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giugno 2007 - Giuseppini del Murialdo

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di<br />

Angelo<br />

Catapano<br />

acatapano@murialdo.it<br />

Don Reffo nella sua opera si conferma maestro di spiritualità giuseppina!<br />

Ite ad Joseph<br />

Considerata la grandezza <strong>del</strong>la figura e<br />

<strong>del</strong>la missione di san Giuseppe, la bellezza <strong>del</strong> suo mo<strong>del</strong>lo<br />

di vita e di santità, l’universalità <strong>del</strong> suo paterno patrocinio,<br />

Eugenio Reffo richiama con insistenza l’invito biblico<br />

“Ite ad Joseph”, esortando ad andare da lui, ad invocare<br />

la sua protezione, a pregare con la sua intercessione:<br />

proprio come una volta, nel tempo <strong>del</strong>la carestia,<br />

gli ebrei e gli egiziani si rivolgevano a quel Giuseppe di<br />

cui ci parla il libro <strong>del</strong>la Genesi. Richiede quindi “il ricorso<br />

frequente al glorioso Patriarca, di cui fu figura quel Giuseppe,<br />

che liberò l’Egitto dalla carestia, somministrandovi<br />

in abbondanza il frumento: forse non mai come al presente<br />

noi, figli di S. Giuseppe, sentiamo la necessità <strong>del</strong>l’Ite<br />

ad Joseph, al divino economo <strong>del</strong>la casa di Dio, al<br />

padre amorosissimo specialmente di coloro che a lui<br />

hanno consacrato il loro cuore e tutta la loro vita”. Ricorrere<br />

a lui – non mancando ad ogni modo di fare la nostra<br />

parte nella pratica <strong>del</strong> Vangelo e nella sua imitazione - è<br />

volontà di Dio: “Iddio dall’alto <strong>del</strong> suo trono ordina a noi<br />

pure di rivolgerci a Giuseppe nei nostri bisogni – ‘Ite ad<br />

Joseph’ – ma ci mette per condizione: ‘fate qualunque<br />

cosa egli vi dirà’ (Gen 41,55)”. È pure desiderio <strong>del</strong>la<br />

Chiesa che autorevolmente ha visto prefigurato nell’antico<br />

il nuovo Giuseppe e ha messo sulle labbra <strong>del</strong> popolo<br />

di Dio la preghiera di Leone XIII: “A te o beato Giuseppe,<br />

stretti dalla tribolazione, ricorriamo e fiduciosi invochiamo<br />

il tuo patrocinio”.<br />

Santa Famiglia<br />

Il tragitto di preghiera che il Reffo presenta indica un<br />

chiaro percorso da seguire: andare da Giuseppe e attraverso<br />

di lui a Maria e quindi a Gesù. “Per Joseph ad Mariam,<br />

per Mariam ad Jesum” diventa il motto <strong>del</strong>la sua esistenza,<br />

prima ancora che dei suoi scritti, <strong>del</strong>le sue pubblicazioni<br />

e <strong>del</strong>le sue istituzioni. Perfino l’intestazione <strong>del</strong>le<br />

sue lettere tante volte riporta questo slogan.<br />

Afferma il Servo di Dio: “Infatti è per mezzo di<br />

S. Giuseppe che ci accostiamo a Maria, ‘per<br />

Joseph ad Mariam’, come è per mezzo di<br />

Maria che noi giungiamo a Gesù, ‘per Mariam<br />

ad Jesum’. Chi è presentato e raccomandato<br />

a Maria da S. Giuseppe, è veduto<br />

da lei con occhio di predilezione; Essa ricompensa<br />

chi vuol bene al suo Sposo”. Fiducia e<br />

confidenza diventano parole d’ordine in<br />

questo rapporto speciale da instaurare nella<br />

preghiera con san Giuseppe. D’altronde, come<br />

dice Eugenio, mettendo le parole in boc-<br />

ca al nostro santo: “Egli vuole che a lui ci accostiamo senza<br />

timore e con filiale confidenza, che domandiamo con<br />

umiltà riconoscendo la nostra miseria, e che insistiamo nel<br />

pregare con perseveranza; e quando ci vede con queste<br />

disposizioni, egli compendia in due soli tutti gli ordini suoi:<br />

Amate Gesù e amate Maria. Questi furono sempre e sono<br />

gli oggetti più cari <strong>del</strong> mio cuore; lo siano pure <strong>del</strong> vostro;<br />

vivete alla loro presenza, non fate cosa alcuna che loro dispiaccia,<br />

meditate le loro virtù e forgiate il vostro cuore alla<br />

loro imitazione, perché esso si mantenga umile e mansueto<br />

come il cuore di Gesù, immacolato e dolce come il<br />

cuore di Maria. Questo è il mio comando e se voi l’adempite<br />

avrete sicuramente il mio Patrocinio”. Davvero efficace<br />

compendio di che cosa vuol dire andare da Giuseppe:<br />

significa in pratica amare Gesù e Maria. Quindi la<br />

prima preghiera da rivolgere al nostro santo è proprio<br />

quella di chiedergli che ci aiuti ad amare Gesù e Maria, almeno<br />

un po’ come lui ha fatto in maniera insuperabile.<br />

Non separare i tre personaggi <strong>del</strong>la Santa Famiglia, tenerli<br />

uniti anche nella liturgia e nella preghiera è di grande<br />

aiuto. Spessissimo don Reffo usa la sigla “IMI” (Iesus, Maria,<br />

Ioseph) oppure GMG (Gesù, Maria, Giuseppe), inizia e<br />

conclude con le iniziali dei loro nomi i suoi scritti, firma allo<br />

stesso modo le sue lettere (ad esempio “tuo Eugenio in<br />

GMG”).<br />

Affidamento totale<br />

È un Amico a cui chiedere aiuto per la Chiesa, innanzitutto<br />

per la sua Famiglia nel mondo, perché la protegga<br />

dai pericoli e possa esercitare la sua missione, specialmente<br />

quando incontra indifferenza, difficoltà ed opposizione,<br />

quando si rinnova sotto tante forme la presenza di<br />

Erode; davanti ai problemi degli operai e generalmente<br />

<strong>del</strong> mondo <strong>del</strong> lavoro, allo sfruttamento e alla discriminazione<br />

dei fanciulli e <strong>del</strong>le donne, è quanto mai opportuno<br />

rivolgersi al santo carpentiere di Galilea. Avviata nel 1873<br />

la congregazione di san Giuseppe, spesso invita a pregare<br />

per le vocazioni, perché cresca la famiglia che porta il<br />

suo nome, un nome che etimologicamente porta a chiedere<br />

che “Dio aggiunga”. Nel 1912 don Eugenio Reffo diventa<br />

superiore generale, dopo aver declinato la sua elezione,<br />

alla morte di san Leonardo <strong>Murialdo</strong> nel 1900. All’intercessione<br />

<strong>del</strong> Patrono don Reffo affida la sua missione;<br />

non solo, il suo ideale è di impersonare, in qualità di padre<br />

generale, la presenza stessa di san Giuseppe, che dunque<br />

a pieno titolo presiede e dirige la “piccola” famiglia a lui<br />

dedicata.<br />

Nella foto a lato:<br />

S. Famiglia (Santuario S. Giuseppe - Ambato, Ecuador)<br />

Si parla sempre più spesso di bulli. Ma cosa sta<br />

succedendo nelle nostre scuole? Anche nella classe di<br />

mio figlio l’insegnante ha avviato un confronto sull’argomento...<br />

Ma come bisogna affrontarlo ?<br />

Antonio Ventutini, Roma<br />

Risponde la Prof.ssa Liliana Giglio<br />

Preside Liceo <strong>Murialdo</strong> di Albano (RM)<br />

I casi di bullismo che si verificano a scuola, sostenuti<br />

prima dagli stessi studenti tramite i videofonini,<br />

e poi da chi si diverte a raccoglierli e trasmetterli<br />

in Internet,e infine dai media tradizionali,<br />

sono anche da decodificare come atteggiamenti<br />

di prepotenza nei confronti dei professori,<br />

degli studenti e <strong>del</strong>le cose: e questi, sì, sono in aumento.<br />

Siamo di fronte a un’emergenza educativa,<br />

emergenza dovuta essenzialmente all’incapacità,<br />

spesso degli adulti quarantenni di gestire i<br />

propri ragazzi (figli o studenti che siano). Dobbiamo<br />

tenere conto anche dei cambiamenti <strong>del</strong>la figura<br />

genitoriale: si è appiattita, anzi maternalizzata,<br />

ammorbidita, ha difficoltà di dare orientamento<br />

e, soprattutto, regole condivise da rispettare. Oggi<br />

si deroga su ogni cosa; meno regole, più eccezioni,<br />

il rischio è che i ragazzi cadano in una sorta<br />

di “orfanità”: crescono soli, senza bussola, con<br />

l’idea di poter fare tutto, perché saranno comunque<br />

difesi, in ogni occasione, da mamma e papà.<br />

Difesi anche nei confronti, appunto, dei professori.<br />

Invece scuola e famiglia dovrebbero parlare,<br />

dialogare e insieme far crescere i giovani al meglio.<br />

L’educazione è un percorso a lungo termine<br />

e a tempo pieno! Ciascuno con le proprie responsabilità!<br />

E poi, cosa da non trascurare sempre<br />

pensando alla crescita dei giovani, è che questi<br />

non sono stati educati al conflitto, alla differenza<br />

che esiste tra violenza e conflitto. Nella violenza si<br />

tenta di eliminare il problema eliminando la persona<br />

che lo porta e lo rappresenta. E il danno è irreversibile.<br />

Nel conflitto, al contrario, si discute, ci si<br />

disturba - anche in maniera forte - ma in maniera<br />

reciproca e senza eliminare la persona, con la<br />

quale di fondo resta una sorta di relazione. Educare<br />

al conflitto significa far capire che il danno<br />

non sta nella persona che mi ha insultato ma nell’insulto<br />

stesso e, andando a fondo a quello, cercare<br />

di uscirne, rafforzando la relazione. Il conflitto,<br />

ricordiamoci, fa parte <strong>del</strong>la nostra quotidianità<br />

e non è <strong>del</strong>eterio.<br />

Nel <strong>giugno</strong> <strong>del</strong> 1942 una ragazzina - poco più di<br />

una bimba, Anna Frank - cominciava il suo celebre<br />

Diario , destinato a diventare un documento tragico<br />

e dolente sulla barbarie <strong>del</strong> nazismo e su quell’abisso<br />

che fu l’Olocausto. “Spero di poterti confidare tutto,<br />

come non ho potuto fare con nessuno, e spero<br />

mi sarai di grande conforto” scrive la giovane ebrea<br />

nell’aprire quella che fu, prima <strong>del</strong>la fine, la sua unica<br />

finestra socchiusa sul mondo.<br />

L’esperienza <strong>del</strong> diario è una strada percorsa da<br />

molti, siano personaggi pubblici o privati cittadini.<br />

Ogni tanto appaiono qua e là i presunti diari di Mussolini,<br />

quelli segreti tenuti dal genero, Galeazzo Ciano,<br />

erano secondo i diplomatici <strong>del</strong> tempo “la favola<br />

di tutta Roma”. Andreotti deve anche alla minuziosa<br />

dedizione quotidiana al diario la ricostruzione<br />

di momenti ed incontri che gli ha permesso di confutare<br />

le affermazioni dei “pentiti di mafia” e superare<br />

le inchieste giudiziarie.<br />

Ma è soprattutto l’età <strong>del</strong>l’adolescenza che rincorre<br />

lo strumento <strong>del</strong> diario come uno sfogo alle<br />

proprie inquietudini, alle prime <strong>del</strong>usioni, alla ricerca<br />

di sé stessi. Un viaggio spesso tormentato ma ricco<br />

di esperienze, specie se gli incontri che nascono<br />

in quegli anni sanno completare con il bagaglio <strong>del</strong><br />

consiglio e <strong>del</strong>la saggezza i passi incerti <strong>del</strong>la più<br />

giovane età. Ecco perché questo strumento mantiene<br />

nei giovani un fascino ed una validità che vanno<br />

assecondati.<br />

Arrivato ai due terzi <strong>del</strong>la sua carriera di diarista il<br />

ginevrino Federico Amiel si chiedeva a cosa dovesse<br />

servire un diario. E rispondeva: “Primo, a sgonfiare<br />

il proprio cuore; secondo , ad accorgersi <strong>del</strong>la<br />

propria vita; terzo, a chiarire il proprio pensiero;<br />

quarto, preparare qualcosa di interessante per la<br />

vecchiaia, se si deve pervenire a questa età; quinto,<br />

a interessare forse gli amici ai quali lo si lascerà in testamento;<br />

e sesto, a fornire qualche riflessione utile<br />

agli amici sconosciuti che esistono nel pubblico”.<br />

Al di là <strong>del</strong> tono volutamente caustico e proprio<br />

<strong>del</strong>la fine <strong>del</strong>l’Ottocento è indubbio che confrontarsi<br />

con la propria vita è un passaggio che presenta sovente<br />

ostacoli ed incognite, ma necessario e formativo.<br />

Anna Frank, sessantacinque anni fa, con il suo<br />

scritto si proponeva solo di rendere meno lunghi e<br />

carichi d’ansia i suoi giorni di ragazzina nascosta alla<br />

furia dei nazisti e non sapeva certo che il suo diario<br />

sarebbe stato letto da milioni di persone. Ma anche<br />

se nessuno leggerà il diario di qualche ragazzo<br />

quel tempo dedicato a sé stesso non sarà inutile.<br />

Leggere nella propria vita è un’impresa che tutti, prima<br />

o poi, siamo chiamati a fare.<br />

di<br />

Giuseppe<br />

Novero<br />

g.novero@murialdo.org<br />

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