e inumiditi
per l’acqua che dal tetto, mancando i coppi, sgocciola” (cosicché la
Reverenda Camera non può riporvi il grano).
Per accomodare l’antico edificio occorrono, a giudizio di due periti
muratori, 130 scudi papali, la qual spesa si deve fare, se non si
vuole che in breve tempo rovini tutto. In tale caso molte abitazioni
riceverebbero danni irreparabili e “verrebbero gravemente compromesse,
una strada maestra che serve di continuo passeggio per l’aere
salutifero che la domina, et una fonte di vena, che ne’ tempi d’estate
supplisce al mancare dell’acqua d’un’altra in piazza; oltre il difformarsi
affatto la Terra, che mediante l’accennato edificio vagamente
apparisce”.
Marco Battistelli
(Asp, Lettere della Comunità, Montefeltro, b. 56,
S. Agata 21 gennaio 1681)
Nella foto:
Mariani Aldo,
Rinaldi Ausilia;
i figli:
Rinaldi Maria,
Pietro, Anna,
la piccola Agata
(suor Leonilde)
5
La Rocca
Sr Rita Maria Piacenti
di San Donato
La morte per Suor Rita Maria è giunta il 26 agosto
2007, come un lampo in una giornata serena.
S’apprestava a partire per gli Esercizi Spirituali
a San Cerbone con alcune consorelle, quando, colta da
improvviso malore per emorragia cerebrale, venne subito
ricoverata nell’ospedale di Imola in stato di coma e,
senza più riprendersi, verso sera si è spenta per l’incontro
definitivo con lo Sposo divino. Suor Rita era nata a
San Donato di Sant’Agata Feltria il 23 ottobre 1945.
Crebbe in una famiglia numerosa (sette femmine e un
maschio), con principi ed educazione profondamente
religiosa. Fin dalla tenera età, entrò a far parte dell’Azione
Cattolica parrocchiale come Beniamina. Conobbe
ben presto anche la sofferenza fisica, colpita da una forma
grave di meningite, è ricoverata presso l’ospedale di
Forlì, ma si riprese subito miracolosamente – con stupore
degli stessi medici – e senza conseguenze.
Le molte accorate preghiere delle socie dell’A.C. parrocchiale,
che la raccomandarono alla materna protezione
della Vergine delle Grazie e all’intercessione del
Venerabile P. Leopoldo Mandic, del quale era allora in
corso il processo di beatificazione (ora dichiarato santo),
ottennero certamente l’implorato prodigio.
In seguito, anche con l’interessamento del giovane parroco
Don Ivo Mancini, poté intraprendere gli studi
superiori e diplomarsi Maestra d’Asilo presso l’Istituto
“Figlie di san Francesco di Sales” a Lugo di Romagna,
dedicandosi poi, ad esercitare tale professione nella direzione
dell’asilo parrocchiale di S. Donato. Durante i
periodi liberi dagli impegni dello studio, si era dedicata
all’apprendimento della musica e del suono dell’armonium,
che le serviranno molto per organizzare e dirigere
la “Schola cantorum” della parrocchia.
Per questa sua Comunità parrocchiale, inoltre, diede
la sua fattiva collaborazione nelle attività pastorali, formative
e ricreative. Nel 1969 realizzò il sogno - che da
tempo maturava nel proprio cuore - di consacrarsi definitivamente
al Signore, entrando nella Congregazione
delle “Figlie di S, Francesco di Sales”.
Ivi fece la sua Professione religiosa temporanea il 28
settembre 1971 e quella perpetua il 2 ottobre 1976.
Esercitò il suo compito di maestra d’asilo in varie città.
(…) Nel suo diario spirituale annotava: “Voglio che il
mio amore per te Gesù, abbracci il mondo intero con
viscere di misericordia”. Ora dal Cielo lo realizzerà intercedendo
particolarmente per la sua Congregazione,
i suoi amati famigliari e per la nativa parrocchia di San
Donato, dove ha desiderato di venire sepolta nell’annesso
Cimitero, accanto alle spoglie dei suoi cari genitori.
Don Elio Ciacci

La Rocca
Il 20 gennaio 2007 il quotidiano
Avvenire dedica un paginone alla
Messa in latino. Il documento del
Papa sul messale in latino, sostiene il
quotidiano dei Vescovi, ha trovato applicazione
in tutte le regioni d’Italia.
E tra le diverse Diocesi che hanno
prontamente accolto le indicazioni del
Papa figura anche la Diocesi di San Marino-Montefeltro,
che come ha scritto
il Vescovo Mons. Luigi Negri “ha accolto
con gratitudine e responsabilità”
il motu proprio e le direttive del Papa,
riconoscendovi “una più ampia possibilità
di educazione del popolo cristiano”
alla fede. Come i lettori della Rocca
sanno infatti nella nostra Diocesi la
Messa secondo il messale del 1962 (cioè
secondo il rito Romano Antico) viene
celebrata ogni domenica pomeriggio
proprio a S. Agata Feltria, dal Parroco
Don Federico Bortoli.
RITO ANTICO
Rivolti al Signore
S. Agata Feltria compare nell’articolo
dell’Avvenire assieme a Napoli, Venezia,
Roma, Bologna, Pesaro, Macerata,
Palermo, Genova, Treviso… assieme
cioè alle altre località dove – come si
legge nel quotidiano – “l’Italia riscopre
la ricchezza del rito di San Pio V”.
L’Avvenire non dà conto delle tante
difficoltà che nel nostro paese hanno
incontrato sacerdoti e fedeli che desideravano
partecipare alla messa “tradizionale”,
ma dedica ampio spazio ad un
messaggio inviato al Papa dal Vescovo,
Mons. Negri, che dice “la nostra Diocesi
non ha potuto non sentire pena per
un persistente silenzio di troppo mondo
cattolico che sembra rivelare quanto
meno disagio se non distanza dalle
Vostre direttive e non può non indicare
quale fonte di preoccupazione prese di
posizione pubbliche che sono suonate
problematiche nei confronti del magi-
6
Marzo/Aprile 2008
stero di Vostra Santità”.
I riferimenti a quanti in questi mesi,
in Italia, hanno platealmente remato
contro il Motu Proprio del Papa, e la
celebrazione della messa in latino, sono
chiari.
Purtroppo nei giorni successivi il quotidiano
Avvenire ha ricevuto diverse
lettere di liturgisti forse non più fedeli
al Papa, pieni di livore nei confronti
delle decisioni del Papa e della “messa
di sempre”.
Più o meno la stessa cosa era accaduta
nei confronti di Giovanni Paolo II
quando aveva scritto “dovrà ovunque
essere rispettato l’animo di tutti coloro
che si sentono legati alla tradizione
liturgica latina” (Motu Proprio Ecclesia
Dei, 2 luglio 1988). Naturalmente
la messa secondo il Rito Antico non è
affatto una questione di lingua, e non è
importante conoscere il latino. G.D.
Intanto anche a Bologna…
Santa Maria della Pietà è forse, tra
le grandi chiese storiche di Bologna,
una delle meno note ai bolognesi.
Da qualche mese a questa parte,
tuttavia, anche molti di quelli che non
vi hanno mai messo piede, la conoscono
come “la chiesa dove si dice la Messa
in latino”.
È dal 1° novembre scorso, infatti, che
alle 18 di tutte le domeniche e le feste di
precetto, qui si celebra la S. Messa nella
forma antica, secondo l’ultima revisione
del Messale Romano promulgata dal
Beato Giovanni XXIII nel 1962. Quella
che il Motu Proprio “Summorum
Pontificum cura” di Benedetto XVI ha
definito come “l’espressione straordinaria”
dell’unico Rito Romano.
La “straordinarietà”, com’è di sua natura,
tende ad ingombrare tutto l’orizzonte
disponibile alla considerazione,
mentre è proprio nel segno della “normalità”
che si possono leggere gli aspetti
qualificanti della situazione.
La chiesa della Pietà è infatti il cuore
di una parrocchia; una parrocchia assolutamente
unica nel suo essere… come
tante altre: qui la comunità si riunisce,
ogni domenica e ogni giorno, per celebrare
le funzioni liturgiche in italiano.
Ancor più normale (tanto da non fare
assolutamente notizia) è la normalità
di alcuni preti – tre parroci della Diocesi
– che… credono a quanto dice il
Papa; che gli credono quando scrive che
il Motu Proprio nasce come “frutto di
lunghe riflessioni, di molteplici consultazioni
e di preghiera”, anziché da un
capriccio personale e da oscure trame
di potere; che, fidandosi, in piena comunione
con l’Arcivescovo e con il suo
incoraggiamento, cercano di dare risposta
all’esigenza espressa da un nutrito
gruppo (oltre 250) di fedeli. E che, così
facendo, hanno avuto modo di sperimentare
la verità delle affermazioni del
Pontefice.
Verificando, innanzitutto, come le due
forme del Rito Romano, anziché contrapporsi,
possano davvero vicendevolmente
arricchirsi, dal momento che è
lo stesso inesauribile Mistero che viene
celebrato nell’unica fede.
L’accentuata sacralità della Messa antica
insegna a vivere ogni liturgia come un
dono da accogliere dall’alto, prima che
come una serie di azioni da compiere o
da “inventare”; aiuta a non dimenticare
che al centro di ogni Messa c’è il Signore
con le “grandi cose” che compie per
noi; impedisce di confondere la “partecipazione
attiva” alla celebrazione con il
“fare materialmente qualcosa”. Viceversa,
la consuetudine ormai acquisita dalla
Messa in italiano fa sì che l’assemblea
trovi naturale il dialogo col celebrante;
e per questo chi partecipa alla Messa
antica alla Pietà ha a disposizione dei
sussidi, mentre le letture, secondo le
indicazioni del Motu Proprio, vengono
proclamate in italiano, e abitualmente
commentate nell’omelia, non diversamente
da come si farebbe nella liturgia
ordinaria.
Anche l’interesse dei giovani per questa
forma liturgica, segnalato dal Papa,
ha trovato un puntuale riscontro: se
la maggior parte dei partecipanti alla
Messa antica alla Pietà ha un’età al di
sotto dei 50 anni, non mancano giovani
e studenti universitari, disponibili
oltretutto per il servizio all’altare e per
l’accompagnamento musicale.
Don Tiziano Trenti
Marzo/Aprile 2008
È
una frase che si sente dire ogni tanto
da chi contesta la decisione del Papa.
Naturalmente il latino esige un certo
sforzo per i fedeli che devono usare i libretti
con la traduzione, ma ci sono buoni motivi
per fare questo sforzo.
Un primo motivo è che il latino è una lingua
sacra, in quanto tale adeguata al Santo
Sacrificio della Messa che è un’opera di Dio
che trascende assolutamente tutte le cose di
questo mondo; un secondo motivo è che
il latino è una lingua immutabile, e perciò
conviene al Santo Sacrificio che è anch’esso
immutabile e reso presente nella sua forma
identica con ogni celebrazione della Messa;
un terzo motivo è che il latino è una lingua
tradizionale che ci unisce con la Santa Messa
come fu celebrata nel corso dei secoli; un
quarto motivo è che il latino è una lingua
universale per tutti coloro che pregano secondo
il rito romano, proprio come il sacrificio
del calvario è un sacrificio universale:
per tutti gli uomini. (tratto da rivoltialsignore.blogspot.com)
MESSA IN LATINO
L’8 febbraio la Parrocchia di S.
Agata ha organizzato un incontro
in teatro sul tema della Spe Salvi,
la seconda enciclica di Papa Benedetto
XVI.
Dopo la breve presentazione del
parroco don Bortoli, hanno preso
la parola il prof. Roberto de Mattei
(consigliere del CNR e direttore
della rivista Radici Cristiane),
Mons. Gino Oliosi della Diocesi
di Verona (che ha tenuto una re-
7
La Rocca
Ritorno al passato o Chiesa più ricca?
Monsignor Guido
Marini, cerimoniere
pontificio,
in una intervista alla Radio
vaticana bolla come “illazioni
e interpretazioni non corrette’’
quelle di chi ha visto il
Motu proprio “Summorum
pontificum’’ che liberalizza
la Messa tridentina, cioè
la messa tradizionale, come
volontà di abbandonare la riforma
liturgica del Concilio.
Marini riferendosi ad una celebrazione
del Papa avvenuta
nella Cappella Sistina osserva
che “si possono verificare particolari
circostanze nelle quali,
a motivo delle condizioni
Nessuno
capisce
il latino
artistiche del luogo sacro e
della sua singolare bellezza e
armonia, divenga auspicabile
celebrare all’altare antico,
dove tra l’altro si conserva
l’esatto orientamento della
celebrazione liturgica.
Si tratta di una prassi consentita
dalla normativa liturgica,
in sintonia con la
riforma conciliare’’. “Non si
tratta tanto di volgere le spalle
ai fedeli, quanto piuttosto
di orientarsi insieme ai fedeli
verso il Signore. Da questo
punto di vista “non si chiude
la porta all’assemblea’’, ma
“si apre la porta all’assemblea’’
conducendola al Signo-
re. Dunque, nessun ritorno
al passato, ma il recupero di
una modalità celebrativa che
in nulla mette in discussione
gli insegnamenti e le indicazioni
del Concilio Vaticano
II’’. Chi interpreta il magistero
di Benedetto XVI in ambito
liturgico come in contrasto
con il Concilio, spiega
il cerimoniere, sbaglia: “La
liturgia della Chiesa, come
d’altronde tutta la sua vita,
è fatta di continuità: parlerei
di sviluppo nella continuità.
Ciò significa che la Chiesa
procede nel suo cammino
storico senza perdere di vista
le proprie radici e la propria
Spe Salvi
viva tradizione: questo può
esigere, in alcuni casi, anche
il recupero di elementi preziosi
e importanti che lungo
il percorso sono stati smarriti,
dimenticati e che il trascorrere
del tempo ha reso meno
luminosi nel loro significato
autentico. Mi pare che il
Motu proprio vada in questa
direzione, riaffermando con
molta chiarezza che nella vita
liturgica della Chiesa c’è continuità,
senza rottura. Non si
deve parlare, dunque, di un
ritorno al passato, ma di un
vero arricchimento per il presente,
in vista del domani’’.
lazione molto toccante), lo storico
del Risorgimento prof. Massimo
Viglione, e il Vescovo della Diocesi
di San Marino Montefeltro Mons.
Luigi Negri.
Hanno collaborato all’iniziativa
della Parrocchia di S. Agata, il
Centro culturale “Walter Tobagi”
di Carpegna, e il Comitato per la
difesa dei beni culturali di S. Agata
Feltria.

La Rocca
LETTERE
A proposito di Valzania
Caro direttore, ho ricevuto l’ultimo numero
della “Rocca”, dove il colonnello garibaldino
Eugenio Valzania viene presentato come
capo di una setta “di anime perse disposte al sacrificio
o al delitto in nome di una idea rozzamente concepita…”.
(Così Liliano Faenza in La retata Rimini,
Guaraldi, 1974, pp. 23-29).
Conosco da sempre l’amico Liliano con il quale più
volte ci siamo trovati a discutere di politica, con reciproca
cordialità.
Egli è uno studioso di profonda cultura, storico del
socialismo, gran politologo, ma assai polemico con
chi non condivide le sue tesi marxiste.
Il giudizio negativo che egli pronuncia sul Valzania,
è dovuto a motivo politico che si accresce di spirito
di parte; (il colonnello aveva il grave torto di essere
seguace di Mazzini, e son ben noti i rapporti intercorsi
tra Marx, Mazzini e i repubblicani).
Sereno, e a mio parere obiettivo, quanto dice a
proposito del Valzania, il compianto Giulio Cesare
Mengozzi (“I Romagnoli a Villa Ruffi, profilo di
protagonisti romagnoli”, Bruno Ghigi editore, Rimini,
1975, pp. 37-38) certamente sopra le parti.
Con i migliori saluti, cordialmente,
Piero Raggi
Eugenio Valzania
nelle pagine
di Mengozzi
Spirito indomito, animo avventuroso,
battagliero, ardito, fin dai
più giovani anni partecipò alle
congiure e ai moti rivoluzionari, esercitando
grande ascendente sul popolo.
Nel ’48 è sottotenente a Vicenza, l’anno
successivo ufficiale nella colonna inviata
nel Soglianese contro i Sanfedisti.
Caduta la Repubblica Romana è arrestato
a Pesaro dall’Austria, rimanendo in
carcere quattro mesi, libero, esula prima
a S. Marino, in Toscana e in Liguria.
Rientrato a Cesena, insieme a Pietro Fracassi
Poggi, è a capo di una forte società
segreta. Gli arresti del ’59 lo fanno nuovamente
andare esule a S. Marino, poi
in Liguria e in Piemonte dove, entrato
in contatto con Mazzini, riceve l’incari-
co di organizzare forze insurrezionali in
Romagna; la Compagnia da lui formata
viene incorporata nella divisione militare
di Pietro Rosselli, e Valzania ha il
grado di Maggiore.
Rinviata la campagna delle Marche, accetta,
su consiglio di Garibaldi, di entrare
nel 1° Battaglione del 47° Fanteria,
Divisione Cosenza, col grado di Maggiore.
Subisce un processo a Modena,
dittatore Farini, per spirito di parte e
complicità in reati di sangue, ma è assolto.
In continuo contatto con Garibaldi e
Mazzini è loro emissario in Romagna.
Arrestato nel 1862 per l’impresa di
Sarnico; nel ’66, soldato nelle guide a
cavallo, si distingue a Bezzecca e viene
8
decorato con medaglia d’argento al valor
militare.
Nel ’67 partecipa nella campagna dell’agro
romano, dopo aver raccolto una
colonna di volontari, coi quali si distinguerà
a Monterotondo, all’Aniene e a
Mentana.
Finite le azioni di guerra, in pace è in
continuo movimento per organizzare
la Consociazione delle Società Popolari
di Romagna. Nel ’74 è arrestato a Villa
Ruffi, nell’87 viene eletto deputato
per Forlì. L’anno successivo rinunciò al
mandato parlamentare, coprendo cariche
nelle pubbliche amministrazioni.
Morì il 13 febbraio 1889.
Marzo/Aprile 2008 Marzo/Aprile 2008
(prima parte)
A CURA DI F. VICINI
Batzin contro Napoleone
Ce ne furono molti nei nostri
paraggi che non vollero servir
Napoleone, senonchè per forza
costretti, i quali non istò singolarmente
a segnarli tutti per non tenermi tanto a
bada, e infastidir il lettore. Solo dirò di
uno cui ascritto nel ruolo, mai si volle
presentare in palazzo ai Comandanti,
acciocché non lo facessero marciare
cogli altri; ma contumace sen vivea e
passava la maggior parte del tempo fra
scoscese rupi e in folti boschi: passava
le notte intiere sotto delle quercie là nei
mesi più calidi, e ciò per non essere pigliato
dalla forza militare e Satelliti del
Principe.
Costui, per dir chi fosse, chiamavasi a
nome Giambattista figlio di Pietro Bartolini,
abitante al Forlone, predio del
Cannonicato di Sarsina. Sto giovine
adunque aveva una velocità di gambe
svelta, che andava del pari ad una fuggiasca
lepre: e niuno del suo pari, benché
lestissimo fosse, era buono di raggiungerlo.
Eppure, sebbene fosse tanto svelto e
lesto fu una volta a tradimento preso,
insidiandolo tanto tempo, finchè per
mezzo d’un altro coscritto suo compagno,
abitante a Cà di Simone in
Romagnano, gli fu fatta la spia esser
lui andato a visitare la sua innamorata
(“Manghetta”) a Camporciano.
Sull’istante la forza avuto l’avviso, i
Giandarmi e sue guide, saltarono d’un
lampo a Camporciano suddetto, e quivi
assediata e circondata la casa egli ch’attendeva
giù a divertirsi colla bella, senza
pensamento alcuno si trovò preso e legato
dalla forza, non potendo egli allora
aver campo a fuggire.
Ecco tradito il povero giovine: bravo
Battistella! Fu legato adunque, condotto
via e costretto a partirsi dal paese, di
mala voglia, ma disertando poscia, non
ebbero più la sorte di ripigliarlo, come
in seguito udirete.
Quindi nel condurlo via passarono la
volta di Bologna, quivi si fermò alcun
spazio di tempo, e al vedere quegli uo-
mini armati in simil guisa con quei capelloni,
con quelle montare e squadroni
atroci, gli rendevano timore, siccome lo
raccontava dopo, erano per lo più tutti
francesi; ma trattando poi seco loro
famigliarmente, erano sì buoni compagnoni
e di garbo, che si meravigliava.
Dopo q.sto tempo fu mandato nuovo
ordine di partirsi colla sua compagnia
di lì, e passando per altri paesi, città e
Castelli, giunse finalmente a Milano
città della famosa Insubria Lombarda
Provincia.
Quivi dimorò lo spazio di un mese, e
poi convenendo al reggimento dov’era
lui accompagnato partirsi per Novara,
quivi ancora giunto, poco tempo vi dimorò,
perché aveva sempre nell’animo
il desiderio di disertare.
Da Novara dunque disertò assieme con
7 giovani e compagni del suo reggimento
e ritornò quindi al suo paese in
Saligno. Alcuni anni dopo, dal podere
del Furlone, stato del Dipartimento del
Rubicone, si trasferì al Molino della
Tomba stato Toscano, che allora chiamava
la Gallia Cisalpina come sopra.
Abitando in questo predio, prese moglie,
quantunque contrario alle reali
ordinazioni e Statuti Dipartimentali:
ma dopo di ciò ebbe assai che fare e che
dire colla forza del pubblico Governo,
perché assaltato molte volte al Molino
della Tomba, sempre dava di mano alle
gambe, nelle quali molto si fidava.
E una volta fra le altre, lui si vide assediato
in casa di buon mattino e per
tempo, che non erasi accorto; ricorse
con ispirito e coraggio alle armi, delle
quali ne stava ben provvisto e cominciò
a sparare in faccia a quei Giandarmi.
Onde loro accortosi che lui in casa stava
ben munito d’ogni sorta di stromenti,
come polvere, archibugi, palle, e munizioni
alzarono le grida che si arrestasse,
ma lui tuttoché sdegnato ed infuriato
verso di loro per volerne uccidere
qualcuno, mai ebbe la sorte di colpirne
perchè, primieramente il ciel non volle,
secondariamente sua moglie pure sempre
ci teneva il braccio, forte piangendo,
in modo che quando lui era in atto
9
La Rocca
di dare nello scattarello sotto il carcasso,
lo impediva acciò non tirasse; ma dopo
vari tentativi ci venne riuscito di dar la
via all’archibugio, e venendo colpito
di sbiascio il Caporale di quei satelliti,
levossi allora in quell’atto un grandissimo
tumulto, grida, rumore d’armi e
grave schiamazzo parendo, che volessero
metter sossopra il molino, e subissar
chi dentro vi era dicendo e gridando:
adietro adietro, cani! ora s’ha da incendiar
il molino!
Ma Battistella (colla barbara nomenclatura
veniva chiamato Batztella, e per
facezia Batztin) quantunque i suoi fossero
più morti che vivi dal timore di tale
schiamazzo, egli intrepido interponevasi
loro; a botta risposta.Partissi incontinente
il Caporale per andar a pigliar
nuova forza, ma nel mentre che passava
su pel viottolo che conduce alla Tomba
per andare avvisar il Sig. Ambrogio
Baldassarri suo padrone, molte volte ci
prese la mira dalla finestra che corrisponde
a detto stradello per darli un’archibugiata,
e levarlo di vita; ma lui che
andava sbigottito assai pel primo colpo
che ricevuto ebbe, si metteva sempre
dalla parte di sotto il fratello di Battista,
chiamato Giandomenico, per timore
che ce ne desse un altro e lo privasse di
vita, onde a tal effetto non gli potè mai
sparare un’archibugiata, a quell’anima
f. cornuta, come diceva. Partito che fu
il detto caporale diede l’ordine a suoi
dipendenti che non lo lasciassero scappare,
che o vivo o morto in ogni modo
lo volevano pigliare: ma egli che vide
non poterne far altro, fece un tentativo
di voler uscir fuori di casa, e gli venne
riuscito, ma a rischio di restarne vittima
dei ministri di Napoleone.
Perciocché, vedendo che i soldati quivi
rimasti erano tutti intenti colle armi
voltate verso la porta, egli senza badare
a nulla, depose l’archibugio ch’aveva in
mano, e sfodrando il coltello, d’un lancio
saltò via, e passando in mezzo loro,
uno di quei soldati che fece atto di volerlo
ritenere, ci diede un tal urto, che
lo distese in mezzo la via.
(segue)

La Rocca
È
questo il titolo della nuova commedia
scritta da Manlio Flenghi
e messa in scena dalla filodrammatica
“I nuovi minatori” diretta da
Mariolino Nalin.
La trama come già in passato è stata
ambientata negli anni ’50 del ‘900 nel
nostro paese. a il vero obiettivo è stato
quello di recuperare la memoria dell’emigrazione,
una caratteristica storica
dei nostri monti. Da quando i nostri
antenati partivano per la transumanza e
portavano il bestiame a pascolare in Maremma,
o andavano a fare i braccianti
nell’Agro Pontino, fino a quando con la
crisi della miniera a migliaia se ne sono
andati in Francia, Belgio, Germania e
anche America a cercare lavoro. Il nostro
giornale è da sempre attento a questi
temi e in passato ha ricordato anche
alcuni emigrati “famosi” come Cristina
Martell, nipote di un Magnani Luigi di
San Donato che divenne Miss Universo,
Pascal Saverna, ex minatore nato in una
frazione di S. Agata Feltria, emigrato in
Francia e diventato sindaco della sua
nuova città (Moutiers) per 40 anni con-
FOTOCRONACA
secutivi, dal 1958 al 1997, o Simone Rinaldi,
che nel 1912 ottenne dallo Zar la
concessione di una miniera di carbone
in Ucraina, ebbe fino a 70 dipendenti
ma fu travolto dalla Rivoluzione russa
(e vide fucilare uno di Caioletto davanti
alla sua famiglia).
Hanno recitato nella filodrammatica I
Nuovi Minatori: Daniele Masini, Mariolino
Nalin, Giorgio Belloni, Florindo
10
Diana, Mauro Giorgetti, Arrigo Bonci,
Faustina Ciccioni, Enzo Liverani, Roberto
Rinaldi, Martino Valli, Florindo
Diana, Gianluca Rinaldi, Alessia Della
Mea, Vally d’Orazio, Raffaella Scardi,
Chiara Marini, musiche di Pierluigi Vicini
e Manlio Flenghi, testi di Manlio
Flenghi. Ha presentato la serata Vallino
Rinaldi. Introduzione storica di Giancarlo
Dall’Ara.
Marzo/Aprile 2008 Marzo/Aprile 2008
Il paese più bello del mondo La nuova biblioteca
Il gruppo degli attori
al termine della seconda replica della commedia
“Il paese più bello del mondo”
Sabato 12 gennaio è stata inaugurata
a Sant’ Agata Feltria la
Biblioteca Comunale, situata
presso Palazzo Celli, affacciato sulla
piazza principale del paese. Erano presenti
i bambini e i ragazzi della locale
scuola elementare e media, con i loro
insegnanti e genitori e tanti santagatesi.
Dopo l’illustrazione del progetto
da parte della presidente della Pro-loco
Rita Marini che ha spiegato ai più giovani
le caratteristiche di una biblioteca,
la quale deve divenire luogo di incontro
e di studio, nel quale saranno presentati
nuovi libri e nuovi autori, hanno preso
la parola il Sindaco Dott. Polidori, il
quale ha ricordato la grande importanza,
anche solo simbolica, di una raccolta
libraria, invitando i bambini presenti a
farsi primi fruitori di essa, e di seguito
il Prof. Lorenzo Baldacchini dell’Università
degli Studi di Bologna, sede di
Ravenna. Il docente ha tratteggiato con
grande efficacia il senso e lo scopo di
una biblioteca, baluardo contro l’oblio
e l’ignoranza, la quale è amplificata, ai
tempi di Internet, proprio da una presunta
irrilevanza cui la rivoluzione informatica
avrebbe relegato il libro. In
realtà, ha ricordato il Prof. Baldacchini,
una biblioteca è un corpo vivo, che cresce
e deve essere fatto crescere di continuo,
con apporti che la quotidianità
e il trascorrere del tempo suggeriscono
in modo inesausto. L’inaugurazione di
una biblioteca è dunque sempre una
bella notizia, in modo particolare quando,
come in questa occasione, essa viene
ad offrire un servizio per troppo tempo
assente nel nostro paese. La biblioteca è
dotata al momento di circa 3000 volumi,
in parte acquistati e in parte ricevuti
in donazione da enti e privati, con una
nutrita sezione dedicata alla storia locale.
L’auspicio di quanti hanno reso possibile
tale progetto è ovviamente quello
di consentire uno sviluppo continuo e
costante del già esistente corpus librario,
così da arricchire un’offerta già varia
e diversificata. La biblioteca fornisce un
servizio di prestito librario e di consultazione
completamente gratuito, con la
NEWS
possibilità di ottenere in prestito fino a
tre libri per un periodo massimo di 30
giorni La Biblioteca è in attesa di entrare
a far parte della Rete Bibliotecaria dell’Alta
Valmarecchia gestita dalla Comunità
Montana per poter così prendere
parte alla catalogazione libraria in rete
promossa dalla Provincia ed usufruire
dei servizi del Catalogo Collettivo Provinciale
in linea (OPAC Sebina Provincia
Pesaro-Urbino http://opac.provincia.pu.it/SebinaOpac).
Si ricorda che
la biblioteca resta aperta tutti i lunedì
e venerdì pomeriggio, dalle 15 alle 18,
e si invitano bambini e adulti ad offrire
il loro contributo allo sviluppo della biblioteca,
attraverso suggerimenti e consigli
sui libri da ordinare e donazioni di
materiale librario, nella consapevolezza
che ogni libro è come un amico, appena
conosciuto o di lunga data, da incontrare
o ritrovare e far conoscere ad altri,
in uno scambio che è arricchimento e
dono reciproco. Pertanto se è vero che
“in ogni più alta civiltà il libro è ancora
il più alto diletto, […] simile ad un
uomo che parla con voce sonora così da
essere udito dalle età future”, non resta
da augurarsi che simili iniziative incon-
Per un giornale di storia locale come
la Rocca, l’apertura di una nuova biblioteca
è l’occasione per ricordare
quelle che c’erano una volta.
La prima Biblioteca comunale fu
fondata nel 1868 ed aveva mille volumi,
ed una media annua di 50 lettori,
secondo le statistiche dell’epoca.
In precedenza si ha notizia della ricca
biblioteca dell’avvocato Giovanni
Buffoni presso la quale si formarono
eruditi locali come Crescentino Giannini
e studiò anche Padre Agostino.
In passato vi era poi un “Gabinetto
di Lettura”, veneranda istituzione
santagatese, e in tempi più recenti fu
aperto un “Centro di lettura” seguito
11
La Rocca
Pubblicazione di G. Lunadei, insigne scienziato
santagatese, nato a Rocca Pratiffi alla fine del
1600. Grazie a Franco Dall’Ara per l’immagine
trino il favore di quanti hanno a cuore
la tutela del passato e ancor più del futuro
del nostro paese.
Le biblioteche del passato
dal maestro Flenghi. Pochi anni fa è
stata inaugurata una piccola biblioteca
anche a San Donato.
Ma a S. Agata c’erano soprattutto
archivi storici, da quelli appartenenti
alle famiglie Celli e Luchesi, a quello
(disperso) di Guido Pagetti da Scavolo,
dall’importantissimo archivio
conservato per secoli alla Rocca e
oggi finito all’Archivio di Stato di Pesaro,
dove giace non ancora catalogato
completamente, fino al piccolo archivio
di Pereto che è stato bruciato
negli anni ’60, e all’archivio comunale,
per il quale è stata avviata qualche
tempo fa la catalogazione.

La Rocca
SARSINA
La cattedrale di Sarsina
compie 1000 anni
Dal 25 marzo 2008 al 31 maggio
del 2009 si svolgeranno
nell’antica cittadina di Sarsina
le celebrazioni per il Millennio della
Cattedrale.
L’imponente basilica che, con la sua facciata
sobria ed elegante e il suo interno
solenne ed austero, costituisce uno dei
migliori esempi di stile romanico in
Romagna, fu infatti eretta negli anni
verso il Mille.
Il Giubileo straordinario concesso dal
S. Padre Benedetto XVI per celebrarne
i mille anni di edificazione, testimonia
l’importanza di un evento senza dubbio
di portata nazionale.
Numerosi sono “e manifestazioni” religiose
e culturali che accompagneranno
i pellegrini che si recheranno in visita
al sepolcro di Vicinio, primo vescovo di
Sarsina, cui la tradizione affida un consolidato
potere taumaturgico, esplicato
attraverso il prodigioso ‘collare’ di ferro
che, da secoli, viene offerto al bacio dei
fedeli o richiuso al collo di ammalati
ed ossessi per benedizioni ed esorcismi.
Saranno quindici mesi vissuti da protagonista
per il paese plautino che si appresta
ad iniziare un periodo di intensa
attività.
Il primo evento importante,
dunque, è atteso
per il prossimo 25 marzo,
festa dell’Annunciazione
del Signore cui la Basilica
è dedicata, e quindi
inizio delle celebrazioni
ufficiali. Sarà l’arcivescovo
di Bologna, cardinale
Carlo Caffarra, a presiedere
il momento ufficiale
di apertura alle ore 16”,
cui seguirà l’inaugurazione
della mostra sulle
Madonne ‘capoletto’
presso il museo d’Arte
sacra diocesana (fino ad
agosto 2008).
Un incontro importante e significativo è
previsto per il 25 aprile prossimo quan-
Stemma della famiglia
Maffei di S. Agata Feltria
do piazza Plauto diventerà una vera
‘chiesa’ a cielo aperto con la celebrazione
della santa messa (alle 16) presieduta
dal cardinale Giovanni Battista Re, ed
accoglierà migliaia di fedeli e pellegrini
provenienti da tutte le parrocchie del
Cesenate.
Diversi saranno poi gli appuntamenti
estivi: esposizioni di pittura/scultura
(“Tra il Bene e il Male”),
spettacoli teatrali all’arena
plautina, l’eccezionale
presenza del premio
Oscar Ennio Morricone,
che in prima assoluta
mondiale presenterà la “
Cantata mistica “ appositamente
composta per
il Millenario della Cattedrale
sarsinate. Il 28
agosto sarà il Presidente
della Cei, card. Bagnasco
a presiedere la celebra-
zione eucaristica, quindi
le manifestazioni proseguiranno
fino a maggio
‘09 con la riscoperta di percorsi naturalistici
(“Il cammino di San Vicinio”),
mostre, conferenze e convegni vari, di
12
Marzo/Aprile 2008
sicuro iinteresse, non solo locale.
Tutto questo in un’ottica volta a valorizzare
certamente la sacralità della Basilica
e del culto di San Vicinio, ma anche
tutte quelle risorse che contribuiscono a
fare di questo un territorio previlegiato
e particolare.
Per ulteriori informazioni è possibile
consultare i siti internet www.cattedralesarsina.it
e www.sarsina.info
Michele Crociani