La Signora Franconi, di una famiglia friulana Chapiteaux sul Noncello Il circo a Pordenone di Valeria Bolgan
La giovane ricercatrice ha realizzato per Eventi, periodico di costume locale il pezzo che pubblichiamo. Un’importante e corretta contestualizzazione dell’impresa circense nel panorama storico dello spettacolo nel capoluogo di provincia friulano. Nell’universo spettacolare, se visto con gli occhi di oggi, probabilmente, quello meno noto, meno frequentato, meno ammirato è racchiuso all’interno del cosiddetto chapiteau: il circo. L’esistenza di una legge, la n. 337 del 18 marzo 1968 che, all’art. 9 fa obbligo alle amministrazioni comunali di compilare un elenco delle “aree disponibili per l’installazione delle attrezzature” definisce una sorta di must giuridico nella quale si impiglia una realtà che non c’è, almeno a Pordenone, almeno non più. Se partiamo dal presupposto che la medesima legge, al suo art. 1 riconosce la “funzione sociale del circo e dello La richiesta di Fischer spettacolo viaggiante”, risulterebbe ovvio pensare di ricollocare nel suo esatto posto nella scala dei valori, la funzione del circo che vive nel cuore stesso della cultura. Tra i Principi fondamentali dettati dalla Costituzione italiana, al n. 9 leggiamo “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Forse inconsapevolmente, non ci rendiamo conto che, in fondo, il circo ha una storia scritta nella notte dei tempi, che la fa entrare di diritto nel patrimonio storico e artistico di cui sopra, i suoi artisti ne sono l’esempio, nel momento in cui riconosciamo gli acrobati che divertono le corti imperiali asiatiche di centinaia di anni fa, i giocolieri e i funamboli allietano le piazze nel periodo medievale, i clown sono stati gli ispiratori perfino di Shakespeare, il cavallo ne ha dato l’eleganza, giustificando il carattere equestre mai celato dai grandi complessi viaggianti, come tributo ad una delle tre anime circensi, accanto all’acrobazia e alla clownerie, i poeti più grandi si sono rifugiati tra quelle pareti di tela, Flaubert, Baudelaire, Verlaine, Brecht, Picasso si è ispirato agli acrobati, Toulouse-Lautrec ai cavallerizzi, e poi ancora Chagall, Chaplin, Beckett, Marinetti, Fellini, Stan Laurel & Oliver Hardy, i Fratelli Marx. Si potrebbe continuare con una lista infinita, si potrebbe addirittura citare un pordenonese Doc che impiglia la clownerie nei suoi colori, il figlio di un clown che risponde al nome di Florian. In quella segatura è scritta una leggenda dedicata alla cultura, il cui fondamento viene riconosciuto dalla storia proprio nel nostro Stato: colui che consolidò la formula “astleyana” di circo equestre nel Continente, era italiano, friulano, nello specifico, e rispondeva al nome di Franconi. La differenza temporale rispetto al passato, permette di evidenziare, oggi, una notevole carenza di spettacoli viaggianti nell’area pordenonese. Ma la ricerca d’archivio dimostra come, negli anni che furono, i cittadini di una Portus Naonis di inizio secolo poterono ampiamente godere di spettacoli e di- 23