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Missione 1 capitolo 4

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controllo. In quel momento, come dei flash, si rivide nell'hangar con il capitano Desong e i<br />

cardassiani che gli avevano sparato... nell'attimo successivo si stringeva con la mano sinistra quello<br />

che gli rimaneva del braccio destro disintegrato dal phaser di qualche soldato Oberdgoniano... poi il<br />

vuoto.<br />

Era svenuto.<br />

Continuava a pensare che fosse stata una fortuna perdere i sensi, il dolore avrebbe potuto scatenare i<br />

poteri psicoreattivi con chissà quali conseguenze.. ma non era successo. Bene così. Si ripetè per la<br />

decima volta. Siaane smise di pensare alla plancia entrando in infermeria, c'erano diversi feriti,<br />

alcuni messi male, attese che qualche infermiere si accorgesse di lui, a notarlo purtroppo fu<br />

l'ufficiale medico D'Accardi, come spiegare a un Klingon che aveva solo un forte dolore alla testa?<br />

Presentarsi da lui senza ferite sanguinolente era come andare in pronto soccorso per essersi<br />

sbucciati un ginocchio.<br />

”Salve consigliere. Tutto bene?” Il suo sguardo passò dalla testa ai piedi, tornando a guardarlo in<br />

volto, “La vedo pallido, ma nessuna traccia di ferite serie vedo, bene. Ha bisogno di qualcosa?”<br />

Per un fugace attimo pensò di chiedergli una aspirina, “No D'Accardi, non ho bisogno di nulla. Sto<br />

facendo un giro per vedere se ci siano necessità, tra poco ci sarà un incontro in sala tattica..”<br />

”Si, si.. io non sarò presente, devo occuparmi di questi bl'klet.”<br />

”Di cosa?”<br />

”Nulla nulla, se non le serve altro...” Dicendo questo indicò l'uscita.<br />

Raggiunto il turboascensore Siaane chiese al computer cos'era un bl'klet, la risposta fu un cucciolo<br />

di larva. Non chiese maggiori dettagli, non voleva sapere altro dopotutto avevano come medico un<br />

Klingon.<br />

Arrivò in sala tattica e si accomodò consultando i suoi appunti.<br />

SALA MACCHINE<br />

Dopo quel tuono che aveva messo così a dura prova tutta la nave era difficile quantificare l’entità<br />

dei danni e la situazione appariva agli occhi dei tecnici davvero sconfortante. Brown era intento a<br />

lavorare alla consolle e a dirigere gli interventi manuali di due giovani Guardiamarina per cercare di<br />

individuare le priorità e per porre rimedio a quel disastro.<br />

Le sue mani correvano veloci sui comandi, ma più della criticità della situazione un altro pensiero<br />

invadeva la sua mente.<br />

Brown aveva ancora davanti agli occhi la scena: il tonfo, poi tutti persero l’equilibrio rovinando a<br />

terra, e l’esplosione del collettore di flusso ausiliario e il pannello che copriva i sensori di misura<br />

scaraventato via colpendo in pieno Oliverson, il sangue che gli rigava la fronte, gli occhi immobili.<br />

Non aveva avuto tempo di conoscere bene il suo diretto superiore. Non era espansivo come Kedrov,<br />

che invece è capace di comunicare con tutti e di farsi tanto benvolere, così gioviale. Pensò, eppure<br />

l’idea che il Capo Ingegnere fosse morto lo sconvolgeva.<br />

Dopotutto era una delle persone che aveva intorno; non gli era mai successo di perdere un<br />

compagno. Non gli era mai successo di perdere nessuno, a parte Renée.<br />

La mente di Brown lo portò subito al ricordo di lei e qualche lacrima gli inumidì gli occhi.<br />

Si guardò intorno per accertarsi che nessuno lo avesse notato, era troppo orgoglioso. E poi non era<br />

professionale mostrarsi a quel modo ai suoi aiutanti.<br />

Davanti ora aveva ancora Oliverson e stava pensando alla morte. Gli era già capitato di pensare alla<br />

propria morte, ma ora questo pensiero lo scuoteva tutto. E pensò che il suo lavoro era davvero<br />

molto pericoloso, soprattutto adesso che erano nello spazio romulano.<br />

Pensò che da quel terribile momento, laggiù in sala macchina, tutta la responsabilità ricadeva su di<br />

lui. Ed era ancora così inesperto. Se qualcosa fosse andato storto la colpa sarebbe stata sua.<br />

Certamente aveva avuto una preparazione sufficiente, aveva sostenuto innumerevoli simulazioni,<br />

ma ora.<br />

Si sentiva decisamente solo e cercò di farsi forza.<br />

A un tratto trasalì quando una mano gli toccò la spalla sinistra. Era Meyer.

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