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denti. La cotica erbosa è in<br />
molti punti degradata dall’eccessivo<br />
pascolamento, mentre<br />
il sentiero è pressoché<br />
scomparso e solo qualche<br />
traccia da capra indica un recente<br />
utilizzo. Seguendo tacche<br />
gialle, ancora abbastanza<br />
evidenti si sale in breve a Nivolaje<br />
e poi tenendosi a destra<br />
dell’evidente canale che solca<br />
il versante a Pian Martino (1<br />
ora) .<br />
Si continua alle spalle della<br />
baita lungo il pendio arbustivo.<br />
Seguire il sentiero diventa<br />
ora difficile: le tacche gialle<br />
sono alquanto consunte e<br />
pressoché invisibili mentre<br />
una vegetazione infestante<br />
tende a ricolonizzare i pascoli<br />
abbandonati. E’ evidente<br />
che nel giro di poco tempo<br />
tutta questa zona diventerà<br />
impercorribile. Poco più in<br />
alto si piega a sinistra per riattraversare<br />
il canale e continuare<br />
per un breve tratto in<br />
piano. Quindi si obliqua in<br />
direzione della cresta della<br />
montagna che abbiamo di<br />
fronte.<br />
Le tracce del sentiero sono<br />
sempre più labili e si cammina<br />
nella fastidiosa boschina<br />
tra grossi massi, macchie di<br />
mirtillo, cespugli di ontano e<br />
radi larici. Qualche raro<br />
ometto (sassi impilati a scopo<br />
di segnavia) e ancora indizi<br />
di vernice aiutano ad<br />
orientarsi. Se si è individuata<br />
la direzione giusta forzata<br />
un ultima macchia di ontani<br />
particolarmente fitta si approda<br />
nei pressi di una baita.<br />
La rigogliosa vegetazione nitrofila<br />
(conseguente delle<br />
deiezioni degli animali che<br />
4<br />
erano qui monticati) rende<br />
impossibile avvicinarsi alla<br />
costruzione. Per proseguire<br />
bisogna aprirsi un varco nella<br />
boscaglia e raggiungere il<br />
pendio alle spalle della casa.<br />
L’erba alta non falciata, la<br />
presenza di specie invadenti<br />
e le profonde escavazioni dei<br />
cinghiali, sono evidenti indizi<br />
dell’abbandono incipiente.<br />
Zig-zagando si risale faticosamente<br />
in direzione di un altro<br />
gruppo di baite e della<br />
dorsale ritrovando infine un<br />
sentiero accettabile e ancora<br />
dignitosamente segnalato. Si<br />
continua verso l’alto in direzione<br />
dell’Alpe Colmetto<br />
(1744 m) anche qui troviamo<br />
ortiche, rovi e ontani che rendono<br />
impossibile la visita e<br />
difficoltoso seguire il sentiero.<br />
Nei pressi vi è una sorgente<br />
che alimenta una vasca<br />
abbeveratoio realizzata modellando<br />
a colpi di scalpello<br />
una bancata rocciosa monolitica<br />
(impossibile immaginare<br />
che il manufatto vi sia stato<br />
trasportato).<br />
La meta non è più molto lontana.<br />
La traccia segue la dorsale<br />
per poi rimontare il pendio<br />
terminale e giungere in<br />
vetta (complessivamente 2.30<br />
ore) seguendo la cresta in direzione<br />
dell’Uja si raggiunge<br />
agevolmente la “rosa dei venti”.<br />
Il ritorno avviene lungo il<br />
medesimo itinerario prestando<br />
attenzione a non perdersi<br />
nell’intrico verde.<br />
1. La punta d’Arbella<br />
dall’Alpe Colmetto.<br />
2. “Crutin” all’Alpe Colmetto.<br />
3. Il costolone di Pian Rosso<br />
con la sua solitaria baita.<br />
4. L’alpeggio di Nivolaje.<br />
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