Si ringraziano sentitamente per la collaborazione prestata: - Istituto ...
Si ringraziano sentitamente per la collaborazione prestata: - Istituto ...
Si ringraziano sentitamente per la collaborazione prestata: - Istituto ...
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
STUDIO SULL’ANTICO TERRITORIO DI<br />
CIVITAS DUCALIS<br />
PROGETTO REALIZZATO DALLA CLASSE III A<br />
SCUOLA ELEMENTARE DI CITTADUCALE<br />
ANNO SCOLASTICO 1997-98
IL COMITATO DI RICERCA<br />
Francesca Angeletti<br />
Enrico Bussi<br />
Cecilia Coretti<br />
Alessandro Dante<br />
Maria Emanue<strong>la</strong> Di Cataldo<br />
Gabriele Fa<strong>la</strong>sca<br />
Davide Iacobelli<br />
Camil<strong>la</strong> Micaloni<br />
Tania Micaloni<br />
Emanuele Munzi<br />
Susanna Panitti<br />
<strong>Si</strong>mona Provaroni<br />
Mauro Stocchi<br />
<strong>Si</strong>lvia Tomassetti<br />
L’insegnante Bolognini Pao<strong>la</strong>
<strong>Si</strong> <strong>ringraziano</strong> <strong>sentitamente</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> gentile col<strong>la</strong>borazione <strong>prestata</strong>:<br />
La Madre Su<strong>per</strong>iora del Convento delle Benedettine di Cittaducale<br />
Padre C<strong>la</strong>udio del Convento dei Cappuccini di Cittaducale<br />
Le Suore Pastorelle di Cittaducale<br />
E <strong>per</strong> <strong>la</strong> preziosa ed esauriente consulenza storica:<br />
Don Antonio Conte Arciprete del<strong>la</strong> Diocesi di Cittaducale<br />
Il Geom. Felice Caval<strong>la</strong>ri
Fondazione<br />
Stemma<br />
Carlo II d’Angiò<br />
Roberto d’Angiò<br />
SOMMARIO<br />
I Quartieri: S. Giovanni, Santa Maria, Santa Croce, Sant’Antimo<br />
Mura<br />
Torre Angioina<br />
Pa<strong>la</strong>zzo del<strong>la</strong> Comunità<br />
Torre Civica<br />
Piazza del Popolo<br />
Monastero delle Benedettine – Chiesa di Santa Caterina<br />
Sant’Agostino<br />
Santa Maria del Popolo<br />
Pa<strong>la</strong>zzo Pagani<br />
Santa Cecilia<br />
Santa Maria del<strong>la</strong> Fraternita<br />
La Zecca di Cittaducale<br />
La Diocesi<br />
S. Magno<br />
La Fiera di S. Magno<br />
Convento dei Cappuccini - Chiesa di Santa Maria del Monte<br />
Madama Margarita d’Austria<br />
S. Giuseppe<br />
Pa<strong>la</strong>zzo Caroselli<br />
Pa<strong>la</strong>zzo Vescovile<br />
Santa Maria di Sesto<br />
Pa<strong>la</strong>zzo Dragonetti<br />
Pa<strong>la</strong>zzo Maoli<br />
Santa Maria delle Grazie<br />
Santa Maria di S. Vittorino<br />
Terme di Vespasiano
Un po’ di storia<br />
Civitas Ducalis<br />
Fondazione di Cittaducale<br />
Sorge sul Colle di Cerreto Piano nel<strong>la</strong> Valle del Velino <strong>per</strong> volere di re<br />
Carlo II d’Angiò; fu così chiamata in onore del figlio Roberto, erede al<br />
trono e allora Duca di Ca<strong>la</strong>bria. Il diploma reale porta <strong>la</strong> data del 15<br />
settembre 1308.<br />
Le due strade principali e <strong>per</strong>pendico<strong>la</strong>ri dividevano l’abitato in quattro<br />
quartieri: in basso a sinistra Sant’Antimo, a destra Santa Maria, in alto a<br />
sinistra Santa Croce, a destra S. Giovanni. Ogni quartiere aveva <strong>la</strong> sua<br />
chiesa e a ciascuno facevano capo i vari castelli che avevano contribuito<br />
al<strong>la</strong> sua costruzione. Luogo di culto comune a tutta <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione, centro<br />
di unità religiosa e civica, era <strong>la</strong> chiesa di Santa Maria del Popolo che sorge<br />
sul<strong>la</strong> piazzo omonima sul<strong>la</strong> quale si affacciavano anche il Pa<strong>la</strong>zzo dei Priori<br />
e quello del Capitano del Popolo.<br />
Nel 1502 Papa Alessandro VI Borgia <strong>la</strong> elevò a città vescovile e suo primo<br />
vescovo fu Mons. Ursino; residenza episcopale era allora Sant’Antimo.<br />
Cittaducale passò successivamente dagli Angioini agli Aragonesi, ai<br />
Farnese con Margarita d’Austria e ai Borboni fino all’unificazione del<br />
Regno d’Italia nel settembre 1860. La diocesi di Cittaducale ebbe una<br />
successione ininterrotta di venti vescovi, fu soppressa il 27 giugno 1818.<br />
Tra i monumenti, <strong>per</strong> quanto riguarda le chiese, ricordiamo quel<strong>la</strong> di Santa<br />
Maria dei Raccomandati, di Santa Cecilia, di Sant’Agostino e di Santa<br />
Maria del Monte. Purtroppo, di altre tre chiese, notevoli <strong>per</strong> arte e storia:
Sant’Antimo e S. Giovanni, tito<strong>la</strong>ri dei quartieri omonimi e il convento e <strong>la</strong><br />
chiesa di S. Francesco, costruite <strong>per</strong> volere dello stesso re Roberto (1343),<br />
oggi non resta alcuna traccia. Tra i pa<strong>la</strong>zzi c’è da ricordare: sul<strong>la</strong> piazza<br />
Pa<strong>la</strong>zzo Maoli, sul corso Pa<strong>la</strong>zzo Dragonetti e Pa<strong>la</strong>zzo Cherubini; ancora<br />
qua e là, nelle diverse strade si possono ammirare resti di case tre-<br />
quattrocentesche.
CARLO II D’ANGIO’<br />
Carlo II d’Angiò detto lo Zoppo (1248 – 1309) re di <strong>Si</strong>cilia (1285 – 1309);<br />
figlio di Carlo I e di Beatrice di Provenza. Principe di Salerno, fu fatto<br />
prigioniero dagli Aragonesi e, <strong>per</strong> ottenere <strong>la</strong> libertà, dovette riconoscere<br />
Alfonso III come re d’Aragona e del regno di <strong>Si</strong>cilia. Rientrato in possesso<br />
del regno, Carlo II tentò di riconquistare <strong>la</strong> <strong>Si</strong>cilia ma non ci riuscì, anzi nel<br />
1302 si vide costretto a riconoscer<strong>la</strong> sotto il nome di “Regno di Trinacria”<br />
come feudo di Federico II d’Aragona. Accrebbe <strong>per</strong>ò i suoi domini in<br />
Piemonte, conservò il suo potere a Roma e al<strong>la</strong> propria famiglia:<br />
l’Ungheria, aveva infatti sposato Maria d’Ungheria, figlia di re Stefano. Nel<br />
1290 fece incoronare a Napoli il figlio maggiore Carlo Martello che <strong>per</strong>ò<br />
morì nel 1295. In seguito designò come suo successore, col titolo di re di<br />
<strong>Si</strong>cilia il suo terzo figlio Roberto il Saggio. Al quinto figlio Filippo, diede il<br />
principato di Taranto e al sesto, Giovanni, il ducato di Durazzo. Dante, che<br />
lo chiama il Ciotto (lo Zoppo) di Gerusalemme, (titolo regale trasmessogli<br />
dal padre) fu uno dei suoi critici più acerbi.
ROBERTO D’ANGIO’<br />
Roberto d’Angiò detto il Saggio (1278 – Napoli 1343), re di <strong>Si</strong>cilia. Figlio<br />
terzogenito di Carlo II e di Maria d’Ungheria, nel corso del<strong>la</strong> guerra del<br />
Vespro tra Angioini e Aragonesi, fu trattenuto da questi ultimi in ostaggio<br />
<strong>per</strong> vari anni, dal 1288 al 1295. Al<strong>la</strong> morte del fratello maggiore Carlo<br />
Martello e all’entrata in convento dell’altro fratello Ludovico, Roberto<br />
venne designato erede al trono napoletano, e come tale, assunse il titolo di<br />
Duca di Ca<strong>la</strong>bria (1297). Nello stesso anno sposò Io<strong>la</strong>nda d’Aragona a<br />
conferma del patto tra Angioni e Aragonesi circa <strong>la</strong> rinuncia di questi ultimi<br />
al<strong>la</strong> <strong>Si</strong>cilia. Il patto fu rifiutato dai <strong>Si</strong>ciliani che insorsero, ne seguì una<br />
guerra che si concluse con <strong>la</strong> definitiva <strong>per</strong>dita del<strong>la</strong> <strong>Si</strong>cilia <strong>per</strong> gli<br />
Angioini. Dopo <strong>la</strong> morte del padre fu incoronato re ad Avignone<br />
nell’agosto 1309. Roberto fu <strong>per</strong> molti anni il più importante <strong>per</strong>sonaggio<br />
del<strong>la</strong> vita politica italiana assommando al Regno di Napoli e ai vasti<br />
possessi in Piemonte anche <strong>la</strong> signoria di Firenze (1313 – 1321), di Genova<br />
(1318 – 1328), di Brescia (1319) e inoltre <strong>la</strong> carica di senatore di Roma.<br />
Una serie e numerose sfortunate spedizioni intraprese contro <strong>la</strong> <strong>Si</strong>cilia<br />
segnarono l’inizio del<strong>la</strong> decadenza del Regno. Roberto fu un grande<br />
mecenate e uomo di cultura; <strong>la</strong> sua corte fu frequentata da molti <strong>per</strong>sonaggi<br />
illustri quali Petrarca e Boccaccio. A Roberto, cui il figlio Carlo premorì<br />
nel 1328 succedette <strong>la</strong> nipote Giovanna.
LO STEMMA<br />
Lo stemma di Cittaducale il duca Roberto d’Angiò con <strong>la</strong> corona e lo<br />
scettro che procede a cavallo verso una torre mer<strong>la</strong>ta, simbolo del<strong>la</strong> città, ai<br />
cui piedi scorre il fiume Velino. Al<strong>la</strong> sommità del<strong>la</strong> torre sono disposti tre<br />
gigli e sopra di questi un rastrello. Altri tre gigli, simbolo degli Angioini,<br />
sotto il cavallo.<br />
I QUARTIERI<br />
SANTA MARIA<br />
Aveva il suo centro nell’attuale Piazza Marchesi sul<strong>la</strong> quale si affacciava<br />
anche <strong>la</strong> sua Chiesa; questa era una picco<strong>la</strong> chiesa che non ebbe mai modo<br />
di svilupparsi anche <strong>per</strong>chè, nel<strong>la</strong> stessa piazza si affacciava quel<strong>la</strong> del<br />
Monastero delle Benedettine.<br />
Dell’antica chiesa del quartiere rimane soltanto una picco<strong>la</strong> nicchia che<br />
racchiude una statuetta del<strong>la</strong> Madonna.<br />
SAN GIOVANNI
La chiesa era dedicata a San Giovanni Battista; oggi, questa, non esiste più;<br />
con <strong>la</strong> soppressione degli Enti ecclesiastici (legge del 1867) <strong>la</strong> chiesa di San<br />
Giovanni fu abbandonata e cominciò ad andare in rovina.<br />
Dei quattro quartieri, quello di San Giovanni era il più ricco di chiese; nel<br />
suo territorio sorgevano infatti oltre <strong>la</strong> chiesa di San Giovanni, quel<strong>la</strong> di<br />
Santa Maria dei Raccomandati, <strong>la</strong> chiesa di S. Spirito col suo ospedale e <strong>la</strong><br />
chiesa di S. Francesco col convento dei Francescani. Questa chiesa sorgeva,<br />
fino al 1867, sul luogo oggi occupato dal<strong>la</strong> mensa dei forestali. Sorse <strong>per</strong><br />
volontà di re Roberto d’Angiò che nel 1346 volle i francescani a<br />
Cittaducale in omaggio al fratello maggiore S. Ludovico d’Angiò, vescovo<br />
di Tolosa.<br />
SANTA CROCE<br />
Ha il suo centro nel<strong>la</strong> piazza Cerreto Piano e il suo nome deriva da<br />
un’antica chiesa dedicata al<strong>la</strong> Santa Croce. Era una chiesa a tre navate<br />
risalente al<strong>la</strong> fine del 1300, dopo il disastroso del 1703 questa fu ricostruita<br />
e le fu cambiato nome: da Santa Croce, <strong>la</strong> chiesa fu dedicata a Santa<br />
Cecilia. Fino al 1700 <strong>la</strong> festa del<strong>la</strong> Santa Croce si festeggiava con solennità<br />
in questa il 3 maggio e il 14 settembre, poi cadde in disuso.<br />
SANT’ANTIMO<br />
Il quartiere aveva il suo centro religioso nel<strong>la</strong> chiesa di Sant’Antimo, <strong>la</strong> più<br />
ricca tra tutte le altre chiese del<strong>la</strong> città e <strong>per</strong> questo fu <strong>la</strong> residenza del clero.<br />
Nel tempo delle cresime ed altre ordinazioni vi risiedeva il vescovo <strong>per</strong><br />
amministrare i sacramenti.
Nel 1502, quando Cittaducale divenne sede vescovile, <strong>la</strong> residenza del clero<br />
fu trasferita in Santa Maria <strong>per</strong>chè più centrale e più grande.<br />
LE MURA<br />
Cittaducale fu munita subito del<strong>la</strong> cinta muraria, quindi questa risale al<br />
1300; le mura seguono l’andamento del colle sul quale fu costruita <strong>la</strong> città e<br />
<strong>per</strong> questo assumono una forma irrego<strong>la</strong>re.<br />
Presentano torri squadrate, disposte in zone strategiche a controllo di una<br />
strada o di una valle; le funzioni delle torri erano l’avvistamento, il<br />
controllo e <strong>la</strong> segna<strong>la</strong>zione dei nemici.<br />
Interrompevano <strong>la</strong> cinta delle mura quattro porte disposte a croce. Le più<br />
frequentate erano: <strong>la</strong> porta di S. Magno o porta Su<strong>per</strong>iore (l’attuale Porta<br />
Napoli) così chiamata dal<strong>la</strong> Chiesa di S. Magno che sorgeva fuori porta nei<br />
pressi dell’attuale cimitero e quel<strong>la</strong> di Lugnano, situata verso Monte<br />
Quarto. Le altre due erano: <strong>la</strong> Porta del<strong>la</strong> Valle a est e quel<strong>la</strong> di Ponzano a<br />
sud (detta anche Inferiore).<br />
Nei pressi delle mura vi erano degli orti comuni che <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione<br />
coltivava in caso di guerra.<br />
Del<strong>la</strong> cerchia delle mura fa parte l’imponente Torre Angioina.<br />
TORRE ANGIOINA<br />
La trecentesca torre, detta anche Cassero di S. Magno, fa parte delle mura e<br />
torri di cinta ed è situata presso Porta Napoli. È l’esempio meglio
conservato delle difese cittadine. <strong>Si</strong> erge <strong>per</strong> circa 25 metri, è una<br />
costruzione importante a pianta mista, retta verso l’abitato e cilindrica verso<br />
l’esterno. Con <strong>la</strong> sua grande mole domina tutta <strong>la</strong> città.<br />
PALAZZO DELLA COMUNITA’<br />
Sorse nel 1311 e fu il primo degli edifici pubblici, oggi è privo del<strong>la</strong> doppia<br />
sca<strong>la</strong> esterna che portava al<strong>la</strong> Sa<strong>la</strong> su<strong>per</strong>iore, <strong>la</strong> Sa<strong>la</strong> Grande del Consiglio.<br />
È privo del<strong>la</strong> Loggia che <strong>la</strong> univa al Pa<strong>la</strong>zzo dei conti Pagani scavalcando<br />
con un arco <strong>la</strong> Via Recta, è privo infine dei portali e degli archi murato o<br />
sostituiti da porte più piccole, ha <strong>per</strong>duto quindi <strong>la</strong> maggior parte delle<br />
caratteristiche originarie trecentesche. Il complesso comprendeva pa<strong>la</strong>zzo e<br />
torre.<br />
Era centro del<strong>la</strong> vita sociale politica ed economica del<strong>la</strong> città, il complesso<br />
si affaccia sul<strong>la</strong> piazza centrale. Ospitava il Camerlengo e i Priori a spese<br />
del<strong>la</strong> comunità, il Capitano e il Cancelliere, gli inservienti e gli sbirri oltre<br />
che occasionalmente le <strong>per</strong>sonalità di riguardo in visita o di passaggio a<br />
Cittaducale. Vi si riunivano il Camerlengo, i Priori e il Consiglio dei XXV.<br />
Le o<strong>per</strong>e di ampliamento (il Pa<strong>la</strong>zzo del<strong>la</strong> Comunità fu ampliato nel 1569<br />
quando divenne dimora del<strong>la</strong> duchessa Margarita d’Austria) furono affidate<br />
al Vigno<strong>la</strong> e il progetto si conserva ora nell’archivio di Parma. Furono<br />
ampliate le finestre, si innalzò il piano su<strong>per</strong>iore <strong>per</strong> <strong>la</strong> servitù e si<br />
ricavarono anche una cucina e un forno.
TORRE CIVICA<br />
La quadrango<strong>la</strong>re torre presenta, al terzo e al quinto piano, del<strong>la</strong> ampie<br />
bifore inserite in archi a tutto sesto.<br />
Originariamente era alta poco più di venti metri e si sviluppava in quattro<br />
piani, nell’ultimo di essi era <strong>la</strong> cel<strong>la</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> campana che chiamava a raccolta<br />
il popolo ed annunciava i <strong>per</strong>icoli a quanti erano sparsi <strong>per</strong> <strong>la</strong> campagna<br />
(era detta appunto “Torrione del<strong>la</strong> campana del<strong>la</strong> comunità”).<br />
Nel 1583 fu aumentata di un piano, vennero inseriti due orologi e abbellita<br />
con due rosoni ciechi.<br />
MONASTERO DELLE BENEDETTINE<br />
Sorge nel 1327 in Piazza Marchesi ed è dedicata a Santa Caterina<br />
d’Alessandria.<br />
Le Benedettine, ramo femminile dell’ordine fondato da S. Benedetto da<br />
Norcia è il più importante del Medio Evo. Seguono <strong>la</strong> stessa Rego<strong>la</strong> che S.<br />
Benedetto diede ai suoi monaci considerata come un riassunto del<strong>la</strong> dottrina<br />
del Vangelo: “Ora et <strong>la</strong>bora”. Ancora oggi <strong>la</strong> comunità religiosa delle<br />
Benedettine vive pregando e <strong>la</strong>vorando rendendo sempre viva <strong>la</strong> Rego<strong>la</strong><br />
benedettina.<br />
Nel<strong>la</strong> chiesa del monastero ci sono interessanti tele settecentesche<br />
raffiguranti: una, S. Caterina in piedi con accanto <strong>la</strong> ruota del Martirio e <strong>la</strong><br />
palma del Trionfo; e l’altra <strong>la</strong> Madonna col Bambino tra S. Giovanni e i<br />
Santi Benedetto e Sco<strong>la</strong>stica.<br />
Nell’antico par<strong>la</strong>torio delle monache che si trova sul<strong>la</strong> destra del<strong>la</strong> facciata<br />
del<strong>la</strong> chiesa ci sono affreschi quattrocenteschi raffiguranti i principali fatti
del<strong>la</strong> vita di S. Benedetto nel<strong>la</strong> fascia ornamentale e dei tondi che<br />
raffigurano <strong>la</strong> Madonna col Bambino, S. Benedetto con <strong>la</strong> sua Rego<strong>la</strong>, S.<br />
Caterina, S. Lucia, Santa Sco<strong>la</strong>stica.<br />
LA CHIESA DI SANTA CATERINA<br />
La chiesa annessa al monastero è dedicata a Santa Caterina d’Alessandria e<br />
risale al 1500. È a pianta quadrango<strong>la</strong>re. Il matroneo, dal quale le monache<br />
potevano assistere alle funzioni sacre nascoste da una grata, fu in seguito<br />
occupato dall’organo. La chiesa, attraverso i secoli, ha subito delle<br />
trasformazioni: durante il secolo XVIII fu ricostruito l’altare e nel 1734<br />
furono a<strong>per</strong>te le due cappelle <strong>la</strong>terali dedicate una a Nostra <strong>Si</strong>gnora e l’altra<br />
a Santa Caterina d’Alessandria. La pa<strong>la</strong> dell’altare, settecentesca,<br />
rappresenta <strong>la</strong> Madonna in Trono col Bambino seduto sulle ginocchia, con<br />
S. Giovanni Battista, S. Sco<strong>la</strong>stica e S. Benedetto. Ai <strong>la</strong>ti dell’altare ci sono<br />
due statue che rappresentano S. Genoveffa e S. Colomba. Nel<strong>la</strong> cappel<strong>la</strong><br />
<strong>la</strong>terale destra si nota una te<strong>la</strong> raffigurante Nostra <strong>Si</strong>gnora che regge sulle<br />
ginocchia il Bambino Gesù con inginocchiati S. Filippo Neri e S. Felice da<br />
Cantalice. Nel<strong>la</strong> cappel<strong>la</strong> <strong>la</strong>terale sinistra c’è una te<strong>la</strong> settecentesca<br />
raffigurante S.Caterina d’Alessandria con accanto <strong>la</strong> ruota del Martirio e <strong>la</strong><br />
palma del Trionfo in mano.<br />
CHIESA DI SANT’AGOSTINO<br />
Sorge sul<strong>la</strong> piazza centrale. La fondazione del<strong>la</strong> chiesa e del vicino<br />
Convento degli Agostiniani, non è documentata con precisione <strong>per</strong>ò si fa<br />
risalire al 1350. Quando nel 1809 re Gioacchino Murat soppresse molti
conventi mendicanti <strong>per</strong> incamerarne i beni, anche il convento degli<br />
Agostiniani di Cittaducale venne soppresso.<br />
Il maestoso portale ricco di decorazioni è stato aggiunto intorno al 1450.<br />
Nell’architrave infatti si legge l’iscrizione “ANNO A NATIVITATE<br />
DOMINI MCCCCL”. Nel<strong>la</strong> lunetta, un affresco del Torresani raffigura <strong>la</strong><br />
Madonna col Bambino fra due Santi, le fanno da sfondo nubi dorate. Il<br />
Santo a sinistra è identificato con Sant’Agostino, Santo vescovo con <strong>la</strong><br />
destra benedicente e con il pastorale e il libro a sinistra. A destra S.<br />
Francesco col saio, un libro a destra e <strong>la</strong> croce a sinistra.<br />
L’interno ha subito una radicale trasformazione in seguito ai danni causati<br />
dal terremoto del 1703. A sinistra del<strong>la</strong> chiesa si innalza il campanile.<br />
Il convento che affianca <strong>la</strong> chiesa è oggi sede del Comando dei Carabinieri.<br />
CHIESA DI SANTA MARIA DEL POPOLO<br />
Fu costruita al<strong>la</strong> fine del XIV secolo sul<strong>la</strong> piazza principale come luogo di<br />
culto <strong>per</strong> tutti i civitesi.<br />
La facciata è in pietra grigia e presenta un bel rosone decorato con motivi<br />
floreali. Nel lunotto del portale centrale l’affresco rappresenta <strong>la</strong> Vergine<br />
col Bambino con ai <strong>la</strong>ti S. Magno, protettore del<strong>la</strong> città e Sant’Emidio,<br />
invocato in tempo di terremoto. Il portale, un tempo, era riparato da una<br />
tettoia.<br />
L’interno era inizialmente ad un’unica navata, le navate <strong>la</strong>terali furono<br />
aggiunte in epoche successive. La navata sinistra fu a<strong>per</strong>ta dal vescovo<br />
Quintavalle (1609 – 1627) e quel<strong>la</strong> destra fu aggiunta al tempo del vescovo<br />
Tani (1686 – 1712). Il soffitto a cassettoni fu commissionata dal vescovo<br />
Pichi (1718 – 1733), presenta infatti lo stemma del vescovo raffigurante
una torre attraversata da una banda obliqua sormontata da una stel<strong>la</strong> a otto<br />
punte. In un ovale sempre nel soffitto, al centro, è posta una te<strong>la</strong><br />
raffigurante <strong>la</strong> Madonna del popolo col Bambino benedicente. L’altare<br />
maggiore è dedicato al<strong>la</strong> Vergine ed è un frammento del grande e primitivo<br />
altare maggiore. L’attuale altare fu voluto dal vescovo Rivera (1733 –<br />
1742). L’affresco che lo sovrasta risale al<strong>la</strong> fine del XIV secolo e raffigura<br />
<strong>la</strong> Madonna a mezzo busto con a fianco il Bambino. Sotto l’altare maggiore<br />
riposa S. Giuliano Martire vestito con l’armatura da soldato romano.<br />
Nell’abside è posto il coro in pregiato legno di noce che risale al<strong>la</strong> prima<br />
metà del settecento. Sopra il coro vi sono sette grandi tele raffiguranti<br />
episodi del Vecchio Testamento. Nelle navate <strong>la</strong>terali vi sono altri altari, il<br />
primo del<strong>la</strong> navata centrale è l’altare di S. Rocco sovrastato da una picco<strong>la</strong><br />
nicchia che accoglie <strong>la</strong> statua del Santo col suo cane. La statua è in legno e<br />
risale al XVII secolo. S. Rocco è vestito da pellegrino, al<strong>la</strong> sua destra il<br />
cane con il pane in bocca. È il Santo protettore contro <strong>la</strong> peste e<br />
Cittaducale, come molte altre città, fu attaccata da questo morbo in varie<br />
epoche. Quello centrale del<strong>la</strong> navata sinistra è l’altare di S. Pietro. Il quadro<br />
rappresenta <strong>la</strong> consegna delle chiavi del Regno dei Cieli a S. Pietro.<br />
L’altare del Crocifisso è l’ultimo del<strong>la</strong> navata sinistra vicino al<strong>la</strong> Cappel<strong>la</strong><br />
del SS. Sacramento. Fu eretto al tempo del vescovo Vetuli tra il 1632 e il<br />
1652. Il dipinto raffigura il Crocifisso tra S. Magno e S. Felice da Cantalice.<br />
Nel<strong>la</strong> navata destra il primo è l’altare di S. Antonio Abate con <strong>la</strong> statua del<br />
Santo, del<strong>la</strong> fine del settecento. Vi era (e vi è tuttora) a Cittaducale una<br />
grande devozione <strong>per</strong> questo Santo patrono degli animali <strong>per</strong>chè l’economia<br />
era basata sull’agricoltura e l’allevamento del bestiame. L’altare centrale è<br />
dedicato al<strong>la</strong> Madonna del Rosario sormontato da un grande dipinto<br />
raffigurante appunto <strong>la</strong> Madonna del Rosario. Fu voluto dal vescovo Tani.<br />
L’ultimo del<strong>la</strong> navata destra è dedicato al Santo patrono di Cittaducale S.
Magno. In una nicchia sopra l’altare è posta <strong>la</strong> statua del Santo risalente al<br />
XV secolo. Il Santo è raffigurato coi paramenti sacri, regge con <strong>la</strong> sinistra<br />
il pastorale e <strong>la</strong> destra è nell’atto di benedire. Sempre nel<strong>la</strong> navata destra c’è<br />
il Fonte Battesimale risalente al<strong>la</strong> fine del 1500 ed è forse proveniente dal<strong>la</strong><br />
chiesa di S. Vittorino. Sopra l’ingresso maggiore c’è l’organo del<strong>la</strong> prima<br />
metà del settecento.<br />
Addossato al<strong>la</strong> chiesa si erge <strong>per</strong> una trentina di metri, il campanile<br />
costruito in blocchi di pietra grigia. Risale all’epoca del<strong>la</strong> costruzione del<strong>la</strong><br />
chiesa (seconda metà del XV secolo).<br />
PALAZZO PAGANI<br />
Questo nobile edificio apparteneva ai conti Pagani, è noto come Pa<strong>la</strong>zzo<br />
Ma<strong>la</strong>testa dal nome dei successivi proprietari ed anche Pa<strong>la</strong>zzo del<br />
Capitano <strong>per</strong> essere stato appunto residenza di questo magistrato <strong>per</strong> alcuni<br />
anni. Sotto i suoi archi predicò S. Bernardino da <strong>Si</strong>ena nel 1442.<br />
Gli archi, un tempo, andavano da Piazza al<strong>la</strong> Torre Angioina; <strong>per</strong>correndo il<br />
corso si notano qua e là dei pi<strong>la</strong>stri simili a quelli del portico, furono<br />
eliminati <strong>per</strong> ragioni di sicurezza dopo il terremoto del 1703.<br />
SANTA CECILIA<br />
L’edificio sorge il Piazza Cerreto Piano e presenta sia caratteristiche<br />
quattrocentesche che settecentesche. <strong>Si</strong> suppone che già dal<strong>la</strong> prima metà<br />
del XIV secolo una picco<strong>la</strong> cappel<strong>la</strong> sorgesse dove ora sorge <strong>la</strong> chiesa di S.
Cecilia. L’impianto quattrocentesco fu sconvolto dal<strong>la</strong> distruzione quasi<br />
totale avutasi a seguito del terremoto del 1703 e fu ricostruita verso <strong>la</strong> metà<br />
del settecento.<br />
Sul portale è incisa <strong>la</strong> datazione 1471 e al centro del<strong>la</strong> lunetta è posto il<br />
busto in pietra del Padre Benedicente. Il piccolo ambiente in fondo al<strong>la</strong><br />
chiesa costituisce probabilmente parte del<strong>la</strong> picco<strong>la</strong> chiesa trecentesca e<br />
presenta affreschi raffiguranti l’Annunciazione, S. Giovanni Battista, <strong>la</strong><br />
Madonna in trono e una Crocifissione.<br />
CHIESA DI SANTA MARIA DELLA FRATERNITA<br />
Questa chiesa detta oggi del<strong>la</strong> Fraternita si trova in Piazza del<strong>la</strong> Rete nel<br />
quartiere di S. Giovanni.<br />
Adiacente al<strong>la</strong> chiesa si trovava l’ospedale di Santa Maria dei<br />
Raccomandati, <strong>la</strong> loro costruzione risale al secolo XV. Gli ospedali erano<br />
tra le o<strong>per</strong>e assistenziali più importanti di quel <strong>per</strong>iodo, erano cioè case<br />
destinate ad accogliere fraternamente bisognosi di ogni genere e pellegrini.<br />
Agli uni e agli altri si offriva del cibo e un letto, vi si accoglievano, <strong>per</strong> lo<br />
più gratis, i poveri. È importante sottolineare l’importanza di queste<br />
istituzioni in un’epoca in cui i mali più diffusi erano <strong>la</strong> fame, <strong>la</strong> miseria e il<br />
continuo girovagare. Cittaducale, che si trovava su una via di primaria<br />
importanza, <strong>la</strong> Sa<strong>la</strong>ria, non poteva mancare di tali istituti. Tale ospedale<br />
funzionò fino al secolo XVIII <strong>per</strong>iodo in cui al<strong>la</strong> Compagnia di S. Maria del<br />
Raccomandati restava solo il pietoso obbligo di seppellire gratis i cadaveri.
L’altro importante ospedale era quello di Santo Spirito sempre nel quartiere<br />
di S. Giovanni che si trovava nei locali del Centro Pensionati di<br />
Cittaducale. Risale al principio del 1300 e fu con ogni probabilità<br />
contemporaneo o di poco posteriore al<strong>la</strong> fondazione del<strong>la</strong> città. Lo eresse e<br />
dotò con tutti i suoi beni un certo Bartolomeo da Valviano. Continuò a<br />
funzionare <strong>per</strong> tutto il 1500 e il 1600.<br />
LA ZECCA DI CITTADUCALE<br />
Nel 1500 Cittaducale si trova sotto il dominio degli Aragonesi. In occasione<br />
del<strong>la</strong> congiura dei baroni, contro l’autorità regia al tempo di Ferdinando I,<br />
Cittaducale restò fedele al re e vide premiare tale fedeltà con il privilegio di<br />
battere moneta. Il privilegio di zecca ebbe innanzitutto funzione di<br />
risarcimento <strong>per</strong> i danni subiti dal<strong>la</strong> città ad o<strong>per</strong>a dei ribelli. Con diploma<br />
di Ferdinando I dell’8 aprile si concedeva pure a Cittaducale il diritto di<br />
portare a qualunque pascolo il bestiame anche fuori del regno senza pagare<br />
i diritti di proprietà e senza incorrere in nessuna pena.<br />
Le monete sono tre: un doppio bolognino, un quattrino e un denaro.<br />
La prima è in argento, le altre due sono costituite da rame in prevalenza e di<br />
argento. Il doppio bolognino presenta al diritto, nel giro, <strong>la</strong> scritta DE<br />
CIVITA DUCALI accompagnata da una picco<strong>la</strong> torre mer<strong>la</strong>ta, riferimento<br />
allo stemma del<strong>la</strong> città. Nel rovescio, <strong>la</strong> figura in piedi e di fronte, di un<br />
vescovo santo con <strong>la</strong> destra benedicente e <strong>la</strong> sinistra che impugna <strong>la</strong> croce.<br />
Nel giro <strong>la</strong> scritta S. MAINUS, santo protettore del<strong>la</strong> città.<br />
Il quattrino presenta nel giro DE CIVITA D con il giglio di Firenze<br />
sormontato dal rastrello. Al rovescio in mezzo busto del protettore con <strong>la</strong><br />
destra benedicente, il pastorale nel<strong>la</strong> sinistra e <strong>la</strong> scritta S. MANNUS.
La terza e ultima moneta del<strong>la</strong> zecca civitese è il denaro, presenta al dritto<br />
<strong>la</strong> testa mitrata di fronte di S. Manno con <strong>la</strong> scritta S. MANNUS, al<br />
rovescio <strong>la</strong> croce.<br />
LA DIOCESI DI CITTADUCALE<br />
Il 24 giugno, su richiesta del<strong>la</strong> comunità locale, papa Alessandro VI<br />
insigniva Cittaducale del titolo di città elevando <strong>la</strong> sua collegiata di<br />
Sant’Antimo e S. Maria del Popolo (già unite) a Cattedrale ed erigendo<strong>la</strong><br />
quindi in sede vescovile. In tal modo Cittaducale diveniva diocesi a sè,<br />
sottraendosi al<strong>la</strong> giurisdizione del vescovo di Rieti cui era sempre<br />
appartenuta. La cosa avvenne all’insaputa del cardinale Giovanni Colonna<br />
vescovo di Rieti ma le sue rimostranze non tardarono a farsi sentire, non si<br />
rassegnava infatti al<strong>la</strong> <strong>per</strong>dita di una porzione notevole del<strong>la</strong> sua<br />
giurisdizione e al danno economico che gliene derivava. Papa Giulio II, l’8<br />
novembre 1505, soppresse <strong>la</strong> diocesi e <strong>la</strong> riunì al<strong>la</strong> diocesi reatina ma due<br />
anni più tardi le separò nuovamente. Rimase diocesi <strong>per</strong> 316 anni dal 1502<br />
al 1818 quando fu definitamente soppressa e il suo territorio aggregato<br />
all’arcidiocesi de L’Aqui<strong>la</strong>. Il 16 dicembre 1972 il territorio di Cittaducale<br />
fu riannesso al<strong>la</strong> diocesi di Rieti dopo 470 anni di distacco.<br />
SAN MAGNO<br />
Il Santo Patrono di Cittaducale è S. Magno e il 19 agosto si celebra <strong>la</strong> sua<br />
memoria. S. Magno fu vescovo di Trani in Puglia, martire sotto Decio<br />
im<strong>per</strong>atore ed il suo corpo riposa nel<strong>la</strong> cripta del<strong>la</strong> cattedrale di Anagni. Il
nome del Santo sta pure ad indicare una zona di Cittaducale e <strong>la</strong> strada che<br />
<strong>la</strong> attraversa era denominata strada di S. Magno. È chiamata S. Magno <strong>la</strong><br />
località che va dalle mura orientali all’inizio del<strong>la</strong> salita verso Poggio<br />
Giraldo.<br />
La chiesa dedicata a S. Magno dovrebbe risalire al XVI secolo e dovrebbe<br />
essere quel<strong>la</strong> dell’attuale cimitero che si trova appunto nel<strong>la</strong> località di S.<br />
Magno. Nel<strong>la</strong> chiesa non c’è nessun riferimento al Santo Protettore ad<br />
eccezione di una campana che poi fu tolta e su cui c’è <strong>la</strong> scritta “IN<br />
HONOREM S. MAGNI EPISC. ET MART. DICATAM ... 1864”. Nel<strong>la</strong><br />
costruzione del<strong>la</strong> città non troverà posto una chiesa dedicata a S. Magno ma<br />
prenderà il suo nome <strong>la</strong> grande Torre Angioina e <strong>la</strong> sottostante porta.<br />
Nel<strong>la</strong> chiesa di S. Maria del Popolo ci sono tre raffigurazioni del Santo: una<br />
statua che lo rappresenta in piedi con gli abiti pontificali, regge con <strong>la</strong><br />
sinistra il pastorale e <strong>la</strong> destra nell’atto di benedire; risale al XV secolo. In<br />
uno degli altari del<strong>la</strong> navata sinistra è raffigurata ai piedi del Crocifisso<br />
insieme a S. Felice da Cantalice; <strong>la</strong> te<strong>la</strong> è del 1600 e del<strong>la</strong> stessa epoca è<br />
pure il busto ligneo che contiene pure una reliquia del Santo.<br />
FIERA DI S. MAGNO<br />
Sotto il vescovato di Giacomo Massimo da Pontecorvo(1513 – 1573), <strong>per</strong><br />
o<strong>per</strong>a di Paolo Mancini, uno dei Primati del<strong>la</strong> città, si cominciò a dar luogo<br />
al<strong>la</strong> fiera di bestiame ed altre merci nel mese di agosto, il 19, giorno festivo<br />
dedicato a S. Magno. <strong>Si</strong> svolgeva nel <strong>la</strong>rgo che andava dal<strong>la</strong> Porta al<strong>la</strong><br />
Chiesa di S. Magno e, scrive il Marchesi sul finire del XVI secolo: “è<br />
venuta in tanto aumento, che si tiene <strong>per</strong> una delle maggiori <strong>per</strong> conto di
estiame vaccino...” Ad utilità di quanti partecipavano al<strong>la</strong> fiera, proprio<br />
fuori Porta S. Magno, nel 1560 venne costruita una fontana.<br />
CONVENTO DEI CAPPUCCINI<br />
Sopra <strong>la</strong> città, sul colle di Poggio Giraldo sorge il convento dei Cappuccini.<br />
Questo risale al 1533; è uno dei primissimi conventi dei Cappuccini infatti<br />
l’autorità pontificia nel 1528 concedeva loro di condurre vita di elemosina<br />
in eremitaggi o in altri luoghi seguendo <strong>la</strong> rego<strong>la</strong> di S. Francesco,<br />
concedeva pure che si portasse <strong>la</strong> barba e il nuovo cappuccio quadrato (e<br />
non tondo).<br />
Il primitivo nucleo del convento occupava le attuali cappelle di S. Felice<br />
del<strong>la</strong> Pietà e del<strong>la</strong> sagrestia.<br />
Nel piazzale antistante il convento si può ammirare una graziosa fontana<br />
sormontata dal<strong>la</strong> statua del<strong>la</strong> Vergine Maria.<br />
CHIESA DI SANTA MARIA DEL MONTE<br />
È dedicata a S. Maria del Monte e risale, come il convento, al 1553.<br />
La facciata è bianca, semplice, sormontata da una picco<strong>la</strong> croce di ferro. Un<br />
finestrone dà luce all’interno; a sinistra si trova <strong>la</strong> cappel<strong>la</strong> di S. Felice che<br />
qui vestì l’abito religioso nel 1544. Un porticato unisce <strong>la</strong> facciata al<strong>la</strong> porta<br />
d’ingresso del chiostro.
“MADAMA” MARGARITA D’AUSTRIA<br />
Figlia di Carlo V e di una belga Johannna Van der Gheenst. Nasce a<br />
Oudenaarde nel 1522. Fu data sposa ancora bambina, aveva 14 anni ad<br />
Alessandro de' Medici nel 1536 e, dopo l’assassinio di questi, a Ottavio<br />
Farnese nipote del papa Paolo III. Nel 1545 nasce Alessandro Farnese<br />
grande condottiero del Rinascimento. Nel 1559 il fratello Filippo II <strong>la</strong><br />
nominò governatrice generale dei Paesi Bassi. Nel 1567 torna in Italia nei<br />
suoi feudi abruzzesi che in parte le venivano dal matrimonio con<br />
Alessandro de’ Medici, parte data in dote in occasione del secondo<br />
matrimonio e altri acquistati nel 1539 e poi ampliati dal 1570 al 1583. Nel<br />
1571 da Cittaducale emana gli “Ordini <strong>per</strong> i suoi stati d’Abruzzo” <strong>per</strong><br />
donare ai suoi stati una struttura unitaria. Fu duchessa di Parma e Piacenza<br />
e si deve a lei <strong>la</strong> costituzione del cosiddetto “Stato Farnesiano d’Abruzzo”<br />
formato da città come Penne, Campli, Ortona, Cittaducale, Montereale,<br />
Leonessa. Muore a Ortona il 18 gennaio 1586.<br />
La prima visita che Margarita d’Austria compie nei suoi domini <strong>la</strong>ziali e<br />
quindi a Cittaducale si ebbe nel 1542. Tornata poi dalle Fiandre nel 1559<br />
volle fissare <strong>la</strong> sua residenza in uno dei suoi possedimenti abruzzesi e<br />
precisamente a Cittaducale, centro partico<strong>la</strong>rmente attivo con clima mite<br />
situato nel<strong>la</strong> Valle del Velino e sul<strong>la</strong> via Sa<strong>la</strong>ria. Fu <strong>per</strong> lei ristrutturato il<br />
Pa<strong>la</strong>zzo del<strong>la</strong> Comunità, nel maggio del 1569 fece il suo ingresso trionfale<br />
nel<strong>la</strong> città. Qui ricevette pure <strong>la</strong> visita di suo marito Ottavio Farnese nel<br />
dicembre dello stesso anno e da qui, il primo dicembre 1571, emana gli<br />
“Ordini leggi e tavole di Madama d’Austria <strong>per</strong> tutti li suoi Stati<br />
d’Abruzzo”. Rimase a Cittaducale fino al 1572 anno in cui si trasferì a<br />
L’Aqui<strong>la</strong> col titolo di governatrice. Gli ordini del 1571 rappresentano lo<br />
sforzo di unificare sotto il profilo legis<strong>la</strong>tivo i suoi feudi, anche
difficilmente governabili in quanto disposti, come si diceva a macchia di<br />
leopardo. Rispettando il diritto e le consuetudini locali cercò di creare punti<br />
di raccordo. Il più vicino a Madama era l’Uditore che <strong>la</strong> rappresentava, il<br />
Mastrodatti era colui che si interessava dei processi e sottoponeva<br />
all’Uditore tutte le vio<strong>la</strong>zioni rilevate nel territorio. Il Capitano doveva<br />
sovraintendere all’ordine pubblico e vigi<strong>la</strong>re sull’annone. Il Giustiziere era<br />
colui che impartiva le pene previste dalle leggi, si occupava pure<br />
dell’assistenza dei bisognosi e assisteva alle pene previste dalle leggi,<br />
assisteva ed interveniva nei par<strong>la</strong>menti delle comunità. Vi era poi l’Erario<br />
che si occupava del<strong>la</strong> riscossione delle tasse, del<strong>la</strong> gestione dei beni e<br />
doveva provvedeva a pagare il sa<strong>la</strong>rio a tutti gli ufficiali dello Stato<br />
farnesiano. I Mastri e Portu<strong>la</strong>ni svolgevano funzione di ispezione sul<strong>la</strong><br />
tenuta delle piazze, delle strade, dei ponti, delle mura cittadine e dei<br />
castelli. Gli avvocati, o Procuratori dei Poveri erano cinque, tanti quanti<br />
erano i comuni più importanti: Penne, Campli, Montereale, Cittaducale e<br />
Leonessa. L’Offitiale dei pesi e delle misure emanava i bandi <strong>per</strong> <strong>la</strong><br />
timbratura dei pesi e delle misure e si interessava dei processi sommari<br />
contro i falsari. Il Bargiello, alle direttive del Capitano o<strong>per</strong>ava nel tribunale<br />
e tra i suoi compiti c’era quello di allontanare dai paesi tutti i<br />
malintenzionati e di assicurarli al<strong>la</strong> giustizia.<br />
CITTADUCALE ALL’EPOCA DI MADAMA D’AUSTRIA<br />
Dal<strong>la</strong> “Descrizione” che si fece di Cittaducale nel 1563 <strong>per</strong> ordine di<br />
Madama Margarita risulta che il Capitano aveva funzione di giudice ed era<br />
assistito da due notai. Il Reggimento locale consisteva in un Camerlengo e<br />
quattro Priori. Il Camerlengo veniva eletto in base ad una terna di nomi
proposta dai Priori ad un Consiglio formato da cento elezionari (25 <strong>per</strong><br />
quarto), restava in carica sei mesi; i Priori invece rimanevano in carica due<br />
mesi soltanto e venivano busso<strong>la</strong>ti cioè estratti a sorte. <strong>Si</strong>a l’uno che l’altro<br />
risiedevano di convitto nel pa<strong>la</strong>zzo pubblico ed avevano a loro servizio un<br />
trombetta, tre baglivi, un cuoco e un cancelliere eletto <strong>per</strong> sei mesi. C’erano<br />
poi un medico, un maestro di scuo<strong>la</strong>, l’Avvocato, i Portinai, il Moderatore<br />
dell’orologio, il Curatore del<strong>la</strong> Fontana e il Depositario dei pegni.<br />
Affiancava il Reggimento il Consiglio dei XXV (maiorem et saniorem<br />
consilium ) al quale, se le deliberazioni interessavano l’intero territorio del<br />
distretto partecipava anche un rappresentante <strong>per</strong> ogni vil<strong>la</strong> del distretto;<br />
deliberava su quanto atteneva al<strong>la</strong> vita e all’economia locale: <strong>la</strong> vendita<br />
degli erbaggi, l’approvvigionamento del sale, l’acquisto del grano in tempo<br />
di carestia... Dal punto di vista demografico Cittaducale era un centro<br />
fiorente; i nobili, Mancini, Pagani, Roselli, Falconi, avevano estese<br />
proprietà terriere e vivevano esercitando onorevoli professioni. Molti di essi<br />
di addottoravano a Napoli e tornavano in patria <strong>per</strong> svolgere <strong>la</strong> professione<br />
di notaio. Notai e giudici appartenevano spesso anche al ceto borghese <strong>per</strong><br />
lo più composto da proprietari terrieri e commercianti; contadini, artigiani<br />
ed o<strong>per</strong>ai dell’industria del<strong>la</strong> <strong>la</strong>na, completavano <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione.<br />
L’istruzione era curata da un maestro condotto <strong>per</strong> un anno, <strong>la</strong> salute<br />
pubblica e l’assistenza ospedaliera erano affidate ad un medico e agli<br />
ospedali presenti in città.<br />
SAN GIUSEPPE<br />
È una bel<strong>la</strong> chiesa del XVI secolo a tre navate: <strong>la</strong> centrale è più <strong>la</strong>rga ed alta<br />
delle altre due di destra e sinistra, è divisa dalle navate <strong>la</strong>terali da quattro
archi. Nell’arco del<strong>la</strong> facciata è raffigurata <strong>la</strong> Sacra Famiglia. È una pittura<br />
del XVIII secolo, <strong>la</strong> protegge una tettoia che ripara anche <strong>la</strong> porta dalle<br />
intem<strong>per</strong>ie.<br />
PALAZZO CAROSELLI<br />
È oggi sede municipale. Fu ristrutturato fra il XVI e il XVII secolo.<br />
All’interno subì una ristrutturazione che ne consentì un più razionale<br />
sfruttamento degli spazi, all’esterno l’arricchimento del<strong>la</strong> facciata. Fu<br />
a<strong>per</strong>to un enorme portale su cui oggi possiamo vedere lo stemma del<strong>la</strong><br />
città.<br />
IL PALAZZO E IL SALONE VESCOVILE<br />
È sorto con il pa<strong>la</strong>zzo, voluto e realizzato <strong>per</strong>chè fosse degna sede<br />
vescovile, da Mons. Pietro Paolo Quintavalle che fu vescovo di Cittaducale<br />
dal 1609 al 1627. In questo <strong>per</strong>iodo fu ampliata anche <strong>la</strong> chiesa di Santa<br />
Maria, ma a terminare i <strong>la</strong>vori fu Mons. Pomponio Vetuli eletto vescovo nel<br />
1632 che fece pure abbellire <strong>la</strong> residenza episcopale ornando il salone<br />
vescovile con una fascia pittorica in cui, con il panorama di Cittaducale,<br />
sono raffigurati i castelli che contribuirono al<strong>la</strong> sua fondazione.
La raffigurazione di Cittaducale e di ciascun castello è accompagnata da un<br />
distico <strong>la</strong>tino e sono interval<strong>la</strong>te dagli stemmi dei vescovi che si sono<br />
susseguiti nel<strong>la</strong> cattedra di questa diocesi. Il panorama di Cittaducale <strong>per</strong><br />
volere del vescovo Vetuli è posto al centro; si notano <strong>la</strong> fontana al centro<br />
del<strong>la</strong> piazza e un arco che unisce il Pa<strong>la</strong>zzo del<strong>la</strong> Comunità e Pa<strong>la</strong>zzo<br />
Pagani; è pure visibile <strong>la</strong> scalinata esterna del Pa<strong>la</strong>zzo del<strong>la</strong> Comunità.<br />
Distico di Cittaducale:<br />
DUX MIHI ROBERTUS DAT NOMEN SCHEMAQUE REGI<br />
QUAE MEA CASTRA REGO FIDA ET UBIQUE DUCI<br />
Il duca Roberto, <strong>per</strong> me dà al Re nome e pianta;<br />
I castelli che il governo sono dunque fedeli al duca.<br />
MONS. URSINO<br />
Papa Alessandro VI, elevando Cittaducale a città vescovile e sede di una<br />
nuova diocesi, nominò nel 1502 come primo vescovo Mons. Ursino<br />
(Ulisse?); questi non accettò l’elezione, forse <strong>per</strong> le scarse entrate. Fece<br />
eleggere in sua vece Mon. Matteo Mongiani, suo fedele vassallo e servitore<br />
il quale, restando al servizio del cardinale, non venne mai a risiedere a<br />
Cittaducale.<br />
Accanto allo stemma del vescovo Ursino si trova il distico di S. Vittorino:<br />
“Qui con varie sorgenti zampil<strong>la</strong>no le acque di Cutilia, qui dove ora<br />
si venera l’alma Madre di Cristo”.
Il primo distico rappresenta Calcario<strong>la</strong>:<br />
“Scorgi un piccolo castello che chiamate Calcario<strong>la</strong>, infatti con piede<br />
sicuro calca il sentiero contro i nemici”.<br />
Il secondo rappresenta Grotti:<br />
“Per te intimarono ai leoni di uscire da queste grotte, infatti è lecito<br />
pensare che queste grotte siano fragili rifugi”.<br />
L’ultimo a destra rappresenta S. Rufina:<br />
“Irride ai nemici, sebbene sia un piccolo vil<strong>la</strong>ggio, <strong>per</strong> i propri meriti<br />
<strong>la</strong> protegge Santa Rufina”.<br />
MONS. GIACOMO ALFARABI<br />
Mons. Giacomo Alfarabi da Leonessa fu il primo vescovo a risiedere nel<strong>la</strong><br />
nuova diocesi. Fu eletto nel novembre del 1508 dal pontefice Giulio II e nel<br />
gennaio dell’anno seguente venne a risiedere a Cittaducale dove fu accolto<br />
con grande entusiasmo; gli furono assegnate <strong>per</strong> abitazione, le case di Santa<br />
Maria del<strong>la</strong> Fraternita.<br />
MONS. GIACOMO MASSIMI DI PONTECORVO<br />
Mons. Giacomo Massimi di Pontecorvo fu eletto vescovo nel 1513 e<br />
durante il suo episcopato nacque a Cantalice Felice, figlio Santo di Caratto<br />
e di Santa de Nobilibus. Lasciò <strong>la</strong> cattedra episcopale di Cittaducale al<br />
nipote Felice Massimi che <strong>la</strong> possiederà fino al 1573.
Il distico accanto allo stemma vescovile del Massimi rappresenta Micciani<br />
e Cesoni:<br />
“Non mura cingono Micciani, Torre Cifredda e Cesoni, ma ben altro<br />
protegge i forti cuori”.<br />
MONS. FELICE MASSIMI DA PONTECORVO<br />
Mons. Felice Massimi da Pontecorvo resse <strong>la</strong> diocesi dal 1525 al 1573. La<br />
prima azione che del Massimi ci è stata tramandata, è volta a frenare un<br />
clero irrequieto e indisciplinato. <strong>Si</strong> tratta delle Costituzioni <strong>per</strong> <strong>la</strong> disciplina<br />
del coro nel<strong>la</strong> recita degli uffici sacri. Quello che più preoccupò il vescovo<br />
furono i miseri introiti delle rendite episcopali e <strong>la</strong> povertà di tutto il clero<br />
diocesano. Tentò quindi di assicurare al<strong>la</strong> sua mensa e al clero tutto, un<br />
minimo stabile di rendite; cercò pure di frenare il disordine morale e civile<br />
che regnava in città ado<strong>per</strong>andosi in numerose pacificazioni, accentuando<br />
<strong>per</strong>ò, in buona fede <strong>la</strong> sua presenza nel<strong>la</strong> vita pubblica: del che si <strong>la</strong>mentò il<br />
governatore del<strong>la</strong> città che segnalò a Madama d’Austria, come il vescovo<br />
usurpasse il potere altrui. È con il Massimi che prese l’avvio l’anagrafe<br />
parrocchiale a Cittaducale, ed è sotto di lui che l’università si fece carico<br />
del<strong>la</strong> nuova residenza del vescovo costretto, fino a metà degli anni ’60, a<br />
risiedere nei locali del<strong>la</strong> Confraternita di Santa Maria dei Raccomandati.<br />
Accanto allo stemma del vescovo Massimi c’è il distico di Pendenza:<br />
“Mi chiamo Pendenza, <strong>per</strong>chè sorgo tra selve pendenti,<br />
tu sta’ lontano da noi se sei un nemico”.
MONS. POMPILIO PIRROTTA<br />
Mons. Pompilio Pirrotta fu vescovo di Cittaducale dal 1573 al 1580. A<br />
detta del Marchesi, storico civitese, cominciò subito a spadroneggiare,<br />
accampando diritti contro questo o contro quello e contro <strong>la</strong> stessa<br />
università. Questa ricorse al<strong>la</strong> curia romana con una serie di accuse. Roma<br />
condannò il vescovo, il quale <strong>per</strong>ò credendo che <strong>la</strong> città fosse all’oscuro del<br />
verdetto e volendo passare <strong>per</strong> vincitore del<strong>la</strong> contesa, tornato il sede, fece<br />
suonare a festa le campane delle chiese. Saputosi il <strong>per</strong>chè dello scampanio,<br />
subito gli fu risposto con <strong>la</strong> campana del comune, che <strong>per</strong>ò, invece di<br />
suonare a festa, suonò a martello. In breve <strong>la</strong> gente gremì <strong>la</strong> piazza, e<br />
informata dell’inganno tramato dal vescovo si diresse in massa verso il suo<br />
pa<strong>la</strong>zzo, dove stava rinchiuso. Sarebbe successa sicuramente una tragedia<br />
se il camerlengo e i priori non avessero frenato il furore popo<strong>la</strong>re. Quel<strong>la</strong><br />
sera stessa il Pirrotta riparò a Petrel<strong>la</strong> e tornò soltanto quando le acque si<br />
furono calmate; ormai <strong>per</strong>ò i rapporti erano compromessi e <strong>per</strong>ciò qualche<br />
anno dopo dovette andarsene definitivamente.<br />
Accanto allo stemma vescovile c’è il distico di Lugnano:<br />
“Sono chiamata Lugnano nobile <strong>per</strong> prole gigantesca,<br />
<strong>la</strong> gente animosa non teme le minacce ostili”.
MONS. VALENTINO VALENTINI<br />
Mons. Valentino Valentini di S. Martino di Petrel<strong>la</strong> fu eletto vescovo il 14<br />
novembre 1580. Dottore in diritto canonico, discendeva da una ricca<br />
famiglia ben inserita nel mondo degli affari e del<strong>la</strong> politica. Amante delle<br />
lettere visse in <strong>per</strong>fetta armonia con il potere civile. Nel 1584, con il<br />
concorso economico dei fedeli, arricchì il duomo con buoni organi. Pretese<br />
un buon andamento degli ospedali cittadini mostrando così sensibilità<br />
all’assistenzialismo tipico del tempo. Promosse infine, cosa molto<br />
rilevante, il primo sinodo diocesano che non potè adunare a causa<br />
dell’improvvisa morte che avvenne nel 1592.<br />
Il primo distico appartiene a Rocca di Fondi.<br />
“La magnanima Rocca di Fondi che scorgete, è quel<strong>la</strong> che mette<br />
termine ai campi del suolo del Velino”.<br />
Il secondo distico è quello di Colle Rinaldo.<br />
“Guarda Colle Rinaldo, rimane fermo come roccia forte,<br />
ecco come rimane sicura <strong>la</strong> tranquillità del Borghetto”.<br />
MONS. GIOVAN FRANCESCO ZAGORDO<br />
Perchè Cittaducale ottenesse un nuovo vescovo si dovette attendere qualche<br />
mese. Il 31 marzo 1583 Clemente VIII prescelse Giovan Francesco<br />
Zagordo di Neocastro. Realizzò il sinodo diocesano promosso dal Valentini
e visitò <strong>la</strong> sua diocesi nel 1593. Abbellì il duomo favorendo<br />
rimaneggiamenti di altari come quello dell’Assunta. Il suo vescovato ebbe<br />
termine nel 1598.<br />
MONS. GIOVAN GREGORIO DE PADILLA Y<br />
VASCONCELLAS<br />
Mons. Giovan Gregorio de Padil<strong>la</strong> y Vasconcel<strong>la</strong>s, frate domenicano, fu<br />
vescovo di Cittaducale dal 1598 al 1609. Nel 1602 effettuò <strong>la</strong> visita del<strong>la</strong><br />
diocesi. Nel 1606 fece edificare <strong>la</strong> nuova chiesa di S. Maria di S. Vittorino,<br />
<strong>per</strong> ricordare più degnamente il luogo del martirio del vescovo di Amiterno.<br />
Accanto allo stemma del vescovo c’è il distico di Petescia.<br />
“Petescia è inferiore a tutti <strong>per</strong> popo<strong>la</strong>zione, ma non <strong>per</strong> generazione<br />
di antichi uomini: così insegnano i monumenti”.<br />
MONS. PIETRO PAOLO QUINTAVALLE<br />
Mons. Pietro Paolo Quintavalle di Castelnuovo di Campli (Teramo) fu<br />
vescovo di Cittaducale dal 1609 al 1627. Era professore di dirivvo civile<br />
all’università di Bologna, segretario del<strong>la</strong> nunziatura in Polonia, grande<br />
amico e protetto dei Farnese, di cui Cittaducale era allora feudo. Nel 1610<br />
istituì il Monte di Pietà, che venne a rom<strong>per</strong>e il monopolio fino ad allora<br />
gestito dai priori, quando il bisognoso non ricorreva agli ebrei reatini o al<br />
monte di pietà papale. Spese, anche di tasca sua, numerosi ducati <strong>per</strong><br />
rimaneggiare e costruire chiese. Sotto di lui si ripararono S. Maria di Sesto
(1610); si abbellì <strong>la</strong> cattedrale con alcuni altari e infine si completò, nelle<br />
strutture che ancora oggi si osservano, il pa<strong>la</strong>zzo vescovile. Del Quintavalle<br />
va ricordata, infine, l’iniziativa degli anni 1619 – 1620 che, coinvolgendo<br />
l’università e le benedettini, tentò di portare a Cittaducale una comunità di<br />
somaschi <strong>per</strong> l’educazione del<strong>la</strong> locale gioventù.<br />
Accanto allo stemma del vescovo Quintavalle c’è il distico di Paterno.<br />
“La vicina città mi governa con diritto Paterno,<br />
altro non significa il nome che pi è proprio”.<br />
MONS. NICOLA BENIGNI DI TODI<br />
Mons. Nico<strong>la</strong> Benigni di Todi fu vescovo di Cittaducale dal 1627 al 1632.<br />
Pietra tombale del vescovo Benigni.<br />
Il distico rappresenta Casette:<br />
“Il non abitare in case umili e in tetti piccoli dispiace;<br />
questo,, lettore non mi è stato dato”.<br />
MONS. POMPONIO VETULI<br />
Mons. Pomponio Vetuli di Cittaducale fu eletto nel 1632. Proveniva da una<br />
delle più cospicue famiglie del<strong>la</strong> città che aveva <strong>la</strong> sua casa nel<strong>la</strong> cosiddetta<br />
Via Dritta (oggi Corso). Nel 1636 consacrò solennemente <strong>la</strong> cattedrale,<br />
provvide il pa<strong>la</strong>zzo vescovile di un salone di rappresentanza e ne fece
decorare le pareti con una fascia dipinta in cui si alternano gli stemmi<br />
vescovili con i castelli. Nel 1639 fu incaricato, come giudice del processo<br />
di S. Giuseppe da Leonessa. Morì nel 1652 e fu sepolto in cattedrale.<br />
MONS. SALLUSTIO CHERUBINI<br />
Mons. Sallustio Cherubini, nativo di Posta, dottore in utroque e primo<br />
parroco di Bacugno. Fu uditore del cardinale Cherubini, che lo volle<br />
premiare dei buoni servigi col procurargli <strong>la</strong> dignità episcopale. Fu eletto<br />
vescovo l’9 gennaio 1652, governò <strong>la</strong> diocesi <strong>per</strong> circa sette anni. Morì in<br />
patria nel 1658 beneamato da tutti.<br />
Il primo distico si riferisce a Borgo Velino.<br />
“Guarda, queste sono le insegne del Borghetto,<br />
<strong>la</strong> mano del quale mai fu timida alle armi di Marte”.<br />
Il secondo distico si riferisce a Castel Sant’Angelo.<br />
“Ora vedete il Castello sorto sotto nome Angelico,<br />
l’Angelo comanda che ogni disgrazia sia da qui lontana”.<br />
MONS. GIOVANNI CARLO VALENTINI<br />
Mons. Giovanni Carlo Valentini, fu eletto vescovo il 9 giugno 1659 all’età<br />
di 42 anni. Nel 1660 eresse il seminario e nel 1668 celebrò il sinodo che <strong>per</strong><br />
molti anni non era stato radunato. Disciplinò il culto in modo da poter<br />
celebrare <strong>la</strong> messa con l’assistenza di un diacono e con l’accompagnamento
del<strong>la</strong> musica e del canto. A lui si deve il restauro dell’organo del<strong>la</strong><br />
cattedrale. Governò <strong>la</strong> diocesi <strong>per</strong> circa 22 anni fino al<strong>la</strong> sua morte avvenuta<br />
nell’agosto del 1681 e fu sepolto in cattedrale.<br />
MONS. FRANCESCO GIANGIROLAMI<br />
Mons. Francesco Giangiro<strong>la</strong>mi di Rieti fu eletto vescovo il 12 gennaio<br />
1682. Studiò al<strong>la</strong> Sapienza addottorandosi in utriuque, fu protonotaio<br />
apostolico, vicario generale di Farfa e governatore di Velletri. Nel marzo<br />
1683 celebrò il <strong>Si</strong>nodo diocesano. Il suo episcopato fu molto breve, durò<br />
soltanto quattro anni; morì a Rieti il 1 ottobre 1685.<br />
MONS. FILIPPO TANI<br />
Mons. Filippo Tani fu eletto vescovo il 1 aprile 1686. Era abate di<br />
Montecassino. Ampliò <strong>la</strong> chiessa cattedrale con l’aggiunta del<strong>la</strong> navata<br />
destra in cui innalzò l’altare al<strong>la</strong> Madonna del Rosario. Abbellì <strong>la</strong> navata<br />
centrale <strong>per</strong> cui si può affermare che l’attuale sistemazione di Santa Maria<br />
si deve all’o<strong>per</strong>a del vescovo Tani. Consacrò <strong>la</strong> Chiesa dei Cappuccini al<strong>la</strong><br />
Beata Vergine Madre di Dio e fu ancora lui a porre <strong>la</strong> prima pietra del<strong>la</strong><br />
nuova chiesa del<strong>la</strong> Beata Maria delle Grazie situata fuori delle mura di<br />
Cittaducale. Muore a Roma nel 1712. Nello stesso anno, il 22 maggio,<br />
venne canonizzato il Beato Felice da Cantalice.
MONS. PIETRO GIACOMO PICHI<br />
Mons. Pietro Giacomo Pichi fu vescovo di Cittaducale dal 1718 al 1733.<br />
Non prese mai possesso del<strong>la</strong> diocesi che fu amministrata dal 1713 al 1718<br />
da Giacomo Falconi e dal 1718 al 1733 dal vescovo Paolino Sandulli. A lui,<br />
nel<strong>la</strong> cattedrale, si deve il soffitto ligneo a cassettoni su cui spicca il suo<br />
stemma e probabilmente l’organo a canne. In questi anni funzionava un<br />
piccolo ospedale dipendente dal seminario. Nel 1726, approfittando del<br />
fatto che era vuoto, il comune vi fece trasportare alcune scene del teatro <strong>per</strong><br />
conservarle meglio. I locali <strong>per</strong>ò furono ben presto trasformati in un vero<br />
teatro e vi furono recitate alcune commedie. Intanto i poveri e i pellegrini<br />
venivano ospitati nel<strong>la</strong> residenza del vescovo che, stanco di quel<strong>la</strong><br />
situazione, decise di far demolire l’ospedale. Gli uomini che dovevano<br />
portar via il materiale <strong>per</strong>ò trovarono i locali occupati da muratori e<br />
falegnami che non li fecero entrare con <strong>la</strong> motivazione che quello era ormai<br />
un edificio che il comune aveva destinato a “ricreazione pubblica”. Il<br />
vescovo scomunicò gli occupanti e <strong>per</strong> rientrare in possesso dell’ospedale<br />
dovette rivolgersi a Roma.<br />
MONS. PAOLINO SANDULLI<br />
Mons. Paolino Sandulli governò <strong>la</strong> diocesi in qualità di amministratore dal<br />
1718 al 1733. A lui si deve, forse, <strong>la</strong> sistemazione del salone vescovile.
MONS. FRANCESCO RIVERA<br />
Mons. Francesco Rivera patrizio aqui<strong>la</strong>no, fu canonico e protonotaio<br />
apostolico, vicario generale di Cittaducale e poi fu eletto dal 1733 al 1742,<br />
quando fu trasferito a Manfredonia. A lui si deve l’erezione dell’attuale<br />
altare maggiore del<strong>la</strong> cattedrale con <strong>la</strong> sistemazione sopra il medesimo<br />
dell’antico e venerato affresco del<strong>la</strong> Madonna del Popolo. Lo attesta il suo<br />
stemma vescovile incastonato nel retro dell’altare. A lui si deve forse anche<br />
<strong>la</strong> sistemazione del coro ligneo nell’abside del<strong>la</strong> Chiesa.<br />
MONS. ANGELO MARIA MARCULLI<br />
Mons. Angelo Maria Marculli di Gravina, frate agostiniano fu eletto<br />
vescovo nel 1742, resse <strong>la</strong> diocesi fino al 1745, anno in cui fu trasferito a<br />
Bitetto in provincia di Bari.<br />
Il primo distico rappresenta <strong>la</strong> città di Cantalice:<br />
“Queste sono le abitazioni del<strong>la</strong> località di Cantalice<br />
a cui Bellona e il terribile Marte consegnò le armi”.<br />
Il secondo distico è di Lisciano:<br />
“<strong>Si</strong> ricorda appena l’età del nostro tempo passato<br />
ma ora non senza lode sono detta Lisciano”.
MONS. NICOLA MARIA CALCAGNINI<br />
Mons. Nico<strong>la</strong> Maria Calcagnini di Gaeta,(non di Capua, come appare sotto<br />
il suo stemma episcopale) fu eletto il 40 maggio 1745. Morì a Cittaducale il<br />
20 agosto 1786 a 83 anni nel 42° anno del<strong>la</strong> sua elezione. Fu un sincero<br />
modello <strong>per</strong> il suo “gregge” e tutta <strong>la</strong> sua vita può essere riassunta con<br />
quattro parole: prudente, forte, onesto e caritatevole.<br />
MONS. PASQUALE MARTINI<br />
Nel 1792, dopo sei anni dal<strong>la</strong> morte di Mons. Calcagnini, viene eletto<br />
vescovo Mons. Pasquale Martini di San Bartolomeo in Galdo (Benevento)<br />
che fu definito “dotto pio e caritatevole”. Muore nel 1798, non si conosce<br />
nè il luogo nè le circostanze del<strong>la</strong> sua morte ma doveva essere in età<br />
abbastanza giovane avendo governato <strong>la</strong> diocesi <strong>per</strong> soli sei anni.<br />
LA BASILICA DI SANTA MARIA DI SESTO<br />
È una delle sette chiese che, in onore del<strong>la</strong> Beata Vergine Maria, sorgono<br />
tuttora nel territorio del<strong>la</strong> Parrocchia di Cittaducale. Fino a prima<br />
dell’ultima guerra, il 15 agosto, giorno dell’Assunzione al cielo del<strong>la</strong> Beata
Vergine Maria, i civitesi scendevano al Campo di Sesto <strong>per</strong> festeggiare <strong>la</strong><br />
Madonna. La basilica di Sesto abbandonata e in decadenza, aveva attirato le<br />
attenzioni del vescovo civitese Mons. Pietro Paolo Quintavalle che ne curò<br />
il restauro interno ed esterno. La donò di una nuova facciata e nell’interno<br />
volle un affresco raffigurante l’Assunta e ai <strong>la</strong>ti i Santi Pietro e Paolo e tra<br />
le nubi Dio Padre. Sostituì anche il primitivo altare. A restauri avvenuti il<br />
vescovo Quintavalle consacrò e dedicò <strong>la</strong> chiesa nell’anno 1620, forse il<br />
giorno stesso dell’Assunta (15 agosto). Fece poi inscrivere in una <strong>la</strong>pide<br />
posta al centro del pavimento: “Il vescovo Pietro Paolo Quintavalle,<br />
vescovo di Cittaducale stabilisce 40 giorni di indulgenza <strong>per</strong> coloro che<br />
visiteranno <strong>la</strong> basilica di S. Maria di Sesto nell’ombelico d’Italia nei giorni<br />
di Domenica e festivi nell’anno del <strong>Si</strong>gnore 1620”. Lo spiazzo davanti al<strong>la</strong><br />
chiesa era <strong>la</strong>vorato a mosaico, oggi si scoprono ancora qua e là dei sassolini<br />
cubici di colori diversi.<br />
PALAZZO DRAGONETTI DE TORRES<br />
Il pa<strong>la</strong>zzo risale al 1700 e presenta <strong>la</strong> tipica architettura barocca.<br />
Facciata dell’edificio e partico<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> bel<strong>la</strong> scalinata.<br />
Da notare il pozzo interno.<br />
È un pa<strong>la</strong>zzo a tre piani e al primo piano c’è una graziosa cappel<strong>la</strong> con<br />
altare e ornamenti settecenteschi. Era <strong>per</strong> i marchesi Dragonetti <strong>la</strong> cappel<strong>la</strong><br />
gentilizia.<br />
Ovale al centro del soffitto del<strong>la</strong> cappel<strong>la</strong>.<br />
Affreschi delle stanze del nobile pa<strong>la</strong>zzo settecentesco.
Sul<strong>la</strong> piazza si affaccia il settecentesco PALAZZO MAOLI.<br />
Stemma sul portale d’ingresso.<br />
Affreschi raffiguranti scene mitologiche.<br />
Partico<strong>la</strong>ri degli affreschi.<br />
SANTA MARIA DELLE GRAZIE<br />
Sotto le mura, fuori Porta romana si trova <strong>la</strong> settecentesca chiesa di S.<br />
Maria delle Grazie. La chiesa fu costruita con le elemosine raccolte nel<br />
Regno di Napoli, nello Stato Ecclesiastico, nel<strong>la</strong> Toscana e nel Veneto.<br />
Nel 1702 vi fu trasportata <strong>la</strong> Sacra Immagine del<strong>la</strong> Beata Vergine che <strong>per</strong> i<br />
suoi miracoli fu denominata appunto “delle Grazie”. L’Immagine del<strong>la</strong><br />
Madonna <strong>per</strong> più di due anni fu vista <strong>la</strong>crimare ed ebbe il piacere di<br />
assistere al prodigio anche il vescovo Tani. I civitesi vi si raccoglievano <strong>per</strong><br />
festeggiare l’8 settembre, giorno che <strong>la</strong> liturgia dedica al<strong>la</strong> Vergine e in<br />
quel giorno, come nelle altre principali festività del<strong>la</strong> Beata Vergine vi era<br />
in quel<strong>la</strong> chiesa l’Indulgenza Plenaria.<br />
Interno del<strong>la</strong> chiesa.<br />
S. MARIA DI S. VITTORINO<br />
Lungo <strong>la</strong> via Sa<strong>la</strong>ria, nei pressi di Cotilia si trova <strong>la</strong> chiesa di S. Maria<br />
(erroneamente detta di S. Vittorino) costruita a ricordo del martirio del
vescovo di Amiterno. La sua origine è molto antica: risulta infatti anteriore<br />
al<strong>la</strong> prima metà del trecento, quando non esistevano sospetti sui fenomeni<br />
geologici che si sarebbero verificati nel luogo durante i secoli successivi. A<br />
quell’epoca risale un altorilievo raffigurante l’Annunciazione che oggi si<br />
trova nel<strong>la</strong> Chiesa di S. Maria del Popolo. <strong>Si</strong> presenta attualmente in forme<br />
barocche. In epoca non precisata, ma con ogni probabilità verso <strong>la</strong> fine del<br />
XVII secolo alcune polle scelsero, <strong>per</strong> scaturire, proprio il pavimento del<strong>la</strong><br />
chiesa e <strong>la</strong> zona circostante sicchè il sacro edificio fu in breve tempo invaso<br />
dalle acque che ne provocarono <strong>la</strong> lente immersione. L’acqua raggiunge,<br />
internamente una profondità considerevole e defluisce attraverso il portale<br />
formando un fiumicello che raggiunge il fiume Peschiera.<br />
LE TERME DI COTILIA<br />
A qualche chilometro da Cittaducale si trovano le Terme di Cotilia, città<br />
antichissima ed una delle più importanti del<strong>la</strong> Sabina. Alle Terme, nel<br />
<strong>per</strong>iodo estivo si recavano gli im<strong>per</strong>atori Vespasiano e Tito. Le Terme di<br />
Cotilia, risalenti al primo secolo dopo Cristo, coprivano una su<strong>per</strong>ficie di<br />
circa 900 metri quadrati. <strong>Si</strong> possono notare, tra i ruderi, le camere <strong>per</strong> i<br />
bagni e gli spogliatoi, c’era un ninfeo con fontane ad una vasca, <strong>la</strong><br />
cosiddetta “piscina natatoria”. I pavimenti erano di tassello di marmo di<br />
vari colori, alle pareti dipinti; c’erano palestre, sale di lettura, porticati,<br />
giardini, nicchie adorne di conchiglie di varie specie. Sono stati riportati<br />
al<strong>la</strong> luce: lucerne, monete di varie epoche, anelli e spille e altri ornamenti<br />
femminili. Intorno alle terme si trovano pure resti di antiche ville romane ed<br />
una è stata attribuita a Vespasiano.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI<br />
“FONDAZIONE E FORMA DI CITTADUCALE” Atti del Congresso di Storia<br />
dell’Architettura FRANCESCO FIORE.<br />
ENCICLOPEDIA UNIVERSALE RIZZOLI LAROUSSE<br />
COMPENDIO STORICO DI CITTADUCALE SEBASTIANO MARCHESI
LA ZECCA DI CITTADUCALE BRUNO SULLI<br />
GEOGRAFIA DEL TERRITORIO Dispense di DON ANTONIO CONTE<br />
“MADAMA” MARGARITA D’AUSTRIA RENATO LEFEVRE<br />
MARGARITA D’AUSTRIA E LO STATO FARNESIANO D’ABRUZZO<br />
ADELMO MARINO<br />
CITTADUCALE ALL’EPOCA DI MARGARITA D’AUSTRIA ANDREA DI<br />
NICOLA<br />
IL VECCHIO “PALAZZO DELLA COMUNITA’” DI CITTA’ DUCALE<br />
ANDREA DI NICOLA<br />
LA DIOCESI DI CITTADUCALE ED ALCUNI SUOI VESCOVI VINCENZO<br />
DI FLAVIO<br />
I VESCOVI DI CITTADUCALE Dispense di DON ANTONIO CONTE<br />
POTERE CIVILE E POTERE ECCLESIASTICO NELLA DIOCESI DI<br />
CITTADUCALE ANDREA DI NICOLA<br />
LE CHIESE E I CONVENTI DI CITTADUCALE Dispense di DON ANTONIO<br />
CONTE