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Ragazzi di vita 1 IL FERROBEDÒ E sotto er monumento de Mazzini ...

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Col giovanotto rientrò nel F<strong>er</strong>robedò e si spinse nei magazzini: lì pres<strong>er</strong>o un sacco <strong>di</strong> canapetti. Poi<br />

il giovane <strong>di</strong>sse: « Vie’ qqua a incollà li chio<strong>di</strong>. » Così tra i canapetti, i chio<strong>di</strong> e altre cose, il<br />

Riccetto si fece cinque viaggi <strong>di</strong> andata e ritorno a Donna Olimpia. Il sole spaccava i sassi, nel<br />

pieno <strong>de</strong>l dopopranzo, ma il F<strong>er</strong>robedò continuava a ess<strong>er</strong> pieno <strong>di</strong> gente che faceva a gara coi<br />

camion lanciati giù p<strong>er</strong> Trastev<strong>er</strong>e, Porta Portese, il Mattatoio, San Paolo, a rintronare l’aria<br />

infuocata. Al ritorno dal quinto viaggio il Riccetto e il giovanotto vid<strong>er</strong>o presso al recinto, tra due<br />

casette, un cavallo col carro. S’accostarono p<strong>er</strong> ved<strong>er</strong>e se si poteva tentare il colpaccio. Nel<br />

frattempo il Riccetto aveva scop<strong>er</strong>to in una casetta un <strong>de</strong>posito <strong>di</strong> armi e s’<strong>er</strong>a messo un mitra a<br />

tracolla e due pistole alla cintola. Così armato fino ai <strong>de</strong>nti montò in groppa al cavallo.<br />

Ma venne un Te<strong>de</strong>sco e li cacciò via.<br />

Mentre che il Riccetto viaggiava coi sacchi <strong>di</strong> canapetti su e giù da Donna Olimpia ai magazzini,<br />

Marcello stava cogli altri maschi nel caseggiato al Buon Pastore. La vasca formicolava <strong>di</strong> ragazzini<br />

che si facevano il bagno schiamazzando. Sui prati sporchi tutt’intorno altri giocavano con una palla.<br />

Agnolo chiese: « Addò sta <strong>er</strong> Riccetto? »<br />

« È ito a fasse ’a comunione, è ito, » gridò Marcello. « L’animaccia sua! » <strong>di</strong>sse Agnolo.<br />

« Mo starà a pranzo dar compare suo, » aggiunse Marcello.<br />

Lì su alla vasca <strong>de</strong>l Buon Pastore non si sapeva ancora niente. Il sole batteva in silenzio sulla<br />

Madonna <strong>de</strong>l Riposo, Casaletto e, <strong>di</strong>etro, Primavalle. Quando tornarono dal bagno passarono p<strong>er</strong> il<br />

Prato, dove c’<strong>er</strong>a un campo te<strong>de</strong>sco.<br />

Essi si mis<strong>er</strong>o a oss<strong>er</strong>vare, ma passò <strong>di</strong> lì una motocicletta con la carrozzella, e il te<strong>de</strong>sco sulla<br />

carrozzella urlò ai maschi: « Rausch, zona infetta. » Lì presso ci stava l’Ospedale Militare. « E a noi<br />

che ce frega? » gridò Marcello: la motocicletta intanto aveva rallentato, il Te<strong>de</strong>sco saltò giù dalla<br />

carrozzella e <strong>di</strong>e<strong>de</strong> a Marcello una pizza che lo fece rivoltare dall’altra parte. Con la bocca tutta<br />

gonfia Marcello si voltò come una s<strong>er</strong>pe e sbroccolando con i compagni giù p<strong>er</strong> la scarpata, gli fece<br />

una p<strong>er</strong>nacchia: nel fugge che fec<strong>er</strong>o, ri<strong>de</strong>ndo e urlando, arrivarono <strong>di</strong>retti fino davanti al<br />

Cas<strong>er</strong>mone. Lì incontrarono <strong>de</strong>gli altri compagni. « E che state a ffà? » <strong>di</strong>ss<strong>er</strong>o questi, tutti sporchi e<br />

sciammannati.<br />

« P<strong>er</strong>chè? » chiese Agnolo, « che c’è da fà? » « Annate ar F<strong>er</strong>robedò, si volete ve<strong>de</strong> quarcosa. »<br />

Quelli c’andarono <strong>di</strong> fretta e appena arrivati si <strong>di</strong>ress<strong>er</strong>o subito in mezzo alla caciara v<strong>er</strong>so l’officina<br />

meccanica. « Smontamo <strong>er</strong> motore, » gridò Agnolo. Marcello invece uscì dall’officina meccanica e<br />

si trovò solo in mezzo alla baraonda, davanti alla buca <strong>de</strong>l catrame. Stava p<strong>er</strong> cad<strong>er</strong>ci <strong>de</strong>ntro, e<br />

affogarci come un in<strong>di</strong>ano nelle sabbie mobili, quando fu f<strong>er</strong>mato da uno strillo: « A Marcè, bada, a<br />

Marcè! » Era quel fijo <strong>de</strong> na mignotta <strong>de</strong>l Riccetto con<br />

<strong>de</strong>gli altri amici. Così andò in giro con loro. Entrarono in magazzino e fec<strong>er</strong>o man bassa <strong>di</strong> barattoli<br />

<strong>di</strong> grasso, <strong>di</strong> cinghie <strong>di</strong> torni e <strong>di</strong> f<strong>er</strong>raccio. Marcello ne portò a casa mezzo quintale e gettò la m<strong>er</strong>ce<br />

in un cortiletto, dove la madre non la potesse ved<strong>er</strong>e subito. Era dal mattino che non rincasava: la<br />

madre lo menò. « Addò sei ito, <strong>di</strong>sgrazziato, » gli gridava crocchiandolo. « So’ ito a famme <strong>er</strong><br />

bagno, so’ ito, » <strong>di</strong>ceva Marcello ch’<strong>er</strong>a un po’ storcinato, e magro come un grillo, c<strong>er</strong>cando <strong>di</strong><br />

parare i colpi. Poi venne il fratello più grosso e vi<strong>de</strong> nel cortiletto il <strong>de</strong>posito. « Fregnone, » gli<br />

gridò, « sta a rubbà sta m<strong>er</strong>canzia, sto fijo <strong>de</strong> na mignotta. » Così Marcello ri<strong>di</strong>scese al F<strong>er</strong>robedò

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