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Piccoli comuni obiettivo rilancio - La Rocca - il giornale di Sant ...

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<strong>La</strong> <strong>Rocca</strong>STORIAUn capolavoro <strong>di</strong> Giovanni<strong>La</strong>urentini, detto l’ArrigoniAlla mostra Seicento inquieto. Artee Cultura a Rimini fra Cagnaccie Guercino, promossa e realizzatadalla Fondazione Carim nella primaveradel 2004, erano esposte ben cinque tele<strong>di</strong> un pittore ora poco noto, ma ai suoitempi celebre: Giovanni <strong>La</strong>urentini dettol’Arrigoni. Cinque tele straor<strong>di</strong>narie,<strong>di</strong> un manierismo raffinato, tributariodell’arte marchigiana e romana, ma nondel tutto ignaro dei fenomeni artisticiem<strong>il</strong>iani. Esse costituivano più dellametà della sua produzione superstite,falci<strong>di</strong>ata dalla guerra.Questo <strong>La</strong>urentini era nativo <strong>di</strong> <strong>Sant</strong>’AgataFeltria, ma si considerò, e daicontemporanei fu sempre considerato,riminese; comunque a Rimini era vissutoalmeno dal 1579, e a Rimini morì ultraottuagenario nel 1633. Stranamenteper un pittore (a quel tempo i pittorierano considerati lavoratori manuali,semplici artigiani) aveva sposato unanob<strong>il</strong>e, donna Porzia Olfi, <strong>di</strong> uno deicasati più cospicui della città.Per molti anni ha servito la <strong>comuni</strong>tà<strong>di</strong> Rimini, la nob<strong>il</strong>tà, gli or<strong>di</strong>ni religiosie <strong>il</strong> clero secolare come pittore e comearchitetto, meritandosi l’appellattivo <strong>di</strong>Magnificus Dominus. Ma non ha lavoratosolo per la città: due sue gran<strong>di</strong> paled’altare infatti, si trovano ab antiquo aRavenna e a Brescia, e altre si trovano inRomagna. Era nato intorno al 1550, edunque apparteneva più al secolo della“bella maniera” che al XVII; deve essersiformato tra Roma e Urbino, guardandoe apprezzando prima gli artisti attivi allacorte papale e poi quelli attivi alla corteroveresca.Ricor<strong>di</strong> degli Zuccari e del Barocci sonopresenti in un’opera eccezionale del<strong>La</strong>urentini raffigurante San Martinoe <strong>il</strong> povero, affiorata solo ultimamentedal mercato internazionale dell’arte,datata al 1589 e firmata per esteso(IOANNES LAURENTI/NVS ARIMFACIEBA[T]). Si tratta <strong>di</strong> un <strong>di</strong>pinto<strong>di</strong> me<strong>di</strong>a misura (cm. 122 x 88), ine<strong>di</strong>toe ben conservato, che permette <strong>di</strong> aggiungereun numero importante al suoesiguo catalogo, e soprattutto permette<strong>di</strong> capire un po’ <strong>di</strong> più del suo st<strong>il</strong>e maturo.Marzo / Apr<strong>il</strong>e 2007Il soggetto vi è svolto in maniera semplicee chiara: mentre l’alba tinge <strong>il</strong> cielo“<strong>di</strong> rosa e d’oro”, un cavaliere corazzatoe impennacchiato come un pala<strong>di</strong>no <strong>di</strong>Francia sta per tagliare con la spada <strong>il</strong>suo bel mantello rosso per darne unaparte (forse un po’ piccola) a un poverocoperto da pochi stracci incontratoal limitare <strong>di</strong> un bosco, su una collinache domina una lontana città murata eben <strong>di</strong>fesa da un grande castello. Un belgesto <strong>di</strong> carità, che la tela propone comeun gesto <strong>di</strong> cavalleria; un bel gesto cu<strong>il</strong>’atletico poverello risponde con avidaprontezza e che sembra sorprendere <strong>il</strong>cavallone bianco dallo sguardo umanissimo,fra l’ammirato e <strong>il</strong> curioso, rivoltoverso lo spettatore quasi a consigliargli<strong>di</strong> prendere nota, <strong>di</strong> tener conto <strong>di</strong> ciòche sta facendo <strong>il</strong> suo santo padrone.In basso e lontano, oltre la collina e oltre<strong>il</strong> bosco, la città si sta risvegliando;è su uno sfondo caliginoso, che la lucedel sole nascente presto sbarazzerà dallenebbie notturne. Ma altra e <strong>di</strong>versa,e in<strong>di</strong>fferente a quella dell’atmosfera, èla luce tersa che <strong>il</strong>lumina i personaggie getta ombre sul terreno, sugli occhidel cavaliere e sul collo del cavallo: tuttaideale e idealizzante, tutta artificiale,accende i colori e ci porta in un mondoestraneo allo spazio e al tempo reali, inun mondo dove la fantasia trascende larealtà. È <strong>il</strong> mondo profano delle impresecortesi, dei poemi cavallereschi tantoamati in quello scorcio <strong>di</strong> Cinquecentoe tanto popolari da mettere in sospettoe in agitazione <strong>il</strong> clero appena “riformato”,sempre timoroso <strong>di</strong> fantasie, <strong>di</strong>amori, <strong>di</strong> contaminazioni, <strong>di</strong> incantesimi,<strong>di</strong> eresie.Se si legge in chiave <strong>di</strong> narrazione fantastica,<strong>di</strong> favola cortese, <strong>il</strong> <strong>di</strong>pinto rivelainaspettate meraviglie: nel cavallonecan<strong>di</strong>do come misteriosamente bloccato,nel cavaliere coperto dalla modernacorazza d’argento tutta piena <strong>di</strong> riflessi,nel povero <strong>di</strong> perfetta anatomia, nellanatura rigogliosa che si rivela nel bosco(“oscuro e misterioso” come in tutte lefavole) e nei ciuffi d’erba fioriti in primopiano, nel policromo sfondo da teatrino.Che poi la favola sia opera <strong>di</strong> un sapienteartefice, è ben evidente nell’eleganzache caratterizza la struttura grafica ecompositiva della figurazione, circolaree serpentinata, condotta con una coerenzada manuale (si noti come la curvadel collo del cavallo si prolunghi inquella del mantello e si concluda nellazampa alzata dell’animale, contrastandocon le verticali costituite dall’altra zampae dalla parte <strong>il</strong>luminata del collo e dalcorpo del povero); e dall’esecuzione d<strong>il</strong>igente,anzi accuratissima, ma anche <strong>di</strong>vertitae <strong>di</strong>vertente, che ha consideratoinfiniti particolari, tutti descritti magistralmente(dal pennacchio alle cinghiealle prof<strong>il</strong>ature dorate, dalla criniera delcavallo ai finimenti della sella).Il ricordo semplificato degli Zuccari èparticolarmente sensib<strong>il</strong>e nelle figure delcavaliere e del povero; quello del Baroccinell’enfatico mantello e nello sfondopaesistico. Certamente del primo mancala <strong>di</strong>sinvoltura narrativa e del secondola vibrante e variata finezza pittorica;ma la narrazione, benché bloccatae come sospesa, è comunque chiara edefficace come richiesto dai tempi, e nob<strong>il</strong>eed elegante come richiesto da unacommittenza colta e altolocata, e infinecoerente con lo st<strong>il</strong>e noto del pittore, <strong>di</strong>cui posse<strong>di</strong>amo un’altra opera <strong>di</strong> questostesso anno 1594: la Visione <strong>di</strong> San Giacinto<strong>di</strong>pinta per i Domenicani riminesi(e ora nella chiesa dei Servi): che ha unpaesaggio sim<strong>il</strong>e, e una Madonna-principessache sembra in attesa proprio delnostro cavaliere sul suo cavallo bianco(cavaliere <strong>di</strong> Malta, come <strong>di</strong>mostra lacroce d’oro ageminata al centro dellacorazza, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> antica nob<strong>il</strong>tà).Con <strong>il</strong> nostro <strong>di</strong>pinto si confrontano anche<strong>La</strong> consegna delle chiavi a San Pietro,l’unica opera dei <strong>La</strong>urentini possedutadal Museo <strong>di</strong> Rimini, firmata e datatanell’anno santo 1600, con un Gesù dalgrande mantello rosso che, come quellopiù accartocciato del San Martino, nonriesce a creare volume; e la Fuga in Egittodel Suffragio <strong>di</strong> Rimini, nota da poco,che al <strong>di</strong> là delle zampe dell’asino presentauna molto sim<strong>il</strong>e visione paesaggisticaa volo d’uccello, <strong>di</strong> lontana maindubitab<strong>il</strong>e ascendenza barocchesca.Segue a pag. 11

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