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la rivalità tra violino acustico ed elettrico, oppure nel<br />
numero in cui i tre soci aspettano che Ara Malikian esca<br />
di scena per suonare qualche estrosa variazione al brano<br />
introdotto dal leader.<br />
C’è poi l’equivoco, che forma l’ossatura dello strepitoso<br />
numero iniziale in cui gli squilli del cellulare di Malikian<br />
sono scambiati per quelli prodotti dal telefono di un inerme<br />
spettatore. Via via assistiamo al capovolgimento dei ruoli,<br />
alla prova difficile (con gli spettatori sul palco che devono<br />
suonare a tempo), e all’effetto, infallibile, dell’ingenuo<br />
(quando il violinista giovane e bello si innamora di una<br />
spettatrice). All’interno dei singoli numeri si trovano poi<br />
alcune delle migliori trovate appartenenti al repertorio<br />
clownesco/ musicale contemporaneo.<br />
Ad esempio l’applicazione di una punta acuminata all’archetto<br />
del violoncello, per poterlo piantare al suolo come<br />
una lancia, o il percuotere il violino come una batteria, o,<br />
ancora, l’incollarci sul dorso un’armonica a bocca per<br />
poterla suonare quando un classico vira sul bluegrass,<br />
sono riferimenti espliciti alle combinazioni tra strumenti<br />
di famiglie differenti che i bolognesi Microband portano<br />
avanti dagli anni Ottanta del secolo scorso; e le ridicole<br />
posture, come le buffe camminate con cui i musicisti<br />
spagnoli coreografano talvolta l’esecuzione di Preludi e<br />
Minuetti, sono vicine a quelle che ci hanno divertito negli<br />
spettacoli di Paul Morocco e Banda Osiris.<br />
Sarebbe errato pensare, però, che Pagagnini sia un’antologia<br />
di effetti già visti. I valori aggiunti che danno singolarità<br />
allo spettacolo sono lo stile dell’interpretazione teatrale,<br />
l’energia acrobatica profusa senza risparmio per un’ora<br />
e mezza e, soprattutto, il lavoro compiuto dal regista sulle<br />
microstrutture. David Ottone, ricordiamolo, è abilissimo<br />
nel ricavare effetti comici sorprendenti dagli oggetti e<br />
dall’analisi di un gesto o un’azione. Il ventennale lavoro<br />
con Yllana ha dimostrato quanto originale sia la sua<br />
capacità di realizzare ogni sorta di variazione comica<br />
partendo da spunti qualsiasi, rendendo esilarante, sempre<br />
e solo con le soluzioni visive, la quotidianità.<br />
“Splash”, visto la scorsa estate al Teatro Alfil di Madrid,<br />
sebbene sia una produzione dei primi anni Novanta è<br />
capace di attirare ancora migliaia di spettatori, tanto è<br />
attuale per qualità stilistiche e forza comica. Il training<br />
acrobatico e vocale che fa esplodere in scena i corpi di<br />
Yllana - macchine comiche che non necessitano di scenografie,<br />
mentre la voce viene usata per produrre effetti<br />
onomatopeici e rumoristici - è il medesimo utilizzato per<br />
la creazione di Pagagnini, dove è stato applicato per<br />
ribaltare le convenzioni concertistiche.<br />
Questa, quindi, la cifra estetica dello spettacolo: l’ennesima<br />
dimostrazione della freschezza inventiva e dell’aggressiva<br />
determinazione che animano il moderno teatro comico<br />
spagnolo.<br />
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