Educazione scientifica per l'infanzia - Scienze della Formazione
Educazione scientifica per l'infanzia - Scienze della Formazione
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Introduzione<br />
n. 1 • settembre 2013 • anno CI<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong><br />
<strong>per</strong> l’infanzia<br />
“Non c’è niente di più importante <strong>per</strong> il futuro del mondo, del modo in cui prepariamo la prossima<br />
generazione” dice Bruce Alberts, Editor <strong>della</strong> prestigiosa rivista “Science” nel numero dell’agosto<br />
2011 tutto dedicato all’educazione dell’infanzia.<br />
La società italiana purtroppo ha sempre considerato gli aspetti matematici e scientifici come<br />
tecnici e difficili, lontani dalla prima formazione e affrontabili solo a livelli alti d’istruzione.<br />
Negli ultimi anni <strong>per</strong>ò risulta sempre più evidente, da ricerche svolte sia in contesti reali di apprendimento<br />
sia in condizioni s<strong>per</strong>imentali che i bambini sono molto competenti; fin da molto<br />
piccoli hanno idee intuitive sul mondo fisico e biologico che li circonda, esplorano s<strong>per</strong>imentando,<br />
fanno previsioni e le mettono alla prova dei fatti, cercano spiegazioni causali coerenti <strong>per</strong><br />
fenomeni che ritengono simili. In una parola sembrano procedere in modo molto simile al modo<br />
di indagare scientifico, al “provando e riprovando” che da Galileo in poi una delle più prestigiose<br />
società scientifiche, l’Accademia del Cimento, ha come suo motto.<br />
Questi bambini hanno diritto ad una educazione <strong>scientifica</strong> efficace ed appropriata al loro livello.<br />
Un’educazione che si inserisca nel processo di sviluppo naturale dei bambini, che ne potenzi lo<br />
sviluppo spontaneo, che sia attenta non a introdurre troppo precocemente i risultati <strong>della</strong> scienza,<br />
ma che incoraggi piuttosto l’appropriarsi dei suoi metodi e delle sue procedure: esplorare, descrivere<br />
e rappresentare in diversi linguaggi, immaginare, cercare somiglianze e analogie, costruire<br />
modelli, confrontarsi con altri e difendere le proprie idee argomentando.<br />
Questo richiede la guida attenta e non invasiva di adulti preparati a incoraggiare l’esplorazione attiva<br />
dei bambini offrendo loro possibilità d’interazione diretta con oggetti e fenomeni del mondo,<br />
in ambienti sicuri e accoglienti, che favoriscano la loro crescita emotiva, sociale e cognitiva in<br />
modo equilibrato.<br />
“Le buone scuole cominciano da quello di cui i bambini sono già padroni di fatto, poi sondano<br />
quello che di fatto stanno apprendendo e continuano con quello che di fatto porta avanti il loro<br />
coinvolgimento” diceva Hawkins nel lontano 1965.<br />
<strong>per</strong> approfondire<br />
Sommario<br />
Piccoli scienziati crescono<br />
Enrica Giordano<br />
Il gioco con l’acqua<br />
Giocheria Laboratori<br />
a cura di Enrica Giordano<br />
D. Hawkins, Pasticciando con le scienze, in Imparare a vedere, Loescher, Torino 1979.<br />
Percorsi di astronomia<br />
“Ci son tre lune diverse”<br />
Sara Bartesaghi<br />
Profumo di cielo<br />
Valentina Robati<br />
Es<strong>per</strong>ienze di biologia<br />
tra ambienti di apprendimento<br />
outdoor e indoor<br />
Antonella Pezzotti<br />
dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
1
dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
2<br />
Enrica Giordano*<br />
Piccoli scienziati crescono<br />
Uno dei temi che proponiamo negli articoli<br />
che seguono è l’acqua. Molti di noi si sono<br />
sentiti ripetere a scuola che l’acqua è “incolore,<br />
inodore, insapore e senza forma”.<br />
Ma ne siamo sicuri? Proviamo a guardarci intorno<br />
e a s<strong>per</strong>imentare. La su<strong>per</strong>ficie dell’acqua<br />
ferma in un bicchiere ha una sua forma, piatta,<br />
orizzontale; cosa cambia se inclino il bicchiere?<br />
E come dire che non hanno forma le gocce che<br />
scendono da un rubinetto, che si appoggiano<br />
sul vetro o sull’ombrello, sulle foglie o sulle ragnatele?<br />
E poi, se è insapore, <strong>per</strong>ché si parla di<br />
acqua dolce e salata? E se è incolore <strong>per</strong>ché la si<br />
disegna di colore azzurro?<br />
Vogliamo che i bambini ci ripetano queste parole<br />
stereotipate? Piuttosto lasciamo che s<strong>per</strong>imentino<br />
con l’acqua e i suoi veri comportamenti<br />
in interazione con oggetti e materiali di vario<br />
tipo. E che trovino i gesti, i disegni, le parole,<br />
<strong>per</strong> descrivere quello che hanno osservato: “La<br />
forma dell’acqua è tutta sparpagliata” dice una<br />
bimba. Cosa significa bagnare? Sono bagnate<br />
le mani e il fazzoletto, ma in due modi diversi.<br />
L’acqua bagna, ma è bagnata? E cosa intendiamo<br />
quando diciamo che lo zucchero si scioglie<br />
nell’acqua?<br />
Le domande possono essere moltissime, basta<br />
avviare il discorso con i bambini <strong>per</strong> vederle<br />
nascere e svilupparsi dall’es<strong>per</strong>ienza di tutti<br />
i giorni e da quella che si può proporre in un<br />
ambiente attrezzato con materiali semplici, ma<br />
intriganti e coinvolgenti.<br />
In particolare nelle es<strong>per</strong>ienze proposte nell’articolo<br />
di “Giocheria Laboratori” si suggeriscono<br />
attività da realizzare, in parte al chiuso in parte<br />
* Professore associato di Didattica <strong>della</strong> Fisica, Dipartimento di Fisica, Università di Milano-Bicocca<br />
n. 1 • settembre 2013 • anno CI<br />
Enrica Giordano
all’a<strong>per</strong>to, sull’acqua che corre in tubi, canaline,<br />
ruscelli. Senza es<strong>per</strong>ienze di acqua in movimento<br />
non ci si appropria veramente di cosa voglia<br />
dire che l’acqua è un liquido, anzi il liquido<br />
<strong>per</strong> eccellenza.<br />
Esce da una sorgente e scorre, forma rivoli,<br />
gorghi e flussi, schizzi e spruzzi; passa in buchi<br />
piccolissimi, ma non sopporta di essere bucata,<br />
(si dice appunto “fare un buco nell’acqua”...).<br />
Un altro tema è il “Cielo stellato e la luna”.<br />
Sara Bartesaghi e Valentina Robati ci aiutano<br />
raccontandoci la loro es<strong>per</strong>ienza, nella Scuola<br />
dell’infanzia in occasione <strong>della</strong> loro tesi di laurea<br />
in <strong>Scienze</strong> <strong>della</strong> <strong>Formazione</strong> Primaria.<br />
Infine Antonella Pezzotti ci guida nel gioco di<br />
avvio allo studio degli organismi viventi tra gli<br />
ambienti all’a<strong>per</strong>to che si possono trovare nelle<br />
vicinanze delle scuole o nelle uscite didattiche e<br />
gli ambienti chiusi in cui più tradizionalmente<br />
si svolge l’azione educativa.<br />
n. 1 • settembre 2013 • anno CI<br />
Il filo conduttore di tutte queste proposte è il<br />
lavoro tra interno ed esterno, tra ambiente naturale<br />
e ambiente scolastico, tra fenomeni che<br />
avvengono senza il nostro diretto intervento e<br />
altri che facciamo avvenire ad arte, in modo<br />
selezionato e controllato. Tutte puntano a costruire<br />
poche idee fondamentali del campo di<br />
indagine selezionato e pongono al centro i bambini<br />
e il loro esplorare.<br />
<strong>per</strong> approfondire<br />
E. Giordano, Imparare s<strong>per</strong>imentando, “Psicologia<br />
dell’<strong>Educazione</strong>”, n. 5 (2), 2011, pp. 177-192.<br />
dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
3
dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
4<br />
Laura Plebani, Daniela Calò, Anna Cuccu, Simona Vimercati*<br />
Il gioco con l’acqua<br />
acqua offre una ricca e versatile opportu-<br />
L’ nità di gioco da proporre ai bambini di<br />
diversa età. Infatti, sin da piccolissimi i bambini<br />
sono affascinati dall’acqua che irresistibilmente<br />
li attrae e conquista. Da questa prima considerazione,<br />
dalle osservazioni su cosa fanno i<br />
bambini quando giocano e dalla convinzione<br />
che tutti imparano facendo, in Giocheria Laboratori<br />
proponiamo da anni laboratori scientifici<br />
di gioco con l’acqua.<br />
I bambini che giocano alla scienza passano da<br />
una fase in cui s<strong>per</strong>imentano e osservano ad<br />
una in cui riflettono su ciò che vedono accadere<br />
sia durante il laboratorio sia in classe tra un incontro<br />
e l’altro. Con modalità diverse a seconda<br />
delle diverse età, i bambini sono stati sollecitati<br />
a scambiarsi le osservazioni sulle sco<strong>per</strong>te fatte<br />
nel laboratorio e a rappresentarle attraverso<br />
disegni.<br />
Con l’insegnante si riprende, si rielabora, si<br />
propone una lettura ragionata che consente di<br />
porre attenzione ai passaggi, di analizzare le<br />
criticità, <strong>per</strong> ricominciare con le nuove conoscenze,<br />
in un moto circolare che sembra portare<br />
a continue previsioni e verifiche.<br />
Provare e riprovare porta a fare delle sco<strong>per</strong>te<br />
quando lo s<strong>per</strong>imentatore non sa dove l’es<strong>per</strong>ienza<br />
che sta facendo lo conduce e questo ai<br />
bambini accade sempre poiché sanno imparare<br />
mentre fanno. “Fare con le mani” significa conoscere<br />
con il corpo e con i sensi il mondo a<br />
partire dalla curiosità, dalla spontanea spinta<br />
ad esplorare a confrontare che i bambini possiedono.<br />
I bambini imparano, imitandosi tra pari, la collaborazione<br />
che arricchisce l’apprendimento, lo<br />
amplia e lo fa viaggiare sulla strada delle relazioni<br />
<strong>per</strong>sonali. Se l’ambiente è ben strutturato<br />
e il materiale opportunamente scelto, la presenza<br />
dell’adulto è garanzia <strong>della</strong> sicurezza dello<br />
s<strong>per</strong>imentare del bambino che diventa artefice<br />
del proprio apprendimento.<br />
L’adulto dovrebbe essere presente senza <strong>per</strong>ò<br />
sovrapporsi, il modello “insegnante che travasa<br />
il suo sa<strong>per</strong>e nei bambini” si può abbandonare<br />
a vantaggio di un insegnante che “accompagna<br />
e favorisce le sco<strong>per</strong>te dei bambini”; le eventuali<br />
domande saranno orientate a favorire la concentrazione<br />
su ciò che si sta s<strong>per</strong>imentando. Una<br />
posizione non direttiva, più rilassata consente<br />
di lasciare tempo <strong>per</strong> esplorare, affiancando la<br />
loro attività autonoma con una presenza più<br />
leggera.<br />
I laboratori<br />
I laboratori del gioco con l’acqua sono allestiti<br />
sia all’interno di Giocheria che nello spazio<br />
verde che circonda la struttura.<br />
All’esterno il ruscello è progettato <strong>per</strong>ché i bambini<br />
possano giocare con l’acqua in movimento.<br />
Laura Plebani, Daniela Calò, Anna Cuccu, Simona Vimercati<br />
* Educatrici presso Giocheria Laboratori, Sesto San Giovanni (Mi)<br />
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Un rubinetto alla fonte può originare una goccia<br />
d’acqua o una cascata che si incanala lungo il<br />
<strong>per</strong>corso creato con canaline collegate tra loro;<br />
l’acqua scorre sfruttando la pendenza del terreno<br />
sino a tuffarsi in una grande vasca. I bambini<br />
possono osservare i diversi comportamenti<br />
a seconda del flusso d’acqua e hanno a disposizione<br />
diversi oggetti <strong>per</strong> la loro osservazione.<br />
Una serie di strumenti vengono predisposti affinché<br />
l’acqua possa “viaggiare da un punto<br />
all’altro”. Imbuti, canne di plastica, contenitori,<br />
bottiglie di plastica <strong>per</strong>mettono ai bambini di<br />
trasportare l’acqua da un recipiente all’altro, di<br />
scoprire che può andare in salita o scappare da<br />
tutti i buchini.<br />
Le azioni e le sco<strong>per</strong>te dei bambini vengono<br />
raccontate oppure disegnate; riportiamo alcune<br />
delle loro frasi:<br />
Mirko: “Se riempio l’imbuto e lo alzo in alto l’acqua<br />
scende e si sente il verso <strong>della</strong> rana. Quando fa<br />
il verso <strong>della</strong> rana ho sco<strong>per</strong>to che si fa il vortice”.<br />
Desirée: “…fa il verso <strong>della</strong> rana <strong>per</strong>ché l’acqua<br />
scende velocemente…”.<br />
Andrea: “…io versavo l’acqua era tutto bucato così<br />
andava a finire <strong>per</strong> terra”.<br />
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dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
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dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
6<br />
La trasparenza<br />
Oltre al ruscello, sia all’esterno sia all’interno, si<br />
predispongono le grandi vasche con i vari oggetti<br />
da immergere. Per contenere l’acqua abbiamo<br />
privilegiato delle vasche di plexiglass trasparenti<br />
appoggiate a strutture tubolari e sollevate da<br />
terra in modo tale che i bambini possano vedere<br />
da tutte le angolazioni.<br />
I loro gesti si fanno più precisi e attenti a non<br />
dis<strong>per</strong>dere neanche una goccia d’acqua dimo-<br />
strando concentrazione <strong>per</strong> lungo tempo. Mentre<br />
giocano, guardano cosa succede alla mano, ma<br />
anche all’acqua e lo dicono: “l’acqua mi lascia<br />
entrare”. La mano non trova resistenza, l’acqua<br />
si sposta, avvolge, bagna, rinfresca. Se tolgo la<br />
mano “l’acqua si chiude”.<br />
Provano a usare gli oggetti, più oggetti insieme,<br />
a combinare due diversi effetti, a concatenare le<br />
osservazioni, i flussi.<br />
Alessandro: “Io facevo le bolle e soffiavo e l’acqua<br />
diventava più alta e mi bagnavo la faccia”.<br />
Giulia: “Ho messo la spugna nell’acqua ed è diventata<br />
verde scuro”.<br />
I granelli<br />
Accanto al <strong>per</strong>corso con l’acqua abbiamo predisposto<br />
situazioni di gioco che consentissero<br />
il confronto sul travaso di materiali solidi con<br />
maggior e minore fluidità nello scorrimento. I<br />
bambini possono così fare un confronto di come<br />
miglio, sabbia, farina passano differentemente<br />
attraverso contenitori, imbuti e setacci.<br />
Gabriele: “Con l’imbuto grande il mais scendeva<br />
subito, con l’imbuto piccolo non usciva allora<br />
abbiamo preso il bastoncino e abbiamo spinto e se<br />
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sbattevo ne uscivano tanti, sennò una alla volta”.<br />
Omar: “Ho messo le mani nei fagioli e ho sentito<br />
il solletico”.<br />
Giulia: “Mi è piaciuto mettere le mani nei semi<br />
piccoli, anch’io ho sentito il solletico fresco”.<br />
“Provvisorie” considerazioni finali<br />
Abbiamo osservato i bambini giocare, li abbiamo<br />
ascoltati “ragionare” sull’es<strong>per</strong>ienza che stavano<br />
facendo e usare parole speciali. Nel tempo, le diverse<br />
es<strong>per</strong>ienze che si sono susseguite, le diverse<br />
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età dei bambini, i contesti più o meno strutturati<br />
hanno mostrato delle modalità di esplorazione<br />
che si ripetono.<br />
Proprio da queste ripetute modalità di gioco dei<br />
bambini abbiamo estrapolato alcuni indicatori<br />
necessari <strong>per</strong> costituire un <strong>per</strong>corso di sco<strong>per</strong>ta<br />
<strong>scientifica</strong>.<br />
• Quale “posizione” <strong>per</strong> l’adulto?<br />
Mettersi al fianco dei bambini anziché di<br />
fronte. Osservare il loro approccio, ascoltare<br />
le loro osservazioni e annotarle comporta<br />
un cambiamento di atteggiamento rispetto<br />
dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
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dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
8<br />
al bisogno” di porre loro delle domande “giuste”,<br />
nell’intenzione di preparare il terreno<br />
all’intervento dell’adulto.<br />
La posizione diversa comporta anche una<br />
funzione diversa del linguaggio che accompagna<br />
le es<strong>per</strong>ienze. Nei laboratori si possono<br />
fare domande a<strong>per</strong>te <strong>per</strong> dare la possibilità ai<br />
bambini di descrivere verbalmente i fatti sui<br />
quali stanno già ponendo la loro attenzione.<br />
“Che cosa stai osservando?”. Come spiega<br />
Enrica Giordano, “attaccare le parole ai fatti<br />
è una parte <strong>della</strong> funzione dell’educatore, ma<br />
non nel senso di dare le nostre, ma invitare<br />
ad usare le parole <strong>per</strong> raccontare cosa sta ora<br />
accadendo, la differenza non è marginale ma<br />
sostanziale poiché la valenza cognitiva implicata<br />
è completamente diversa”.<br />
• Quali materiali proporre?<br />
Ci vuole tempo e pazienza <strong>per</strong> andare a cercare<br />
strumenti e oggetti che a contatto con<br />
l’acqua si bagnano, si inzuppano, lasciano<br />
passare, trattengono, schizzano, gocciolano,<br />
vanno giù e ci rimangono o tornano su. Queste<br />
e molte altre azioni le abbiamo s<strong>per</strong>imentate<br />
noi educatori (<strong>per</strong> poi sorprenderci nel<br />
vedere che i bambini ne trovano di inedite)<br />
e ci hanno <strong>per</strong>messo di costruire la nostra<br />
collezione di oggetti.<br />
Anche la scelta dei contenitori in cui raccogliere<br />
o far scorrere l’acqua è il risultato<br />
di uno studio. Le vasche sono di differenti<br />
dimensioni, trasparenti, infrangibili, con i<br />
bordi la cui altezza consente di riempirle con<br />
una giusta quantità di acqua, ma <strong>per</strong>mette<br />
anche ai bambini di toccare il fondo.<br />
Abbiamo strutturato gli spazi interni ed<br />
esterni con l’obiettivo di <strong>per</strong>mettere ai bambini<br />
di orientarsi facilmente riconoscendo le<br />
postazioni di gioco, di muoversi in sicurezza<br />
e ultimo ma egualmente importante, di giocare<br />
in un posto bello, curato, accogliente.<br />
• Chi sceglie?<br />
Ai bambini è lasciata la scelta di come cominciare<br />
il gioco, che sia partendo dal privilegiare<br />
il contatto acqua-mano piuttosto che<br />
usare subito un oggetto come intermediario.<br />
Come l’acqua è sempre in movimento, così<br />
i nostri laboratori sono in continuo mutamento.<br />
Le nostre osservazioni su cosa succede<br />
nel gioco dei bambini diventano input<br />
e punto di partenza <strong>per</strong> riprogettare l’offerta<br />
nel laboratorio, con accorgimenti tesi a migliorare<br />
le condizioni dell’esplorazione dei<br />
bambini.<br />
La narrazione di cosa abbiamo visto accadere<br />
prende strade differenti, tante quanti sono<br />
stati i bambini osservati.<br />
Davanti alla vasche ogni bambino ha fatto il<br />
suo “pasticciamento” giocando con gli oggetti<br />
messi a disposizione. L’attenzione del bambino<br />
è su cosa succede, ma nel contempo il<br />
suo sguardo abbraccia l’es<strong>per</strong>ienza del compagno<br />
che gli gioca vicino.<br />
I bambini si guardano tra loro, s’imitano,<br />
commentano.<br />
I bambini, lo abbiamo già detto, provano e riprovano<br />
fino a che sentono di poter chiudere<br />
l’es<strong>per</strong>ienza in atto <strong>per</strong> spostare l’attenzione e<br />
la concentrazione su altro, magari anche solo<br />
un altro particolare (aspetto o fenomeno)<br />
<strong>della</strong> stessa es<strong>per</strong>ienza.<br />
<strong>per</strong> approfondire<br />
Scienza in gioco. Costruzioni d’acqua di adulti e<br />
bambini, Junior, Azzano San Paolo, 2004.<br />
n. 1 • settembre 2013 • anno CI
Percorsi di astronomia<br />
Chiunque alzando gli occhi al cielo, in una bella<br />
notte limpida, resta conquistato dallo spettacolo<br />
<strong>della</strong> volta celeste. Fin dai tempi più antichi<br />
l’uomo è stato affascinato dagli astri e dal cielo<br />
notturno e, con sempre maggior accuratezza,<br />
ha cercato di avvicinarlo a sé, osservandolo ed<br />
interpretandolo.<br />
Perché allora non avvicinarlo anche al mondo<br />
dei bambini, i quali sono dei maestri nello stupirsi<br />
ed incuriosirsi <strong>per</strong> ogni cosa?<br />
Troppo spesso si pensa che i bambini non siano<br />
ancora pronti cognitivamente ad affrontare<br />
le cosiddette scienze dure (ndr: dall’inglese<br />
hard, si intende matematica, fisica e chimica,<br />
“dure” <strong>per</strong> l’alto livello di formalizzazione e<br />
la difficoltà ad essere comprese). Ad esempio<br />
l’astronomia – fatta di calcoli, di misurazioni, di<br />
strumentazioni specifiche – sembra accessibile<br />
solo a menti matematiche. Questa immagine<br />
non rende giustizia alla conoscenza <strong>scientifica</strong><br />
come impresa culturale, frutto di discussioni,<br />
di critiche, di fantasie e al bambino come individuo<br />
curioso, competente, capace di costruire<br />
la propria conoscenza attraverso l’es<strong>per</strong>ienza e il<br />
confronto con gli altri.<br />
“Ci sono tre lune diverse”<br />
Sara Bartesaghi*<br />
Durante l’anno dell’astronomia 2009, nella<br />
Scuola dell’infanzia comunale di via Giacosa<br />
a Milano, il progetto ha preso avvio dalla<br />
mia richiesta a un gruppo di bambini fra i 4 e<br />
5 anni di costruire ciascuno una propria “luna”<br />
attraverso l’uso di materiali a scelta tra creta,<br />
carte e cartoni, stoffe, bottoni, brillantini, plastica,<br />
cotone, fili, nastri, carta stagnola…<br />
Le attività artistiche e manipolative risultano<br />
essere molto efficaci nel portare alla luce preconoscenze,<br />
immaginario, curiosità, domande,<br />
ed aiutano i bambini ad esprimere i propri sa<strong>per</strong>i<br />
e idee sviluppandone di nuovi. Quando un<br />
bambino disegna o costruisce non fa solo una<br />
n. 1 • settembre 2013 • anno CI<br />
Un <strong>per</strong>corso scientifico, a qualsiasi grado venga<br />
proposto, dovrebbe prevedere, almeno nelle sue<br />
prime fasi, un’osservazione diretta dei fenomeni.<br />
Questo è possibile <strong>per</strong> il cielo diurno, <strong>per</strong> il sole<br />
e <strong>per</strong> la luna, spesso visibile anche di giorno.<br />
Più difficile sembra invece lo studio a scuola del<br />
cielo <strong>della</strong> notte e delle stelle, affrontabile solo<br />
con qualche uscita serale/notturna. Ma molto<br />
si può riuscire a fare, <strong>per</strong> ovviare ai problemi<br />
logistici e di orario scolastico senza snaturare il<br />
senso e la metodologia del nostro insegnamento<br />
scientifico.<br />
I <strong>per</strong>corsi che seguono illustrano due progetti<br />
“astronomici” s<strong>per</strong>imentati in classi <strong>della</strong><br />
Scuola dell’infanzia in occasione di due tesi di<br />
laurea in <strong>Scienze</strong> <strong>della</strong> <strong>Formazione</strong> Primaria<br />
presso l’Università di Milano Bicocca.<br />
Il primo, a cura di Sara Bartesaghi, avvicina i<br />
bambini alla comprensione delle ragioni dell’apparente<br />
mutare <strong>della</strong> forma <strong>della</strong> luna. Il secondo,<br />
a cura di Valentina Robati, è dedicato al<br />
cielo notturno tra mito e storia <strong>della</strong> scienza, tra<br />
osservazioni, fantasia ed immaginazione.<br />
V. R.<br />
creazione artistica, ma contemporaneamente<br />
mette in gioco delle idee, le seleziona e ripensa,<br />
ristabilisce i contorni del problema, in un gioco<br />
continuo tra attività concreta e costruzione di<br />
conoscenza astratta. Fondamentale risulta accompagnare<br />
la realizzazione dei manufatti con<br />
parole e discussioni in cui si confronta cosa è<br />
stato fatto e <strong>per</strong>ché:<br />
Lucas: “…poi con lo scotch l’ho chiusa e poi ho<br />
messo il cartone rosso e l’ho attaccato e ho messo<br />
anche la carta lucida.(…) eh <strong>per</strong>ché è rotonda (la<br />
luna)… poi ho messo il giallo <strong>per</strong>ché la luna è<br />
un pochino gialla… È anche un po’ brillante <strong>per</strong><br />
quello ho messo il lucido”.<br />
Sara Bartesaghi<br />
* Laureata in <strong>Scienze</strong> <strong>della</strong> <strong>Formazione</strong> Primaria presso l’Università di Milano Bicocca.<br />
dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
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dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
10<br />
Lucas: “il sole è un pochino elettrico”.<br />
Ranim: “(la luna) è più spenta”.<br />
Lucas: “<strong>per</strong>ché è un pochino argento… anche un<br />
pochino nera e un pochino pure gialla… <strong>per</strong>ò è<br />
anche un pochino argento e si vede al buio”.<br />
Alice: “… l’ho fatta così <strong>per</strong>ché così potevo mettere<br />
il cotone, e poi qui su ho messo i brillantini”.<br />
Insegnante: “Come mai?”.<br />
Alice: “Perché sono belli”.<br />
Insegnante: “Così la tua luna diventava bella?”.<br />
Alice: “Sì e poi così si possono un po’ vedere di<br />
notte, e poi ho messo anche il riso bianco”.<br />
Ranim: “(parlando <strong>della</strong> carta stagnola) Perché<br />
così si attaccava ed era bello argento luccicoso,<br />
<strong>per</strong>ché io la luna la vedo sempre bianca”.<br />
Si vede che i bambini hanno l’idea che la luna<br />
sia in grado di fare luce come il sole, da cui la<br />
differenziano più in termini quantitativi che<br />
qualitativi. La scelta dei materiali è caduta su<br />
quelli che secondo loro avrebbero riprodotto<br />
nei manufatti questa supposta caratteristica<br />
del satellite, essere visibili al buio (brillantini,<br />
paillettes, carta stagnola, carta lucida argentata,<br />
stoffe argento…).<br />
Queste discussioni su luna e materiali utilizzati<br />
<strong>per</strong> ricostruirla sono state arricchite da una<br />
successiva osservazione diretta e mattutina<br />
<strong>della</strong> luna nel parco che circonda la scuola.<br />
Siamo quindi tornati a lavorare all’interno.<br />
Ho proposto di osservare una “luna” costruita<br />
da me con la carta stagnola e posta dentro<br />
una scatola totalmente dipinta di nero al suo<br />
interno. Questo strumento è stato presentato<br />
come capace di riprodurre la situazione e l’immagine<br />
<strong>della</strong> luna di notte. Abbiamo chiuso<br />
bene la scatola in modo che non entrasse luce;<br />
i bambini quindi a turno hanno guardato al<br />
suo interno attraverso un foro nel cartone,<br />
aspettandosi di vedere una figura luccicante<br />
nel buio.<br />
Lucas: “Ma si vede tutto nero”.<br />
Dora: “Si vedeva tutto nero”.<br />
Lucas: “Forse si è mossa (la luna)… controlliamo!”.<br />
Insegnante: “Proviamo a controllare!”.<br />
A<strong>per</strong>ta la scatola si scopre che l’oggetto è ancora<br />
lì, attaccato al fondo con il velcro.<br />
Lucas: “Eh no è ancora lì… allora è <strong>per</strong>ché il buco<br />
è troppo alto”.<br />
Ranim: “Posso riprovare a guardare?”.<br />
Insegnante: “Sì… cambiamo buco <strong>per</strong> vedere se<br />
questo è troppo alto?”.<br />
Ranim: “No...non si vede niente…”.<br />
Lucas: “Aspetta qui c’è una pila proviamo così.<br />
Insegnante: “Proviamo a metter dentro la luce”.<br />
Tutti: “Sì”.<br />
Ranim: “Io tengo la pila”.<br />
Alice: “L’ho vista adesso”.<br />
Dora: “Si vede”.<br />
Emiliano: “La palla… si vede la palla”.<br />
Lucas: “Si vede di più grazie alla mia idea… avete<br />
visto che avevo ragione”.<br />
Insegnante: “Ma allora questa luna qui…”.<br />
Lucas: “Si vede solo con questa (la pila)!”.<br />
Ranim: “Serve la luce anche se è tutta argento!”.<br />
Far emergere una problematica, creare una ragione<br />
di sorpresa, suscita nei bambini la voglia<br />
di costruire conoscenza e li mette in condizioni<br />
di svolgere ricerche.<br />
Lo stupore derivato dal fatto che le idee emerse<br />
attraverso la costruzione delle “lune” venissero<br />
disattese, ha dato il via a s<strong>per</strong>imentazioni, espe-<br />
n. 1 • settembre 2013 • anno CI
ienze e ricerche sul funzionamento <strong>della</strong> nostra<br />
vista, sul buio e su luci e ombre, senza che<br />
venisse <strong>per</strong> il momento esplicitato l’importante<br />
collegamento esistente fra esse e l’apparente<br />
mutamento <strong>della</strong> forma <strong>della</strong> luna.<br />
All’interno <strong>della</strong> scuola si è cercato il buio entrando<br />
in una stanza senza finestre o nascondendosi<br />
sotto le co<strong>per</strong>te.<br />
All’esterno in una bella giornata di sole si è<br />
cercato il buio nella luce attirando l’attenzione<br />
sulle ombre: si è cercato di scappare dalla nostra<br />
ombra, si sono fotografate e ricalcate le<br />
ombre nostre e di altri oggetti, si è osservata la<br />
fiamma e le ombre create da una candela in una<br />
zona poco illuminata.<br />
Il fare es<strong>per</strong>ienza in modo consapevole, con<br />
occhi interrogativi e intento di ricerca, di questi<br />
n. 1 • settembre 2013 • anno CI<br />
aspetti <strong>della</strong> realtà quotidiana, quali sono luce e<br />
ombra, è stata l’occasione <strong>per</strong> esplicitare interpretazioni<br />
già esistenti e, attraverso un continuo<br />
scambio fra osservazione dei fatti, descrizioni<br />
e riflessioni interpretative, arricchire la conoscenza<br />
e l’analisi del fenomeno in questione.<br />
Siamo così arrivati a puntare l’attenzione sulla<br />
presenza sull’oggetto illuminato di parti in ombra<br />
e quindi su quelle che in arte si chiamano<br />
“ombre proprie”.<br />
Durante l’osservazione <strong>della</strong> candela:<br />
Ranim: “Guarda c’è la tua ombra nella luce… In<br />
ogni luce c’è un’ombra…”.<br />
Durante una seconda osservazione <strong>della</strong> “luna”<br />
argentata all’interno <strong>della</strong> scatola nera, successiva<br />
a tutte le varie es<strong>per</strong>ienze su luci e ombre<br />
all’esterno:<br />
Insegnante: “Com’è?”.<br />
Emiliano: “Metà e l’altra…”.<br />
Lucas: “Non è tutta illuminata c’è una riga nera”.<br />
Insegnante: “C’è una riga nera?”.<br />
Lucas: “Sì… è così (mimando con il dito una<br />
linea di demarcazione) qua così, poi qua è tutta<br />
colorata e qua buia”.<br />
Ranim: “È un pochino più buia di qui”.<br />
Una volta notato che la sfera è in parte illuminata<br />
e in parte è in ombra, si tratta di arrivare<br />
a comprendere che un altro fattore importante<br />
entra in gioco: la posizione da cui la osserviamo.<br />
Le forme a noi visibili di oggetti tridimensionali,<br />
fra cui la luna, che non fanno luce loro stessi, dipendono<br />
dalla possibilità di osservare dalla propria<br />
posizione varie porzioni delle zone di luce e<br />
ombra sull’oggetto e quindi dalle posizioni reciproche<br />
di osservatore, sorgente di luce primaria<br />
e oggetto illuminato su un determinato sfondo.<br />
dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
11
dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
12<br />
Senza fare riferimento esplicito alla luna, abbiamo<br />
inizialmente s<strong>per</strong>imentato in un contesto familiare<br />
con coinvolgimento corporeo ed emotivo diretto:<br />
abbiamo osservato i nostri corpi ed in particolare<br />
i nostri visi illuminati da un torcia in una stanza<br />
buia.<br />
È stata poi proposta una nuova situazione che<br />
prevedeva un pallone di gommapiuma, illuminato<br />
<strong>per</strong> mezzo di un faro direzionale spostabile appeso<br />
al centro <strong>della</strong> stanza, posizione che invitava<br />
a non assumere un punto di vista fisso come nel<br />
caso precedente e ad esplorare la tridimensionalità<br />
dell’oggetto. Si è chiesto ai bambini disposti<br />
liberamente attorno al pallone di disegnare come<br />
vedevano il pallone. Ognuno ripeteva il disegno<br />
ogni volta che veniva spostato il faro che lo illuminava.<br />
La diversa posizione dei bambini durante<br />
il disegno ha <strong>per</strong>messo di osservare come l’immagine<br />
bidimensionale a noi visibile dipendesse dalle<br />
posizioni reciproche non soltanto dell’oggetto e<br />
<strong>della</strong> sorgente di luce, ma anche di noi osservatori.<br />
Lucas: “Ma Emiliano stai sbagliando… la stai<br />
facendo troppo grossa… guardala è illuminata pochissimo”.<br />
Emiliano: “No, è grossa”.<br />
Lucas: “Ma non vedi che è finissima”.<br />
Emiliano: “Non è vero”.<br />
Lucas: “(avvicinandosi a Emiliano) ah ma tu la<br />
vedi così… <strong>per</strong>ché là da me si vede finissima… se ti<br />
sposti là da me si vede diversa”.<br />
Alice: “Basta che ci spostiamo”.<br />
Insegnante: “Basta che vi spostiate?”.<br />
Alice: “O il faro”.<br />
Insegnante: “O ci spostiamo noi o spostiamo il<br />
faro?”.<br />
Alice: “E cambia la forma”.<br />
Emiliano: “Oppure spostiamo la palla”.<br />
Da queste prime osservazioni sono partite varie<br />
s<strong>per</strong>imentazioni in cui si agiva prima liberamente<br />
poi in modo più controllato sulle variabili in<br />
gioco, arrivando a comprendere meglio le relazioni<br />
di causa-effetto e a prevedere cosa avrebbero<br />
prodotto le nostre azioni.<br />
Ad un certo punto l’attenzione dalla palla si è<br />
spostata sulla luna, introdotta dai bambini stessi:<br />
Lucas: “Ma sembra una luna”.<br />
Insegnante: “Sembra una luna?”.<br />
Lucas: “Sì, ha la stessa forma”.<br />
Insegnante: “E che forma ha la luna?”.<br />
Si è dato origine così ad una chiacchierata sulle<br />
varie forme con cui la luna ci appare ed è stata<br />
descritta come “rotonda”, “a volte ha la forma<br />
mezza”, “panciuta”, “ci sono tre modi diversi: una<br />
quella tutta cerchia, poi quella un po’ meno, poi<br />
quella magrissima”, “nello spazio la luna è rotonda<br />
ma noi la vediamo con le forme diverse, con noi<br />
cambia forma”.<br />
Per arricchire la conversazione si sono mostrate<br />
fotografie <strong>della</strong> luna nelle sue varie fasi e si è provato<br />
a ricreare le forme <strong>della</strong> luna in fotografia<br />
attraverso la palla e il faro.<br />
Si potrebbe pensare che dopo aver fatto vedere<br />
un possibile meccanismo di spiegazione delle<br />
fasi <strong>della</strong> luna l’argomento si potesse considerare<br />
concluso e l’idea acquisita.<br />
Ma non è così.<br />
“Le sco<strong>per</strong>te vengono fatte, osservate, <strong>per</strong>dute,<br />
e rifatte di nuovo… Quando la mente sta evolvendo…<br />
tutti noi dobbiamo su<strong>per</strong>are la linea<br />
di separazione tra ignoranza e intuito più volte<br />
n. 1 • settembre 2013 • anno CI
prima di capire veramente” ci dice Hawkins.<br />
In successive discussioni si torna sull’argomento:<br />
Lucas: “È <strong>per</strong>ché è tolto un pezzo”.<br />
Alice: “No, non lo sapete”.<br />
Emiliano: “Era sopra il cielo <strong>per</strong>ché è così, il pezzo è<br />
andato sopra il cielo”.<br />
Alice: “No, c’è una nuvola”.<br />
Insegnante: “C’è una nuvola che la copre?”.<br />
Lucas: “Non è vero… è <strong>per</strong>ché era la luna piena e poi<br />
se ne è andato un pezzo”.<br />
È un’idea errata che molti adulti hanno, che si<br />
tratti di un fenomeno di ombra <strong>della</strong> terra sulla<br />
luna o che possano entrare in qualche modo le<br />
nuvole. Ma attenzione le parole dei bambini sono<br />
difficili da interpretare e allora forse togliere non<br />
vuol dire quello che pensiamo noi.<br />
Lucas: “Perché si toglie tutto questo”.<br />
Insegnante: “Si toglie?”.<br />
Lucas: “Si toglie… cioè rimane lì ma è tutta nera”.<br />
Emiliano: “Perché, <strong>per</strong>ché, <strong>per</strong>ché qua c’è il nero e<br />
qua c’è la luce”.<br />
Lucas: “Perché qua diventa più buio”.<br />
Emiliano: “Perché quando è buio, buio non si vede<br />
proprio tutta… solo da una parte è illuminata,<br />
dall’altra è buia”.<br />
Emiliano sembrerebbe essersi appropriato <strong>della</strong><br />
soluzione corretta eppure poi afferma:<br />
Emiliano: “Ci sono delle lune piene e lune mezze”.<br />
Insegnante: “Ci sono lune piene e lune mezze… ce<br />
ne sono tante diverse?”.<br />
Emiliano: “Sì, sì… Quelle piene sono uguali, quelle<br />
mezze non sono uguali”.<br />
Insegnante: “Ce ne sono mezze di diversi tipi?”.<br />
Emiliano: “Sì”.<br />
Ma Emiliano forse potrebbe avere ancora ragione,<br />
le lune a spicchi non sono tutte uguali, le lune<br />
piene sì, cosa intende questo bimbo quando dice<br />
che ci sono tante lune diverse? Ci sono o si vedono<br />
diverse?<br />
n. 1 • settembre 2013 • anno CI<br />
Alice: “Il sole illumina tutto”.<br />
Ranim: “Anche la luna”.<br />
Emiliano: “E la luna piena diventa mezza… o si<br />
vede luna piena o luna mezza”.<br />
Alice: “Qua io la vedo piccolissima”.<br />
Emiliano: “Nera e piccolissima… se ci spostiamo<br />
qua vuol dire che vediamo luce… se ci spostiamo<br />
qua, vediamo mezzo luce e mezzo nero… La luce<br />
illumina la luna che illumina la notte… la luna<br />
illumina la notte”.<br />
Lucas: “Ma pochissimo”.<br />
Per poter qui brevemente esporre ed analizzare<br />
il <strong>per</strong>corso effettuato è stato necessario linearizzarlo<br />
e accompagnarlo con interventi e frasi<br />
selezionate, necessariamente isolate dal contesto.<br />
Così facendo si rischia <strong>per</strong>ò di non dare l’idea<br />
<strong>della</strong> reale e più complessa dinamica di questa<br />
conversazione e dell’intero <strong>per</strong>corso su cui ci si<br />
è mossi seguendo il reale processo dei bambini;<br />
si è trattato di un andirivieni continuo di diverse<br />
idee, ipotesi, es<strong>per</strong>ienze, emozioni. Non si è arrivati<br />
a un’interpretazione definitiva dei fatti e non<br />
si sono abbandonate del tutto le idee iniziali, che<br />
sono state comunque ampiamente arricchite attraverso<br />
nuove osservazioni e discussioni. I bambini<br />
di questa età fanno tante ipotesi diverse e <strong>per</strong><br />
lavorare su queste le confrontano con i fatti, con<br />
quello che si vede, con le loro idee che cambiano<br />
a seconda di quello che vanno osservando e comprendendo.<br />
Non chiedono agli adulti di dire loro le cose come<br />
stanno, non cercano già fatte soluzioni a cui non<br />
possono arrivare da soli. Il salvaguardare questa<br />
peculiarità, senza quindi smentire le loro interpretazioni<br />
offrendone una nostra come più autorevole,<br />
ma proponendo es<strong>per</strong>ienze che diano l’opportunità<br />
ai bambini di pensare in proprio, evita di<br />
trasmettere l’idea, poco proficua <strong>per</strong> arrivare a una<br />
conoscenza significativa, che a scuola tutte le domande<br />
hanno già una risposta pronta e definitiva.<br />
Le interpretazioni dei bambini non sono da considerare<br />
errori da eliminare e sostituire il prima possibile<br />
ma punto di partenza da arricchire vivendo<br />
nuove es<strong>per</strong>ienze e facendo nuove osservazioni.<br />
dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
13
dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
14<br />
Profumo di cielo<br />
Valentina Robati*<br />
Convinta che fosse importante portare a<br />
scuola lo studio del cielo stellato ho pensato<br />
fin dalla progettazione del mio <strong>per</strong>corso ad<br />
alternative <strong>per</strong> ovviare ai limiti logistici e temporali<br />
imposti dalla scuola.<br />
Un possibile <strong>per</strong>corso può prevedere di ri-creare<br />
con i bambini in classe, attraverso materiali differenti,<br />
un cielo stellato andando così a riflettere<br />
sulle forme delle stelle, sul loro colore e sulle<br />
loro dimensioni.<br />
I bambini hanno tutti un’idea di cielo notturno,<br />
hanno delle loro teorie e delle loro curiosità che<br />
la manipolazione di oggetti e materiali rende visibile<br />
in modo concreto agli adulti e ai bambini<br />
stessi (vedi anche l’incipit del <strong>per</strong>corso di Sara<br />
Bartesaghi sulla luna).<br />
Oppure è possibile affrontare il tema astrale<br />
notturno, come ho fatto nella Scuola dell’infanzia<br />
di Pieranica, strutturando l’ambiente in<br />
modo da simulare la volta celeste all’interno<br />
<strong>della</strong> scuola, in una stanza buia con un proiettore<br />
e proporre attività che <strong>per</strong>mettano ai<br />
bambini di approcciarsi in modo graduale ad<br />
argomenti astronomici in questo cielo simulato.<br />
Nel mio caso ho utilizzato un apparecchio in<br />
commercio, ma l’idea è nata dai bambini stessi:<br />
in una discussione uno di loro ha proposto “possiamo<br />
prendere una scatola tagliare delle forme<br />
di stelle e metterci una luce dentro che fa uscire<br />
le stelle”.<br />
Oltre ad un ambiente adeguato, è importante<br />
proporre attività attraverso metodologie che<br />
<strong>per</strong>mettano sia di utilizzare i canali preferiti<br />
dai bambini, sia di riprodurre in interno ciò su<br />
cui si dovrebbe riflettere durante l’osservazione<br />
diretta all’esterno. Si possono utilizzare diverse<br />
tipologie di es<strong>per</strong>ienze: attività di osservazione,<br />
narrative, di manipolazione o basate sui giochi<br />
corporei.<br />
Tra queste, l’aspetto narrativo risulta essere fondamentale,<br />
in parte <strong>per</strong> il coinvolgimento emotivo<br />
che porta inevitabilmente con sé, incentivando<br />
la partecipazione e l’immaginazione, ma<br />
anche <strong>per</strong>ché <strong>per</strong>mette di introdurre in modo<br />
naturali temi importanti, quale ad esempio, la<br />
dimensione storica del costruirsi <strong>della</strong> conoscenza<br />
<strong>scientifica</strong>.<br />
Se davvero si vogliono accompagnare i bambini<br />
Io conosco tante cose sulle stelle:<br />
ci sono le stelle comete, le stelle<br />
a punta, le stelle rotonde.<br />
alla sco<strong>per</strong>ta dell’astronomia, come il tempo ha<br />
accompagnato gli antichi che <strong>per</strong> primi alzarono<br />
uno sguardo critico al cielo, allora bisogna<br />
partire dai miti e dalle leggende che hanno dato<br />
i nomi alle costellazioni, dalla fantasia e dall’immaginazione,<br />
avvicinandosi, attraverso la conoscenza<br />
di strumenti adatti e di <strong>per</strong>sonaggi rivoluzionari,<br />
all’Astronomia con la A maiuscola.<br />
Ad esempio, dopo aver osservato le costellazioni<br />
sul cielo proiettato, ne abbiamo create di nostre<br />
unendo dei puntini su un foglio e notando come<br />
dagli stessi punti è possibile ottenere figure diverse<br />
a seconda dell’immaginazione di ognuno.<br />
Le figure ottenute si possono inserire in storie<br />
che le colleghino <strong>per</strong> meglio ricordarle e riconoscere.<br />
Ho quindi deciso di dare valore alla loro<br />
es<strong>per</strong>ienza narrando una storia, un mito, “che<br />
avevano inventato gli uomini, tanto tempo fa”.<br />
Si è deciso di utilizzare il mito dell’Orsa Maggiore,<br />
il quale ha molto appassionato i bambini<br />
e ci ha <strong>per</strong>messo di fare nuove conoscenze<br />
partendo dalle informazioni che esso ci aveva<br />
trasmesso: abbiamo sco<strong>per</strong>to la stella polare<br />
“che si trova proprio sulla coda del piccolo orso”,<br />
abbiamo capito attraverso giochi corporei e attività<br />
grafiche cosa ha di speciale ovvero è l’unica<br />
stella che vediamo ferma nel cielo e “serve ad<br />
aiutare i marinai <strong>per</strong> capire dove andare” (Leo,<br />
5 anni).<br />
Questa narrazione aveva a<strong>per</strong>to la possibilità di<br />
esplorare mille <strong>per</strong>corsi diversi.<br />
Si sarebbe potuto continuare su un discorso<br />
più narrativo e iniziare a creare favole partendo<br />
dai <strong>per</strong>sonaggi del cielo dei bambini; si sarebbe<br />
potuto lavorare sul piano grafico e matematico<br />
con le linee spezzate delle costellazioni, gli andamenti<br />
sinuosi delle galassie o delle nebulose,<br />
o i cerchi delle stelle; si sarebbe potuto affrontare<br />
tutta la tematica sulle distanze delle stelle<br />
in una stessa costellazione nello spazio (e la<br />
Valentina Robati<br />
*Laureata in <strong>Scienze</strong> <strong>della</strong> <strong>Formazione</strong> Primaria presso l’Università di Milano Bicocca<br />
n. 1 • settembre 2013 • anno CI<br />
Aurora, 4 anni
conseguente profondità del cielo stellato), o lavorare<br />
sulla dimensione osservata degli oggetti<br />
a seconda <strong>della</strong> distanza a cui si trovano attraverso<br />
la creazione di modelli e procedendo <strong>per</strong><br />
prove ed errori.<br />
Ho deciso <strong>per</strong>ò in questo <strong>per</strong>corso di farmi<br />
guidare prevalentemente dalle domande e dalle<br />
curiosità dei bambini. Lo studio del cielo è<br />
anche nell’immaginario collettivo legato agli<br />
“strumenti ottici”. È nato proprio dai piccoli un<br />
progressivo interesse <strong>per</strong> lenti, binocoli e cannocchiali.<br />
Si è dunque pensato, dopo un primo momento<br />
di “pasticciamento” in cui ognuno s<strong>per</strong>imentava<br />
liberamente questi strumenti in classe e nel<br />
giardino (stando attenti a non puntarli verso<br />
il sole!), di strutturare delle attività più specifiche<br />
nelle quali i bambini avrebbero dovuto<br />
osservare delle immagini da diverse distanze, in<br />
modo tale da comprendere l’utilità, la funzione<br />
e la precisione delle lenti.<br />
La connessione storica tra il cannocchiale e<br />
l’osservazione del cielo notturno, mi ha poi <strong>per</strong>messo<br />
di introdurre la figura di Galileo, di far<br />
conoscere la sua biografia attraverso una narrazione<br />
drammatizzata in cui mi sono travestita<br />
da Galileo e di osservare i suoi disegni dei pianeti,<br />
tratti direttamente senza nessuna modifica<br />
dal Sidereus Nuncius, la sua massima o<strong>per</strong>a di<br />
divulgazione di astronomia.<br />
Siamo poi passati a giochi corporei, <strong>per</strong> <strong>per</strong>mettere<br />
una rielaborazione intima di un fatto prima<br />
conosciuto solo teoricamente. Questo ha <strong>per</strong>-<br />
n. 1 • settembre 2013 • anno CI<br />
messo ai bambini di assumere punti di vista diversi,<br />
di “osservare” Giove e i suoi satelliti dalla<br />
Terra come visti da Galileo e poi dallo spazio,<br />
giungendo così alla conclusione che “quando<br />
dalla Terra si vedono tre (satelliti) è <strong>per</strong>ché uno<br />
si nasconde dietro a Giove che è grasso” (Gaia 4<br />
anni).<br />
Tenendo sempre presente la tensione didattica<br />
tra ciò che si vuole proporre e le conoscenze<br />
dei bambini, il <strong>per</strong>corso deve essere strutturato<br />
come un progetto che va costruendosi in itinere<br />
in base alle loro domande, curiosità e interessi<br />
e alle risorse e ai vincoli del contesto.<br />
Così grazie all’abilità dei bambini di passare<br />
dal mondo simbolico al mondo reale, come<br />
avviene nel gioco “del far finta”, è stato possibile<br />
proporre loro diverse rappresentazioni del<br />
cielo (narrazioni, proiezioni, modelli in scala,<br />
rappresentazioni corporee) utilizzandone sempre<br />
più di una <strong>per</strong> uno stesso fatto così da non<br />
indurre la confusione tra ciò che accade e ciò<br />
che è rappresentazione e analogia finalizzata<br />
all’apprendimento.<br />
Consapevole che <strong>per</strong> le cose “vicine” l’osservazione<br />
diretta sia insostituibile, credo <strong>per</strong>ò che<br />
<strong>per</strong> i bambini le stelle e i pianeti reali siano<br />
entità così lontane e irraggiungibili che anche<br />
quelli simulati possano sostituire degnamente<br />
quelli osservabili nel cielo notturno, su<strong>per</strong>ando<br />
così i vincoli che il contesto scolastico pone.<br />
Ma <strong>per</strong> rimanere coerenti alle scelte didattiche<br />
e metodologiche di fondo, di una educazione<br />
<strong>scientifica</strong> attiva e partecipata, la simulazione<br />
deve avvenire in uno spazio che <strong>per</strong>metta ai<br />
bambini di muoversi e osservare da diverse prospettive,<br />
li rassicuri ma sia analogo allo spazio<br />
a<strong>per</strong>to, che avvicini il cielo ma non lo trasformi<br />
in un disegno statico, che ne riproduca i movimenti<br />
osservati, che sia un piccolo ricco cielo a<br />
misura di bambino.<br />
<strong>per</strong> approfondire<br />
Gruppo di ricerca Pedagogia del Cielo del MCE,<br />
A scuola di miti e scienza, Junior, Bergamo, 2009.<br />
D. Hawkins, Pasticciando con le scienze, in Imparare<br />
a vedere. Saggi sull’apprendimento e sulla<br />
natura umana, Loescher, Torino 1979.<br />
dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
15
dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
16<br />
Antonella Pezzotti*<br />
Es<strong>per</strong>ienze di biologia<br />
tra ambienti di apprendimento<br />
outdoor e indoor<br />
Occuparsi di temi legati agli organismi viventi<br />
significa cercare di capire come sono fatti,<br />
come mangiano, come si accoppiano, come comunicano<br />
con l’esterno, come si comportano in determinate<br />
situazioni, ecc. Per comprendere in modo<br />
significativo anche solo alcuni di questi aspetti<br />
sono necessarie es<strong>per</strong>ienze dirette e <strong>per</strong>sonali in<br />
cui ciascun bambino, con il proprio bagaglio di<br />
es<strong>per</strong>ienze e conoscenze, s<strong>per</strong>imenti il piacere di<br />
scoprire “dal vero” quello che fanno i viventi.<br />
L’apprendimento costruito su attività concrete, in<br />
cui il lavoro di tipo pratico sia integrato alla riflessione<br />
sull’es<strong>per</strong>ienza vissuta, risulta sicuramente<br />
più efficace. È quanto suggeriscono le Indicazioni<br />
ministeriali, in cui è sottolineato il ruolo centrale<br />
dell’es<strong>per</strong>ienza e <strong>della</strong> dimensione laboratoriale,<br />
cioè di quella “modalità di lavoro che meglio incoraggia<br />
la ricerca e la progettualità, coinvolge gli<br />
alunni nel pensare, realizzare, valutare attività vissute<br />
in modo condiviso e partecipato con altri, e<br />
può essere attivata sia nei diversi spazi e occasioni<br />
interni alla scuola sia valorizzando il territorio come<br />
risorsa <strong>per</strong> l’apprendimento”.<br />
Che cosa si intende <strong>per</strong> laboratorio? Come spiega<br />
Bersisa, il laboratorio non è soltanto uno spazio fisico,<br />
ma anche e soprattutto un “luogo privilegiato<br />
dove è possibile mettere in atto la metodologia <strong>della</strong><br />
ricerca”, cioè un luogo in cui si fanno e si condividono<br />
osservazioni, si produce documentazione<br />
(con disegni, descrizioni, schemi), si fanno ipotesi<br />
e le si mettono alla prova dei fatti, ecc.<br />
Il laboratorio non è solo un’aula attrezzata: può<br />
essere un angolo <strong>della</strong> classe dedicato a una particolare<br />
attività, una sezione del museo o <strong>della</strong><br />
biblioteca, ma anche un orto botanico, un bosco,<br />
un prato, uno stagno; può essere anche un setting<br />
didattico costruito ad hoc all’interno di strutture<br />
meno tradizionalmente vicine alla scuola, <strong>per</strong><br />
esempio giardini pubblici, su<strong>per</strong>mercati, centri<br />
<strong>per</strong> l’educazione informale, ecc. Nel laboratorio<br />
non ci si limita a manipolare: questo non basta,<br />
non è la strada giusta <strong>per</strong> fornire ai bambini quel<br />
bagaglio di conoscenze e competenze da spendere<br />
anche e soprattutto al di fuori di quello specifico<br />
contesto, al di fuori <strong>della</strong> scuola. Il lavoro di<br />
tipo pratico deve essere sempre affiancato da un<br />
certo grado di riflessività, di consapevolezza, di<br />
pensiero. Il concetto di laboratorio così inteso si<br />
inserisce in quello più ampio di ambiente di apprendimento,<br />
da intendersi come luogo fisico ma<br />
anche come luogo mentale e sociale fatto di azioni,<br />
pratiche didattiche, relazioni. Seguendo il pensiero<br />
di Antonietti e di Carletti e Varani, l’ambiente<br />
di apprendimento è uno spazio di es<strong>per</strong>ienza, di<br />
riflessione, di condivisione, di elaborazione, di<br />
assegnazione di significati; è un luogo in cui una<br />
serie di attività si realizzano con l’obiettivo di favorire<br />
l’apprendimento e in cui gli attori possono<br />
contare su una serie di supporti materiali e sulla<br />
collaborazione con gli altri.<br />
È importante quindi che gli insegnanti propongano<br />
es<strong>per</strong>ienze pratiche di biologia e che lo facciano<br />
predisponendo ex novo oppure adattando<br />
opportuni ambienti di apprendimento sia interni<br />
sia esterni alla scuola: l’angolo con le teche <strong>per</strong> l’allevamento<br />
d’insetti, l’angolo con il cartellone <strong>della</strong><br />
memoria su cui raccontare le fasi delle es<strong>per</strong>ienze<br />
vissute, il giardino <strong>per</strong> osservare i cambiamenti<br />
degli alberi, lo stagno <strong>per</strong> osservare uova, girini e<br />
rane, ecc.<br />
La scelta e la preparazione dell’ambiente di apprendimento<br />
devono costituire la prima fase di<br />
ogni progettualità educativa, fin dalla Scuola<br />
dell’infanzia. Se nello scenario predisposto si vuole<br />
portare avanti un lavoro di tipo cognitivo e non<br />
“fare semplicemente delle cose”, occorre dedicare<br />
alla sua preparazione particolare cura e attenzione.<br />
Questo aspetto è molto importante nel caso<br />
di es<strong>per</strong>ienze di biologia, <strong>per</strong> realizzare le quali<br />
occorre un luogo “emblematico”, speciale, in cui<br />
l’allestimento sia funzionale al tipo di lavoro che vi<br />
si svolgerà. Inoltre, aspetto non meno importante,<br />
l’ambiente di apprendimento deve piacere, risultare<br />
accattivante, deve invogliare i bambini che si<br />
apprestano a fare delle attività. Nella fase di preparazione<br />
del luogo <strong>per</strong> le es<strong>per</strong>ienze l’insegnante<br />
deve trovare il modo di attivare nei bambini quella<br />
zona delicata ma fondamentale che li farà stare più<br />
attenti, li renderà curiosi, offrirà loro l’opportunità<br />
di esercitare un’azione creativa nei confronti del<br />
proprio imparare.<br />
E gli ambienti esterni? Uguale attenzione e cura<br />
Antonella Pezzotti<br />
* Dottore di ricerca, Dipartimento di <strong>Scienze</strong> Umane <strong>per</strong> la <strong>Formazione</strong> “Riccardo Massa”<br />
n. 1 • settembre 2013 • anno CI
vanno date alla scelta degli ambienti esterni:<br />
devono essere ambienti piacevoli, stimolanti, accattivanti…<br />
ma soprattutto deve essere piacevole,<br />
stimolante e accattivante l’approccio all’utilizzo<br />
dell’ambiente e il lavoro che viene proposto (come<br />
ci ricorda Bortolotti). Il rischio, altrimenti, è<br />
quello di sminuire il significato didattico ed educativo<br />
dell’uscita sul campo.<br />
L’idea di uscire all’aria a<strong>per</strong>ta entusiasma sempre<br />
moltissimo i bambini. Il giardino <strong>della</strong> scuola è già<br />
un buon punto di partenza <strong>per</strong> scoprire la varietà<br />
di organismi che vi trovano dimora. Il giardino è<br />
certamente il luogo adatto <strong>per</strong> lo svago, il gioco,<br />
il relax, ma può diventare anche un luogo di sco<strong>per</strong>ta,<br />
di caccia, di raccolta, di incontro con la natura.<br />
Un luogo, quindi, in cui poter fare es<strong>per</strong>ienze<br />
di biologia. Così inteso il giardino è un giardino<br />
segreto. Ritscher ci dice che: “Per i bambini, ogni<br />
spazio esterno è, in certi sensi, “segreto”. È segreto<br />
<strong>per</strong>ché la natura è piena di segreti e offre un’infinità<br />
di attrazioni, anche piccolissime, da esplorare”.<br />
Lo sforzo che deve fare l’insegnante è quello di<br />
assecondare il naturale interesse dei bambini nei<br />
confronti degli organismi viventi e trasformare il<br />
giardino <strong>della</strong> scuola, il bosco, lo stagno in contesti<br />
di apprendimento, in teatri di esplorazioni, di osservazioni,<br />
di indagine, di raccolta di dati e di materiale…<br />
in luoghi in cui si può entrare in stretto<br />
contatto con l’ambiente naturale e con gli organismi<br />
viventi (vedi Gambini, Galimberti, 2010).<br />
Come utilizzare questi ambienti di apprendimento<br />
indoor e outdoor <strong>per</strong> proporre es<strong>per</strong>ienze di biologia?<br />
Cosa è possibile fare outdoor? E cosa indoor?<br />
Sul campo è difficile ottenere l’attenzione e il raccoglimento<br />
necessari <strong>per</strong> discutere, <strong>per</strong> riflettere,<br />
rielaborare, ecc. Risulta più adatto <strong>per</strong> tale scopo<br />
lo spazio interno (come sostengono Gambini,<br />
Galimberti, 2009). Ma lo spazio interno, opportunamente<br />
organizzato, è utile anche <strong>per</strong> conservare<br />
i materiali raccolti fuori, <strong>per</strong> “far crescere”, <strong>per</strong><br />
allevare, <strong>per</strong> monitorare, <strong>per</strong> documentare e tenere<br />
memoria. Di seguito sono illustrate tre es<strong>per</strong>ienze<br />
di biologia che si basano sul lavoro svolto in classe<br />
durante il proprio tirocinio finale da tre laureate<br />
in <strong>Scienze</strong> <strong>della</strong> <strong>Formazione</strong> primaria, rispettivamente<br />
da Monica Nebuloni, Elena Brambilla,<br />
Valentina Borgo. Sono progetti proponibili in<br />
classi di Scuola dell’infanzia e caratterizzati da<br />
una stretta continuità e integrazione tra attività<br />
da svolgersi outdoor e attività da svolgersi indoor.<br />
1. L’ecosistema albero<br />
Argomento<br />
Gli alberi sono una grande risorsa e offrono una<br />
quantità immensa di materiale da osservare, toccare,<br />
odorare, assaggiare, raccogliere, trasportare,<br />
n. 1 • settembre 2013 • anno CI<br />
studiare con approfondimenti diversi, utilizzare<br />
<strong>per</strong> colorare, ecc. Pensiamo alle gemme, fiori,<br />
frutti, semi, foglie, rametti, cortecce, radici… Inoltre,<br />
se ci si avvicina ad una pianta con attenzione<br />
ci si accorge che essa ospita, nasconde, attira una<br />
miriade di organismi viventi: uccelli che si posano<br />
sui rami o vi fanno il nido, insetti che corrono su<br />
e giù <strong>per</strong> il tronco, altri insetti che mangiano le<br />
foglie, funghi che crescono sulla corteccia, ecc. Gli<br />
alberi instaurano infatti una fitta e intricata rete di<br />
relazioni con l’ambiente in cui vivono, con le altre<br />
piante, con gli animali, con i funghi e con i batteri.<br />
Pertanto, sono da considerarsi dei veri e propri<br />
ecosistemi e in quanto tali si prestano a ricche<br />
esplorazioni. Sul campo si individua un albero e<br />
lo si studia nella sua totalità, cercando di cogliere<br />
anche solo alcune delle relazioni che lo vedono<br />
protagonista; all’interno <strong>della</strong> sezione si studiano<br />
più in dettaglio alcuni elementi dell’ecosistema.<br />
Ambienti di apprendimento<br />
L’ambiente outdoor è costituito da un parco, un<br />
giardino o un bosco di facile accesso in cui si<br />
trovino diverse specie arboree (in modo da consentire<br />
riflessioni sul concetto di biodiversità e<br />
sull’importanza <strong>della</strong> sua salvaguardia) e in cui sia<br />
presente almeno un albero importante, di grandi<br />
dimensioni. L’ambiente indoor è costituito dalla<br />
sezione in cui siano organizzabili un angolo scientifico<br />
<strong>per</strong> le osservazioni (banchi che consentano<br />
la circolazione dei bambini tra i diversi gruppi<br />
di lavoro, buona illuminazione, lenti di ingrandimento,<br />
vaschette, contenitori e cesti <strong>per</strong> la raccolta<br />
e l’esposizione dei materiali, lastre in plexiglas <strong>per</strong><br />
osservare sia da sopra sia da sotto) e un angolo <strong>per</strong><br />
le attività artistiche, dotato di tutti i materiali <strong>per</strong><br />
le rappresentazioni pittoriche, la realizzazione di<br />
modelli, ecc.<br />
Fasi dell’es<strong>per</strong>ienza<br />
• A partire dalla domanda stimolo “Cosa è <strong>per</strong><br />
te un albero?” si avvia una conversazione <strong>per</strong><br />
raccogliere le idee dei bambini relativamente<br />
all’argomento di studio. In seguito si chiede<br />
loro di disegnare un albero, così come se lo<br />
rappresentano mentalmente. Il materiale così<br />
raccolto costituisce la base su cui l’insegnante<br />
costruisce le successive fasi del <strong>per</strong>corso.<br />
• Durante la prima uscita si propone un’osservazione<br />
generale degli alberi del parco e la realizzazione<br />
di un disegno “dal vero”. L’uscita può<br />
essere fatta anche in inverno, durante il quale<br />
è possibile osservare la struttura degli alberi,<br />
la disposizione dei rami, la presenza di nidi di<br />
uccelli.<br />
• Mettendo a confronto i disegni realizzati sul<br />
campo ci si rende subito conto che gli alberi<br />
dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
17
dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
18<br />
sono molto diversi tra loro (concetto di biodiversità).<br />
• Di fronte ai diversi alberi del parco si può proporre<br />
il gioco del mimo: dopo aver osservato<br />
la loro struttura generale e la disposizione dei<br />
rami, si chiede ai bambini di rappresentarli<br />
con il corpo e di immaginare cosa succeda ai<br />
rami in caso di pioggia, sole, neve, vento, ecc.<br />
• Al termine di queste attività, mirate a far acquisire<br />
familiarità con l’oggetto di studio, si ripropone<br />
la domanda stimolo “Cosa è <strong>per</strong> te un albero?”<br />
e si chiede una nuova rappresentazione.<br />
I dati così raccolti, messi a confronto con quelli<br />
precedenti e con i successivi, costituiscono un<br />
importante strumento di valutazione dell’efficacia<br />
del <strong>per</strong>corso che si sta proponendo.<br />
• Il <strong>per</strong>corso si concentra ora su un solo albero<br />
da studiare in quanto ecosistema attraverso<br />
diverse uscite sul campo mirate a esaminare di<br />
volta in volta nuovi aspetti e nuove relazioni. Si<br />
osservano gli organi <strong>della</strong> pianta (tronco, rami,<br />
foglie, fiori, frutti), ma anche gli animali e gli<br />
altri organismi in relazione ad essa (muschio e<br />
funghi sul tronco, piccoli animali sulla e dentro<br />
la corteccia, uccelli che si posano sui rami).<br />
Le esplorazioni sono di tipo multisensoriale:<br />
si tocca con le mani, con la schiena e con la<br />
pancia; si va alla ricerca di profumi, si osserva<br />
con strumenti diversi, si ascoltano i suoni e i<br />
rumori.<br />
Il desiderio di raccogliere materiale è sempre<br />
molto forte nei bambini: è necessario quindi<br />
uscire sempre con palette <strong>per</strong> scavare tra le<br />
radici e raccogliere terriccio, cestini in cui riporre<br />
legnetti e pezzetti di cortecce, sacchetti<br />
in cui raccogliere fiori e foglie, contenitori trasparenti<br />
con co<strong>per</strong>chio bucherellato <strong>per</strong> mantenere<br />
gli animali, ecc. Da non dimenticare le<br />
lenti d’ingrandimento <strong>per</strong> osservare i dettagli<br />
e, come suggerito da Gambini e Galimberti,<br />
il finto cannocchiale (cioè un tubo di cartone<br />
come quello <strong>della</strong> carta da cucina) <strong>per</strong> focalizzare<br />
l’attenzione sulle parti lontane.<br />
• Si porta nell’angolo scientifico tutto il materiale<br />
raccolto <strong>per</strong> osservarlo e manipolarlo nel<br />
Fasi dell’es<strong>per</strong>ienza “L’ecosistema albero”<br />
Indoor Outdoor<br />
• Avvio e raccolta delle idee.<br />
• Analisi dei disegni e prime<br />
riflessioni sulla biodiversità.<br />
• Discussione.<br />
• Studio del materiale naturale,<br />
disegni e documentazione.<br />
• Realizzazione del prodotto<br />
collettivo e discussione finale.<br />
• Osservazione generale<br />
degli alberi e disegno.<br />
• Gioco del mimo.<br />
• Osservazioni<br />
multisensoriali, studio<br />
dell’ecosistema<br />
albero, raccolta di<br />
materiale.<br />
dettaglio. Si lavora <strong>per</strong> esempio sulla forma,<br />
dimensione, consistenza, colore, profumo delle<br />
foglie e sulla loro diversità. Si analizzano<br />
cortecce <strong>per</strong> scoprire i rifugi o le tracce di<br />
piccoli animali, si osservano con la lente di<br />
ingrandimento gli animali catturati, ecc. Le<br />
osservazioni, guidate dall’insegnante, sono documentate<br />
con fotografie, disegni e altre rappresentazioni<br />
artistiche.<br />
• Oltre ai prodotti realizzati individualmente dai<br />
bambini si può proporre, alla fine, la realizzazione<br />
di un prodotto collettivo che coinvolga<br />
tutta la sezione, <strong>per</strong> esempio il modello tridimensionale<br />
dell’albero e di tutti gli altri viventi<br />
ad esso relazionati. Per cercare di riprodurre le<br />
sensazioni e le <strong>per</strong>cezioni provate dai bambini<br />
durante l’es<strong>per</strong>ienza diretta è opportuno utilizzare,<br />
oltre al materiale presente in sezione<br />
(stoffe, carta, cartone, bottoni, sughero, ecc.), il<br />
materiale naturale raccolto sul campo: pezzi di<br />
Descrizione dell’albero di una bambina<br />
durante la discussione finale<br />
Un albero è una cosa <strong>della</strong> natura.<br />
Fuori ha la corteccia che è ruvida; poi sulla corteccia<br />
sono cresciuti il muschio e i funghi. La corteccia<br />
serve all’albero <strong>per</strong> proteggersi.<br />
Le foglie servono <strong>per</strong> bere, nel senso che ci sono i<br />
tubicini.<br />
Le radici servono a tenere in piedi l’albero. Le radici<br />
prendono anche il cibo dalla terra, che poi sale fino<br />
alle foglie.<br />
Sulla quercia ci sono tanti animali; noi abbiamo<br />
trovato il bruco, la coccinella, la formica, il ragno, il<br />
millepiedi, la forbicina, il lombrico.<br />
Gli animali stanno sulla quercia <strong>per</strong>ché ci sono tante<br />
cose.<br />
n. 1 • settembre 2013 • anno CI
corteccia, muschio, funghi, rami, foglie, ecc. Al<br />
termine di tutte le attività si intavola un’ultima<br />
discussione e si fa una sintesi del lavoro fatto.<br />
2. Le radici<br />
Argomento<br />
Le radici sono organi delle piante di cui nella<br />
scuola si fa poca es<strong>per</strong>ienza pratica e ai quali non<br />
sempre si guarda con l’intento di coglierne la diversità,<br />
le funzioni e le relazioni che instaurano con<br />
altri organismi e con l’ambiente. Le radici, quindi,<br />
sono generalmente poco conosciute dai bambini.<br />
Proprio <strong>per</strong> questa ragione è importante proporre<br />
es<strong>per</strong>ienze dirette <strong>per</strong> mostrarne alcuni aspetti<br />
<strong>della</strong> biologia e dell’ecologia. In una fase outdoor,<br />
da svolgersi nel giardino <strong>della</strong> scuola o in un parco,<br />
è possibile andare a caccia di radici e osservarle<br />
così come sono nell’ambiente: le radici degli alberi<br />
sono talvolta molto contorte, o assumono forme<br />
strane <strong>per</strong> “aggirare” gli ostacoli. Inoltre, scavando<br />
in prossimità delle radici, ci si accorge che attorno<br />
ad esse ci sono numerose forme di vita: animali<br />
che vi trovano rifugio, animali che le mangiano,<br />
radici di altre piante con le quali si attorcigliano,<br />
ecc. Le osservazioni sul campo consentono quindi<br />
di approfondire la conoscenza di un organo delle<br />
piante inserito nel proprio contesto ambientale e<br />
quindi caratterizzato da moltissime relazioni. In<br />
classe, invece, si possono fare es<strong>per</strong>ienze mirate a<br />
seguire la crescita di radici appartenenti a specie<br />
vegetali diverse, al fine di metterne in evidenza le<br />
peculiarità, i cambiamenti nel tempo e la variabilità<br />
morfologica. La coltivazione delle piante è<br />
un’ottima opportunità <strong>per</strong> stabilire una relazione<br />
di cura e <strong>per</strong> responsabilizzare i bambini alla sopravvivenza<br />
di organismi viventi.<br />
Ambienti di apprendimento<br />
L’ambiente outdoor è costituito da un giardino<br />
(anche quello <strong>della</strong> scuola), da un parco o un bosco<br />
in cui sia possibile osservare radici di alberi<br />
diversi. Molto interessante sarebbe anche avere<br />
a disposizione (o realizzare) un’aiuola dedicata<br />
in cui piantare le talee che si saranno formate in<br />
classe. L’ambiente indoor è costituito dalla sezione<br />
in cui sia organizzabile, oltre all’angolo in cui<br />
svolgere il lavoro di osservazione, un angolo delle<br />
piantine, ossia un angolo/spazio in cui riporre, ad<br />
altezza di bambino (quindi su un tavolino basso o<br />
su una panca), i contenitori <strong>per</strong> mantenere le specie<br />
vegetali scelte <strong>per</strong> l’osservazione <strong>della</strong> crescita<br />
delle radici.<br />
Fasi dell’es<strong>per</strong>ienza<br />
• Si può introdurre l’es<strong>per</strong>ienza attraverso la lettura<br />
di una storia, anche inventata, oppure (o in<br />
n. 1 • settembre 2013 • anno CI<br />
aggiunta) la visione di alcuni libri <strong>per</strong> l’infanzia<br />
illustrati in cui siano messe ben in evidenza<br />
le radici degli alberi. A partire dallo stimolo<br />
iniziale si avvia poi una discussione <strong>per</strong> raccogliere<br />
le prime idee dei bambini relativamente<br />
alle radici, le loro domande, i loro interessi.<br />
• Si entra nel vivo dell’es<strong>per</strong>ienza e si propone<br />
ai bambini di andare a caccia di radici: <strong>per</strong><br />
osservarle, toccarle, seguirne il <strong>per</strong>corso tortuoso,<br />
descriverle, disegnarle. Si possono scavare<br />
piccole buche <strong>per</strong> scovare le parti di radici<br />
che si nascondono sottoterra, o <strong>per</strong> trovare<br />
qualche piccolo animale che vive nelle loro vicinanze.<br />
Quest’attività, proposta come una sorta<br />
di gioco, consente di focalizzare l’interesse dei<br />
bambini nei confronti dell’oggetto di studio e di<br />
avvicinarli fin da subito al concetto di biodiversità.<br />
• Al rientro in sezione si discute di quanto è stato<br />
fatto e visto fuori. L’insegnante, poi, introduce<br />
la possibilità di coltivare delle radici in classe e<br />
coinvolge i bambini nella progettazione dell’angolo<br />
in cui mantenere le piantine.<br />
• Per monitorare la crescita delle radici durante<br />
la formazione di talee si immergono in acqua,<br />
in appositi contenitori, rami potati da piante<br />
diverse. Parti di piante alimentari (patata, cipolla,<br />
ravanello) sono invece mantenute al pelo<br />
dell’acqua, sorrette da lunghi stuzzicadenti.<br />
Osservando <strong>per</strong>iodicamente le piantine, i bambini<br />
si accorgono che non tutte sviluppano le<br />
radici nello stesso modo e con la stessa velocità<br />
e che le radici sono morfologicamente diverse<br />
tra loro: ciascuna ha delle peculiarità che la<br />
distingue dalle altre.<br />
• La crescita e i cambiamenti delle radici sono<br />
costantemente documentati sia attraverso la<br />
registrazione delle conversazioni tra insegnante<br />
e bambini, sia attraverso la realizzazione di<br />
un cartellone delle crescite - in cui si riportano<br />
descrizioni e fotografie dei momenti più significativi<br />
- sia attraverso i disegni “dal vero” realizzati<br />
dai bambini. In aggiunta ai disegni si può<br />
proporre la riproduzione delle diverse radici<br />
dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
19
dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
20<br />
Fasi dell’es<strong>per</strong>ienza “Le radici”<br />
Indoor Outdoor<br />
• Avvio e raccolta delle idee.<br />
• Discussione e preparazione<br />
angolo delle piantine<br />
• Coltivazione delle piantine,<br />
osservazioni e monitoraggio.<br />
• Documentazione e attività<br />
artistiche.<br />
utilizzando fili di lana, di cotone e cordine di<br />
diverso spessore da attaccare a un cartoncino.<br />
Scegliendo i fili più adatti i bambini si soffermano<br />
ancora una volta sulle caratteristiche<br />
delle radici e, ancora una volta, si accorgono<br />
<strong>della</strong> diversità di lunghezza, spessore, direzionalità.<br />
• Si conclude l’es<strong>per</strong>ienza con l’impianto in terra,<br />
nell’aiuola dedicata, delle talee che si sono<br />
formate in precedenza. In questo modo, ancora<br />
una volta, si ha la possibilità di ritornare<br />
nell’ambiente <strong>per</strong> nuove osservazioni, non più<br />
delle radici, ma delle piantine nella loro totalità.<br />
Ciò può costituire uno spunto <strong>per</strong> ulteriori<br />
es<strong>per</strong>ienze mirate ad osservare altri organi e<br />
altri aspetti delle piante.<br />
3. La Vanessa dell’ortica<br />
• A caccia di radici.<br />
• Impianto in terra e<br />
osservazione delle<br />
piante in ambiente.<br />
Conversazione tra insegnante e bambini<br />
D: Guardate la menta … le radici sono cresciute tanto.<br />
G: Sono bianchissime … e sottili sottili. Dobbiamo stare<br />
attenti a toccarle, sennò si rompono.<br />
El: Guardate le cipolle. I germogli sono cresciuti ancora!<br />
F: Sì, ma sotto ci sono anche delle radici bianche.<br />
El: Sono bianche come quelle <strong>della</strong> menta, <strong>per</strong>ò sono<br />
più grosse.<br />
Ins: E le altre piantine?<br />
D: Non è successo ancora nulla … ci vuole pazienza.<br />
M: La menta è stata veloce, ma non tutte le piantine<br />
crescono insieme.<br />
F: Eh sì, <strong>per</strong>ché sono tutte piantine diverse.<br />
Argomento<br />
Quando si sceglie di allevare piccoli animali in<br />
classe la fase di preparazione è particolarmente<br />
importante. Occorre pensare e progettare con<br />
cura l’ambiente in cui dovrà essere mantenuto<br />
l’animale, occorre studiare attentamente le sue<br />
esigenze, l’ambiente in cui vive e le relazioni che<br />
esso instaura. Come illustrano anche Gambini,<br />
Galimberti e Borgo, proporre ai bambini lo studio<br />
di un particolare animale, tenendolo <strong>per</strong> un po’ di<br />
tempo in classe, è molto importante e utile ai fini<br />
<strong>della</strong> comprensione di alcune sue caratteristiche<br />
biologiche, del suo ciclo vitale, dei suoi comporta-<br />
menti, ecc. Tuttavia è fondamentale non escludere<br />
il legame con il contesto naturale in cui l’animale<br />
vive. Questo legame deve essere mantenuto vivo<br />
e ripreso durante l’es<strong>per</strong>ienza di allevamento. Le<br />
relazioni alimentari sono un aspetto pregnante di<br />
questo intrico di interazioni. La strettissima relazione<br />
tra animale e fonte di cibo è ben evidente nel<br />
caso <strong>della</strong> Vanessa (come <strong>per</strong> molti insetti), che,<br />
allo stadio larvale, si nutre esclusivamente di foglie<br />
di ortica. Diverse uscite presso un orticaio vicino<br />
alla scuola consentono non solo di responsabilizzare<br />
i bambini nel mantenere e prendersi cura<br />
degli animali, ma anche di tornare di continuo<br />
alla visione d’insieme dell’ambiente naturale delle<br />
larve e associare, quindi, quanto osservato in classe<br />
a quanto avviene in natura. Ancora meglio sarebbe<br />
allestire un giardino dotato delle piante nutrici <strong>della</strong><br />
Vanessa, sia allo stadio larvale che a quello adulto.<br />
Questo consentirebbe di liberarvi le farfalle “nate”<br />
in sezione, assistere al loro accoppiamento, andare<br />
alla ricerca di crisalidi e uova e vedere le larve<br />
appena nate. Si potrebbero così individuare e ricostruire<br />
nell’ambiente naturale alcuni componenti e<br />
le loro relazioni osservati nella fase di “laboratorio”<br />
allestita in classe.<br />
Ambienti di apprendimento<br />
All’interno <strong>della</strong> classe va predisposto un angolo<br />
luminoso (ma non esposto alla luce diretta del sole)<br />
in cui posizionare una o più teche <strong>per</strong> mantenere le<br />
larve. L’angolo deve essere sufficientemente ampio<br />
<strong>per</strong> consentire l’osservazione ai diversi gruppi di<br />
bambini e la sua fruizione deve essere regolata da<br />
regole specifiche concordate insieme ai bambini.<br />
Particolare cura va data anche alla realizzazione<br />
delle teche: occorre prevedere un soffitto e delle<br />
pareti fatti di tulle <strong>per</strong> far sì che le larve possano<br />
aggrapparsi e impuparsi, una base rivestita di carta<br />
assorbente (facilmente sostituibile se si sporca), un<br />
vasetto <strong>per</strong> contenere i rametti di ortica.<br />
L’ambiente outdoor è costituito da un orticaio<br />
o, meglio ancora, da un piccolo giardino ricco<br />
di piante che con i loro fiori attirino le farfalle e,<br />
ovviamente, di ortiche le cui foglie serviranno da<br />
nutrimento <strong>per</strong> le larve.<br />
Fasi dell’es<strong>per</strong>ienza<br />
• Un modo creativo <strong>per</strong> avviare il lavoro potrebbe<br />
essere quello di proporre l’osservazione di alcune<br />
diapositive proiettate in sequenza, ciascuna delle<br />
quali presenti via via un particolare in più del<br />
corpo di una farfalla (<strong>per</strong> esempio, con la prima<br />
si proietta sul muro l’ombra di un’ala, con la seconda<br />
due ali e così via).<br />
• Le osservazioni avvengono a piccoli gruppi <strong>per</strong><br />
consentire a tutti di osservare con attenzione,<br />
di accorgersi dei cambiamenti degli animali, dei<br />
n. 1 • settembre 2013 • anno CI
loro comportamenti, <strong>della</strong> loro diversità. Quotidianamente<br />
si chiede ai bambini di raccontare<br />
ciò che vedono, ponendo domande-stimolo qualora<br />
lo si ritenga opportuno. Ogni volta che nelle<br />
teche succede qualcosa di speciale (<strong>per</strong> esempio<br />
quando si nota la prima cacca, quando si forma<br />
la prima crisalide, quando questa cambia di<br />
colore…) si chiede ai bambini di rappresentare<br />
graficamente l’evento. Ovviamente <strong>per</strong> tutta la<br />
durata dell’es<strong>per</strong>ienza è necessario uscire frequentemente<br />
sul campo <strong>per</strong> raccogliere foglie di<br />
ortica fresche.<br />
• Parallelamente all’osservazione si possono proporre<br />
altre attività, <strong>per</strong> esempio la drammatizzazione.<br />
In questo caso si chiede ai bambini di immedesimarsi<br />
nei bruchi e di cercare il cibo, fare<br />
la muta e diventare bruchi più grandi, trasformarsi<br />
in crisalidi e così via. Un’altra attività che<br />
si può proporre è la realizzazione di un modello<br />
tridimensionale di bruco e farfalla utilizzando<br />
il pongo, il cartoncino, le bottiglie di plastica, i<br />
colori.<br />
• L’es<strong>per</strong>ienza si conclude con la realizzazione di<br />
un prodotto collettivo, <strong>per</strong> esempio un libro in<br />
cui inserire disegni, materiale seccato, fotografie,<br />
commenti trascritti dall’insegnante. Questo<br />
prodotto può essere utilizzato <strong>per</strong> riflettere e<br />
fissare nella memoria l’es<strong>per</strong>ienza, <strong>per</strong> capire<br />
l’importanza del ripensare a quello che si fa, del<br />
far diventare prodotto culturale anche l’osservazione<br />
divertita e attenta di un animale ospitato<br />
in classe <strong>per</strong> un certo <strong>per</strong>iodo.<br />
Fasi dell’es<strong>per</strong>ienza “La Vanessa dell’ortica”<br />
Indoor Outdoor<br />
• Avvio e raccolta delle idee.<br />
• Allevamento di Vanesse,<br />
osservazioni, monitoraggio,<br />
documentazione.<br />
• Attività parallele.<br />
• Realizzazione di un prodotto<br />
collettivo.<br />
n. 1 • settembre 2013 • anno CI<br />
• Raccolta delle foglie<br />
di ortica.<br />
• Liberazione delle<br />
farfalle, osservazioni<br />
e nuove raccolte.<br />
• Via via che le farfalle nascono, occorre liberarle<br />
<strong>per</strong> evitare che si feriscano nello spazio ristretto<br />
delle teche. Se si è avuta la possibilità di allestire<br />
un apposto giardino, è possibile ritornarci<br />
frequentemente <strong>per</strong> osservare le farfalle adulte,<br />
l’eventuale corteggiamento e, se si ha fortuna,<br />
anche <strong>per</strong> scovare le successive uova e larve.<br />
<strong>per</strong> approfondire<br />
A. Antonietti, Contesti di sviluppo-apprendimento<br />
come scenari di scuola, in C. Scurati (a cura di),<br />
Infanzia scenari di scuola, Editrice La scuola,<br />
Brescia 2003.<br />
M. Bersisa, Il laboratorio di scienze: tecniche e<br />
attrezzature, in V. Alfieri, M. Arcà, P. Guidoni, I<br />
modi di fare scienze, IRRSAE Piemonte, Bollati<br />
Boringhieri, Torino 2000, p. 435.<br />
A. Bortolotti, Outdoor education, ovvero alla sco<strong>per</strong>ta<br />
dei (molti) motivi <strong>per</strong> fare scuola all’a<strong>per</strong>to,<br />
“Infanzia”, 6, 2011.<br />
A. Carletti, A. Varani, Ambienti di apprendimento<br />
e nuove tecnologie, Erickson, Trento 2007.<br />
A. Gambini, B. Galimberti, Materiali e spazi tra<br />
fuori e dentro, “Bambini”, 8, 2009.<br />
A. Gambini, B. Galimberti, Ambienti, animali e<br />
piante nella scuola dell’infanzia. Linee-guida <strong>per</strong><br />
progettare e realizzare <strong>per</strong>corsi di biologia con<br />
bambini da 3 a 6 anni, Junior, Bergamo 2010.<br />
A. Gambini, B. Galimberti, V. Borgo, Dai bruchi<br />
alle farfalle, “Bambini”, 4, 2010.<br />
MIUR, Indicazioni <strong>per</strong> il curricolo <strong>della</strong> scuola<br />
dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, Roma<br />
4 settembre 2012. Consultabile in: http://hubmiur.<br />
pubblica.istruzione.it/web/istruzione/prot5559_12<br />
A. Pezzotti, Proposta di analisi pedagogica delle<br />
interazioni che si sviluppano nei forum di un ambiente<br />
di apprendimento virtuale. Il caso del corso<br />
online di didattica <strong>della</strong> biologia. Tesi di Dottorato,<br />
2011. Consultabile presso: http://boa.unimib.it/<br />
handle/10281/19279?mode=full#.UTnVDRxWySo<br />
P. Ritscher, Il giardino dei segreti: organizzare e<br />
vivere gli spazi esterni nei servizi <strong>per</strong> l’infanzia,<br />
Junior, Bergamo 2002, p. 6.<br />
dossier<br />
<strong>Educazione</strong> <strong>scientifica</strong> <strong>per</strong> l’infanzia<br />
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