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<strong>Impatto</strong>» Attualità » pag. 8<br />
Assalto di “animalisti” ai laboratori<br />
dell’università di M<strong>il</strong>ano Sparatoria a palazzo<br />
È palese che quando si vuole portare una ideologia<br />
all’estremo, varcando i limiti del fanatismo, si<br />
finisce spesso per commettere grossi errori che<br />
mettono in risalto stupidità e voglia di far casino<br />
per finire su televisioni e giornali.<br />
Ora, sia ben chiaro che io non voglio assolutamente<br />
criticare le ragioni degli animalisti, ma quando è<br />
troppo è troppo, signori. Ed è troppo, a mio avviso,<br />
quello che è successo nei laboratori dell’Università<br />
di M<strong>il</strong>ano questo 23 Apr<strong>il</strong>e.<br />
Un gruppo di attivisti animalisti, facenti parte<br />
del gruppo “Fermare Green H<strong>il</strong>l” ha letteralmente<br />
preso d’assalto i suddetti laboratori (usando<br />
schede magnetiche ottenute <strong>il</strong>legalmente) in cui,<br />
a detta loro, si praticava vivisezione e gli animali<br />
(circa 800 tra conigli e topi) venivano costretti a<br />
vivere in condizioni pietose. Ascoltando le loro<br />
ragioni, la causa sarebbe più che giusta.<br />
Ma la scena che gli animalisti si sono trovati<br />
davanti è stata tutt’altra. Le cavie vivevano in<br />
condizioni adeguate, versavano in condizioni<br />
d’igiene impeccab<strong>il</strong>i, le loro gabbie erano<br />
ordinate e delle stesse dimensioni di quelle per<br />
uso domestico, <strong>il</strong> cibo, così come l’acqua, non<br />
mancava. Gli animali erano infatti tenuti anche<br />
da giovani universitari, che, svolgendo attività<br />
di ricerca,gli si affezionavano, tenendo al loro<br />
benessere. Gli animalisti, una volta entrati iniziano<br />
la “diretta” con i loro fan su Facebook, postando<br />
foto dei laboratori e di loro che si incatenano ai<br />
maniglioni antipanico delle porte in segno di<br />
protesta. Nel frattempo gli altri hanno pensato<br />
bene di vandalizzare gli ambienti, liberando<br />
animali, spaventatissimi della presenza di<br />
estranei, scambiando le etichette di quelli rimasti,<br />
rendendoli così inservib<strong>il</strong>i e rovesciando a terra le<br />
gabbie (alcune delle quali sono andate a finire sui<br />
topi che sono rimasti incastrati). Dopo le trattative<br />
con la direttrice Paola Viani, alla fine, sono riusciti<br />
a portar via un coniglio e un centinaio di topi.<br />
Da notare che tra i piccoli roditori c’erano anche<br />
i cosiddetti topi nudi, cioè senza pelo e difese<br />
immunitarie, <strong>il</strong> che non permette loro di vivere<br />
più di tre giorni, contro i due anni di vita media<br />
in un laboratorio. Sono poi finalmente usciti<br />
trionfanti con scatoloni in cui avevano deposto<br />
selvaggiamente le decine di topi, che sperano<br />
ancora di poterli dare in adozione e con <strong>il</strong> coniglio,<br />
con <strong>il</strong> quale hanno ovviamente avuto più fortuna.<br />
Il danno economico è stato stimato attorno al<br />
centinaio di migliaia di euro; ricordiamo che questi<br />
erano soldi pubblici, stanziati dal Ministero della<br />
Sanità, dal Ministero della Ricerca, dalla Comunità<br />
Europea, dalla Regione Lombardia, oltre che da<br />
contributi volontari.<br />
Ma <strong>il</strong> danno non è solo economico: tanti ragazzi<br />
che conducevano ricerche su queste cavie<br />
hanno perso totalmente <strong>il</strong> loro lavoro, oltre che<br />
gli animali a cui erano affezionati. Questo vuol<br />
dire che molti hanno da ricominciare d’accapo lo<br />
studio per la loro tesi, allungando quindi i tempi<br />
di laurea e altri vedono allontanarsi la speranza di<br />
una pubblicazione.<br />
Allora, qual è <strong>il</strong> prezzo del raggiungimento dei fini<br />
che alcuni credono “giusti”? L’oscurantismo della<br />
scienza è una valida moneta?<br />
Paolo Monaco<br />
paolo.monaco@impattosettimanale.it<br />
Chigi : non è un gesto<br />
isolato! Quando<br />
la crisi popolare sfocia<br />
in gesti di follia!<br />
di Matteo Piscitelli<br />
Giornalista<br />
matteo.piscitelli@impattosettimanale.it<br />
E’ domenica mattina, non una qualsiasi.<br />
Non quella in cui, ben vestito, <strong>il</strong> buon<br />
cattolico si reca in chiesa. O nemmeno<br />
quella in cui si approfitta del buon tempo<br />
per andare per funghi; o quella in cui si sta<br />
a casa nel letto per smaltire la sbronza del<br />
giorno prima. E’ una domenica romana<br />
stranissima. Di buon mattino, presidente<br />
della Repubblica, corazzieri, grandi<br />
cerimonieri sono riuniti a palazzo Chigi<br />
per <strong>il</strong> giuramento del nuovo presidente del<br />
Consiglio e dei suoi ministri. L’emozione<br />
era palpab<strong>il</strong>e, sottesa speranza percorreva<br />
l’italiano medio, che mentre si apprestava<br />
a preparare <strong>il</strong> pranzo, con la TV accesa,<br />
sentiva udire dai politici del cosiddetto<br />
inciucione un giuramento di fedeltà è<br />
lealtà verso <strong>il</strong> popolo e la Repubblica. La<br />
liturgia era in pieno svolgimento. Lì vicino,<br />
fuori dal Palazzo, un uomo, le 11.40. Luigi<br />
Preiti, vestito elegante, si dirige dritto<br />
verso <strong>il</strong> nido della casta. Vuole fare fuoco<br />
contro i politici, trova un muro nelle forze<br />
dell’ordine poste lì come presidio. La<br />
rabbia è tanta, fa fuoco contro di questi:<br />
feriti un brigadiere e un carabiniere<br />
scelto. L’assemblea è informata solo<br />
dopo la celebrazione. Si diffondono i<br />
primi commenti. R<strong>il</strong>evante quello del<br />
vice-premier Alfano. “E’ un gesto isolato”.<br />
Certo, non ci sarà Al Qaeda dietro questo<br />
evento, e nemmeno le Brigate Rosse. Ma<br />
<strong>il</strong> gesto è sintomatico di un qualcosa che<br />
da sfiducia nelle istituzioni è diventato<br />
rabbia, folle, da malcontento è passato a<br />
disperazione. L’uomo era un muratore,<br />
da lì a poco avrebbe perso <strong>il</strong> posto. Era<br />
sposato, ma da poco si era separato dalla<br />
moglie. E’ calabrese, viveva a Torino dove<br />
si era trasferito per lavorare, ma da poco<br />
sarebbe ritornato nella natia terra causa<br />
fine del contratto lavorativo. Fotografia<br />
esatta di una piaga sociale dai toni aspri,<br />
figlia della crisi del settore. Il settore delle<br />
costruzioni è allo stremo: poco meno<br />
di 62.000 imprese si sono fermate nel<br />
2012 e circa 81.000 addetti sono andati<br />
a casa. (fonte: Anaepa Confartigianato).<br />
Affianco a questo, <strong>il</strong> crollo del mercato<br />
degli immob<strong>il</strong>i: gli italiani non vendono<br />
e non acquistano più case. Sparatemi,<br />
ora, sparatemi. Gridava <strong>il</strong> Preiti a terra,<br />
arrestato, immob<strong>il</strong>izzato. Avrebbe<br />
voluto farla finita dopo <strong>il</strong> folle gesto, un<br />
lavoratore che folle non era, così come<br />
testimoniato dai suoi fam<strong>il</strong>iari. Infatti, <strong>il</strong><br />
fratello testimonia: «È un uomo pieno<br />
di problemi che ha perso <strong>il</strong> lavoro, aveva<br />
perso tutto, era dovuto tornare in famiglia:<br />
era disperato. In generale voleva sparare<br />
sui politici, ma visto che non li poteva<br />
raggiungere ha sparato sui carabinieri».<br />
A mente fredda, egli dichiarava: non<br />
odio nessuno in particolare ma sono<br />
disperato».Le nostre piazze vivono<br />
momenti di aspra concitazione, frementi<br />
imprecazioni contro i governanti, cortei<br />
e caroselli quotidiani, scioperi. Sono<br />
queste le reazioni di chi sente che di<br />
fronte al disagio c’è un orecchio poco<br />
incline all’ascolto. Così è avvenuto che<br />
un calabrese emigrato al nord come<br />
tanti urlava con <strong>il</strong> fuoco, pur di essere<br />
ascoltato. Chiedeva la morte un figlio<br />
della crisi. Domenica mattina si effettuava<br />
<strong>il</strong> passaggio del campanello da Monti a<br />
Letta. Quella sala carica di emozione,ma<br />
era sorda rispetto a ciò che succedeva lì<br />
vicino. Lo è da parecchio.<br />
Il caso Elisa Claps<br />
Ogni delitto è passionale e ogni delitto presenta<br />
una peculiarità: la bidimensionalità delle<br />
sensazioni che si proliferano da esso. Da un lato<br />
un omicidio fa rabbrividire (<strong>il</strong> cadavere quando<br />
viene ritrovato è freddo come se fosse stato<br />
conservato in un freezer) e dall’altro riesce a far<br />
ardere di eccitazione chi lo commette (o di rabbia<br />
chi si ritroverà a vivere senza la vittima). In altri casi<br />
però <strong>il</strong> cadavere è uno scheletro, un corpo in<br />
decomposizione, spesso diffic<strong>il</strong>mente<br />
identificab<strong>il</strong>e: è <strong>il</strong> caso di Elisa Claps, la ragazza di<br />
16 anni apparentemente sparita a Potenza <strong>il</strong> 12<br />
Settembre 1993, <strong>il</strong> cui cadavere (quasi<br />
mummificato) fu trovato 17 anni dopo presso la<br />
Chiesa della Santissima Trinità assieme ad un<br />
orologio, i vestiti e i resti di un paio di occhiali.<br />
Ormai non si rabbrividisce più ma c’è solo<br />
disgusto e dolore: <strong>il</strong> disgusto dei genitori, che<br />
furono costretti ad accettare che la loro bambina<br />
non era semplicemente scappata di casa, ma era<br />
finita, e <strong>il</strong> loro dolore nel vedere <strong>il</strong> braccio destro<br />
steso lungo <strong>il</strong> corpo e i brandelli luridi della sua<br />
maglietta bianca (che la mamma le aveva fatto<br />
coi ferri), coperta da fango, polvere ed escrementi<br />
di piccioni. Il ritrovamento, avvenuto <strong>il</strong> 17 Marzo<br />
2010 ,grazie ad operai che avevano intrapreso<br />
lavori di ristrutturazione del sottotetto della<br />
chiesa per delle inf<strong>il</strong>trazioni d’acqua, sarebbe<br />
stato una messa in scena: in quanto sia le due<br />
donne delle pulizie che <strong>il</strong> viceparroco bras<strong>il</strong>iano<br />
don Vagno S<strong>il</strong>va, sapevano già tutto da alcuni<br />
mesi. Questi non disse una parola perché “quel<br />
giorno l’ Arcivescovo era impegnato in un<br />
convegno, decisi così che gli avrei parlato<br />
l’indomani. Ma la cosa poi mi scivolò di mente”. È<br />
l’aspetto ricorrente di questo caso: nessuno ha<br />
mai fatto nulla per Elisa: alle ricerche hanno<br />
concretamente partecipato solo i fam<strong>il</strong>iari, e la<br />
noncuranza degli altri attori della vicenda ( Chiesa,<br />
polizia e abitanti di Potenza, capaci solo di<br />
testimonianze discordanti) ha reso la storia ,alla<br />
quale fa da sfondo un ambiente “un<strong>tuo</strong>so, in cui<br />
contano i favori, gli amici degli amici e la ricerca di<br />
protezione” (così come l’ha descritto l’ex rettore<br />
dell’Università, Cosimo Fonseca), ancora più<br />
incredib<strong>il</strong>e. Anche <strong>il</strong> fratello della vittima, G<strong>il</strong>do,<br />
ricorda che, poco dopo la scomparsa, nel<br />
sottotetto della chiesa si tennero dei lavori,<br />
durante i quali l’impresa appaltatrice “incernierò<br />
dei cassettoni proprio in corrispondenza del<br />
cadavere di mia sorella”. Dunque sarebbe “ridicolo<br />
pensare che nessuno abbia mai visto niente” . Il<br />
giorno del rapimento Elisa usciva con la sua amica<br />
Eliana per andare in chiesa, ma segretamente<br />
doveva vedere Dan<strong>il</strong>o Restivo, <strong>il</strong> “parrucchiere”<br />
(come lo chiamavano a Potenza) perché aveva <strong>il</strong><br />
vizio di tagliare ciocche di capelli alle ragazze<br />
incontrate sull’autobus. Ma perché allora nessuno<br />
parla? Forse perché suo padre è una persona<br />
importante a Potenza, essendo direttore della<br />
Biblioteca Nazionale? Un uomo colto e uno<br />
studioso appassionato del superuomo di<br />
Nietzsche sicuramente non poteva essere<br />
disonorato da suo figlio, un ragazzo “particolare”,<br />
timido e introverso: tanto era timido che 6 anni<br />
prima era stato persino denunciato per aver<br />
legato e seviziato nel cort<strong>il</strong>e della Biblioteca<br />
nazionale (luogo abbastanza fam<strong>il</strong>iare per Dan<strong>il</strong>o)<br />
due ragazzini, ferendoli con un coltello.<br />
L’appuntamento con Eliana era per le 12 e 15, ma<br />
Elisa si fa attendere per più di mezz’ora, così<br />
l’amica decide di andare a casa Claps ed iniziano<br />
tutti a cercarla. Telefonano a Dan<strong>il</strong>o, che ammette<br />
di aver incontrato Elisa in chiesa, ma spiega che<br />
,subito dopo, lei è uscita dalla chiesa da sola,<br />
mentre lui è rimasto lì a pregare. Stranamente <strong>il</strong><br />
ragazzo gronda di sudore ed è ferito a una mano<br />
(«Mi sono ferito vicino al cantiere delle scale<br />
mob<strong>il</strong>i ritornando a casa»), ma sono ancora tutti<br />
immob<strong>il</strong>i a Potenza. Tuttavia Dan<strong>il</strong>o è fin dall’inizio<br />
<strong>il</strong> sospettato principale: non solo perché era solito<br />
importunare le ragazze di cui si invaghiva con<br />
telefonate mute, accompagnate dalla colonna<br />
sonora del f<strong>il</strong>m Profondo Rosso (cosa<br />
normalissima per tutti i ragazzi della sua età!), ma<br />
soprattutto perché ,quel giorno, si sarebbe recato<br />
in ospedale con i vestiti insanguinati. Il sangue,<br />
stando al suo racconto, era dovuto ad una caduta,<br />
ma la sua incapacità di ricostruire gli spostamenti<br />
avuti dopo l’incontro compromisero ancora di più<br />
la sua credib<strong>il</strong>ità. Forse non per la polizia che non<br />
lo sottopose a nessun fermo, perché<br />
effettivamente mancava <strong>il</strong> cadavere (la prova<br />
schiacciante) per accusarlo, così lui ebbe la<br />
completa libertà di recarsi in Ingh<strong>il</strong>terra, sposarsi<br />
con una donna molto più anziana di lui ed<br />
addirittura di essere <strong>il</strong> fortunato protagonista<br />
dell’omicidio di una sua vicina di casa: Heather<br />
Barnet. La sarta di 42 anni fu trovata morta con i<br />
seni mut<strong>il</strong>ati e due ciocche di capelli in mano. E’ <strong>il</strong><br />
2002 : la polizia sospetta fortemente di lui, ma<br />
mancano le prove, di nuovo! Dopo otto anni lui<br />
ritorna a Potenza, proprio quando viene ritrovato<br />
<strong>il</strong> cadavere nel sottotetto della chiesa ed <strong>il</strong> caso<br />
viene riaperto. L’autopsia r<strong>il</strong>evò che Elisa era stata<br />
uccisa con 13 colpi da arma contundente. Le<br />
indagini successive chiarirono anche <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e<br />
modus operandi dell’assassino: la ragazza<br />
sarebbe stata colpita con una forbice di medie<br />
dimensioni e da una lama tagliente nel sottopalco<br />
della chiesa, che dunque aveva raggiunto da viva<br />
(erano stati trovati dei ciottoli sotto <strong>il</strong> solco della<br />
sua scarpa); l’aggressore si accanì tagliando,<br />
probab<strong>il</strong>mente rivoltandone anche <strong>il</strong> corpo, con<br />
Elisa moribonda o già morta. Furono inoltre<br />
ritrovati: un bottone rosso (appartenuto con<br />
molta probab<strong>il</strong>ità a un abito cardinalizio) vicino al<br />
suo cadavere; dei fori nel tavolato posto sotto le<br />
<strong>Impatto</strong>» Attualità » pag. 9<br />
tegole, probab<strong>il</strong>mente praticati con un cacciavite<br />
spaccato, di piccole dimensioni, che fanno<br />
pensare a operazioni condotte frettolosamente<br />
per creare una feritoia e far disperdere così i<br />
miasmi; delle tracce di sperma sul materasso<br />
posto accanto alla vittima, dalle quale furono<br />
estratti due codici genetici; ed uno strofinaccio,<br />
dal quale fu estratto un ulteriore codice genetico,<br />
comparab<strong>il</strong>e con i primi due. Il 19 maggio 2010<br />
Dan<strong>il</strong>o fu finalmente fermato dalla polizia inglese,<br />
con l’accusa di omicidio volontario della sarta: da<br />
tempo veniva pedinato dalla polizia locale, che lo<br />
aveva anche ripreso mentre in una zona boschiva<br />
pedinava con atteggiamento sospetto donne<br />
inglesi. Si è scoperto inoltre che sono state r<strong>il</strong>evate<br />
tracce di Dna, sangue e sudore di Dan<strong>il</strong>o Restivo<br />
sulla maglia che Elisa indossava quando fu uccisa,<br />
ma per la sentenza definitiva, ovviamente,<br />
dobbiamo aspettare altri tre anni: Giovedì scorso<br />
(<strong>il</strong> 25 Apr<strong>il</strong>e) c’è stato una vero pianto di<br />
“liberazione” per la famiglia di Elisa, quando <strong>il</strong><br />
presidente della Corte di Assise di Appello di<br />
Salerno, Federico Cassano, ha letto la conferma<br />
della condanna, 30 anni di carcere, come in primo<br />
grado, per aver ucciso Elisa Claps. “Buon viaggio”,<br />
gli hanno urlato i fratelli di Elisa, G<strong>il</strong>do e Luciano,<br />
mentre Restivo, impassib<strong>il</strong>e, non li ha neanche<br />
guardati. “Ho pietà, ho solo pietà di lui - ha detto la<br />
mamma di Elisa al termine dell’udienza - non lo<br />
perdono: <strong>il</strong> perdono bisogna conquistarselo e lui<br />
non ha fatto nulla. Se fosse stato un uomo<br />
avrebbe fatto altro, un primo passo. Ma lui è solo<br />
un serpente, un carnefice e la mia Elisa stasera<br />
non ha trovato pace, si sta rivoltando sotto terra.<br />
Ora Restivo ha finito di fare del male, ora deve<br />
marcire in Ingh<strong>il</strong>terra, dove è in carcere per<br />
l’omicidio di un’altra povera donna. Questo è<br />
l’ultimo viaggio che fa in Italia, non voglio<br />
rivederlo mai più”. Ma qualcuno l’ha sicuramente<br />
protetto, infatti non mancano le parole di G<strong>il</strong>do:<br />
“Abbiamo lottato come leoni per arrivare a questo<br />
giorno ma ora tocca agli altri a tutti coloro che<br />
hanno coperto Restivo”. Comincerà dunque una<br />
battaglia per la verità che <strong>il</strong> prossimo 6 maggio<br />
avrà la sua prima tappa con <strong>il</strong> processo alle due<br />
addette alla pulizie della Chiesa, accusate di false<br />
dichiarazioni al pm. 20 anni di agonia e di orrore,<br />
conclusi con la certezza che <strong>il</strong> vero carnefice è<br />
stato trovato. Ma la giustizia non si limita solo a<br />
questo, non si limita a rappresentare e punire <strong>il</strong><br />
mostro: sarà infatti d’obbligo un’azione giudiziaria<br />
anche nei confronti dei veri complici di Dan<strong>il</strong>o,<br />
quelli che hanno taciuto ciò che sapevano, gli<br />
omertosi, i v<strong>il</strong>i soggetti che circolano senza<br />
pudore ostacolando le ricerche, indebolendole e<br />
impedendo ad una famiglia di potersi finalmente<br />
rialzare dall’oscurità nella quale è stata costretta<br />
ad immergersi, anche a causa loro.<br />
Mario Pellegrino<br />
mario.pellegrino@impattosettimanale.it