Scarica il pdf - Il profumo della libertà
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<strong>Il</strong> <strong>profumo</strong> <strong>della</strong> <strong>libertà</strong><br />
già lavorava con i magistrati italiani. Falcone divenne presto nostro ospite abituale.<br />
C’erano sempre 5, 6 italiani nei nostri uffici, non solo magistrati, ma anche poliziotti.<br />
La polizia italiana ci aiutava ad analizzare le informazioni che avevamo acquisito, ci spiegava<br />
<strong>il</strong> senso di certi riferimenti e noi facevamo lo stesso con loro per la parte americana.<br />
In questo modo abbiamo sv<strong>il</strong>uppato, molto rapidamente, un rapporto molto stretto.<br />
Questa collaborazione si è poi ulteriormente rafforzata quando Gaetano Badalamenti<br />
venne arrestato in Spagna. C’erano richieste di estradizione da parte sia dell’Italia che<br />
degli Stati Uniti, così io e Louis Freeh, su consiglio di Giovanni Falcone, andammo in<br />
Italia, per fare un accordo che consentisse di superare i conflitti che c’erano stati in passato.<br />
Riuscimmo a concludere una convenzione con <strong>il</strong> Ministero <strong>della</strong> Giustizia e con <strong>il</strong><br />
Ministero dell’Interno italiani che consentiva di far entrare Badalamenti nel programma<br />
americano di protezione testimoni (American Witness Protection Program). Per concludere<br />
questo accordo fu determinante l’aiuto dell’Ambasciatore Raab, che all’epoca godeva<br />
di un grande prestigio presso <strong>il</strong> governo italiano.<br />
E’ diffic<strong>il</strong>e descrivere l’intensità del rapporto che si era creato. I magistrati italiani<br />
erano sempre negli Stati Uniti, <strong>il</strong> mio collega Dick Martin, uno dei pubblici ministeri di<br />
Pizza Connection, faceva continuamente la spola con l’Italia. Non ho più visto una collaborazione<br />
così forte nel settore giudiziario.<br />
La cooperazione giudiziaria internazionale rappresenta oggi <strong>il</strong> presupposto fondamentale<br />
per combattere una criminalità sempre meglio organizzata e coordinata. Alle<br />
organizzazioni criminali tradizionali si sono aggiunte oggi quelle terroristiche. Cosa si<br />
può fare, secondo Lei, per migliorare ancora di più la cooperazione giudiziaria e di polizia<br />
tra Stati Uniti e Europa?<br />
Dopo l’11 Settembre la cooperazione tra l‘Europa e gli USA è molto migliorata. I<br />
servizi di intelligence oggi collaborano e condividono le informazioni anche quando le<br />
posizioni politiche dei governi non sono le stesse. In particolare, <strong>il</strong> rapporto tra Italia e<br />
Usa continua ad essere molto stretto. Naturalmente, se per contrastare <strong>il</strong> terrorismo si<br />
facesse quello che abbiamo fatto, insieme a Falcone e a Borsellino, per combattere la<br />
mafia, sarebbe tutto più fac<strong>il</strong>e. Bisognerebbe, cioè, lavorare fianco a fianco, nello stesso<br />
ufficio, creare un pool di persone, di tutte le nazioni, in grado non solo di veicolare le<br />
informazioni, ma di farne comprendere la portata e <strong>il</strong> senso. Spesso le informazioni ricevute<br />
vengono fraintese o sottovalutate nella loro importanza, cosa che non accadrebbe se<br />
fosse possib<strong>il</strong>e parlare e confrontarsi.<br />
Nonostante <strong>il</strong> grande sforzo di collaborazione tra i servizi americani e quelli europei<br />
e gli ottimi risultati conseguiti, si potrebbe forse fare ancora di più creando apposite strutture<br />
che consentano di lavorare insieme. Negli Stati Uniti la creazione <strong>della</strong> Joint Terro-<br />
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