30.07.2015 Views

Piccoli comuni obiettivo rilancio - La Rocca - il giornale di Sant ...

Piccoli comuni obiettivo rilancio - La Rocca - il giornale di Sant ...

Piccoli comuni obiettivo rilancio - La Rocca - il giornale di Sant ...

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

<strong>La</strong> <strong>Rocca</strong>attualitàCosa stanno combinando in Comune?Non ci crederete ma <strong>il</strong> Comune <strong>di</strong> S. Agata ha fatto un marciapiede! Certo non si tratta<strong>di</strong> un gran marciapiede, sono solo pochi metri, però è già qualcosa. E, per <strong>di</strong> più, èanche un marciapiede ut<strong>il</strong>e. Una cosa dunque ben <strong>di</strong>versa dall’inut<strong>il</strong>e e faraonico marciapiede<strong>di</strong> 100 metri costruito in passato in via Giannini, nella parte <strong>di</strong> via più lontanadal centro del paese e dalla quale non passa mai nessuno. Che <strong>di</strong>re <strong>di</strong> più?Complimenti alla Pro LocoComplimenti alla Pro Loco <strong>di</strong> San Leo alla quale l’UNPLI (l’Unione nazionale dellePro Loco d’Italia) de<strong>di</strong>ca 4 pagine in apertura della guida appena pubblicata “Il Turismodei Sogni”. <strong>La</strong> guida scritta da Clau<strong>di</strong>o Nardocci, che è <strong>il</strong> presidente nazionaledelle Pro Loco, ha come sottotitolo “Itinerari alla scoperta <strong>di</strong> un’Italia sconosciuta” eut<strong>il</strong>izza San Leo come testimonial: un borgo che non è più sconosciuto, grazie all’impegnodegli enti che si occupano <strong>di</strong> promozione e sv<strong>il</strong>uppo turistico del territorio, edel volontariato.<strong>La</strong> poesia <strong>di</strong> Pascoli de<strong>di</strong>cata a GianniniTra i personaggi riscoperti dal nostro <strong>giornale</strong> c’è Crescentino Giannini. I lettori ricorderannoche abbiamo pubblicato su <strong>di</strong> lui <strong>di</strong>versi articoli, abbiamo rintracciato i suoi<strong>di</strong>scendenti che vivono in California, la sua tomba a Roma con tanto <strong>di</strong> lapide portatasin là dall’Amministrazione comunale <strong>di</strong> allora, e successivamente abbiamo scopertoche <strong>il</strong> poeta Giovanni Pascoli lo ebbe come Preside, ed a lui de<strong>di</strong>cò una poesia in latino.Ora <strong>il</strong> nostro lettore Giorgio Belloni ha trovato una bella traduzione in italiano dellapoesia <strong>di</strong> Pascoli de<strong>di</strong>cata a Giannini. Eccola: A Crescentino Giannini (Ad Ianum Crescentium)O Giannini, mentre faccio a questi impauriti studenti esami non gra<strong>di</strong>ti e mettoalla prova la loro memoria indebolita dalla paura, molto spesso mi <strong>di</strong>straggo e rivedo nellamia mente <strong>il</strong> mio paese e <strong>il</strong> piccolo fiume della mia terra. Tu, preside della nostra scuola,che abiti i boschi e coltivi i colli a cui la Grazia ha dato <strong>il</strong> nome, ricordati <strong>di</strong> me che vivoin triste es<strong>il</strong>io senza <strong>il</strong> piacere <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> riposanti. Così la vigna che coltivi nel tuo campo tiprotegga con la sua ombra e rallegri i tuoi ospiti col suo vino.Sono versi composti da Giovanni Pascoli nel 1885 e rivolti a Crescentino Giannini,nato a <strong>Sant</strong>’Agata Feltria, preside del liceo <strong>di</strong> Massa dove Pascoli insegnò latino e grecodal 1884 al 1887. Le Grazie sono delle colline nei <strong>di</strong>ntorni <strong>di</strong> Rimini dove sembra cheGiannini coltivasse viti che producevano dell’ottimo Sangiovese.Don Vittorio e i chierichettiMarzo / Apr<strong>il</strong>e 2007Il <strong>giornale</strong>del tuo paeseGrazie ai volontari che hanno provvedutoa scrivere e <strong>di</strong>stribuire <strong>il</strong><strong>giornale</strong>, grazie al lavoro <strong>di</strong> redazione<strong>di</strong> Enzo Liverani, alle fotografie<strong>di</strong> Marco Zanchini, a Paola Boldrini,a Mario Nalin, ad Alessia Dellamea,e ad Arrigo Bonci che coor<strong>di</strong>na la<strong>di</strong>stribuzione, e grazie ai lettori esostenitori, numerosi come sempre.Se <strong>il</strong> <strong>giornale</strong> vi piace <strong>di</strong>telo ai vostriamici, e chiedete loro <strong>di</strong> sottoscrivere,per ricevere regolarmente la <strong>Rocca</strong>!Se volete aiutarci a fare più belloquesto <strong>giornale</strong>, inviateci articoli, fotografie,ricor<strong>di</strong>, lettere e commenti.Se non siete d’accordo con <strong>il</strong> contenutodegli articoli pubblicati, o piùsemplicemente volete <strong>di</strong>re la vostraopinione, scriveteci.NovitàDa questo numero le sottoscrizioniper la <strong>Rocca</strong> possono essere effettuateanche presso la nuova cartolibrariain Piazza Garibal<strong>di</strong> a S. Agata,dove si possono or<strong>di</strong>nare anche ivecchi numeri del <strong>giornale</strong>.Le vostre fotoAvete scattato delle belle fotografie?Inviatecele subito. Le pubblicheremosul <strong>giornale</strong> e nel nostro sitoweb. Se è da molto tempo che nonlo visitate fatelo subito! Il sito webcurato da Gino Sampaoli è ora pieno<strong>di</strong> informazioni e <strong>di</strong> fotografie ine<strong>di</strong>tedel nostro paese. Aiutateci a realizzarela sezione in <strong>di</strong>aletto e prendetenota del nuovo in<strong>di</strong>rizzo:http://santagata.altervista.orgCome e quantosottoscrivere?Sostenitore 15 EuroBenemerito 25 EuroRiconoscib<strong>il</strong>i: Don Vittorio Mancini, i fratelli Mauro e Gianni Bargianti,Maurizio Rinal<strong>di</strong>, Pino Liverani.Le sottoscrizioni possono essereinviate alla redazione della <strong>Rocca</strong>,Casella Postale 26, 61019 S. AgataFeltria (Pesaro), oppure possonoessere consegnate ai vari collaboratoriche <strong>di</strong>stribuiscono (volontariamente)<strong>il</strong> <strong>giornale</strong>.


Marzo / Apr<strong>il</strong>e 2007Spett.le Istituto dell’Enciclope<strong>di</strong>a Italiana Treccani,via Cristoforo Colombo 149 - 00147 Romaalla c.a. del Presidente Francesco Paolo Casavolaoggetto: voce “Angelo Berar<strong>di</strong>”, pag. 703Leggiamo sul n. 2 dell’Enciclope<strong>di</strong>a Biografica in <strong>di</strong>stribuzionecon <strong>il</strong> quoti<strong>di</strong>ano <strong>La</strong> Repubblica, che <strong>il</strong> grande teorico dellamusica del 1600, Angelo Berar<strong>di</strong> è nato a S. Agata Bolognese.Si tratta <strong>di</strong> un errore grossolano.E’ sufficiente leggere le opere scritte dallo stesso Berar<strong>di</strong> perrendersi conto della realtà. Berar<strong>di</strong> scrive testualmente “OrazioFregoso, penultimo marchese <strong>di</strong> S. Agata mia patria”. Come ènoto I Fregoso erano i Signori <strong>di</strong> S. Agata Feltria, dove si puòancora ammirare la loro <strong>Rocca</strong>, e Orazio fu proprio <strong>il</strong> penultimomarchese <strong>di</strong> S. Agata Feltria. Sempre Berar<strong>di</strong> si definisceallievo <strong>di</strong> Giovanni Sarti, musicista <strong>di</strong> S. Agata Feltria, e lochiama “mio compaesano”.Non vi è dubbio che Berar<strong>di</strong> sia nato a S. Agata Feltria, comegià correttamente aveva scritto <strong>il</strong> geografo Vincenzo Coronelliche gli de<strong>di</strong>ca la voce 3415 della sua monumentale “BibliotecaUniversale sacro-profana”, nella quale si legge : “Berar<strong>di</strong> Angeloda S. Agata luogo sotto Rimini”. Il fatto che Berar<strong>di</strong> sia <strong>di</strong>S. Agata Feltria, e non S. Agata bolognese come in<strong>di</strong>cato dallaTreccani, è confermato da <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong>osi, tra questi <strong>il</strong> prof.Piero Gargiulo, musicologo <strong>di</strong> fama internazionale e stu<strong>di</strong>osodel Berar<strong>di</strong>, e <strong>il</strong> prof. Carlo Vitali, autore della voce “Berar<strong>di</strong>”pubblicata dal Dizionario Musicale della Utet. E’ merito delprof. Carlo Vitali aver scoperto tra l’altro che Berar<strong>di</strong> aprì unascuola <strong>di</strong> musica a S. Agata Feltria nel 1669. Proprio a S. AgataFeltria <strong>il</strong> perio<strong>di</strong>co locale “<strong>Rocca</strong>” ha, non a caso, organizzatodue convegni sulla sua importanza nella storia della musicaitaliana.Chie<strong>di</strong>amo pertanto una pronta rettifica.<strong>il</strong> Comitato per la <strong>di</strong>fesa dei beni storici <strong>di</strong> S. Agata FeltriaS. Agata F. 17 febbraio 2007attualità<strong>La</strong> <strong>Rocca</strong>Breve storia<strong>di</strong> una battaglia culturale (vinta)Il Comitato contesta un errore grossolano alla TreccaniChi era Angelo Berar<strong>di</strong>E la Treccani risponde “ci scusiamo profondamente”Illustre dottore, Le rispondo a nome del Presidente Casavolain merito all’inesatta in<strong>di</strong>cazione del luogo <strong>di</strong> nascita delmusicista Angelo Berar<strong>di</strong>. L’inesattezza riportata nel vol. IIdell’Enciclope<strong>di</strong>a Biografica Universale ripete quella contenutanella voce Berar<strong>di</strong> Angelo pubblicata nel vol. VIII del DizionarioBiografico degli Italiani, e<strong>di</strong>to nel 1966. In propositomi permetto far presente che nel periodo in cui <strong>il</strong> volume delDizionario Biografico è apparso, gli stu<strong>di</strong>osi continuavano a<strong>di</strong>n<strong>di</strong>care come luogo <strong>di</strong> nascita del Berar<strong>di</strong> <strong>Sant</strong>’Agata Bolognese:ne è un esempio <strong>il</strong> Dizionario Universale dei musicisti<strong>di</strong> Carlo Schmidl che a p. 157 del I volume così afferma. Soloall’inizio degli anni ‘80, grazie agli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Carlo Vitali, è statacorretta l’imprecisa in<strong>di</strong>cazione del luogo. Espressamente lo<strong>di</strong>chiara lo stesso Vitali nella voce pubblicata nel I volume delDizionario Enciclope<strong>di</strong>co Universale della musica e dei musicisti,apparso a Torino, casa ed. UTET, nel 1985 dove a p. 455 s<strong>il</strong>egge che <strong>il</strong> Berar<strong>di</strong> “nelle sue opere a stampa si autodefinì “daS.Agata”, località che non può essere identificata, come comunementesi fa, con S. Agata Bolognese, giacché egli stesso in più<strong>di</strong> un’occasione fece riferimento ai nob<strong>il</strong>i Fregoso (feudatari <strong>di</strong>S. Agata Feltria) come a suoi signori ed amici”.L’inesattezza del Dizionario Biografico degli Italiani è perciògiustificata dal fatto che la voce pubblicata in quest’operaprecede <strong>di</strong> quasi due decenni la precisazione del prof. Vitali.L’inesattezza dell’Enciclope<strong>di</strong>a Biografica Universale nasce dall’averriprodotto quella del Dizionario Biografico senza procederead ulteriori verifiche. Di questo ci scusiamo profondamente.Provvederemo, comunque, ad inserire la necessariarettifica nell’ultimo volume dell’Enciclope<strong>di</strong>a UniversaleBiografica. Vi siamo pertanto grati <strong>di</strong> averci segnalato l’inesattezzae Vi inviamo i migliori saluti.Prof. Mario CaravaleIl santagatese Angelo Berar<strong>di</strong> è considerato uno dei più importanti teorici della musica del ‘600.Il giu<strong>di</strong>zio degli stu<strong>di</strong>osi è unanime. <strong>La</strong> sua importanza nella storia della musica è legata ai suoi stu<strong>di</strong> sul Contrappunto, alsuo contributo critico dell’arte musicale ed infine alle sue composizioni. Non a caso alcuni dei suoi stu<strong>di</strong>, a tre secoli dallasua scomparsa, sono stati ripubblicati; su <strong>di</strong> lui sono state scritte tesi <strong>di</strong> laurea a Whashington e a Kiel, e alcune delle suemusiche sono pubblicate su CD, fac<strong>il</strong>mente reperib<strong>il</strong>i in commercio. Nacque a S. Agata Feltria attorno al 1630, fu nominatomaestro <strong>di</strong> cappella a Montefiascone, poi passò a Viterbo, successivamente a Tivoli, a Spoleto, ed infine, a coronamento<strong>di</strong> una br<strong>il</strong>lante carriera <strong>di</strong>venne maestro <strong>di</strong> cappella a <strong>Sant</strong>a Maria in Trastevere, a Roma, dove muore qualche anno dopo,nel 1693. <strong>La</strong> sua opera consta <strong>di</strong> 13 collezioni <strong>di</strong> musica pratica e <strong>di</strong> 6 trattati teorici, uno dei quali perduto.L’amore che Berar<strong>di</strong> ebbe per <strong>il</strong> suo paese natale traspare da tutte le sue opere, ed in particolare dagli scritti contenuti nellasua “Miscellanea Musicale”, uno dei quali è de<strong>di</strong>cato a Federico Fregoso, nipote <strong>di</strong> Orazio Fregoso, penultimo Marchese <strong>di</strong>S. Agata Feltria. Federico era stato suo allievo ed era anch’egli appassionato <strong>di</strong> musica, oltre che valente stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> f<strong>il</strong>osofia.Il legame tra Berar<strong>di</strong> e <strong>il</strong> Fregoso fu anche <strong>di</strong> tipo epistolare. Una delle lettere in<strong>di</strong>rizzata a Federico è pubblicata in unvolume e<strong>di</strong>to dallo stesso Berar<strong>di</strong>. Anche Amintore Galli, celebre autore delle musiche dell’Inno dei <strong>La</strong>voratori, lo definì“ottimo teorico.


<strong>La</strong> <strong>Rocca</strong>Dopolavoro ComunaleQuando sorse <strong>il</strong> Dopolavoro Comunale, che i <strong>Sant</strong>agatesi ricordanopiù semplicemente come “<strong>il</strong> CRAL”?Ecco l’Atto del Podestà Dominici del 12 Giugno 1927: “Consideratala necessità <strong>di</strong> promuovere in <strong>Sant</strong>’Agata e favorire losv<strong>il</strong>uppo <strong>di</strong> una locale istituzione del –Dopolavoro Comunale– allo scopo precipuo <strong>di</strong> allontanare dal vizio la gioventù che,non trovando in questo paese altro svago, nelle ore <strong>di</strong> riposo va arinchiudersi ed abbruttirsi nelle osterie, esaminata la domandainoltrata da un Comitato provvisorio <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni Agatensi tendentiad ottenere da questa Amministrazione come da quella dellalocale Congregazione <strong>di</strong> Carità e dei primari citta<strong>di</strong>ni del luogoun annuo sussi<strong>di</strong>o onde, attraverso l’istituzione del – Dopolavoro– provvedere innanzitutto al ripristino <strong>di</strong> una locale Scuola Musicale…”.Gli effetti della grandeguerra (1915-18) a S. AgataEssendo gran parte dei giovani santagatesi chiamati a <strong>di</strong>fenderela Patria e a macchiare <strong>di</strong> sangue le montagne del Carso e le pianurevenete, dai nostri campi, rimasti sprovvisti <strong>di</strong> braccia, nonarriva più grano sufficiente a sfamare la popolazione. Così nell’Apr<strong>il</strong>edel 1916 la Giunta decide <strong>di</strong> acquistarlo al ConsorzioGranario <strong>di</strong> Pesaro. Per far fronte a tale spesa, nell’Agosto dellostesso anno, pongono una tassa <strong>di</strong> 10 Lire per ogni paio <strong>di</strong> buoiposseduto. Ma nel 1917 <strong>il</strong> problema si aggrava; <strong>il</strong> Comune nonha più sol<strong>di</strong> e c’è <strong>il</strong> sospetto che <strong>il</strong> poco grano esistente venganascosto dai conta<strong>di</strong>ni e venduto al mercato nero.Interviene così una Commissione M<strong>il</strong>itare <strong>di</strong> Requisizione delgrano che provvede a raccogliere tutto <strong>il</strong> grano esistente e loconsegna al Comune che lo raziona secondo le necessità. Nell’Ottobredel 1917 la Giunta si lancia in questa enfatica <strong>di</strong>chiarazione“Poiché per l’insaziab<strong>il</strong>e sete del popolo teutonico, non siè potuto ancora ottenere quella santa e liberatrice vittoria che laGiunta auguravasi un quest’anno… poiché a causa della guerraalcune spese devono subire un non lieve aumento, come bisognastanziarne delle nuove, come quelle per <strong>il</strong> pagamento dei sussi<strong>di</strong> epel razionamento obbligatorio del pane e suoi surrogati… “.Cosa deduciamo da queste affermazioni? Intanto un’incrollab<strong>il</strong>efiducia nella vittoria finale, pur nel <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e momento,delle armi italiane, che verrà premiata nell’anno successivo. Po<strong>il</strong>e inevitab<strong>il</strong>i <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> b<strong>il</strong>ancio dovendo affrontarsi anche lespese per i sussi<strong>di</strong> alle famiglie dei soldati.Ancora, c’è poca farina per panificare e si è costretti a miscelarlachissà con cosa, come rivela un atto successivo, del 13 Marzo1918. Infine, quello che <strong>di</strong>venterà <strong>il</strong> problema dei problemi:l’aumento smisurato dei prezzi, anzi, un’inflazione mostruosa,dovuta e sia all’assorbimento <strong>di</strong> tutte le produzioni da partedella macchina bellica e sia all’incetta che se ne faceva a vantaggiodel mercato nero.Leggiamo le delibere: <strong>il</strong> 18 Ottobre 1917: “Per l’aumento considerevoledella legna e petrolio… per l’incre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e aumento delcarburo”. E, <strong>il</strong> 27 Gennaio 1918: “…<strong>il</strong> costo della carta, legna,petrolio e carburo e centuplicato, infatti <strong>il</strong> petrolio si è arrivatoa vendere a circa 4 Lire <strong>il</strong> litro mentre prima andava a 0.55; <strong>il</strong>a cura <strong>di</strong> francoMarzo / Apr<strong>il</strong>e 2007carburo a Lire 3.50 <strong>il</strong> Kg. mentre prima andava a Lire 0.35”.Ma arriva anche, grazie a Dio, <strong>il</strong> momento delle gioie: la presa<strong>di</strong> Trento e Trieste e la vittoria finale. Per ognuno <strong>di</strong> questistorici e favorevoli momenti, la Giunta organizza due gran<strong>di</strong>feste popolari. Finisce finalmente la guerra, ma non i problemi.Tornano a casa a centinaia i nostri soldati, e molti <strong>di</strong> loronon hanno uno straccio <strong>di</strong> lavoro, ma hanno una famiglia damantenere.<strong>La</strong> Giunta non si perde d’animo e “ad evitare guai seri e adempiereai doveri sacrosanti contratti verso chi si sacrificò per la salvezzadelle Patria, delibera <strong>di</strong> derogare dalla procedura regolamentare”e quin<strong>di</strong>, con molto e sacrosanto coraggio, avvia de<strong>il</strong>avori <strong>di</strong> pubblica ut<strong>il</strong>ità nei quali impiega la gran massa degliex soldati <strong>di</strong>soccupati.Razionamento,altro che <strong>di</strong>eta!!<strong>La</strong> prima Guerra Mon<strong>di</strong>ale è finita da un anno e mezzo, mal’Italia fatica a rimettersi in sesto. Alla guerra si era aggiunta laterrib<strong>il</strong>e “Spagnola”, un’epidemia che nel mondo aveva provocatoun numero ancor maggiore <strong>di</strong> morti: Venti m<strong>il</strong>ioni.Anche <strong>Sant</strong>’Agata ne fu durissimamente colpita e ne parleremoin altra occasione. Essendoci pochissimo cibo lo si raziona colRegio Decreto nr. 206 del 4 Marzo 1920.Ecco quanto spetta ad ogni persona per un mese intero: olio gr.300; grasso gr. 200; pasta Kg. 2; riso Kg. 2; zucchero gr. 300;formaggio gr. 300. Altro che <strong>di</strong>eta!!!Uno strano agnelloa <strong>Rocca</strong> PratiffiUna sera, un uomo a cavallo stava tornando verso casa sua, a<strong>Rocca</strong> Pratiffi. Era stato alla fiera <strong>di</strong> Mezza Quaresima a <strong>Sant</strong>’Agata,ed aveva fatto tar<strong>di</strong>.Era già buio, ma era arrivato a San Vincenzo, dove un temposorgeva la Chiesa e <strong>il</strong> Convento delle Suore Clarisse.<strong>La</strong>sciò la strada principale che scendeva a Ponte Messa, e<strong>di</strong>mboccata quella per <strong>Rocca</strong>, vide a sinistra un agnellino chebrucava tranqu<strong>il</strong>lamente sul ciglio della strada. Rimase un po’stupito, perché, <strong>di</strong> regola, i pastori stavano bene attenti a nonperdere nessun animale, ma, pensò, in fondo può succedere.Sceso da cavallo, prese l’agnello e ripartì.<strong>La</strong> strada in quel punto <strong>di</strong>scende verso un fossatello, poi risale.Proprio in questa salitina al cavaliere sembrò che l’agnello fosse<strong>di</strong>ventato cal<strong>di</strong>ssimo, anzi scottava e <strong>il</strong> cavallo era <strong>di</strong>ventatoirrequieto, scalciava e ansimava. Arrivato alla meno e peggioalla fine della piccola salita (dove a destra c’è <strong>il</strong> Camposanto),l’agnello gli si rivolse contro con un ghigno (o almeno cosìgli parve, dato <strong>il</strong> buio e la paura), allora <strong>il</strong> cavaliere afferratol’agnello lo gettò giù da cavallo urlando: “Se t’cè e <strong>di</strong>evli, fa efoc!” (Se sei <strong>il</strong> <strong>di</strong>avolo, fai <strong>il</strong> fuoco!). E così avvenne; nel puntoin cui cadde l’agnello si levò una gran fiammata.Questa storia mi è stata raccontata da una persona <strong>di</strong> Maiano,ora morta, ma la cui famiglia era originaria proprio <strong>di</strong> <strong>Rocca</strong>Pratiffi.


Marzo / Apr<strong>il</strong>e 2007Dell’emigrazione italiana in terrabelga, un flusso che andava a popolarei bacini minerari, è rimastonella memoria nazionale poco più cheun nome tragico: Marcinelle. In Belgio,invece, <strong>il</strong> ricordo è rimasto più vivido, se<strong>il</strong> romanzo <strong>di</strong> Girolamo <strong>Sant</strong>ocono (l’autoreè onomasticamente italianissimo, ma<strong>il</strong> libro è scritto in francese) ha avuto unconsistente successo al momento della suauscita, nel 1986.Tradotto solo ora in italiano, “Rue des italiens”ha <strong>il</strong> carattere dell’epopea. Eppurenon ci sono eroismi e <strong>il</strong> racconto è f<strong>il</strong>tratodallo sguardo del bambino protagonista.Ma questo sguardo pu<strong>di</strong>co e “dal basso”non toglie forza al passo da biografia collettiva.Italiani in trasferta <strong>di</strong>visi da tutto,la provenienza regionale e le abitu<strong>di</strong>ni alimentari,<strong>il</strong> <strong>di</strong>aletto e <strong>il</strong> panorama geograficodello spicchio <strong>di</strong> casa che si portanoappresso, incrostato da immarcescib<strong>il</strong>esaudade.Italiani che però si stringono a coorte, inun senso <strong>di</strong> appartenenza identitaria, sottola spinta della <strong>di</strong>ffidenza dei belgi. Unpopolo a sua volta <strong>di</strong>stinto in fiamminghie valloni, ma non incline a finezze tassonomicheper definire quell’orda <strong>di</strong> “invasori”provenienti dallo Stivale. “Macaroni” o“Ritals” tutti quanti, con buona pace delle<strong>di</strong>spute tra terroni e polentoni. Il libro<strong>di</strong> <strong>Sant</strong>ocono non ha spiriti pacificatori.Nostalgia dell’infanzia, quella sì, insiemea un grato sorriso per quei padri che hannolottato con la s<strong>il</strong>icosi e <strong>il</strong> grisù. L’autorenon è <strong>di</strong>sposto a <strong>di</strong>menticare gli stenti e leum<strong>il</strong>iazioni. Ma neanche i <strong>di</strong>fettacci deglistoria“Rue des italiens”Questa volta vogliamo segnalarvi un libro appena uscitoimmigrati. I pregiu<strong>di</strong>zi portati in valigiadal paese, la litigiosità che scuoteva le scaledei falansteri in cui i minatori si erano attendatialla bell’e meglio, le rodomontatedegli uomini e i <strong>di</strong>verbi tra donne. Contesain cui ai <strong>di</strong>aletti meri<strong>di</strong>onali, parlatida immigrati convinti che per esprimersiin francese bastasse accentare sull’ultimas<strong>il</strong>laba <strong>il</strong> <strong>di</strong>aletto <strong>di</strong> Enna o <strong>di</strong> Pozzuoli, siintrecciano le parlate padane, fatte <strong>di</strong> unlessico minimo con le bestemmie in luogodei segni <strong>di</strong> interpunzione.In questo ba<strong>il</strong>amme cresce <strong>il</strong> protagonista.<strong>La</strong> <strong>Rocca</strong>Riconoscib<strong>il</strong>i: Gigi Pasquini, Franco Gui<strong>di</strong>, Walter Valli, Alberto Giuliani?, Leo Vitali, GianniPiacenti?, Riccardo Gori, Agata Sartini, Edgardo Bossari, Angelo Magnani, PasqualinaCastellani, Guerrina Canotti, Giovanna Rossi?, Luisa Rinal<strong>di</strong>, Talina Frattini, Oliva Rinal<strong>di</strong>,Assunta Magnani, Mariarosa Valli, Gigi Goretti, Teresa Perugini, Li<strong>di</strong>a Sampaoli, ZinaAngelici, P. Lino Valli, Giannina Coppola, Teresa Perugini, Valli (e fachen), Maria Paolucci,Guerrina Ercolani, Alba Paolucci, Agata Paolucci, Albarosa Valli, Giuliana Canotti…Finchè alla vita nel palazzaccio con vistaminiera, si sostituisce un appartamentonella più or<strong>di</strong>nata cornice <strong>di</strong> Rue de l’Eglise,in rapida trasformazione in Rue desItaliens.<strong>La</strong> famiglia <strong>di</strong> Girolamo, infatti, capisceche <strong>il</strong> piccolo, seppur si sentirà sempre unbelga d’importazione, non è più - né maisarà - un italiano. Papà e mamma accantonanoquin<strong>di</strong> <strong>il</strong> desiderio <strong>di</strong> tornare inpatria e cercano <strong>di</strong> costruire un’esistenzamicroborghese, che consenta al figlio unfuturo alla larga dalla miniera. (<strong>il</strong> Foglio)SOTTOSCRIZIONIPiero Raggi, RavennaEnzo Gent<strong>il</strong>i, S. AgataGuido Gui<strong>di</strong>, S. AgataSincero Chiari, S. AgataGabriella Polidori, S. AgataDaniele Gianessi, S. AgataAlessandro Croce, Casarza LigureSupermarket Boldrini, S. AgataGrazia Bartolini, S. AgataLodovico Molari, NovafeltriaPaolo Antimi, SavonaGianluca Tonelli, S. AgataMaria Lucia Rinal<strong>di</strong>, TalamelloEmi<strong>di</strong>o Rinal<strong>di</strong>Emanuela Botticelli, RiminiCristiana Botticelli, RiminiMargherita Botticelli, RomaCassio Botticelli, RiminiRistorante Perlini, S. AgataSandra Torri, S. AgataBar Luna, S. AgataPietro Bartolini S. AgataElena Zanotti, ForlìAlessandro Paci, S. AgataAndra Masini, M<strong>il</strong>anoDaniele Rossi, S. AgataEnrica Masini, S. AgataBernardo Polidori, S. AgataVirginia Bartolini, San DonatoAdalgisa Diana, GenovaBianca Baroncelli, RavennaAgata Sartini ved. Brogiotti,S. <strong>La</strong>zzaro <strong>di</strong> SavenaArmando Cappelli, S. AgataCorrado Rinal<strong>di</strong>, S. AgataDaniele Masini, S. AgataDecio Valli, S. AgataG<strong>il</strong>berto Giuliani, S. AgataG<strong>il</strong>berto Rossi, S. AgataLorenzina Para, S. AgataMaddalena Gamberini, S. AgataMaria Valli, S. AgataMedardo Gambetti, CasteldelciPaola Borghesi, RiminiRenato Paci, RiminiStefania Gambetti, S. AgataLuigi Urbini, Livry Gargan - FranciaComitato per la Salvaguar<strong>di</strong>a<strong>di</strong> Petrella Gui<strong>di</strong>, Petrella Gui<strong>di</strong>


<strong>La</strong> <strong>Rocca</strong>la pièBianchen…<strong>il</strong> pasqualotto <strong>di</strong> RivolpaioMarzo / Apr<strong>il</strong>e 2007Non è ancora estinto del tutto,nelle colline <strong>di</strong> Sarsina (e <strong>Sant</strong>’Agata),l’allegro canto dellaPasquella. Nella notte dell’Epifania sparutigruppi <strong>di</strong> buontemponi bussano,spesso inattesi, alle case vicine per riproporrei brandelli dell’antico messaggioaugurale.«<strong>La</strong> pasquela la ven ogni an… ». Questimoderni pasqualotti, che si spostano inmacchina e, oltre all’organino, s’accompagnanocon strumenti più alla modaquali cornette e saxofoni, sono accolticon commovente nostalgia dai vecchi econ gioioso stupore dai giovani.«Siam venuti a darvi nova…». <strong>La</strong> canzonettatelevisiva si spegne ed è lasciatagirovagare fra le antenne del tetto, unavolta tanto, come la befana. Pastori e remagi s’affollano nel canto per urlare, insiemea quel «ricciolino <strong>di</strong> Gesù Bambino»,la «bona pasquela».«Da lontano abbiam saputo / che <strong>il</strong> maialmazzato avete…». E <strong>il</strong> momento godereccio.Dal cielo si ritorna frettolosamentein terra per le ricercate gioiedella… carne, e <strong>il</strong> Natale cede <strong>il</strong> postoal carnevale, nella logica della canzone.L’invocata sposa, «bianca e rossa comeuna rosa», imban<strong>di</strong>sce la tavola per ungeneroso rinfresco, mentre l’an<strong>di</strong>rivienidei boccali si fa frenetico, come glistornelli che s’improvvisano giulivi, e ledanze che si accendono con le donne <strong>di</strong>casa.«Ringraziamo, signor padrone…». Dopo<strong>il</strong> saluto <strong>di</strong> commiato, urlato più omeno forte secondo i bicchieri scolatie dei «doni» ricevuti, si riparte veloci.Altre case, molte altre case sono ancorada visitare (e da…godere), nella lunganotte della Pasquella. (…).Il 6 gennaio 1976, a quella specie <strong>di</strong>«festival della pasquella» che si è tenutanella vicina <strong>Sant</strong>’Agata Feltria, per iniziativadella locale Pro-Loco (presiedutadall’attivissimo Dott. Amedeo Ciuffetti),ben cinque gruppi <strong>di</strong> pasqualotti,che nella notte avevano portato la tra<strong>di</strong>zionalecanzone negli sparsi casolari,sono stati applau<strong>di</strong>ti e premiati.Ospite d’onore, festeggiatissimo, è statol’ottuagenario Adamo Bianchi, dettoBianchen che ha cantato, solitario, laPasquella dei …morti (una novità assolutaper la Romagna).Bianchen si è mostrato meravigliatodell’interessamento alla sua pasquellaanche quando, con l’aiuto dell’amicoPinetto Giorgi, sono andato a visitarlonella sua casa-osteria <strong>di</strong> Rivolpaio, doveDon MarellaGigi Amantini e Valerio Pacivive, a 10 km. da <strong>Sant</strong>’Agata e ai confiniparrocchiali <strong>di</strong> Pagno. «<strong>La</strong> vera pasquelal’è la mia» egli <strong>di</strong>ce orgoglioso «perché èdestinata alle anime del purgatorio! ». Ela <strong>il</strong>lustra, ancor prima <strong>di</strong> cantarla intornoal camino, fra i clienti, col quartinoin mano, che guardano <strong>di</strong>vertiti.Suo suocero, nativo <strong>di</strong> Fragheto (Casteldelci),gl’insegnò intorno al 1923 le«stanze» (la parola è sua), leggendole daun antico manoscritto; ed egli, analfabeta,le memorizzò cantandole per cinquant’anninelle terre <strong>di</strong> <strong>Sant</strong>’Agata e <strong>di</strong>Sarsina.Il canto, nella cornice festosa della giocondapasquetta, rievocava i travaglidelle anime purganti e invitava «chi hapadre, madre, fratelli e parenti» a «rinfriscar»le povere anime «che stanno inquelle fiambe tormentate», con Messe eComunioni propiziatorie.All’alba del 5 gennaio Bianchen partivada Rivolpaio solitamente con altritre compagni, uno dei quali suonaval’organino, per raggiungere via via, concanti e suoni, le case <strong>di</strong> Rosciano, Pagnoe Ca’ Piccioni. Il viaggio, che prevedeva<strong>il</strong> pernottamento nell’ospitale Pagno, siconcludeva nella tarda serata del 6 gennaio.Le mangiate e le bevute, lungo <strong>il</strong>percorso, non si contavano e spesso avvenivanoin compagnia, nella notte, coipasqualotti «regolamentari» incontrati;abbondanti erano pure le offerte perrealizzare una straor<strong>di</strong>naria «befana <strong>di</strong>preghiere» ai defunti. Il ricavato, infatti,veniva scrupolosamente consegnatoal parroco <strong>di</strong> San Vitale-Rivolpaio cheprovvedeva ad officiare un congruo numero<strong>di</strong> Messe <strong>di</strong> suffragio.C’era chi sosteneva, anni or sono, <strong>il</strong> riciclaggio«offerte-Messe» nelle singoleparrocchie; ma <strong>il</strong> nostro Bianchen, forte<strong>di</strong> una lettera credenziale ottenuta dall’alloravescovo <strong>di</strong> Sarsina, continuò a«priv<strong>il</strong>egiare» <strong>il</strong> proprio parroco.Ora, Bianchi, sfoggia una voce eccezionalmentevigorosa, da stor<strong>di</strong>re <strong>il</strong> magnetofono,ma le gambe non gli permettono<strong>di</strong> infangarsi lungo le strade, comevorrebbe, per gettare manciate d’allegrianell’oscuro regno del pianto. Ricorda lamoglie, morta da poco, e canta, cantasenza fine, le «stanze» della sua pasquella.I clienti, ormai abbandonati, armeggianoda soli fra i bottiglioni. Stasera sibeve gratis come…nelle festose nottidell’epifania!Sul trave, l’«uovo dell’Ascensione» (<strong>il</strong>mistico parafulmine della credenza popolare)ha <strong>il</strong> suo daffare coi… «tuoni»improvvisi <strong>di</strong> un chiassoso ubriaco.Segue a pag. 7


Marzo / Apr<strong>il</strong>e 2007Dalla pagina 6Ricordé Gesù, benigno pio 2 ,Signor del cielo tutto l’oniverso;Maria che incarnaste dolce Id<strong>di</strong>operché dal Padreterno fui concesso 3 .Per liberarci dall’infermeria 4moristi in croce tu stesso lor par mezzo 5 ,ti prego, per la tua santa passiona,<strong>di</strong> dare al canto mio gran <strong>di</strong>voziona.Cari signori tutti qui presenti,porgete orecchio al mio <strong>di</strong>re, se vi piace:<strong>di</strong>rò del Purgatorio nei lamentise voi mi sculterete in santa pacia.Or chi ha padre, madre, fratelli e parentifaccia lor ben perché è lor che Dio piace,io venerò degli animi purganti 6dov’è li sospiri e loro i pianti.Vergin Immacolata, Vergine pura,che partoristi <strong>il</strong> nostro Creatore,prendete per pietà <strong>di</strong> noi la cura,mia madre, santa madre, tutto amore!Ristoratate <strong>il</strong> carcere e le cure 7 ,voi sapete che c’è li nostro onore!Pregate voi, Vergine pia,per far la gloria del ver Messia.storiaEd ecco la Pasquella <strong>di</strong> BianchenPASQUELLA DEI MORTI 1Cari signori, movetevi pietatea rinfriscar quest’anime intormontine 8che stanno in quelle fiambe tormentate,gridando torno a me che sento <strong>di</strong>re.«O figliol caro» <strong>di</strong>ce <strong>il</strong> padre,«ascolta per pietà, stammi a sentire!Io ti farò saper a poco a pocoi li tormenti che stanno in questi luoghi 9 .Gloria asà del ciel nostro avocato 10 !Voi che tucate <strong>il</strong> cuore dei viventi,ogni alma <strong>di</strong> morte batezata,per dar qualche sulievo a sti tormenti 11 .Figlio, sempre nel mondo travagliaiper acquistar la roba in casa miamentre che ero in vita; dopo mortoId<strong>di</strong>o queste pene mi ha preparate.Abbia memoria dell’amor paternoE dell’affetto in quello ti portai,per te sudavo d’istate e d’inverno…Io per nutrirti a te non riposai 12 !Se qualche carità mi puoi ben fare,fala per me che a Dio lo voglio <strong>di</strong>re;<strong>La</strong> <strong>Rocca</strong>dopo che uscirò da tante peneio prigherò <strong>il</strong> buon Gesù <strong>di</strong> Dio bene.O figlio, non ti cerco <strong>di</strong> zimpare,nemmeno <strong>di</strong> volerti impoverire;ma se la roba mia ti devi lasciare,almeno qualche Messa fammi <strong>di</strong>re!Se qualche Cumugnone podrai fare,fala per me che a Dio lo voglio <strong>di</strong>re;dopo che uscirò da tante peneio prigherò <strong>il</strong> buon Gesù <strong>di</strong> Dio bene 13 .Un’altra voce <strong>di</strong> qua sentii gridare,per me la madre tua che pare siacon voce e pietà mi sta chiamando<strong>di</strong>cendo: «Figlio caro, figlio mio!E le richeze del mondo poco dura,momento svanisce e poi si more…Se tu, surela, mi fai del bene,cava l’anima mia da tante pene!».articolo <strong>di</strong> Vittorio Tonelli,Liberamente tratto da “<strong>La</strong> Piè”1 Il canto,, <strong>di</strong> origine dotta, si sv<strong>il</strong>uppa per “stanze”: per ottave <strong>di</strong> endecas<strong>il</strong>labi,cioè, a rime alterne (nei primi sei versi) e baciate (negli ultimidue). L’arietta melo<strong>di</strong>ca spezza però l’ottava a metà, come uno stornello.Sulla bocca del popolano <strong>il</strong>letterato <strong>il</strong> testo si è, ovviamente, contaminato,ma è rimasto rispettoso del primitivo messaggio, altamente drammaticoe religioso. Ed è stato qui trascritto come <strong>il</strong> registratore l’ha colto<strong>il</strong> 26 marzo 1976, nel rispetto assoluto del vocabolario, graziosamentescorretto, del simpatico <strong>di</strong>citore.2 Ricordé = ricordate.3 … fu concesso: in terza persona <strong>il</strong> <strong>di</strong>scorso ricupera un po’ <strong>di</strong> senso.4 Considerando la rima e <strong>il</strong> significato, forse «infermeria» sta per «infernorio». Ma per <strong>il</strong> nostro cantore, combattente nella Grande Guerrae «ar<strong>di</strong>to» (com’egli <strong>di</strong>ce) in ben sette scontri all’arma bianca, la parola«infermeria» deve contenere una carica espressiva notevole!5par mezzo: <strong>di</strong> significato oscuro.6Forse «venerò» sta per «vi <strong>di</strong>rò».7Ristoratate = ristoro date?8Quel «rinfriscar» offre all’orecchio popolare una immagine chiara e significativa;non altrettanto si può <strong>di</strong>re <strong>di</strong> «intormontine» che ha contaminatochissà quale vocabolo.9Probab<strong>il</strong>mente nel testo originario la stanza si chiudeva con la rimabaciata <strong>di</strong> «questo loco»…10asà = <strong>di</strong>alettale <strong>di</strong> assai.11Questa quartina, che viene a spezzare <strong>il</strong> <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong>retto del padre (alfiglio), forse faceva parte <strong>di</strong> un’altra ottava.12<strong>La</strong> commovente rievocazione del sudore paterno aggrazia, per un attimo,la grezza drammaticità del canto.Test del santagatese docRispon<strong>di</strong> a questo test, e controlla <strong>il</strong> tuo livello <strong>di</strong> passioneper le vicende del nostro paese.- Hai protestato almeno una volta perché tutti i monumentidel paese sono chiusi (<strong>Rocca</strong>, San Girolamo, Chiesa <strong>di</strong> S.Francesco,…), e per come sono tenute le strade (sporche esconnesse) del territorio comunale?- Hai in casa almeno 10 numeri del nostro <strong>giornale</strong> che esceda 14 anni (un piccolo record del quale an<strong>di</strong>amo fieri) ?- Hai bisogno <strong>di</strong> controllare <strong>il</strong> calendario per sapere cosa sifesteggia <strong>il</strong> 5 febbraio e l’8 <strong>di</strong> settembre?- Possie<strong>di</strong> almeno tre volumi della collana <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> storicisantagatesi?- Hai in casa almeno un ricordo <strong>di</strong> Padre Agostino da Montefeltro?Se hai risposto sempre “SI” sei un <strong>Sant</strong>agatese doc (complimenti!);Se hai risposto “SI” almeno 3 volte sei un bravo <strong>Sant</strong>agatese;Se hai risposto “SI” meno <strong>di</strong> tre volte, la tua passione perS. Agata si è affievolita, e devi recuperare: sottoscrivi subito unabbonamento al nostro <strong>giornale</strong>!


<strong>La</strong> <strong>Rocca</strong>STORIAUn capolavoro <strong>di</strong> Giovanni<strong>La</strong>urentini, detto l’ArrigoniAlla mostra Seicento inquieto. Artee Cultura a Rimini fra Cagnaccie Guercino, promossa e realizzatadalla Fondazione Carim nella primaveradel 2004, erano esposte ben cinque tele<strong>di</strong> un pittore ora poco noto, ma ai suoitempi celebre: Giovanni <strong>La</strong>urentini dettol’Arrigoni. Cinque tele straor<strong>di</strong>narie,<strong>di</strong> un manierismo raffinato, tributariodell’arte marchigiana e romana, ma nondel tutto ignaro dei fenomeni artisticiem<strong>il</strong>iani. Esse costituivano più dellametà della sua produzione superstite,falci<strong>di</strong>ata dalla guerra.Questo <strong>La</strong>urentini era nativo <strong>di</strong> <strong>Sant</strong>’AgataFeltria, ma si considerò, e daicontemporanei fu sempre considerato,riminese; comunque a Rimini era vissutoalmeno dal 1579, e a Rimini morì ultraottuagenario nel 1633. Stranamenteper un pittore (a quel tempo i pittorierano considerati lavoratori manuali,semplici artigiani) aveva sposato unanob<strong>il</strong>e, donna Porzia Olfi, <strong>di</strong> uno deicasati più cospicui della città.Per molti anni ha servito la <strong>comuni</strong>tà<strong>di</strong> Rimini, la nob<strong>il</strong>tà, gli or<strong>di</strong>ni religiosie <strong>il</strong> clero secolare come pittore e comearchitetto, meritandosi l’appellattivo <strong>di</strong>Magnificus Dominus. Ma non ha lavoratosolo per la città: due sue gran<strong>di</strong> paled’altare infatti, si trovano ab antiquo aRavenna e a Brescia, e altre si trovano inRomagna. Era nato intorno al 1550, edunque apparteneva più al secolo della“bella maniera” che al XVII; deve essersiformato tra Roma e Urbino, guardandoe apprezzando prima gli artisti attivi allacorte papale e poi quelli attivi alla corteroveresca.Ricor<strong>di</strong> degli Zuccari e del Barocci sonopresenti in un’opera eccezionale del<strong>La</strong>urentini raffigurante San Martinoe <strong>il</strong> povero, affiorata solo ultimamentedal mercato internazionale dell’arte,datata al 1589 e firmata per esteso(IOANNES LAURENTI/NVS ARIMFACIEBA[T]). Si tratta <strong>di</strong> un <strong>di</strong>pinto<strong>di</strong> me<strong>di</strong>a misura (cm. 122 x 88), ine<strong>di</strong>toe ben conservato, che permette <strong>di</strong> aggiungereun numero importante al suoesiguo catalogo, e soprattutto permette<strong>di</strong> capire un po’ <strong>di</strong> più del suo st<strong>il</strong>e maturo.Marzo / Apr<strong>il</strong>e 2007Il soggetto vi è svolto in maniera semplicee chiara: mentre l’alba tinge <strong>il</strong> cielo“<strong>di</strong> rosa e d’oro”, un cavaliere corazzatoe impennacchiato come un pala<strong>di</strong>no <strong>di</strong>Francia sta per tagliare con la spada <strong>il</strong>suo bel mantello rosso per darne unaparte (forse un po’ piccola) a un poverocoperto da pochi stracci incontratoal limitare <strong>di</strong> un bosco, su una collinache domina una lontana città murata eben <strong>di</strong>fesa da un grande castello. Un belgesto <strong>di</strong> carità, che la tela propone comeun gesto <strong>di</strong> cavalleria; un bel gesto cu<strong>il</strong>’atletico poverello risponde con avidaprontezza e che sembra sorprendere <strong>il</strong>cavallone bianco dallo sguardo umanissimo,fra l’ammirato e <strong>il</strong> curioso, rivoltoverso lo spettatore quasi a consigliargli<strong>di</strong> prendere nota, <strong>di</strong> tener conto <strong>di</strong> ciòche sta facendo <strong>il</strong> suo santo padrone.In basso e lontano, oltre la collina e oltre<strong>il</strong> bosco, la città si sta risvegliando;è su uno sfondo caliginoso, che la lucedel sole nascente presto sbarazzerà dallenebbie notturne. Ma altra e <strong>di</strong>versa,e in<strong>di</strong>fferente a quella dell’atmosfera, èla luce tersa che <strong>il</strong>lumina i personaggie getta ombre sul terreno, sugli occhidel cavaliere e sul collo del cavallo: tuttaideale e idealizzante, tutta artificiale,accende i colori e ci porta in un mondoestraneo allo spazio e al tempo reali, inun mondo dove la fantasia trascende larealtà. È <strong>il</strong> mondo profano delle impresecortesi, dei poemi cavallereschi tantoamati in quello scorcio <strong>di</strong> Cinquecentoe tanto popolari da mettere in sospettoe in agitazione <strong>il</strong> clero appena “riformato”,sempre timoroso <strong>di</strong> fantasie, <strong>di</strong>amori, <strong>di</strong> contaminazioni, <strong>di</strong> incantesimi,<strong>di</strong> eresie.Se si legge in chiave <strong>di</strong> narrazione fantastica,<strong>di</strong> favola cortese, <strong>il</strong> <strong>di</strong>pinto rivelainaspettate meraviglie: nel cavallonecan<strong>di</strong>do come misteriosamente bloccato,nel cavaliere coperto dalla modernacorazza d’argento tutta piena <strong>di</strong> riflessi,nel povero <strong>di</strong> perfetta anatomia, nellanatura rigogliosa che si rivela nel bosco(“oscuro e misterioso” come in tutte lefavole) e nei ciuffi d’erba fioriti in primopiano, nel policromo sfondo da teatrino.Che poi la favola sia opera <strong>di</strong> un sapienteartefice, è ben evidente nell’eleganzache caratterizza la struttura grafica ecompositiva della figurazione, circolaree serpentinata, condotta con una coerenzada manuale (si noti come la curvadel collo del cavallo si prolunghi inquella del mantello e si concluda nellazampa alzata dell’animale, contrastandocon le verticali costituite dall’altra zampae dalla parte <strong>il</strong>luminata del collo e dalcorpo del povero); e dall’esecuzione d<strong>il</strong>igente,anzi accuratissima, ma anche <strong>di</strong>vertitae <strong>di</strong>vertente, che ha consideratoinfiniti particolari, tutti descritti magistralmente(dal pennacchio alle cinghiealle prof<strong>il</strong>ature dorate, dalla criniera delcavallo ai finimenti della sella).Il ricordo semplificato degli Zuccari èparticolarmente sensib<strong>il</strong>e nelle figure delcavaliere e del povero; quello del Baroccinell’enfatico mantello e nello sfondopaesistico. Certamente del primo mancala <strong>di</strong>sinvoltura narrativa e del secondola vibrante e variata finezza pittorica;ma la narrazione, benché bloccatae come sospesa, è comunque chiara edefficace come richiesto dai tempi, e nob<strong>il</strong>eed elegante come richiesto da unacommittenza colta e altolocata, e infinecoerente con lo st<strong>il</strong>e noto del pittore, <strong>di</strong>cui posse<strong>di</strong>amo un’altra opera <strong>di</strong> questostesso anno 1594: la Visione <strong>di</strong> San Giacinto<strong>di</strong>pinta per i Domenicani riminesi(e ora nella chiesa dei Servi): che ha unpaesaggio sim<strong>il</strong>e, e una Madonna-principessache sembra in attesa proprio delnostro cavaliere sul suo cavallo bianco(cavaliere <strong>di</strong> Malta, come <strong>di</strong>mostra lacroce d’oro ageminata al centro dellacorazza, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> antica nob<strong>il</strong>tà).Con <strong>il</strong> nostro <strong>di</strong>pinto si confrontano anche<strong>La</strong> consegna delle chiavi a San Pietro,l’unica opera dei <strong>La</strong>urentini possedutadal Museo <strong>di</strong> Rimini, firmata e datatanell’anno santo 1600, con un Gesù dalgrande mantello rosso che, come quellopiù accartocciato del San Martino, nonriesce a creare volume; e la Fuga in Egittodel Suffragio <strong>di</strong> Rimini, nota da poco,che al <strong>di</strong> là delle zampe dell’asino presentauna molto sim<strong>il</strong>e visione paesaggisticaa volo d’uccello, <strong>di</strong> lontana maindubitab<strong>il</strong>e ascendenza barocchesca.Segue a pag. 11


Marzo / Apr<strong>il</strong>e 2007<strong>La</strong> <strong>Rocca</strong>personaggiCornelia Fabri,una santagatese a RavennaAvevamo già parlato <strong>di</strong> CorneliaFabri in un vecchio numero della<strong>Rocca</strong> spiegando che è stata le<strong>il</strong>a prima donna laureata in matematicain Italia. Ora <strong>il</strong> prof. Ottavio Banti <strong>di</strong>Pisa ci ha cortesemente inviato un documentoche conferma <strong>il</strong> dato e precisache <strong>il</strong> primo nome <strong>di</strong> donna che sitrova negli elenchi degli studenti dellanormale <strong>di</strong> Pisa è proprio quello <strong>di</strong> Cornelia,che si laureerà nel 1891, con pienivoti assoluti e lode, <strong>di</strong> fronte ad unacommissione presieduta da AntonioPacinotti (l’inventore della <strong>di</strong>namo).Siamo contenti <strong>di</strong> questa ulteriore confermaalle nostre ricerche e riportiamo<strong>di</strong> seguito una breve nota sulla Fabri. IFabri erano un’antica famiglia <strong>di</strong> origineravennate, riparata a S. Agata Feltria nel1522 e rientrata a Ravenna alla fine del1700, mantenendo comunque casa posse<strong>di</strong>mentie frequentazioni a S. Agata.Cornelia nacque in questa famiglia <strong>il</strong> 9settembre 1869 a Ravenna. Nipote delprof. <strong>Sant</strong>i, poeta e celebre matematico.Vista la propensione agli stu<strong>di</strong> scientificie matematici <strong>il</strong> padre la spinse a frequentare,ultimato l’Istituto tecnico, <strong>il</strong>corso <strong>di</strong> matematica presso l’Università<strong>di</strong> Pisa.Durante gli anni dell’Università <strong>di</strong>mostròle proprie capacità sostenendo 12esami speciali superati col massimo deivoti (due 30/30 e <strong>di</strong>eci 30 e lode); così <strong>il</strong>30 giugno 1891 conseguì la laurea conlode.Cornelia fu la prima donna a laurearsiin matematica in Italia!Successivamente pubblicò <strong>di</strong>versi trattatie <strong>di</strong>verse memorie <strong>di</strong> Analisi Matematica,<strong>di</strong> Meccanica e <strong>di</strong> Idraulica, alcunedelle quali sono conservate presso la bibliotecaClassense <strong>di</strong> Ravenna.Cornelia è stata de<strong>di</strong>cata una relazioneda parte <strong>di</strong> Mirca Modoni Georgieu inoccasione del 4° Convegno <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Storici<strong>Sant</strong>agatesi tenuto a S. Agata qualcheanno fa, ed al suo ricordo è de<strong>di</strong>catal’attività <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> volontari delPlanetario <strong>di</strong> Ravenna.L’ultima leggenda francescanaCaro lettore, siamo arrivati con questa ultima, allafine sia delle leggende su S. Francesco, narrate dalconte Barbolani per onorarlo e per espiare i suoipeccati, sia alla fine della vita del conte Lorenzo che altriraccontarono.Questa leggenda ci è stata poi tramandata, come le altre,da chi ascoltava facendone tesoro, così noi oggi dobbiamoessere grati a questi ignoti narratori, veri cultori della storialocale e della parola, perché è per loro tramite che conosciamoe cerchiamo <strong>di</strong> capire quella realtà solo apparentementelontana che ci aiuta ad in<strong>di</strong>viduare apporti e ra<strong>di</strong>cidella nostra attuale cultura e della nostra vita.Allora, <strong>di</strong>cevamo…San Francesco dopo aver soggiornato presso i conti Barbolani<strong>di</strong> Montacuto, ed aver subito le loro pesanti angherie,perché <strong>di</strong>ffidavano della sua santità e volevano metterloalla prova attraverso lo scherno, si accingeva a lasciarli perraggiungere <strong>La</strong> Verna dove me<strong>di</strong>tava <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficare un convento.I conti cercavano <strong>di</strong> trattenerlo con gent<strong>il</strong>ezze ed onori, maal <strong>Sant</strong>o non interessavano queste lo<strong>di</strong> perché ne temeva leinsi<strong>di</strong>e terrene. Voleva solo seguire la sua vocazione che lochiamava altrove; voleva consacrarsi totalmente al servizio<strong>di</strong> Dio e così si accomiatò dalla nob<strong>il</strong>e famiglia.I conti erano davvero addolorati per questa partenza e lopregarono <strong>di</strong> lasciare loro almeno un suo ricordo. AlloraSan Francesco <strong>di</strong>sse: «Quando qualcuno del vostro casatosarà prossimo alla morte gli apparirà per le tre notti precedenti<strong>il</strong> ferale avvenimento, una luce che si farà sempre piùvicina. Sarà un segnale che dovrà essere colto come benedettodal Cielo, perché darà tempo per riconc<strong>il</strong>iarsi con Dio e congli uomin,i se mai fossero stati offesi. Questo segno lo vedrannoanche i vostri <strong>di</strong>scendenti finché durerà la vostra stirpe».<strong>La</strong> profezia <strong>di</strong> San Francsco non fallì mai né per i contiBarbolani né per tutti i loro <strong>di</strong>scendenti e anche alla mortedel conte Lorenzo, ben cinque secoli dopo si avverò conmirab<strong>il</strong>e precisione proprio a Monte Rotondo, dove <strong>il</strong> conteera andato a rifugiarsi e dove morì. Ecco come si svolseroi fatti attraverso la narrazione della tra<strong>di</strong>zione.Nel febbraio del 1761 <strong>il</strong> conte Lorenzo Barbolani si ammalò.Era acciaccato dagli anni e da una vita <strong>di</strong>ssipata. Nel suoletto <strong>di</strong> ammalato ripensava alla profezia che per secoli avevasegnato gli ultimi giorni dei suoi antenati e per questotutte le sere domandava ad un fedele servo se scorgesse unaluce sul crinale dei monti che accerchiavano e sovrastavanoMonte Rotondo.<strong>La</strong> sera del 26 febbraio <strong>il</strong> servo che vegliava attento corse alletto del malato e gli sussurrò: «Una luce, signor conte, unaluce è alla Bigotta!». <strong>La</strong> sera del 27 <strong>il</strong> sevo vide ancora laluce alla Croce <strong>di</strong> Casteldelci e corse a riferirlo al conte. <strong>La</strong>sera del 28, la terza ed ultima della profezia, la luce splendevaalla Croce della V<strong>il</strong>la e <strong>il</strong> conte ne fu prontamenteinformato.Allora Lorenzo Barbolani ricordò le parole del santo; nefu commosso perché lui stesso aveva narrato a tanti queipro<strong>di</strong>gi. Fece chiamare così <strong>il</strong> prete si pentì dei suoi tantipeccati e con la pace nell’anima, aiutato dai conforti dellafede, si preparò alla morte che lo colse <strong>il</strong> mattino seguente.Era <strong>il</strong> primo marzo 1761.Fioretta Faeti Barbato


<strong>La</strong> <strong>Rocca</strong>raccontoMarzo / Apr<strong>il</strong>e 2007Vi ricordate <strong>di</strong> padre Marellae dei ragazzi <strong>di</strong> San Girolamo?<strong>La</strong> MottaRicordo <strong>il</strong> mio anno <strong>di</strong> montagna, credofosse <strong>il</strong> 1960. Un giorno ci venne aprendere <strong>il</strong> nostro Pulmann gran turismo,cioè <strong>il</strong> camion tigrotto, che ci portòa <strong>Sant</strong>’Agata Feltria in provincia <strong>di</strong>Pesaro, dove <strong>il</strong> padre aveva due case e per<strong>di</strong>stinguerle le chiamerò quella <strong>di</strong> sottoe quella <strong>di</strong> sopra per via della loro ubicazione,quella <strong>di</strong> sotto ricavata da un vecchioconvento restaurato dal Padre, conla sua bellissima chiesa incorporata, contanto <strong>di</strong> chiostro ed al centro un pozzomonumentale, aveva un grande cort<strong>il</strong>edavanti che noi trasformammo nel nostrocampo <strong>di</strong> calcio, ed un piazzale <strong>di</strong><strong>di</strong>etro, dove c’era l’entrata della chiesa,una bellissima chiesa antica, con corotutto <strong>di</strong> legno lavorato.<strong>La</strong> chiesa era intitolata a San Girolamo,e dava <strong>il</strong> nome a tutto <strong>il</strong> complesso cheLuogo <strong>di</strong> conservazione. <strong>Sant</strong>’AgataFeltria, chiesa <strong>di</strong> San Girolamo, altarenella quarta cappella a sinistra.Soggetto. Croce.Datazione. XVIII secoloIscrizioni. “IN HOC SIGNOVINCES” “QUI NON ACCIPITCRUCEM SUAM NON EST MEDIGNUS”Stato <strong>di</strong> conservazione. Me<strong>di</strong>ocre.Ampie lacune nella parte inferiore.Non è stato possib<strong>il</strong>e controllare <strong>di</strong>vi era intorno.Al <strong>di</strong> là del piazzale era cresciuto unboschetto rigoglioso, con alberi alti suun piccolo strapiombo. Nel boschettocrescevano le liane, con le quali ci <strong>di</strong>vertivamoun sacco a dondolarci, anche segli assistenti ce lo avevano severamentevietato, perché cadendo ci saremmo fattisicuramente molto male.Ma sicuramente Padre Marella avevachiesto al buon Dio <strong>di</strong> metterci un angelocustode particolare a nostra protezione!Fortunatamente mai alcuno <strong>di</strong> noi si erafatto tanto male da andare a farsi me<strong>di</strong>caredall’assistente, altrimenti… . Eratanta la voglia <strong>di</strong> emulare Tarzan, chenon vedevamo <strong>il</strong> pericolo.<strong>La</strong> casa <strong>di</strong> sopra invece, era un vecchioe<strong>di</strong>ficio ancora in buono stato, denominato“Motta”; oltre all’abitato, vi era unIl paliotto <strong>di</strong> San Girolamopersona lo stato <strong>di</strong> conservazione deitre manufatti in quanto la chiesa <strong>di</strong>San Girolamo è chiusa per restauristrutturali.(immagine tratta dalla tesi <strong>di</strong> <strong>La</strong>urea<strong>di</strong> S<strong>il</strong>via Angelini <strong>di</strong> Pennab<strong>il</strong>li“DIFFUSIONE DEI PALIOTTI INSCAGLIOLA NELLA VALMARECCHIA.ANALISI STILISTICA E IPOTESICRONOLOGICHE,ANNOACCADEMICO 2004-2005 Universitàdegli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Urbino)fien<strong>il</strong>e ed una stalla per gli animali.Il Padre, con una visione anticipatrice,l’aveva trasformata in “azienda agricola”per i ragazzi han<strong>di</strong>cappati mentali che,per le leggi <strong>di</strong> allora, sarebbero stati condannatial manicomio.(…) Ricordo che quando noi ci volevamoavvicinare ai loro animali, questi sirivoltavano, mentre quando venivanoavvicinati dai ragazzi stessi, non solonon si rivoltavano, ma esprimevano <strong>il</strong>riconoscimento alla loro maniera.Che paura(…) Quando <strong>il</strong> Padre andava a <strong>Sant</strong>’Agatala prima visita era per loro chenel vederlo, gioivano e ridevano contenti.Il Padre tirava fuori dalla tasca <strong>il</strong> can<strong>di</strong>dofazzoletto che la suora <strong>di</strong> Via Pianagli preparava e Lui con quello pulivaloro gli occhi o <strong>il</strong> naso, come avrebbefatto con chiunque <strong>di</strong> noi; e loro stavanofermi come dei bambini, e si lasciavanousare tutte queste attenzioni e lo ringraziavanocon un bacio e un sorriso.Il Padre li ricambiava con un bacio,come faceva con noi.Non era raro vedere la suora che gli avevamesso i fazzoletti nella tasca della marsina,brontolare, e non essere d’accordosull’uso dei suoi fazzoletti bianchi, ma <strong>il</strong>Padre amava questi ragazzi (che noi avevamochiamato senatori, non ne ricordo<strong>il</strong> motivo) <strong>di</strong> un amore grande, maternoe paterno assieme, e questi gesti gli venivanospontanei.In montagna, noi gran<strong>di</strong>celli andavamonon solo per cambiare aria, ma ancheper aiutare gli assistenti che vi abitavanotutto l’anno. Nella casa <strong>di</strong> sotto abitavae faceva da assistente un certo don Giovanni(non ho mai saputo <strong>il</strong> cognome)e un altro assistente, certo Domenico,che a <strong>di</strong>re la verità erano molto, moltoseveri.Noi, giunti da Bologna, dormivamodove c’era posto, perché le camere eranogià occupate da una trentina <strong>di</strong> ragazzi.Dormivamo con i materassi per terra,chi nel corridoio delle camere e chi nelcoro della chiesa.Di notte sentivo i topi che correvano10


Marzo / Apr<strong>il</strong>e 2007qua e là e siccome avevo sentito correrela voce che i topi mangiavano le orecchie,nonostante <strong>il</strong> gran caldo, dormivocon la testa sotto le coperte, tanta era lapaura che me le rodessero.Le biglie <strong>di</strong> terracotta rubateDurante la permanenza in montagna a<strong>Sant</strong>’Agata, mi rubarono le biglie pergiocare a “palmo e cicca”.Ne avevo messe assieme duecentottanta<strong>di</strong> terracotta colorate, ed una sessantina<strong>di</strong> varie misure, in vetro, perché a questogioco ero molto bravo.Tenevo le palline in tre calzettoni maun giorno sparirono. Preso dalla rabbiane stu<strong>di</strong>ai una delle mie, e promisi aimiei compagni che se imparavo chi erastato e recuperavo le palline, avrei fattofinta <strong>di</strong> niente.Nel coro della chiesa vi era un vecchioconfessionale, e pretesi <strong>di</strong> confessare imiei compagno uno alla volta, per scoprirechi le aveva prese.Avevo un certo ascendente verso <strong>di</strong> loro,ed ero svelto a fare a pugni per aiutarei più deboli, non ero nemmeno unospione, perciò mi volevano bene.Avevo appena iniziato le confessioni(credo che ne avessi confessato solotre), quando vi<strong>di</strong> arrivare don Giovannisu tutte le furie, sicuramente avvertitodal ladro delle palline. Voleva picchiarmi;io invece <strong>di</strong> aprire la porticina delconfessionale, visto che mancava <strong>il</strong> vetronella parte superiore, andai sopra<strong>il</strong> confessionale con i pie<strong>di</strong>, e mi tuffaisu don Giovanni, che non aspettandosiuna reazione del genere, si ritrovò agambe all’aria. Non <strong>di</strong>co la fuga chefeci, perché se prima era su tutte le furie,figurarsi ora…Dovetti rifugiarmi dagli assistenti i quali,pur dandomi qualche ceffone ed unapunizione, mi salvarono dalle grinfie <strong>di</strong>don Giovanni. Rimase <strong>il</strong> fatto però, chedopo tutto questo caos che avevo provocato,ritrovai le palline al loro posto,anche se non ho mai scoperto chi fosse<strong>il</strong> colpevole. Comunque feci litigare gliassistenti tra <strong>di</strong> loro e con don Giovanni.Oltre a qualche sberla avuta dopo <strong>il</strong>fatto, buscai <strong>di</strong> non andare al cinemae <strong>di</strong> lavare i piatti per tutto <strong>il</strong> periododelle vacanze, ma felice <strong>di</strong> aver ritrovato<strong>il</strong> mio tesoro, e, per fortuna all’insaputadel Padre.Brani tratti dal volume <strong>di</strong> Michele Marino“Una lettera a Padre Marella”storiaDalla pagina 8Un capolavoro <strong>di</strong> Giovanni<strong>La</strong>urentini, detto l’ArrigoniIl paliotto della CollegiataLuogo <strong>di</strong> conservazione. <strong>Sant</strong>’AgataFeltria, chiesa Collegiata, altare nellaterza cappella <strong>di</strong> sinistra.Soggetto. <strong>Sant</strong>’Orsola.Datazione. 1703.Iscrizioni. “IN AGONE PRESIDIŨ”“1703”Stato <strong>di</strong> conservazione. Danniprovocati dall’umi<strong>di</strong>tà, presenza <strong>di</strong>aloni biancastri.Note. Contrad<strong>di</strong>stinto dallecandelabre laterali <strong>di</strong> impostazione<strong>La</strong> <strong>Rocca</strong>Queste tele hanno <strong>di</strong>mensioni modeste, come del resto <strong>il</strong> San Martino, che nonsembra essere nato come una pala d’altare per una grande chiesa, ma piuttostoper un oratorio pubblico o privato. Purtroppo ci è giunto senza storia, ed inut<strong>il</strong>eè stata una ricerca d’archivio riguardante le molte chiese de<strong>di</strong>cate a San Martinonella <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Rimini. Verso una parte perduta del territorio <strong>di</strong>ocesano rimineseconduceva uno scritto del sacerdote cesenate Pietro Burchi, che, da un inventarioottocentesco riguardante San Lorenzo <strong>di</strong> Gatteo, aveva tratto la notizia <strong>di</strong> un <strong>di</strong>pinto(ora non più esistente) raffigurante appunto San Martino firmato da un certo“Giov. Arrigo” riminese, in un altare eretto da <strong>La</strong>ura Colonna, marchesa <strong>di</strong> Montebello.L’ “Arrigo” è certo <strong>il</strong> nostro <strong>La</strong>urentini, ma la data che accompagna la mut<strong>il</strong>afirma, “1615” fa senz’altro escludere che si tratti del presente <strong>di</strong>pinto. Che verso lametà dell’Ottocento era sicuramente a Cesena, in un deposito <strong>di</strong> S<strong>il</strong>vestro Ragazzinie Giovanni Guerra, raccoglitori e riven<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> opere d’arte provenienti dallesoppresse corporazioni religiose romagnole, dove fu visto da Gaetano Giordani. IlGiordani, infatti, lo descrive esattamente: “San Martino a cavallo col finto poveroin pie<strong>di</strong>, in paese, figure metà del vero, <strong>di</strong> maniera caraccesca; in un cartellino s<strong>il</strong>egge: «Joannese <strong>La</strong>urenti arim. Facibat 1594»” (A Tambini, 1996). Non moltodopo <strong>il</strong> <strong>di</strong>pinto deve aver trovato un acquirente straniero; comunque la sua ultimaprovenienza è dal mercato d’arte parigino. Ora è tornato a casa, dove speriamopossa fermarsi a testimoniare gli ultimi sprazzi <strong>di</strong> un’epoca cavalleresca che stavaineluttab<strong>il</strong>mente tramontando e l’ab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> un Magnificus Dominus che faceva <strong>il</strong>pittore, pensando forse più all’Ariosto e al Tasso che alla Legenda Aurea.Pier Giorgio Pasinicarpigiana e dai due racemi speculari.Il cartone viene ripreso per <strong>il</strong> paliottonr. 103 e a questi due esemplari sipossono accostare i paliotti nellachiesa <strong>di</strong> <strong>Sant</strong>a Chiara a MacerataFeltria, quelli nella chiesa <strong>di</strong> <strong>Sant</strong>aMaria degli Angeli a <strong>Sant</strong>’Angeloin Vado e <strong>il</strong> paliotto con San CarloBorromeo nella chiesa della BeataVergine a <strong>Sant</strong>a Maria in Reclauso(frazione <strong>di</strong> Montecerignone), datato1701.11


<strong>La</strong> <strong>Rocca</strong>San Girolamo 1972Da CULTURA ITALICAPerio<strong>di</strong>co Patriottico Culturale - Anno 1965A quando RIMINI PROVINCIA?Il Montefeltro, situato quasi tutto nellaValle del Marecchia, fa scalo <strong>di</strong>rettamentea Rimini Città. San Leo, Pennab<strong>il</strong>li,Novafeltria e più ancora <strong>Sant</strong>’AgataFeltria, sono perfettamente in territorioromagnolo. E c’è la storia della genesidei luoghi che risale all’Impero Romanoe che fa <strong>di</strong>pendere (particolarmentele terre <strong>di</strong> <strong>Sant</strong>’Agata) da Roma e poida Ravenna. Si deve ai conti <strong>di</strong> Montefeltro,<strong>di</strong>venuti poi duchi <strong>di</strong> Urbino,se lo spostamento, <strong>di</strong>ciamo così marchigiano,ha avuto <strong>il</strong> sopravvento amministrativo.Ma che <strong>di</strong>re delle vie <strong>di</strong> <strong>comuni</strong>cazione<strong>di</strong>rette, particolarmente da <strong>Sant</strong>’Agata,per Rimini, Savignano <strong>di</strong> Romagnae Cesena? Sono le corriere della SITA(due) e una locale (Ramberti) che tengonogiornalmente legati questi tre centridella Romagna al territorio Feretrano-<strong>Sant</strong>agatese.<strong>Sant</strong>’Agata poi, giacenell’alta valle del Marecchiola (affluente<strong>Sant</strong>’Agata Feltria, 8 Settembre 1972Ill.mo Sig. Soprintendente ai monumenti – AnconaUn folto gruppo <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni, personalità, enti vari del capoluogo<strong>di</strong> <strong>Sant</strong>’Agata Feltria, a cui stanno a cuore veramente imonumenti artistici del paese, si permette rivolgere alla S. V.Ill.ma <strong>il</strong> seguente esposto:È noto alla S. V. Ill.ma che in <strong>Sant</strong>’Agata Feltria, sopra unodei più bei colli, esiste la chiesa <strong>di</strong> S. Girolamo con attaccatoun convento, <strong>il</strong> tutto fatto costruire dai Fregoso, Signori <strong>di</strong><strong>Sant</strong>’Agata dal 1560 al 1575.Oltre la splen<strong>di</strong>da tela <strong>di</strong> Pietro da Cortona, la chiesa possiedealtre pregevoli e numerose opere artistiche. Il convento, nellesue linee sobrie e delicate, specie per <strong>il</strong> piccolo chiostro e lepitture sotto le arcate, rappresenta uno dei migliori monumentiche ancora fanno bella <strong>Sant</strong>’Agata in tutto <strong>il</strong> Montefeltro.Questo convento è stato a<strong>di</strong>bito fino al giugno scorso comecollegio dell’Opera <strong>di</strong> Padre Marella <strong>di</strong> Bologna. Appena liberato,l’ECA che ne è la proprietaria decideva <strong>di</strong> farne unpensionato per persone anziane.DOCUMENTIDocumenti <strong>di</strong> ieri e <strong>di</strong> oggiAll’improvviso l’Amministrazione Comunale si trova costrettaa cedere alla locale scuola agraria che se ne servirà comeconvitto per i giovani e le giovani per le ore extrascolastichee notturne. Questa gioventù, per <strong>di</strong>versi anni ha alloggiatopresso enti e famiglie, ma ora nessuno li vuole più per i dannimorali e materiali arrecati.Ora se <strong>il</strong> convento <strong>di</strong> S. Girolamo <strong>di</strong>venterà collegio dell’Agraria,che ne sarà <strong>di</strong> quei locali già in parte restaurati e portatiall’originale con infinita pazienza e spese enormi da parte dell’ECA?Chi assicura anche l’incolumità dell’artistica chiesa?Ora proprio si desidera l’intervento della S.V. Ill.ma, affinché,per motivi d’or<strong>di</strong>ne artistico, l’Amministrazione Comunaledesista dal suo intento <strong>di</strong> favorire la Scuola Agraria, a danno<strong>di</strong> uno dei principali monumenti ancora rimasti a <strong>Sant</strong>’Agata,un giorno così ricca, e così l’ECA possa pensare al pensionatoper persone anziane in un paese in cui se ne sente la necessità,perché la forte emigrazione giovan<strong>il</strong>e lascia incusto<strong>di</strong>ti, noncurati da amorosi affetti famigliari, tanti e tanti anziani.Nella speranza <strong>di</strong> un suo intervento, magari anche <strong>di</strong> personaper meglio rendersi conto, si fanno <strong>di</strong>stinti ossequi.Un gruppo <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> <strong>Sant</strong>’Agata Feltriadel fiume Savio, Ndr.). Napoleone Bonaparte,che s’intendeva <strong>di</strong> geografia,aggregò ad<strong>di</strong>rittura <strong>il</strong> circondario <strong>Sant</strong>agateseal centro <strong>di</strong> Cesena.Che si vuole <strong>di</strong> più?Urbino con Raffaello, Pesaro con Rossini,sono centri <strong>di</strong> indubbio valoreartistico, ma la geografia dei luoghi èun’altra cosa e con essa le conseguenzeamministrative gravano orrib<strong>il</strong>mente,se non consone alla realtà dei fatti, palesemente<strong>di</strong>scordanti fra loro.Si vogliono o non si vogliono le Regioni?!Meglio è non pronunciarsi in merito,perché l’unità nazionale si basa principalmentesulla equa ripartizione delleProvince e sulla loro efficienza per i paesiche da esse giustamente <strong>di</strong>pendono.Atten<strong>di</strong>amo, ma quanto? Si teme, inItalia, <strong>di</strong> accontentare le popolazioni,nelle loro legittime richieste ed aspirazioni?Giuseppina MaffeiMarzo / Apr<strong>il</strong>e 2007Padre AgostinoCarlo Colosimo ha trovato un libro<strong>di</strong> pre<strong>di</strong>che <strong>di</strong> P. Agostino da Montefeltroin c<strong>il</strong>eno, stampato a <strong>Sant</strong>iagonel 1925.Ecco le prime righe: “Naciò el P. Agustìnen <strong>Sant</strong>a Agueda de Feltro, v<strong>il</strong>loriode la <strong>di</strong>òcesis de Pennab<strong>il</strong>li, el 1 demarzo de 1839, de Juan Bautista Viciniy Urzula Mariani...”Non perdete<strong>il</strong> prossimo numerodella <strong>Rocca</strong>:<strong>La</strong> storia <strong>di</strong> uncomizio politicoa S. Agata Feltria nel 1953Una lettera aperta <strong>di</strong>Alessandra Fantiniall’Assessore Ugolinisui temi più scottantidella politica santagateseGiochi e Alleanze elettoraliper non perdere <strong>il</strong> Comune12

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!