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a cura di Fabrizio Bonera - CAI Manerbio

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potendosi interpretare solo iniziaticamente ciò che avviene nell’isola e le leggi<br />

che vi imperano. Tutto, in quel microcosmo, è or<strong>di</strong>nato in senso anagogico – nel<br />

senso <strong>di</strong> elevazione – e dunque calibrato sul Reale; tutto risponde a gerarchia<br />

qualitativa; tutto ruota inflessibilmente intorno all’Axis Mun<strong>di</strong>.<br />

“Ci interrogò [scil. Colui che per primo accolse i nuovi venuti] uno dopo l’altro. Ogni<br />

sua domanda – del resto molto semplice: chi eravamo? Perchè venivamo? – ci prendeva alla<br />

sprovvista, ci perforava fino alle viscere. Chi è lei? Chi sono io? Non potevamo rispondergli<br />

come a un agente consolare o a un impiegato delle dogane. Dire il proprio nome, la propria<br />

professione? – che cosa significa? Ma chi sei? E che cosa sei? Le parole che pronunciavamo –<br />

non ne avevamo altre – erano senza vita, ripugnanti e ri<strong>di</strong>cole come dei cadaveri. Sapevamo<br />

che d’ora innanzi, <strong>di</strong> fronte alle guide del Monte Analogo, non avremmo più potuto accontentarci<br />

<strong>di</strong> parole “ (pag. 91).<br />

Le navi che giungono all’isola misteriosa attraccano al Porto delle Scimmie,<br />

nome che svela icasticamente lo stato <strong>di</strong> quanti ristagnano al punto <strong>di</strong> partenza.<br />

Scimmia è colui che vive in maniera meccanica, imitando i gesti altrui, non<br />

<strong>cura</strong>ndosi <strong>di</strong> rispondere agli unici veri interrogativi. Tuttavia, la <strong>di</strong>fferenza tra<br />

mondo or<strong>di</strong>nario ed umanità del Monte Analogo è che in quest’ultimo non è<br />

possibile fingere: né facendosi valere per quello che non si è, né – e qui è il<br />

punto nodale – facendo valere come “fondanti” criteri <strong>di</strong> nessun conto. Chi non<br />

ha rior<strong>di</strong>nato il proprio essere secondo la Qualità 3 , aprendosi alle irra<strong>di</strong>azioni<br />

dall’alto, permane al livello più insignificante della gerarchia, ma con una<br />

<strong>di</strong>fferenza, fondamentale, rispetto al mondo costruito sulle finzioni: chi, nel<br />

Monte Analogo, è in basso e non riesce ad elevarsi, sa <strong>di</strong> essere in basso e sa<br />

<strong>di</strong> non poter fingere <strong>di</strong>nanzi a nessuno. Di qui la in <strong>di</strong>stinzione fra sacro e<br />

profano: se nel mondo or<strong>di</strong>nario il sacro è relegato alla sfera privata, vigendo<br />

una incompatibilità irriducibile tra aspirazioni/esigenze profane – le uniche<br />

ritenute legittime e <strong>di</strong> cui sia consentito parlare – e culto del sacro, gli abitanti<br />

dell’isola daumaliana sono invece invasi dal sacro, né più conoscono l’illusione<br />

<strong>di</strong> spazi profani. Anche chi è rimasto al livello del Porto, proprio in quanto<br />

consapevole del proprio stato e, comunque sia, in veste <strong>di</strong> abitante dell’isola<br />

occulta, è sottratto ipso facto all’ottica profana:<br />

“… non <strong>di</strong>ciamo male <strong>di</strong> questa gente che, scoraggiata dalle <strong>di</strong>fficoltà<br />

dell’ascensione, si è stabilita sulla costa e sulla bassa montagna, e si è fatta la sua piccola vita;<br />

i figli, almeno, grazie a loro, grazie al primo sforzo che essi hanno compiuto per venire fin qui,<br />

non devono fare questo viaggio. Nascono sulle rive stesse del Monte Analogo, meno soggetti<br />

alle influenze nefaste <strong>di</strong> culture degenerate che fioriscono sui nostri continenti, in contatto con<br />

gli uomini della montagna e pronti, se sorge in loro il desiderio e si risveglia l’intelligenza, a<br />

intraprendere il grande viaggio partendo dal luogo in cui i genitori l’hanno abbandonato” (pp 98-<br />

99).<br />

Ma se la gente del litorale, per gli scambi <strong>di</strong> necessità primaria, possiede<br />

solamente dei gettoni, che non conferiscono autorità, chi invece ha conseguito<br />

risultati nell’ascensione si <strong>di</strong>stingue per il possesso dei peradam. Il peradam è<br />

un cristallo sferico <strong>di</strong> stupefacente durezza, <strong>di</strong> cui il <strong>di</strong>amante è una<br />

degenerazione “per una sorta <strong>di</strong> quadratura del cerchio, o più esattamente <strong>di</strong><br />

cubatura della sfera”. Lo si trova solo a prezzo <strong>di</strong> sforzi e rischi immani nel<br />

cammino verso la vetta; tuttavia, se si traligna può essere perso. Il nostro<br />

equipaggio, quando si avvia alla conquista del Monte Analogo, rinviene il primo<br />

minuscolo peradam non appena decide l’abbandono dei “vecchi personaggi”,<br />

3<br />

Echeggiamo un termine chiave del capolavoro <strong>di</strong> R.M Pirsig, Lo Zen e l’arte della manutenzione della<br />

motocicletta, Adelphi, Milano, 1981.<br />

21

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