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Il plasma orfico della Ciudad scendeva e saliva le scale del<br />
metro Cuauhtemoc nel putridume dei venditori di fiori e di<br />
forbici e di parti di gomma improbabile e di flor di calavaza<br />
del mese scorso...<br />
Nel corazon mismo di Babylonia gli uomini solo sono cellule<br />
incoscienti di un flusso instabile e perentorio, che ti avventa<br />
dietro le sbarre in men che non si dica, la Ciudad incarcerata<br />
e irremovobile, la metropoli che ha bisogno di camminare<br />
per non rimanere paralitica...<br />
Se solo uno di noi si fermasse per un istante e riuscisse a<br />
intravedesse se stesso di fronte alla metafora indelebile e<br />
improducibile di questi inferni...<br />
tutto gli apparterrebbe...<br />
e allora sì che lo potrebbe gridare a tutta gola...<br />
Non dobbiamo tendere alla sparizione dei corpi, ma alla loro<br />
moltiplicazione spaziale e temporale, come se potessimo<br />
lanciare da aerei-fantasma tendini, spasimi, caviglie, toraci e<br />
femori, cervelletti vagine e corazoni, sparpagliandoli nel<br />
mondo come volantes pubblicitari...<br />
preferibilmente cielo o pozza o linea sudorifica della Ruta 21<br />
...che sarebbe allora più facile dimenticare la infraumanità e<br />
detenere la subordinazione a tal punto che il corpo intero,<br />
frammentato, potrebbe allora sì accasciarsi esanime...<br />
solo lo storpio continuerebbe a camminare a terra con le sue<br />
mani sagrade, facendosi largo nella carrozza 02145 linea<br />
numero uno direzione Pantitlan, vivo, unico, cantando la sua<br />
fatidica canzone tra i cadaveri in decomposizione...