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Lavoro del futuro - Valori

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| internazionale |<br />

RIPANOSOMIASI AFRICANA UMANA, meglio conosciuta come<br />

malattia <strong>del</strong> sonno; ulcera di Buruli, dengue e, ancora,<br />

Kala-azar. Malattie poco conosciute, che molti di noi<br />

non hanno neppure sentito nominare. Sono solo alcuni<br />

esempi di patologie che nei Paesi occidentali sono<br />

scomparse da tempo o che non sono mai esistite, ma che<br />

altrove colpiscono, ogni anno, centinaia di migliaia di persone.<br />

Per molte non ci sono cure o in alcuni casi i farmaci sono antiquati.<br />

Curare il Kala-azar, ad esempio, significa somministrare la<br />

stessa terapia che si usava negli anni ‘30, a base di antimonio, un<br />

composto altamente tossico che necessita di praticare iniezioni<br />

per le quattro settimane di trattamento. Una circostanza di per sé<br />

difficile per un Paese in cui il sistema sanitario è sottosviluppato,<br />

le strutture sono poche e fatiscenti, e il personale, quando c’è, non<br />

ha una formazione adeguata. Per curare queste malattie la sfida<br />

non è solo quella di produrre farmaci a basso costo. Spesso i farmaci<br />

non esistono, perché non è mai stata fatta ricerca scientifi-<br />

ca. I numeri degli investimenti, da parte dei colossi farmaceutici,<br />

parlano chiaro: gli investimenti mondiali in ricerca sanitaria negli<br />

anni sono cresciuti fino a superare, oggi, i 100 miliardi di dollari<br />

all’anno. Ma il 90% di questo denaro viene utilizzato per risolvere<br />

i problemi di salute che interessano il 10% <strong>del</strong>la popolazione<br />

mondiale: il cosiddetto “squilibrio 10/90”.<br />

Farmaci “open source”<br />

Oggi la carenza di attività di ricerca e sviluppo è un fatto riconosciuto.<br />

Negli ultimi anni sono emerse diverse iniziative incoraggianti:<br />

sono nate associazioni non a scopo di lucro per lo sviluppo<br />

di nuovi farmaci, test diagnostici e vaccini per le malattie dimenticate.<br />

È il caso, ad esempio, di International AIDS Vaccine<br />

Initiative (IAVI), Medicines for Malaria Venture (MMV) o Drugs<br />

for Neglected Disease Initiative (DNDi). Un recente rapporto <strong>del</strong>la<br />

London School of Economics sul panorama <strong>del</strong>la ricerca sulle<br />

| 66 | valori | ANNO 7 N.49 | MAGGIO 2007 |<br />

di ostacolare ad ogni costo questa pratica. La loro<br />

preoccupazione è che i farmaci prodotti in questo modo<br />

possano rientrare nei mercati occidentali.<br />

Gli accordi, però, prevedono che i Paesi a reddito<br />

più basso, quelli che ancora non hanno firmato i Trips,<br />

possano acquistare i farmaci laddove costano meno.<br />

“Fare shopping in India è un modo oggi molto diffuso<br />

per garantire l’accesso ai medicinali per molte popolazioni<br />

– continua Gianfranco De Maio –. La fortu-<br />

na è che l’India, pur avendo già aderito alle regole <strong>del</strong><br />

Wto, ha una legislazione molto flessibile in materia di<br />

brevetti. Un sistema che alcune multinazionali <strong>del</strong> farmaco<br />

definiscono ‘legge truffa’. Secondo noi la legge<br />

indiana contiene alcuni elementi importanti che consentono<br />

un equilibrio tra brevetti e diritti dei pazienti.<br />

L’industria farmaceutica indiana, ad esempio, può<br />

opporsi alla deposizione di un brevetto. E in attesa di<br />

un pronunciamento <strong>del</strong>la corte, può cominciare a<br />

malattie dimenticate ha calcolato, in base agli sviluppi attuali,<br />

che queste iniziative potrebbero far arrivare sul mercato otto o nove<br />

farmaci nei prossimi cinque anni. Sarebbe già qualcosa, anche<br />

se poco. Ma il successo di queste organizzazioni dipende dalla loro<br />

capacità di raccogliere i soldi sufficienti a realizzare i progetti<br />

fino in fondo. Dopo la fase di ricerca, infatti, occorre destinare<br />

tempo e denaro alla sperimentazione clinica, e poi alla fase successiva<br />

<strong>del</strong>la produzione e distribuzione.<br />

I fondi destinati a queste iniziative provengono per il 79% da<br />

organizzazioni filantropiche, come la Bill Gates Foundation, il<br />

16% da finanziamenti pubblici, il 3% da agenzie <strong>del</strong>la Nazioni<br />

Unite e il 2% da privati. «È fondamentale che i governi comincino<br />

a stanziare fondi per queste realtà – dice Nicoletta Dentico,<br />

analista sulle politiche <strong>del</strong>la salute per DNDi – per poter finanziare<br />

progetti di ricerca anche di lungo periodo». Spesso, infatti, da<br />

quando si comincia a fare ricerca al momento in cui un farmaco<br />

è pronto per essere immesso sul mercato passano almeno dieci<br />

anni. In questo scenario le case farmaceu-<br />

tiche si comportano con atteggiamenti e<br />

opportunismi diversi. Alcune organizzazioni<br />

puntano a creare <strong>del</strong>le joint ventures<br />

con le aziende. È il caso, ad esempio, <strong>del</strong><br />

colosso farmaceutico Sanofi Aventis, che<br />

attraverso una partnership con DNDi ha<br />

contribuito a produrre un farmaco per curare la malaria, rinun-<br />

ciando al brevetto (vedi BOX ). «La rinuncia dei brevetti è una condizione<br />

per noi essenziale – spiega Nicoletta Dentico – dato che i<br />

diritti sulla proprietà intellettuale non sono l’incentivo giusto per<br />

la cura di malattie legate alla povertà, dove i pazienti non hanno<br />

potere d’acquisto. E lo dimostrano i recenti rapporti <strong>del</strong>l’Organizzazione<br />

mondiale <strong>del</strong>la sanità (Oms)».<br />

Naturalmente la maggior parte <strong>del</strong>le case farmaceutiche non<br />

vuole rinunciare alla regolamentazione <strong>del</strong> mercato dei farmaci<br />

che si basa sui brevetti. La speranza è che casi come quello di Sanofi<br />

Aventis diventino dei precedenti su cui costruire nuovi business<br />

mo<strong>del</strong>, cioè approcci diversi alla produzione farmaceutica.<br />

«Sono esperienze che vorremmo discutere con il gruppo di lavoro<br />

istituito lo scorso dicembre dall’Oms – continua Nicoletta Dentico<br />

– e che possono dimostrare la possibilità di fare ricerca in modo<br />

nuovo, ad esempio lavorando su mo<strong>del</strong>li simili a quello <strong>del</strong>-<br />

produrre il farmaco generico corrispondente”.<br />

Molte case farmaceutiche, comunque, non sono<br />

disposte tanto facilmente a rinunciare ai loro guadagni.<br />

Un caso emblematico è rappresentato da Novartis,<br />

che ha presentato ricorso, in discussione all’alta<br />

corte di Madras, contro la legge indiana sulla proprietà<br />

intellettuale, dopo aver incassato all’inizio <strong>del</strong> 2006 il<br />

rifiuto a brevettare un farmaco usato nelle terapie contro<br />

il cancro. La normativa <strong>del</strong>l’India, infatti, non im-<br />

pedisce alle industrie di apportare modifiche, ma non<br />

riconosce le modifiche banali come motivazione per<br />

concedere un nuovo brevetto su un farmaco già esistente,<br />

ottenendo un’ulteriore copertura ventennale<br />

per medicinali che non portano alcuna novità. Se il<br />

colosso farmaceutico svizzero vincesse la causa, si<br />

creerebbe un pericoloso precedente che metterebbe a<br />

rischio la salute di milioni di malati che vivono nei<br />

Paesi poveri. .<br />

| internazionale |<br />

Sviluppare nuovi farmaci per malattie dimenticate<br />

Patologie che colpiscono i paesi poveri. La cura non è redditizia e la ricerca si ferma. Ma oggi ci sono <strong>del</strong>le alternative: fondi <strong>del</strong>le fondazioni filantropiche e <strong>del</strong>le istituzioni internazionali per sostenere l’open source nelle tecnologie biomediche.<br />

T<br />

ASAQ: IL PRIMO FARMACO NON-PROFIT CONTRO LA MALARIA<br />

di A. D.<br />

Gli investimenti da parte dei colossi<br />

farmaceutici hanno superato i 100 miliardi<br />

di dollari l’anno. Ma il 90% viene utilizzato<br />

per affrontare patologie che interessano<br />

solo il 10% <strong>del</strong>la popolazione mondiale<br />

COSTA UN DOLLARO A CONFEZIONE. Molto<br />

poco, se si pensa che è un farmaco nuovo,<br />

efficace contro la malaria e studiato soprattutto<br />

per i bambini, le prime vittime di questa<br />

malattia tropicale. Costa poco perché non<br />

è coperto da brevetto ma può essere copiato<br />

da chiunque e non ha come scopo il profitto.<br />

Asaq, questo è il nome <strong>del</strong> farmaco, è stato<br />

prodotto grazie a una partnership tra la nota<br />

azienda farmaceutica Sanofi Aventis e Drugs<br />

for Neglected Diseases Initiative (DNDi), ente<br />

no-profit di ricerca e sviluppo per le malattie<br />

dimenticate, fondato nel 2003 da varie<br />

organizzazioni internazionali. La malaria è un<br />

flagello che ogni anno causa oltre un milione<br />

di morti, nel 90% dei casi bambini. Secondo<br />

le stime <strong>del</strong>l’Oms, inoltre, il tasso di mortalità<br />

per questa patologia è raddoppiato fra il 1990<br />

ed il 2002. La malaria rimane la principale causa<br />

di decesso per i bambini fra zero e cinque anni<br />

in Africa, dove uccide un piccolo ogni 30 secondi.<br />

Malgrado questi numeri, non esisteva finora<br />

un farmaco in formulazione pediatrica. Asaq<br />

ne presenta invece tre tipologie (per i bambini<br />

da 2 ad 11 mesi, da 1 a 5 anni, da 6 a 13 anni):<br />

un risultato importantissimo per raggiungere<br />

uno degli Obiettivi <strong>del</strong> Millennio, che prevede<br />

il dimezzamento <strong>del</strong>la malaria entro il 2015.<br />

La semplicità nella somministrazione è tra le<br />

maggiori novità <strong>del</strong> medicinale: consiste in una<br />

pillola al giorno per i bambini, due per gli adulti<br />

(a fronte <strong>del</strong>le otto oggi in uso) per tre giorni<br />

consecutivi. L’Asaq testimonia un nuovo modo<br />

di progettare, sviluppare e produrre farmaci.<br />

l’open source». Ormai affermato nelle tecnologie informatiche, l’open<br />

source si sta facendo strada anche nelle tecnologie biomediche.<br />

«La diffusione di Internet potrebbe favorire la collaborazione<br />

fra scienziati, – spiega ancora Nicoletta Dentico – e la creazione<br />

di piattaforme scientifiche che mettano insieme scienziati, conoscenze<br />

ed esperienze <strong>del</strong> Nord e <strong>del</strong> Sud <strong>del</strong> mondo. Una strada<br />

che vale la pena provare a percorrere».<br />

Per capire meglio, non basta produrre farmaci sicuri, efficaci e<br />

abbordabili dal punto di vista economico per i pazienti poveri, ma<br />

anche farmaci che siano adattati alle loro esigenze. Tra le terapie<br />

efficaci contro la malattia <strong>del</strong> sonno, ad esempio, c’è quella a base<br />

di eflornitina, distribuita in flaconi da somministrare in infusioni<br />

quattro volte al giorno per circa un mese. È difficile credere<br />

che questo tipo di somministrazione sia sostenibile nei villaggi<br />

isolati <strong>del</strong>la calda savana africana. .

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