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dove la salute è praticamente un bene commerciale come altri e non un diritto delle persone, non ha solo una valenza politica, ma anche economica. Infatti, il Presidente Obama vuole spostare l’asse da un’economia di tipo consumistico- finanziario verso una di servizi per i cittadini, ritenendo che quest’ultima possa far meglio da volano all’economia in generale. Questa non è solo una scelta politica ma rappresenta anche un’opinione sempre più diffusa tra gli economisti sanitari. Da tempo compaiono sulle più autorevoli riviste di questo settore, articoli che segnalano la necessità di dare una migliore copertura sanitaria all’intera popolazione americana sia sotto il profilo etico sia sotto quello economico, in quanto escludere una parte consistente della popolazione americana da cure adeguate porta comunque alla fine ad un aumento dei costi, per l’aggravamento della malattia di base e all’aumento dei costi sociali 2,3 . Molti, inoltre, si chiedono poi come mai altri Paesi, abbiano una estesa copertura sanitaria della popolazione e un livello qualitativo della sanità praticamente pari a quello statunitense a fronte però di una spesa 3-4 punti percentuali del PIL, che rappresentano una cifra molto consistente 4 . Ma come abbiamo visto in Italia, non basta estendere la copertura sanitaria per avere un buon livello di organizzazione e contemporaneamente di salute, a costi accettabili e soddisfazione dell’utenza. È necessario anche un cambiamento nell’organizzazione o, meglio, del ruolo dei vari attori del sistema. In quest’ottica vi segnalo due pubblicazioni di Michael Porter, considerato la massima autorità mondiale nel campo delle strategie competitive delle imprese e dei fattori di competitività dei sistemi economici, consulente in passato anche dell’amministrazione Bush. Nonostante la sanità non rappresenti uno dei suoi principali settori d’interesse, ha scritto, assieme ad E. Olmested Teisberg un libro 5 e uno dei più interessanti articoli 6 di strategia di riforma sanitaria negli ultimi anni, pubblicata su JAMA, una rivista tradizionale che raramente ospita articoli così innovativi. Porter parte dal presupposto che il modello sanitario statunitense, basato sulla concorrenza presenta dei limiti: i costi sono i più alti al mondo, una gran parte della popolazione (47 milioni d’americani) ha un accesso molto limitato delle cure, la qualità è inferiore rispetto all’atteso e i pazienti sono insoddisfatti di questo sistema. Ritiene che la concorrenza in Usa abbia fallito perché non interviene sui fattori che migliorano l’efficienza e la qualità ed è a somma zero, perché non vi è miglioramento del valore, in quanto ogni attore del sistema trasferisce i costi sull’altro: l’ospedale sui servizi domiciliari, l’assicurazione sui pazienti, il piano assistenziale sull’ospedale. La somma non risulta così positiva, come avviene quando tutti gli attori ne traggono benefici. I cosiddetti fallimenti di mercato nella sanità statunitense (scadente informazione; concentrazione delle proprietà, rapporto di agenzia medico-paziente per cui il medico agisce come agente del paziente, prescrivendo, dopo aver formulato una diagnosi, una serie d’esami) hanno dimostrato difficilmente realizzabile un meccanismo di concorrenza o competizione secondo le regole del libero mercato economico. Idem le esperienze europee, dove vige il quasi mercato, come in Italia dove il finanziatore, la Regione, è anche pro- 20 prietaria delle imprese fornitrici (ospedale e aziende territoriali). Secondo questi autori, sinora la competizione è basata su presupposti sbagliati, in quanto avviene a livello dei costi e non della qualità erogata. Il valore in sanità non è altro che il guadagno in termini di salute e su questo dovrebbe essere valutato e costruito un sistema sanitario che funzioni e sia economicamente compatibile. Quello basato sul valore in sanità dovrebbe essere gestito dal medico, ben più responsabilizzato d’ora, proiettata verso risultati di salute, con il paziente al centro del sistema e non l’organizzazione, come ora avviene. Altro errore commesso, secondo gli autori, è stato quello di accentuare l’uso dell’alta tecnologia per ridurre i costi e migliorare la qualità. Infatti, tale scelta non ha consentito di raggiungere i risultati ipotizzati di miglioramento della qualità, di riduzione dei costi e d’effetto traino su tutto il sistema economico. Una “buona” concorrenza dovrebbe poter intervenire su alcuni requisiti: 1) l’efficienza; 2) la soddisfazione del paziente; 3) la sua facoltà di scelta; 4) l’equità. Ma sinora queste caratteristiche non sono state prese in considerazione perché non portavano un ritorno economico nel breve termine. Se invece ci fosse competizione sui risultati di salute, dovrebbe anche ridimensionarsi quell’aspetto che contribuisce ad aumentare i costi in tutti i Paesi, vale a dire l’offerta di prestazioni sanitarie che crea la domanda. Non verrebbero proposte così prestazioni sanitarie che incidono poco sulla salute ma sono invece condizionate molto dalla medicina difensiva o dalla possibilità di ottenere maggiori guadagni. Potrebbe stupire qualcuno, inoltre, il fatto che Porter e Teisberg, due esperti di competizione, tipica espressione di un sistema che guarda ai risultati economici e non alle conseguenze sociali delle scelte conseguenti, possano indicare per la realizzazione della loro proposta una sistema di copertura assicurativa universale. Lo fanno non solo per gli aspetti etici, ma soprattutto perché “ è il solo modo per attuare un sistema che produce un alto valore per i singoli e per la globalità dei pazienti” in quanto “ si potrebbero ottenere rilevanti risparmi garantendo la prevenzione e la cura della persona malata, non delle singole patologie“. Questi sono i punti principali del pensiero di Porter: 01. bisogna puntare sul valore che ne deriva al paziente, cioè i risultati di salute e non sulla riduzione della spesa 02. la competizione deve avvenire non sui costi, ma sulla qualità erogata e sui risultati di salute, in modo da evitare accertamenti diagnostici e cure inappropriate, che aumentano la spesa e i rischi per il paziente 03. il valore deve risultare non dalla singola prestazione sanitaria ma dall’intero ciclo di cure, tanto da seguire meglio il paziente e limitare ritardi nelle cure ed errori. Lo stesso vale per le forme di pagamento o rimborso, in modo anche da evitare duplicazioni ed esami inutili 04. le prestazioni devono essere erogate in base all’esperienza che ogni struttura, ogni medico sviluppa. Secondo Porter diventa più conveniente rivolgersi a
strutture di dimensioni consistenti che abbiano una forte esperienza nel trattamento della singola condizione morbosa se d’alto impegno professionale oppure nel trattamento di tutto il ciclo delle cure, come dovrebbe essere nelle malattie croniche. Fattori principali per il miglioramento delle cure e la riduzione dei costi diventano così una buona integrazione, la prevenzione, la riabilitazione e il disease management 05. la concorrenza deve avvenire su base nazionale e non solo locale 06. le prestazioni sanitarie vanno misurate in modo da consentire il confronto e l’emulazione 07. un ruolo importante assume l’innovazione, stimolata dalla competizione, tanto da rappresentare un volano per la qualità 08. deve esserci un reale coinvolgimento del paziente nel percorso delle cure, con conseguenti migliori risultati di salute per l’autogestione della malattie e minori ricorsi legali 09. vanno individuati vari sistemi di responsabilizzazione e soprattutto di motivazione, tanto da consentire una più stretta aderenza a risultati di qualità, che possono smuovere in modo virtuoso le inerzie del sistema 10. va distinto il pagatore dal fornitore, perché se sono un’unica figura, non sono interessati a perseguire l’eccellenza necessaria per migliorare la qualità Secondo gli autori non è necessario una trasformazione delle leggi in vigore, quanto piuttosto va quindi rivisto il rapporto tra decisori e operatori, non top-down ma bottom -up che alla fine significa maggior partecipazione di tutti, pazienti compresi, a questo tipo di riforma, nella quale vi sia un forte rapporto di fiducia (jointventure) tra pazienti e medici. Difficile, ma è una strada che va perlomeno esplorata. Ci vuole però senso di responsabilità e capacità d’innovazione. Appare sempre più evidente che il sistema ha bisogno anche del medico protagonista del cambiamento, che sappia collocare il paziente con le sue reali necessità al centro del sistema, in un rapporto di collaborazione e integrazione che tuteli e soddisfi entrambe le parti e che tragga beneficio dall’esperienza di altri sistemi sanitari, senza ripeterne gli errori. Infatti, secondo Porter, solo i team medici possono migliorare le prestazioni sanitarie tanto da dare valore a somma positiva a tutto il sistema. La proposta di Porter e Teisberg riguarda precipuamente il sistema sanitario statunitense, in particolare per la parte economico-finanziaria, ma potrebbe indicare una strada anche per l’Italia, dopo un’adeguata “traduzione organizzativa” di quanto esposto dagli autori, vista la diversità dei due sistemi. Aureo Muzzi Bibliografia 1. Hopkins J. Healthcare reform takes a substantial share of Obama’s proposed $3.1 trillion budget. BMJ. 7 March 2009; 338 :559. 2. Roper W. L. Here We Go Again—Lessons On Health Reform. Health Affairs; 2 6, no 6 (2007):1551-1552. 3. Thorpe K.E. Reframing The Debate Over Health Care Reform: The Role Of System Performance And Affordability.Health Affairs 26, no. 6 (2007): 1560-1562. 4. Schaeffer L.D. The New Architects Of Health Care Reform. Health Affairs 26, no. 6 (2007): 1557-1559. 5. Porter ME and Teisberg EO. Redefining health care: creating valuebased competition on results. Boston, Harvard Business School Press, 2006. 6. Michael E. Porter; Elizabeth Olmsted Teisberg. How Physicians Can Change the Future of Health Care. JAMA. 2007;297:1103-1111. Avviso... I colleghi che volessero effettuare elargizioni pro terremotati dell’Abruzzo posso farlo indirizzandole a: SANITÀ SOLIDALE ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI E DEGLI ODONTOIATRI DE L'AQUILA Cassa di Risparmio de l’Aquila IBAN: IT 11 R 0604040440000000155824 21
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