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Erich Segal Love Story

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22<br />

Quando lo raggiunsi, Phil Cavilleri era nel solario che fumava<br />

l'ennesima sigaretta.<br />

«Phil?» dissi piano.<br />

«Sì?» Mi guardò e mi resi conto che aveva già capito.<br />

Aveva evidentemente bisogno di un conforto fisico qualsiasi. Mi<br />

avvicinai e gli posai una mano sulla spalla. Temevo che si mettesse a<br />

piangere. Io ero sicurissimo che non avrei pianto. Non potevo. Ero troppo<br />

distrutto sia pure per piangere.<br />

Mi posò anche lui una mano sulla spalla.<br />

«Vorrei... vorrei...» S'interruppe e io attesi. Che fretta avevamo,<br />

dopotutto?<br />

«Vorrei non aver promesso a Jenny di essere forte per te.»<br />

E per mantener fede alla promessa mi accarezzò la mano con molta<br />

dolcezza.<br />

Ma io avevo bisogno di stare solo. Di respirare. Di camminare, magari.<br />

L'atrio dell'ospedale era immerso nel più assoluto silenzio. L'unico<br />

rumore era quello dei miei passi sul linoleum.<br />

«Oliver.»<br />

Mi fermai.<br />

Era mio padre. Tranne per l'addetta alla ricezione, eravamo soli. Anzi,<br />

per essere esatti, eravamo fra le poche persone sveglie a New York a<br />

quell'ora.<br />

Non mi sentivo di affrontarlo. Andai dritto verso la porta girevole, ma<br />

un attimo dopo era uscito anche lui e mi stava davanti.<br />

«Oliver,» disse, «avresti dovuto dirmelo.»<br />

Faceva molto freddo, il che in un certo senso era un bene perché ero<br />

intontito e avevo bisogno di sentire qualcosa. Mio padre parlava e io stavo<br />

lì fermo a lasciare che il vento gelido mi schiaffeggiasse.<br />

«Non appena ho saputo, sono saltato in macchina.»<br />

Avevo dimenticato il cappotto e il freddo incominciava a farmi soffrire.<br />

Bene. Bene.<br />

«Oliver,» stava dicendo mio padre in tono ansioso, «voglio aiutarvi.»<br />

«Jenny è morta,» gli dissi.<br />

«Mi spiace,» mormorò in un sussurro attonito.<br />

Non so perché, ripetei ciò che avevo imparato un giorno da Jennifer,<br />

ormai morta.

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