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"Pinocchio, ma dove vai?" cantava il bambino di anni<br />
quattro nel suo regno, una carrozza di un treno effesse di<br />
seconda classe, dove c'ero pure io. Io che scruto il finestrino,<br />
non il paesaggio che c'è dietro, solo il finestrino. Non<br />
bisogna andare oltre le cose, bisogna andare alle cose.<br />
Dietro di me, ben chiusi nello scompartimento, un uomo e<br />
una donna giocano a scacchi. Cerco di farmi notare, quasi<br />
quasi inserisco una mano e sposto un cavallo, un alfiere...<br />
Mi accontento anche di una semplice pedina, di un<br />
valvassore, va bene anche il popolo minuto, ma i due non mi<br />
hanno nemmeno visto e io in fondo odio gli scacchi.<br />
Preferisco la dama, conosco tutti i trucchi per pareggiare.<br />
Il bambino di anni quattro scorazza ancora libero nel<br />
corridoio, non fa altro che fermarsi davanti ai sedili<br />
estraibili, aprirli, metterci dentro insignificanti pezzetti di<br />
carta bianca e richiuderli soddisfatto.<br />
È il modo più splendido di attraversare il tempo.<br />
"Pinocchio, ma dove vai?".<br />
Il libro comincia a fare conoscenza col fuoco. La morte.<br />
L'inizio. Pezzi sparsi su un contaminato di tassio. Così<br />
dovrebbe essere, sempre.<br />
Come diceva tua nonna Filomena...<br />
Lascia che le cose siano equivoche, sii tu stesso un<br />
equivoco...<br />
il bambino di anni quattro scorazza ancora libero nel<br />
corridoio, non fa altro che... lambirmi come gheisha<br />
stagionata a salutarmi di coscia, e sedurmi col suo alito<br />
leareano...<br />
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