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Scarica il pdf - Il profumo della libertà

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<strong>Il</strong> <strong>profumo</strong> <strong>della</strong> <strong>libertà</strong><br />

<strong>della</strong> vita e dell’attività di un magistrato improvvisamente sbalzato in una struttura<br />

gerarchica diversa da quelle che sono le strutture, anch’esse gerarchiche ma in altro senso,<br />

previste dall’ordinamento giudiziario. Si trattava di un lavoro nuovo, di una situazione<br />

nuova, di vicinanze nuove, ma Giovanni Falcone è andato lì solo per questo.<br />

Con la mente a Palermo, perché sin dal primo momento mi <strong>il</strong>lustrò quello che riteneva<br />

di poter e di voler fare lui per Palermo. E in fin dei conti, se vogliamo fare un b<strong>il</strong>ancio<br />

di questa sua permanenza al ministero di Grazia e Giustizia, <strong>il</strong> b<strong>il</strong>ancio anche<br />

se contestato, anche se criticato, è un b<strong>il</strong>ancio che riguarda soprattutto la creazione di<br />

strutture che, a torto o a ragione, lui pensava che potessero funzionare specialmente con<br />

riferimento alla lotta alla criminalità organizzata e al lavoro che aveva fatto a Palermo.<br />

Cercò di ricreare in campo nazionale e con leggi dello Stato quelle esperienze del pool<br />

antimafia che erano nate artigianalmente senza che la legge le prevedesse e senza che la<br />

legge, anche nei momenti di maggiore successo, le sostenesse. Questo, a torto o a ragione,<br />

ma comunque sicuramente nei suoi intenti, era la superprocura.”<br />

Non è una celebrazione quella che Paolo Borsellino fa dell’amico Falcone, quanto<br />

piuttosto una “difesa” a tutto campo del suo operato e <strong>della</strong> sua persona. Nonostante<br />

sia stato barbaramente ucciso, nonostante la commozione generata da quelle morti<br />

nel paese, Borsellino si sente di dover difendere Falcone, ancora e soprattutto, dalle<br />

insinuazioni che ne avevano accompagnato l’operato e che continuavano ad avvelenarne<br />

la memoria.<br />

Paolo Borsellino avrebbe potuto scegliere di essere candidato (sarebbe stato certamente<br />

eletto) al Consiglio Superiore <strong>della</strong> Magistratura. Magistratura Indipendente,<br />

la corrente dell’A.N.M. in cui m<strong>il</strong>itava, glielo aveva più volte proposto, ma<br />

lui ritenne sempre di dover rifiutare, per essere coerente con <strong>il</strong> compito che si era<br />

prefisso e, soprattutto, per non abbandonare tutti coloro che avevano lavorato con<br />

lui e che su di lui facevano affidamento. Falcone pure non ebbe mai tentennamenti<br />

e le scelte fatte a un certo momento <strong>della</strong> sua vita, <strong>il</strong> Ministero invece dell’ufficio<br />

giudiziario, furono dovute solo alla necessità di poter continuare a dare impulso<br />

alle sue idee, superando l’isolamento in cui era stato posto.<br />

Ad uccidere Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, riconosciamolo, non è stato<br />

solo l’odio <strong>della</strong> mafia, ma anche i dubbi, le esitazioni e le incomprensioni di un<br />

intero paese e l’incapacità <strong>della</strong> magistratura di essere all’altezza di questi due uomini.<br />

Stefano Amore<br />

Magistrato, Consigliere del Ministro <strong>della</strong> Gioventù<br />

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