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<strong>Da</strong> leggere - LUGLIO <strong>2010</strong><br />
PINETO C’è un luogo, a Pineto, che da sempre<br />
chiamiamo “pinetuccia”. Oggi è raro che qualcuno<br />
vi sosti, che lo percorra a piedi e che, da lì, ammiri<br />
il panorama. Il motivo è semplicissimo. La pinetuccia<br />
è malridotta, invasa da sterpaglie ed erbacce, apparentemente<br />
moribonda. Senonchè - e per fortuna! – alcuni<br />
se la ricordano viva e dispensatrice di autentico<br />
ristoro. Nel precedente numero, dentro “L’importanza<br />
di chiamarsi… zio”, ho accennato al libro composto e<br />
limato da Iezzi Ernesto dal titolo “Pineto – Percorso<br />
storico e naturalistico”. Esso – come l’autore ha avuto<br />
il modo di precisare nel corso di un’affollatissima e<br />
interessante presentazione - è il frutto delle fatiche di<br />
molti ricercatori e studiosi i cui testi Iezzi ha saputo<br />
“collazionare”, apponendo puntuali osservazioni e<br />
circostanziati rilievi. Fra i suoi intendimenti principali,<br />
ne ho ravvisato uno in fi ligrana: rammentare ai “frettolosi”<br />
– ovvero a coloro che hanno perduto gli occhi<br />
– che abbiamo a disposizione pochissimo tempo. Già,<br />
signori miei, poco tempo per ripensare le direttrici di<br />
uno sviluppo che non comporti il deterioramento dell’ambiente,<br />
poco tempo per delineare una strategia<br />
che sappia condurci all’arricchimento del territorio attraverso<br />
la valorizzazione delle sue peculiarità e poco<br />
tempo per sentirci ancora padroni delle nostre audaci<br />
scommesse. Vi preme scongiurare il pericolo che i nostri<br />
paesaggi mutino radicalmente e irreversibilmente?<br />
Bene, osservate la copertina del libro, allora! Ciò che<br />
dobbiamo fare – e ce l’avete in primissimo piano – è<br />
imitare i girasoli e decifrare il cielo. Vi scopriremmo,<br />
qualora ce ne fossimo dimenticati, la più straordinaria<br />
fonte di energia di cui conviene avvalersi. E ciò, grazie<br />
a Dio, potrebbe fornirci gli stimoli per rispondere<br />
all’appello che sembra lanciare ogni giorno la mitica<br />
Torre di Cerrano. Sì signori, perché da lì si avvistano,<br />
oramai sono decenni, gli avamposti di un nemico che<br />
perlustra la zona e si avvicina alla costa spacciandosi<br />
per un nerboruto alleato che vuol darci una mano. Senonchè,<br />
a Termoli, uno simile l’han chiamato “Rospo”<br />
e nulla esclude che, a rimorchio dei primi, ne arrivino<br />
anche da noi ad appestare l’aria e a disgustare i girasoli!<br />
Ciò che dunque ci compete di mettere in campo<br />
è una scrupolosa attenzione verso ciò che rende piacevoli<br />
e ameni i luoghi della nostra infanzia. Perché<br />
non vogliamo che diventino i “luoghi della memoria”,<br />
bensì un giardino per chi verrà dopo di noi. Non credo<br />
vi sorprenda, a questo punto, che atriani, pinetesi<br />
e silvaroli – citati rigorosamente in ordine alfabetico<br />
– stiano concertando un impegnativo itinerario per<br />
fare delle Terre del Cerrano un sito Unesco. Il comprensorio<br />
da valorizzare e da proteggere, beninteso,<br />
includerebbe la stupenda frazione collinare di cui vi<br />
accennavo poc’anzi, nonché la moribonda pinetuccia.<br />
In sintesi, si tratta di una “prova d’orchestra” e perché<br />
l’impresa decolli occorrono strumenti accordati e<br />
una superlativa esecuzione. Sabato 26 giugno, presso<br />
Villa Filiani, a Pineto, si è tenuto un incontro volto<br />
ad esplorare le possibilità di un percorso condiviso<br />
al fi ne di conseguire l’ambitissimo riconoscimento.<br />
Parecchie le Autorità chiamate a partecipare e numerosi<br />
gli interventi calibrati sul tema. Ma, al di là delle<br />
meritevolissime iniziative messe in atto dai soggetti<br />
istituzionali, conviene sottolineare che per pervenire<br />
ad un disegno di riassetto del territorio che guarisca<br />
i “frettolosi” e li induca a compiere soste ristoratrici,<br />
c’è bisogno che gli occhi di ciascuno di noi tornino<br />
fi nalmente a GUARDARE. Qualora non trovaste il<br />
modo di inerpicarvi sulla Torre e improvvisarvi sentinelle,<br />
vogliate salire sulla menzionata “pinetuccia”<br />
e, lì, abbiate il cuore di opporvi a chi vuole renderci<br />
maleodorante il futuro. Ciò che posso assicurarvi<br />
– avendolo constatato più volte di persona – è che non<br />
troverete un rovo che protesti, un’erbaccia che si metta<br />
in mezzo o un cespuglio che convintamente voglia<br />
sbarrarvi la strada. Se anzi affi nate l’udito, sentirete<br />
un fruscio e, dopo un po’, il mare parlarvi. Vedete,<br />
quella tavola azzurra che pulsa - unitamente ai dolci<br />
rilievi che vi compaiono davanti - è lo sponsor più<br />
LE TERRE DEL CERRANO 9<br />
Cerrano ci darà una mano!<br />
entusiasta del progetto “Terre del Cerrano-sito Unesco”.<br />
Ecco perché sussurra in direzione dei suoi verdi<br />
balconi chiamando sul nastro di partenza Atri, altera<br />
regina dei colli. Se fi n qui avete scorso la poesiola<br />
del “come sarebbe bello se…”, non guasta, adesso,<br />
che possiate valutare una concreta proposta la quale<br />
ci veda impegnati e… protagonisti. Ebbene, esistono<br />
svariate Associazioni ad Atri, a Pineto e a Silvi. Facciamo<br />
in modo di interconnetterle, se possibile di legarle<br />
o addirittura fonderle in vista di un obiettivo che<br />
ci accomuni. Come ben sapete, parecchi angoli del<br />
nostro territorio sono trascurati o, addirittura, lasciati<br />
in abbandono. L’Associazione che caldeggio – una<br />
serie di “squadriglie” che volontariamente rinunci ad<br />
ogni connotazione partitica – potrebbe armarsi di roncole,<br />
falcetti, falcioni e rastrelli. Sì signori, per delle<br />
“pedalate ecologiche”, ad esempio, che includano le<br />
soste tanto auspicate. Vogliate immaginare come prima<br />
“missione” la bonifi ca della pinetuccia. Raccolti i<br />
mezzi idonei e messe a frutto le prevedibili donazioni<br />
di enti e aziende - nonché di privati cittadini - si potrebbe<br />
partire di buon mattino sulle nostre dimenticatissime<br />
due ruote e far tappa nel sito menzionato. Tre,<br />
quattro ore di sudore e poi le volontarie a rifocillare le<br />
squadriglie. Nulla di strano, avveniva cinquant’anni fa<br />
e pare non fosse una fatica avara! Consumato il pasto<br />
in allegria, ci sarebbero energie per altre cinque, sei<br />
ore di lavoro. Voi cosa pensate che ammireremmo, la<br />
sera, se fossimo in cento? Io credo un piccolo giardino<br />
che ci farebbe venir voglia di ripetere l’esperimento.<br />
Del resto, Silvi o Atri non hanno anche loro amene,<br />
impolverate “pinetucce”? Be’, forse penserete che io<br />
difetti di senso pratico e conoscerete meglio di me le<br />
mappe catastali della zona e come son combinati i<br />
terreni. C’è una cosa che però mi colpisce. Sento in<br />
giro che molte domeniche sono vuote. Io credo che salirei<br />
in bicicletta, se fosse per manovrare una roncola<br />
e far fuori un’erbaccia. Specie, signori, se l’erbaccia<br />
dovesse impedire al futuro di specchiarsi nel mare.<br />
Voi avete una bicicletta? Scommetto pure dei fi gli. O<br />
dei nipoti, è lo stesso. Ebbene, insegnamo loro dove<br />
si trovano i giardini. E che i proprietari, a volte, possono<br />
anche annoiarsi a non ricevere mai visite e a non<br />
avere per casa rumorose comitive. Lo so, vi sembrano<br />
sciocchezze. Per parte mia, avendo scorrazzato lungo<br />
quella pineta quand’ero bambino, prego solo che<br />
a qualche sconsiderato impegnato nel tornante non<br />
venga in mente di buttare un cerino!<br />
Tino Ferretti tinoferretti@tiscali.it