apri/scarica la versione in pdf - Pico Cavalieri
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sultati, le perdite sofferte <strong>in</strong> ogni azione, i disagi asprissimi del<strong>la</strong> vita di<br />
tr<strong>in</strong>cea, cause queste tutte <strong>in</strong> massima parte irreparabili ed <strong>in</strong>dipendenti<br />
dal nostro Comando Supremo. E se si obiettasse che tali circostanze<br />
permasero dopo Caporetto, sul Piave e sul Grappa, ove pure i soldati<br />
compirono prodigi di valore e di resistenza, sarebbe facile opporre che<br />
essi, oltre sentirsi più compresi e tute<strong>la</strong>ti dal nuovo Comando che aveva<br />
disposto per un nuovo migliore trattamento fi sico e spirituale delle truppe,<br />
sentivano vibrare dietro di sé l’anima tutta del Paese, confi dando nel<br />
loro eroismo per impedire che altre prov<strong>in</strong>ce subissero il martirio delle<br />
terre <strong>in</strong>vase, da cui giungevano voci così dolorose (ma control<strong>la</strong>te vere<br />
dai soldati medesimi, di sofferenze e di angherie <strong>in</strong>audite).<br />
Quando l’Italia gavazzava <strong>in</strong> un <strong>in</strong>differentismo nauseante, il soldato<br />
provava schifo e sdegno, anche perché le ragioni che ci avevano <strong>in</strong>dotto<br />
e costretto al<strong>la</strong> guerra non erano, né potevano essere, comprese dal<strong>la</strong><br />
grande massa ignorante, avulsa, senza una congrua preparazione psicologica<br />
al<strong>la</strong> terra, alle offi c<strong>in</strong>e, al<strong>la</strong> famiglia.<br />
Quando l’Italia, percossa all’<strong>in</strong>izio dell’<strong>in</strong>op<strong>in</strong>ata sventura, parve raccogliersi<br />
<strong>in</strong> se stessa e un senso di <strong>in</strong>tima e fraterna solidarietà avv<strong>in</strong>se<br />
cittad<strong>in</strong>i e soldati, questi compresero perché ci si batteva, perché ci si<br />
doveva battere.<br />
Non è dunque giusto far colpa esclusiva ai metodi del Comando Supremo<br />
dell’allentata combattività e discipl<strong>in</strong>a delle truppe: ciò fu <strong>in</strong>eluttabile,<br />
tanto più che non erano una specialità del nostro fronte “<strong>la</strong> guerra<br />
di logoramento”, “il sistema delle spal<strong>la</strong>te”, “gli attacchi parziali” che<br />
conducevano ovunque a successi immediati, sproporzionati all’entità<br />
delle perdite. Altrettanto e anco più verifi cavasi <strong>in</strong> Francia e nel Belgio;<br />
era il sistema di guerra adottato dagli alleati, i quali, dopo tutto, al<strong>la</strong><br />
fi ne dei conti sono pur riusciti con così diuturna tenace lotta a logorare<br />
o debilitare a tal segno il nemico, da <strong>in</strong>durlo al<strong>la</strong> resa senza condizioni!<br />
Non si può negare che una maggiore energia ed <strong>in</strong>iziativa nei primordi<br />
del<strong>la</strong> guerra, una sp<strong>in</strong>ta più audace dopo <strong>la</strong> presa di Gorizia, un più abile<br />
sfruttamento del<strong>la</strong> vittoria del<strong>la</strong> Ba<strong>in</strong>sizza ci avrebbero condotti verso<br />
obbiettivi <strong>la</strong> cui caduta avrebbe galvanizzato di entusiasmo Popolo ed<br />
Esercito.<br />
Fuochi di paglia, però.<br />
Il nemico non avrebbe comunque ceduto e <strong>la</strong> guerra sarebbe identicamente<br />
stagnata <strong>in</strong> una lotta di posizioni, stabilizzandosi il fronte davanti<br />
a qualche quota o a qualche tr<strong>in</strong>cerone fi no al totale esaurimento<br />
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