La mucca pazza della democrazia. La destra ... - Rivista Meridiana
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Antipolitica<br />
zioni, dosi da cavallo di populismo antipolitico. Che in un momento<br />
particolarmente problematico com’è stato il tornante dei primi anni<br />
novanta – quando gli accordi di Maastricht hanno fatto venire al pettine<br />
alcuni nodi irrisolti – ha prodotto conseguenze disastrose. Sicché,<br />
in conclusione, senza lasciarsi andare per questo a fuorvianti<br />
profezie apocalittiche, c’è da supporre che negli anni a venire occorrerà<br />
in Italia adoperarsi non poco affinché la <strong>democrazia</strong> non si degradi<br />
e decada ancor di più.<br />
In difficoltà non v’è comunque solo la <strong>democrazia</strong> italiana. Ma la<br />
<strong>democrazia</strong> in generale. C’è una singolare parentela tra i mali che l’affliggono<br />
e il morbo <strong>della</strong> <strong>mucca</strong> <strong>pazza</strong>: provocato, com’è risaputo,<br />
dall’introduzione di metodi d’allevamento spregiudicati pur di ridurre<br />
i costi e aumentare i profitti. Lo stato di debolezza in cui versano i<br />
regimi democratici può ritenersi in primo luogo un effetto paradossale<br />
– e non adeguatamente compreso e contrastato – del successo<br />
<strong>della</strong> <strong>democrazia</strong>, la quale, sospinta dalla passione ideologica che animava<br />
le forze politiche, aveva conseguito straordinari risultati in termini<br />
di sviluppo, di libertà, di benessere individuale e collettivo. Se<br />
non che, archiviati questi risultati, dalla <strong>democrazia</strong> si è preteso troppo,<br />
sottoponendola a stress inaccettabili. Bene o male, i cittadini democratici<br />
sono cresciuti: sono mediamente più ricchi, più istruiti, la<br />
loro vita media si è allungata, sono più liberi e più in grado di disporre<br />
essi stessi <strong>della</strong> loro esistenza, ma sono anche divenuti più esigenti.<br />
Non sono politicamente più informati, giacché la loro emarginazione<br />
dalla sfera pubblica li scoraggia dal farlo. Ma comunque pretendono<br />
di più. Invece, anziché considerarli con più rispetto, le classi dirigenti<br />
democratiche hanno solo aggiornato e apparentemente democratizzato<br />
lo spettacolo, trattandoli, e trattando la <strong>democrazia</strong> con una superficialità<br />
a dir poco provocatoria.<br />
Ritenuto spessissimo scomodo ed ingombrante, il government by<br />
discussion 5 è il principio, in verità piuttosto impegnativo, su cui si è<br />
fondata l’organizzazione politica <strong>della</strong> modernità: inventato dal liberalismo,<br />
che l’ha applicato attraverso la rappresentanza e i diritti individuali,<br />
il suffragio universale l’ha costretto ad un faticoso, ma dopo<br />
tutto non fallimentare 6 , sforzo di adattamento, seppur prevedendo un<br />
nement représentatif, Calmann-Lévy, Paris 1995 (di questo testo era in precedenza apparsa<br />
una versione abbreviata in italiano: cfr. <strong>La</strong> <strong>democrazia</strong> dei moderni, Anabasi, Milano 1992).<br />
6 Leibholz, in Parteienstaat und Repräsentative Democratie cit., sottolinea per la verità i<br />
vincoli, a suo dire ferrei, che i partiti di massa pongono all’autonomia dei rappresentanti e<br />
alla loro libertà di discussione, segnando una netta discontinuità tra <strong>democrazia</strong> parlamentare<br />
e <strong>democrazia</strong> dei partiti. A parte le smentite che la pratica ha opposto a queste idee,<br />
Leibholz, che pure ritiene i partiti una forma organizzativa necessaria alla <strong>democrazia</strong>, di-<br />
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