UN FIUME DI TENEBRE - Longanesi

« Dalla mensola del caminetto manca qualcosa, signore
», riprovò Billy. Si sentiva meglio. L’odore in quella stanza
era meno forte. « Quel segno sulla carta da parati... »
« Un orologio, molto probabilmente », disse Madden
senza voltarsi. « Potrebbero esserci stati altri oggetti. Coppe
d’argento. La domestica lo saprà. »
Fece strada uscendo dallo studio e ripercorse il corridoio,
controllando ogni stanza quando vi passava davanti.
Si fermò soltanto in una, la sala da pranzo, dove i piatti e le
posate della cena della sera prima erano ancora sul tavolo
non sparecchiato.
Alla fine del corridoio c’era una porta a spinta. L’ispettore
la aprì e la superò. Billy, che gli era subito dietro, ebbe
un conato e rischiò di rimettere, assalito da un fetore pungente.
Erano in cucina. Il sole del pomeriggio si riversava
attraverso le finestre prive di tende su un tavolo dove gli
avanzi di un pollo arrosto giacevano su un vassoio accanto
a un prosciutto lucido di grasso. Quando Madden si avvicinò,
una nube di mosche si levò in volo e subito dopo tornò
a posarsi sul cibo. Oltre il tavolo c’era una sedia rovesciata
a terra e appena dietro, sulle lastre di pietra del pavimento,
giaceva il corpo di una donna con la schiena parzialmente
appoggiata alla parete. Brizzolata e paffuta, indossava
una camicetta bianca insanguinata e una gonna blu
scura lunga fino alla caviglia. Il suo volto tradiva un’espressione
sorpresa.
« La bambinaia », mormorò Madden. Scoccò un’occhiata
a Billy, che aveva scelto quel momento per chiudere gli
occhi mentre cercava di controllare lo stomaco in subbuglio.
« Mi dia il suo fazzoletto, agente. »
« Signore? » Billy riaprì gli occhi di scatto.
« Ha un fazzoletto, vero? »
« Sissignore! » Lo consegnò a Madden, che lo inumidì
sotto il lavandino e glielo restituì.
« Se lo metta sul naso, figliolo. »
« La prego, signore, non ho bisogno... »
« Faccia come dico. »
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