Lavoro del futuro - Valori
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L’HI-TECH IN FINLANDIA<br />
NASCE DALLE FORESTE<br />
L’86 PER CENTO DELLA SUPERFICIE <strong>del</strong> paese di Babbo Natale,<br />
la Finlandia, è coperta da boschi, al 60 per cento di proprietà privata con appezzamenti<br />
medi da 4 ettari. Dall’inizio degli anni ‘90 l’organismo statale che si occupa <strong>del</strong>la<br />
gestione <strong>del</strong>le foreste, il Finish Forest Research Institute, ha messo a punto un sistema<br />
di mappatura satellitare dei boschi chiamato National Forest Inventory (Nfi), che<br />
oggi divide il territorio forestale finlandese in pixel di 25 metri quadrati. Ognuna di queste<br />
fotografie fornisce dati sulla quantità di alberi presenti, la loro età, la loro specie,<br />
la loro maturità commerciale. La gestione attraverso il Nfi riduce i costi di monitoraggio<br />
sul terreno e contribuisce alla sostenibilità <strong>del</strong>lo sfruttamento <strong>del</strong>le foreste.<br />
La tecnologia interviene anche nel trasporto degli alberi abbattuti, con un sistema<br />
satellitare Gsm e Gprs per individuare i percorsi più efficienti dal punto di vista<br />
economico e per minimizzare gli spazi vuoti dei carichi sui camion.<br />
Le foreste sono la più importante risorsa di materia prima e la seconda fonte energetica<br />
<strong>del</strong>la Finlandia dopo il petrolio. Il legno, assieme ai suoi derivati, raggiungono il 47<br />
per cento <strong>del</strong> totale <strong>del</strong>le esportazioni. I prodotti elettronici rappresentano il 31 per cento<br />
<strong>del</strong>le esportazioni; tra questi Nokia è il marchio finlandese più conosciuto. Eppure<br />
nell’Ottocento Nokia era solo una falegnameria sulle sponde <strong>del</strong> fiume omonimo,<br />
che estraeva polpa di legno, ma con un metodo meccanizzato estremamente innovativo.<br />
LA CERTIFICAZIONE FORESTALE<br />
| 42 | valori | ANNO 7 N.49 | MAGGIO 2007 |<br />
La non coltivazione <strong>del</strong>le<br />
foreste ha fatto perdere<br />
molte professionalità<br />
LA GESTIONE FORESTALE CHE RISPONDE A REQUISITI DI SOSTENIBILITÀ può essere certificata<br />
da organismi indipendenti, attraverso procedure di verifica riconosciute e collaudate. PEFC e FSC<br />
sono i due standard internazionali di certificazione forestale che, assieme ai principali standard<br />
boschivi nazionali, certificano complessivamente una superficie di 297 milioni di ettari, equivalenti<br />
al 7% <strong>del</strong>le foreste mondiali. Vengono certificate sia la gestione sostenibile <strong>del</strong>le foreste (GSF)<br />
che la rintracciabilità dei prodotti forestali (Catena di Custodia, Coc).<br />
FSC Il Forest Stewardship Council è una Ong internazionale, indipendente e senza scopo di lucro,<br />
creata nel 1993 che include tra i suoi membri gruppi ambientalisti e sociali (Greenpeace,<br />
WWF, Legambiente, Friends of Earth, Amnesty International, etc.), comunità indigene,<br />
proprietari forestali, industrie che lavorano e commerciano il legno, grandi gruppi<br />
<strong>del</strong>la distribuzione (Castorama, Home Depot, Ikea, etc.), scienziati e tecnici che operano<br />
insieme per migliorare la gestione <strong>del</strong>le foreste in tutto il mondo. Dal 2001 è attiva FSC<br />
Italia che ha sede a Legnaro (Pd) presso il Dipartimento TeSAF <strong>del</strong>l’Università di Padova.<br />
www.fsc-italia.it<br />
PEFC Il sistema PEFC (Programma per il mutuo riconoscimento degli schemi di certificazione<br />
forestale nazionali) è nato nel 1998 come iniziativa volontaria <strong>del</strong> settore privato<br />
per il mutuo riconoscimento degli schemi di certificazione forestale nazionali o regionali;<br />
si sono finora formati 31 enti nazionali nei diversi Paesi europei che hanno aderito. Gli enti<br />
hanno dato vita all’Associazione PEFCC, (Programme for Endorsement of Forest Certification<br />
schemes Council) con sede operativa in Lussemburgo, che ha come scopo la promozione<br />
<strong>del</strong>la gestione sostenibile <strong>del</strong>le foreste, agire come ente di gestione <strong>del</strong>lo schema PEFC,<br />
valutare la conformità degli schemi di certificazione dei partecipanti rispetto ai requisiti<br />
<strong>del</strong>lo schema generale. Il PEFC Italia è attivo dal 2001 e riunisce 43 membri di differenti<br />
categorie: amministrazioni pubbliche, proprietari boschivi, industrie di prima trasformazione<br />
<strong>del</strong> legno, industrie di seconda e terza trasformazione <strong>del</strong> legno, sindacati e rappresentanti<br />
di categoria, cooperative, liberi professionisti ed aziende, associazioni di categoria.<br />
PEFC Italia - Via Catanelli 19 - 06087 Perugia - Ponte San Giovanni<br />
www.pefc.it<br />
con impianti di teleriscaldamento e centri per la cippatura,<br />
può offrire entrate aggiuntive sia per gli agricoltori,<br />
che per le amministrazioni pubbliche.<br />
Ma soprattutto può creare posti di lavoro: «La filiera<br />
legno-energia per la produzione di calore – riprende Brunori<br />
<strong>del</strong> Pefc - crea lavoro in loco in rapporto di 5 ad 1 a<br />
parità di Joule generati, rispetto agli addetti <strong>del</strong> settore<br />
petrolio-energia».<br />
Il non coltivare più le foreste ha fatto perdere anche<br />
molte professionalità, che vanno ricostituite. Per questo<br />
scopo a Rincine, nell’Appennino fiorentino la Comunità<br />
montana ha ristrutturato (in legno) la cella climatica<br />
di un ex vivaio e l’ha resa autosufficiente dal punto<br />
di vista energetico: l’energia elettrica viene, infatti, prodotta<br />
da un impianto miniydro che sfrutta un piccolo<br />
lago vicino, mentre per alimentare la caldaia a cippato<br />
si utilizza il taglio <strong>del</strong>le conifere. Buona parte dei 4000<br />
ettari boschivi che circondano l’azienda, dove è stata localizzata<br />
la scuola che formerà 700 operai forestali, è<br />
composta da conifere esotiche piantate 50 anni fa per la<br />
cellulosa, ma ormai fuori mercato.<br />
«Già ora – conclude Nocentini – in Toscana esistono<br />
1200 imprese forestali a carattere famigliare, con 2500<br />
addetti, e 37 cooperative che danno lavoro a 650 addetti<br />
a tempo indeterminato, più 300 stagionali».<br />
Certificazioni contro i tagli illegali<br />
Quando si lascia la dimensione locale, i problemi legati<br />
allo sfruttamento industriale <strong>del</strong>le foreste sono grandissimi:<br />
la deforestazione, perché vengono tagliate specie<br />
tutelate in aree protette, o in violazione alle norme che<br />
ne regolano la quantità. Ma soprattutto sono gravi i problemi<br />
di sfruttamento dei lavoratori e le violazioni dei<br />
diritti <strong>del</strong>le comunità locali condannate, soprattutto<br />
nelle zone tropicali, all’estinzione perché private dei diritti<br />
<strong>del</strong>la proprietà e <strong>del</strong>l'uso <strong>del</strong>la terra. In altri casi, le<br />
attività forestali illegali si accompagnano ad altri traffici<br />
(es. coca, oppio etc.), non ultimo quello <strong>del</strong>le armi.<br />
Il commercio di legname proveniente da tagli illegali<br />
copre, in Europa, percentuali oscillanti tra l'1% ed il<br />
5% <strong>del</strong> totale, a seconda <strong>del</strong> Paese. L'eccezione più rilevante<br />
è la Russia, dove secondo l'Unece/Fao (2005) i tagli<br />
illegali rappresenterebbero un volume pari a circa il<br />
35% dei tagli legali.<br />
Un giro d'affari complessivo di circa 150 miliardi di<br />
dollari (dati Ocse) che, secondo altre stime, avrebbe percentuali<br />
più rilevanti: più <strong>del</strong> 50% <strong>del</strong>le importazioni<br />
europee, secondo l'Ong Friends of the Earth, sarebbe di<br />
dubbia provenienza.<br />
Per contrastare questi abusi sono nati organismi ed<br />
enti che certificano che la gestione forestale sia attuata<br />
in modo sostenibile, cioè in modo che mantenga intatta<br />
la biodiversità <strong>del</strong>le foreste, la loro produttività, la capacità<br />
rigenerativa e il loro potenziale, retribuendo in<br />
modo equo i lavoratori. .<br />
Acqua<br />
Il petrolio...<br />
trasparente<br />
L<br />
di Walter Ganapini<br />
| macroscopio |<br />
A DIRETTIVA 60/2000 DELL’UNIONE EUROPEA RECITA: “l’acqua non è un prodotto commerciale, bensì un patrimonio<br />
che va protetto“. L’acqua è una risorsa ciclica (evapo-traspirazione, trasporto, precipitazione) criticissima<br />
per la vita: se le precipitazioni annue fossero distribuite non in funzione <strong>del</strong>le tendenze meteoclimatiche,<br />
ma di quelle demografiche, vi sarebbe enorme disponibilità di risorsa rispetto al fabbisogno. Ciò, ancor<br />
più se comportamenti razionali generalizzati prevenissero l’inquinamento <strong>del</strong>le acque usate e rilasciate<br />
dagli insediamenti antropici civili, industriali o agricoli, garantirebbe la sopravvivenza <strong>del</strong>la specie senza<br />
dover intaccare neppure in minima parte la quota sotterranea <strong>del</strong>le risorse idriche. Così evidentemente non è.<br />
L’incultura <strong>del</strong>l’acqua “ res nullius “, in Italia, porta al paradosso che ci vede consumare 170 litri di acqua<br />
imbottigliata/abitante x anno, contro una media europea di 85 ed una mondiale di 15, equivalenti a 5 miliardi<br />
di contenitori plastici che si trasformano in 100.000 tonn/anno di rifiuto urbano. L’acqua imbottigliata,<br />
assoggettata a regimi di controlli spesso lacunosi, ha un costo variabile tra 30 e 50 cent, cui si dovrebbero<br />
sommare i costi di smaltimento <strong>del</strong> contenitore, mentre 1000 litri di acqua da acquedotto, certo più<br />
controllata sul piano chimico-batteriologico, non costano più di 1 Euro. Ciò nonostante, gli italiani dichiarano<br />
che alla base di questo paradosso c’è la convinzione che l’acqua imbottigliata sia più sicura (51%), più “buona”<br />
(35%), meno “dura” (14%). Il nostro Paese, sin qui collocato in una fascia climatica temperata, è dotato di una<br />
ricca orografia e di una importante articolazione idrologica superficiale<br />
(l’acqua naturalmente o artificialmente invasata ammonterebbe a circa<br />
10 miliardi di metri cubi), ma risulta anche ricco di acquiferi sotterranei,<br />
la cui capienza è stimata tra i 5 e i 12 miliardi di metri cubi. La maggior<br />
parte <strong>del</strong>la risorsa, in virtù <strong>del</strong>l’andamento <strong>del</strong>le precipitazioni<br />
e <strong>del</strong>le caratteristiche pedologiche, è concentrata al Nord, il 15%<br />
al Centro, il 12% al Sud, il 4% tra Sardegna e Sicilia. Ciò nonostante, la crisi idrica è alle porte in tutto<br />
il Paese , anche come effetto <strong>del</strong> cambiamento climatico globale in atto che vedrà l’aridificazione interessare<br />
il Centro-Sud e la sub-tropicalizzazione il Nord, con decremento <strong>del</strong> volume totale <strong>del</strong>le precipitazioni<br />
in un minor numero di eventi, ciascuno dei quali potrebbe diventare “estremo” in termini di effetti. Di ciò<br />
ben si stanno accorgendo le Compagnie di Assicurazione. Cosa sta all’origine di questa scarsità annunciata?<br />
Le cause prevalenti sono così sintetizzabili:<br />
Mille litri di acqua<br />
che sgorga dall’acquedotto<br />
costa non più di 1 euro<br />
mentre un litro in bottiglia<br />
da 30 a 50 cent<br />
. decennale incuria/mancata manutenzione <strong>del</strong>le reti di collettamento ed adduzione, che porta ad un livello<br />
di dispersione <strong>del</strong>la risorsa idrica captata variabile tra il 30% <strong>del</strong>la Emilia-Romagna e l’oltre 50%<br />
<strong>del</strong>l’Acquedotto Pugliese.<br />
. inquinamento dei corpi fluviali da parte di insediamenti industriali ed urbani<br />
. ormai insostenibile idroesigenza di un settore primario caratterizzato per decenni da monocolture intensive<br />
e da tecniche irrigue (es. a pioggia) dissipatrici di oltre il 30% <strong>del</strong>l’acqua erogata, peraltro a costo marginale.<br />
. mancata generalizzazione di apparati ( diffusori , ecc ) per la minimizzazione dei consumi a parità<br />
di prestazione a livello dei consumi domestici .L’eccellente esperienza condotta al riguardo a Bagnacavallo<br />
da Legambiente con la Regione Emilia-Romagna ha mostrato come questa sola misura , il cui bassissimo<br />
costo ( 2-3 Euro/abitante ) si ripaga comunque con i certificati bianchi per la minore spesa energetica<br />
<strong>del</strong> servizio idrico , consenta di ridurre i consumi familiari di almeno il 10-12 %. .<br />
| ANNO 7 N.49 | MAGGIO 2007 | valori | 43 |