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3<br />

denti. La cotica erbosa è in<br />

molti punti degradata dall’eccessivo<br />

pascolamento, mentre<br />

il sentiero è pressoché<br />

scomparso e solo qualche<br />

traccia da capra indica un recente<br />

utilizzo. Seguendo tacche<br />

gialle, ancora abbastanza<br />

evidenti si sale in breve a Nivolaje<br />

e poi tenendosi a destra<br />

dell’evidente canale che solca<br />

il versante a Pian Martino (1<br />

ora) .<br />

Si continua alle spalle della<br />

baita lungo il pendio arbustivo.<br />

Seguire il sentiero diventa<br />

ora difficile: le tacche gialle<br />

sono alquanto consunte e<br />

pressoché invisibili mentre<br />

una vegetazione infestante<br />

tende a ricolonizzare i pascoli<br />

abbandonati. E’ evidente<br />

che nel giro di poco tempo<br />

tutta questa zona diventerà<br />

impercorribile. Poco più in<br />

alto si piega a sinistra per riattraversare<br />

il canale e continuare<br />

per un breve tratto in<br />

piano. Quindi si obliqua in<br />

direzione della cresta della<br />

montagna che abbiamo di<br />

fronte.<br />

Le tracce del sentiero sono<br />

sempre più labili e si cammina<br />

nella fastidiosa boschina<br />

tra grossi massi, macchie di<br />

mirtillo, cespugli di ontano e<br />

radi larici. Qualche raro<br />

ometto (sassi impilati a scopo<br />

di segnavia) e ancora indizi<br />

di vernice aiutano ad<br />

orientarsi. Se si è individuata<br />

la direzione giusta forzata<br />

un ultima macchia di ontani<br />

particolarmente fitta si approda<br />

nei pressi di una baita.<br />

La rigogliosa vegetazione nitrofila<br />

(conseguente delle<br />

deiezioni degli animali che<br />

4<br />

erano qui monticati) rende<br />

impossibile avvicinarsi alla<br />

costruzione. Per proseguire<br />

bisogna aprirsi un varco nella<br />

boscaglia e raggiungere il<br />

pendio alle spalle della casa.<br />

L’erba alta non falciata, la<br />

presenza di specie invadenti<br />

e le profonde escavazioni dei<br />

cinghiali, sono evidenti indizi<br />

dell’abbandono incipiente.<br />

Zig-zagando si risale faticosamente<br />

in direzione di un altro<br />

gruppo di baite e della<br />

dorsale ritrovando infine un<br />

sentiero accettabile e ancora<br />

dignitosamente segnalato. Si<br />

continua verso l’alto in direzione<br />

dell’Alpe Colmetto<br />

(1744 m) anche qui troviamo<br />

ortiche, rovi e ontani che rendono<br />

impossibile la visita e<br />

difficoltoso seguire il sentiero.<br />

Nei pressi vi è una sorgente<br />

che alimenta una vasca<br />

abbeveratoio realizzata modellando<br />

a colpi di scalpello<br />

una bancata rocciosa monolitica<br />

(impossibile immaginare<br />

che il manufatto vi sia stato<br />

trasportato).<br />

La meta non è più molto lontana.<br />

La traccia segue la dorsale<br />

per poi rimontare il pendio<br />

terminale e giungere in<br />

vetta (complessivamente 2.30<br />

ore) seguendo la cresta in direzione<br />

dell’Uja si raggiunge<br />

agevolmente la “rosa dei venti”.<br />

Il ritorno avviene lungo il<br />

medesimo itinerario prestando<br />

attenzione a non perdersi<br />

nell’intrico verde.<br />

1. La punta d’Arbella<br />

dall’Alpe Colmetto.<br />

2. “Crutin” all’Alpe Colmetto.<br />

3. Il costolone di Pian Rosso<br />

con la sua solitaria baita.<br />

4. L’alpeggio di Nivolaje.<br />

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