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Pathologica 4-07.pdf - Pacini Editore

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Periodico bimestrale – POSTE ITALIANE SPA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 conv. in L. 27/02/2004 n° 46 art. 1, comma 1, DCB PISA<br />

Aut. Trib. di Genova n. 75 del 22/06/1949<br />

Vol. 99 - N. 4<br />

Agosto 2007<br />

Censita in Index Medicus<br />

MEDLINE


Direttore Scientifico<br />

Roberto Fiocca, Genova<br />

Codirettore Scientifico<br />

Oscar Nappi, Napoli<br />

Direttore Responsabile<br />

Roberto Bandelloni, Genova<br />

Comitato Scientifico<br />

A. Aguzzi, Zurigo<br />

A. Andrion, Torino<br />

M. Barbareschi, Trento<br />

G. Barresi, Messina<br />

C.A. Beltrami, Udine<br />

F. Bertoni, Bologna<br />

S. Bianchi, Firenze<br />

M. Bisceglia, S. Giovanni Rotondo<br />

G.P. Bulfamante, Milano<br />

G. Bussolati, Torino<br />

F. Callea, Brescia<br />

A. Carbone, Aviano<br />

M.L. Carcangiu, Milano<br />

P. Ceppa, Genova<br />

M. Chilosi, Verona<br />

G. Collina, Bologna<br />

M. Cornaggia, Paderno Dugnano<br />

P. Dalla Palma, Trento<br />

G. De Rosa, Napoli<br />

M. Denk, Graz<br />

R. Dina, Londra<br />

C. Doglioni, Belluno<br />

V. Eusebi, Bologna<br />

G. Faa, Cagliari<br />

F. Facchetti, Brescia<br />

C.D.M. Fletcher, Boston<br />

M.P. Foschini, Bologna<br />

E. Fulcheri, Genova<br />

R. Genta, Ginevra<br />

F. Giangaspero, Roma<br />

G. Kloppel, Kiel<br />

U. Magrini, Pavia<br />

A. Maiorana, Modena<br />

V. Mambelli, Ascoli Piceno<br />

G. Massarelli, Sassari<br />

L. Matturri, Milano<br />

F. Menestrina, Verona<br />

G. Mikuz, Insbruck<br />

G. Monga, Novara<br />

R. Montironi, Torrette – Ancona<br />

M. Papotti, Torino<br />

G. Pettinato, Napoli<br />

S. Pileri, Bologna<br />

S. Pilotti, Milano<br />

J. Prat, Barcellona<br />

L. Resta, Bari<br />

G. Rindi, Parma<br />

F. Roncaroli, Londra<br />

J. Rosai, Milano<br />

R. Rosso, Pavia<br />

L. Ruco, Roma<br />

M. Rugge, Padova<br />

A. Sapino, Torino<br />

P. Scarani, Bologna<br />

A. Scarpa, Verona<br />

F. Sessa, Varese<br />

E. Solcia, Pavia<br />

G. Stanta, Trieste<br />

G. Tallini, Bologna<br />

F. Tanda, Sassari<br />

G. Thiene, Padova<br />

G. Viale, Milano<br />

V. Villanacci, Brescia<br />

G. Zampi, Firenze<br />

Segreteria Redazionale<br />

P. Galloro, Napoli<br />

F. Grillo, Genova<br />

L. Mastracci, Genova<br />

Consiglio Direttivo SIAPEC-IAP<br />

Presidente: O. Nappi, Napoli<br />

Vice Presidente: E. Bucciarelli, Perugia<br />

Segretario: M. Truini, Genova<br />

Past President: V. Ninfo, Padova<br />

Consiglieri:<br />

M. Albrizio, Carbonara di Bari<br />

G. Angeli, Vercelli<br />

A. Bondi, Cesena<br />

G. Caruso, Bari<br />

C. Clemente, Milano<br />

A.P. Dei Tos, Treviso<br />

G. Massarelli, Sassari<br />

G. Taddei, Firenze<br />

S. Uccini, Roma<br />

Rappresentante Soci Aggregati:<br />

T. Zanin, Genova<br />

In copertina:<br />

Il Teatro Anatomico dell’Università<br />

degli Studi di Padova (Palazzo<br />

del Bo)<br />

Censita in Index Medicus - MEDLINE<br />

Vol. 99 - N. 4<br />

Agosto 2007


Informazioni per gli autori<br />

comprese le norme per la preparazione dei manoscritti<br />

<strong>Pathologica</strong>, rivista bimestrale, rappresenta uno strumento per la pubblicazione<br />

dei risultati di ricerche riguardanti i processi patologici in generale<br />

e la patologia umana in particolare. La rivista accetta anche contributi<br />

relativi alla morfologia sperimentale, alle ricerche ultrastrutturali,<br />

alle analisi immunocitochimiche e alla biologia molecolare, ed eventualmente<br />

materiale proveniente da altre discipline, purché fornisca un contributo<br />

alla comprensione della patologia umana. Saranno presi in considerazione<br />

anche articoli relativi all’applicazione di nuove metodologie e<br />

tecniche diagnostiche in ambito patologico.<br />

In una lettera di accompagnamento dell’articolo, firmata da tutti gli Autori,<br />

deve essere specificato che i contributi sono inediti, non sottoposti<br />

contemporaneamente ad altra rivista, ed il loro contenuto conforme alla<br />

legislazione vigente in materia di etica della ricerca.<br />

In caso di sperimentazioni su umani, gli Autori devono attestare che tali<br />

sperimentazioni sono state svolte secondo i principi riportati nella Dichiarazione<br />

di Helsinki (1983); gli Autori sono gli unici responsabili delle<br />

affermazioni contenute nell’articolo e sono tenuti a dichiarare di aver<br />

ottenuto il consenso informato per la sperimentazione e per l’eventuale<br />

riproduzione di immagini. Per studi su cavie animali, gli Autori sono invitati<br />

a dichiarare che sono state rispettate le relative leggi nazionali e le<br />

linee guida istituzionali.<br />

La Redazione accoglie solo i testi conformi alle norme editoriali generali<br />

e specifiche per le singole rubriche. La loro accettazione è subordinata<br />

alla revisione critica di esperti, all’esecuzione di eventuali modifiche<br />

richieste ed al parere conclusivo del Direttore scientifico.<br />

Conflitto di interessi: gli Autori devono dichiarare se hanno ricevuto finanziamenti<br />

o se hanno in atto contratti o altre forme di finanziamento,<br />

personali o istituzionali, con Aziende i cui prodotti sono citati nel testo.<br />

Questa dichiarazione verrà trattata dal Direttore scientifico come una<br />

informazione riservata e non verrà inoltrata ai revisori. I lavori accettati<br />

verranno pubblicati con l’accompagnamento di una dichiarazione ad<br />

hoc, allo scopo di rendere nota la fonte e la natura del finanziamento.<br />

Norme generali per gli Autori<br />

Testo: in lingua italiana o inglese, in triplice copia (gli Autori sono comunque<br />

pregati di conservare copia del materiale inviato), dattiloscritto,<br />

con ampio margine, massimo 25 righe per pagina, con interlinea doppia,<br />

con numerazione delle pagine a partire dalla prima, e corredato di:<br />

1) titolo del lavoro (in italiano ed inglese);<br />

2) riassunto (in italiano ed inglese);<br />

3) parole chiave (in italiano ed inglese);<br />

4) titolo e didascalie delle tabelle e delle figure.<br />

Non si accettano articoli che non siano accompagnati dal relativo dischetto<br />

su cui è registrata l’ultima versione corretta del testo, corrispondente<br />

alla copia dattiloscritta. Il testo deve essere scritto con programmi<br />

Word per Dos o Macintosh: i dischetti devono riportare sull’apposita etichetta<br />

il nome del primo Autore, il titolo abbreviato dell’articolo, il tipo<br />

di sistema operativo (Dos o Macintosh), il programma di scrittura e la<br />

versione, il nome del/i file/s del/i documento/i.<br />

Agli AA. è riservata la correzione ed il rinvio (entro e non oltre 48 ore<br />

dal ricevimento) delle sole prime bozze del lavoro.<br />

Nella prima pagina devono comparire:<br />

il titolo (conciso); le parole chiave (in numero non superiore a 5); i nomi<br />

degli Autori e l’Istituto o Ente di appartenenza; la rubrica cui si intende<br />

destinare il lavoro (decisione che è comunque subordinata al giudizio<br />

del Direttore scientifico); il nome, l’indirizzo, il recapito telefonico<br />

e quello di posta elettronica dell’Autore cui sono destinate la corrispondenza<br />

e le bozze.<br />

Nella seconda pagina comparirà il riassunto e, nelle ultime, la bibliografia,<br />

le didascalie di tabelle e figure e l’eventuale menzione del Congresso<br />

al quale i dati dell’articolo siano stati comunicati (tutti o in parte).<br />

Tabelle: (3 copie), devono essere contenute nel numero (evitando di pre-<br />

sentare lo stesso dato in più forme), dattiloscritte una per pagina e numerate<br />

progressivamente con numerazione romana. Nel testo della tabella<br />

e nella legenda utilizzare, nell’ordine di seguito riportato, i seguenti<br />

simboli: *, †, ‡, §, , **, ††, ‡‡ …<br />

Figure: (3 copie), vanno riprodotte in foto. I grafici ed i disegni possono<br />

essere in fotocopia, purché di buona qualità. Le figure devono essere<br />

numerate e devono riportare sul retro, su un’apposita etichetta, il nome<br />

dell’Autore, il titolo dell’articolo, il verso (alto).<br />

Bibliografia: va limitata alle voci essenziali identificate nel testo con<br />

numeri arabi ed elencate al termine del manoscritto nell’ordine in cui sono<br />

state citate. Devono essere riportati i primi sei Autori, eventualmente<br />

seguiti da et al. Le riviste devono essere citate secondo le abbreviazioni<br />

riportate su Index Medicus.<br />

Esempi di corretta citazione bibliografica per:<br />

Articoli e riviste:<br />

Jones SJ, Boyede A. Some morphological observations on osteoclasts.<br />

Cell Tissue Res 1977;185:387-97.<br />

Libri:<br />

Taussig MJ. Processes in pathology and microbiology. Oxford:<br />

Blackwell 1984.<br />

Capitoli di libri:<br />

Vaughan MK. Pineal peptides: an overview. In Reiter RJ (ed.). The pineal<br />

gland. New York: Raven 1984:39-81.<br />

Ringraziamenti, indicazioni di grants o borse di studio, vanno citati<br />

al termine della bibliografia.<br />

Le note, contraddistinte da asterischi o simboli equivalenti, compariranno<br />

nel testo, a piè di pagina.<br />

Termini matematici, formule, abbreviazioni, unità e misure devono<br />

conformarsi agli standards riportati in Science 1954;120:1078.<br />

I farmaci vanno indicati col nome chimico. Solo se inevitabile potranno<br />

essere citati col nome commerciale (scrivendo in maiuscolo la lettera iniziale<br />

del prodotto).<br />

Norme specifiche per le singole rubriche<br />

Editoriali: sono intesi come brevi considerazioni generali e pratiche su<br />

temi d’attualità. Vengono pubblicate in lingua italiana o inglese, su invito<br />

del Direttore Scientifico. È omesso il riassunto.<br />

Articoli di aggiornamento: sono intesi come sintesi e revisioni critiche<br />

su argomenti di particolare interesse. Sono, di regola, commissionati dal<br />

Direttore Scientifico ma possono anche essere a lui proposti da potenziali<br />

autori. Vengono pubblicate in lingua italiana o inglese. Non devono<br />

superare le 20 pagine dattiloscritte, comprese tabelle, figure e voci bibliografiche.<br />

Didascalie di tabelle e figure a parte. È omesso il riassunto.<br />

Articoli originali: comprendono lavori che offrono un contributo nuovo<br />

o frutto di una consistente esperienza, anche se non del tutto originale, in<br />

un determinato settore. Di regola, vengono pubblicati in lingua italiana,<br />

se di autori italiani, ed in inglese, se di autori esteri. Devono essere suddivisi<br />

in: Riassunto in italiano ed in inglese con parole chiave (key<br />

words) in italiano ed inglese, introduzione, materiale e metodi, risultati,<br />

discussione. Il testo non deve superare le 15 pagine dattiloscritte compresi<br />

iconografia, voci bibliografiche e riassunto (max. 300 parole). Didascalie<br />

di tabelle e figure a parte.<br />

Articoli originali brevi: comprendono brevi lavori (non più di 5 pagine<br />

di testo dattiloscritto) con contenuto analogo a quello degli articoli originali<br />

e come questi suddivisi. Sono ammesse due tabelle o figure e 10<br />

voci bibliografiche. Di regola, vengono pubblicati in lingua italiana, se<br />

di autori italiani, ed in inglese, se di autori esteri.<br />

Casi Clinici: sono accettati solo lavori di interesse didattico e segnala-


zioni rare. La presentazione comprende l’esposizione del caso e una discussione<br />

diagnostica differenziale. Il testo deve essere conciso e corredato,<br />

se necessario, di 2-4 figure o tabelle e di 10 riferimenti bibliografici<br />

essenziali. Di regola, vengono pubblicati in lingua italiana, se di autori<br />

italiani, ed in inglese, se di autori esteri. Il riassunto in italiano ed inglese<br />

(con le relative key words) deve essere di circa 100 parole.<br />

Rubriche: Linee guida e check lists, Citopatologia, Biologia Molecolare,<br />

Immunoistochimica, Informatica, Organizzazione e management, Didattica<br />

e formazione continua, Recensioni di Libri, Notizie Societarie. Il<br />

testo, al massimo di 8 cartelle, dovrà essere in italiano.<br />

Lettere al Direttore Scientifico: possono far riferimento a problemi attuali<br />

di patologia, ad articoli già pubblicati e anche segnalare dati scientifici<br />

originali. Nel secondo caso la lettera sarà preventivamente inviata<br />

agli Autori dell’articolo e l’eventuale risposta degli stessi, pubblicata in<br />

contemporanea. La loro estensione non deve superare le due pagine dattiloscritte,<br />

precedute dal titolo, si possono prevedere una tabella o figura<br />

e 2 o 3 riferimenti bibliografici essenziali. Di regola, vengono pubblicati<br />

in lingua italiana, se di autori italiani, ed in inglese, se di autori<br />

esteri.<br />

Estratti: gli autori di ogni articolo ricevono una copia del fascicolo di<br />

pertinenza. Estratti aggiuntivi possono essere acquistati alle tariffe in vigore<br />

di <strong>Pacini</strong> <strong>Editore</strong>, purché ordinati al momento della restituzione delle<br />

bozze per la stampa finale.<br />

Gli scritti (ed il relativo dischetto) di cui si fa richiesta di pubblicazione<br />

vanno indirizzati, unitamente alla lettera di cessione del copyright, alla<br />

Redazione della Rivista:<br />

dott.ssa Eleonora Lollini<br />

Segreteria Editoriale <strong>Pathologica</strong><br />

<strong>Pacini</strong> <strong>Editore</strong> S.p.A. - via Gherardesca, 56121 Ospedaletto (PI)<br />

Tel. 050 3130283 - Fax 050 3130300<br />

elollini@pacinieditore.it<br />

Per le inserzioni pubblicitarie rivolgersi a:<br />

<strong>Pathologica</strong><br />

<strong>Pacini</strong> <strong>Editore</strong> S.p.A. - via Gherardesca, 56121 Ospedaletto (PI)<br />

Tel. 050 313011 - Fax 050 3130300<br />

mmori@pacinieditore.it<br />

Abbonamenti<br />

<strong>Pathologica</strong> è una rivista bimestrale (ogni anno vengono pubblicati 6 fascicoli.<br />

I prezzi degli abbonamenti annuali per i non Soci sono i seguenti:<br />

Italia € 100; Estero € 110. Prezzo di un singolo fascicolo € 19.<br />

Le richieste di abbonamento ed ogni altra corrispondenza relativa agli<br />

abbonamenti vanno indirizzate a:<br />

<strong>Pacini</strong> <strong>Editore</strong> S.p.A. - via Gherardesca, 56121 Ospedaletto (PI)<br />

Tel. 050 313011 - Fax 050 3130300<br />

abbonamenti@pacinieditore.it<br />

Abbonamenti on line: www.pacinionline.it<br />

Finito di stampare presso le Industrie Grafiche della <strong>Pacini</strong> <strong>Editore</strong> -<br />

Settembre 2007<br />

Norme per l’invio del materiale in formato elettronico<br />

Gli Autori sono invitati ad inviare i manoscritti su dischetto, secondo le seguenti norme:<br />

Testo<br />

- Dischetti: da 3 1/2” in formato MS-DOS, Windows o Macintosh.<br />

- Software: preferibilmente Microsoft Word versione 6.0 o successive. Non utilizzare in nessun caso programmi di impaginazione grafica quali Publisher,<br />

Aldus Pagemaker o Quark X-press. Non formattare il testo in alcun modo (evitare stili, bordi, ombreggiature …)<br />

- Nome del/i file/s: il testo e le singole tabelle devono essere salvati in files separati.<br />

- Etichette: i dischetti devono riportare sull’apposita etichetta il nome del primo Autore, il titolo abbreviato dell’articolo, il tipo di sistema operativo<br />

(Dos o Macintosh), il programma di scrittura e la versione, il nome del/i file/s del/i documento/i.<br />

- Copia cartacea: ogni file deve obbligatoriamente essere accompagnato dalla relativa copia cartacea.<br />

Illustrazioni<br />

- Dischetti: inviare le immagini in files separati dal testo e dalle tabelle. è possibile utilizzare dischetti da 3 1/2”, Iomega Zip o CD.<br />

- Software e formato: inviare immagini esclusivamente in formato TIFF o EPS, con risoluzione minima di 300 ppi e formato di 100 x 150 mm.<br />

- Nome del/i file/s: inserire un’estensione che identifichi il formato del file (esempio: .tif; .eps).<br />

- Etichette: i dischetti devono riportare sull’apposita etichetta il nome dell’Autore, il nome del/i file/s, il formato, le dimensioni e l’eventuale programma<br />

di compressione utilizzato.


Informations for author including editorial standards for<br />

the preparation of manuscripts<br />

Information for authors including editorial standards for the preparation<br />

of manuscripts<br />

<strong>Pathologica</strong> is intended to provide a medium for the communication of<br />

results and ideas in the field of morphological research on human diseases<br />

in general and on human pathology in particular.<br />

The journal welcomes contributions concerned with experimental morphology,<br />

ultrastructural research, immunocytochemical analysis, and<br />

molecular biology. Reports of work in other fields relevant to the understanding<br />

of human pathology may be submitted as well all papers on the<br />

application of new methods and techniques in pathology. The official<br />

language of the journal is Italian. Articles from foreign authors will be<br />

published in English.<br />

A separate covering letter, signed by every Author, must state that the<br />

material submitted has not been previously published, and is not under<br />

consideration (in whole or in part) elsewhere, and that it is conform with<br />

the regulations currently in force regarding research ethics. If an experiment<br />

on humans is described, a statement must be included that the work<br />

was performed in accordance with the principles of the 1983 Declaration<br />

of Helsinki. The Authors are solely responsible for the statements made<br />

in their paper, and must state that they have obtained the informed consent<br />

of patients for their participation in the experiments and for the reproduction<br />

of photographs. For studies performed on laboratory animals,<br />

the authors must state that the relevant national laws or institutional<br />

guidelines have been adhered to.<br />

Only papers that have been prepared in strict conformity with the editorial<br />

norms outlined herein will be considered for publication. Their eventual<br />

acceptance is conditional upon a critical assessment by experts in the<br />

field, the implementation of any changes requested, and the final decision<br />

of the Editor-in-Chief.<br />

Conflict of Interests: in the letter accompanying the article, Authors<br />

must declare if they got funds, or other forms of personal or institutional<br />

financing – or even if they are under contract – from Companies<br />

whose products are mentioned in the article. This declaration will be<br />

treated by the Editor-in-Chief as confidential, and will not be sent to the<br />

referees. Accepted works will be published accompanied by a suitable<br />

declaration, stating the source and nature of the financing.<br />

General instructions<br />

The text must be written in either Italian or English, and furnished in<br />

three copies (anyway, Authors are invited to keep copy of every material),<br />

typewritten with ample margins, 25 lines per page. The pages should<br />

be numbered, beginning with the first page. The paper must include:<br />

(1) a title (in both Italian and English);<br />

(2) an abstract (in both Italian and English);<br />

(3) a set of key words (in both Italian and English);<br />

(4) titles and legends for all of the tables and figures.<br />

Upon request by the authors and after the final acceptation of the manuscript,<br />

the Italian translation of the title, key words and abstract can be<br />

provided by the Scientific Direction.<br />

Submissions will not be accepted unless they include a copy of the latest<br />

version of the text, corresponding exactly with the typewritten copy, on<br />

diskette prepared using a Word for DOS or Macintosh programme.<br />

Diskettes should be labelled with the last name of the first author, an abbreviated<br />

title of the manuscript, computer type, word processing programme<br />

and version, and file name(s) of the document(s).<br />

The Authors are required to correct and return (within 48 hours of their<br />

being sent) the first set of galley proofs of their paper.<br />

On the first page of the manuscript should appear:<br />

A concise title; a set of key words (no more than 5); the names of the<br />

authors and the institution or organisation to which each author is affiliated;<br />

the category under which the authors intend the work to be<br />

published (although the final decision here rests with the Editor-in-<br />

Chief); and the name, mailing address, and telephone and fax numbers<br />

of the author to whom correspondence and the galley proofs should be<br />

sent.<br />

The second page should contain the abstract. At the end of the text<br />

should appear the bibliography, the legends to the tables and figures, and<br />

specification (where applicable) of the congress at which all or part of<br />

the data in the paper may have already been presented.<br />

Tables (in 3 copies) must be limited in number (the same data should not<br />

be presented twice, in both the text and tables), typewritten one to a page,<br />

and numbered consecutively with Roman numbers. In the text and legend<br />

of the tables, Authors must use, in the exact order, the following<br />

symbols: *, †, ‡, , **, ††, ‡‡ …<br />

Figures in the form of photographs must be provided in 3 original<br />

copies, labelled and numbered on the back, with the indication of the Author,<br />

of the title of the article and of the top of the picture.<br />

The bibliography must be limited to the most essential and relevant references,<br />

identified in the text by Arabic numbers and listed at the end of<br />

the manuscript in the order in which they are cited. The format of the references<br />

in the bibliography section should conform with the examples<br />

provided in N Engl J Med 1997;336:309-15. The first six Authors must<br />

be indicated, followed by et al. Journals should be cited according to the<br />

abbreviations reported on Index Medicus.<br />

Examples of the correct format for bibliographic citations:<br />

Journal articles<br />

Jones SJ, Boyede A. Some morphological observations on osteoclasts.<br />

Cell Tissue Res 1977;185:387-97.<br />

Books<br />

Taussig MJ. Processes in pathology and microbiology. Oxford: Blackwell<br />

1984.<br />

Chapters from books<br />

Vaughan MK. Pineal peptides: an overview. In Reiter RJ (ed.). The<br />

pineal gland. New York: Raven 1984:39-81.<br />

Acknowledgements and the citation of any grants or other forms of<br />

financial support should be provided after the bibliography.<br />

Notes to the text, indicated by an asterisks or similar symbols, should appear<br />

at the bottom of the relevant page.<br />

Mathematical terms and formulae, abbreviations, and units of measure<br />

should conform to the standards set out in Science 1954;120:1078.<br />

Drugs should be referred to by their chemical name; the commercial<br />

name should be used only when absolutely unavoidable (capitalizing the<br />

first letter of the product name).<br />

Specific instructions for the various categories of papers<br />

Editorials: short general and/or practical papers on topical subjects invited<br />

by the Editor-in-Chief. They are published either in Italian or English.<br />

No abstract is requested.<br />

Updates: They can be invited by the Editor-in-Chief. Papers should not<br />

exceed 20 printed pages, including tables, illustrations and references.<br />

They are published either in Italian or English. No abstract is needed.<br />

Original articles: specially written-up articles which present original observations,<br />

or observations deriving from a relevant experience (though<br />

not fully original) in a specific field. They are published either in Italian<br />

or English. The text is to be composed in Abstract (in Italian and English),<br />

Key Words (in Italian and English), Introduction, Material and<br />

Methods, Results and Discussion. They should not exceed 15 printed<br />

pages including illustrations, references and abstract (max. 300 words).<br />

Case reports will be considered for publication only if they describe very<br />

rare cases or are of particular didactic interest. They are published either<br />

in Italian or English. The presentation should include a clear exposition<br />

of the case and a discussion of the differential diagnosis. The text must<br />

be concise, and furnished with no more than 2 or 4 figures or tables, and<br />

with 10 essential bibliographic references. The abstract (in Italian and


English) should be approximately 100 words in length; key words in Italian<br />

and English should be inserted.<br />

Special sections: Guidelines and Check Lists, Cytopathology, Molecular<br />

Biology, Immunohistochemistry, Informatics, Organization and Management,<br />

Medical Education, Book Reviews and Society News. They are<br />

published in Italian and the text should not exceed 8 printed pages.<br />

Letters to the Editor: They should focus on particularly relevant and exciting<br />

topics in the field of pathology, already published articles or present<br />

original data. When referring to already published articles, the letter<br />

will be sent to the authors of the articles and their reply published in the<br />

same issue. They should not exceed two manuscript pages with one table<br />

or figure and 2-3 references. They are published either in Italian or English.<br />

Reprints<br />

Reprints may be ordered at cost price when page proofs are returned.<br />

<strong>Pacini</strong> <strong>Editore</strong> will supply the corresponding author with one free copy<br />

of the relevant issue.<br />

Manuscripts (together with a copy on diskette) should be forwarded to:<br />

dott.ssa Eleonora Lollini<br />

Segreteria Editoriale <strong>Pathologica</strong><br />

<strong>Pacini</strong> <strong>Editore</strong> S.p.A. - via Gherardesca, 56121 Ospedaletto (PI), Italy<br />

Tel. 050 3130283 - Fax 050 3130300<br />

elollini@pacinieditore.it<br />

Applications for advertisement space should be directed to:<br />

<strong>Pathologica</strong><br />

<strong>Pacini</strong> <strong>Editore</strong> S.p.A. - via Gherardesca, 56121 Ospedaletto (PI), Italy<br />

Tel. +39 050 3130237<br />

Fax +39 050 3130300<br />

E-mail: mmori@pacinieditore.it<br />

Subscription information<br />

<strong>Pathologica</strong> publishes six issues per year.The annual subscription rates<br />

for non-members are as follows:<br />

Italy € 100; all other countries € 110.<br />

This issue € 21.<br />

Subscription orders and enquiries should be sent to:<br />

<strong>Pathologica</strong><br />

<strong>Pacini</strong> <strong>Editore</strong> S.p.A. - via Gherardesca, 56121 Ospedaletto (PI), Italy<br />

Tel. +39 050 3130237<br />

Fax +39 050 3130300<br />

E-mail: abbonamenti@pacinieditore.it<br />

On line subscriptions: www.pacinionline.it<br />

Printed by <strong>Pacini</strong> <strong>Editore</strong> - September 2007<br />

Guidelines for electronic submission<br />

Text<br />

- Storage medium: 3 1/2” diskettes in MS-DOS, Windows or Macintosh format.<br />

- Software: Word 6.0 or following versions are preferred. Do not use desktop publishing programmes such as Aldus Pagemaker, Quark X-Press or<br />

Publisher. Refrain from complex formatting.<br />

- File names: submit the text and tables of each manuscript in a single file.<br />

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(if any).


Speaker presentations<br />

CONTENTS<br />

Professione rivisitata - Parte prima page 91<br />

La parola alle industrie “ 93<br />

Gli incontri imprevisti al microscopio “ 94<br />

Slide Seminar Juniores. Le neoplasie uroteriali: approccio classificativo “ 98<br />

Slide Seminar Seniores. FNAB tiroideo: criteri citologici di malignità del carcinoma papillare “ 102<br />

Progressi in Cardiopatologia “ 103<br />

Linfomania “ 106<br />

Carcinoma della mammella “ 111<br />

Trapianti d’organo “ 114<br />

Patologia infiammatoria intestinale - Tavola rotonda: le diagnosi inutili, coliti non ibd, malattia celiaca “ 117<br />

Patologia neoplastica intestinale “ 118<br />

Patologia pancreatica “ 119<br />

Giornata siapec-iap di Citologia Diagnostica “ 122<br />

Strumenti di management per la gestione di un servizio di Anatomia Patologica “ 127<br />

Patologia iatrogena “ 128<br />

Il nodulo epatico: non così semplice “ 131<br />

Free Papers page 133<br />

Posters<br />

Applicazioni tecnologiche in A.P. page 155<br />

Cardiopatologia “ 160<br />

Citopatologia “ 163<br />

Controllo di qualità A.P. “ 172<br />

Dermopatologia “ 174<br />

Diagnostica “ 182<br />

Immunoistochimica “ 184<br />

La formazione dell’anatomopatologo “ 186<br />

Miscellanee “ 187<br />

Neuropatologia “ 192<br />

Patologia dei tessuti molli “ 197<br />

Patologia dei trapianti “ 203<br />

Patologia del sistema emolinfopoietico “ 205<br />

Patologia dell’apparato digerente “ 214<br />

Patologia dell’apparato respiratorio “ 225<br />

Patologia dell’apparato uro-genitale “ 230<br />

Patologia delle sierose “ 253<br />

Patologia iatrogena “ 255<br />

Patologia mammaria “ 256<br />

Patologia molecolare “ 266<br />

Patologia orale “ 272<br />

Patologia ossea “ 277<br />

Patologia pediatrica “ 279<br />

Patologia prenatale e neonatale “ 281<br />

Problematiche correlate al management “ 287<br />

Problematiche medico-legali “ 289<br />

Target therapy “ 290<br />

Authors index “ 293


SPEAKER PRESENTATIONS


PATHOLOGICA 2007;99:91-92<br />

Professione rivisitata - Parte prima<br />

Eterogeneità della refertazione tra patologi<br />

A. Russo, L. Bisanti<br />

ASL Città di Milano, Servizio di Epidemiologia<br />

La refertazione per un anatomo-patologo è l’esito di un processo<br />

strutturato in tre fasi: la manipolazione del materiale<br />

biologico, l’elaborazione delle informazioni ricavate dall’osservazione<br />

macroscopica e microscopica e l’integrazione di<br />

tutto questo con i dati clinici.<br />

La fase di manipolazione del materiale biologico – riduzione,<br />

campionamento, inclusione, taglio, colorazione – è soggetta<br />

a rigidi protocolli in assenza dei quali verrebbe meno la replicabilità<br />

dell’osservazione e l’universalità del giudizio. Le<br />

due fasi successive invece, basate su capacità cognitivo-analitiche<br />

soggettive – ritenute dal patologo, a torto o a ragione,<br />

preminenti rispetto alla replicabilità e alla universalità –<br />

sfuggono alla riconduzione a norme generando una variabilità<br />

ed una eterogeneità di linguaggi e, per conseguenza, di<br />

paradigmi diagnostici. L’esigenza di standardizzare le procedure<br />

di refertazione è però avvertita dai patologi come rimedio<br />

alla separazione, altrimenti inevitabile, dalla scienza<br />

sempre più tecnologica e globale. Questo spiega la sempre<br />

maggiore produzione di linee guida alla refertazione – specifiche<br />

per sede nel caso dei tumori – che distinguono il contenuto<br />

informativo del referto in indispensabile e facoltativo<br />

come compromesso tra artigianalità creativa e uniformità<br />

produttiva proprie del loro mestiere. Un grande sforzo è stato<br />

compiuto dalla Association of Directors of Anatomic and<br />

Surgical Pathology (ADASP) che per un cospicuo numero di<br />

sedi tumorali ha prodotto linee guida per la refertazione.<br />

Il Registro dei Tumori di Milano ha di recente prodotto le prime<br />

stime di incidenza riferite alla popolazione cittadina (circa<br />

1.300.000 abitanti) ed ha ottenuto l’accreditamento dell’Associazione<br />

Italiana dei Registri Tumori (AIRTum) e dell’International<br />

Agency for Research on Cancer di Lione<br />

(IARC-WHO). Il registro ha prodotto l’incidenza per gli anni<br />

1999-2002 ed entro il prossimo anno estenderà la rilevazione<br />

fino al 2006.<br />

La disponibilità di sistemi informativi sempre più completi<br />

ed efficienti ha reso possibile lo sviluppo di Registri informatizzati<br />

per il riconoscimento automatico dei casi incidenti.<br />

L’identificazione automatizzata richiede l’attivazione di<br />

complesse procedure di linkage di basi di dati amministrativi<br />

con basi di dati sanitari; tra quest’ultime sono prioritarie il<br />

Registro delle Cause di Morte (RCM), il Registro delle Schede<br />

di Dimissione Ospedaliera (RSDO) ed i Registri di attività<br />

dei Servizi di Anatomia Patologica (RSAP).<br />

Tutti i quattordici Servizi di Anatomia Patologica di Milano<br />

collaborano con il Registro dei Tumori fornendo periodicamente<br />

i dati dei loro archivi elettronici dei referti corredati<br />

dalle codifiche in SNOMED. È stato quindi possibile costituire<br />

un archivio che contiene circa 3 milioni di referti di anatomia<br />

patologica, 500.000 dei quali riferiti a tumori insorti in<br />

soggetti residenti a Milano. Unitamente alle attività di acquisizione<br />

e consolidamento degli archivi elettronici è stato avviato<br />

un panel di patologi e registratori con la finalità di concordare<br />

attività di revisione e di ricerca. Dopo aver preso atto<br />

della grande eterogeneità della refertazione dei tumori a<br />

Milano è stato deciso: 1) di verificare quantitativamente in<br />

ogni centro di anatomia patologica lo scostamento dai criteri<br />

suggeriti da ADASP per la refertazione; 2) di analizzare l’esito<br />

della prima attività per individuare i punti più critici delle<br />

difformità; 3) elaborare protocolli condivisi di refertazione.<br />

Nel corso della relazione saranno illustrati i risultati della<br />

prima fase del progetto facendo riferimento come case studies<br />

alle refertazione dei tumori della mammella, del colon e<br />

del polmone.<br />

La sicurezza in laboratorio: norme,<br />

precauzioni, prevenzione, responsabilità<br />

A. Colombi<br />

Servizio di Prevenzione e Protezione, Azienda Ospedaliera<br />

San Paolo, Milano<br />

Lo studio dei possibili effetti sulla salute conseguenti a condizioni<br />

di lavoro insalubri si è avvalso nel tempo delle informazioni<br />

fornite dall’osservazione clinica, e più recentemente<br />

dell’indagine epidemiologica, e delle evidenze della sperimentazione<br />

animale. Con il termine “Medicina Preventiva”<br />

va oggi intesa una disciplina largamente composita che fa<br />

propria la cultura ed i mezzi tecnici, oltre che della clinica,<br />

anche della tossicologia, della biochimica, della fisiologia,<br />

della psicologia e soprattutto dell’igiene del lavoro. La rilevazione<br />

nel tempo degli effetti dannosi, abbinata alla conoscenza<br />

delle caratteristiche dell’esposizione nelle sue componenti<br />

di durata ed intensità, permette di verificare la esistenza<br />

di conseguenze indesiderate, cogliere le alterazioni precoci<br />

dello stato di salute e definire condizioni di esposizione<br />

non nocive o quantomeno “socialmente accettabili”. L’insieme<br />

di queste informazioni costituisce la premessa per svolgere<br />

una reale azione preventiva e per verificare la validità<br />

delle scelte tecniche e sanitarie adottate per la tutela della salute<br />

dei lavoratori.<br />

Nelle attività di Laboratorio dei Servizi di Anatomia Patologica<br />

sono utilizzate numerose sostanze e i prodotti chimici<br />

pericolosi che possono comportare l’insorgenza di danni alla<br />

salute dei lavoratori e che comportano quindi l’adozione di<br />

Misure di sicurezza, interventi di prevenzione e protezione<br />

da mettere in atto per limitare il Rischio Chimico. Tra i tanti,<br />

il più rilevante, anche se apparentemente il più banale, è<br />

quello di disporre di opportuno elenco, suddiviso per singolo<br />

laboratorio, di tutte le sostanze in uso con le quantità dei singoli<br />

prodotti utilizzate annualmente ed il numero di confezioni<br />

giacenti in reparto in uso o in magazzino. Le sostanze<br />

devono essere catalogate secondo le indicazioni di pericolo,<br />

frasi di rischio e i consigli di prudenza, rilevate dall’etichettatura<br />

o tratte dalle schede di sicurezza fornite dal produttore.<br />

Ogni laboratorio deve essere provvisto di scaffali, armadi,<br />

mobiletti con anta, mensole dei banconi di lavoro, frigoriferi<br />

e armadi antincendio per sostanze infiammabili in cui sono<br />

tenute in deposito le sostanze chimiche utilizzate. Poiché i<br />

prodotti chimici vengono utilizzati sia in procedimenti manuali<br />

che in specifici macchinari a ciclo chiuso, potrà risultare<br />

diversa l’entità e la frequenza dell’esposizione allo stesso<br />

agente a seconda delle condizioni di uso. Ai fini preventivi risulta<br />

inoltre necessario diffondere una Informazione sui rischi<br />

(in ogni laboratorio deve essere disponibile, per la consultazione<br />

da parte degli operatori, l’elenco delle sostanze in<br />

uso e devono essere affissi i simboli e le indicazioni riporta-


92<br />

te sull’etichetta delle sostanze e dei preparati pericolosi), disporre<br />

di Mezzi di protezione collettiva (quali cappe di aspirazione<br />

fissa), di Dispositivi di protezione individuale (guanti<br />

in latice monouso, camici in stoffa, camici in stoffa di tipo<br />

chirurgico per gli addetti al “taglio pezzi”, mascherine di tipo<br />

chirurgico e mascherine FFP2 con filtro a carbone da utilizzare<br />

quando si maneggiano solventi o sostanze irritanti<br />

quali la formaldeide, maschere con visiera per la sala autoptica,<br />

camici monouso per la sala autoptica, guanti in metallo<br />

per la sala autoptica), di Dispositivi di sicurezza particolare<br />

(docce di emergenza e lava occhi, presenti in numero di<br />

una/due nei singoli laboratori). Sostanze cancerogene: nei laboratori<br />

dei servizi di Anatomia Patologica sono in genere in<br />

uso alcune sostanze etichettate con le frasi di rischio R 45:<br />

“Può provocare il cancro” ed R 40: “Può provocare effetti<br />

irreversibili”. Tra le sostanze R 45 sono da citare: dicloroetano<br />

- acrilamide - nichel cloruro esaidrato. Sostanze R 40:<br />

tricloroetilene - cloroformio - formaldeide - acetato di piombo<br />

basico - carbonio tetracloruro - arancio di acridina - diossano.<br />

Si pone in evidenza che il tricloroetilene, il cloroformio<br />

e l’aldeide formica, benché compaiano nella classificazione<br />

CEE con la frase di rischio R 40, sono state individuate come<br />

sostanze cancerogene dalla CCTN (Commissione Consultiva<br />

Tossicologica Nazionale). Inoltre l’aldeide formica è<br />

stata recentemente classificata dalla International Agency of<br />

Research on Cancer come cancerogena per l’uomo (classe<br />

2A). Coloro che operano con queste sostanze, se ad esse<br />

esposti, andrebbero iscritti nel registro di cui all’art. 70 del D.<br />

Lgs. 626/94.<br />

Un’altra delle condizioni di rischio nelle attività dei laboratori<br />

di Anatomia Patologica è rappresentata dal Rischio biologico.<br />

L’attività svolta pur non comportando la deliberata<br />

intenzione di operare con agenti biologici, può implicare il<br />

rischio di esposizione dei lavoratori agli stessi per la pre-<br />

PROFESSIONE RIVISITATA - PARTE PRIMA<br />

senza di agenti biologici nei pezzi operatori, nelle biopsie,<br />

nei liquidi biologici provenienti dai pazienti e nelle parti<br />

anatomiche provenienti da reperti autoptici. E’ possibile<br />

quindi l’eventuale contatto con gli agenti biologici classificati<br />

nell’art. 75 del D.Lgs.. 626/94 e successive modifiche<br />

come appartenenti ai gruppi 1, 2, 3 delle classi di pericolosità.<br />

Gli studi sul rischio di natura biologica per il personale<br />

medico e paramedico impiegato nei Servizi di Anatomia<br />

Patologica al seguito di accidentale esposizione indicano<br />

che tale rischio è significativo nel caso di TBC, epatite (soprattutto<br />

B e C) e gastroenteriti. Non esistono ancora casi<br />

documentati di infezione da HIV in personale impiegato nei<br />

servizi di anatomia patologica. L’adozione di misure di confinamento<br />

della contaminazione (“misure di prevenzione<br />

universali”, uso di cappe a flusso laminare), unite ai dispositivi<br />

di protezione individuale (occhiali, maschera con visiera,<br />

guanti in latice monouso, camici in stoffa, camici in<br />

stoffa di tipo chirurgico per gli addetti al “taglio pezzi”, mascherine<br />

di tipo chirurgico) e alla formazione/informazione<br />

dei lavoratori (con adeguati metodi procedurali e di organizzazione<br />

del lavoro), rappresentano gli interventi più efficaci<br />

e praticabili per il contenimento del rischio stesso. La<br />

sorveglianza sanitaria, dopo l’eliminazione dei pericoli, il<br />

controllo e limitazione della entità della esposizione, rappresenta<br />

la terza ed ultima metodologia di intervento per la<br />

prevenzione dei danni per la salute conseguenti all’esposizione<br />

ad agenti lesivi; deve essere praticata tutte le volte che<br />

il tipo di sostanze utilizzate e la entità della esposizione possano<br />

indicare l’esistenza di un rischio “non moderato” per la<br />

salute dei lavoratori; si attua con accertamenti medici e chimico-clinici<br />

rivolti alla ricerca di segni, sintomi e alterazioni<br />

funzionali in grado di evidenziare gli effetti lesivi sull’organismo<br />

e si avvale di misure che permettono una diagnosi<br />

precoce di malattia.


PATHOLOGICA 2007;99:93<br />

Diagnosi molecolare dell’amplificazione<br />

dell’oncogene Her-2 in sezioni e array:<br />

efficienza e affidabilità dell’analisi<br />

automatizzata a confronto con la lettura<br />

manuale<br />

D. Di Martino<br />

Carl Zeiss, Milano<br />

Campioni bioptici freschi e già archiviati di tessuto normale<br />

e tumorale di cancro al seno sono stati sottoposti ad analisi<br />

automatizzata al fine di compararne le risultanze analitiche<br />

con precedenti letture effettuate da differenti operatori. Campioni<br />

prelevati dal medesimo paziente sono stati sottoposti<br />

alla valutazione della presenza sia di amplificazioni del gene<br />

Her2/neu su sezioni di 3-5 µm che del suo prodotto di espressione<br />

in array tissutali.<br />

Le sezioni istologiche sono state marcate con le sonde<br />

PathVision Vysis in grado di marcare contemporaneamente e<br />

con differenti colori il gene Her2 e il CEP17. Al fine di effettuare<br />

i conteggi dei segnali ottenuti e stabilire la possibile<br />

overespressione genica è stato utilizzato il sistema di analisi<br />

automatizzato Metafer MetaSystems GmbH. I gruppi di nuclei<br />

marcati in fluorescenza sono stati catturati con l’impiego<br />

di un microscopio Carl Zeiss e analizzati applicando degli algoritmi<br />

specificamente sviluppati per la valutazione della<br />

qualità dei segnali e del relativo rapporto Her2/CEP17 da utilizzare<br />

come indice diagnostico. Le porzioni di tessuto orga-<br />

La parola alle industrie<br />

nizzate in Tissue Micro Array sono state, invece, sottoposte a<br />

colorazioni immunoistochimiche ed analizzate in luce<br />

trasmessa per la determinazione del segnale di membrana<br />

rivelato tramite DAB.<br />

La combinazione di ottiche corrette all’infinito, percorsi ottici<br />

perfezionati, acquisizioni ad alta risoluzione e algoritmi<br />

appositamente sviluppati per la determinazione e quantizzazione<br />

delle marcature in fluorescenza e immunoistochimica<br />

hanno offerto risultati che mostrano una soddisfacente<br />

correlazione tra analisi automatizzata e manuale. Soltanto<br />

pochi casi < 3% di campioni amplificati hanno mostrato una<br />

minima differenza di 0,1-0,4 unità relative nel rapporto tra<br />

Her2 e CEP17; differenze che non hanno influenzato l’output<br />

diagnostico e che si possono paragonare alla discordanza tra<br />

le valutazioni di due diversi operatori.<br />

Il presente studio dimostra, dunque, come un’accurata<br />

indagine supportata da opportuni strumenti automatizzati<br />

quali il Metafer possa essere considerata tanto affidabile<br />

quanto uno scoring manuale, consentendo di ritenere tale<br />

strumentazione un nuovo mezzo da impiegare per dirigersi<br />

verso un’analisi più oggettiva dell’espressione di Her2.<br />

Bibliografia<br />

1 Piper J, Loerch T, Poole I, et al. Computing the Her-2:CEP-17 ratio<br />

of tumour cells in breast cancer tissue sections by analysis of the FI-<br />

SH spot count of a tiles sampling. Proc Quant Mol Cytogen 2002.<br />

2 Tuziak T, Olszewski WP, Olszewski W, Pienkowski T. Expression of<br />

HER2/neu in primary and metastatic breast cancer. Pol J Pathol<br />

2001;52:21-6.


PATHOLOGICA 2007;99:94-97<br />

Gli incontri imprevisti al microscopio<br />

Lesioni pre-neoplastiche della tuba<br />

M.L. Carcangiu<br />

U.O. Anatomia Patologica A, Istituto Nazionale Tumori,<br />

Milano<br />

In contrasto con quanto è accaduto per altri organi dell’apparato<br />

genitale femminile gli studi concernenti la patologia della<br />

tuba sono stati in passato molto scarsi. I pochi lavori presenti<br />

in letteratura, perlopiù di tipo clinico-patologico, si<br />

sono essenzialmente concentrati sui problemi relativi agli aspetti<br />

clinici ed allo staging del carcinoma tubarico. In particolare,<br />

poiché l’incontro con un carcinoma tubarico in uno<br />

stadio iniziale rappresenta una rara eventualità nella routine<br />

diagnostica di un patologo, sono quasi completamente mancati<br />

studi concernenti i precursori ed i meccanismi patogenetici<br />

alla base dello sviluppo di questo tumore come sottolinea<br />

il fatto che la stessa definizione istologica dei precursori<br />

del carcinoma tubarico non è stata ancora messa a punto.<br />

Sebbene la ben nota sequenza displasia/carcinoma in<br />

situ/carcinoma invasivo, descritta in altri organi dell’apparato<br />

genitale femminile ed altre sedi, potrebbe in principio essere<br />

applicabile anche all’epitelio tubarico, attualmente l’unica<br />

lesione universalmente accettata come precursore del<br />

carcinoma tubarico è il carcinoma in situ caratterizzato secondo<br />

la definizione del WHO dalla “sostituzione dell’epitelio<br />

tubarico da parte di cellule epiteliali ghiandolari con nuclei<br />

pleomorfi” 1 .<br />

Questo approccio apparentemente limitativo è stato adottato<br />

poiché criteri applicati ad altri organi genitali, come affollamento<br />

e stratificazione nucleare, perdita di polarità cellulare,<br />

lieve atipia nucleare e rare mitosi sono di comune riscontro<br />

nell’epitelio tubarico come fenomeno reattivo in associazione<br />

con processi patologici non-neoplastici e specialmente<br />

con alcuni tipi di salpingite.<br />

Inoltre i dati relativi alla frequenza nella popolazione generale<br />

delle lesioni proliferative dell’epitelio tubarico iperplasia<br />

epiteliale tipica, iperplasia epiteliale atipica/displasia carcinoma<br />

in situ disponibili in letteratura sono aneddotici e di<br />

difficile comparazione per via della varietà di criteri istologici<br />

e di terminologia usati nei pochi lavori dedicati all’argomento<br />

2-4 .<br />

Il problema è aggravato dal fatto che l’iperplasia atipica ed il<br />

carcinoma in situ dell’epitelio tubarico possono associarsi a<br />

processi infiammatori cronici, quali la salpingite cronica di<br />

origine tubercolare o no, ma anche all’assunzione di estrogeni<br />

o di Tamoxifene 5 6 .<br />

Infine alcuni studi – seppur con risultati contraddittori tra<br />

loro – hanno sottolineato la presenza di modificazioni dell’epitelio<br />

tubarico in pazienti con tumori sierosi ovarici a<br />

basso potenziale di malignità “borderline” 7 8 .<br />

Un rinnovato interesse per la patologia neoplastica tubarica ed<br />

in particolare per le lesioni pre-neoplastiche dell’epitelio<br />

tubarico è stato recentemente suscitato dal susseguirsi di pubblicazioni<br />

che hanno posto in relazione la patologia neoplastica<br />

tubarica con le mutazioni dei geni BRCA. Studi recenti hanno<br />

infatti dimostrato che donne portatrici di mutazioni BRCA<br />

hanno un aumento del rischio di sviluppare un carcinoma della<br />

tuba, rischio che appare simile se non maggiore di quello di<br />

sviluppare un carcinoma ovarico. La proporzione di carcinomi<br />

tubarici che si crede sia dovuta a mutazioni BRCA varia dal 16<br />

al 42%. Essi sono tipicamente di tipo sieroso ed a localizzazione<br />

fimbrica. Si è anche visto che i carcinomi della tuba<br />

costituiscono un’alta percentuale, se non la maggioranza, dei<br />

carcinomi clinicamente occulti individuati in donne portatrici<br />

di mutazioni BRCA sottoposte a salpingo-ooforectomia profilattica<br />

con una frequenza che varia dal 2,3 al 38% nelle varie<br />

serie 9 . Sebbene i carcinomi tubarici individuati in questo contesto<br />

siano di piccole dimensioni e spesso non invasivi o solo<br />

superficialmente invasivi, non mancano esempi di carcinomi<br />

tubarici occulti anche in situ che si sono rivelati clinicamente<br />

maligni. La frequenza dei carcinomi tubarici occulti nelle varie<br />

serie tende ad essere direttamente proporzionale alla meticolosità<br />

dell’esame istologico e soprattutto al numero di<br />

sezioni di tuba esaminate. A questo proposito sono stati messi<br />

a punto dei protocolli di studio che prevedono sezioni seriate<br />

delle tube con particolare attenzione alla regione fimbrica 10 .<br />

Non sorprende che anche la identificazione di lesioni di tipo<br />

proliferativo/displastico dell’epitelio tubarico sia aumentata<br />

in pazienti portatrici di mutazione BRCA 10-12 .<br />

Noi abbiamo avuto la opportunità di valutare la presenza di<br />

lesioni proliferative atipiche dell’epitelio tubarico, esaminando<br />

le tube prelevate nel corso di 26 consecutive salpingoooforectomie<br />

profilattiche in donne portatrici di mutazioni<br />

BRCA e le cui ovaie erano risultate negative per neoplasia all’esame<br />

istologico.<br />

Le tube di 49 donne sottoposte a isterectomia con salpingoooforectomia<br />

per leiomioma uterino e con una età media simile<br />

a quella delle donne incluse nello studio, sono state usate<br />

come controllo. Tutte le tube in ambedue i gruppi erano<br />

macroscopicamente normali. All’esame istologico sono stati<br />

individuati 2 carcinomi in situ e 2 iperplasie atipiche dell’epitelio<br />

tubarico nel gruppo delle pazienti portatrici di mutazioni<br />

BRCA, mentre le tube delle pazienti appartenenti al<br />

gruppo di controllo non hanno invece mostrato alcuna anormalità<br />

di questo tipo 11 .<br />

Piek et al. identificarono displasia dell’epitelio tubarico in 6<br />

di 12 donne portatrici di mutazione BRCA o con una predisposizione<br />

ereditaria al carcinoma ovarico. Nessuna alterazione<br />

patologica dell’epitelio tubarico fu invece diagnosticata<br />

nel gruppo di controllo costituito da 13 donne sottoposte<br />

a isterectomia per patologia benigna. Un accumulo di p53 fu<br />

identificato nelle lesioni con displasia severa 12 .<br />

Recentemente, aree p53-positive sono state identificate in<br />

epiteli tubarici, appartenenti sia a donne BRCA-positive sia a<br />

controlli, morfologicamente privi di atipia citologica o di un<br />

aumentato indice proliferativo. Gli Autori suggeriscono che<br />

questa “p53 signature” sia l’espressione di una alterazione<br />

della funzione del p53 in grado, in determinate circostanze,<br />

di contribuire alla patogenesi del carcinoma sieroso e quindi<br />

in qualche modo rappresenti una lesione pre-neoplastica anche<br />

in assenza di alterazioni morfologiche 10 .<br />

È chiaro che a questo punto appare quanto mai necessaria,<br />

sulla scorta dell’esperienza maturata dallo studio delle tube<br />

di pazienti con mutazioni BRCA sottoposte a salpingoooforectomia<br />

profilattica, una definizione precisa dei criteri<br />

morfologici e della terminologia da usare per la diagnosi<br />

delle lesioni proliferative/displastiche preinvasive dell’epitelio<br />

tubarico che permetta di differenziarle da una parte dalle<br />

comuni alterazioni reattive e iperplastiche di questo epitelio<br />

e dall’altra da lesioni dichiaratamente neoplastiche ed invasive.


GLI INCONTRI IMPREVISTI AL MICROSCOPIO<br />

Bibliografia<br />

1 Silverberg SG, Kurman RG, Nogales F, Mutter GL, Kubik-Huch RA,<br />

Tavassoli FA. Epithelial tumors and related lesions. In: Tavassoli FA,<br />

Devilee P, ed.; World Health Organizazion Classification of Tumours.<br />

Pathology and genetics of tumors of the breast and female genital organs.<br />

Lyon, France: IARC Press 2003, p. 209.<br />

2 Stern J, Buscema J, Parmley T, Woodruff JD, Rosenshein NB. Atypical<br />

epithelial proliferations in the fallopian tube. Am J Obstet Gynecol<br />

1981;140:309-12.<br />

3 Moore SW, Enterline HT. Significance of proliferative epithelial lesions<br />

of the uterine tube. Obstet Gynecol 1975;45:385-90.<br />

4 Yanai-Inbar I, Silverberg SG. Mucosal epithelial proliferation of the<br />

fallopian tube: prevalence, clinical associations, and optimal strategy<br />

for histopathologic assessment. Int J Gynecol Pathol 2000;19:139-44.<br />

5 Cheung NY, Young RH, Scully RE. Pseudocarcinomatous hyperplasia<br />

of the fallopian tube associated with salpingitis. A report of 14 cases.<br />

Am J Surg Pathol 1994;18:1125-30.<br />

6 Sonnendecker HE, Cooper K, Kalian KN. Primary fallopian tube<br />

adenocarcinoma in situ associated with adjuvant therapy for breast<br />

carcinoma. Gynecol Oncol 1994;52:402-7.<br />

7 Robey SS, Silva EG. Epithelial hyperplasia of the fallopian tube. Its<br />

association with serous borderline tumors of the ovary. Int J Gynecol<br />

Pathol 1989;8:214-20.<br />

8 Yanai-Inbar I, Siriaunkgul S, Silverberg SG. Mucosal epithelial proliferation<br />

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9 Carcangiu ML, Peissel B, Pasini B, Spatti G, Radice P, Manoukian S.<br />

Incidental carcinomas in prophylactic specimens in BRCA1 and BR-<br />

CA2 germ-line mutation carriers, with emphasis on fallopian tube lesions:<br />

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10 Medeiros F, Muto MG, Lee Y, Elvin JA, Callahan MJ, Feltmate C, et<br />

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women with familial ovarian cancer syndrome. Am J Surg Pathol<br />

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11 Carcangiu ML, Radice P, Spatti G, Gobbo M, Pensotti V, Crucianelli<br />

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salpingo-oophorectomy specimens from BRCA1 and BRCA2 germline<br />

mutation carriers. Int J Gynecol Pathol 2004;23:35-40.<br />

12 Piek JM, van Diest PJ, Zweemer RP, Jansen JW, Poort-Keesom RJ,<br />

Menko FH, et al. Dysplastic changes in prophylactically removed fallopian<br />

tubes of women predisposed to developing ovarian cancer. J<br />

Pathol 2000;195:451-6.<br />

La biopsia della membrana sinoviale: valore<br />

diagnostico<br />

A. Parafioriti<br />

U.O. Anatomia Patologica, Istituto Ortopedico “Gaetano Pini”,<br />

Milano<br />

La membrana sinoviale è un tessuto connettivale specializzato<br />

che riveste il versante interno delle articolazioni diartrodiali<br />

e la superficie interna di guaine e tendini. In condizioni<br />

normali ha uno spessore variabile da 100 µm a pochi mm ed<br />

è costituita da due strati: intima sinoviale o lining e sottosinovia<br />

o regione subintimale. L’intima sinoviale normale è<br />

costituita da 1-3 strati di cellule dette sinoviociti, popolazione<br />

cellulare eterogenea per morfologia, immunofenotipo<br />

e funzioni.<br />

Il sinoviocita di tipo A, di derivazione monocita-macrofagico<br />

di origine midollare, costituisce il 30% del lining e presenta<br />

immunofenotipo caratterizzato da positività per CD68, CD14<br />

e recettore ad alta affinità per la frazione Fc delle immunoglobuline.<br />

Il sinoviocita di tipo B è un particolare fibroblasto<br />

con positività per CD55, specializzato nella produzione<br />

di acido ialuronico. Un terzo tipo di sinoviocita di<br />

tipo C, ha caratteristiche intermedie tra i due. La sottosinovia<br />

95<br />

è costituita da tessuto connettivale ricco in condroitin-4 e -6solfato<br />

e contiene una evidente rete vascolare e di terminazioni<br />

nervose.<br />

La membrana sinoviale viene coinvolta in diversi quadri patologici<br />

di competenza ortopedica e reumatologica e può essere<br />

il bersaglio di malattie articolari a carattere flogistico, di<br />

patologie infettive, pseudotumorali e neoplastiche. L’esame<br />

istologico della membrana sinoviale nel processo artritico<br />

rappresenta una fondamentale procedura diagnostica poiché<br />

offre informazioni utili sugli eventi patomorfologici in divenire<br />

che caratterizzano le diverse fasi delle malattie. La<br />

diffusione ed il perfezionamento delle tecniche bioptiche con<br />

artroscopi ad ago e quindi mini-invasive hanno rappresentato<br />

una tappa significativa nello studio del complesso microambiente<br />

articolare, permettendo l’esecuzione di biopsie<br />

sinoviali anche di piccole articolazioni, in fasi precoci di<br />

malattia. Esistono casi in cui l’istologia mostra alterazioni<br />

patognomoniche: granulomi con necrosi caseosa nella TBC<br />

osteoarticolare, granulomi non necrotizzanti con inclusi citoplasmatici<br />

peculiari nella sarcoidosi, accumuli di cristalli<br />

nelle artropatie da microcristalli. La biopsia della membrana<br />

sinoviale è indispensabile per le lesioni similtumorali<br />

sinovite villonodulare pigmentata, condromatosi sinoviale,<br />

per quelle neoplastiche e per le sinovite post-traumatiche o<br />

da emartri. La sinovite reumatoide è caratterizzata da lesioni<br />

elementari che possono essere variamente presenti in relazione<br />

alla durata, al grado di attività della malattia e alla<br />

sede del prelievo. La membrana sinoviale va incontro ad una<br />

serie di modificazioni inizialmente di tipo essudativo e poi<br />

proliferativo che ne determinano la caratteristica iperplasia<br />

progressiva, papillare con aspetto vegetante ed esofitico nella<br />

cavità articolare. Le lesioni si presentano con una disposizione<br />

“a salto”: nella stessa articolazione convivono aree di<br />

membrana normale ed aree con flogosi. All’inizio prevale<br />

l’aspetto essudativo e le alterazioni precoci sono a carico dell’intima:<br />

sinoviociti iperplastici, con binucleazioni o multinucleati<br />

cellule di Collins, lining ipercellulato. La sottosinovia<br />

è sede di neoangiogenesi, edema interstiziale, infiltrato flogistico.<br />

In seguito le lesioni elementari progrediscono fino al<br />

quadro tipico con diffusa iperplasia dei villi, lining pluristratificato,<br />

polarità dei sinoviociti. La sottosinovia ha attivazione<br />

“mesenchimoide” dello stroma, neoangiogenesi con<br />

aspetti di angioite, infiltrato infiammatorio marcato perivascolare<br />

o strutturato in pseudofollicoli con centro chiaro follicoli<br />

di Allison e Ghormely. La necrosi fibrinoide è presente<br />

in quantità variabile: limitata a microfocolai nel lining oppure<br />

all’intero villo. Si arriva alle fasi di danno erosivo con<br />

distruzione della cartilagine articolare e dell’osso da parte del<br />

“panno” sinoviale ricco in osteoclasti. Determinante ruolo<br />

patogenetico è stato di recente riconosciuto ai sinoviociti fibroblasto-like,<br />

in tutti i principali aspetti dell’Artrite Reumatoide:<br />

essi producono parte dei fattori di crescita che, insieme<br />

a citochine infiammatorie della cavità articolare, portano allo<br />

squilibrio tra riassorbimento e neoapposizione ossea causando<br />

un rimodellamento osseo patologico. Infatti influenzano<br />

la modulazione dell’espressione di RANKL receptor<br />

activator of nuclear factor K ligand, fattore osteoclastogenico<br />

e del suo inibitore che è l’OPG osteoprotegerina. L’istologia<br />

sinoviale permette la valutazione immunofenotipica dell’infiltrato<br />

e degli elementi proliferanti nelle sinoviti autoimmuni<br />

sinovite reumatoide, spondiloartriti. I linfociti T costituiscono<br />

il 30-50% della componente infiammatoria nella<br />

reumatoide e il subset più rappresentato è quello CD4+ rapporto<br />

CD4/CD8 variabile tra 4:1 e 14:1. Si può infine tipiz-


96<br />

zare la popolazione sinoviocitaria macrofagica o fibroblastica<br />

CD68, CD55 e valutare la quota proliferante con<br />

Ki67/MIB1 e l’espressione di oncogeni coinvolti nell’apoptosi.<br />

L’espressione di questi marcatori sembra correlata a<br />

maggior aggressività di malattia.<br />

In futuro l’anatomopatologo sarà sempre più coinvolto nella<br />

ricerca di parametri morfologici molecolari che permettano<br />

di riconoscere una malattia potenzialmente erosiva in pazienti<br />

che presentano una early undifferentiated arthritis, prima<br />

che siano soddisfatti i criteri per chiamarla artrite reumatoide.<br />

Le diverse pathways fisiopatologiche che determinano<br />

la degradazione della cartilagine articolare e dell’osso risultano<br />

preferenzialmente attivate nella membrana sinoviale fin<br />

dalle fasi più precoci di malattia. Ne consegue la necessità di<br />

studiare i tessuti articolari e soprattutto la membrana<br />

sinoviale, al fine di riconoscere le complesse pathways proinfiammatorie,<br />

degradative, downregulations di fattori inibitori<br />

ecc. che determinano la progressione dell’artrite e di individuare<br />

parametri che siano predittivi sia di prognosi che di<br />

risposta alle terapie.<br />

Bibliografia<br />

Koizume, Fumitomo, Matsuno, et al. Synovitis in rheumatoid arthritis:<br />

Scoring of characteristic histopathological features. Pathology Int<br />

1999;49:298-304.<br />

Kraan MC, Haringman JI, Post WJ, et al. Immunohistological analysis of<br />

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Gravallese E, Manning C, Tsay A, Naito A, Pan C, Amento E, et al. Synovial<br />

tissue in rheumatoid arthritis is a source of osteoclast differentiation<br />

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Bresnihan B. Are synovial biopsies of diagnostic value? Arthritis Res<br />

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Tsubaki T, Arita N, Kawakami T, et al. Characterization of histopathology<br />

and gene-expression profiles of synovitis in early rheumatoid<br />

arthritis using targeted biopsy specimens. Arthritis Res Ther<br />

2005;7:R825-36.<br />

Iperplasie mesoteliali<br />

P.G. Betta<br />

S.O.C. Anatomia Patologica, Dipartimento di Patologia Clinica,<br />

Azienda Ospedaliera Nazionale, Alessandria<br />

Processi reattivi coinvolgenti le cavità sierose rivestite da<br />

mesotelio sono comuni, si osservano in una varietà di contesti<br />

clinici e riconoscono cause diverse, quali traumi fisici,<br />

procedure chirurgiche, infarto polmonare, pneumotorace,<br />

collageno-vasculopatie, infezioni, reazioni a farmaci, cirrosi,<br />

neoplasie viscerali sottosierose. Adeguate informazioni clinico-radiologiche<br />

aiutano a non valutare erroneamente un esuberante<br />

processo reattivo del mesotelio come neoplastico.<br />

Difficoltà di interpretazione di quadri microscopici di proliferazione<br />

mesoteliale occorrono a livello di campioni citologici<br />

e istologici. Due aree significative di difficoltà diagnostica<br />

sono:<br />

– la distinzione tra iperplasia mesoteliale e mesotelioma maligno<br />

MM epitelioide ben differenziato più frequente in<br />

ambito di citopatologia dei versamenti sierosi, ma presente<br />

anche a livello di campioni bioptici;<br />

– la distinzione tra pleurite fibrosa e MM desmoplastico problema<br />

diagnostico generalmente posto da campioni bioptici,<br />

soprattutto di piccole dimensioni.<br />

Nel distinguere a scopo didattico alcuni patterns di iperplasia<br />

mesoteliale reattiva, è opportuno ricordare che questa pre-<br />

GLI INCONTRI IMPREVISTI AL MICROSCOPIO<br />

senta spesso un confuso intreccio di modificazioni citoarchitetturali<br />

coinvolgente sia il mesotelio di superficie sia il<br />

connettivo stromale submesoteliale ispessito ed infiammato.<br />

Proliferazioni mesoteliali epiteliomorfe limitate alla superficie<br />

sierosa. Iperplasia mesoteliale e iperplasia<br />

mesoteliale atipica. Ogni stimolo flogistico in una cavità<br />

sierosa tende ad associarsi a modificazioni reattive delle cellule<br />

mesoteliali di superficie. Nella forma più semplice si osserva<br />

un ingrossamento delle cellule mesoteliali che assumono<br />

una forma rotondeggiante o cubica. Il pleomorfismo<br />

è più frequente nelle proliferazioni mesoteliali reattive che<br />

nel MM epitelioide ben differenziato, dove i nuclei possono<br />

avere un aspetto ingannevolmente innocuo. I nucleoli sono<br />

spesso prominenti nelle reazioni benigne e le mitosi possono<br />

essere presenti. Nelle proliferazioni più floride le cellule superficiali<br />

formano lamine epiteliali confluenti, di solito senza<br />

assi papillari, anche se occasionalmente possono osservarsi<br />

strutture simil-ghiandolari e semplici papille. È comune la<br />

presenza di vacuoli intracitoplasmatici, di solito negativi per<br />

mucine neutre dPAS, reperto questo che esclude in diagnosi<br />

differenziale la possibilità di una metastasi di adenocarcinoma.<br />

La necrosi degli aggregati superficiali di cellule<br />

mesoteliali può verificarsi nel corso di infezioni, in particolare<br />

da micobatterio, e raramente in altre condizioni benigne.<br />

La necrosi, in assenza di flogosi acuta, induce sempre il<br />

sospetto di malignità. L’invasione stromale è il criterio diagnostico<br />

più attendibile per considerare maligna una proliferazione<br />

mesoteliale. Quando una proliferazione di superficie<br />

mostra aspetti suggestivi di malignità, ma senza chiara evidenza<br />

di invasione, è opportuno utilizzare il termine di “proliferazione<br />

mesoteliale atipica”, richiedendo ulteriori biopsie<br />

nei casi clinicamente sospetti per MM. L’iperplasia<br />

mesoteliale atipica può assumere una varietà di aspetti microscopici:<br />

da una filiera di cellule singole, cubiche e occasionalmente<br />

cilindriche, sulla superficie mesoteliale a quadri<br />

complessi papillari.<br />

Proliferazioni mesoteliali epiteliomorfe in una membrana<br />

sierosa ispessita. Pseudoinvasione entrapment. Le proliferazioni<br />

mesoteliali possono estendersi dalla superficie in una<br />

membrana sierosa ispessita per flogosi e/o fibrosi, o possono<br />

essere localizzate completamente nello spessore della membrana.<br />

Distinguere una vera invasione stromale segno inequivocabile<br />

di malignità, da un intrappolamento reattivo di<br />

cellule mesoteliali può essere talvolta estremamente difficile.<br />

Cellule mesoteliali epitelioidi localizzate immediatamente<br />

sotto la superficie sierosa sono tipiche di molte reazioni benigne,<br />

in cui le cellule mesoteliali proliferanti sono rimaste<br />

intrappolate a seguito di un processo flogistico ancora attivo<br />

o pregresso. La presenza di una flogosi acuta o cronica così<br />

come di soltanto una o alcune formazioni tubulo-acinari nella<br />

membrana sierosa o di una o più file di ghiandole o di singole<br />

cellule parallele alla superficie sierosa favoriscono un<br />

processo benigno reattivo del mesotelio. Tipicamente le proliferazioni<br />

mesoteliali benigne di tipo epitelioide non si estendono<br />

all’intero spessore della membrana sierosa né tanto<br />

meno infiltrano il connettivo adiposo e i muscoli della parete<br />

toracica.<br />

Pleurite fibrosa. Si tratta di una reazione benigna in cui le<br />

cellule mesoteliali proliferanti sono in gran parte o completamente<br />

di foggia fusata. Può verificarsi anche a livello di<br />

cavità peritoneale o pericardica. Analogamente alle proliferazioni<br />

benigne epiteliomorfe, la pleurite fibrosa è caratterizzata<br />

da una chiara “zonazione”, con la cellularità più marcata<br />

immediatamente sotto la superficie ed una progressiva


GLI INCONTRI IMPREVISTI AL MICROSCOPIO<br />

diminuzione con associata crescente fibrosi stromale verso<br />

la parete toracica. I MM sarcomatoso e desmoplastico, invece,<br />

non presentano di solito zonazione e sono spesso uniformemente<br />

distribuiti a tutto lo spessore della membrana<br />

sierosa ispessita, oppure hanno una cellularità più accentuata<br />

sul versante della parete toracica. Le cellule più superficiali<br />

sono citologicamente atipiche e di foggia fusata, di<br />

solito commiste a fibrina, ma non si estendono in profondità<br />

nella pleura ispessita. Allontanandosi dalla superficie appaiono<br />

lunghi capillari orientati perpendicolarmente alla<br />

stessa e questo è un aspetto tipico della pleurite fibrosa. Di<br />

solito le cellule fusate non si estendono al connettivo adiposo,<br />

anche se questa estensione, e perfino la produzione di<br />

tessuto fibroso attorno ai muscoli della parete toracica, possono<br />

osservarsi in caso di fibrotorace e di pregressi interventi<br />

chirurgici.<br />

Immunoistochimica. Attualmente non esiste alcun marcatore<br />

immunoistochimico discriminante tra mesotelio reattivo<br />

e neoplastico dotato di accuratezza diagnostica riproducibile.<br />

97<br />

La immunopositività per cheratine ad ampio spettro è utile<br />

per esaminare la distribuzione delle cellule mesoteliali nelle<br />

membrane sierose, in particolare per evidenziare le filiere<br />

lineari che favoriscono un processo benigno o la elusiva infiltrazione<br />

nel grasso o in altre componenti della parete<br />

toracica che suggerisce la malignità. L’uso combinato di<br />

desmina e EMA è stato proposto per valutare la natura delle<br />

proliferazioni mesoteliali, in quanto la desmina è preferenzialmente<br />

espressa dal mesotelio reattivo 85% dei casi ma solo<br />

dal 10% dei MM, mentre EMA è preferenzialmente espressa<br />

dai MM 80% e solo dal 20% di iperplasie mesoteliali. L’espressione<br />

immunoistochimica di p53 è molto controversa<br />

dallo 0 al 60% nel mesotelio reattivo e dal 25 al 97% nel<br />

mesotelio maligno così come anche quella della telomerasi.<br />

Bibliografia<br />

Kradin RL, Mark EJ. Distinguishing benign mesothelial hyperplasia<br />

from neoplasia: a practical approach. Semin Diagn Pathol<br />

2006;23:4-14.


PATHOLOGICA 2007;99:98-101<br />

Slide Seminar Juniores. Le neoplasie uroteriali:<br />

approccio classificativo<br />

Urothelial neoplasms. Classification approach<br />

R. Montironi, R. Mazzucchelli<br />

Section of <strong>Pathologica</strong>l Anatomy, School of Medicine, Polytechnic<br />

University of the Marche Region, Ancona, Italy<br />

Introduction. Three diagnostic categories are identified in<br />

the urinary bladder on the basis of the pattern of growth of<br />

the urothelial tumours flat, papillary non-invasive, or invasive.<br />

The WHO 2004 classification is used 1 . It is the constellation<br />

of the presence or absence of a number of histological<br />

parameters which helps to arrive at the appropriate diagnosis<br />

for a given case 2 . Immunohistochemistry has limited value<br />

but can be helpful in solving a number of diagnostic problems<br />

2 .<br />

Normal urothelium, hyperplasia and other benign proliferative<br />

lesions. Normal urothelium. Urothelium, the dominant<br />

type of epithelium lining the urinary bladder, ureters,<br />

and renal pelvis, is a multilayered epithelium in which superficial<br />

cells, intermediate cells and basal cells are identified.<br />

The surface cells, known as “umbrella cells”, may have<br />

nuclear enlargement, coarsely clumped chromatin and prominent<br />

nucleoli which should not be misconstrued to be dysplastic.<br />

Intermediate cells are oriented with the long axis perpendicular<br />

to the basement membrane. Nuclei are oval and<br />

the nucleoli are minute or absent. The cytoplasm is ample<br />

and rich in glycogen that dissolves at the time of tissue processing,<br />

leaving cleared areas cytoplasmic clearing. The<br />

basal cells are small and cuboidal, the nuclei have condensed<br />

chromatin and the cytoplasm is scant. Mitoses are usually not<br />

detected 3 .<br />

The thickness of the normal urothelium varies with the state<br />

of distention of the bladder 2 to 4 cell layers when dilated and<br />

5 to 7 layers when contracted. The density and shape of<br />

urothelial nuclei varies in all cell layers according to the degree<br />

of distension 4 . The urothelium of the renal pelvis, urethra<br />

and the bladder neck is usually composed of slightly<br />

larger cells, which have increased cytoplasmic eosinophilia<br />

and hence may be interpreted as dysplasia. Not uncommonly<br />

technical problems such as thick sections and vagaries of<br />

staining and fixation may cause the normal urothelium appear<br />

hyperchromatic.<br />

By immunohistochemistry normal urothelium shows reactivity<br />

for CK20 only in the superficial umbrella cell layer 5 ,<br />

while CD44 staining is limited to the basal cell layer 6 . Nuclear<br />

staining for p53 is absent in normal urothelium 7 and Ki-<br />

67 is negative or positive in < 10% of basal cells 8 .<br />

All the possible variations within the normal range should be<br />

well kept in mind when approaching the diagnosis of urothelial<br />

lesions.<br />

Hyperplasia. Flat urothelial hyperplasia. Flat urothelial<br />

hyperplasia consists of a markedly thickened urothelium,<br />

greater than seven cells layers thick, without cytological<br />

atypia 9 . In practice, counting the number of urothelial cell<br />

layers is not reproducible, as urothelial cells do not line up in<br />

neat rows and tangential sectioning may result in false impression<br />

of increased thickness. The observation that there is<br />

no disturbance of the layering and the nuclei are inconspicuous<br />

help to establish the diagnosis. This lesion may be seen<br />

in the mucosa adjacent to low-grade papillary urothelial lesions.<br />

When seen by itself, there are no data proving that it<br />

has premalignant potential 9 .<br />

Papillary urothelial hyperplasia. It is characterized by slight<br />

“tenting”, undulating, or papillary growth lined by urothelium<br />

of varying thickness. The cytology is similar to the adjacent<br />

normal urothelium. The lesion often has one or a few small, dilated<br />

capillaries at its base. Papillary hyperplasia is distinguished<br />

from papillary urothelial neoplasia by a lack of a welldeveloped<br />

branching fibro-vascular core while the absence of<br />

prominent edema and inflammation help to distinguish it from<br />

polypoid cystitis 10 . This lesion is generally found on routine<br />

follow-up cystoscopy for papillary urothelial neoplasms 1 . A de<br />

novo diagnosis of papillary urothelial hyperplasia does not<br />

necessarily place the patient at risk to develop papillary tumors,<br />

but follow-up is recommended 11 . In a patient with a history<br />

of a papillary urothelial tumor, this lesion may be associated<br />

with an increased risk of recurrence.<br />

Cystitis cystica and von Brunn nests. Cystitis cystica is<br />

made of cystically dilated von Brunn nests acquiring a luminal<br />

space. The lumina may contain dense eosinophilic secretion<br />

and mild nuclear atypia with occasional prominent nucleoli<br />

has been described. When the proliferation becomes florid<br />

may mimic the nested variant of urothelial carcinoma 12 . Cystitis<br />

cystica is a reactive, proliferative consequence of inflammatory<br />

or other irritation. As a rule it does not have a<br />

precancerous meaning, but it should be pointed out that carcinoma<br />

in situ may occasionally occur in the nests and be not<br />

detectable in the overlying flat urothelium 13 . In these cases it<br />

is usually associated with previously diagnosed carcinoma in<br />

situ or infiltrating at other sites in the bladder.<br />

Flat urothelial lesions with atypia. Reactive atypia. Consists<br />

of nuclear abnormalities occurring in acutely or chronically<br />

inflamed urothelium. The thickness of the urothelium<br />

and the polarity of the cells are maintained. Nuclei are uniformly<br />

enlarged and vesicular, with central prominent nucleoli.<br />

Mitotic figures may be frequent. In the absence of appreciable<br />

nuclear hyperchromasia, pleomorphism, and irregularity<br />

in the chromatin pattern, the lesion should not be considered<br />

neoplastic 9 . The presence of acute or chronic inflammation,<br />

particularly in an intraurothelial location, warrants caution<br />

in the interpretation of dysplasia or carcinoma in situ, although<br />

it must be borne in mind that reactive atypia may coexist<br />

with dysplasia or in situ carcinoma.<br />

A history of instrumentation, stones or therapy is often present<br />

14 . In particular, therapy associated atypia could easily be<br />

mistaken for intraepithelial neoplasia. The presence of abundant<br />

cytoplasm, nuclear chromatin degeneration, multinucleation,<br />

prominent nucleoli and involvement of mainly the superficial<br />

cells are key features to associate the changes with<br />

chemotherapy or radiation.<br />

The term atypia of unknown significance is sometimes used<br />

for cases in which the severity of atypia appears out of proportion<br />

to the extent of inflammation such that dysplasia cannot<br />

be confidently excluded 1 . The patients may be followed<br />

more closely and re-evaluated once the inflammation subsides.<br />

The use of the term atypia of unknown significance 15<br />

was discouraged by Lopez Beltran et al. 9 because it does not<br />

add any value in practice.


SLIDE SEMINAR JUNIORES<br />

Urothelial dysplasia. The thickness of the urothelium is usually<br />

normal four to seven layers but may be increased or decreased.<br />

There is loss of clearing of cytoplasm, nucleomegaly,<br />

irregularity of nuclear contours and altered chromatin distribution.<br />

Nucleoli are usually not conspicuous; only a minor degree<br />

of pleomorphism is allowable in dysplasia and the mitotic<br />

activity is variable though usually not in the higher layers.<br />

Loss of polarity is evidenced by crowding and nuclei with the<br />

long axis parallel to the basement membrane 16 . Comparison<br />

with more normal appearing urothelium, if present, may help<br />

in assessing features like nucleomegaly, and loss of clearing<br />

and polarity. The distinction between urothelial dysplasia and<br />

carcinoma in situ is essentially one of morphologic threshold<br />

since nuclear atypia is evident but should not be severe<br />

enough to merit a diagnosis of carcinoma in situ. The lamina<br />

propria is usually unaltered but may contain increased inflammation<br />

and/or neovascularity.<br />

Immunohistochemistry shows abnormal expression of CK20,<br />

Ki-67 and p53 in the majority of the cases, together or individually,<br />

and helps to distinguish reactive atypia from dysplasia<br />

but not dysplasia from CIS 5 . Increased reactivity for<br />

CD44 in all layers of the urothelium is, on the contrary, more<br />

commonly seen in reactive atypia 7 .<br />

Dysplastic lesions are typically seen in bladders with urothelial<br />

neoplasia and are uncommon in patients without it 17 . In<br />

patients with bladder tumors, the presence of dysplasia<br />

places them at higher risk for recurrence and progression 18 .<br />

Urothelial carcinoma in situ. Carcinoma in situ CIS Highgrade<br />

Intraurothelial Neoplasia is histologically characterized<br />

by unequivocal severe cytological atypia, i.e., the type<br />

of atypia usually seen in invasive urothelial carcinoma. The<br />

urothelium may be diminished in thickness or of normal<br />

thickness, while the observation of an increased thickness is<br />

exceedingly rare. Cells have large, irregular, hyperchromatic<br />

nuclei often with one or more large nucleoli. There is alteration<br />

or complete loss of polarity and mitotic activity is<br />

frequently observed 9 2 . The lamina propria is frequently hypervascular<br />

and inflamed reflecting the erythematous appearance<br />

witnessed on cystoscopy. When evaluating the degree<br />

of cytological atypia, it is always important the comparison<br />

with the cells of the surrounding normal urothelium.<br />

CIS may grow in the surrounding normal urothelium as clusters<br />

or isolated single cells pagetoid spread or undermining<br />

or overriding it 19 . The term of clinging CIS is used for cases<br />

where only a few residual cancer cells remain on the surface<br />

9 .<br />

A common feature of CIS is the lack of intercellular cohesion<br />

resulting in extensive denudation. Since denudation may occur<br />

also in association with trauma due to instrumentation or<br />

therapy, deeper sections through the paraffin block may be<br />

helpful in revealing atypical cells diagnostic for CIS. In the<br />

absence of atypical cells, the finding of extensive denudation,<br />

particularly when associated with neovascularity and chronic<br />

inflammation in the lamina propria, must be included in<br />

the report and correlation with urine cytology findings may<br />

be suggested 1 .<br />

Potential mimics of CIS are the truncated papillae that remain<br />

after treatment of papillary carcinoma with Mitomycin<br />

C and thiotepa, particularly when associated with denudation<br />

and inflammation 20 . CIS can be mimicked 21 by infection of<br />

immunocompromised patients with the human polyoma virus<br />

resulting in large homogeneous inclusions in enlarged nuclei<br />

of urothelial cells.<br />

The differentiation of CIS from other flat urothelial lesions<br />

with atypia is based primarily on the cytologic features. Lim-<br />

99<br />

ited studies suggest a potential adjunctive role of immunohistochemistry<br />

7 22-24 . CIS frequently shows diffuse, strong cytoplasmic<br />

reactivity for CK20 and diffuse nuclear reactivity<br />

for p53 throughout the full thickness of the urothelium.<br />

CD44 reactivity is limited to a residual basal cell layer of<br />

normal urothelium when present, but is absent in the neoplastic<br />

cells. A panel consisting of these three antibodies is<br />

important as not all cases of CIS consistently exhibit the<br />

characteristic immunostaining.<br />

CIS with microinvasion. In bladder carcinoma in situ, a<br />

careful search should be made for the presence of invasion.<br />

Microinvasive carcinoma of the urinary bladder is defined by<br />

invasion into the lamina propria to a depth ranging 2-to-5<br />

mm from the basement membrane 25 26 . Microinvasion appears<br />

as direct extension cords tentacular, single cells, or single<br />

cells and clusters of cells. The neoplastic cells may be interspersed<br />

among and masked by chronic inflammation. In<br />

this case immunohistochemistry with antibodies against CEA<br />

or cytokeratins such as AE1-AE3 should be applied to identify<br />

the invading cells 9 . Desmoplasia or retraction artifacts<br />

that may mimic vascular invasion are useful in recognizing<br />

invasion 27 28 .<br />

Some patients who have had prior bladder biopsies or<br />

transurethral resections undergo a repeat resection within<br />

several months for various reasons. The detection of a few<br />

residual tumour cells in bladder specimens with prior biopsy<br />

site changes can be challenging based on histology alone.<br />

Immunohistochemistry for cytokeratins may be used as an<br />

adjunct in this situation. However, when interpreting CK<br />

stains for the detection of residual tumour cells, one should<br />

pay attention to the nature of the cells and not assume all CK<br />

positive cells are neoplastic 2 .<br />

Papillary urothelial neoplasms. The papillary lesions are<br />

here described according to the WHO 2004 classification 1 .<br />

We do not report here the WHO 1973 classification because<br />

it is already well known in the pathology, urology and oncology<br />

communities. There still is debate as to whether the<br />

WHO 2004 system should be the only one to be used and<br />

whether the WHO 1973 system should be abandoned. Current<br />

practice in patient’s management is still based on the old<br />

one.<br />

Urothelial papilloma. Urothelial papilloma without qualifiers<br />

refers to the exophytic variant of papilloma, defined as<br />

a discrete papillary growth with a central fibrovascular core<br />

lined by urothelium of normal thickness and cytology. This is<br />

a rare, benign condition typically occurring as a small, isolated<br />

growth, commonly but not exclusively seen in younger<br />

patients 29 30 .<br />

Inverted urothelial papilloma. Although not strictly speaking<br />

a papillary lesion is classified here because it shares certain<br />

features with exophytic urothelial papilloma. The histology<br />

of inverted papillomas has been well described 31 . Rarely,<br />

cases are hybrid in which significant portions of the lesion resemble<br />

exophytic urothelial papillomas and inverted urothelial<br />

papillomas. These lesions should be classified as papillomas<br />

with both exophytic and inverted features 2 .<br />

When completely excised, inverted papillomas have a very<br />

low risk of recurrence. In a minority of cases, they may be<br />

associated with urothelial carcinoma occurring either concurrently<br />

or subsequently. Rarely, cases of urothelial carcinoma<br />

arising in inverted urothelial papillomas have been described<br />

1 .<br />

Papillary urothelial neoplasm of low malignant potential.<br />

A papillary urothelial lesion with an orderly arrangement of<br />

cells with minimal architectural abnormalities and minimal


100<br />

nuclear atypia irrespective of cell thickness. The urothelium<br />

lining the papillae is similar to flat hyperplasia 15 32 . The major<br />

distinction from papilloma is that in papillary urothelial neoplasm<br />

of low malignant potential the urothelium is much<br />

thicker and/or nuclei are significantly enlarged. The urothelial<br />

papilloma, in contrast, has no architectural or cytological atypia.<br />

Mitotic figures are infrequent in papillary urothelial neoplasms<br />

of low malignant potential, and usually limited to the<br />

basal layer. This lesion is not associated with invasion or<br />

metastases, except in rare cases 33 . These patients are at an increased<br />

risk of developing recurrent or new papillary lesions.<br />

These new lesions occasionally are of higher grade and may<br />

progress.<br />

Papillary urothelial carcinoma, low-grade. A papillary<br />

urothelial lesion with an overall orderly appearance but with<br />

easily recognizable variation of architectural and or cytological<br />

features seen at scanning magnification 15 . Variation of<br />

polarity and of nuclear size, shape, and chromatin texture are<br />

the hallmark of the lesion. Mitotic figures are infrequent and<br />

usually seen in the lower half of the urothelium. The urothelium<br />

lining the papillae is similar to flat dysplasia. Tangential<br />

sections near the base of the urothelium may be misleading<br />

since result in sheets of immature urothelium with frequent<br />

mitotic activity. A spectrum of cytological and architectural<br />

abnormalities may exist within a single lesion, stressing the<br />

importance of examining the entire lesion and noting the<br />

highest grade of abnormality 34 .<br />

Papillary urothelial carcinoma, high-grade. A papillary<br />

urothelial lesion with predominantly or totally disorderly appearance<br />

at low magnification with both architectural and cytological<br />

abnormalities. The epithelium is disorganized and<br />

there is a spectrum of nuclear pleomorphism ranging from<br />

moderate to marked. The nuclear chromatin tends to be<br />

clumped and nucleoli may be prominent. Mitotic figures, including<br />

atypical forms, are frequently seen at all levels 2 . The<br />

urothelium lining the papillae is similar to flat CIS. In tumors<br />

with variable histology, the tumor should be graded according<br />

to the highest grade.<br />

High-grade papillary urothelial carcinomas have a high risk<br />

of progression and of association with invasive disease at the<br />

time of diagnosis 35 36 .<br />

Relation of WHO 1973 to WHO 2004. A major misconception<br />

is that there is a one to one translation between the<br />

WHO 2004 and the WHO 1973 classification systems. Only<br />

at the extremes of grades in the WHO 1973 classification<br />

does this correlation hold true 2 37-40 . Lesions called papilloma<br />

in the WHO 1973 classification system would also be<br />

called papilloma in the WHO 2004 system. At the other end<br />

of the grading extreme, lesions called WHO grade 3 are by<br />

definition high-grade carcinoma in the WHO 2004 system.<br />

However, for WHO grades 1 and 2, there is no direct translation<br />

to the WHO 2004 system. Lesions classified as WHO<br />

grade 1 in the 1973 system, showing no cytological atypia,<br />

some nuclear enlargement and merely thickened urothelium,<br />

are included in the group of papillary urothelial neoplasms<br />

of low malignant potential in the WHO 2004 system<br />

while other WHO grade 1 lesions showing slight cytological<br />

atypia and mitoses, are diagnosed in the WHO 2004 system<br />

as low-grade papillary urothelial carcinomas. WHO<br />

grade 2 includes either relatively bland lesions that in the<br />

WHO 2004 system would be called low-grade papillary<br />

urothelial carcinoma or higher grade lesions, which in many<br />

institutions are called WHO grade 2-3. These lesions in the<br />

WHO 2004 classification system would be called highgrade<br />

papillary urothelial carcinoma.<br />

SLIDE SEMINAR JUNIORES<br />

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PATHOLOGICA 2007;99:102<br />

Slide Seminar Seniores. FNAB tiroideo: criteri citologici<br />

di malignità del carcinoma papillare<br />

Esperienza di 24 anni di attività<br />

A. Assi<br />

U.O. Anatomia Patologica, Azienda Ospedaliera “Ospedale<br />

Civile di Legnano”<br />

Introduzione. La mia esperienza in citologia tiroidea si<br />

riferisce a ventiquattro anni di attività, dedicati sia alla citologia<br />

diagnostica che alla citologia agoaspirativa suddivisi in<br />

tre periodi: dal 1981 al 1986 all’Ospedale di Legnano; dal<br />

1987 al 1993 all’Ospedale di Busto Arsizio; dal 1994 a tutt’oggi<br />

di nuovo all’Ospedale di Legnano.<br />

Metodo. Nel periodo 1981-2005 sono stati eseguiti 28.226<br />

agoaspirati di lesioni nodulari tiroidee. I noduli di presentavano<br />

clinicamente palpabili, ipoecogeni all’ecografia, non<br />

funzionanti alla scintigrafia con 99m Tc.<br />

L’agoaspirato è stato eseguito a mano libera con aghi spinali<br />

di 22 gauge lunghi 3 cm. I noduli non palpabili ma visibili<br />

ecograficamente sono stati agoaspirati sotto guida ecografica<br />

con sonde della frequenza da 7,5 a 10 Mhz, con guida elettronica<br />

ed accesso laterale, utilizzando aghi spinali da 22<br />

gauge lunghi 9 cm.<br />

Per ogni nodulo sono stati eseguiti 2 agoaspirati. Il materiale<br />

ottenuto è stato strisciato su vetrino e colorato con metodiche<br />

PAP e MGG. In casi selezionati è stato eseguito citoincluso<br />

in paraffina dopo tecnica del cell-block e sono state applicate<br />

metodiche di immunoistochimica.<br />

Risultati. I dati presentati si riferiscono a 28.226 agoaspirati<br />

effettuati dal 1981 al 2005 e citologicamente sono risultati:<br />

26.768 94,8% negativi; 122 0,4% sospetti per patologia neoplastica;<br />

836 3,0% positivi e 500 1,8% inadeguati.<br />

L’esame istologico del pezzo operatorio di 1.702 pazienti sottoposti<br />

a tiroidectomia o emitiroidectomia, dal 1989, ha permesso<br />

di diagnosticare 478 neoplasie maligne e 1.224 lesioni<br />

benigne. In 41 pazienti 2,4% è stato diagnosticato un “carcinoma<br />

occulto” in aree diverse da quelle sottoposte ad<br />

agoaspirato, in altri 9 casi 8 carcinomi papillari ed 1 follicolare<br />

il “carcinoma occulto” è stato diagnosticato con<br />

l’agoaspirato. In totale sono stati diagnosticati istologicamente<br />

50 “carcinomi occulti” 1 follicolare, 46 papillari, 3 midollari.<br />

Negli altri 1.652 pazienti operati sono state individuate 428<br />

lesioni maligne: 47 carcinomi follicolari capsulati, 22 carcinomi<br />

follicolari invasivi, 304 carcinomi papillari, 17 carcinomi<br />

midollari, 17 carcinomi anaplastici, 10 linfomi maligni<br />

non Hodgkin e 11 lesioni metastatiche.<br />

Delle 428 lesioni maligne, 346 sono state diagnosticate alla<br />

citologia sensibilità 81,1%; 58 33 carcinomi follicolari capsulati,<br />

11 carcinomi follicolari invasivi e 14 carcinomi papillari<br />

sono state diagnosticate citologicamente come neoplasie<br />

follicolari adenomi, 22 come struma 18 carcinomi papillari,<br />

1 carcinoma follicolare capsulato, 1 carcinoma midollare, 2<br />

carcinomi anaplastici ed 1 come tiroidite linfocitaria carcinoma<br />

follicolare capsulato.<br />

Delle 1.224 lesioni benigne 1 nodulo iperplastico, 825 strumi<br />

colloido-cistici, 380 adenomi, 17 tiroiditi, 1 emangioendotelioma,<br />

1.211 sono state diagnosticate alla citologia specificità<br />

98,9% e le 9 con citologia sospetta o positiva sono risultate<br />

essere 1 nodulo iperplastico e 8 adenomi 1 .<br />

Conclusioni. L’agoaspirazione con ago sottile di lesioni<br />

nodulari tiroidee in questa casistica risulta avere un’accuratezza<br />

del 94,3% con un valore predittivo positivo del<br />

97,5% ed un valore predittivo negativo del 93,7% 2 .<br />

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PATHOLOGICA 2007;99:103-105<br />

Biopsia endomiocardica<br />

O. Leone<br />

Anatomia ed Istologia Patologica, Azienda Ospedaliero-Universitaria<br />

“S. Orsola-Malpighi”, Bologna<br />

La biopsia endomiocardica (BEM) si è diffusa nella pratica<br />

clinica negli ultimi decenni ed ha rappresentato un innovativo<br />

strumento di indagine nella ricerca sulle malattie del muscolo<br />

cardiaco e, grazie alle tecnologie resesi disponibili nel<br />

corso degli anni, ha consentito significativi progressi nella<br />

ricerca e nella diagnostica delle malattie del miocardio.<br />

Attualmente, l'uso diagnostico della BEM nelle cardiomiopatie<br />

alla base dello scompenso cardiaco, nelle aritmie<br />

e nelle patologie neoplastiche primitive e metastastiche è divenuto<br />

routinario, anche se tale realtà non viene probabilmente<br />

percepita con chiara evidenza in ambito anatomo-patologico<br />

generale al di fuori degli Ospedali in cui sono presenti<br />

Centri di trapianto o Centri cardiologici e cardiochirurgici<br />

di riferimento.<br />

Le ragioni alla base dell'incrementato uso diagnostico della<br />

BEM sono principalmente due:<br />

- l'impiego sistematico nel monitoraggio del paziente trapiantato,<br />

nel quale la BEM rimane ancora oggi il metodo<br />

più sensibile per la diagnosi di rigetto, che ha apportato<br />

una maggiore consuetudine e sicurezza nell'espletamento<br />

dell'indagine;<br />

- la crescente attenzione e la necessità della definizione eziologica<br />

delle cardiomiopatie, alla luce delle importanti implicazioni<br />

prognostiche e terapeutiche che ne derivano, per<br />

cui l'approccio diagnostico al paziente affetto da scompenso<br />

cardiaco si è andato modificando.<br />

Trattandosi però di un'indagine invasiva, le “capacità” diagnostiche<br />

della BEM vanno commisurate alla effettive possibilità<br />

di modificare significativamente la diagnosi clinica ed,<br />

eventualmente, di apportare contributi alla definizione prognostica<br />

della malattia e alle opzioni terapeutiche.<br />

Dopo gli studi storici degli anni ’70 ed ’80 della Billingham et<br />

al. 1 2 , studi recenti 3 effettuati su ampie casistiche bioptiche<br />

hanno segnalato una più elevata sensibilità diagnostica della<br />

BEM rispetto alla diagnosi clinica in una percentuale significativa<br />

(31%) dei casi di cardiomiopatia inspiegata dopo valutazione<br />

clinico-strumentale, con particolare riguardo alle patologie<br />

della miocardite e dell'amiloidosi, ed un elevato grado<br />

di specificità, soprattutto in alcune cardiomiopatie specifiche.<br />

Altri studi su casistiche numericamente significative hanno,<br />

inoltre, evidenziato il ruolo che tale indagine può assumere nel<br />

fornire informazioni utili dal punto di vista prognostico e terapeutico<br />

4 o dettagli patogenetici sulle malattie del miocardio.<br />

Gli elementi che hanno, però, contribuito in modo sostanziale<br />

ad aumentare la sensibilità e specificità diagnostica della<br />

BEM sono rappresentati da:<br />

- l'uso di criteri diagnostici istopatologici definiti ed internazionalmente<br />

condivisi;<br />

- la standardizzazione dei protocolli anatomo-patologici;<br />

- la possibilità di affiancare all'esame istologico tradizionale,<br />

le altre metodologie e tecniche di caratterizzazione tissutale<br />

(metodiche immunoistochimiche, molecolari, ultrastrutturali)<br />

5 .<br />

Al patologo si richiede spesso un intervento differenziato a<br />

seconda della situazione clinica e la capacità di interagire at-<br />

Progressi in Cardiopatologia<br />

tivamente con il clinico, valutando le possibilità diagnostiche<br />

della BEM rispetto alle specifiche esigenze.<br />

Nelle situazioni in cui la valutazione clinico-strumentale<br />

standard non è riuscita a stabilire con un sufficiente grado di<br />

certezza la causa della patologia cardiaca, viene richiesto soprattutto<br />

di intervenire nella definizione eziologica della<br />

malattia, nel contesto di uno scompenso cardiaco di recente<br />

insorgenza o cronico o di una patologia aritmica di cui siano<br />

state già escluse alcune eziologie.<br />

Nei casi in cui il sospetto clinico eziologico è molto indirizzato<br />

o la causa della cardiopatia è già accertata, il cardiologo<br />

può avere la necessità di disporre, oltre che della definitiva<br />

conferma dell'interessamento miocardico, di puntualizzazioni<br />

eziologiche più specifiche o di informazioni utili dal<br />

punto di vista prognostico e terapeutico, come ad es. la<br />

gradazione della malattia e lo studio di parametri istopatologici<br />

particolari.<br />

Le possibilità diagnostiche della BEM sono quindi, oggi,<br />

molto più articolate, per cui il contributo dell'esame istologico<br />

può svolgersi a differenti livelli:<br />

- la diagnosi di certezza di una cardiomiopatia specifica,<br />

possibile in alcune patologie definite: cardiomiopatie infiammatorie,<br />

amiloidosi, emocromatosi, glicogenosi, malattia<br />

di Anderson-Fabry, desminopatie, sarcoidosi, cardiomiopatia<br />

peripartum, endomiocardiofibrosi, alcune patologie<br />

aritmiche, patologia neoplastica;<br />

- informazioni eziologiche più dettagliate nell'ambito di un<br />

gruppo di cardiomiopatie: la natura infettiva, immune o<br />

“tossica” delle miocarditi, il tipo di virus causa della malattia<br />

infiammatoria, la definizione del tipo di componente<br />

fibrillare maggiore nei depositi di amiloide, cioè del tipo di<br />

amiloide 6 ;<br />

- la gradazione della malattia, come nell'emocromatosi/emosiderosi,<br />

nell'amiloidosi cardiaca, nelle cardiomiopatie infiammatorie;<br />

- il grado di attività della malattia, soprattutto nelle malattie<br />

infiammatorie;<br />

- il monitoraggio della malattia dopo terapia.<br />

In alcune patologie su base genetica, come nelle distrofinopatie<br />

o nelle cardiomiopatie mitocondriali, la BEM,<br />

pur non riuscendo a fornire una diagnosi di certezza, può indirizzare<br />

significativamente la diagnosi, contribuendo al successivo<br />

programma diagnostico (espletamento ad es. di<br />

indagini genetiche).<br />

In altri casi ancora, la diagnosi istologica è aspecifica o di<br />

generica compatibilità con il pattern funzionale segnalato dal<br />

clinico: in tale eventualità, l'esclusione di alcune patologie<br />

rappresenta comunque un target importante ai fini prognostico-terapeutici.<br />

In tale contesto, è importante che il cardiologo ed il patologo<br />

si rendano capaci di una lettura integrata, anche alla luce<br />

delle nuove conoscenze sulle cardiomiopatie, che ne stanno<br />

sempre più evidenziando la complessità, la possibilità di<br />

eziopatogenesi multifattoriali miste e l'eventualità che pattern<br />

patofisiologici o quadri morfologici una volta univocamente<br />

riferiti a singole forme specifiche, possano in realtà<br />

coesistere in una stessa cardiomiopatia, ponendo talora significativi<br />

problemi di diagnostica differenziale 7 .<br />

Nel corso della relazione saranno evidenziate le varie possibilità<br />

diagnostiche della BEM, attraverso l'analisi di alcuni<br />

protocolli anatomo-patologici.


104<br />

Bibliografia<br />

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Morte improvvisa e autopsia molecolare<br />

C. Basso, E. Carturan, G. Thiene<br />

Sezione di Anatomia Patologica Speciale, Dipartimento di<br />

Scienze Medico-diagnostiche e Terapie Speciali, Università<br />

di Padova<br />

La Morte Improvvisa (MI) è una delle più comuni modalità<br />

di morte, le cui cause sono per lo più di origine cardiaca. Nella<br />

maggior parte dei casi vengono identificate alterazioni<br />

strutturali, ma in una percentuale variabile fino al 20% la MI<br />

in giovane età (< 40 anni) rimane inspiegata anche dopo uno<br />

studio approfondito macro e microscopico 1 2 .<br />

Recentemente è stato dimostrato che le MI sine materia sono<br />

spesso dovute a mutazioni a livello di geni che codificano per<br />

i canali ionici del sodio, del potassio e del calcio (sindrome<br />

del QT lungo, del QT corto, di Brugada e della tachicardia<br />

ventricolare polimorfa catecolaminergica). Inoltre esistono<br />

cardiopatie strutturali geneticamente determinate in cui può<br />

risultare importante lo screening di mutazione di geni noti<br />

(cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro, cardiomiopatia<br />

ipertrofica, cardiomiopatia dilatativi, malattia progressiva<br />

del sistema di conduzione o di Lenegre) 3 . Infine una non<br />

trascurabile percentuale di MI giovanili è dovuta ad una miocardite<br />

di eziologia virale 2 .<br />

Pertanto, l’applicazione delle tecniche di biologia molecolare<br />

risulta fondamentale nello studio postmortem (autopsia<br />

molecolare) e risulta pertanto necessario mettere a punto un<br />

protocollo uniforme per lo studio molecolare postmortem<br />

della MI.<br />

Ad oggi, l’indagine genetica molecolare postmortem nella<br />

MI giovanile è stata effettuata solo in rari casi. Nel 1999 veniva<br />

riportato il primo caso di autopsia molecolare da Ackerman<br />

et al. 4 in un caso di MI di una giovane donna di 19 anni,<br />

identificando una delezione nel gene del canale del potassio<br />

(KCNQ1-LQT 1). Nel 2004, Chugh et al. 5 eseguirono<br />

uno screening postmortem per i geni della LQTS in 12 casi<br />

di MI con cuore strutturalmente sano. Lo studio fu eseguito<br />

utilizzando DNA estratto da campioni autoptici fissati ed inclusi<br />

in paraffina (FF-PET). In due casi gli autori identificarono<br />

mutazioni nel gene KCNH2–LQT2. Nello stesso anno<br />

furono pubblicati altri due studi molecolari postmortem. Di<br />

Paolo et al. 6 che indagarono 10 casi di MI giovanile per i geni<br />

LQTS utilizzando sempre materiale FF-PET, e identificarono<br />

mutazioni nel gene KCNQ1-LQT1 in due individui; e<br />

PROGRESSI IN CARDIOPATOLOGIA<br />

Tester et al. 7 che identificarono mutazioni del gene RyR2 nel<br />

14% di MI “sine materia”. In quest’ultimo caso l’indagine<br />

molecolare è stata eseguita utilizzando DNA estratto da sangue<br />

autoptico o da miocardio congelato. Successivamente,<br />

gli stessi autori hanno analizzato la stessa casistica di MI “sine<br />

materia” per otto geni implicati nella LQTS identificando<br />

otto mutazioni missenso (5 KCNQ1-LQT1, 2 KCNH2-<br />

LQT2, 1 SCN5A-LQT3) e due polimorfismi noti (KCNH2-<br />

LQT2, SCN5A-LQT3) dei quali è stata dimostrata la potenziale<br />

suscettibilità aritmica 8 . Complessivamente lo studio<br />

molecolare condotto nella serie di 49 MI “sine materia” evidenziava<br />

nel 35% dei casi una mutazione putativa dei canali<br />

ionici. Più recentemente, Creighton et al. 9 hanno riportato tre<br />

nuove mutazioni nel gene RyR2 ed una mutazione nota nel<br />

gene KCNH-LQT1 nello studio genetico eseguito in 14 MI<br />

con cuore strutturalmente sano, utilizzando DNA estratto da<br />

tessuto congelato. Negativa è stata l’indagine condotta da<br />

Doolan et al. 10 per i geni KCNQ1 e SCN5A, effettuata in 59<br />

casi MI utilizzando DNA estratto da FF-PET.<br />

Gli attuali protocolli autoptici nella MI non prevedono il prelievo<br />

di campioni dedicati all’indagine molecolare postmortem.<br />

Purtroppo la maggior parte dei campioni disponibili sono<br />

FF-PET, essendo questa la miglior tecnica di conservazione<br />

tissutale per lo studio istologico ed immunistochimico, ma<br />

la processazione del campione durante la fissazione e l’inclusione<br />

può portare ad una degradazione degli acidi nucleici<br />

che, se non ne precludono, ne limitano l’utilizzo. Infatti, se<br />

la media della lunghezza dei frammenti amplificati di DNA<br />

nella biopsia endomiocardica è di 300-400 basi, nel tessuto<br />

miocardico postmortem è molto più corta, inferiore a 250bp.<br />

Va precisato inoltre che, mentre nell’analisi virale la grandezza<br />

degli amplificati può essere modificata disegnando<br />

coppie di primer specifiche per FF-PET e ricorrendo anche<br />

alla nested-PCR, l’analisi di mutazione risulta essere meno<br />

modulabile e più esigente.<br />

Nel caso in cui non fosse possibile congelare o non fosse disponibile<br />

l’RNAlater, la fissazione del tessuto rimane l’unica<br />

possibilità. In questa circostanza le raccomandazioni per rendere<br />

possibile una successiva estrazione degli acidi nucleici<br />

sono: 1) minimo tempo di prefissazione; 2) uso di formalina<br />

tamponata al 10%; 3) bassa concentrazione di sali; 4) fissazione<br />

a freddo 4°; 5) durata di fissazione entro le 3-6 ore; 6)<br />

utilizzare EDTA 20-50 mmol/L come additivo; 7) evitare un<br />

basso pH. Per facilitare un’uniforme penetrazione del fissativo<br />

è importante che il campione sia di piccole dimensioni<br />

(0,5-1 gr) e il volume della soluzione sia circa 20 volte quello<br />

del tessuto. Il prolungato tempo di fissazione e le condizioni<br />

di conservazione del tessuto incluso in paraffina (umidità<br />

e temperatura) non hanno effetti nello studio istologico,<br />

ma incidono negativamente nella qualità del DNA 11 .<br />

Per quanto riguarda studi prospettici, idealmente si dovrebbero<br />

sempre prelevare 5ml di sangue in EDTA e 5g di miocardio,<br />

milza e/o linfonodi, congelarli e conservarli a -80° o in RNAlater<br />

a 4°. Entrambi i metodi di conservazione permettono<br />

un’ottimale preservazione del tessuto consentendo l’indagine<br />

molecolare postmortem. L’RNAlater è una soluzione acquosa,<br />

non tossica, che rapidamente penetra nel tessuto stabilizzando e<br />

proteggendo gli acidi nucleici. In tal modo si ovvia alla necessità<br />

di processare o congelare immediatamente il campione. Il<br />

tessuto di grandezza inferiore a 0.5 cm per lato, viene immerso<br />

in un volume di RNAlater pari a 5-10 volte le sue dimensioni e<br />

poi conservato a 4° e analizzato in un secondo momento.<br />

L’indagine molecolare postmortem può aiutare a ridurre ulteriormente<br />

il numero di MI che rimangono inspiegate, nelle


PROGRESSI IN CARDIOPATOLOGIA<br />

quali la diagnosi finale può essere ottenuta solo attraverso<br />

uno screening genetico che, quando positivo, può essere la<br />

base di partenza per uno screening clinico-genetico dei familiari,<br />

ai fini di una diagnosi precoce nei soggetti asintomatici<br />

e della prevenzione della MI.<br />

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PATHOLOGICA 2007;99:106-110<br />

I linfomi B a cellule della zona marginale<br />

M. Paulli<br />

Dipartimento di Patologia Umana, Università di Pavia<br />

Nel 1958, Lennert fu il primo a descrivere la cosiddetta “istiocitosi<br />

immatura dei seni “, che si rivelò poi essere una proliferazione<br />

linfoide reattiva di un peculiare “subset” di cellule<br />

B definite come “monocitoidi”. Lennert aveva osservato<br />

questa reazione sia in casi di sialoadenite linfoepiteliale sia in<br />

alcuni immunocitomi sempre insorti a livello delle ghiandole<br />

salivari.<br />

Successivamente, vari Autori segnalarono linfomi con caratteristiche<br />

citomorfologiche riconducibili alle cellule B<br />

monocitoidi, ma solo nel 1992 si iniziò ad ipotizzare l’esistenza<br />

di una stretta correlazione tra il linfoma a cellule della<br />

zona marginale nodale da un lato e, rispettivamente, i linfomi<br />

MALT-correlati ed il linfoma primitivo splenico della<br />

zona marginale dall’altro.<br />

Seguono alcune brevi note dedicate in parte alla descrizione<br />

dei principali aspetti morfofunzionali della zona marginale<br />

“normale”, in parte al linfoma marginale a primitività nodale,<br />

forma quest’ultima di relativamente rara osservazione. In<br />

margine, alcune considerazioni sui dati emergenti che sembrano<br />

dimostrare la rilevanza eziopatogenetica dell’infezione<br />

da virus HCV nell’eziopatogenesi di alcuni “subsets” di linfomi<br />

della zona marginale.<br />

La zona marginale: definizione, distribuzione anatomica<br />

e morfologia. La zona marginale ZM è un ben distinto compartimento<br />

B-cellulare, più evidente in quegli organi linfoidi<br />

ad es. polpa bianca della milza, placche del Peyer nel piccolo<br />

intestino, tonsille dove il contatto con l’antigene è più frequente<br />

e quantitativamente più rilevante. Per questa ragione<br />

nei linfonodi, in condizioni di normale stimolo antigenico, la<br />

ZM è di solito poco riconoscibile, con la sola eccezione dei<br />

linfonodi mesenterici.<br />

La ZM circonda la corona mantellare ed è costituita da elementi,<br />

prevalentemente di medie dimensioni, con citoplasma<br />

spesso chiaro e nuclei, da tondeggianti ad ovoidali, con uno<br />

o due nucleoli. All’esame ultrastrutturale le cellule della ZM<br />

contengono numerosi piccoli mitocondri, scarse cisterne di<br />

reticolo endoplasmatico rugoso ed un ben sviluppato apparato<br />

del Golgi. Le cellule della ZM sono frammiste ad una quota<br />

variabile di elementi di aspetto blastico, piccoli linfociti,<br />

macrofagi, plasmacellule e talora granulociti.<br />

Mentre la ZM è poco sviluppata nei linfonodi normali, essa è<br />

invece ben evidente in varie linfoadenopatie reattive, la gran<br />

parte dei quali ad eziologia infettiva ad es. toxoplasmosi, infezione<br />

da HIV, ecc., in forma di una proliferazione B di aspetto<br />

monocitoide, con caratteristica distribuzione sinusale<br />

sottocapsulare cosiddetta “istiocitosi immatura dei seni”.<br />

Proliferazione/iperplasia delle cellule B-monocitoidi è spesso<br />

osservabile anche in linfonodi che drenano da aree sede di<br />

neoplasia ad es. carcinoma della mammella e carcinoma gastrico.<br />

Il profilo immunofenotipico delle cellule della ZM prevede<br />

l’espressione degli antigeni CD20 e CD79a con negatività<br />

per CD5, CD10, CD23 e CD43. Si osserva inoltre reattività<br />

per le sIgM con debole/assente espressione di IgD; frequenti<br />

le positività per CD21/CD35 CR1/2 e C3 e per la fosfatasi alcalina.<br />

Allo stato dell’arte, non sono disponibili marcatori<br />

Linfomania<br />

immunoistochimici assolutamente specifici per le cellule della<br />

ZM; alcune speranze in tal senso vengono dai risultati dei<br />

tests condotti con l’anticorpo anti-IRTA-1 “immune receptor<br />

translocation associated-1 protein, sviluppato presso il laboratorio<br />

del prof. Falini.<br />

Nonostante il termine ZM identifichi una micro-area anatomica<br />

in sede splenica, vari studi hanno sottolineato le analogie<br />

morfofunzionali tra le componenti cellulari della ZM rispettivamente<br />

splenica e nodali. Esistono però, tra questi distretti,<br />

minori differenze in termini di profilo antigenico responsabili,<br />

almeno in parte, delle loro differenti caratteristiche funzionali.<br />

Queste differenze immunofenotipiche riguardano l’espressione<br />

di IgM e bcl-2 rispettivamente variabile ed assente<br />

negli elementi monocitoidi nodali, del Ki-B3, epitopo del<br />

CD45RA presente sugli elementi monocitoidi nodali, negativo<br />

nella ZM splenica e dell’antigene DBA44 negativo sulla<br />

ZM splenica, positivo nel 20% circa degli elementi monocitoidi<br />

nodali.<br />

Su queste basi rimane aperto il dibattito sull’esatta o meno<br />

corrispondenza funzionale tra le cellule della ZM splenica e<br />

gli elementi B monocitodi nodali.<br />

Secondo alcuni Autori, questi ultimi rappresenterebbero una<br />

sottopopolazione B funzionalmente differente rispetto alle<br />

cellule della ZM splenica: studi sullo stato mutazionale dei<br />

geni delle regioni variabili delle immunoglobuline IgvH condotti<br />

su cellule della ZM splenica ed a livello delle placche<br />

del Payer hanno dimostrato trattarsi prevalentemente di<br />

“memory-cells”, con una componente minoritaria di elementi<br />

“naive”. Al contrario, gli elementi monocitoidi nodali, ad<br />

esempio quelli presenti in corso di linfoadenite toxoplasmosica,<br />

sono risultati prevalentemente di tipo “naive” con<br />

una quota 25% circa di cellule post-centro germinativo “nonantigen-selected”.<br />

L’esatta origine degli elementi della ZM e la loro funzione<br />

non sono quindi completamente chiarite: evidenze sperimentali<br />

indicherebbero le cellule della ZM quali precursori delle<br />

plasmacellule tipo Marschalko; questa modulazione funzionale<br />

si realizzerebbe entro 24 ore circa dal contatto con<br />

l’antigene, attraverso il passaggio immunoblasto, plasmoblasto<br />

sino a plasmacellula, indipendentemente dai meccanismo<br />

di regolazione T-mediati. A livello della polpa bianca<br />

splenica, le cellule della ZM rappresenterebbero poi sia<br />

dei siti di legame che dei vettori di trasporto di antigeni e di<br />

complessi immuni, che verrebbero così più facilmente messi<br />

a contatto con i prolungamenti degli elementi dendritico-reticolo-follicolari.<br />

Linfomi a derivazione dalla zona marginale. Nonostante<br />

siano caratterizzati da analogie sia morfologiche che immunomolecolari,<br />

i linfomi della ZM mostrano tuttavia alcune<br />

peculiarità in termini di presentazione clinica e di “outcome”,<br />

tali da giustificarne una distinzione in forme primitive nodali<br />

e forme primitive extranodali.<br />

La “WHO Lymphoma Classification” ha quindi suddiviso i<br />

linfomi B della zona marginale rispettivamente in:<br />

a. linfoma B della zona marginale a primitività nodale;<br />

b. linfoma B della zona marginale a primitività extranodale<br />

del tessuto linfoide mucosa associato MALT * ;<br />

c. linfoma B della zona marginale a primitività splenica.<br />

* a queste principali categorie deve essere aggiunto il linfoma<br />

B della zona marginale a primitività cutanea, inserito come


LINFOMANIA<br />

entità distinta nella “WHO/EORTC Cutaneous Lymphoma<br />

Consensus Classification”, 2005.<br />

Linfoma B della zona marginale nodale. Definizione: linfoma<br />

relativamente raro 1,8% di tutti i LNH, con decorso<br />

clinico relativamente indolente, a derivazione dagli elementi<br />

B-marginali/sinusoidali; “conditio sine qua non” per una diagnosi<br />

di linfoma marginale primitivo nodale, è l’assenza,<br />

clinicamente dimostrata, di concomitanti o precedenti localizzazioni<br />

extranodali, particolarmente MALT-correlate.<br />

Morfologia: il “pattern” di crescita è più spesso sinusale, con<br />

tendenza alla confluenza od invece perifollicolare marginale,<br />

a circoscrivere residue strutture B-follicolari; esistono anche<br />

“patterns” intermedi o di tipo diffuso; residue strutture B-follicolari<br />

sono dimostrabili in più dell’80% dei casi, anche se<br />

spesso associate ad aspetti di “colonizzazione”.<br />

Gli elementi linfomatosi sono di solito facilmente identificabili<br />

grazie al loro citoplasma, relativamente ampio e chiaro,<br />

che determina una tipica spaziatura tra le cellule neoplastiche.<br />

La citologia della popolazione linfomatosa è variabile;<br />

l’aspetto più frequente è quello delle cellule monocitoidi:<br />

medie dimensioni, citoplasma relativamente ampio e chiaro,<br />

blu/grigiastro al Giemsa, nuclei da rotondi ad ovalari,<br />

monocito-simili, anche se in questo caso la cromatina è più<br />

scura, addensata; i nucleoli sono poco evidenti. Può essere<br />

presente una componente di grandi cellule, usualmente < al<br />

10%; ove la quota blastica risultasse superiore deve essere<br />

considerata una “variante ricca in grandi cellule”, indicativa<br />

di una fase di trasformazione in alto grado.<br />

Tipici gli aspetti differenziativi in senso plasmacellulare che<br />

talora divengono la nota preminente dell’infiltrato. In alcuni<br />

casi la cellularità neoplastica è invece costituita da piccolemedie<br />

cellule, con nuclei spesso irregolari, centrocito-simili,<br />

ridotto citoplasma ed assenza di differenziazione secernete.<br />

Il “background” reattivo può comprendere, oltre a piccoli linfociti,<br />

una discreta quota di elementi epitelioidei; frequente<br />

l’incremento delle venule epitelioidee.<br />

Basandosi sul “pattern” predominante di crescita e su alcune<br />

caratteristiche immunofenotipiche, è stata proposta una suddivisione<br />

dei linfomi B marginali nodali in due gruppi, rispettivamente<br />

“tipo-MALT” e “tipo-splenico”.<br />

Il “tipo-MALT” è caratterizzato da un “pattern” prevalentemente<br />

sinusale e perivascolare e dall’assenza una concomitante<br />

componente extranodale. Il “tipo-splenico” si caratterizza<br />

invece per una crescita più spesso perifollicolare e per<br />

una costante espressione di IgD.<br />

È doveroso ricordare che questa distinzione non riveste un<br />

valore assoluto, in quanto non da tutti condivisa.<br />

Immunofenotipo. Generalmente gli elementi neoplastici<br />

risultano: CD19+; CD20+; CD22+; CD79a+; Ki-B3+,<br />

LN1/CDW75+/-reattività debole. In circa l’80% dei casi si<br />

osserva una debole positività per bcl-2, negativo invece sugli<br />

elementi B monocitoidi reattivi. Negative le immunoreazioni<br />

per CD5, CD10, CD23, CD25, CD43 e ciclina D1/bcl-<br />

1. CIg sono dimostrabili in circa il 50% dei casi, mentre una<br />

percentuale variabile tra il 20 ed il 60% degli elementi linfomatosi<br />

presenta sIg monoclonali, soprattutto IgM; più spesso<br />

negative le sIgD, a differenza di quanto si osserva nelle<br />

forme primitive spleniche usualmente positive.<br />

Citogenetica ed istogenesi. Gli attuali dati citogenetici non<br />

sono conclusivi anche per la rarità delle forme primitive<br />

nodali; non appaiono comunque frequenti né la t11;18<br />

q21,q21 né la trisomia 3, usualmente associate ai linfomi<br />

marginali extranodali.<br />

Sul versante istogenetico, si vanno affermando evidenze a<br />

supporto della derivazione relativamente eterogenea del lin-<br />

107<br />

foma marginale nodale, in precedenza considerato ad origine<br />

da cellule “B-memory”. Studi sul “pattern” mutazionale della<br />

regione variabile delle catene pesanti delle immunoglobuline<br />

hanno infatti suggerito la possibile derivazione di questi<br />

linfomi da almeno tre distinti “subsets” cellulari in particolare:<br />

a da elementi “B-naive” con geni Vh non mutati; b da<br />

elementi “B-memory” con mutazioni somatiche in assenza di<br />

variazioni intraclonali; c da elementi tipo “germinal-center”<br />

identificati per la loro capacità di andare incontro a processi<br />

di ipermutazione somatica.<br />

Studi di CGH “comparative genomic hybridization” hanno<br />

consentito di rilevare alterazioni cromosomiche soprattutto a<br />

carico dei cromosomi 3, 18, X ed 1.<br />

Diagnostica differenziale. In diagnostica differenziale devono<br />

essere considerate rispettivamente: un’iperplasia B-follicolare<br />

con associata reazione iperplastica monocitoide; un<br />

linfoma B follicolare con aspetti di differenziazione in senso<br />

marginale; un linfoma mantellare; una localizzazione secondaria<br />

di linfoma MALT extranodale; un linfoma a piccoli linfociti<br />

con aspetti differenziativi in senso secernente, in particolare<br />

l’immunocitoma.<br />

Nel caso delle forme reattive ad es. linfoadenite toxoplasmosica,<br />

ecc., è essenziale un attento esame del “pattern” architetturale<br />

accompagnato da una valutazione quantitativa<br />

della proliferazione monocitoide; una certa cautela è d’obbligo<br />

in quanto non esistono criteri assoluti in grado di discriminare<br />

con certezza tra una iperplasia B monocitoide marcata<br />

ed una fase iniziale di linfoma nodale marginale con crescita<br />

sinusale. L’immunoistochimica può rivelarsi di una qualche<br />

utilità in quanto le cellule monocitoidi reattive sono usualmente<br />

bcl-2 negative mentre gli elementi neoplastici sono<br />

positivi sia pur con intensità di grado variabile.<br />

Una distinzione morfologica tra un linfoma marginale ed un<br />

linfoma follicolare con differenziazione marginale è spesso<br />

impossibile, soprattutto nei linfomi marginali con spiccata<br />

colonizzazione dei centri. Essenziale il ricorso all’immunoistochimica<br />

e soprattutto alle indagini FISH per la ricerca della<br />

t14;18.<br />

Anche nel caso del linfoma mantellare, la diagnostica differenziale<br />

morfologica può risultare difficile; essenziale anche<br />

in questo caso il ricorso all’immunoistochimica, con la<br />

ricerca della positività per ciclinaD-1/bcl-1, pur ricordando<br />

che una quota minoritaria di linfomi mantellari possono<br />

risultare CD5 negativi; dirimente, nei casi dubbi, il ricorso<br />

alla FISH per la t11;14.<br />

È di estrema importanza, ai fini soprattutto prognostico-terapeutici<br />

differenziare tra un linfoma marginale nodale primitivo<br />

ed una localizzazione secondaria in corso di MALToma<br />

extranodale.<br />

La sola morfologia non consente questa distinzione ed anche<br />

le indicazioni immunofenotipiche si rimanda al paragrafo di<br />

cui sopra non sono spesso dirimenti. È essenziale che il patologo<br />

non formuli questa diagnosi in mancanza di precisi<br />

dati clinici di stadiazione.<br />

Alcuni linfomi indolenti a piccole cellule, quali il linfoma<br />

linfocitico/LLC e l’immunocitoma possono presentare analogie<br />

citomorfologiche con il linfoma della ZM, e soprattutto<br />

quei casi con prominenti aspetti differenziativi in senso secernente.<br />

Utile in questi casi un’attenta ricerca di eventuali<br />

inequivocabili “clusters” di elementi B-monocitoidi; indispensabile<br />

l’immunoistochimica con l’impiego di almeno il<br />

CD5 e del CD23. Ricordiamo che in alcuni casi una distinzione<br />

netta tra un linfoma della ZM con preminenti aspetti<br />

differenziativi in senso secernente ed un vero e proprio immunocitoma<br />

può risultare impossibile; questo rafforza la pos-


108<br />

sibilità dell’esistenza una sorta di “continuum” tra queste entità.<br />

Clinica. Il linfoma marginale a primitività nodale è considerato<br />

a decorso clinico indolente. Colpisce più frequentemente<br />

soggetti di età media tra i 50 ed i 55 anni a seconda delle casistiche,<br />

con una certa preponderanza per il sesso maschile.<br />

Nella gran parte dei casi 80% circa sono interessati i linfonodi<br />

latero-cervicali. Solo il 15% circa dei pazienti ha sintomi<br />

B; rare le leucemizzazioni. Nel 30% dei casi è presente interessamento<br />

midollare. Si è già sottolineato della necessità<br />

che la diagnosi anatomo-patologica debba essere sempre di<br />

probabilità fintanto che un’accurata stadiazione ed un ragionevole<br />

follow-up abbiano consentito di escludere precedenti<br />

o concomitanti localizzazioni extranodali di malattia.<br />

Detto questo rimangono da definire le esatte relazioni biologico-funzionali<br />

ed istogenetiche tra i linfomi marginali<br />

nodali e le forme primitive extranodali. Un interessante studio<br />

comparativo di Nathwani ha dimostrato significative differenze<br />

tra le forme primitive nodali ed i MALTomi con localizzazioni<br />

nodali secondarie. Le forme primitive nodali si<br />

caratterizzano, all’esordio, per uno stadio di malattia spesso<br />

avanzato con interessamento di stazioni nodali, sia superficiali<br />

che profonde, analogamente a quanto si osserva in altri<br />

istotipi di linfomi B indolenti.<br />

Non sembrano invece emergere significativi distinguo rispetto<br />

ad altri parametri clinico-biologici quali l’età, il sesso, la<br />

presenza di sintomi B, i valori di LDH, il “performance status”,<br />

lo “score IPI” o l’incidenza di “shift” istologico. In termini<br />

di sopravvivenza a 5 aa, i dati relativi alle forme nodali<br />

indicano un “trend” meno favorevole 56% a fronte dell’81%<br />

per le classiche forme MALT; analoghe le indicazioni sul<br />

“failure-free survival” sempre a 5 aa 28% vs. 65% dei MAL-<br />

Tomi. Questi dati, con differenze che permangono significative<br />

anche dopo stratificazione secondo lo “score IPI”, confermano<br />

trattarsi di entità effettivamente distinte.<br />

Linfoma della zona marginale ed infezione da virus HCV.<br />

La trasformazione neoplastica diretta ad opera di agenti patogeni,<br />

è un evidente esempio di linfomagenesi diretta.<br />

Paradigmatici in tal senso l’azione svolta dal virus di Epstein-Barr<br />

EBV, dall’Herpes Virus Umano 8 HHV8, e dal<br />

virus HTLV-1, tutti in grado di infettare “subsets” linfoidi all’interno<br />

dei quali si realizza l’espressione di oncogeni virali.<br />

Uno scenario alternativo alla onco-trasformazione diretta<br />

degli è stato però dimostrato per alcune specie microbiche, la<br />

cui azione linfomagenetica segue invece un’azione di tipo indiretto.<br />

In questo modello, gli agenti patogeni agiscono quali stimolatori<br />

antigenici cronici in grado di facilitare l’insorgenza del<br />

vero e proprio processo di trasformazione neoplastico/linfomatoso<br />

attraverso un processo di selezione di cloni linfoidi<br />

antigeni dipendenti.<br />

Paradigmatico di questo modello, il linfoma gastrico MALTcorrelato,<br />

dove l’agente patogeno è costituito dall’Helicobacter<br />

Pylori HP.<br />

Una precisa definizione dei complessi meccanismi della linfomagenesi<br />

indiretta e l’identificazione dei diversi possibili<br />

patogeni coinvolti può fornire importanti indicazioni, soprattutto<br />

sul versante prognostico-terapeutico.<br />

È noto che i soggetti affetti da HCV possono presentare<br />

un’ampia gamma di manifestazioni extraepatiche dell’infezione,<br />

ivi comprese crioglobulinemie e disordini linfoproliferativi<br />

B cellulari.<br />

In particolare, un recente studio di metanalisi ha confermato,<br />

nei pazienti con linfoma non Hodgkin B LNH B, una signi-<br />

LINFOMANIA<br />

ficativa prevalenza di infezione da HCV: 15% rispetto<br />

all’1,5% della popolazione generale.<br />

Sulla base di questi dati, sono stati condotti vari studi, soprattutto<br />

in vitro, allo scopo di definire i possibili meccanismi<br />

linfomagenetici HCV-correlati: sembra accertato che la<br />

glicoproteina E2 del virus HCV, in grado di interagire con il<br />

CD81, presente sulla superficie dei linfociti B, rappresenti il<br />

target della risposta umorale contro il virus.<br />

Il CD81 è una tetraspanina ampiamente distribuita sulla superficie<br />

di vari tipi cellulari ove partecipa alla costituzione di<br />

diversi complessi molecolari.<br />

Sugli elementi B, il CD81 forma complessi ad azione costimolante<br />

rispettivamente con il CD19 ed il CD21; il successivo<br />

legame di questi complessi con il BCR “B-cell receptor<br />

antigen” sembra determinare un abbassamento della soglia<br />

richiesta per il “trigger” dei meccanisni proliferativi B-cellulari<br />

via BCR. Si determinerebbero quindi una serie di alterazioni<br />

funzionali in grado di condurre al linfoma, come confermato<br />

da studi in vitro sia su linee B infettate da HCV sia<br />

su elementi mononucleati del periferico di pazienti HCV+; in<br />

questi studi sono state documentate mutazioni dei geni di<br />

p53, bcl6 e β-catenina; modificazioni biochimiche a livello<br />

del core virale proteico c e della proteina 3 non strutturale<br />

NS3 sarebbero coinvolte in questi processi mutazionali.<br />

Nonostante il meccanismo linfomagenetico indiretto sembri<br />

prevalere nel caso dell’HCV, è stato tuttavia segnalato un caso<br />

di linfomagenesi B diretta, in una linea linfoide, ottenuta<br />

da un paziente HCV positivo con linfoma mantellare, risultata<br />

in grado di produrre virus in vitro.<br />

Nonostante questa segnalazione sporadica, il più frequente<br />

meccanismo genetico HCV-correlato rimane comunque quello<br />

di tipo indiretto come ci si deve attendere nel caso di una<br />

proliferazione linfoide antigene-stimolata.<br />

Questa indicazione trova ulteriore conferma dalla capacità di<br />

HCV-E2 ricombinante di determinare ipermutazioni nei geni<br />

delle immunoglobuline, a seguito di un legame esterno con il<br />

CD81, quindi con un meccanismo mutageno indipendente da<br />

un’azione diretta dell’HCV sulle cellule B.<br />

Nonostante le evidenze sia sperimentali che biologiche di<br />

una stretta correlazione tra infezione da HCV e linfomi, i dati<br />

sull’incidenza dei diversi istotipi di linfomi in pazienti<br />

HCV+, sono tuttora relativamente limitati e non univoci.<br />

Alcuni studi indicano nei linfomi B diffusi a grandi cellule e<br />

nei linfomi B della zona marginale gli istotipi più frequentemente<br />

HCV-correlati; altri Autori si limitano invece a sottolineare,<br />

nei soggetti HCV+, un semplice aumento del rischio<br />

di sviluppare linfomi per la gran parte di natura B ma talora<br />

anche di derivazione T ed hodgkiniana.<br />

Dibattuta è anche la ipotizzata peculiare associazione tra<br />

HCV e sede primitiva del linfoma.<br />

I dati della nostra esperienza casistica su questo tema sono<br />

stati recentemente arricchiti dalle informazioni relative ad<br />

uno studio multicentrico regionale Lombardo incentrato su<br />

HCV e linfomi Policlinico “San Matteo”, Università di<br />

Pavia, Ospedale “Niguarda”, Ospedale “San Paolo”, Università<br />

di Milano, Istituto Tumori Milano.<br />

I nostri risultati preliminari confermano la peculiare associazione<br />

tra infezione da HCV e gli istotipi diffuso a grandi cellule<br />

e marginale; quest’ultimo in particolare mostra un’incidenza<br />

molto superiore rispetto alla popolazione generale<br />

28%, nei nostri dati vs. 8%.<br />

Sul versante clinico, si conferma poi la predilezione dei linfomi<br />

HCV correlati per le sedi extranodali 51%, soprattutto<br />

la milza.


LINFOMANIA<br />

Di particolare interesse l’identificazione di un “subset” di<br />

linfomi MALT-correlati extranodali definiti “lipoma-like”,<br />

che si caratterizzano per la sede lesionale primitivamente ed<br />

esclusivamente sottocutanea, per il decorso clinico, prolungato<br />

ed indolente, nonché per la costante HCV positività dei<br />

pazienti, spesso in assenza di concomitanti alterazioni della<br />

funzionalità epatica.<br />

Conclusioni. Nonostante la recente “WHO lymphoma classification”<br />

abbia contribuito ad una più efficace definizione<br />

delle diverse entità clinicopatologiche comprese nello spettro<br />

dei linfomi della zona marginale, molti aspetti devono ancora<br />

essere puntualizzati, soprattutto sul versante biologicofunzionale.<br />

Di particolare interesse è la tematica, appena anticipata,<br />

relativa ai possibili meccanismi linfomagenetici che,<br />

nel linfoma della zona marginale, sono almeno in parte mediati<br />

da patogeni ad ampia diffusione. Evidenti le ricadute<br />

cliniche con l’apertura di nuove frontiere terapeutiche fondate<br />

sul possibile impiego, anche in prima linea, di specifiche<br />

terapie anti-virali od anti-batteriche.<br />

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Campielli, P.P. Piccaluga<br />

Cattedra di Anatomia Patologica e U.O. di Emolinfopatologia,<br />

Istituto di Ematologia ed Oncologia Medica “L. e A.<br />

Seràgnoli”, Università di Bologna, Policlinico “S. Orsola”,<br />

Bologna<br />

Hodgkin’s disease is a lymphoid tumour that represents about<br />

1% of all de novo neoplasms occurring every year worldwide.<br />

Its diagnosis is based on the identification of characteristic<br />

multinucleated giant cells within an inflammatory milieu.<br />

These cells – termed Reed-Sternberg RS or diagnostic<br />

cells – correspond to the body of the tumour: they measure<br />

20 to 60 µm in diameter and display a large rim of cytoplasm<br />

and at least two nuclei with acidophilic or amphophilic nucleoli,<br />

covering more than 50% of the nuclear area. The population<br />

of cells within the tumor also includes a variable<br />

number of mononuclear elements – Hodgkin’s H cells –<br />

showing similar cytological features to RS cells and neoplastic<br />

cell variants, each in relation to a specific subtype of<br />

Hodgkin’s disease. Molecular studies have recently shown<br />

that in most, if not all cases, RSC, HC and cell variants actually<br />

belong to the same clonal population, which is derived<br />

from peripheral B- and T-lymphocytes in about 98% and 2%<br />

of cases respectively 1-10 . Accordingly, Hodgkin’s disease has<br />

109<br />

been included among malignant lymphomas and the term<br />

Hodgkin lymphoma HL has come into use 6 11 12 .<br />

Although regarded as diagnostic, H&RS cells are not exclusive<br />

of HL, since similar elements may be observed in reactive<br />

lesions such as infectious mononucleosis, B- and T-cell<br />

lymphomas, carcinomas, melanomas or sarcomas 13 . Thus,<br />

the presence of an appropriate cellular background – along<br />

with the results of immunophenotyping – is basic for the diagnosis.<br />

The reactive milieu – which can even represent<br />

99% of the whole examined population – consists of small<br />

lymphocytes, histiocytes, epithelioid histiocytes, neutrophils,<br />

eosinophils, plasma cells, fibroblasts, and vessels in<br />

different proportions depending on the histological subtype<br />

of HL. It is sustained by autocrine and/or paracrine production<br />

of cytokines including IL-1, -2, -5, -6, -7, -8, -9, -10, -<br />

13, TNF-__ GM-CSF, M-CSF, TGF-_ _ _ bFGF_ VEGF,<br />

MCP-1, MIP-1_, MIP-1_, IP10, MIG, TARC, CD70, CD80,<br />

and CD86_ 14-23 In addition, various numbers of HRSC may<br />

express cytokine receptors such as CD30, CD40, IL-2R<br />

CD25/CD122, IL-3R CD123, IL-6R CD126, IL-7R CD127,<br />

IL-13R CD213, TNF-R CD120, TGF-_R CD105/endoglin,<br />

M-CSF-R CD115, SCF-R CD117/c-kit receptor, and FasL<br />

CD178 14 15 19 20 24-26 , chemokine receptors and their ligands<br />

e.g. CXCR6, CCR10, CXCL 16, and CCL28 27 , and receptor<br />

tyrosine kineses see PDGFR_, DDR2, EPHB1, RON, TR-<br />

KA, and TRKB 28 . The release of these molecules is also responsible<br />

for the characteristics of the non neoplastic component<br />

29 30 and most of the symptoms recorded in HL patients,<br />

as well as for the growth and immunosurveillance escape<br />

of neoplastic cells. It has also been proposed that hepatocyte<br />

growth factor HGF and its receptor c-MET might<br />

constitute an additional signalling pathway between RSC<br />

and the reactive cellular background, affecting adhesion,<br />

proliferation and survival of H&RS cells 31 .<br />

Histopathological classification. In 1832, Sir Thomas<br />

Hodgkin provided the first description of the process in a paper<br />

entitled “On some morbid appearances of the absorbent<br />

glands and spleen” 32 . In 1898 and 1902, Carl Sternberg and<br />

Dorothy Reed independently described the typical “diagnostic”<br />

cells 33 34 . In 1944, Jackson and Parker proposed the first<br />

comprehensive classification of the tumour 35 . This classification,<br />

however, was subsequently found to be clinically irrelevant,<br />

since most patients belonged to the granulomatous<br />

subtype and the response to therapy greatly differed from<br />

case to case.<br />

In 1956, Smetana and Cohen identified a histopathologic<br />

variant of granulomatous Hodgkin’s disease, provided with a<br />

better prognosis and characterised by sclerotic changes 36 :<br />

this variant was termed “nodular slerosis Hodgkin’s disease”<br />

in the classification proposed by Lukes, Butler and Hicks in<br />

1964 37 . The latter classification, simplified at the Rye Conference<br />

in 1965, was routinely used for some decades, because<br />

of the high inter- and intra-personal reproducibility and<br />

satisfying clinico-pathologic correlations 38 .<br />

In 1994, in the light of morphologic, phenotypic, genotypic<br />

and clinical findings, HL was listed in the Revised European-<br />

American Lymphoma REAL Classification 39 and subdivided<br />

into two main types: lymphocyte-predominant LP-HL and<br />

classical HL. The latter further included the following subtypes:<br />

a nodular sclerosis classical HL, b mixed cellularity<br />

classical HL, c lymphocyte depletion classical HL, and d<br />

lymphocyte-rich classical HL. In 2001, this approach was<br />

adopted by the World Health Organization WHO, which promoted<br />

lymphocyte-rich classical HL from provisional entity<br />

to accepted entity 40 . On this occasion, the concept of lym-


110<br />

phocyte-rich classical HL has been expanded by including a<br />

nodular form of the process, as proposed by the European<br />

Lymphoma Task Force 41 .<br />

It is worthy of note that HL subtyping should be performed<br />

only in lymph node biopsies at the onset of the of disease: in<br />

fact, chemo- and/or radio-therapy actually modify the<br />

histopathologal picture by inducing a lymphocyte depleted<br />

pattern.<br />

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reveals 2 types of Hodgkin disease with a nodular growth pattern and<br />

abudant lymphocytes. Blood 2000;96:1889-99.


PATHOLOGICA 2007;99:111-113<br />

La donna operata da carcinoma mammario:<br />

trattamenti precauzionali adattati *<br />

A. Goldhirsch<br />

International Breast Cancer Study Group, European Institute<br />

of Oncology, Milano, Italy e Istituto Oncologico della<br />

Svizzera Italiana IOSI, Bellinzona, Switzerland<br />

* Presentato in parte all’ESO Spring Masterclass 2007 a Malta<br />

L’adattamento delle terapie precauzionali per donne con carcinoma<br />

mammario operato deve essere intrapreso mettendo a<br />

fuoco le seguenti considerazioni:<br />

1. il trattamento precauzionale è un trattamento “a fondo perso”.<br />

Infatti, è una terapia per un rischio e non per una malattia<br />

conclamata: non esiste quindi la possibilità di controllarne<br />

l’efficacia sull’individuo a cui è stato prescritto. Il<br />

trattamento precauzionale va confezionato basandosi interamente<br />

sui risultati derivanti da studi clinici del passato;<br />

2. nel processo decisionale del trattamento precauzionale i seguenti<br />

cinque aspetti giocano un ruolo fondamentale:<br />

a. valutazione del grado di endocrino-responsività della neoplasia,<br />

b. valutazione del rischio di recidiva,<br />

c. estrapolazione da studi clinici condotti nel passato in pazienti<br />

con una simile presentazione della malattia,<br />

d. l’interpretazione sulla rilevanza dei vari trattamenti nel caso<br />

specifico di ogni singolo paziente da parte dell’oncologo<br />

curante,<br />

e. la preferenza della paziente e la sua opinione rispetto alla<br />

ragionevolezza delle varie terapie in termini di costo-beneficio.<br />

Nell’ultima conferenza di San Gallo nel marzo 2007 si è discusso<br />

molto per dare ai medici professionisti implicati nella<br />

medicina del cancro un’interpretazione da parte di opinion<br />

leaders su come affrontare il processo della scelta del trattamento.<br />

Tale interpretazione è controversa. La sovrastima di dati<br />

randomizzanti può indurre a false conclusioni sul beneficio<br />

rispetto a certi gruppi di pazienti. L’errore al contrario può invece<br />

determinare una mancata individuazione di differenze biologicamente<br />

tangibili con implicazioni e ricadute terapeutiche.<br />

Sono stati effettuati dei cambiamenti fondamentali nella selezione<br />

del trattamento sistemico precauzionale, attribuendo<br />

primaria importanza all’endocrino-responsività. Si distinguono,<br />

infatti, tre categorie: 1. la malattia endocrino-responsiva, il cui<br />

trattamento primario è l’endocrinoterapia; 2. la malattia non endocrino-responsiva,<br />

per la quale viene esclusa l’endocrinoterapia<br />

dal trattamento; 3. gruppo di malattia con caratteristiche<br />

intermedie, per il cui trattamento la sola endocrinoterapia non<br />

viene giudicata sufficiente. La scelta del trattamento precauzionale,<br />

inoltre, dipende anche dallo stato menopausale. Si<br />

definiscono tre gruppi a rischio: basso, intermedio ed alto, variando<br />

leggermente la precedente classificazione.<br />

Si raccomanda la terapia endocrina come pilastro portante e<br />

componente principale del trattamento precauzionale nelle<br />

pazienti con malattia endocrino-responsiva. L’aggiunta della<br />

chemioterapia viene invece valutata per le pazienti con carcinoma<br />

mammario endocrinoresponsivo appartenenti al gruppo<br />

ad alto rischio o a rischio intermedio di recidiva;<br />

l’impiego della sola chemioterapia è riservata per le pazienti<br />

con malattia non endocrino-responsiva, mentre l’associazione<br />

chemioterapia ed endocrinoterapia viene utilizzata per<br />

Carcinoma della mammella<br />

pazienti con malattia con endocrino-responsività dubbia ed<br />

incerta, eccezion fatta per coloro che appartengono al gruppo<br />

a basso rischio di recidiva.<br />

Da poco tempo si dispone di nuovi dati importanti derivanti<br />

da 5 studi clinici, che indicano che l’impiego dell’anticorpo<br />

monoclonale trastuzumab, è vantaggioso nel trattamento precauzionale<br />

delle donne affette da carcinoma mammario con<br />

sovraespressione o amplificazione del c-erbB2. L’aggiunta di<br />

trastuzumab ai trattamenti precauzionali attualmente a disposizione<br />

è ancora una controversia medica e soprattutto di<br />

salute pubblica. Si presume che nel prossimo futuro ci saranno<br />

altre nuove risorse terapeutiche che saranno confezionate<br />

sul singolo individuo e non solo sul gruppo di rischio. Questo<br />

obiettivo rappresenta comunque un compito particolarmente<br />

difficile, proprio perché non si ha uno strumento ed un modo<br />

concreto per dimostrare l’efficacia del trattamento precauzionale<br />

nelle singole pazienti che sono donne sane.<br />

Carcinomi della mammella: nuovi istotipi<br />

V. Eusebi, F. Flamminio<br />

Sezione di Istocitopatologia e Citogenetica “Marcello Malpighi”,<br />

Università di Bologna presso Ospedale “Bellaria”,<br />

Bologna<br />

Dopo più di 200 anni di morfologia diagnostica parlare di<br />

“nuovi” istotipi sembra arrogante. In realtà la maggior parte<br />

delle malattie non sono “nuove” perché sono sempre esistite<br />

e il fatto che non siano state riconosciute è dovuto a molti fattori,<br />

non ultimo la rarità di un singolo tumore che lo ha tenuto<br />

celato negli anni.<br />

In campo mammario, a conoscenza dello scrivente, i c.d.<br />

nuovi istotipi non sono altro che localizzazioni mammarie di<br />

neoplasie comunemente insorte in altre sedi che occasionalmente<br />

si osservano in ambito mammario. Per questo viene<br />

detto che la patologia mammaria è il campo più trasversale<br />

della “Surgical Pathology”. Se non si conosce questa, la patologia<br />

mammaria resterà uno sterile esercizio collegato ai<br />

marcatori predittivi e/o prognostici o ancor peggio si può<br />

trascorrere la vita nello stabilire se carcinomi in situ minimi,<br />

prognosticamente irrilevanti, debbano essere denominati<br />

iperplasia duttale atipica, DIN o carcinoma duttale in situ ben<br />

differenziato.<br />

Pertanto qui ci si limiterà a descrivere le nuove localizzazioni<br />

di lesioni comunemente osservate in altre sedi e non descritte<br />

fino all’ultimo decennio nella mammella.<br />

Verranno descritti gli adenoibernomi 1 2 e i pecomi mammari 2 .<br />

Verranno indicati un gruppo di lesioni stromali benigne a cellule<br />

fusate 3 4 .<br />

Neoplasie simili a quelle delle ghiandole salivari quali il carcinoma<br />

acinico 5 , gli oncocitomi 6 e il carcinoma pleomorfo di<br />

“basso grado” 7 verranno descritti.<br />

I carcinomi a cellule pigmentate, melanina producenti verranno<br />

discussi.<br />

Infine lesioni identiche a quelle che si osservano nella tiroide 8<br />

dimostreranno le relazioni esistenti fra questi due organi.<br />

Bibliografia<br />

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8 Eusebi V, Damiani S, Ellis IO, et al. Breast tumor resembling the tall<br />

cell variant of papillary thyroid carcinoma: report of 5 cases. Am J<br />

Surg Pathol 2003;27:1114-8.<br />

I nuovi trials clinici mirati<br />

R. Passalacqua, G. Tomasello<br />

Istituti Ospitalieri, Cremona<br />

Diversi trials clinici sono attualmente in corso per valutare<br />

l’efficacia delle nuove target therapies nel trattamento delle<br />

pazienti affette da carcinoma della mammella in stadio iniziale.<br />

Qui sono riassunti solo alcuni di quelli più importanti che,<br />

per originalità e tipo di disegno sperimentale, rappresentano<br />

una novità assoluta nel trattamento adiuvante del carcinoma<br />

mammario.<br />

Inoltre, cosa più importante, per la prima volta in questi studi<br />

è richiesta una stretta collaborazione multidisciplinare fra<br />

diversi specialisti: chirurghi, oncologi, anatomo-patologi,<br />

senza la quale non è assolutamente possibile condurre questi<br />

studi.<br />

Il MINDACT Microarray In Node-negative Disease may<br />

Avoid Chemotherapy è uno studio prospettico randomizzato<br />

che propone il confronto tra il profilo di espressione dei 70<br />

geni di Amsterdam microarray ed i comuni criteri clinico-patologici<br />

per meglio selezionare le pazienti affette da tumore<br />

della mammella linfonodi-negativo destinate alla chemioterapia<br />

adiuvante (Fig. 1).<br />

L’obiettivo primario è quello di dimostrare la superiorità di<br />

questo approccio, che studia il profilo molecolare della<br />

malattia, sul classico metodo clinico, nell’assegnare adeguate<br />

Fig. 1. MINDACT Trial (vedi il testo per la descrizione).<br />

CARCINOMA DELLA MAMMELLA<br />

categorie di rischio e la conseguente necessità di ricevere o<br />

no un trattamento chemioterapico adiuvante per le pazienti<br />

con carcinoma mammario linfonodi ascellari negativo. Lo<br />

studio inoltre mirerà a confrontare un regime chemioterapico<br />

a base di docetaxel e capecitabina possibilmente associato ad<br />

una maggiore efficacia ed a ridotte tossicità a lungo termine,<br />

con gli schemi comunemente usati a base di antracicline.<br />

L’ultimo obiettivo primario sarà quello di determinare la<br />

migliore strategia di trattamento ormonale, confrontando la<br />

monoterapia up-front con un inibitore dell’aromatasi letrozolo<br />

per sette anni con la strategia sequenziale fatta da 2 anni di<br />

tamoxifen seguiti da 5 anni di letrozolo.<br />

Il TAILORx A Clinical Trial Assigning IndividuaLized Options<br />

for Treatment Rx è uno studio disegnato per includere<br />

un nuovo test, denominato Oncotype DX, nel processo decisionale<br />

riguardante le pazienti con tumore della mammella in<br />

stadio iniziale (Fig. 2).<br />

Questo trial includerà donne con tumori che esprimono i recettori<br />

ormonali ER and/or PGR positive, Her2 negative e<br />

linfonodi ascellari negativi.<br />

L’Oncotype DX è il primo test in grado di fornire una valutazione<br />

individuale, quantitativa della probabilità di recidiva<br />

di malattia. Per mezzo dell’analisi di 21 geni associati al carcinoma<br />

mammario, i ricercatori dell’NSABP sono stati capaci<br />

di predire la probabilità di recidiva a dieci anni dalla diagnosi<br />

iniziale, in modo più accurato rispetto ai metodi attualmente<br />

in uso.<br />

L’Oncotype DX utilizza le ultimissime tecnologie per analizzare<br />

l’espressione o l’attività di questi 21 geni. I risultati dell’analisi<br />

genica vengono quindi, mediante un’equazione<br />

matematica, convertiti in un punteggio denominato Recurrence<br />

Score.<br />

Questo punteggio è un numero compreso tra 0 e 100 che correla<br />

con una specifica probabilità di ripresa di malattia entro<br />

dieci anni dalla diagnosi iniziale. Per mezzo dei risultati di<br />

questo test, le pazienti verranno separate in tre categorie:<br />

– Primary Study Group Recurrence Score 11-25;<br />

– Secondary Study Group 1 Recurrence Score 10 or lower;<br />

– Secondary Study Group 2 Recurrence Score 26 or higher<br />

(Fig. 2).<br />

Circa il 40% delle pazienti affette da carcinoma mammario<br />

rientra nel Primary Study Group. I ricercatori dubitano che le<br />

pazienti di questo gruppo possano avere benefici con la<br />

chemioterapia adiuvante. Lo scopo dello studio è appunto<br />

quello di stabilire se la chemioterapia ha dei benefici in<br />

queste pazienti ed in caso di risposta positiva, quali pazienti<br />

possano trarne maggiore giovamento.<br />

L’ALTTO Adjuvant Lapatinib and/or Trastuzumab Treatment<br />

Optimisation è uno studio aperto di fase III, multicentrico,<br />

randomizzato che confronta l’attività della monoterapia<br />

con lapatinib verso trastuzumab da solo verso trastuzumab<br />

seguito da lapatinib verso la combinazione di lapatinib con<br />

Fig. 2. TAILORx Trial (vedi il testo per la descrizione).


CARCINOMA DELLA MAMMELLA<br />

trastuzumab nel trattamento adiuvante delle pazienti con carcinoma<br />

mammario avente HER2 iperespresso e/o amplificato.<br />

I regimi chemioterapici a base di trastuzumab hanno migliorato<br />

sia il controllo sistemico della malattia che la sopravvivenza<br />

globale delle pazienti con tumore della mammella<br />

HER2 positivo.<br />

Nonostante ciò, alcune pazienti continuano a sviluppare progressione<br />

di malattia come risultato di una resistenza al farmaco<br />

che può essere de novo oppure acquisita. Nel complesso,<br />

il rapporto rischio-beneficio è decisamente a favore del<br />

trastuzumab, anche se ulteriori progressi potranno essere fatti<br />

con l’uso di terapie anti-HER2 che mantengono l’efficacia<br />

del trastuzumab, ma meno cardiotossiche.<br />

Il lapatinib è una piccola molecola attivo per via orale, inibitore<br />

reversibile delle tirosin-chinasi, che blocca in modo<br />

potente l’attività tirosin-chinasica associata sia ad ErbB1 che<br />

ad ErbB2.<br />

113<br />

Dati preliminari suggeriscono che questa doppia inibizione<br />

recettoriale è associata ad un maggiore beneficio terapeutico<br />

rispetto agli inibitori che agiscono su uno solo dei recettori.<br />

L’obiettivo primario di questo studio è confrontare, in termini<br />

di disease-free survival DFS, le pazienti randomizzate ad<br />

un anno di trastuzumab verso lapatinib per un anno verso<br />

trastuzumab per 12 settimane seguito da lapatinib per un totale<br />

di 52 settimane un anno di trattamento da iniziare dopo<br />

un periodo di sei settimane di wash-out, verso la combinazione<br />

di trastuzumab e lapatinib per un anno.<br />

Obiettivi secondari sono rappresentati dal confronto tra i vari<br />

gruppi riguardo a: sopravvivenza globale, tempo alla recidiva,<br />

tempo alla recidiva a distanza, sicurezza e tollerabilità,<br />

incidenza di metastasi cerebrali ed analisi condotte separatamente<br />

per coorti di pazienti identificate in base alla presenza<br />

o assenza dell’amplificazione dell’oncogene cMyc, al livello<br />

di espressione di PTEN ed alla presenza o assenza del recettore<br />

p95HER2 forma troncata.


PATHOLOGICA 2007;99:114-116<br />

Diagnostica del donatore<br />

W.F. Grigioni, N. Zucchini, M. Fiorentino, A. Bagni, B.<br />

Corti, B. Fabbrizio, M.G. Pirini, A. Altimari, E. Gruppioni,<br />

E. Gabusi, E. Capizzi, A. D’Errico Grigioni<br />

U.O. di Anatomia e Istologia Patologica, Istituto Oncologico<br />

“F. Addarii”, Policlinico “S. Orsola-Malpighi”, Università<br />

di Bologna<br />

La continua richiesta di organi e l’allungamento delle liste di<br />

attesa ha fatto sì che il pool dei donatori si stia espandendo<br />

non solo rispetto al dato anagrafico ma anche alla pregressa<br />

storia clinica con l’incremento del rischio di trasmissione di<br />

malattia donatore/ricevente.<br />

Il rischio di trasmissione neoplastica, inizialmente trascurato<br />

nell’era pionieristica del trapianto di organi solidi, fu posto<br />

come problema solo negli anni ’60 quando iniziarono a comparire<br />

in letteratura le prime segnalazioni di trasmissione<br />

neoplastica donatore/ricevente 1 2 .<br />

Nel 1968 il dr. Israel Penn istituì il Denver Tumor Registry<br />

in seguito Cincinnati Transplant Tumor Registry – CTTR<br />

nel quale raccolse, fino all’agosto del 1997, dati inerenti<br />

270 pazienti riceventi organi da donatori affetti da neoplasia.<br />

La natura “aneddotica” dei casi raccolti, risultato di<br />

segnalazioni spontanee da diversi centri di trapianto, ha reso<br />

questo registro fondamentale ma nello stesso tempo limitato,<br />

sia per la mancanza di un confronto con la popolazione<br />

totale dei donatori, sia per l’assenza in molti casi di<br />

parametri quali istotipo tumorale, grado e stadio delle neoplasie<br />

dei donatori, fondamentali per la comprensione del<br />

decorso e della loro aggressività biologica 3-6 . Solo in tempi<br />

recenti il rischio di trasmissione neoplastica donatorericevente<br />

è stato affrontato in maniera più sistematica dalla<br />

United Network for Organ Sharing UNOS ed in particolare<br />

il dr. Kauffman: in uno studio pubblicato nel 2002 su<br />

34.933 donatori e 108.062 riceventi, distinguendo le neoplasie<br />

del ricevente in trasmesse di fatto presenti al momento<br />

della donazione e come derivate comparse de novo<br />

nel ricevente, ma in elementi cellulari del donatore, il rischio<br />

di trasmissione neoplastica per donatore è pari a<br />

0,025% 1 ogni 3.881 donatori, mentre per organo trapiantato<br />

è pari a 0,017% 1 ogni 6.003 organi trapiantati, con una<br />

mortalità del 38% 7 .<br />

Dalla revisione della letteratura, inclusa quella di origine europea<br />

8-15 , emerge che, analizzando casistiche il più possibile<br />

controllate nei diversi Registri, il rischio di trasmissione neoplastica<br />

è piuttosto basso nel complesso, eccettuati alcuni istotipi<br />

particolarmente aggressivi indipendentemente dallo<br />

stato di competenza del sistema immunitario del paziente: il<br />

melanoma, il corioncarcinoma, i tumori a piccole cellule di<br />

tutte le sedi, il carcinoma mammario, i carcinomi anaplastici<br />

Trapianti d’organo<br />

e alcuni istotipi di linfomi non-Hodgkin, tutti correlati con<br />

una alta incidenza di trasmissione di malattia nel ricevente.<br />

La maggior parte degli Autori che si è occupata di queste<br />

problematiche ciò nonostante ritiene irrinunciabile un protocollo<br />

di screening dei donatori il più accurato possibile: una<br />

anamnesi accurata, un inquadramento sierologico e di diagnostica<br />

per immagine oltre che una attenta analisi di torace ed<br />

addome da parte del chirurgo prelevatore con esame estemporaneo<br />

nei casi dubbi, rappresentano fasi fondamentali in<br />

ogni procedimento di espianto, al fine di permettere una<br />

adeguata sicurezza nella procedura trapiantologica e nel futuro<br />

del ricevente.<br />

Le raccomandazioni del Consiglio d’Europa del 1997 sul<br />

tema della donazione di organi e tessuti promuovevano infatti<br />

l’obiettivo di ridurre al minimo il rischio di trasmissione di<br />

malattie da donatore a ricevente concetto di rischio zero 16 .<br />

In Italia, la Regione Emilia-Romagna si è adeguata con un<br />

protocollo estremamente stringente: il donatore non doveva<br />

essere portatore di nessuna neoplasia maligna potenzialmente<br />

metastatica: non doveva essere portatore di alcun tumore o,<br />

al massimo, poteva essere accettabile un tumore maligno in<br />

uno stadio “in situ” o incapace di dare metastasi a distanza<br />

es. carcinoma basocellulare 17 .<br />

Il Centro Nazionale Trapianti CNT ha fatto proprio questo<br />

principio dal 2001 elaborando le prime Linee Guida nazionali<br />

per la valutazione di idoneità del donatore, tuttavia la<br />

carenza di organi e il progressivo aumento del numero dei<br />

pazienti in attesa di trapianto, ha reso cogente il problema<br />

della morte in lista di attesa per cui le Linee Guida nazionali<br />

sono state rivisitate nel 2005 con lo scopo di definire livelli<br />

di rischio accettabili/non accettabili per l’utilizzo degli organi<br />

18 .<br />

Ogni potenziale donatore deve pertanto poter essere inserito<br />

in una delle tre categorie di rischio delle Linee Guida del<br />

CNT rischio standard, rischio aumentato ma accettabile con<br />

consenso informato, rischio inaccettabile durante il processo<br />

di valutazione di idoneità alla donazione.<br />

Nella valutazione dei donatori a rischio di trasmissione neoplastica<br />

ruolo fondamentale hanno l’istotipo, il grado di differenziazione<br />

e lo stadio delle neoplasie riscontrate durante il<br />

protocollo di screening. Come evidenziato dai dati del Registro<br />

Nazionale dei Donatori a Rischio di Trasmissione Neoplastica<br />

istituito nel 2002 19 , dal 2002 al 2005 in 351 donatori<br />

potenziali con rischio di trasmissione neoplastica il ruolo del<br />

patologo è stato fondamentale nel 81% 285 dei casi. La diagnosi<br />

istologica infatti è stata fondamentale nel determinare la<br />

categoria di rischio di donazione prima, durante e dopo la<br />

fase di espianto/trapianto (Tab. I): la diagnostica istopatologica,<br />

nel fornire i dati di istotipo, grading e stadiazione delle<br />

neoplasie, consente di giungere alla definizione della categoria<br />

di rischio in buona parte dei casi durante la fase di rac-<br />

Tab. I. Coinvolgimento del patologo in 351 donatori a rischio di trasmissione neoplastica dal Registro Nazionale dei Donatori a rischio di<br />

trasmissione neoplastica istituito 2002-2005.<br />

Momento della diagnosi Prima Durante Dopo Donatori potenziali<br />

Diagnosi clinica 61 92% 2 4% 2 4% 66<br />

Diagnosi istopatologica 115 40% 145 51% 26 9% 285


TRAPIANTI D’ORGANO<br />

colta dei dati anamnestici. Altrettanto importante è l’esame<br />

estemporaneo che contribuisce alla risoluzione del dubbio diagnostico<br />

in corso di screening nel 40% dei casi ma che, per<br />

la tempistica degli espianti d’organo, viene richiesto soprattutto<br />

di notte con buona pace dei patologi coinvolti in questa<br />

attività 20 .<br />

Persiste il problema della diagnosi di neoplasia a trapianto<br />

avvenuto 7% con tutte le implicazioni cliniche e medico-legali<br />

che ne derivano. La pratica sistematica del riscontro diagnostico<br />

sul cadavere del donatore 57% dei casi diagnosticati<br />

in post-trapianto viene suggerita dalla letteratura 6 15 , ma<br />

allo stesso tempo presenta i limiti intrinseci della discrepanza<br />

tra diagnosi macroscopica e microscopica, dei tempi di<br />

risposta e non influisce sulla riduzione del rischio di trasmissione<br />

neoplastica donatore/ricevente.<br />

Il ruolo del patologo tuttavia non si esaurisce solamente al<br />

momento della donazione d’organo, ma diventa nuovamente<br />

di fondamentale importanza in corso di follow-up in quei<br />

riceventi, fortunatamente pochi, con rischio di trasmissione<br />

neoplastica: la diagnosi precoce di neoplasia trasmessa, la diagnosi<br />

differenziale con neoplasie de novo derivate e non,<br />

sono infatti il cardine del follow-up di questi pazienti ove la<br />

diagnosi istologica può divenire d’ausilio alle metodiche<br />

cliniche. In questo contesto le indagini di biologia molecolare<br />

possono offrire un valido supporto diagnostico con il follow-up<br />

molecolare con la ricerca di cellule tumorali circolanti<br />

nel sangue del ricevente 21 e la comparazione genomica<br />

donatore/ricevente 22 .<br />

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Patologia molecolare delle neoplasie posttrapianto<br />

G. Gaidano, D. Capello, S. Franceschetti, D. Rossi<br />

Divisione di Ematologia, Dipartimento di Medicina Clinica<br />

e Sperimentale, Università del Piemonte Orientale Amedeo<br />

Avogadro, Novara<br />

L’aumento di incidenza di tumori nelle persone trattate con<br />

farmaci immunosoppressivi anti-rigetto è noto sin dalla fine<br />

degli anni ’60. Linfomi e sarcoma di Kaposi (KS) sono i principali<br />

tipi di neoplasie post-trapianto di cui sia stata caratterizzata<br />

la patologia molecolare. In base alla classificazione<br />

WHO, i disordini linfoproliferativi post-trapianto (PTLD)<br />

monoclonali sono distinti in PTLD polimorfico, e PTLD<br />

monomorfici, tra cui linfoma diffuso a grandi cellule B (DL-<br />

BCL) e linfoma di Burkitt/Burkitt-like (BL/BLL).<br />

Le informazioni riguardanti l’istogenesi dei PTLD derivano<br />

dall’applicazione di un modello in grado di distinguere i linfociti<br />

B maturi in: i) cellule B vergini; ii) cellule B del centro<br />

germinativo (CG); e iii) cellule B post-CG. Le mutazioni dei<br />

geni IgV si accumulano fisiologicamente durante il transito<br />

dei linfociti B attraverso il CG (mutazioni ongoing), per<br />

quindi rimanere stabili nelle fasi post-CG. Le mutazioni di<br />

IgV rappresentano il più affidabile marcatore genotipico di<br />

istogenesi: la positività per mutazioni ongoing identifica l’origine<br />

del clone neoplastico da linfociti B del CG, mentre la<br />

positività per mutazioni “stabili” identifica l’origine da linfociti<br />

B post-CG. L’espressione dei marcatori BCL-6,<br />

MUM1 e CD138 permette una ulteriore stratificazione istogenetica.<br />

Infatti, BCL-6 è espresso dai linfociti B del CG,<br />

MUM1 dai centrociti tardivi e dalle cellule B post-CG, e<br />

CD138 dai linfociti B post-CG indirizzati verso la differenziazione<br />

plasmacellulare. A differenza di quanto avviene nei<br />

linfomi B dell’ospite immunocompetente e nei linfomi HIVcorrelati,<br />

la maggior parte dei PTLD originano da centrociti<br />

tardivi, in quanto mostrano mutazioni stabili dei geni IgV ed<br />

esprimono il fenotipo BCL-6-/MUM1+/CD138-.<br />

I fattori molecolari coinvolti nella patogenesi dei PTLD sono<br />

molteplici e comprendono: i) stimolazione antigentica; ii) infezione<br />

da virus oncogeni; e iii) lesioni a carico di protooncogeni<br />

e geni oncosoppressori. Nei PTLD, diversamente<br />

da quanto avviene nei linfomi HIV-correlati, il ruolo della stimolazione<br />

antigenica è minore. Infatti, ~50% dei PTLD orig-


116<br />

ina da linfociti B che hanno perso la capacità di esprimere<br />

una Ig funzionante. Tale fenomeno è giustificato in parte dalla<br />

presenza di mutazioni di IgV crippling, che introducono un<br />

codone di stop che blocca la sintesi della proteina. Poiché l’espressione<br />

di una Ig funzionante è necessaria per la sopravvivenza<br />

dei linfociti B, le cellule di PTLD sono salvate dalla<br />

apoptosi da meccanismi alternativi, tra cui la infezione da<br />

EBV. Inoltre, solo una frazione dei PTLD che esprimono una<br />

Ig funzionale porta i segni molecolari della stimolazione antigenica<br />

e, a differenza di quanto avviene nel linfomi HIV-correlati,<br />

i PTLD non mostrano il fenomeno dell’utilizzo preferenziale<br />

di specifici geni per la regione variabile delle Ig.<br />

EBV infetta ~60-80% dei PTLD. L’infezione è frequentemente<br />

monoclonale e, quindi, verosimilmente presente fin<br />

dalle prime fasi della espansione clonale. Nei soggetti trapiantati,<br />

linfociti B infettati da EBV sono presenti in numero<br />

aumentato nel sangue e nei tessuti dei pazienti che successivamente<br />

svilupperanno un linfoma. Inoltre, una compromissione<br />

della immunità cellulo-mediata specifica contro EBV<br />

costituisce un fattore di rischio per lo sviluppo di linfoma.<br />

HHV8 è selettivamente associato alla patogenesi del PEL nel<br />

contesto post-trapianto. Benché inizialmente alcuni autori<br />

abbiano descritto una elevata prevalenza di SV40 nei linfomi<br />

dell’ospite immunodeficiente, successivamente tale associazione<br />

è stata ampiamente smentita da studi epidemiologici,<br />

sierologici, istologici e molecolari. La progressione a linfoma<br />

richiede l’accumulo di lesioni genetiche o epigenetiche a<br />

carico di proto-oncogeni e geni oncosoppressori. A differenza<br />

dei linfomi della popolazione generale il cui DNA è generalmente<br />

stabile, una frazione di PTLD, per un difetto dei<br />

meccanismi di riparazione del DNA, acquisisce un fenotipo<br />

mutatore e accumula mutazioni a carico di numerosi geni, fra<br />

cui i geni pro-apoptotici BAX e CASPASE5 e il gene di riparazione<br />

del DNA RAD50. Accanto alla instabilità dei microsatelliti,<br />

le alterazioni molecolari dei PTLD includono lesioni<br />

a carico dei proto-oncogeni c-MYC e BCL-6 e del gene<br />

oncosoppressore p53, la ipermetilazione del DNA e il<br />

fenomeno della mutazione aberrante di proto-oncogeni. c-<br />

MYC è riarrangiato nel 100% di BL/BLL e mutazioni di<br />

BCL-6 ricorrono nel 50% dei PTLD. Il gene MGMT codifica<br />

per un enzima di riparazione del DNA che protegge le cel-<br />

TRAPIANTI D’ORGANO<br />

lule dal danno mutageno delle sostanze alchilanti. La inattivazione<br />

di MGMT causa tumori tramite l’accumulo di mutazioni<br />

di RAS e p53, e induce lo sviluppo di linfomi nei topi<br />

knockout. MGMT è metilato nel 60% dei PTLD. DAP-kinasi<br />

è una serina-treonina kinasi coinvolta nella trasduzione del<br />

segnale apoptotico innescato dai death receptors. La inattivazione<br />

di DAP-kinasi ha pertanto un effetto anti-apoptotico.<br />

DAP-kinasi è inattivato tramite metilazione nell’80% dei<br />

PTLD. Il meccanismo di ipermutazione somatica può colpire<br />

in maniera aberrante e tumore-specifica i proto-oncogeni<br />

PIM-1, c-MYC, PAX-5 e RhoH/TTF ed è presente nel 30%<br />

dei PTLD. Poiché le mutazioni colpiscono la regione regolatoria<br />

di PIM-1, c-MYC, PAX-5 e RhoH/TTF, tali mutazioni<br />

possono influire sulla trascrizione del gene. Inoltre, le mutazioni<br />

possono agire tramite l’introduzione di variazioni nella<br />

sequenza genica codificante del proto-oncogene. Recenti<br />

studi con tecniche di wide genome analysis, quali Microarray-Comparative<br />

Genomic Hybridization (MA-CGH), hanno<br />

rivelato nuove lesioni molecolari preferenzialmente associate<br />

ai PTLD nell’ambito dei linfomi B.<br />

Osservazioni sperimentali e cliniche indicano che il KS origini<br />

come un processo iperplastico caratterizzato da intensa infiltrazione<br />

infiammatoria e da angiogenesi che si sviluppa<br />

nell’ambito di deregolazione della risposta immunitaria dominato<br />

da attivazione di linfociti T CD8+ e da aumentata<br />

espressione di citochine infiammatorie di tipo Th1, tra cui<br />

γIFN, TNFα e IL1β. Queste citochine attivano gli endoteli,<br />

inducono fattori angiogenici e chemotattici, e inducono le<br />

cellule endoteliali ad acquisire il fenotipo KS. Le stesse citochine,<br />

inoltre, riattivano HHV-8, determinando la trasmissione<br />

del virus alle cellule endoteliali e di KS. Negli stadi<br />

avanzati, il KS può evolvere in un vero sarcoma e divenire<br />

monoclonale. Questo processo è associato alla deregolazione<br />

di oncogeni e geni oncosoppressori ed alla continua espressione<br />

dei geni di latenza di HHV8 nelle cellule di KS. Esempi<br />

di proteine virali di HHV8 coinvolte nella trasformazione<br />

includono: i) LANA, in grado di inibire la via di p53 e interferire<br />

con la via di Rb, favorendo la progressione del ciclo<br />

cellulare; ii) ciclina virale, in grado di mimare l’azione della<br />

ciclina D2 umana e tuttavia insensibile ai meccanismi regolatori<br />

della ciclina D2 umana;


PATHOLOGICA 2007;99:117<br />

Patologia infiammatoria intestinale<br />

Tavola rotonda: le diagnosi inutili, coliti non IBD,<br />

malattia celiaca<br />

What is Colitis? Infections and IBD<br />

K. Geboes<br />

Department of Pathology, KU Leuven, Belgium<br />

The prevalence of diarrhea number of individuals with a specific<br />

condition at a given time is approximately 5%, making<br />

it a major cause of disability. Patients with chronic diarrhea,<br />

with or without the passage of blood, are likely to be fully investigated,<br />

inclusive one or other form of endoscopy with<br />

biopsy. A study evaluating more than 800 patients with<br />

chronic diarrhea found that 122 15% of them had abnormal<br />

histopathology. Histological diagnoses include a variety of<br />

conditions such as spirochetosis, pseudomelanosis coli and<br />

microscopic colitis. Various forms of colitis can thus be present<br />

in the absence of radiological and endoscopic lesions or<br />

features of colitis. In the absence of clinical information, a<br />

mere increase in predominantly chronic inflammatory cells<br />

beyond what would be expected physiologically in the absence<br />

of architectural abnormalities with or without reactive<br />

changes in the surface epithelium reduced height of cells and<br />

in the crypts increase in mitoses and slight irregularity in<br />

shape can only be diagnosed as “non-specific colitis”. This<br />

pattern can be seen in resolving infections, diverticular disease,<br />

drug-induced colitis and even Crohn’s disease. However,<br />

lack of sufficient clinical data and distinctive histopathological<br />

features precludes further classification into specific<br />

types of colitis. Various entities can mimic chronic inflammatory<br />

bowel disease. A diagnosis is optimally reached when<br />

the histological findings can be combined with clinical information<br />

although there are many conditions where histology<br />

on its own may be sufficient.<br />

Microscopic examination of biopsies is important for the diagnosis<br />

of inflammation. A proper diagnosis requires multiple<br />

biopsies. The first question to be answered by the pathologist<br />

analysing biopsy specimens is whether there are signs<br />

of inflammation. Genuine inflammation has to be distinguished<br />

from artefacts and implies the presence of alterations<br />

of epithelial cells and lamina propria cellularity.<br />

Infectious type colitis, also called Acute self-limited colitis<br />

ASLC, is a transient, presumably infectious disorder presenting<br />

with the sudden onset of bloody diarrhea, which may mimic<br />

IBD. A precise diagnosis is especially needed in the case of<br />

a severe first attack for which steroid treatment or surgery is<br />

contemplated. Stool cultures take 48-72 h and grow pathogens<br />

in only 40-60%. Rectal biopsies are the major tool for the differential<br />

diagnosis between ASLC and Crohn’s disease and/or<br />

ulcerative colitis. In terms of pathology acute inflammation is<br />

usually signaled by the exudation into the tissue of neutrophils<br />

and chronic inflammation is characterized by increased lymphocytes,<br />

plasma cells and macrophages in the affected tissue.<br />

B lymphocytes are transformed into mature plasma cells becoming<br />

visible in abundance after 7 to 10 days following the<br />

initial inflammatory response.<br />

Major discriminating parameters for IBD are architectural<br />

abnormalities such as a pseudovillous or villiform mucosal<br />

surface, a disturbed crypt architecture, mucosal atrophy,<br />

basal plasmacytosis, and epithelioid granulomas. The distribution<br />

of the inflammatory infiltrate can also orient towards<br />

a diagnosis of infectious type colitis. In this type of colitis the<br />

inflammatory reaction is mainly situated in the upper third of<br />

the lamina propria. The presence of crypt abscesses is not a<br />

reliable feature for the distinction between IBD and infectious<br />

type colitis.


PATHOLOGICA 2007;99:118<br />

La displasia serrata della mucosa colica<br />

Patologia neoplastica intestinale<br />

M. Risio<br />

Servizio di Anatomia ed Istologia Patologica, Istituto per la<br />

Ricerca e Cura del Cancro, Candiolo, Torino<br />

La maggior parte degli adenocarcinomi del grosso intestino è<br />

preceduta da una fase preinvasiva di Neoplasia Intraepiteliale di<br />

varia durata. Dal punto di vista morfologico il termine displasia<br />

viene convenzionalmente applicato all’insieme di alterazioni<br />

cito-cariologiche ed architetturali che definiscono la neoplasia<br />

intraepiteliale: seppure i due tipi di alterazione dipendano da diverse<br />

alterazioni genomiche 1 , non è proponibile la ponderazione<br />

diagnostica differenziata dei parametri architetturali e di quelli<br />

cito-cariologici, essendo le due tipologie simultaneamente presenti<br />

e commiste nei polipi adenomatosi colorettali 2 .<br />

La neoplasia serrata è stata recentemente postulata come precancerosi<br />

intestinale disgiunta dalla displasia o in cui la displasia non<br />

è univocamente rappresentata 3 . In effetti, è noto da tempo che i<br />

polipi iperplastici, espressione paradigmatica della alterazione<br />

serrata, seghettata o dentellata dell’epitelio colico, e la mucosa<br />

circostante condividono alcune caratteristiche differenziative e<br />

proliferative con i polipi adenomatosi, così da giustificarne l’inquadramento<br />

nell’ambito delle lesioni intestinali paraneoplastiche<br />

4 . Il rallentamento del flusso di scorrimento dell’epitelio dalla<br />

base della cripta iperplastica alla superficie mucosa determina<br />

accumulo cellulare che si organizza in forma di salienze endoluminali<br />

discrete costituite da cellule ipermature, prive di alterazioni<br />

displastiche. La configurazione serrata in assenza di displasia<br />

è tipica dei piccoli polipi iperplastici dimensione media <<br />

0,5 cm, confinati con assoluta prevalenza al sigma-retto: esistono<br />

evidenze per un percorso morfogenetico peculiare che conduce<br />

dalla configurazione serrata alla neoplasia intraepiteliale di alto<br />

grado attraverso fasi intermedie, distinte, di sequenziale estrinsecazione<br />

architetturale e cito-cariologica della displasia.<br />

Gli adenomi serrati sessili Adenoma Serrato Tipo Superficiale,<br />

Adenoma Serrato Tipo 2; Polipo Serrato con Anomalie Proliferative<br />

5-7 , prevalenti in sede prossimale al sigma-retto, per lo più<br />

di dimensioni maggiori di 1 cm, sono caratterizzati da cripte che,<br />

focalmente o in distretti più o meno estesi del polipo, mostrano<br />

minime distorsioni dell’organizzazione perdita del parallelismo<br />

o franche alterazioni displastiche architetturali microgemmazioni,<br />

ramificazioni, dismetrie del diametro, arborizzazione e<br />

coalescenza delle salienze epiteliali endoluminali, crescita orizzontale,<br />

estensione del profilo serrato alla base della cripta. Le<br />

modificazioni nucleari, in questi polipi, sono limitate a brevi<br />

tratti dell’epitelio serrato e consistono nella diafanizzazione<br />

vescicolosa della cromatina, ispessimento della membrana nucleare,<br />

micronucleoli.<br />

Per contro, negli adenomi serrati tradizionali 5 8 Adenoma Serrato<br />

Tipo Polipoide, Adenoma Serrato Tipo 1 5-7 un riconoscibile<br />

profilo serrato persiste in cripte che, diffusamente, oltre alla displasia<br />

architetturale mostrano alterazioni nucleari e citologiche<br />

riconducibili alla displasia ipercromasia e stratificazione nucleare,<br />

anisocitosi, deplezione endocrina.<br />

Allo stato attuale delle conoscenze, i tempi ed i potenziali di progressione<br />

delle lesioni displastiche serrate paiono grossolanamente<br />

sovrapponibili a quelli degli analoghi polipi adenomatosi<br />

9 : di qui l’indicazione ad esplicitare nel referto diagnostico, oltre<br />

alla classificazione istopatologica del polipo serrato in esame,<br />

anche il grado, la tipologia e l’estensione della displasia 2 .<br />

Sembrerebbe intuitiva la progressione dalla displasia serrata architetturale,<br />

spesso minima e focale, a quella diffusa e complessa,<br />

architetturale e cariologica e, parallelamente, l’evoluzione<br />

dalla crescita sessile a quella polipoide degli adenomi serrati:<br />

pur tuttavia risulta molto più frequente, nell’ambito di singoli<br />

polipi, la coesistenza di displasia serrata architetturale con aree<br />

di displasia adenomatosa tubulare e tubulo-villosa c.d. “Polipi<br />

adenomatosi misti, serrati e tubulari” 10 che non con la displasia<br />

serrata cariologica. Ancora, la propensione alla riconversione<br />

degli adenomi serrati in displasia adenomatosa “tradizionale” è<br />

supportata dalla frequente osservazione di tessuto tipicamente<br />

tubulare interposto tra aree serrate e carcinoma negli adenomi<br />

serrati cancerizzati 5 . È pertanto ipotizzabile un modello unificante<br />

di carcinogenesi intestinale, che presuppone la fusione<br />

delle due principali vie morfogenetiche adenomi tubulari vs.<br />

adenomi serrati e molecolari CIN vs. MIN della carcinogenesi<br />

intestinale, anche se gli eventi genetici di collegamento non<br />

sono ancora definiti 11 .<br />

La neoplasia serrata conduce al cancro secondo percorsi multipli,<br />

complessi, variamente correlati ed intersecatisi. La plasticità<br />

dei percorsi è governata da fattori epigenetici, polimorfismi intragenici<br />

germinali ed interazioni ambientali 12 : la corretta identificazione<br />

della displasia serrata nella mucosa colica è indispensabile<br />

per la gestione dei programmi di screening, dei gruppi<br />

a rischio, di nuove e solo parzialmente conosciute sindromi<br />

neoplastiche intestinali ereditarie.<br />

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PATHOLOGICA 2007;99:119-121<br />

Adenocarcinoma pancreatico<br />

G. Zamboni<br />

Dipartimento di Patologia, Università di Verona, Ospedale<br />

“Sacro Cuore-Don Calabria-Negrar”<br />

L’adenocarcinoma duttale rappresenta l’80-90% delle neoplasie<br />

pancreatiche e di queste solo il 15-20% è suscettibile di<br />

resezione chirurgica con intento radicale. Sebbene in un discreto<br />

numero di casi la diagnosi pre-operatoria possa essere<br />

formulata con l’esame citologico ecoguidato FNAC o più raramente<br />

tramite prelievo bioptico ecoguidato FNAB, la diagnosi<br />

di certezza si ottiene in alcuni casi solo dall’esame patologico<br />

del pezzo operatorio. Gli adenocarcinomi duttali devono essere<br />

distinti dalle altre neoplasie pancreatiche come i tumori<br />

cistici, i tumori endocrini, i carcinomi a cellule acinose e da lesioni<br />

pseudotumorali come la pancreatine autoimmune.<br />

I pezzi operatori resecati per adenocarcinoma pancreatico<br />

non sono reperti frequenti nella maggior parte dei dipartimenti<br />

di patologia; una accurata valutazione patologica si ottiene<br />

se vi è un stretta collaborazione fra chirurgo, patologo<br />

e radiologo. Molti sono i parametri morfologici che il patologo<br />

può ricercare, tuttavia egli deve concentrarsi soprattutto<br />

su quelli con significato prognostico utile ad identificare i<br />

pazienti che potrebbero beneficiare di una terapia adiuvante.<br />

Margini di resezione duodeno-cefalopancreasectomia. I<br />

margini di resezione chirurgici comprendenti il dotto epatico<br />

comune e la trancia di sezione pancreatica, possono essere<br />

esaminati intra-operatoriamente con esame al congelatore.<br />

Grande attenzione deve essere posta nella valutazione del<br />

margine di resezione retroperitoneale, definito come il tessuto<br />

adiposo posto dietro la testa del pancreas, dorsalmente e<br />

lateralmente all’arteria mesenterica superiore. Tale margine,<br />

riconoscibile sia perché cruentato chirurgicamente che per la<br />

presenza di fili chirurgici, deve essere colorato con inchiostro<br />

di china, sezionato perpendicolarmente ed incluso in toto per<br />

l’esame istologico definitivo l’esame estemporaneo non è indicato.<br />

Stazioni linfonodali. I linfonodi possono essere inviati separatamente<br />

dal chirurgo oppure essere isolati dal patologo dal<br />

tessuto adiposo peripancreatico.<br />

Tipizzazione istologica. La tipizzazione istologica del tumore<br />

sia basa sulla classificazione WHO e AFIP. La maggior<br />

parte dei carcinomi è di tipo duttale ed è molto simile alle<br />

normali strutture del pancreas e dei dotti biliari. La componente<br />

ghiandolare neoplastica, come i duttuli intralobulari<br />

normali, presenta immunoreattività per il MUC1; mentre il<br />

MUC2 è presente esclusivamente nella variante “colloide”.<br />

Le mucine MUC5-6, marcatori di tipo gastrico-foveolare,<br />

negative nel carcinoma infiltrante, sono frequentemente<br />

espresse nelle lesioni PanIN. Altri markers sono le citocheratine<br />

7,8,18,19 occasionalmente la citocheratina 20, il<br />

CA19,9, il DUPAN-2 ed il CEA.<br />

Varianti dell’adenocarcinoma duttale. Il carcinoma mucinoso<br />

non cistico colloide è composto da ghiandole ben differenziate<br />

immerse in abbondante > 50% mucina extracellulare.<br />

La maggior parte dei carcinomi insorge da pre-esistenti<br />

neoplasie intraduttali papillari mucinose IPMN. È caratterizzato<br />

da prognosi relativamente favorevole.<br />

Il carcinoma adeno-squamoso è composto da componenti<br />

neoplastiche ghiandolare prevalente e squamosa > 30%. La<br />

Patologia pancreatica<br />

prognosi è peggiore di quella dell’adenocarcinoma classico.<br />

Il carcinoma anaplastico è composto da cellule pleomorfe,<br />

cellule giganti e/o cellule fusate. La diagnosi differenziale va<br />

posta con i sarcomi ed i carcinomi metastatici indifferenziati.<br />

È più aggressivo rispetto all’adenocarcinoma classico.<br />

Il carcinoma a cellule giganti di tipo osteoclastico è composto<br />

da cellule epiteliali maligne indifferenziate, rotonde o<br />

fusate, associate a cellule giganti di tipo osteoclastico non<br />

neoplastiche.<br />

Il carcinoma midollare, è caratterizzato da cellule polimorfe,<br />

crescita sinciziale, elevato indice mitotico e ricco infiltrato<br />

infiammatorio intra- e peri-tumorale di tipo linfocitario. La<br />

caratterizzazione molecolare evidenzia un’alta frequenza di<br />

instabilità dei microsatelliti DNA replication error + e assenza<br />

di mutazioni del gene K-ras. La prognosi non si discosta<br />

da quella del carcinoma classico.<br />

Altri carcinomi rari sono il carcinoma a cellule chiare, l’adenocarcinoma<br />

duttale a cellule schiumos ed il carcinoma misto<br />

esocrino ed endocrino.<br />

Precursori del carcinoma pancreatico invasivo. I precursori<br />

del carcinoma infiltrante comprendono una lesione microscopica,<br />

costituita da neoplasie pancreatiche intraepiteliali<br />

PanIN e due lesioni microscopicamente evidenti:<br />

neoplasie mucinose papillari intraduttali IPMN e neoplasie<br />

cistiche mucinose MCN.<br />

Le PanIN, che di solito coinvolgono i dotti di diametro < 5<br />

mm, sono caratterizzate da cellule colonnari e cuboidi ed in<br />

base alle atipie citologiche ed architetturali sono classificate<br />

come: a. PanIn-1A-B atipia citologica ed architetturale minima;<br />

b. PanIn-2 atipia citologica ed architetturale moderata<br />

con frequente formazione di papille; c. PanIN-3 atipia citologica<br />

ed architetturale severa. Il profilo genetico mostra sia<br />

l’attivazione di oncogeni che l’inattivazione di geni soppressori<br />

tumorali, in particolare l’attivazione dell’oncogene K-ras<br />

e l’inattivazione dei geni soppressori CDKN2A/p16,<br />

TP53/p53 e SMAD4/DPC4.<br />

Le informazioni sulla progressione dei differenti tipi di PaIN<br />

sono ancora limitate. PanIN-1 e PanIN-2 non hanno un<br />

potenziale maligno dimostrato per cui sembrerebbe non necessario<br />

segnalarle nella diagnosi. Le modificazioni tipo<br />

PanIN-3 dovrebbero invece essere identificate e segnalate<br />

nella diagnosi patologica importanti anche nella valutazione<br />

della trancia di resezione pancreatica.<br />

Bibliografia<br />

1 Compton C, Henson D. Protocol for the examination of specimens removed<br />

from patients with carcinoma of the exocrine pancreas. Arch<br />

Pathol Lab Med 1997;121:1129-36.<br />

2 Hruban RH, Pitman MB, Klimstra DS. Tumors of the Pancreas in Atlas<br />

of Tumor pathology. Series IV, 2007.<br />

3 Hruban RH, Takaori K, Klimstra DS, et al. An illustrated consensus<br />

on the classification of pancreatic intraepithelial neoplasia and intraductal<br />

papillary mucinous neoplasms. Am J Surg Pathol<br />

2004;28:977-87.<br />

4 Klöppel G, Hruban R, Longnecker D, Adler G, Kern S, Partanen T.<br />

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LA, eds. Pathology and Genetics of Tumours of the Digestive System.<br />

Lyon: WHO Classification of Tumours 2000.<br />

5 Luttges J, Zamboni G, Kloppel G. Recommendation for the examination<br />

of pancreaticoduodenectomy specimens removed from patients<br />

with carcinoma of the exocrine pancreas. A proposal for a standardized<br />

pathological staging of pancreaticoduodenectomy specimens including<br />

a checklist. Dig Surg 1999;16:291-6.


120<br />

Tumori cistici e non duttali del pancreas<br />

F. Sessa, S. La Rosa, C. Capella<br />

Dipartimento di Morfologia Umana e Dipartimento di Patologia,<br />

Università dell’Insubria e Azienda Ospedaliera-Universitaria,<br />

Ospedale di Circolo di Varese<br />

I tumori cistici e non duttali del pancreas sono un gruppo<br />

eterogeneo di neoplasie, in genere benigne o a basso grado di<br />

malignità, che comprende tumori di diversa istogenesi, età di<br />

insorgenza, incidenza tra maschi e femmine e prognosi. Il<br />

miglioramento delle tecniche di diagnosi per immagine ha<br />

fatto si che queste neoplasie vengano documentate con una<br />

frequenza maggiore, da cui un loro incremento relativo.<br />

I tumori cistici includono due grandi categorie: i tumori<br />

sierosi adenoma sieroso microcistico, cistoadenocarcinoma<br />

sieroso e i tumori mucinosi. Questi ultimi a loro volta comprendono<br />

due diverse entità: i tumori papillari mucinosi intraduttali<br />

e i tumori mucinosi cistici. I tumori non duttali<br />

comprendono: i tumori endocrini, il tumore solido pseudopapillare,<br />

il carcinoma acinare e il pancreatoblastoma. Rappresentano<br />

circa il 10% di tutte le neoplasie pancreatiche.<br />

Cistoadenoma sieroso microcistico. È prevalente nelle<br />

donne 7:1 in età post-menopausale, interessa con uguale frequenza<br />

sia la regione della testa che del corpo-coda del pancreas,<br />

è generalmente unico ma può essere multifocale nella<br />

malattia di von Hippel Lindau VHL. È formato da una miriade<br />

di piccole cisti a contenuto limpido sieroso che gli conferiscono<br />

un aspetto spugnoso. Le cisti sono rivestite da un<br />

epitelio cubico, positivo al PAS e alle CK 7, 8, 18 e 19. Sono<br />

descritte varianti macrocistiche cistoadenoma sieroso<br />

oligocistico, solide o combinate con neoplasie endocrine in<br />

pazienti con sindrome di VHL. Il 50-70% di questi tumori<br />

presenta inattivazione di VHL mentre K-Ras, p53 e SMAD4<br />

non sono alterati. Le cisti pancreatiche nella malattia di VHL<br />

sono rivestite da un analogo epitelio e sono distribuite lungo<br />

tutto il pancreas.<br />

Cistoadenocarcinoma sieroso. È estremamente raro, citologicamente<br />

indistinguibile dalla forma benigna, per cui la<br />

diagnosi va posta solo in presenza di franche metastasi<br />

epatiche e dopo aver escluso la possibilità di metastasi di carcinomi<br />

a cellule chiare o più raramente ancora a lesioni cistiche<br />

dovute a neoplasie endocrine o a carcinomi acinari cistoadenocarcinoma<br />

acinare.<br />

Neoplasie cistiche mucinose NCM. Insorgono quasi esclusivamente<br />

nelle donne di età compresa tra i 40 e i 50 anni,<br />

sono generalmente di notevoli dimensioni 7-10 cm, sono unio<br />

pluriloculate, localizzate nel corpo-coda del pancreas, non<br />

comunicanti con i dotti pancreatici, rivestite da epitelio che<br />

produce mucine, delimitato da uno stroma di tipo ovarico,<br />

presente sia nei setti che nella capsula del tumore. Questo<br />

stroma si osserva anche nelle NCM del fegato e del retroperitoneo<br />

e normalmente esprime i recettori per il progesterone.<br />

Si ipotizza una origine di questi tumori da residui ovarici o<br />

dallo stroma mesenchimale periduttale. L’epitelio presenta<br />

gradi crescenti di atipia: lieve, moderata, severa e i tumori<br />

variano da adenoma, a NCM con carcinoma in situ, a cistoadenocarcinoma<br />

mucinoso quando è presente una componente<br />

infiltrativa. Circa un terzo inoltre si associa ad un carcinoma<br />

infiltrante di tipo duttale-tubulare o più raramente al<br />

carcinoma indifferenziato con cellule giganti di tipo osteoclastico.<br />

K-Ras, p53 e SMAD4 sono le mutazioni più frequenti,<br />

condivise con il carcinoma duttale. In ogni modo la<br />

prognosi a 5 anni di queste due neoplasie è nettamente diversa<br />

con una sopravvivenza del 50-60% nelle NCM e del 5%<br />

PATOLOGIA PANCREATICA<br />

nei carcinomi duttali. A fronte di medesime alterazioni<br />

molecolari la diversità di aspetto macroscopico, microscopico<br />

e prognostico sembra dovuta ad un diverso timing nella<br />

sequenza mutazionale che si osserva nel carcinoma duttale:<br />

K-Ras, p53/p16, SMAD4 rispetto alla sequenza K-Ras,<br />

SMAD4, p53/p16 presente nelle NCM.<br />

Tumori papillari mucinosi intraduttali TPMI. Sono caratterizzati<br />

da una dilatazione cistica dei dotti pancreatici dovuta<br />

alla eccessiva secrezione intraluminale di mucine da parte<br />

dell’epitelio che costituisce questo tumore. Sono localizzati<br />

alla testa del pancreas. Si osservano generalmente in maschi<br />

nella 7°-8° decade di vita, con storia di dolori addominali o<br />

di pancreatiti ricorrenti. Possono insorgere nel dotto principale<br />

o nei dotti collaterali. Microscopicamente l’epitelio<br />

delle papille può essere classificato come: a intestinale, b<br />

pancreatobiliare, c gastrico o “null”. I TPMI intestinali sono<br />

generalmente MUC2 e CDX2 positivi. I TPMI pancreatobiliari<br />

sono MUC2 e CDX2 negativi ma MUC1 positivi. Le<br />

atipie citologiche lievi, moderate e severe consentono di classificare<br />

questi tumori come: adenomi, tumori borderline e<br />

carcinomi intraduttali. Una componente invasiva si osserva<br />

in circa un terzo dei casi, di tipo mucinoso o colloide frequentemente<br />

associata alle forme di TPMI intestinali e di tipo<br />

duttale-tubulare associata alle forme di TPMI pancreatobiliari.<br />

La sopravvivenza media a 5 anni è superiore al 75%. In<br />

generali i tumori che insorgono dai dotti periferici, di tipo<br />

gastrico e di piccole dimensioni sono adenomi o tumori borderline.<br />

I tumori che insorgono nel dotto principale, di tipo<br />

intestinale e di maggiori dimensioni sono carcinomi intraduttali<br />

e più frequentemente associati ad un carcinoma infiltrante.<br />

Mutazioni di K-Ras, p53/p16, SMAD4 sono eventi piuttosto<br />

rari nei TPMI. SMAD4 è generalmente espresso in<br />

tutti i TPMI. Questi tumori vanno differenziati dalle PanIN,<br />

sia di basso che alto grado, dove si osserva una diversa<br />

espressione di MUC2 e MUC1 ed inoltre si osserva una<br />

perdita di SMAD4 nelle PanIN 3. La variante oncocitica di<br />

questi tumori è rara e presenta caratteristiche peculiari che la<br />

differenziano dagli altri TPMI.<br />

Il tumore solido pseudopapillare. Si osserva quasi esclusivamente<br />

in giovani donne età media 25 anni, rapporto M/F<br />

1:20, le sue cellule esprimono il recettore del progesterone e<br />

il recettore beta degli estrogeni. Ha un basso potenziale di<br />

malignità e presenta aspetto cistico in particolare nei casi di<br />

maggiori dimensioni 9-10 cm dovuto al processo necrotico/degenerativo<br />

della componente tumorale e non ad una vera<br />

cisti rivestita da epitelio. Infatti la cisti contiene materiale<br />

necrotico, macrofagi, sangue e pseudopapille rivestite da elementi<br />

che assomigliano a cellule endocrine. K-Ras, p53/p16<br />

e SMAD4 non sono alterati mentre nel 90% dei casi si osserva<br />

un accumulo nucleare di β catenina dovuto ad una mutazione<br />

puntiforme dell’esone 3 e positività a CD10 e CD117.<br />

L’istogenesi di questo tumore non è ancora collegata ad alcuna<br />

delle cellule normalmente presenti nel pancreas. Le cellule<br />

neoplastiche esprimono vimentina, NSE, alfa 1 antitripsina,<br />

CD56, sinaptofisina, ma sono cromogranina negative.<br />

L’80% dei casi è benigno, per il restante 20% sono casi<br />

maligni, ma non ci sono chiari criteri istologici per documentare<br />

il potenziale di malignità.<br />

Neoplasie endocrine. Rappresentano circa l’1-2% dei tumori<br />

del pancreas. Generalmente sporadici possono insorgere<br />

in sindromi ereditarie come MEN1 e VHL. L’aspetto microscopico<br />

è variabile da trabecolare a psudoacinare a cordonale<br />

o a solido, è generalmente presente in diversa misura nel<br />

medesimo tumore. Lo stroma tra le cellule è estremamente


PATOLOGIA PANCREATICA<br />

variabile fino ad essere fibrotico o ialinizzato. In alcuni casi<br />

insulinomi è presente deposito di amiloide. Le cellule sono<br />

poligonali, a citoplasma eosinofilo, generalmente abbondante,<br />

con nucleo periferico aspetto plasmocitoide. Sono stati<br />

descritti aspetti particolari come l’oncocitico 7% dei casi, a<br />

cellule chiare in corso di malattia di VHL, pleomorfo o rabdoide.<br />

La prognosi è correlata alle dimensioni del tumore, indice<br />

mitotico, necrosi, invasione della capsula, invasione<br />

vascolare, invasione del tessuto pancreatico peritumorale,<br />

metastasi epatiche. Mutazioni di K-Ras, p53/p16, SMAD4<br />

sono eccezionali nei tumori endocrini, ma inattivazione di<br />

p16 da ipermetilazione del promotore è presente nel 40% dei<br />

casi. Il carcinoma endocrino scarsamente differenziato rappresenta<br />

il 3% dei tumori endocrini del pancreas, ha un indice<br />

mitotico superiore a 10 per 10 hpf. Può avere un aspetto simile<br />

al carcinoma a piccole cellule del polmone; ha una prognosi<br />

estremamente sfavorevole.<br />

Carcinoma acinare. Rappresenta il 2% delle neoplasie pancreatiche<br />

dell’adulto ed il 15% di quelle del bambino. È un<br />

tumore le cui cellule contengono granuli di zimogeno PAS<br />

positivi, produce tripsinogeno e lipasi che vengono utilizzati<br />

per differenziarlo immunoistochimicamente dai tumori endocrini.<br />

Una componente endocrina minoritaria è presente<br />

nel 50% dei casi, quando supera il 25% delle cellule parliamo<br />

di carcinoma misto acinare/endocrino, ma sono riportati anche<br />

carcinomi misti acinari/duttali e acinari/duttali/endocrini.<br />

Il carcinoma acinare ha una prognosi simile al carcinoma<br />

duttale ma non presenta le stesse alterazioni molecolari mutazioni<br />

di K-Ras, p53, p16, SMAD4. Nel 50% dei casi si osserva<br />

LOH di 11p e nel 25% dei casi mutazioni di APC/β<br />

catenina.<br />

Pancreatoblastoma. È la più frequente neoplasia maligna<br />

del pancreas in età pediatrica. Presenta più linee differenziative<br />

documentate dalla immunoreattività per i markers acinari<br />

tripsina, chimotripsina, lipasi endocrini cromogranina,<br />

sinaptofisina duttali CEA, DUPAN 2. Si caratterizza inoltre<br />

per la presenza di nidi di cellule squamose. Le alterazioni<br />

molecolari sono simili a quelle del carcinoma acinare LOH di<br />

11p e mutazioni di APC/β catenina mentre sono assenti<br />

quelle del carcinoma duttale K-Ras, p53, p16, SMAD4.<br />

Nei tumori solidi-pseudopapillari del pancreas la mutazione<br />

di β catenina è presente in circa il:<br />

a. 20% dei casi;<br />

b. 50% dei casi;<br />

c. 90% dei casi.<br />

Nei cistoadenomi sierosi microcistici sporadici del pancreas<br />

è più frequente:<br />

a. la mutazione di Kras;<br />

b. la mutazione di p53;<br />

c. l’inattivazione di VHL.<br />

Il fattore prognostico più importante per i tumori mucinoso<br />

cistici del pancreas è determinato da:<br />

a. dimensioni della neoplasia;<br />

b. tipo di intervento chirurgico;<br />

c. grado di atipia citologica.<br />

Il carcinoma colloide o gelatinoso è associato più frequentemente<br />

a:<br />

a. IPMN di tipo intestinale;<br />

b. IPMN di tipo pancreatobiliare;<br />

c. IPMN di tipo oncocitico.<br />

121<br />

Diagnostica Speciale. Centro Integrato di<br />

Diagnostica Cito-Radiologica nella Patologia<br />

Pancreatica. Esperienza del Policlinico di Verona<br />

E. Manfrin, F. Bonetti<br />

Istituto di Anatomia Patologica, Università di Verona<br />

La citologia per agoaspirazione è spesso utilizzata come procedura<br />

elettiva per una diagnostica pre-operatoria delle patologie<br />

pancreatiche formanti massa. La disponibilità di metodiche<br />

di prelievo con guida eco-radiologica ed eco-endoscopica hanno<br />

reso il prelievo citologico agoaspirativo a rischio “controllato”<br />

e con accresciuta accuratezza. L’accuratezza diagnostica<br />

della citologia è molto “operatore dipendente”. La formazione<br />

del patologo in ambito citologico non implica solo una specifica<br />

formazione diagnostico-morfologica, ma necessita di una<br />

più ampia competenza che comprenda, più in generale, la gestione<br />

del “caso-paziente”. Il ruolo attuale del citopatologo è infatti<br />

quello di valutare la procedura diagnostica migliore da<br />

adottare per risolvere il quesito posto dal clinico e di essere<br />

egli stesso l’esecutore o compresente all’espletamento del prelievo.<br />

In questa visione moderna della diagnostica citologica è<br />

fondamentale il ruolo dell’équipe formata da anatomopatologo<br />

e radiologo. Presso il Policlinico di Verona è operativa un’attività<br />

diagnostica integrata citologico-radiologica con l’individuazione<br />

di équipe mediche composte da citopatologi, radiologi<br />

ecografisti e radiologi dedicati alla diagnostica per immagini<br />

Tac, che cooperano direttamente alla scelta delle procedure<br />

diagnostiche ottimali e all’espletamento dei prelievi.<br />

L’attività diagnostica integrata, sviluppatasi progressivamente<br />

negli ultimi dieci anni, dal 2004 usufruisce di un proprio Centro<br />

di Diagnostica Integrata Cito-Radiologica con un laboratorio<br />

dedicato di citologia, sala lettura citologica e segreteria diagnostica<br />

con refertazione immediata, posto in diretta comunicazione<br />

con le sale ecografiche.<br />

L’attività svolta presso il centro di diagnostica integrata citopatologica<br />

del Policlinico “G.B. Rossi” dell’Università di<br />

Verona, ha risposto pienamente alle aspettative proprie di una<br />

diagnostica moderna:<br />

– abbattimento dei tempi d’attesa per la diagnosi patologica.<br />

Le risposte diagnostiche sono immediate e consegnate direttamente<br />

al paziente o depositate nella cartella clinica che<br />

lo accompagna; tutto ciò si riflette in una gestione rapida e<br />

dinamica del paziente ospedalizzato;<br />

– accuratezza diagnostica. La verifica in tempo reale del materiale<br />

citologico limita il numero di casi con citologia non<br />

diagnostica per la possibilità di ripetere più volte le agoaspirazioni<br />

fini al raggiungimento dell’adeguatezza. La disponibilità<br />

delle cartelle cliniche ed il rapporto diretto con<br />

il paziente ed i medici clinici all’atto dell’esecuzione dell’esame<br />

citologico favorisce la correlazione anatomo-clinica<br />

ed una migliore accuratezza diagnostica;<br />

– scelta in tempo reale delle procedure diagnostiche da<br />

espletare. La verifica in tempo reale del materiale citologico<br />

permette di ripetere più volte la manovra agoaspirativa<br />

alla ricerca dell’adeguatezza del materiale; se questo non<br />

risulta possibile, si può procedere all’espletamento di altre<br />

metodiche diagnostiche, ad esempio microbiopsia oppure<br />

contrasti ecografici per la migliore visualizzazione di lesioni<br />

non “centrate” dal primo prelievo;<br />

– integrazione e crescita formativa dell’équipe degli operatori.<br />

La cooperazione diretta di più specialisti favorisce la gestione<br />

multidisciplinare di ogni caso garantendo così l’alta<br />

qualità della prestazione offerta e la condivisione delle<br />

competenze specialistiche a tutta l’équipe con una conseguente<br />

crescita culturale del personale coinvolto.


PATHOLOGICA 2007;99:122-126<br />

Giornata SIAPEC-IAP di Citologia Diagnostica<br />

Il Sistema classificativo Bethesda 2001 TBS<br />

non è idoneo alle esigenze di uno screening<br />

organizzato di popolazione<br />

A. Bellomi, L. Regattieri<br />

U.O. Struttura Complessa di Diagnostica Istocitologica,<br />

Anatomia Patologica, Azienda Ospedaliera Ospedali “Carlo<br />

Poma” Mantova<br />

Lo screening cervicale della Provincia di Mantova, operante<br />

con chiamata dal 1986, non utilizza pienamente il TBS perché<br />

lo ritengo inidoneo alle esigenze di un test di primo livello.<br />

Indubbiamente la mia scelta è stata influenzata dalla scuola<br />

dell’Istituto Tumori di Milano ai tempi del prof. Rilke, che<br />

aveva adottato la classificazione di Papanicolaou inserendo il<br />

CIN in tre gradi tra la classe seconda e la classe quarta ed<br />

abolendo la classe terza.<br />

Lo scopo di un test di primo livello in uno screening di popolazione<br />

è quello di discriminare una piccola percentuale<br />

meritevole di ulteriori accertamenti; l’esito dovrebbe essere:<br />

– negativo;<br />

– da controllare colposcopicamente;<br />

– inadeguato.<br />

I risultati di uno screening di popolazione organizzato da un<br />

sistema sanitario statale, sono monitorati continuamente e<br />

consentono interventi correttivi e miglioramenti.<br />

Lo scenario in cui è stato ideato il TBS è completamente diverso:<br />

uno screening dipendente dalle grandi compagnie assicuratrici<br />

e dalle grandi aziende sanitarie, vale a dire regolato<br />

dalle logiche di mercato.<br />

Lo scopo “dichiarato” della nuova classificazione di Bethesda<br />

è di favorire il dialogo tra citologi e ginecologi e questo è<br />

stato raggiunto: dopo l’introduzione del TBS vi è stato un aumento<br />

di spesa per colposcopie pari ad un bilione di dollari<br />

all’anno negli USA.<br />

La classe negativa per malignità ha una durata di un solo anno,<br />

mentre è triennale in Italia.<br />

Il citologo italiano che applica il TBS, con la diagnosi di<br />

Negativo condiziona il controllo citologico successivo a tre<br />

anni, mentre chi ha formulato questa classificazione lo<br />

prevede ad un anno di distanza. Nell’ultima versione del<br />

TBS, nella classe “Negativo per malignità” sono comprese<br />

anche casi con alterazioni cellulari di un certo rilievo, proprio<br />

perché il periodo di responsabilità diagnostica e legale nei<br />

confronti della donna è limitata ad un anno e quindi demanda<br />

al Pap test successivo il giudizio sull’eventuale progressione<br />

delle alterazioni presenti.<br />

Il motivo è semplice negli USA tanti Pap significano tanti<br />

guadagni, in Italia tanti Pap significano tante spese tasse.<br />

Il nuovo Bethesda ha anche escluso la possibilità di alcune<br />

diagnosi microbiologiche, ad esempio quella di infezione da<br />

Clamidia la più frequente nella pratica clinica ginecologica<br />

solo per lucrare maggiori guadagni con indagini di PCR: perché<br />

fare questa diagnosi per dieci dollari quando se ne possono<br />

chiedere molti di più per un’indagine microbiologica<br />

sofisticata.<br />

La classe diagnostica ASC nelle varie proposizioni, non consente<br />

la discriminazione che il Pap test come primo livello di<br />

uno screening di popolazione deve effettuare, perché prevede<br />

una categorizzazione delle incertezze 1 , dei dubbi del citologo<br />

scrupoloso e lascia ampia scappatoia alla incapacità o alla superficialità<br />

del citologo frettoloso sottopagato a cottimo 2 .<br />

Questa categoria non discrimina, ma induce ben più lauti<br />

profitti perché condiziona indagini ulteriori di alto costo colposcopia,<br />

test per l’HPV e soprattutto preserva dai costi legali<br />

per errori diagnostici essendo molto elastica nelle sue<br />

correlazioni istologiche.<br />

Tutti gli studi di concordanza citologica per la categoria ASC<br />

su set di vetrini hanno mostrato che non esistono criteri riproducibili<br />

e che questa categoria è spesso la misura dell’incapacità<br />

diagnostica o di prelievi subottimali.<br />

L’accorpamento nella categoria LSIL di alterazioni virali ed<br />

alterazioni da CIN1, mentre semplifica il lavoro del citologo,<br />

mortifica gli sforzi di chi cerca di differenziare le alterazioni<br />

transitorie della infezione da HPV da quelle potenzialmente<br />

più aggressive della CIN anche di basso grado 3 .<br />

Infine, dopo aver per anni ignorato il problema dell’Adenocarcinoma<br />

cervicale così come aveva fatto Papanicolaou ora<br />

si propongono tre categorie diagnostiche per le cellule cilindriche<br />

AGC, AIS, CTM continuando a fare confusione tra patologia<br />

cervicale ed endometriale situazione tipica del Pap<br />

test al di fuori degli screening e pretendendo di fare citologicamente<br />

la diagnosi differenziale tra forma in situ e forma<br />

microinvasiva, che spesso non è possibile nemmeno con una<br />

istologia accurata.<br />

Ritengo che non solo questa classificazione non sia idonea<br />

per uno screening di popolazione come organizzati in Italia<br />

ed in Europa, ma che non andrebbe utilizzata dagli anatomopatologi<br />

che refertano esami citologici.<br />

In tal modo si capirebbe che un Pap test classificato con il<br />

sistema Bethesda è al di fuori della responsabilità medica essendo<br />

stato letto ma non interpretato da un non medico.<br />

Questa ultima considerazione è certamente una utopia, visto<br />

lo scarso interesse della maggior parte dei patologi per il Pap<br />

test, in considerazione dell’enorme sproporzione tra richiesta<br />

e numero dei patologi e non ultimo per la bassa remunerazione<br />

tariffaria di questo esame.<br />

Bibliografia<br />

1 Titus K. Abnormal Pap smears. ASCUS Still Ob/Gyn Puzzle. JAMA<br />

1996;276:1014-5.<br />

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3 Di Bonito L. SIL: Soluzione o problema? Il Friuli Medico Alpe Adria.<br />

J Med 1994;49:521-3.<br />

HPV NO: elogio dell’incertezza<br />

“Difficile non è sapere, ma saper far uso di ciò che si sa”<br />

A.M. Buccoliero, F. Castiglione, F. Garbini, C.F. Gheri,<br />

D. Moncini, E. Zappulla, G.L. Taddei<br />

Dipartimento di Patologia Umana e Oncologia, Università<br />

di Firenze<br />

L’infezione da Human Papilloma Virus (HPV) umano è una<br />

delle più frequenti malattie a trasmissione sessuale nel mondo.<br />

Nel tratto genitale femminile l’infezione da HPV può determinare<br />

quadri patologici diversi per gravità e presentazione<br />

clinica. Numerosi dati epidemiologici, clinici e bio-


GIORNATA SIAPEC-IAP DI CITOLOGIA DIAGNOSTICA<br />

molecolari hanno in particolare dimostrato il rapporto<br />

causale tra infezione da HPV ed insorgenza del carcinoma<br />

della cervice uterina.<br />

La diffusione della citologia cervico-vaginale quale strumento<br />

di screening ha notevolmente modificato la storia naturale del<br />

carcinoma cervicale determinando una drammatica riduzione<br />

delle forme infiltranti. In letteratura a tale proposito viene riportato<br />

un crollo dell’incidenza del carcinoma invasivo da circa<br />

15/10 5 negli anni ’60 a meno di 3/10 5 negli anni ’90 1 2 .<br />

Più recentemente ha tuttavia preso corpo il sospetto della<br />

possibile fallibilità del Pap test. Tra le varie criticità sollevate<br />

ci sono la non sufficiente sensibilità e specificità 3 di questo<br />

esame.<br />

Numerose metodiche diagnostiche sono state proposte quale<br />

possibile integrazione o alternativa al Pap test tradizionale.<br />

Tra queste la citologia in fase liquida, la lettura automatizzata<br />

dei preparati, il test per la determinazione del genoma virale<br />

o ancora indagini immunocitochimiche o biomolecolari<br />

volte a valutare la persistenza dell’infezione da HPV e/o l’integrazione<br />

virale.<br />

Attualmente i test molecolari per la determinazione della presenza<br />

del genoma virale nel prelievo citologico cervico-vaginale<br />

Polymerase Chain Reaction – PCR; Hybrid Capture Assay<br />

sono oggetto di grande attenzione sia tra la classe medica<br />

che tra le donne come documentato dalla mole di pubblicazioni<br />

in merito sia nelle riviste scientifiche che nella stampa<br />

divulgativa ordinaria e dalla nascita di movimenti di<br />

donne a favore della loro diffusione di massa 4 . Il razionale<br />

per l’introduzione e diffusione dell’HPV test si fonda soprattutto<br />

sul suo elevato valore predittivo negativo a fronte delle<br />

presunte lacune diagnostiche del Pap test tradizionale.<br />

In realtà se è vero che circa 230.000 donne muoiono ancora<br />

oggi ogni anno nel mondo per carcinoma della cervice uterina<br />

5 c’è da chiedersi quante di queste morti siano davvero imputabili<br />

ai limiti del Pap test e quante invece alla mancanza<br />

di efficaci programmi di screening. Una riflessione meritano<br />

inoltre i costi morali e materiali legati all’aumento di esami<br />

di secondo livello quali la colposcopia provocato dall’indubbia<br />

maggiore sensibilità dell’HPV test per un’infezione che<br />

nella gran parte dei casi sarà destinata a risolversi spontaneamente.<br />

È noto infatti che il vero fattore di rischio non è tanto<br />

l’infezione da HPV, sia pure ad alto rischio o da tipi virali<br />

multipli, quanto la sua persistenza. Si calcola infatti che il<br />

93% delle donne risultate infette da un determinato HPV<br />

risulti poi negativa per quello stesso tipo virale ad un successivo<br />

controllo. Attraverso la Polymerase Chain Reaction<br />

PCR si è potuto dimostrare che l’infezione da HPV mediamente<br />

permane per circa 5-6 mesi per poi scomparire spontaneamente<br />

6 . Il carcinoma cervicale è infatti considerato una<br />

complicanza estremamente rara di una infezione estremamente<br />

frequente. Da qui l’importanza di scandagliare tra la<br />

popolazione femminile non tanto l’infezione in quanto tale<br />

quanto piuttosto la sua persistenza o l’avvenuta integrazione<br />

virale. A questo ultimo proposito va ricordata la determinazione<br />

immunoistochimica della proteina con azione oncosoppressiva<br />

p16INK4a la cui espressione risulta alterata in<br />

caso di infezione virale persistente con espressione delle oncoproteine<br />

virali E6 ed E7 o le metodiche molecolari volte a<br />

documentare direttamente l’mRNA per E6 ed E7.<br />

Riteniamo di scarso beneficio per la donna e per la collettività<br />

il test per l’HPV in particolare quando generalizzato e primario.<br />

Risulta infatti difficile immaginare una maggiore adesione<br />

delle alle campagne di screening o un allargamento<br />

delle aree geografiche in cui le campagne di screening stesse<br />

sono attive semplicemente sostituendo la citologia cervico-<br />

123<br />

vaginale con un altro test peraltro più costoso. Potrebbe<br />

eventualmente risultare più utile valutare attraverso ampi studi<br />

l’opportunità di un suo possibile impiego nei casi citologicamente<br />

dubbi o ancora quale indagine preliminare alla vaccinazione.<br />

Bibliografia<br />

1 Anttila A, Pukkala E, Söderman B, et al. Effect of organised screening<br />

on cervical cancer incidence and mortalityin Finland, 1963-1995: recent<br />

increase in cervical cancer incidence. Int J Cancer 1999;83:59-<br />

2 65.<br />

Ponten J, Adami HO, Bergström R, et al. Strategies for global control<br />

3 of cervical cancer. Int J Cancer 1995;60:1-26.<br />

Chamberlain J. Reasons that some screening programmes fail to control<br />

cervical cancer. IARC Sci Publ 1986:161-8.<br />

4<br />

5<br />

6<br />

http://www.womenforHPVtesting.org<br />

Ferlay J, Bray F, Pisani P, Parkin DM. GLOBOCAN 2002: cancer incidence,<br />

mortality and prevalence worldwide. http://www-<br />

dep.iarc.fr/globocan/database.htm<br />

Lee SH, Vigliotti VS, Vigliotti JS, Pappu S. Routine human papilloma<br />

virus genotyping by DNA sequencing in community hospital laboratories.<br />

Infect Agents Cancer 2007;52:11.<br />

Citologia<br />

S. Fiaccavento<br />

Istituto Clinico Città di Brescia, Servizio Anatomia Patologica,<br />

Sezione di Citopatologia Diagnostica, Brescia<br />

Introduzione. Non è la priva volta che citologia agoaspirativa<br />

FNA e mammotome sono messi a confronto come oggetto<br />

di controversia diagnostica sia in precedenti incontri che in<br />

recenti pubblicazioni 1 2 . Si ha comunque l’impressione che la<br />

difesa di singole posizioni sia legata più a metodologie che<br />

uno sa usare da tempo e dalla difficoltà di accettare cambiamenti<br />

che potrebbero metterlo in difficoltà piuttosto che da<br />

una corretta analisi dei pro e contro di un approccio<br />

metodologico. Comunque la valutazione critica che si legge<br />

nei confronti della citologia si basa spesso su una insufficiente<br />

esperienza di molti patologi nell’allestimento dei vetri<br />

e/o dal fatto che non siano direttamente coinvolti nelle fasi<br />

che precedono l’interpretazione dei preparati. Partendo dal<br />

presupposto che le due metodiche possano e debbano essere<br />

complementari e non alternative, lo scopo del mio intervento<br />

è solo quello di elencare i diversi punti critici da sottoporre<br />

alla attenzione dei partecipanti:<br />

1. necessità di corretta modalità di allestimento prelievo, striscio,<br />

colorazioni sono fondamentali per l’adeguatezza dei<br />

vetri;<br />

2. sensibilità e specificità per maligno e benigno sono paragonabili<br />

alla CB anche per quanto si riferisce alle microcalcificazioni;<br />

3. possibilità della FNA di definire istotipo e grading;<br />

4. impossibilità della FNA di distinguere tra carcinoma in situ<br />

vs. invasivi; un falso problema?<br />

5. possibilità di utilizzo della immunocitochimica nei preparati<br />

citologici.<br />

Conclusioni. Pur rispettando la comprensibile affezione che<br />

ciascuno di noi ha per le metodiche che usa più frequentemente<br />

e con le quali è pertanto più abile, riteniamo che la<br />

FNA debba conservare il suo ruolo come primo suggerimento<br />

diagnostico. La sua presenza nelle Linee Guida non esclude<br />

che si possano mettere in atto da subito prelievi con<br />

ago più grosso ma evita che la metodica citologica venga ingiustamente<br />

colpevolizzata quando utilizzata da équipes esperte.


124<br />

Bibliografia<br />

1 Shousha S. Issue in Interpretation of breast Core Biopsie. Intern J<br />

Surg Pathol 2003;11:167-76.<br />

2 Masood S. Core Needle Biopsy vs. Fine-Needle Aspiration Biopsy:<br />

Are There Similar Sampling and Diagnostic Issue? Breast J<br />

2003;9:145-6.<br />

Vacuum-assisted needle core biopsy VANCB<br />

S. Bianchi, V. Vezzosi, D. Ambrogetti * , J. Nori ** , B. Brancato<br />

***<br />

Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia, Azienda<br />

Ospedaliera Universitaria Careggi, Firenze; * U.O. Prevenzione<br />

secondaria screening, CSPO Firenze; ** S.O.D. Diagnostica<br />

Senologica, Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi,<br />

Firenze; *** U.O. Senologia, CSPO Firenze<br />

La vacuum-assisted needle core biopsy VANCB sta assumendo<br />

un ruolo cruciale nell’inquadramento della patologia<br />

mammaria e sta in parte sostituendo la FNAC come<br />

prima modalità di diagnosi pre-operatoria nelle lesioni precliniche,<br />

in modo particolare nei casi di pattern mammografico<br />

costituito dalla presenza di sole microcalcificazioni.<br />

L’utilizzo della VANCB in sostituzione della FNAC nelle microcalcificazioni<br />

appare giustificata in considerazione di vari<br />

fattori: più elevati livelli di sensibilità e specificità; minori prelievi<br />

inadeguati, minori lesioni dubbie e sospette, quest’ultimo<br />

dato ha portato ad una riduzione di interventi chirurgici per patologia<br />

benigna. Inoltre, il vantaggio della core biopsy CB in<br />

generale, sia di tipo convenzionale che “vacuum-assisted”,<br />

rispetto alla FNAC, è che consente di diagnosticare un carcinoma<br />

in situ o invasivo con l’opportunità di pianificare il trattamento<br />

terapeutico in fase pre-operatoria.<br />

I limiti della VANCB, legati essenzialmente al fatto che si<br />

tratta di un campionamento parziale, emergono soprattutto<br />

nei casi in cui venga diagnosticata una proliferazione<br />

epiteliale atipica di tipo duttale o un carcinoma duttale in situ<br />

DCIS. In riferimento alla proliferazione epiteliale atipica di<br />

tipo duttale, numerosi studi hanno dimostrato un certo grado<br />

di discordanza fra la diagnosi su VANCB e la diagnosi definitiva<br />

su biopsia chirurgica; così come la diagnosi di DCIS su<br />

VANCB non può escludere la presenza di carcinoma invasivo<br />

sulla biopsia chirurgica per la limitatezza del campionamento<br />

della lesione. I dati di sottostima, riportati in letteratura,<br />

variano dall’11% al 35% per la proliferazione epiteliale<br />

atipica di tipo duttale e dal 5% al 19% per il DCIS.<br />

L’esperienza del gruppo fiorentino che lavora in ambito<br />

senologico ci ha consentito di mettere a confronto la metodica<br />

della CB convenzionale con la VANCB su due diverse casistiche<br />

in totale circa 2000 casi di microcalcificazioni al fine<br />

di valutarne la performance in termini di sottostima con riferimento<br />

in particolare alla proliferazione epiteliale atipica di<br />

tipo duttale ed al DCIS. I 49 casi di proliferazione atipica di<br />

tipo duttale diagnosticati su CB con ago da 14 G hanno evidenziato<br />

una sottostima complessiva DCIS + carcinoma invasivo<br />

nel 59,3% dei casi. Gli 84 casi di proliferazione atipica<br />

di tipo duttale diagnosticati mediante VANCB hanno evidenziato<br />

una sottostima complessiva DCIS + carcinoma invasivo<br />

nel 34,5% dei casi.<br />

I 43 casi di DCIS diagnosticati su CB con ago 14G sono<br />

risultati carcinomi invasi su biopsia chirurgica nel 30,2% dei<br />

casi, mentre i 446 casi di DCIS su VANCB sono risultati carcinomi<br />

invasivi nel 18,2% dei casi.<br />

GIORNATA SIAPEC-IAP DI CITOLOGIA DIAGNOSTICA<br />

In conclusione la VANCB evidenzia una minore sottostima di<br />

DCIS e/o carcinoma invasivo nei casi diagnosticati come<br />

proliferazione epiteliale atipica di tipo duttale e di carcinoma<br />

invasivo nei casi diagnosticati come DCIS.<br />

Bibliografia<br />

European Working Group on Breast Screening Pathology. Quality assurance<br />

guidelines for pathology. In: Perry N, Broeders M, de Wolf C,<br />

et al., eds. European guidelines for quality assurance in breast cancer<br />

screening and diagnosis. Fourth Ed. Belgium: European Communities<br />

2006, p. 221-311.<br />

Ciatto S, Houssami N, Ambrogetti D, Bianchi S, Bonardi R, Brancato B,<br />

et al. Accuracy and underestimation of malignancy of breast core<br />

needle biopsy: the Florence experience of over 4000 consecutive biopsies.<br />

Breast Cancer Res Treat 2007;101:291-7.<br />

Citologia agoaspirativa in LBC favorevole<br />

S. Rossi, G. Braghiroli * , S. Immovilli * , A. Carantoni * , C.<br />

Cavicchi * , A.L. Delazer * , M.D. Beccati *<br />

Dipartimento di Diagnostica per Immagini e Medicina di Laboratorio,<br />

Anatomia Istologia e Citologia Patologica; 1 Diagnostica<br />

Citopatologica, Azienda Ospedaliera Universitaria<br />

di Ferrara<br />

Tra le tecniche disponibili per l’allestimento del materiale ottenuto<br />

mediante agoaspirato, lo striscio su vetrino è sicuramente<br />

quella tradizionalmente più usata, efficace ed economica.<br />

I vetrini possono essere fissati all’aria o in alcol 95° e colorati<br />

rispettivamente con MGG o Papanicolau. È però una<br />

metodica operatore-dipendente, in ciascuna delle diverse fasi,<br />

dal trasferimento del materiale sul vetrino alla fissazione.<br />

La fissazione in fase liquida e successivo allestimento in strato<br />

sottile, con metodica Thin Prep Cytyc o Sure Path TriPath,<br />

BD, offre alcuni vantaggi rispetto allo striscio convenzionale:<br />

– tutto il materiale presente nell’ago viene trasferito nel liquido<br />

fissativo;<br />

– il materiale è immediatamente fissato con conseguente<br />

conservazione ottimale delle cellule;<br />

– riduzione di muco, emazie e flogosi sul fondo ed oscuranti<br />

gli elementi diagnostici tramite sostanze mucolitiche ed<br />

emolitiche nel fissativo e per filtrazione;<br />

– rappresentazione di tutte le componenti cellulari, disperse<br />

e con minima sovrapposizione;<br />

– minore e ben circoscritta superficie diametro massimo dell’area<br />

cm 2 e minor numero di vetrini da esaminare 1 o 2;<br />

– disponibilità di materiale di riserva, rappresentativo del<br />

campione.<br />

Le caratteristiche segnalate contribuiscono alla riduzione dei<br />

preparati inadeguati, ad una lettura più agevole e meno dispersiva<br />

anche a piccolo ingrandimento e danno la possibilità<br />

di migliorare la diagnosi tramite l’utilizzo di tests ancillari<br />

quali l’immunocitochimica, ad esempio per supportare diagnosi<br />

sospette, confermare la primitività o secondarietà di una<br />

neoplasia o la sede del prelievo.<br />

Accuratezza diagnostica. In citologia agoaspirativa della<br />

tiroide, l’applicazione della fissazione in fase liquida e dell’allestimento<br />

in strato sottile sembra dare promettenti risultati<br />

in termini di sensibilità, specificità e valore predittivo.<br />

Abbiamo confrontato, in una casistica di 555 agoaspirati di<br />

tiroide, sotto guida ecografica, consecutivi, l’accuratezza diagnostica<br />

su striscio convenzionale SC, fissato all’aria e colorato<br />

con MGG, con quella su preparati in strato sottile Thin<br />

Prep TP ottenuti dal materiale residuo nell’ago dopo l’esecuzione<br />

degli strisci split-sample. Ove possibile, è stato ese-


GIORNATA SIAPEC-IAP DI CITOLOGIA DIAGNOSTICA<br />

guito il controllo cito-istologico. Risultati. Diagnosi descrittive<br />

benigne sono state espresse in percentuale minore in SC<br />

rispetto a TP. La tiroidite di Hashimoto è stata diagnosticata<br />

2 volte più frequentemente in SC che in TP, in cui la diagnosi<br />

è stata di tiroidite cronica per mancata evidenza di oncociti.<br />

La diagnosi di carcinoma papillare non è stata possibile in TP<br />

in 3 casi su 65, in 5 casi è stata espressa una diagnosi di “neoplasia”<br />

indeterminata e in ulteriori 3 casi di “atipia” per la<br />

mancanza di alcuni criteri diagnostici specifici. L’accuratezza<br />

diagnostica è strettamente dipendente dal riconoscimento<br />

delle caratteristiche morfologiche ed architetturali modificate:<br />

è necessario tradurre-trasporre artefatti già noti in quelli<br />

indotti dalle diverse sollecitudini meccaniche e dalla diversa<br />

fissazione in un liquido a base di metanolo Cytolyt. Sono<br />

infatti mantenuti i criteri diagnostici, ma è diverso l’aspetto<br />

dei singoli parametri con cui occorre acquisire confidenza: la<br />

contrazione di volume dei nuclei e la disgregazione dei citoplasmi<br />

dei tireociti; la colloide con aspetto a “carta velina” o<br />

in gocce; gli oncociti con citoplasma ampio e pallido talora<br />

simile ai macrofagi: il minore risalto degli pseudo-inclusi nucleari,<br />

la frammentazione degli aggregati papillari e la presenza<br />

di cellule isolate nel carcinoma papillare; la dispersione<br />

dei linfociti sul fondo nelle tiroiditi; il diverso aspetto<br />

degli aggregati microfollicolari nelle neoplasie follicolari.<br />

Controversie metodologiche. Citologia<br />

agoaspirativa in fase liquida<br />

L. Di Bonito<br />

U.C.O. di Citodiagnostica e Istopatologia, Università di<br />

Trieste<br />

La citologia agoaspirativa non è una citologia di screening,<br />

bensì diagnostica, e la presenza del patologo al prelievo è un<br />

momento fondamentale. È il patologo, con un atto semplice<br />

e rapido, a trasferire il materiale cellulare dall’interno dell’ago<br />

al vetrino, materiale che, correttamente strisciato, verrà istantaneamente<br />

fissato. Egli inoltre può verificare, con una<br />

colorazione rapida, se il materiale prelevato è idoneo qualitativamente<br />

e quantitativamente per la successiva valutazione<br />

al microscopio ed integrare gli elementi clinici con gli aspetti<br />

morfologici del preparato.<br />

Se partiamo da questi presupposti, indispensabili ad una<br />

citologia di qualità che sappia dare una risposta ai dubbi diagnostici,<br />

ci rendiamo conto che non è necessario adoperare<br />

la fase liquida per allestire un preparato di citologia agoaspirativa,<br />

nonostante che, negli ultimi tempi, tale metodica venga<br />

proposta anche in questo ambito.<br />

Le valutazioni emerse da studi comparativi tra allestimento<br />

in fase liquida del materiale citologico agoaspirato e strisci<br />

convenzionali non sono univoche. Diversi Autori sottolineano,<br />

per lo strato sottile, alcune problematiche di tipo tecnico-procedurale<br />

che possono dar luogo a modificazioni morfologiche<br />

ed architetturali, anche importanti, soprattutto in<br />

alcuni organi e per alcune lesioni 1-6 .<br />

In generale sono state sovente osservate una diminuita cellularità,<br />

con conseguente aumento dei preparati inadeguati o<br />

inconclusivi 1 2 4 ed un’eccessiva frammentazione dei lembi e<br />

degli aggregati cellulari 1 3 . Ma difficoltà diagnostiche sono<br />

state evidenziate anche per la perdita di gran parte degli elementi<br />

che caratterizzano il fondo dei preparati muco, colloide,<br />

elementi infiammatori, emazie e che spesso sono<br />

parametri aggiuntivi che contribuiscono alla diagnostica 2 3 6 .<br />

125<br />

La rottura dei citoplasmi con aumento di nuclei nudi e talvolta<br />

una maggiore presenza di nucleoli prominenti sono<br />

state segnalate come fonti di errori diagnostici 2 6 . Un’erronea<br />

attribuzione di caratteristiche di atipia a cellule perfettamente<br />

normali può essere imputabile anche all’azione del metanolo<br />

contenuto nei fissativi che determina la coartazione del citoplasma<br />

e del nucleo 4 .<br />

Secondo alcuni Autori tali modificazioni dei quadri morfologici<br />

determinano talora l’impossibilità di porre una precisa<br />

definizione diagnostica, che si concretizza con valori di sensibilità<br />

e di specificità più bassi di quelli delle preparazioni<br />

convenzionali 2-4 6 .<br />

È da tenere in considerazione, inoltre, un elemento assolutamente<br />

non trascurabile, costituito dal fatto che la maggior<br />

parte dei patologi ha sicuramente più familiarità con i criteri<br />

diagnostici acquisiti in anni di attività che, se applicati ad un<br />

preparato in fase liquida, non sarebbero del tutto trasferibili,<br />

anzi talvolta potrebbero essere addirittura fuorvianti.<br />

Nel nostro laboratorio abbiamo voluto testare la validità della<br />

metodica in fase liquida per la citologia agoaspirativa, ma<br />

non abbiamo evidenziato particolari vantaggi rispetto alle<br />

tradizionali tecniche di allestimento eseguite in parallelo,<br />

anzi abbiamo riscontrato un aumento del numero di inadeguati<br />

e di casi dubbi soprattutto nelle lesioni solide,<br />

derivante spesso dalla scarsa presenza di elementi diagnostici.<br />

Abbiamo anche osservato alcuni falsi negativi in lesioni<br />

con componente cistica associata, per la presenza nel<br />

preparato dei soli elementi provenienti dalla cisti.<br />

I risultati ottenuti sono stati quindi decisamente inferiori a<br />

quanto siamo riusciti a realizzare in tanti anni di esperienza<br />

in citologia agoaspirativa convenzionale. Ad esempio, se<br />

consideriamo la citologia mammaria, la più presente nella<br />

nostra casistica, il tasso di inadeguati è attualmente inferiore<br />

al 7%, con una sensibilità e specificità rispettivamente del<br />

98,3 e del 98,6%.<br />

Questi risultati sono stati raggiunti grazie ad una stretta collaborazione<br />

tra radiologi e patologi nell’esecuzione di prelievi<br />

citologici sotto guida strumentale, con allestimento di<br />

strisci convenzionali, nonostante che il materiale provenga<br />

da lesioni sempre più piccole, anche di diametro inferiore ai<br />

5 mm.<br />

Questa metodologia di lavoro ci porta inoltre alla possibilità<br />

di apprezzare sempre, già al momento dello striscio, le caratteristiche<br />

del materiale prelevato e di far giungere al nostro<br />

laboratorio vetrini già pronti per la colorazione, evitando i<br />

maggiori carichi di lavoro e di spesa necessari all’allestimento<br />

di preparati in monostrato.<br />

In conclusione, riteniamo che i patologi debbano tendere all’esecuzione<br />

diretta dei prelievi con ago sottile, partecipando<br />

così a tutti i momenti dell’iter diagnostico. Ciò permetterà di<br />

realizzare un’ottima diagnostica, riducendo al minimo gli inadeguati<br />

e le occasioni di errore.<br />

La citologia in fase liquida, a nostro avviso, potrà trovare una<br />

sua applicazione solo in quelle realtà in cui non è possibile<br />

realizzare tutto ciò. Qualunque metodologia, infatti, che<br />

migliori la qualità dei preparati è accettabile, poiché un cattivo<br />

prelievo penalizza pesantemente la diagnostica.<br />

Bibliografia<br />

1 Florentine BD, Wu NC, Waliany S, et al. Fine needle aspiration FNA<br />

biopsy of palpable breast masses. Comparison of conventional<br />

smears with the Cyto-Tek MonoPrep System. Cancer 1999;87:278-85.<br />

2 Afify AM, Liu J, Al-Khafaji BM. Cytologic artifacts and pitfalls of<br />

thyroid fine-needle aspiration using ThinPrep. A comparative retrospective<br />

review. Cancer 2001;93:179-86.<br />

3 Al-Khafaji BM, Afify AM. Salivary gland fine needle aspiration


126<br />

using the ThinPrep technique: diagnostic accuracy, cytologic artifacts<br />

and pitfalls. Acta Cytol 2001;45:567-74.<br />

4 Cochand-Priollet B, Prat JJ, Polivka M, et al. Thyroid fine needle<br />

aspiration: the morphological features on ThinPrep slide preparations.<br />

Eighty cases with histological control. Cytopathology<br />

2003;14:343-9.<br />

5 Das K, Haamed M, Heller D, et al. Liquid-based vs. conventional<br />

smears in fine needle aspiration of bone and soft tissue tumors. Acta<br />

Cytol 2003;47:197-201.<br />

6 de Luna R, Eloubeidi MA, Sheffield MV, et al. Comparison of Thin-<br />

Prep and conventional preparations in pancreatic fine needle aspiration<br />

biopsy. Diagn Cytopathol 2004;30:71-6.<br />

Didattica e master<br />

M.R. Giovagnoli, E. Giarnieri<br />

II Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Roma “La<br />

Sapienza”<br />

La necessità di personale che svolga attività di lettura citologica<br />

è stata più volte affermata a livello di Linee Guida<br />

nazionali, pubblicate anche sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica<br />

Italiana, ed è ribadita, dalle società scientifiche che<br />

si occupano di tale settore, oltre ad essere sentita soprattutto<br />

a livello di servizio sanitario.<br />

Quella del Citoscreener, del Citologo e del Citopatologo è<br />

una “attività professionale” che non può prescindere da<br />

specifiche conoscenze teoriche e da precise competenze/abilità<br />

pratiche le quali, in quanto tali, devono essere oggetto di<br />

un’accurata attività formativa. La consapevolezza della necessità<br />

di tale formazione si è tradotta, in molti paesi europei,<br />

in un percorso universalmente riconosciuto ed ormai formalizzato<br />

da vari decenni. In Italia, dove tale “attività professionale”<br />

non ha avuto un riconoscimento a livello normativo,<br />

il discorso formativo ha avuto connotazioni più variegate e<br />

mutevoli nel corso degli anni. Si può ragionevolmente suddividere<br />

la formazione in: formazione di base; approfondimento/specializzazione<br />

ed aggiornamento. Quest’ultimo, di fatto,<br />

coincide con l’“educazione continua”.<br />

Per quanto riguarda la formazione di base di tipo “formale”<br />

essa ha avuto diverse connotazioni a partire dagli anni 70<br />

Corsi semestrali, biennali, indirizzi specifici all’interno di<br />

diplomi di laurea ecc., che hanno portato alla creazione di intere<br />

“generazioni” di citoscreener con un background culturale<br />

relativamente omogeneo. Tuttavia, va riconosciuto che,<br />

accanto a questi diversi percorsi, si è svolta un’attività più<br />

“informale” tesa a colmare la carenza di personale, laddove<br />

non esistevano soggetti specificamente addestrati, con il<br />

risultato di una maggiore variabilità professionale.<br />

Con l’accordo della Sorbona nel 1999 e la riforma universitaria,<br />

la formazione ha assunto in Europa dei tratti maggiormente<br />

omogenei, soprattutto per quanto riguarda i diversi livelli<br />

formativi: laurea triennale, laurea specialistica o magis-<br />

GIORNATA SIAPEC-IAP DI CITOLOGIA DIAGNOSTICA<br />

trale e Master di I e II livello oltre alle specializzazioni, particolarmente<br />

importanti nel settore sanitario. Inoltre da tale<br />

data l’attività formativa è suddivisa in unità dette “crediti formativi”<br />

universalmente riconosciute. Questa unitarietà ha<br />

permesso la libera circolazione degli studenti tra le diverse<br />

Università Europee.<br />

In Italia, dopo un gap formativo di alcuni anni, legato a questa<br />

riforma che ha portato alla cessazione dei corsi preesistenti<br />

senza ne che fossero istituiti dei nuovi, si è visto il sorgere<br />

di alcuni Master di I livello, aperti cioè anche a tecnici con<br />

laurea triennale, dedicati alla formazione di citoscreener e<br />

basati su di un tipo di didattica fortemente interattiva, impostata<br />

secondo le Linee Guida europee.<br />

Contemporaneamente la formazione più approfondita, dedicata<br />

non solo alla citologia esfoliativa ma anche a quella<br />

agoaspirativa, aveva la sua naturale sede presso le scuole di<br />

specializzazione in Anatomia Patologica e talora in Patologia<br />

Clinica, aperte a laureati in medicina. Anche questa formazione<br />

è risultata però disomogenea, perché non in tutte le<br />

sedi esisteva od esiste una tradizione in campo citopatologico,<br />

con il risultato che, accanto a punte di eccellenza, intere<br />

generazioni di neo-patologi risultavano privi di un adeguata<br />

formazione. È entrata da poco in vigore una nuova normativa,<br />

che prevede un tronco unico per gruppi di specialità, ma<br />

rimane da vedere se tale riforma possa, almeno in parte, sopperire<br />

a vecchie carenze.<br />

Pertanto molte problematiche rimangono tuttora aperte sia<br />

sui contenuti quali sono i “requisiti minimi” di una formazione<br />

di base? E di un corso più avanzato? sia sui soggetti<br />

ai quali tale formazione debba essere indirizzata a seconda<br />

dei diversi livelli laureati tecnici, biologi, medici? ed infine<br />

su chi debba costruire tale offerta formativa e secondo quali<br />

modalità Master di I o II livello?, periodi di formazione<br />

specifici all’interno di corsi di specializzazione? corsi riconosciuti<br />

extrauniversitari? Formazione sul campo?<br />

Risulta, però, chiaro che l’attuale confusione di ruoli e competenze<br />

non può che essere nociva ad una “disciplina” che<br />

proprio in quanto poco quantizzabile ed oggettivizzabile<br />

risulta gravata da una certa soggettività di giudizio e pertanto<br />

richiede un’impostazione ancor più rigorosa ed un’esperienza<br />

notevolmente approfondita.<br />

Un altro importante tema, connesso al quello della formazione<br />

è il tema della “valutazione del citologo”. Anche in<br />

questo caso possiamo considerare un test di base relativo alla<br />

valutazione delle competenze indispensabili per accedere<br />

all’attività di citoscreener, un secondo, teso alla valutazione<br />

del mantenimento di tali competenze nel tempo, e infine una<br />

prova che riconosca abilità e competenze maggiori. A differenza<br />

che all’estero, in questo campo in Italia, non esistono<br />

modelli specifici ed universalmente accettati, ma si è finora<br />

fatto riferimento a test messi a punto a livello Europeo Test<br />

di competenza o Aptitude test.


PATHOLOGICA 2007;99:127<br />

Strumenti di management<br />

per la gestione di un servizio di Anatomia Patologica<br />

Strumenti di management per la gestione di<br />

un Servizio di Anatomia Patologica. Il<br />

progetto S.I.A.P.E.C.<br />

G. Angeli<br />

S.C. Anatomia Patologica, Ospedale “S. Andrea”, Vercelli<br />

In considerazione dell’evoluzione istituzionale ed organizzativa<br />

delle Aziende Sanitarie, sempre più orientate ad operare<br />

in condizioni di equilibrio economico, appare evidente come<br />

gli strumenti di gestione manageriale entrino a far parte a tutti<br />

gli effetti del bagaglio culturale dell’Anatomia Patologica,<br />

sia per quanto concerne la Dirigenza Medico-Biologica che il<br />

Coordinamento Tecnico ed Amministrativo.<br />

Nell’ambito di tali strumenti un ruolo rilevante spetta alle<br />

metodiche quantitative di misurazione, intese non come procedure<br />

di controllo burocratico dell’attività, ma come utili attrezzi<br />

atti ad orientare le decisioni di chi è, in tutti i profili<br />

professionali, chiamato a dirigere e coordinare un’Unità Operativa<br />

di Anatomia Patologica.<br />

In tale ottica la S.I.A.P.E.C. ha ritenuto di attivare un progetto<br />

di valutazione su base nazionale degli standard di attività<br />

e carichi di lavoro in Anatomia Patologica, cui è sembrato<br />

necessario collegare strettamente una metodologia per quanto<br />

possibile standardizzata per la determinazione dei costi<br />

delle Unità Operative di Anatomia Patologica.<br />

La richiesta di attivazione del progetto finalizzato a standard<br />

di attività e costing è venuta in primo luogo dalla Consulta<br />

Nazionale di Firenze del 2005, ed è stata accolta dal Consiglio<br />

Nazionale, che ne ha dato mandato alla Commissione<br />

per le problematiche organizzative e gestionali, emanazione<br />

della Consulta stessa.<br />

Considerato che in letteratura internazionale vi sono relativamente<br />

pochi lavori su standard di attività e costi in Anatomia<br />

Patologica, e che nella letteratura specialistica italiana il lavoro<br />

più ampio sull’argomento è quello di Andrion et al. “Audit<br />

of histopathological activities in the laboratories of 7<br />

general hospitals. Types of resources and quantitative aspects<br />

of the workload” – <strong>Pathologica</strong> 1996;88:18-24, è sembrato<br />

opportuno procedure ad un aggiornamento dello studio,<br />

alla luce delle evoluzioni istituzionali e dei moderni sviluppi<br />

delle metodiche manageriali, rendendolo contestualmente<br />

non più autoreferenziante.<br />

A tal fine si è deciso di procedere alla richiesta di una consulenza<br />

professionale manageriale, identificandola nelle persone<br />

del prof. Andrea Francesconi e della dr. Elisabetta<br />

Trinchero della Scuola di Direzione Aziendale dell’Università<br />

“Bocconi” di Milano. I consulenti sono stati affiancati da un<br />

gruppo di lavoro S.I.A.P.E.C. di 16 componenti, coordinato dal<br />

dr. Giovanni Angeli. I componenti del gruppo sono stati scelti<br />

dal Consiglio Nazionale tra colleghi noti per essersi già in passato<br />

occupati di tematiche gestionali in Anatomia Patologica.<br />

Il gruppo di lavoro ha deciso di utilizzare per le rilevazioni<br />

dei dati di attività e di costi, allo scopo di elaborare un modello<br />

di riferimento, un campione di 8 ospedali, scelti per le<br />

caratteristiche istituzionali realtà grandi e medio-piccole,<br />

sede di Policlinico Universitario, dimensione ospedaliera o di<br />

Istituto di Ricerca, e per la sede geografica, privilegiando una<br />

distribuzione per quanto possibile omogenea sul territorio<br />

nazionale.<br />

I consulenti ed il gruppo di lavoro hanno proceduto alla rilevazione<br />

dei dati ed all’elaborazione di un modello di riferimento,<br />

seguendo le due linee degli standard di attività/carichi<br />

di lavoro e della rilevazione dei costi/determinazione delle<br />

tariffe, prendendo come primo riferimento il nomenclatore<br />

S.I.A.P.E.C 2002 delle prestazioni pesate e dei raggruppamenti<br />

omogenei.<br />

La metodologia utilizzata, che permette di ricavare uno standard<br />

di riferimento per l’attività ed i costi, da cui desumere<br />

tra l’altro un organico teorico per le diverse figure professionali,<br />

viene descritta in termini analitici nei manuali operativi<br />

specifici, che sono stati approvati, come il modello nel<br />

suo insieme, dal Consiglio Nazionale di Milano dell’8-<br />

9/06/07, per essere successivamente presentati alla Consulta<br />

Nazionale di Roma del 30/6/07.<br />

È evidente che il modello, essendo stato costruito su un numero<br />

limitato, per quanto significativo, di ospedali campione,<br />

va considerato come di riferimento, anche ai fini di<br />

benchmarking.<br />

È intenzione del Consiglio Nazionale validare il modello<br />

dopo una seconda fase allargata di sperimentazione, da effettuarsi<br />

su un campione di ospedali più ampio, tale da rendere<br />

il modello stesso definitamente significativo. A tal fine verrà<br />

chiesta la collaborazione dei segretari regionali, perché<br />

fungano da facilitatori nel reclutamento di un ampio e territorialmente<br />

distribuito campione per la seconda fase della<br />

sperimentazione, indicativamente prevista tra l’autunno 2007<br />

ed il 2008.<br />

È essenziale che alla seconda fase partecipino unità operative<br />

con le più varie caratteristiche dimensionali, organizzative e<br />

di distribuzione geografica.<br />

Si ritiene che in questo modo sarà possibile ottenere un modello<br />

che possa rappresentare un attendibile strumento gestionale<br />

in Anatomia Patologica, dal punto di vista organizzativo,<br />

delle logiche di budget e di un sistema decisionale improntato<br />

su criteri di misurazione oggettiva delle prestazioni<br />

e dei costi. In una parola, che permetta di operare al miglior<br />

livello qualitativo rispettando l’equilibrio economico.


PATHOLOGICA 2007;99:128-130<br />

Modificazioni iatrogene dopo interventi<br />

diagnostici e terapeutici<br />

P. Viacava<br />

Divisione di Anatomia Patologica e di Diagnostica Molecolare<br />

ed Ultrastrutturale, Azienda Ospedaliera Universitaria<br />

Pisana<br />

Gli interventi diagnostici e terapeutici hanno portato importanti<br />

benefici nella pratica medica, ma, si sono resi responsabili<br />

della possibile comparsa di lesioni negli organi e tessuti.<br />

Il patologo, nella sua attività, incontra frequentemente<br />

queste lesioni iatrogene che possono rappresentare una sorgente<br />

di errori diagnostici se non riconosciute e inserite in un<br />

adeguato percorso anatomo-clinico. Le lesioni iatrogene possono<br />

insorgere in seguito a procedure diagnostiche, interventi<br />

chirurgici e azioni di agenti chimici quali farmaci<br />

chemioterapici o fisici tipo radiazioni. Tutti gli organi o tessuti<br />

possono essere interessati dalle lesioni iatrogene, ma alcuni,<br />

quali la mammella, l’apparato genitale femminile e gli<br />

organi addominali ne sono particolarmente colpiti.<br />

Lesioni da procedure diagnostiche. I prelievi bioptici determinano<br />

un trauma fisico nei tessuti con conseguente alterazione<br />

del pattern architetturale e del dettaglio citologico. Il<br />

tessuto rimosso chirurgicamente dopo biopsia può presentare<br />

una morfologia alterata con aree necrotiche ed emorragiche; in<br />

particolare vi può essere una intensa reazione fibroblastica ed<br />

endoteliale con singole cellule caratterizzate da nuclei grandi,<br />

vescicolosi, nucleoli prominenti e mitosi numerose. Queste<br />

cellule sono simili alle cellule epiteliali neoplastiche e, talora,<br />

solo con indagini immunoistochimiche è possibile effettuare<br />

una diagnosi differenziale. Nelle aree di tessuto alterato da<br />

trauma bioptico, anche le atipie delle cellule epiteliali devono<br />

essere valutate con cautela per la presenza di marcati fenomeni<br />

degenerativi e rigenerativi che interessano gli epiteli normali.<br />

Questo fenomeno è ben evidente nell’endometrio e nella endocervice,<br />

dove, in seguito a procedure chirurgiche, è possibile<br />

osservare una riepitelizzazione caratterizzata da cellule con<br />

nuclei ipercromici e perdita di polarità. La diagnosi differenziale<br />

con un adenocarcinoma risulta particolarmente difficile<br />

quando le alterazioni riguardano, oltre all’epitelio di superficie,<br />

anche le ghiandole normali. La mucosa della cavità orale,<br />

dopo biopsia, può presentare modificazioni delle ghiandole<br />

salivari minori con comparsa di una marcata metaplasia<br />

squamosa degli acini che pone il problema di una diagnosi differenziale<br />

con il carcinoma squamoso o mucoepidermoide. La<br />

presenza di lievi atipie citologiche e di acini residui, in parte<br />

degenerati, depone per un quadro reattivo piuttosto che neoplastico.<br />

Nel parenchima mammario, in seguito a “core biopsy”,<br />

può verificarsi una dislocazione di cellule epiteliali benigne<br />

in genere provenienti da papillomi e/o maligne da carcinomi<br />

duttali in situ, nel tessuto di granulazione e/o all’interno<br />

di vasi linfatici. Questo determina notevoli difficoltà interpretative<br />

e, talora, può essere praticamente impossibile differenziare<br />

le cellule dislocate meccanicamente da una vera invasione<br />

neoplastica stromale e/o emolinfatica. In alcuni casi le<br />

cellule epiteliali dislocate nei vasi linfatici vengono trasportate<br />

dal drenaggio linfatico nei linfonodi dove possono essere interpretate<br />

come micrometastasi. Le cellule epiteliali provenienti<br />

da lesioni benigne, quali papillomi adiacenti ad un carcinoma<br />

duttale in situ di alto grado, presentano generalmente<br />

Patologia iatrogena<br />

caratteristiche citomorfologiche ed immunoistochimiche pattern<br />

recettoriale differenti dal tumore primitivo. Nel caso di<br />

cellule epiteliali maligne può risultare impossibile distinguere<br />

le cellule dislocate e trasportate meccanicamente con la linfa<br />

da quelle realmente metastatiche provenienti da un focolaio di<br />

microinvasione.<br />

Lesioni da interventi chirurgici. Nelle sedi di anastomosi<br />

ureterosigmoidostomie, gastroenterostomie sono frequentemente<br />

osservate alterazioni di tipo rigenerativo-iperplastico<br />

degli epiteli, formazione di polipi adenomatosi e comparsa di<br />

carcinomi indifferenziati o con aspetti mucinosi. In seguito a<br />

procedure chirurgiche, nella vagina, nell’uretra prostatica e<br />

nella vescica possono comparire noduli formati da cellule<br />

fusate con mitosi numerose definiti “post-operative spindle<br />

cell nodules” PSCN. Queste noduli devono essere differenziati,<br />

anche mediante indagini immunoistochimiche, dai carcinomi<br />

a cellule fusate, sarcomi o pseudotumori infiammatori.<br />

Il trauma chirurgico può favorire la formazione di aggregati<br />

di cellule istiocitarie con citoplasma eosinofilo-granulare<br />

che ricordano il tumore a cellule granulari o lesioni cistiche<br />

uni o multiloculari con intrappolate cellule mesoteliali<br />

atipiche che simulano un adenocarcinoma.<br />

Lesioni da agenti chimici e fisici. Le sostanze chimiche possono<br />

determinare lesioni di vario tipo negli organi e tessuti.<br />

Le protesi mammarie di silicone inducono la formazione di<br />

una capsula fibrosa rivestita da una membrana di cellule simil-sinoviali.<br />

In alcuni casi la capsula si presenta ispessita e associata<br />

a intensa reazione fibroistiocitica con cellule giganti<br />

plurinucleate, un quadro che può essere confuso clinicamente<br />

con una neoplasia maligna. A livello istologico gli istiociti<br />

presentano aspetto irregolare e una vacuolizzazione citoplasmatica<br />

provocata dal silicone che ricorda citologicamente<br />

quella dei lipoblasti maligni. Cellule con questi aspetti possono<br />

essere osservate anche nei linfonodi ascellari dove determinano<br />

la comparsa di una linfoadenopatia sospetta per localizzazione<br />

neoplastica. I farmaci chemioterapici determinano<br />

alterazioni a livello degli epiteli normali e neoplastici.<br />

Gli epiteli normali possono presentare marcate atipie cito-nucleari<br />

che determinano difficoltà diagnostiche in caso di<br />

biopsia o esame citologico. Nei tumori maligni possono comparire<br />

fenomeni degenerativi di vario grado o, come avviene<br />

nei neuroblastomi, aspetti di maturazione istologica. Gli effetti<br />

degli ormoni sui tessuti sono molteplici. L’esposizione<br />

in utero di dietilbestrolo determina la comparsa di adenosi<br />

vaginale e più raramente di adenocarcinomi a cellule chiare.<br />

A livello prostatico la terapia endocrina pre-operatoria per<br />

adenocarcinoma determina la comparsa di alterazioni citonucleari<br />

che possono creare difficoltà nella gradazione tumorale<br />

post-operatoria. Il tamoxifen, a livello uterino, può favorire<br />

l’insorgenza di polipi, iperplasie e carcinomi endometriali.<br />

Le modificazioni indotte dalle radiazioni sui tessuti normali<br />

riguardano gli epiteli e gli stromi. A livello epiteliale si osservano<br />

rigonfiamenti citonucleari, vacuolizzazioni intracitoplasmatiche,<br />

nucleoli prominenti e nuclei talora ipercromici.<br />

Il rapporto nucleo-citoplasma rimane invariato o lievemente<br />

aumentato. I danni stromali si verificano soprattutto a carico<br />

degli endoteli e dei fibroblasti che si presentano rigonfi e<br />

talora con aspetto bizzarro. Le cellule tumorali dopo terapia<br />

radiante possono apparire immodificate o presentare aspetti<br />

degenerativi talora marcati e un quadro di pleomorfismo che<br />

può superare quello del tumore primitivo.


PATOLOGIA IATROGENA<br />

Effetti delle terapie ormonali sugli organi<br />

bersaglio<br />

G.F. Zannoni, V.G. Vellone<br />

Anatomia Patologica, Policlinico “A. Gemelli”, Università<br />

Cattolica, Roma<br />

Si definiscono organi bersaglio le strutture anatomiche che<br />

dotate di specifici recettori, subiscono particolari modificazioni<br />

in seguito all’azione degli ormoni. Gli effetti delle<br />

terapie ormonali su tali organi sono tuttavia differenti a seconda<br />

della durata dell’esposizione, della dose e del tipo di ormone.<br />

Lo studio dei cambiamenti morfologici indotti dall’uso<br />

clinico della terapia ormonale è stato accuratamente descritto<br />

nell’endometrio in quanto l’accessibilità di tale organo<br />

alle biopsie ha reso agevole l’interpretazione dei suoi cambiamenti<br />

nelle varie fasi del ciclo 1 .<br />

Le terapie ormonali vengono somministrate per varie ragioni:<br />

controllo delle nascite, trattamento delle perdite ematiche<br />

atipiche, dell’endometriosi, dell’iperplasia endometriale, di<br />

selezionati casi di carcinoma e per alleviare i sintomi peri- e<br />

post-menopausali.<br />

Gli estrogeni inducono la proliferazione dell’endometrio e il<br />

loro prolungato uso può determinare l’instaurarsi di un<br />

quadro di disordine proliferativo, che a sua volta può evolvere<br />

in iperplasia con aspetti di differenziazione squamosa e<br />

metaplasia a cellule ciliate fino alla trasformazione in un adenocarcinoma<br />

ben differenziato.<br />

I progestinici vengono generalmente impiegati nella cura empirica<br />

delle perdite ematiche atipiche che si ritengono causate<br />

da problemi funzionali. L’azione del progestinico conduce alla<br />

soppressione della ovulazione e all’arresto della crescita<br />

dell’endometrio.<br />

Gli effetti del progesterone sull’endometrio possono essere<br />

riassunti in tre quadri principali che possono coesistere, o<br />

presentarsi come evoluzione progressiva: alterazioni deciduali<br />

simil gravidiche, alterazioni secretive, alterazioni<br />

atrofiche 2 .<br />

Le alterazioni deciduali tendono a manifestarsi negli endometri<br />

che sono stati sottoposti ad alte dosi di estrogeno oppure<br />

in seguito a terapia per cicli anovulatori o per iperplasia.<br />

Il quadro istologico è caratterizzato da cellule stromali allungate,<br />

con abbondante citoplasma, prominenti contorni cellulari<br />

e occasionali mitosi. Le ghiandole evidenziano un pattern<br />

di tipo secretorio con cellule epiteliali con citoplasma<br />

vacuolizzato e abbondante secrezione luminale. Talora alcune<br />

ghiandole possono apparire dilatate e raramente si osservano<br />

immagini riferibili a fenomeno di Arias-Stella. Le arterie<br />

spirali sono marcatamente ispessite per effetto dell’iperplasia<br />

endoteliale e muscolare liscia. Le venule, infine, appaiono<br />

dilatate.<br />

Le alterazioni secretive sono caratterizzate da una accentuazione<br />

degli aspetti ghiandolari e stromali che sono propri<br />

della fase luteinica. Le ghiandole appaiono tortuose; le cellule<br />

epiteliali, di forma lievemente colonnare, hanno nuclei<br />

basali ben orientati. Il bordo apicale appare liscio e ben<br />

definito e il lume ghiandolare può essere occupato da secrezioni<br />

eosinofile. Le cellule stromali sono lievemente ingrandite<br />

e mostrano aspetto predeciduale, hanno forma<br />

ovoide con raro citoplasma.<br />

Le alterazioni atrofiche rappresentano l’esito del prolungato<br />

uso di progestinici e contraccettivi. Le ghiandole perdono la<br />

loro tipica tortuosità, diminuiscono di dimensioni, assumono<br />

morfologia tubulare e non evidenziano secrezioni luminali.<br />

L’epitelio appare lievemente colonnare con citoplasma ridot-<br />

129<br />

to e pallido. Rispetto all’atrofia fisiologica, l’atrofia provocata<br />

dall’uso di progestinici è caratterizzata dall’abbondanza<br />

di stroma in cui si osservano ghiandole sottili e quasi indistinte<br />

dallo stroma attorno. Inoltre lo stroma può apparire iperplastico<br />

e pseudosarcomatoso aumento della cellularità, ipercromasia<br />

nucleare, nucleoli allargati, variazioni di dimensioni<br />

cellulari e variazioni di forma.<br />

Le cellule stromali possono apparire epitelioidi e in alcuni<br />

rari casi il nucleo può farsi eccentrico simulando così una<br />

cellula ad anello con castone 3 . Infine si possono osservare infiltrati<br />

linfocitari e granulocitari.<br />

Nella terapia sostitutiva in menopausa estrogeni e progestinici<br />

possono essere somministrati in combinazione. Le modalità<br />

di somministrazione si possono ricondurre a due<br />

metodiche: sequenziale uso quotidiano di estrogeni per i primi<br />

20-25 giorni e aggiunta di progestinici negli ultimi 10-15<br />

giorni e combinato uso contemporaneo quotidiano di estrogeni<br />

e progestinici. A questi due diversi modi di somministrazione<br />

si associano due diversi quadri istologici 1 4 .<br />

Nella somministrazione sequenziale l’endometrio appare debolmente<br />

proliferativo, caratterizzato da piccole ghiandole<br />

tubulari in scarso stroma. Nella somministrazione combinata,<br />

invece, il quadro più frequente è quello di tipo atrofico. Le<br />

più diffuse complicanze dell’uso di questa terapia sono i<br />

polipi, l’iperplasia e il carcinoma 5 .<br />

Il tamoxifen è un antiestrogeno non steroideo che ha<br />

un’azione di modulatore selettivo del recettore per estrogeno<br />

e può agire sia come antagonista sia come agonista. Le pazienti<br />

comunemente si dividono in sintomatiche e asintomatiche;<br />

in quest’ultima categoria l’endometrio appare<br />

atrofico. Nelle donne sintomatiche invece si possono riscontrare<br />

frequentemente polipi endometriali che possono essere<br />

di grandi dimensioni e multipli e tendono a recidivare, mentre<br />

lo stroma può essere edematoso mixoide o più tipicamente<br />

fibroso. Spesso questi polipi possono avere aspetti di<br />

tipo iperplastico, e mostrare focolai di metaplasia mucinosa o<br />

a cellule chiare. I polipi, infine, possono contenere aree di<br />

iperplasia con atipie e focolai di adenocarcinoma ben differenziato<br />

6 .<br />

Il Raloxifene, che è un modulatore selettivo del recettore per<br />

estrogeno e può essere impiegato nel trattamento del carcinoma<br />

mammario o per la prevenzione dell’osteoporosi,<br />

provoca atrofia endometriale 7 .<br />

Il Clomifene acetato è un antiestrogeno usato per indurre<br />

ovulazione nel trattamento delle donne che hanno cicli<br />

anovulatori. Provoca un effetto luteinico con diminuzione<br />

della tortuosità delle ghiandole con debole secrezione 8 .<br />

Il Danazol, che viene impiegato nel trattamento dell’endometriosi,<br />

è correlato al testosterone ed è un debole androgeno.<br />

Il suo principale metabolita è l’etisterone, un debole<br />

progestinico, che provoca lesioni simil progestiniche. La terapia<br />

prolungata porta ad atrofia. Si possono osservare venule<br />

ectasiche.<br />

Il Leuprolide acetato può dare effetti sia sull’endometrio<br />

atrofia sia sul leiomioma bizzarrie cellulari, necrosi fibrinoide<br />

e obliterazione dei vasi per deposizione di fibrina 9 .<br />

Parallelamente alle terapie convenzionali si assiste ad un progressivo<br />

utilizzo di integratori della dieta a base di fitoestrogeni,<br />

i cui effetti sugli organi bersaglio non sono stati del tutto<br />

chiariti, sebbene sperimentazioni sui ratti hanno dimostrato<br />

sull’endometrio un effetto proliferativo inferiore rispetto a<br />

quello riscontrato nelle terapie a base di estrogeno 10 .<br />

Il patologo deve avere ben presenti i diversi quadri ora descritti<br />

perché può essere può essere consultato dal clinico in<br />

quattro importanti situazioni: nei controlli durante la terapia


130<br />

sostitutiva, nella valutazione di perdite ematiche atipiche durante<br />

la terapia ormonale, nella programmazione del trattamento<br />

dell’iperplasia, nella valutazione dello stato dell’endometrio<br />

in seguito a terapie di induzione ormonale per ovulazione<br />

o per crescita endometriale.<br />

Bibliografia<br />

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2000;13:285-94.<br />

2 Moyer DL, Felix JC. The effects of progesterone and progestins on<br />

endometrial proliferation. Contraception 1998;57:399-403.<br />

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of the endometrium. A clinicopathologic analysis of four cases.<br />

Int J Gynecol Pathol 1988;7:152-61.<br />

4 Feeley KM, Wells M. Hormone replacement therapy and the endometrium.<br />

J Clin Pathol 2001;54:435-40.<br />

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combined hormone replacement therapy in the prevention of<br />

PATOLOGIA IATROGENA<br />

postmenopausal bone loss: a comparison of high- and low-dose estrogen-progestin<br />

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6 Deligdisch L, Kalir T, Cohen CJ, de Latour M, Le Bouedec G, Penault-Llorca<br />

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with tamoxifen for breast cancer. Gynecol Oncol 2000;78:181-6.<br />

7 Davies GC, Huster WJ, Shen W, Mitlak B, Plouffe L Jr, Shah A, et al.<br />

Endometrial response to raloxifene compared with placebo, cyclical<br />

hormone replacement therapy, and unopposed estrogen in postmenopausal<br />

women. Menopause 1999;6:188-95.<br />

8 Benda JA. Clomiphenés effect on endometrium in infertility. Int J Gynecol<br />

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comparison of uterine leiomyoma cells from the same<br />

myoma nodule before and after gonadotropin-releasing hormone<br />

agonist treatment. Fertil Steril 2001;75:125-30.<br />

10 Gallo D, Zannoni GF, Apollonio P, Martinelli E, Ferlini C, Passetti G,<br />

et al. Characterization of the pharmacologic profile of a standardized<br />

soy extract in the ovariectomized rat model of menopause: effects on<br />

bone, uterus, and lipid profile. Menopause 2005;12:589-600.


PATHOLOGICA 2007;99:131<br />

Il nodulo epatico: non così semplice<br />

Il nodulo epatocellulare: diagnosi<br />

differenziale in fegato cirrotico<br />

M. Roncalli<br />

Università di Milano, U.O. Anatomia Patologica, IRCCS<br />

Istituto Clinico “Humanitas”, Rozzano, Milano<br />

L’utilizzo della tecnica ecografica nel follow-up di pazienti<br />

cirrotici frequentemente rivela la presenza di uno o più<br />

noduli di dimensione dimensioni variabili da 1 a 2 cm e pattern<br />

all’imaging ecografia con o senza contrasto, TAC, RMN<br />

non conclusivo di malignità 1 . In considerazione della elevata<br />

incidenza del carcinoma epatocellulare in corso di cirrosi<br />

epatica 3-4%, è irrinunciabile la caratterizzazione istologica<br />

delle singole lesioni che viene condotta mediante biopsia e<br />

prelievo di un frustolo intra- ed extra-lesionale. Le entità che<br />

sottendono il nodulo epatocellulare in cirrosi sono fondamentalmente<br />

5 e segnatamente i larghi noduli di rigenerazione,<br />

i noduli displastici a basso ed alto grado, il cosiddetto<br />

epatocarcinoma tipo early nelle sue due varianti “vaguely<br />

nodular type” e “nodular” nonché il classico epatocarcinoma.<br />

La ricerca di alcune figure istologiche crescita clonale, affollamento<br />

cellulare, perfierizzazione sinusoidale dei nuclei,<br />

ecc., del pattern di vascolarizzazione e la documentazione<br />

dello stato della trama reticolare sono di fondamentale ausilio<br />

per un inquadramento diagnostico preliminare di queste lesioni<br />

2 . L’interpretazione istologica non è tuttavia sempre uni-<br />

voca soprattutto nella distinzione tra noduli diaplastici ad alto<br />

grado e carcinoma epatico tipo early. Nel corso della presentazione<br />

sarà discussa la opportunità di utilizzare un pannello<br />

di marcatori di malignità attualmente disponibili 3-5<br />

nonché le modalità morfofenotipiche più idonee per accertare<br />

la cosiddetta microinvasione stromale, propria delle lesioni<br />

epatocellulari maligne 6 .<br />

Bibliografia<br />

1 Bolondi L, Gaiani S, Celli N, Golfieri R, Grigioni WF, Leoni S, et al.<br />

Characterization of small nodules in cirrhosis by assessment of vascularity:<br />

the problem of hypovascular hepatocellular carcinoma.<br />

Hepatology 2005;42:27-34.<br />

2 Roncalli M. Hepatocellular nodules in cirrhosis: focus on diagnostic<br />

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E, et al. Diagnostic value of HSP70, glypican 3, and glutamine<br />

synthetase in hepatocellular nodules in cirrhosis. Hepatology<br />

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6 Park YN, Kojiro M, Di Tommaso L, Dhillon AP, Kondo F, Nakano M,<br />

et al. Ductular reaction is helpful in defining early stromal invasion,<br />

small hepatocellular carcinomas, and dysplastic nodules. Cancer<br />

2007;109:915-23.


FREE PAPERS


PATHOLOGICA 2007;99:135-151<br />

Valutazione HTA per l’introduzione di nuova<br />

tecnologia in Anatomia Patologica<br />

P. Dalla Palma, K. Chistè * , G.M. Guarrera **<br />

Anatomia ed Istologia Patologica, Ospedale “S. Chiara”;<br />

* ** Servizio Controllo di Gestione; Servizio Garanzia di<br />

Qualità, A.P.S.S., Trento<br />

Introduzione. L’introduzione di nuova tecnologia nella routine<br />

di un Servizio diagnostico richiede una valutazione secondo<br />

le regole dell’Health Technology Assessment specialmente<br />

quando va a sostituire o integrare tecnologia già presente<br />

e ritenuta fino a quel momento la più efficiente. Questo<br />

è possibile attraverso una stretta collaborazione con il Controllo<br />

di Gestione e col continuo monitoraggio delle<br />

prestazioni.<br />

Materiali e metodi. Dal 2000 l’Anatomia Patologica viene<br />

monitorata sia dal punto di vista dei costi che delle<br />

prestazioni con un centro di costo principale suddiviso in sottocentri<br />

(Autopsie, Istologia, Citologia, Screening cervicovaginale,<br />

Immunoistochimica, Biologia molecolare, Patologia<br />

quantitativa e citofluorimetrica). È quindi possibile valutare<br />

l’impatto dell’introduzione e della successiva gestione<br />

di nuova tecnologia attraverso l’analisi dei dati, ovviamente<br />

ancora prima di decidere per l’acquisizione o meno della<br />

stessa in conto capitale o in service.<br />

Risultati. Il numero delle prestazioni effettuate negli anni<br />

non ha subito sostanziali scostamenti mentre ne è variata la<br />

complessità e la completezza. L’aumento costante di spesa<br />

per i presidi sanitari e per i reagenti di laboratorio (da circa<br />

200.000 dell’anno 2000 a quasi 360.000 nel 2006) trova<br />

giustificazione, oltre che nell’inflazione, nelle innovazioni<br />

tecnologiche legate all’estensione della citologia in strato<br />

sottile (consumo costante della cervico-vaginale ma aumento<br />

della extravaginale), all’applicazione dell’HCII nel triage<br />

dell’ASC, all’aumento delle reazioni immunoistochimiche<br />

con l’introduzione di pannelli prognostici sempre più ampi<br />

(in particolare per il carcinoma della mammella non ultimo<br />

con le FISH), all’ampliamento del pannello degli anticorpi<br />

per la tipizzazione linfocitaria citofluorimetrica. Abbastanza<br />

stabile è stata la spesa per la biologia molecolare nonostante<br />

la rivoluzione avvenuta in tale settore con l’introduzione di<br />

test sempre più sofisticati (sequenziamento e pcr quantitativa<br />

solo per fare degli esempi): vi è stata una contemporanea dismissione<br />

di tecniche ritenute superate proprio nell’ottica dell’HTA.<br />

Conclusioni. L’attività di Anatomia Patologica sta vivendo<br />

in questi anni un’importante rivoluzione. Sempre maggiori<br />

sono le richieste da parte dei clinici (specie gli oncologi) di<br />

nuovi marcatori che possano avere un riflesso non solo in una<br />

più precisa definizione diagnostica del processo morboso ma<br />

anche nella valutazione del singolo paziente per una personalizzazione<br />

della prognosi e della farmacoresponsività. Tutto<br />

ciò comporta un aumento della spesa che deve essere monitorata<br />

e i cambiamenti vanno attuati dopo valutazione HTA.<br />

La conoscenza di tali dati e la stretta collaborazione con il<br />

Controllo di gestione ci ha ad esempio permesso di pianificare<br />

il budget annuale e di predisporre interventi importanti<br />

come l’acquisizione dell’analizzatore automatico dei Pap test<br />

dimostrandone sia efficacia clinica che la valenza economica<br />

(nel caso specifico con riduzione/non sostituzione del personale<br />

citotecnico).<br />

Organizzazione dei controlli di qualità dei<br />

fattori prognostico/predittivi del carcinoma<br />

della mammella. Progetto SIAPEC regione<br />

Piemonte. Rete oncologica regione Piemonte<br />

I. Castellano, C. Pecchioni, G. Ghisolfi, M. Cerrato, S. Vigna,<br />

A. Sapino<br />

Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana<br />

Introduzione. La definizione dei fattori prognostici e predittivi<br />

nel carcinoma mammario (ER, PR, Ki67, HER2) riveste<br />

un ruolo fondamentale nella scelta della terapia oncologica.<br />

Questo ruolo comporta conoscenza, competenza e consapevolezza<br />

delle responsabilità diagnostiche del personale medico<br />

e tecnico di Anatomia Patologica. Una partecipazione diretta<br />

ed attiva di entrambe le figure professionali porterebbe<br />

ad una migliore presa di visione dei problemi e alla<br />

risoluzione degli stessi.<br />

Metodi. 1) Identificazione di figure partecipanti (Centro di<br />

coordinamento e Centri di Anatomia Patologica regionale<br />

con Diagnostica di carcinoma mammario) e del patologo e<br />

del tecnico di riferimento; 2) definizione delle procedure di<br />

allestimento delle reazioni (tempi di fissazione, procedure di<br />

immunocitochimica, anticorpi utilizzati); 3) criteri di lettura<br />

delle reazioni immunocitochimiche; 4) standardizzazione a<br />

livello regionale del referto diagnostico.<br />

Tempi di esecuzione: 1° round. Definizione su casi controllo<br />

delle procedure tecniche e di diagnosi delle singole unità<br />

partecipanti. Il centro di coordinamento ha provveduto a<br />

fornire sezioni su Tissue Array (TA) dei casi controllo. Le<br />

sezioni sono state inviate a tutti i servizi di Anatomia Patologica<br />

della Regione. Per ogni anticorpo sono state compilate<br />

e inviate al centro coordinatore le schede di procedure immunocitochimiche<br />

e le schede di valutazione dei risultati.<br />

Successivamente vi è stato un incontro con discussione dei<br />

risultati al microscopio multiplo e delle difficoltà tecniche.<br />

Nella stessa sede il personale tecnico ha rivisto i protocolli di<br />

procedura apportando le modifiche necessarie al fine di ottimizzare<br />

i risultati. È stato definito un gruppo di lavoro per<br />

la redazione di una scheda diagnostica standardizzata comune.<br />

Round successivi incontri bimensili. Il centro di coordinamento<br />

ha provveduto alla preparazione di TA di studio con<br />

casi inviati dalle singole unità partecipanti per valutare l’influenza<br />

delle procedure di trattamento dei tessuti sui risultati<br />

immunocitochimica. Come per il primo round i risultati sono<br />

stati discussi in sessione congiunta tecnici-patologi, con revisione<br />

al microscopio multiplo.<br />

Risultati e conclusione. La partecipazione delle Anatomie<br />

patologiche regionali è stata piena. I risultati sono stati inseriti<br />

su data base per l’elaborazione statistica e lo studio della<br />

concordanza diagnostica ha dimostrato un miglioramento<br />

nelle varie fasi.


136<br />

Esiste ancora un ruolo della microscopia<br />

elettronica nella diagnostica delle malattie da<br />

accumulo?<br />

V. Papa, P. Preda, L. Tarantino, L. Badiali De Giorgi, G.N.<br />

Martinelli, G. Cenacchi<br />

Dipartimento Clinico di Scienze Radiologiche e Istocitopatologiche,<br />

Università di Bologna<br />

Introduzione. Le malattie da accumulo sono numerose e<br />

complesse e i meccanismi eziopatogenetici non sono ancora<br />

completamente chiariti 1 . In numerose di esse sono stati<br />

definiti i difetti genetici e la terapia può avvalersi, in alcuni<br />

casi, di molecole sostitutive. La diagnosi precoce risulta, pertanto,<br />

di fondamentale importanza. Scopo del nostro studio è<br />

stato, quindi, quello di rivalutare il ruolo della Microscopia<br />

Elettronica quale strumento di indagine fondamentale nella<br />

diagnosi di tali malattie.<br />

Materiali e metodi. Sono stati studiati mediante microscopia<br />

elettronica a trasmissione 42 casi di malattie da accumulo<br />

(2001-2007) di cui: 18 malattie da accumulo intracitoplasmatico<br />

lisosomiale (Fabry, 5, mucopolisaccaridosi, 1, Niemann-Pick,<br />

2, gangliosidosi, 1, glicogenosi tipo II, 4, Danon,<br />

1, ceroidolipofuscinosi, 4); 4 casi di malattia da accumulo intracitoplasmatico<br />

non lisosomiale (IBM, 1, malattia da<br />

deficit di L-CAT, 1, Lafora, 2) e 20 casi di malattia da accumulo<br />

extracitoplasmatico (CADASIL, 20).<br />

Risultati. I quadri submicroscopici relativi delle singole patologie<br />

mostravano alterazioni degenerative aspecifiche e/o<br />

inclusioni lisosomiali o citoplasmatiche specifiche definite<br />

dai differenti pattern riorganizzativi delle strutture molecolari<br />

accumulate: accumulo di particelle di glicogeno<br />

(glicogenosi), finger prints o GRODs (ceroidolipofuscinosi),<br />

figure mieliniche (malattia di Fabry), strutture filamentosofibrillari<br />

(IBM), GOMs (CADASIL).<br />

Conclusioni. I nostri dati evidenziano come la diagnostica<br />

ultrastrutturale possa essere considerata una metodica di<br />

screening diagnostico altamente sensibile, efficiente, costoeffettiva<br />

e rapida che non può prescindere, tuttavia, dall’esperienza<br />

del patologo nella lettura dei preparati. È assolutamente<br />

necessario, infatti, essere in grado di differenziare alterazioni<br />

aspecifiche/artefattuali da strutture patognomoniche<br />

e, nell’ambito di queste, tra patologie con strutture<br />

morfologiche simili. Nonostante tale metodica sia sicuramente<br />

più costosa rispetto ad analisi di tipo biochimico, in<br />

alcune forme di “malattie da accumulo” quali CADASIL o<br />

alcune varianti di ceroidolipofuscinosi con anomala localizzazione<br />

tissutale 2 , sembra rappresentare la metodica diagnostica<br />

più efficace e sicura.<br />

Bibliografia<br />

1 Johannessen JV. Electron Microscopy. Hum Med 1978;2:159-210.<br />

2 Boldrini, et al. Ultrastruct Pat 2001;25:51-8.<br />

FREE PAPERS<br />

Banca tessuti congelati: come ottenere<br />

tessuto fresco di carcinoma nella<br />

prostatectomia radicale. Proposta di una<br />

procedura sperimentata all’INT di Milano<br />

A. Pellegrinelli, M. Colecchia, N. Zaffaroni, A. Carbone<br />

Dipartimento di Patologia e Struttura Complessa di Ricerca<br />

Traslazionale, IRCCS INT, Milano<br />

Introduzione. Le caratteristiche macroscopiche del carcinoma<br />

prostatico nei campioni di prostatectomia radicale rendono<br />

difficile individuare e prelevare una parte di tumore per<br />

la banca dei tessuti congelati senza compromettere il successivo<br />

esame istologico routinario. I risultati ottenuti mediante<br />

una procedura sperimentale vengono qui confrontati con<br />

quelli ottenuti con altre procedure di prelievo 1 .<br />

Metodi. La procedura prevede i seguenti passaggi:<br />

1. chinare la superficie esterna della prostatectomia, immergerla<br />

per qualche secondo in liquido di Bouin ed asciugare<br />

con garza;<br />

2. eseguire macrosezioni seriate di circa 0,5 cm di spessore,<br />

parallele alla base prostatica ed esaminarle cercando di individuare<br />

le aree sospette (aree di consistenza aumentata<br />

rispetto al parenchima circostante, aree di colore giallastro,<br />

aree che deformano il profilo periferico della capsula prostatica<br />

o il parenchima circostante ecc.). In questo passaggio<br />

può essere di aiuto conoscere il risultato del mapping<br />

bioptico eventualmente eseguito pre-operatoriamente in riferimento<br />

alla sede ed alla quantità di carcinoma;<br />

3. asportare con bisturi una parte dell’area sospetta (con tecnica<br />

tipo shave per le lesioni cutanee), ottenendo un frammento<br />

tessutale di circa 1 cm x 1 cm x 0,2 cm, senza intaccare<br />

la superficie esterna in china;<br />

4.congelare i frammenti asportati, eseguire una Ematossilina-Eosina<br />

(E.E.) (eventualmente da archiviare con le altre<br />

E.E, del caso) e conservare il tessuto congelato a -80<br />

gradi.<br />

5. stendere su supporti di sughero (numerati e con indicazioni<br />

dx e sx) le macrosezioni mediante il posizionamento di<br />

spilli nella zona periferica, tendendole e sollevandole dal<br />

piano del sughero e lasciare a fissare in formalina per almeno<br />

12 ore. Procedere quindi con il campionamento indicando<br />

sui blocchetti il lato (dx o sx) e la sede del prelievo<br />

(anteriore, posteriore, base, ecc.).<br />

Risultati. La procedura è stata eseguita su una serie di 38<br />

prostatectomie consecutive, prelevando un totale di 54 frammenti<br />

da aree ritenute sospette. Dopo l’esame della EE ottenuta,<br />

il 90% conteneva carcinoma.<br />

Conclusioni. La sensibilità (90%) di questa procedura è<br />

sovrapponibile a quella ottenuta mediante biopsie multiple<br />

esterne (83,3%) 1 e l’esame istologico routinario non è stato<br />

compromesso in nessuno delle 38 prostatectomie. I vantaggi<br />

sono la possibilità di ottenere quantità superiori di carcinoma<br />

rispetto alla procedura bioptica e la possibilità di esaminare<br />

con più accuratezza l’architettura della neoplasia disponendo<br />

di sezioni più ampie e rappresentative (circa cm 1 x 1) rispetto<br />

a quelle bioptiche.<br />

Bibliografia<br />

1 Walton TJ, et al. The Prostate 2005;64:382-6.


FREE PAPERS<br />

Interobserver reproducibility in the diagnosis<br />

of digitized core breast lesion biopsies using<br />

quicktime virtual reality technology<br />

F.A. Zito1 , P. Verderio2 , V. Ventrella3 , A.F. Conde4 , O.<br />

Hameed5 , J. Ibarra6 , A. Leong7 , V. Angione8 , P. Apicella9 ,<br />

S. Bianchi10 , N. Pennelli11 , E. Pezzica12 , V. Vezzosi10 , A.<br />

Labriola1 , S. Pizzamiglio3 , R. Daprile1 , S. Rossi13 , I. Ellis14<br />

1 Anatomia Patologica IRCCS, Istituto Tumori “Giovanni<br />

Paolo II”, Bari, Italy; 2 Radiologia Senologica IRCCS, Istituto<br />

Tumori “Giovanni Paolo II”, Bari, Italy; 3 U.O Statistica<br />

Medica e Biometria, IRCCS Fondazione Istituto Nazionale<br />

Tumori, Milano, Italy; 4 Department of Pathology, University<br />

Hospital Perpetuo Socorso, Badajoz, Spain; 5 Department<br />

of Pathology, University of Alabama at Birmingham,<br />

Alabama; 6 Memorial Care Breast Center, Department of<br />

Pathology, Long Beach, California; 7 Department of Pathology<br />

University of Newcastle, Australia; 8 Anatomia Patologica,<br />

Ospedale, Udine, Italy; 9 Anatomia Patologica, Ospedale,<br />

Pistoia, Italy; 10 Anatomia Patologica, Ospedale Careggi,<br />

Firenze, Italy; 11 Anatomia Patologica, Università di<br />

Padova, Italy; 12 Anatomia Patologica, Ospedale Treviglio,<br />

Italy; 13 Consorzio di Bioingegneria e Informatica Medica<br />

(CBIM), Pavia, Italy; 14 Department of Histopathology, University<br />

of Nottingham, UK<br />

Introduction. Virtual Reality (VR) is a digital technology<br />

that is playing an impotant role in medical training. The VR<br />

technologies applied to the cyto-histopatology are able to be<br />

stored and shared on-line virtual slides (VS). However, there<br />

have been very few Quality Control studies in which have<br />

verified the diagnostic reproducibility of VS. The purpose of<br />

this study is to assess whether pathologists are able to make<br />

an accurate and reproducible diagnosis on-line using virtual<br />

slides of core breast biopsy lesions.<br />

Methods. Virtual slides, based on Quicktime Virtual Reality<br />

(QTVR) technology 1 , were generated from 20 cases of core<br />

breast biopsy complex lesions. A web-page was created to allow<br />

access to the server containing the virtual slides. The participants<br />

were recruited via e-mail using the ITAPAT mailing<br />

list or by personal invite via e-mail. The expert referee<br />

pathologist of the study, was prof. Ian Ellis. The pathologists<br />

had to classify the virtual slides according to the five categories<br />

of the “European Commission Working Group on<br />

Breast Screening Pathology” and they also had to make a descriptive<br />

diagnosis. The interobserver reproducibility and the<br />

reproducibility between each pathologist and the reference<br />

values were assessed adopting an approach based on the<br />

weighed kappa statistic (K w ) 2 .<br />

Results. Among the 36 contacted pathologists, a total of 10<br />

provided diagnosis for all the 20 considered cases. The lesions<br />

were classified by the referee as: 3 cases B1/B2; 8 cases<br />

B3; 2 cases B4; 7 cases B5. Comparisons with reference<br />

values showed an unsatisfactory level of reproducibility with<br />

a median K w value of 0.52 (range, 0.13-0.69). As regards the<br />

interobserver reproducibility results showed that in general<br />

the level of agreement was not satisfactory, with a median K w<br />

value of 0.30 (range, 0.16-0.42). The study was concluded after<br />

a period of 6 months.<br />

Conclusion. Demonstrating the possibility of carrying out a<br />

Quality Control studies using digital technology in a relatively<br />

short time was the major contribution of this study. The<br />

results acquired are encouraging, considerating both the dif-<br />

137<br />

ficultyes of the cases chosen for the study and the new technology<br />

used to make diagnoses.<br />

References<br />

1 Zito FA, Marzullo, D’Errico D, Salvatore C, Digirolamo R, Labriola<br />

A, et al. Quicktime virtual reality technology in light microscopy to<br />

support medical education in pathology. Mod Pathol 2004;17:728-31.<br />

2 Italian Network for Quality Assurance of Tumor Biomarkers (IN-<br />

QAT) Group. Interobserver reproducibility of immunohistochemical<br />

HER-2/neu assessment in human breast cancer: An update from IN-<br />

QAT round III. Int J Biol Markers 2005;20:189-94.<br />

Il 373E1: marker specifico per il carcinoma<br />

papillare della tiroide<br />

G. Magro, S. Lanzafame, L. Puzzo, R. Caltabiano, P. Amico<br />

Dipartimento “G.F. Ingrassia”, Anatomia Patologica, Policlinico<br />

“G. Rodolico”, Catania<br />

Introduzione. Talora, la distinzione tra un carcinoma papillare<br />

(PTC) e lesioni benigne della tiroide (iperplasia papillare,<br />

proliferazioni follicolari con pseudo-clearing nucleare)<br />

può risultare difficile all’esame morfologico; alcune varianti<br />

rare del PTC, quali quella solida, possono presentare problemi<br />

di diagnosi differenziale con altre neoplasie tiroidee più<br />

aggressive (carcinoma midollare; carcinoma scarsamente differenziato).<br />

Studi da noi effettuati 1 hanno dimostrato aberrazioni<br />

post-trascrizionali del profilo glicosilativo a carico di<br />

alcune glicoproteine, mucina 1, tireoglobulina e transferrina,<br />

prodotte dalle cellule del PTC vs. i tessuti tiroidei benigni di<br />

controllo 1 . In questi anni abbiamo prodotto un anticorpo<br />

monoclonale, il 373E1, diretto contro il cheratansolfato (KS)<br />

che ha dimostrato elevata sensibilità e specificità per i PTC 2 .<br />

Metodi. Abbiamo studiato l’espressione del 373E1 nelle<br />

varianti più rare del PTC (solida, a cellule di Hurthle, sclerosante,<br />

a cellule alte, a cellule colonnari, Warthin-like) per<br />

stabilire la sua affidabilità ed applicabilità nella diagnostica<br />

tiroidea routinaria. Come controllo sono state incluse lesioni<br />

benigne tipo gozzo nodulare, malattia di Basedow, tiroidite di<br />

Hashimoto e adenoma follicolare.<br />

Risultati. Tutti i casi di PTC testati sono risultati positivi (><br />

50% delle cellule neoplastiche) per il 373E1 (7 casi di v. solida;<br />

14 casi di v. a cellule di Hurthle; 5 casi di v. sclerosante;<br />

1 caso di v. a cellule colonnari; 1 caso di v. a cellule alte; 3<br />

casi di v. Warthin-like). La distribuzione cellulare era simile<br />

a quella osservata nelle v. più comuni di PTC (classica; v. follicolare):<br />

positività intracitoplasmatica, di membrana ed endoluminale<br />

2 .<br />

Conclusioni. Il 373E1 rappresenta un anticorpo sensibile e<br />

specifico per il PTC, comprese le sue varianti più rare. Utile<br />

risulta il suo impiego nella variante solida che nella diagnostica<br />

routinaria pone maggiori difficoltà interpretative. Suggeriamo<br />

di inserire il 373E1 nella lista degli anticorpi specifici<br />

per il PTC già disponibili, quali CK19 e HBME1.<br />

Bibliografia<br />

1 Magro G, et al. Differential expression of mucins 1-6 in papillary thyroid<br />

carcinoma: evidence for transformation-dependent post-translational<br />

modifications of MUC1 in situ. J Pathol 2003;200:357-69.<br />

2 Magro G, et al. Proteomic and postproteomic characterization of keratan<br />

sulfate-glycanated isoforms of thyroglobulin and transferrin<br />

uniquely elaborated by papillary thyroid carcinomas. Am J Pathol<br />

2003;163:183-96.


138<br />

Linfomi ed infezione da HCV: analisi istologica<br />

di una casistica retrospettiva multicentrica<br />

M. Lucioni1 , L. Bandiera1 , L. Arcaini2 , R. Riboni1 , E.<br />

Boveri1 , U. Gianelli3 , A. Cabras4 , L. Baldini5 , L. Uziel6 ,<br />

A.M. Gianni7 , L. Devizzi7 , E. Morra8 , M. Lazzarino2 , U.<br />

Magrini1 , A. Carbone4 , S. Bosari3 , M. Gambacorta9 , M.<br />

Paulli1 1 Anatomia Patologica, Fondazione IRCCS “San Matteo”,<br />

Università di Pavia; 2 Clinica Ematologia, Fondazione<br />

IRCCS “San Matteo”, Università di Pavia; 3 Anatomia Patologica,<br />

Ospedale “San Paolo”, Università di Milano; 4 Anatomia<br />

Patologica, Istituto Tumori, Milano; 5 Dipartimento di<br />

Scienze Mediche, Università di Milano; 6 Divisione di Oncologia,<br />

Ospedale “S. Paolo”, Milano; 7 Ematologia, Istituto<br />

Tumori, Milano; 8 Ematologia, Ospedale “Niguarda”, Milano;<br />

9 Anatomia Patologica, Ospedale “Niguarda”, Milano<br />

Introduzione. È noto che i soggetti affetti da disordini linfoproliferativi<br />

B cellulari presentano una prevalenza di infezione<br />

da HCV significativamente più elevata rispetto alla<br />

popolazione generale. Un recente studio di metanalisi ha dimostrato<br />

nei linfomi non Hodgkin B (LNH B) una prevalenza<br />

di infezione da HCV del 15% rispetto all’1,5% della popolazione<br />

generale. Nonostante queste evidenze, i dati sull’incidenza<br />

dei diversi istotipi di LNH B in pazienti HCV+ sono<br />

ancora relativamente limitati e non univoci.<br />

Metodi. Nel periodo compreso tra il 2000 ed il 2006, presso<br />

4 centri lombardi (Policlinico “San Matteo”, Ospedale “Niguarda”,<br />

Ospedale San Paolo, Istituto Tumori Milano), sono<br />

stati osservati 144 casi di linfomi HCV+. Tutti i casi sono<br />

stati sottoposti a revisione istopatologica collegiale, seguendo<br />

i criteri della classificazione WHO. 25 casi sono stati<br />

eliminati per l’esiguità del materiale; i rimanenti 119 sono<br />

stati estesamente caratterizzati dal punto di vista immunofenotipico.<br />

Risultati. In 43/119 (36%) casi la malattia risultava primitivamente<br />

nodale, mentre in 61/119 (51%) casi vi era coinvolgimento<br />

di almeno una sede extranodale. In 45/119 (38%) il<br />

linfoma risultava confinato a sedi extranodali; in 16/119<br />

(13%) erano coinvolti anche linfonodi loco-regionali. Le sedi<br />

extranodali più spesso interessate comprendevano: milza<br />

(20), cute e sottocute (11), cavo orale/Waldeyer (8), annessi<br />

oculari (5), ghiandole salivari (4), tratto gastroenterico (4),<br />

fegato (3). Interessamento midollare era presente in 48/119<br />

(40%) casi.<br />

Sulla base della revisione istologica, i casi selezionati sono<br />

stati così classificati: linfoma B diffuso a grandi cellule (LB-<br />

DGC) 40/119 (34%); linfoma B della zona marginale (LZM)<br />

33/119 (28%); linfoma follicolare 9/119 (8%); linfoma di<br />

Hodgkin 7/119 (6%), linfoma linfocitico/LLC 4/119, linfoma<br />

mantellare 4/119, linfoma linfoplasmacitico 3/119. In 3/119<br />

casi è stata posta diagnosi di linfoma T, in 1 caso di plasmocitoma<br />

ed in 15/119 casi (13%) di linfoma B a basso grado<br />

NAS.<br />

Conclusioni. Nella nostra casistica di pazienti HCV+, si documenta<br />

una netta prevalenza di 2 istotipi, rispettivamente il<br />

LBDGC ed il LZM. Quest’ultimo in particolare mostra<br />

un’incidenza molto superiore rispetto alla popolazione generale<br />

(28% vs. 8%).<br />

Sul versante clinico si evince inoltre una peculiare<br />

predilezione dei linfomi HCV correlati ad interessare le sedi<br />

extranodali (51%), soprattutto la milza ed alcuni siti tipo<br />

MALT (cute/sottocute ed annessi oculari).<br />

FREE PAPERS<br />

Analisi dell’espressione dei geni dell’apoptosi<br />

in pazienti affetti da leucemia linfatica<br />

cronica (CLL) mediante low density array<br />

V. Vaira, E. Fasoli, U. Gianelli, C. Pasquini * , C. Vener * , A.<br />

Cortelezzi * , G. Lambertenghi Deliliers * , S. Bosari, G.<br />

Coggi<br />

II Cattedra di Anatomia Patologica, DMCO, Università di<br />

Milano e IRCCS Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico,<br />

“Mangiagalli e Regina Elena”; * Ematologia I, Centro<br />

Trapianti di Midollo, Università di Milano, Fondazione<br />

IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico “Mangiagalli e Regina<br />

Elena”, Milano<br />

Introduzione. La CLL è una neoplasia a cellule B mature a<br />

decorso e prognosi variabili, con una sopravvivenza media di<br />

4-6 anni. Nel nostro studio abbiamo analizzato mediante tecnologia<br />

Microfluidic Card il profilo di espressione dei geni<br />

coinvolti nel processo apoptotico in una casistica di CLL, allo<br />

scopo di identificare eventuali alterazioni molecolari e di<br />

individuare correlazioni tra profili di espressione genica e<br />

parametri clinici.<br />

Metodi. Abbiamo analizzato in duplicato 92 geni coinvolti<br />

nel processo apoptotico e 4 geni di riferimento in 35 pazienti<br />

affetti da CLL ed in 3 pool di controllo comprendenti 30<br />

donatori. La popolazione di linfociti B neoplastici è stata selezionata<br />

mediante cromatografia, con una purezza superiore<br />

al 90%. L’RNA di ogni paziente è stato retrotrascritto e analizzato<br />

su Microfluidic Card. I valori di espressione relativi ai<br />

92 geni sono stati normalizzati prima sulla media geometrica<br />

dei 4 geni di riferimento, poi sulla propria mediana e trasformati<br />

in valori logaritmici (log2). L’espressione della proteina<br />

chinasi ZAP70 è stata valutata mediante RealTime PCR ed in<br />

32 casi anche mediante immunoistochimica.<br />

Risultati. 15 geni sono risultati differenzialmente espressi in<br />

quanto soddisfacevano entrambe queste condizioni: a) il rapporto<br />

tra la media di espressione del gene nei tumori rispetto<br />

ai controlli era superiore a 2 o inferiore a 0,5; b) il T test di<br />

Welch forniva un p value ≤ 0,01. In particolare 7 geni sono<br />

risultati iper-espressi nelle CLL (CASP8AP2, TNFSF14, TN-<br />

FRSF4, BCL2, CD40LG, CDKN2A e ZAP70) ed 8 ipoespressi<br />

(CASP10, BIRC5, LTB, BCL2A1, TNFSF10, TN-<br />

FRSF8, BID and CASP2). La correlazione tra l’espressione<br />

di ZAP70 valutata con le due tecnologie è risultata significativa<br />

(p = 0,001) e conseguentemente i pazienti sono stati suddivisi<br />

in ZAP+ (n = 19) ed in ZAP- (n = 19) in base al valore<br />

di espressione genica di ZAP70.<br />

Conclusioni. La valutazione dei geni differenzialmente<br />

espressi nelle CLL rispetto ai normali ci ha permesso di<br />

identificare numerose deregolazioni del processo apoptotico<br />

nelle leucemia linfatiche croniche. La metodica descritta<br />

sarà successivamente utilizzata per caratterizzare<br />

molecolarmente i pazienti responsivi o non responsivi alle<br />

terapie impiegate.


FREE PAPERS<br />

Unmutated kit expression in neuroendocrine<br />

thymic carcinoma: an immunohistochemical<br />

and molecular study on five cases<br />

D. Remotti, P. Graziano, MC. Macciomei, L. Manente, E.<br />

Silvestri, J. Nunnari, A. Leone, R. Gasbarra, A. Cavazzana<br />

* , E. Bonoldi ** , R. Pisa<br />

U.O.C. di Anatomia Patologica, Azienda Ospedaliera “San<br />

Camillo-Forlanini”, Roma; * Istituto di Anatomia Patologica,<br />

Ospedale “Santa Chiara”, Pisa; ** U.O.C. Anatomia Patologica,<br />

Ospedale “San Bortolo”, Vicenza<br />

Background. Primary thymic neuroendocrine carcinomas<br />

(NEC) are rare, representing 2-5% of thymic epithelial tumors.<br />

They have to be distinguished from thymic carcinoma<br />

with foci of neuroendocrine differentiation and from mediastinal<br />

paragangliomas. Furthermore, it is sometimes very<br />

difficult both clinically and pathologically to distinguish<br />

thymic NEC from lung NEC with massive mediastinal involvement.<br />

The expression of KIT (CD117) in thymic NEC<br />

was investigated in order to evaluate the usefulness of this<br />

marker for differential diagnosis and therapeutic purposes.<br />

Material and methods. The records of 5 cases diagnosed between<br />

2000 and 2007 of thymic NEC were studied. Four cases<br />

were retrieved from the files of “Forlanini” Hospital in<br />

Rome where, during the same period, 82 thymic epithelial tumors<br />

were resected. An additional case was retrieved from<br />

the files of “San Bortolo” Hospital in Vicenza. We examined<br />

the immunohistochemical expression of CD117, CD5, CD56,<br />

Chromogranin A, Synaptophysin and NSE in all cases. PCR<br />

amplification and direct sequencing of the c-kit exons<br />

9,11,13 and 17 were performed on two cases.<br />

Results. According to WHO classification, three cases were<br />

diagnosed as “well-differentiated NEC” and two as “poorly<br />

differentiated NEC”. All cases showed positive immunoreactivity<br />

for at least two neuroendocrine markers. CD5 and<br />

CD117 expression was found in all cases whereas c-kit mutations<br />

were not found.<br />

Conclusions. CD117 expression is a constant finding in<br />

thymic NEC and, as well as in thymic carcinoma, KIT is<br />

probably involved in the pathogenesis of this rare neoplasms.<br />

CD117 expression in thymic NEC has potential diagnostic<br />

utility in differentiating these tumors from NEC arising from<br />

other sites.<br />

In thymic epithelial tumors, strong KIT expression seems to<br />

be associated with malignancy, but its molecular mechanism<br />

is still to be clarified in an effort to make an effective therapy<br />

available.<br />

CD162 (PSGL-1) come possibile bersaglio di<br />

immunoterapia nel mieloma multiplo<br />

V. Campisi, C. Tripodo, A. Di Bernardo, A.M. Florena, V.<br />

Franco<br />

Dipartimento di Patologia Umana, Università di Palermo<br />

Introduzione. Il mieloma multiplo (MM) è una proliferazione<br />

clonale di cellule B a differenziazione terminale che<br />

interessa primariamente il midollo osseo.<br />

L’acquisizione di un fenotipo plasmocitoide nei linfociti B è<br />

associata, oltre alla capacità secretoria di immunoglobuline,<br />

all’espressione di molecole di adesione quali CD38, CD56,<br />

CD138, implicate nell’interazione tra cellule mielomatose e<br />

139<br />

stroma midollare. In uno studio sulle dinamiche di adesione<br />

di cellule linfomatose abbiamo identificato una costante<br />

espressione del CD162 (PSGL-1), ligando della P-selectina,<br />

sulla superficie di linfociti plasmocitoidi e plasmacellule.<br />

Questo dato, unitamente al ruolo del PSGL-1 nella trasduzione<br />

del segnale, rende ipotizzabile l’impiego del CD162<br />

quale target di immunoterapia con anticorpi monoclonali<br />

(MoAb) nel MM. In questo studio abbiamo valutato gli effetti<br />

in vitro di un MoAb anti-CD162 (KPL-1) su cellule di<br />

mieloma umano indagando i principali meccanismi effettori<br />

della citotossicità anticorpo-mediata.<br />

Materiale e metodi. L’espressione di CD162 è stata valutata<br />

mediante: immunoistochimica su sezioni di biopsie osteomidollari<br />

di pazienti con MM, immunocitochimica su linee cellulari<br />

umane di MM (RPMI-8226 e U266) e citofluorimetria<br />

su sangue midollare di pazienti con MM, utilizzando MoAb<br />

KPL-1. Gli esperimenti di citotossicità in vitro sono stati<br />

condotti su linee cellulari RPMI8226 e U266 utilizzando:<br />

KPL-1+ policlonale goat anti-mouse IgG per saggiare l’induzione<br />

diretta di apoptosi;<br />

KPL-1+ siero umano e di ratto per valutare la citotossicità<br />

complemento-mediata (CDC) e KPL-1+ splenociti attivati di<br />

ratto per valutare la citotossicità cellulo-mediata anticorpodipendente<br />

(ADCC).<br />

Risultati. Lo studio ha evidenziato che KPL-1: induce apoptosi<br />

in linee di mieloma secondo un modello dose-tempo<br />

dipendente: ~40% di cellule in apoptosi a 24 h con 4 µg/ml<br />

di KPL-1; determina CDC rispettivamente dello 0% (siero<br />

umano) e del 16% (siero di ratto) delle cellule mielomatose.<br />

Tali percentuali salgono al 35% ed al 50% in seguito al blocco<br />

di proteine regolatrici del complemento (CD46, CD55 e<br />

CD59) espresse sulle cellule bersaglio; produce ADCC del<br />

25% delle cellule di mieloma ad un rapporto effettore/target<br />

di 50/1.<br />

Conclusioni. I nostri risultati suggeriscono un possibile ruolo<br />

del PSGL-1 come bersaglio di immunoterapia nel MM.<br />

Studi in vivo dovranno indagarne gli effetti sulle interazioni<br />

tra cellule mielomatose e stroma midollare, sull’adesione e<br />

sul reclutamento leucocitario.<br />

Surgical pathology of spinal lesions: our 13year<br />

experience<br />

F. Sanguedolce * , P. D’Urso ** , P. Ciappetta ** , R. Ricco, A.<br />

Cimmino<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica, Università di Bari,<br />

Italy; 1 Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Sezione di Anatomia<br />

Patologica, Università di Foggia, Italy; 2 Dipartimento<br />

di Scienze Neurologiche, Cattedra di Neurochirurgia, Università<br />

di Bari, Italy<br />

Introduction. Spinal lesions are a heterogenous group comprising<br />

tumoral and non-tumoral entities as well, both accompanied<br />

by similar symptoms, such as myelopathy,<br />

radiculopathy, neck or back pain. Though less common than<br />

cerebral lesions (estimated overall ratio 1:4), they account for<br />

significant morbidity related to the site and type of lesion;<br />

thus, current diagnostic assessment includes magnetic resonance<br />

imaging (MRI) and histopathology.<br />

We aim to evaluate the diagnostic accuracy of preoperative<br />

MRI for spinal lesions, with a special emphasis on neoplasms,<br />

using histology as the gold standard.


140<br />

Methods. We retrieved 259 consecutive cases (from February<br />

1994 to March 2007) of spinal lesions from the files of<br />

the Department of Pathology at the University of Bari. There<br />

were 143 men (mean age 55.6) and 126 women (mean age<br />

54.2). All patients underwent MRI of the spine and subsequent<br />

biopsy of the lesion; tissue samples were formalinfixed<br />

and routinely processed in order to obtain hematoxylineosin<br />

slides, which were observed at light microscopy by a<br />

dedicated pathologist. In 23 cases a frozen section examination<br />

was performed; in 167 cases further immunohistochemical<br />

investigations were performed.<br />

Results. All cases in which a diagnosis was made by the<br />

pathologist were subsequently reviewed and divided into 3<br />

groups:<br />

1. no MRI diagnosis was obtained (27 cases, 10.4%), most of<br />

them (22,2%) being either a non-Hodgkin lymphoma or a<br />

metastasis;<br />

2. MRI and histological diagnosis did not match (47 cases,<br />

18.1%), most of them (17%) being a mieloma;<br />

3. MRI diagnosis (in many cases strongly supported by a proper<br />

anamnesis) was confirmed by histopathology (158 cases,<br />

61%), most of them (25.9%) being metastases.<br />

Conclusions. We present a large series of 259 spinal lesions<br />

and compare preoperative MRI with surgical pathology results;<br />

since signs and symptoms are not specific to a single<br />

neoplastic or non-neoplastic entity, diagnostic assessment is<br />

largely based upon imaging and pathology.<br />

Our results show that MRI displays great diagnostic accuracy<br />

for metastatic lesions and neurinomas, while other neoplastic<br />

lesions such as non-Hodgkin lymphomas are less likely<br />

to be preoperatively identified by such technique. We believe<br />

that the pathologist should be aware of this, especially<br />

when evaluating such lesions on frozen sections.<br />

Ruolo della biopsia muscolare nella<br />

diagnostica delle miopatie da farmaci:<br />

correlazioni clinico-patologiche<br />

L. Maiarù, V. Tarantino, L. Badiali De Giorgi, M. Zavatta<br />

* , R. D’Alessandro ** , R. Rinaldi *** , V. Carelli ** , G.N.<br />

Martinelli, G. Cenacchi<br />

Dipartimento Clinico Scienze Radiologiche e Istocitopatologiche,<br />

e ** Dipartimento di Scienze Neurologiche, Università<br />

di Bologna; * U.O. Ortopedia e *** U.O. Neurologia, Azienda<br />

Ospedaliera-Universitaria Policlinico “S. Orsola-Malpighi”<br />

Introduzione. Numerosi farmaci, tra cui statine, acido valproico,<br />

propofol, zidovudina, clorochina e steroidi possono<br />

provocare miopatia sia direttamente che con meccanismi<br />

patogenetici indiretti. Scopo del nostro studio è stato quello<br />

di verificare la possibilità di definire un quadro clinico-patologico<br />

patognomonico delle miopatie iatrogene da farmaci,<br />

ad oggi non riportato in letteratura.<br />

Materiali e metodi. Abbiamo valutato casi di miopatia giunti<br />

alla nostra osservazione nel periodo 01-05/04-07 (152<br />

casi). I parametri clinico-laboratoristici considerati sono<br />

stati: sintomatologia, esame obiettivo, terapia farmacologica<br />

(correlazione temporale tra somministrazione dei farmaci e<br />

insorgenza dei sintomi), CPKemia, EMG; sono stati quindi<br />

valutati la biopsia muscolare e l’analisi molecolare del DNA<br />

mitocondriale (1 caso) mediante long-PCR e sequenziamento<br />

genico. La biopsia muscolare è stata studiata dopo congelamento<br />

in N2 liquido. Le sezioni criostatate sono state trat-<br />

tate di routine con colorazioni istologiche ed istochimiche<br />

quali E-Eo, tricromica di Gomori, PAS, fosfatasi acida, fosfatasi<br />

alcalina e istoenzimatiche per l’evidenziazione dell’attività<br />

di NADH, Cox/SDH, ATPasi (4,35; 10,4). È stata infine<br />

effettuata valutazione morfometrica per definire coefficiente<br />

di variabilità diametrica e indici di atrofia e ipertrofia.<br />

Risultati. Delle 152 biopsie studiate, 9 (circa il 5,9%) presentavano<br />

alterazioni soprattutto a livello mitocondriale. Erano<br />

spesso presenti oltre a fibre tipo ragged red, anche fibre<br />

Cox-negative e alterazioni ultrastrutturali, quali iperplasia,<br />

degenerazione, polimorfismo e rari megamitocondri. In un<br />

caso la genetica molecolare ha evidenziato delezioni multiple<br />

a carico del DNA mitocondriale.<br />

Conclusioni. Dai risultati emerge che i parametri clinico-laboratoristici<br />

rivelano un quadro miopatico aspecifico, quindi<br />

la biopsia muscolare risulta fondamentale per la diagnosi. I<br />

nostri dati mostrano alterazioni preferenzialmente a carico<br />

dei mitocondri che escludendo una possibile causa di primitività<br />

mitocondriale, identificano questi organuli quali target<br />

principale coinvolto nel meccanismo etiopatogenetico della<br />

miopatia da farmaci. In un caso l’azione del farmaco si è<br />

sovrapposta ad una preesistente mutazione del DNA mitocondriale<br />

(miopatia da propofol), slatentizzando il quadro<br />

clinico.<br />

Bibliografia<br />

1 Guis S. Best Pract Res Clin Rheumatol 2003;17:877-908.<br />

2 Sieb JP. Muscle Nerve 2002;27:142-56.<br />

FREE PAPERS<br />

Oxidative stress in livertransplantation: the<br />

pathologist’s search for predictive tools<br />

C. Avellini, G. Trevisan, G. Tell, U. Baccarani, C. Vascotto,<br />

G.L. Adani, L. Cesaratto, C.A. Beltrami<br />

Department of Medical and Morphological Sciences, Dept.<br />

Surgery and Transplation, Department of Biomedical Sciences<br />

and Technologies, Azienda Ospedaliero-Universitaria Udine<br />

Introduction. Oxidative stress is a major pathogenetic event<br />

occurring in several liver disorders and is a major cause of<br />

liver damage due to ischaemia/reperfusion (I/R) during liver<br />

transplantation. In order to identify early protein targets of<br />

oxidative injury, we used a multiple approach, by morphological,<br />

immunohistochemical and proteomic methods.<br />

Methods. HepG2 human liver cells were treated for 10 minutes<br />

with 500 mM H2O2 and studied by differential proteomic<br />

analysis (two-dimensional gel electrophoresis and<br />

MALDI TOF mass spectrometry). The same methods have<br />

been applied on liver needle biopsy before vascular ligation<br />

(T0), after cold (T1) and after warm (T2) ischaemia: these<br />

specimen underwent to histological analysis (Suzuki score)<br />

and immunohistochemical evaluation of APE1/Ref1 expression,<br />

also on frozen sections.<br />

Results. Post-translational changes of native polypeptides<br />

are associated with H2O2 treatment sensitivity of 3 members<br />

of Peroxiredoxin family of hydroperoxide scavengers (Prx I,<br />

II, VI), that showed changes in their pI as result of overoxidation,<br />

by modification of active site thiol into sulphinic<br />

and/or sulphonic acid. The oxidation kinetic of all peroxiredoxin<br />

was extremely rapid and sensitive, occurring at H2O2<br />

doses unable to affect the common markers of cellular oxidative<br />

stress. Similar results have been obtained on liver<br />

biopsy specimen: significant higher value of Suzuki score


FREE PAPERS<br />

and higher levels of APE1/Ref1 expression parallel peroxiredoxin<br />

changes.<br />

Significant changes in Suzuki score by histology and immunohistochemistry<br />

have been observed also in liver biopsies<br />

after ischaemic preconditioning (T0 basal, T0 * after 10’<br />

of ischaemia, T1 after cold and T2 warm ischaemia) with increased<br />

APE1/Ref1 reactivity in T0 * and T2 specimen.<br />

Conclusion. The in vivo relevance of our study is demonstrated<br />

by the finding that overoxidation of PrxI occurs during<br />

I/R upon liver transplantation and is dependent on the<br />

time of warm ischaemia. These data are in keeping with higher<br />

histological damage extent and APE1/Ref1 expression in<br />

the same specimen and lower histological damage with higher<br />

APE1/Ref1 expression in T0 * and T2 cases after ischaemic<br />

preconditioning. Furthermore, frozen section immunohistochemistry<br />

for APE1/Ref1 may play a role as a marker of I/R<br />

damage in the graft. Our present data could be of relevance<br />

in setting up more standardized procedures to preserve and<br />

evaluate organs for transplantation.<br />

Carcinoma papillare della tiroide: la bassa<br />

espressione di NCAM (CD56) è associata alla<br />

down-regolazione della produzione di VEGF-<br />

D da parte delle cellule tumorali<br />

F. Melotti, S. Scarpino, A. Di Napoli, C. Talerico, L. Ruco<br />

Ospedale “Sant’Andrea”, Università di Roma “La Sapienza”<br />

Introduzione. È stato descritto che l’espressione di NCAM<br />

da parte delle cellule tumorali può interferire nel processo di<br />

metastatizzazione stimolando la linfangiogenesi peri-tumorale<br />

tramite la produzione di VEGF-C e VEGF-D 1 . Abbiamo<br />

studiato l’esistenza di una possibile correlazione tra il<br />

livello di espressione di NCAM ed il processo di linfoangiogenesi<br />

nel carcinoma papillare della tiroide.<br />

Metodi. Sono state effettuate colorazioni immunoistochimiche<br />

per NCAM e podoplanina (marcatore dell’endotelio linfatico)<br />

in 61 carcinomi papillari della tiroide. RNA ottenuti da tessuto<br />

congelato sano e tumorale, mediante la metodica della microdissezione-laser,<br />

e da linee di carcinoma papillare della<br />

tiroide PTC-1 silenziate per NCAM, sono stati misurati per<br />

NCAM, VEGF-C e VEGF-D utilizzando la real-time PCR. Cellule<br />

TPC-1 silenziate sono state valutate per la loro capacità migratoria<br />

utilizzando la camera di invasione Boyden Chamber.<br />

Risultati. Cellule tumorali di 18 casi sono risultate negative<br />

alla colorazione immunoistochimica per NCAM, i restanti 43<br />

casi hanno dimostrato positività in una percentuale di cellule<br />

neoplastiche inferiore al 5%. La colorazione per podoplanina<br />

ha evidenziato che la presenza di vasi linfatici è estremamente<br />

rara all’interno del tumore. I livelli dei trascritti di<br />

mRNA per VEGF-D e NCAM nel tessuto tumorale sono<br />

risultati molto bassi. Il silenziamento di NCAM in cellule<br />

PTC-1 causa una significativa (p < 0,05) riduzione nell’espressione<br />

dell’mRNA di VEGF-C e VEGF-D. Le cellule<br />

PTC-1 silenziate hanno dimostrato una maggiore capacità<br />

adesiva a diverse componenti della matrice extracellulare,<br />

una minore efficienza nella migrazione cellulare (riduzione<br />

del 59%; p < 0,05) e nella invasività (riduzione del 68%).<br />

Conclusioni. Questi risultati suggeriscono che la modificazione<br />

dell’espressione di NCAM nelle cellule tumorali<br />

causa profonde alterazioni della capacità migratoria e della<br />

produzione di fattori pro-linfoangiogenetici.<br />

Bibliografia<br />

1 Crnic I, et al. Cancer Res 2004;64:8630-8.<br />

141<br />

Ruolo della biopsia endomiocardica nella<br />

diagnosi del rigetto cronico<br />

A. Marzullo, G. Serio, D. Piscitelli, D.M. Tateo, G. Caruso<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica (DAP), Università di<br />

Bari<br />

Introduzione. Sebbene le caratteristiche morfologiche della<br />

vasculopatia del graft siano state estesamente studiate, lo<br />

stesso non si può dire per le modificazioni indotte sui miocardiociti<br />

e in modo particolare per le alterazioni del microcircolo<br />

coronarico. Gli aspetti di proliferazione miofibroblastica<br />

a carico della parete vasale e la vacuolizzazione dei<br />

miociti subendocardici sono stati proposti come marcatori<br />

del rigetto vascolare cronico.<br />

Metodi. Questo studio si propone di analizzare le caratteristiche<br />

del miocardio in 9 pazienti sottoposti a trapianto cardiaco<br />

seguiti per un periodo compreso tra i 3 e i 5 anni, e verificare<br />

la presenza di alterazioni vascolari al fine di consentire<br />

una diagnosi più tempestiva della vasculopatia da<br />

trapianto. In ciascun caso sono stati esaminati i seguenti<br />

parametri: numero di arteriole totali ed eventuale presenza di<br />

lesioni vascolari (in particolare di aspetti proliferativi miofibroblastici<br />

intimo-mediali), grado di fibrosi e infiltrazione<br />

adiposa (valutati come percentuale della superficie totale del<br />

campione), numero ed entità degli episodi di rigetto acuto,<br />

individuazione di lesioni ischemiche subletali (vacuolizzazione<br />

dei miocardiociti) e microinfarti.<br />

Risultati. In totale sono stati riesaminati 141 frustoli di endomiocardio<br />

ventricolare e 79 arteriole. Nel 12% dei vasi erano<br />

presenti lesioni, prevalentemente costituite da un ispessimento<br />

della tonaca media. La fibrosi interstiziale variava dal<br />

16,7 al 39,1%. Il tessuto adiposo risultava scarsamente rappresentato.<br />

Il grado di infiltrazione flogistica risultava per lo<br />

più scarso, generalmente compreso tra 0 e IB della Working<br />

Formulation e solo in un caso erano segnalati due episodi di<br />

rigetto moderato. Dal confronto dei parametri esaminati<br />

emergeva un certo grado di associazione tra la presenza di<br />

modificazioni vascolari, la fibrosi e il reperto di lesioni suggestive<br />

di ischemia miocardica e microinfarti.<br />

Conclusioni. Tali risultati, ancora preliminari, suggeriscono<br />

la possibilità di individuare attraverso le biopsie endomiocardiche<br />

l’insorgenza delle lesioni della vasculopatia da<br />

trapianto in uno stadio relativamente precoce, considerato<br />

che le metodiche routinarie (angiografia) permettono lo studio<br />

solo dei vasi epicardici e dei primi tratti intramiocardici.<br />

Ciò consentirebbe al clinico di mettere in atto tempestivamente<br />

interventi terapeutici, compresa la possibilità di valutare<br />

la opportunità di un nuovo trapianto.


142<br />

Distribuzione del Sonic Hedgehogg nella<br />

mucosa corpo-fundica normale e nei polipi<br />

ghiandolari fundici: uno studio<br />

immunoistochimico<br />

P. Declich, E. Tavani, G.R. van den Brink * , B. Omazzi ** ,<br />

S. Bellone, S.A. Pel-Bleuming *<br />

Servizio di Anatomia Patologica e ** Divisione di Gastroenterologia<br />

ed Endoscopia Digestiva, Ospedale di Rho, Italia;<br />

* Academic Medical Center Amsterdam, Center for Experimental<br />

and Molecular Medicine, The Netherlands<br />

Introduzione. I Polipi ghiandolari fundici (PGF) sono polipi<br />

sessili, spesso multipli, di piccole dimensioni, della mucosa<br />

gastrica acido-secernente. Sono stati descritti sia come forma<br />

sporadica, associati alla poliposi familiare del colon, ed alla<br />

Sindrome di Zollinger-Ellison.<br />

Dato il loro aspetto istologico, caratterizzato dalla presenza<br />

di dilatazioni cistiche sia superficiali che profonde, i PGF<br />

sono stati da alcuni Autori considerati come polipi amartomatosi.<br />

Fig. 1.<br />

5<br />

13<br />

7<br />

Mucosa normale:<br />

PGF con<br />

distribuzione<br />

normale<br />

PGF con<br />

distribuzione<br />

aumentata<br />

FREE PAPERS<br />

Recentemente, è stata studiata una proteina con funzione<br />

morfogenetica, il Sonic Hedghogg, che nel tratto gastrointestinale<br />

sia fetale che nell’adulto ha una azione morfogenetica<br />

e nel mantenimento della differenziazione, con una<br />

espressione pressoché esclusiva da parte delle cellule parietali.<br />

Abbiamo allora studiato l’espressione del SHH in un gruppo<br />

di PGF sporadici, da alcuni interpretati come di tipo iperplastico,<br />

da altri come risultato di una alterata organizzazione<br />

(amartomi).<br />

Come controllo abbiamo usato 5 campioni di mucosa corpofundica<br />

normale.<br />

Metodi. 5 casi di mucosa corpo-fundica di controllo, 20 FG-<br />

Ps di 15 pazienti sono stati colorati con tecnica immunoistochimica<br />

ABC, usando un anticorpo anti-SHH (sviluppato<br />

da van Der Brink), diluito 1:50.<br />

Risultati. I cinque campioni di mucosa corpo-fundica di controllo<br />

hanno mostrato una intensa positività per il SHH nelle<br />

cellule parietali, con la massima concentrazione nel terzo superiore<br />

della mucosa, e una riduzione nella porzione profonda.<br />

Tutti i venti PGF hanno mostrato una intensa positività al<br />

SHH, sia nelle cisti, sia nella mucosa ghiandolare circostante.<br />

13 polipi hanno mostrato una distribuzione della reattività<br />

per l’SHH analoga alla mucosa normale di controllo, mentre<br />

7 hanno mostrato una intensa positività diffusa, sia nella<br />

porzione superficiale del polipi, sia in quella profonda.<br />

Discussione. Nel presente lavoro abbiamo confermato la<br />

positività nelle cellule parietali della mucosa umana corpofundica<br />

dell’adulto del SHH, molecola cruciale sia nella differenziazione<br />

embrionale della mucosa corpo-fundica, sia nel<br />

suo mantenimento nell’adulto. Abbiamo anche descritto il<br />

mantenimento di tale differenziazione nei PGF. Essi quindi<br />

non solo non presentano una riduzione di tale molecola morfogenetica,<br />

ma in un terzo dei casi mostrano addirittura una<br />

iperespressione dell’SHH.<br />

Incidence of post-transplant<br />

lymphoproliferative disorders (PTLD): study<br />

of 828 adult patients after liver<br />

transplantation in a single institution<br />

D. Petrella, P. Oreste, E. Minola, M. Gambacorta<br />

Department of Histopathology, Azienda Ospedaliera Ospedale<br />

Niguarda “Cà Granda”, Milano, Italy<br />

Background. Post-transplant lymphoproliferative disorders<br />

(PTLD) encompass a variety of polyclonal lymphoid hyperplasias<br />

and lymphomas that occur in 2-3,8% of solid organ<br />

transplanted patients. PTLD have been defined as “opportunistic<br />

neoplasms” since they arise partly as a consequence<br />

of the immunosuppressive regimen administrated to prevent<br />

graft rejection. Intensive immunosuppression in fact allows<br />

to loss of T-cytotoxic cell activity with a decrease in immunosurveillance.<br />

Increased patients susceptibility to lifethreatening<br />

infections permits the Epstein-Barr virus (EBV)<br />

infected cells to persist, leading in a minority of cases to an<br />

uncontrollated B-cell proliferation with overt clinical PTLD.<br />

The role of EBV in etiopathogenesis of PTLD is the pathway<br />

clearly defined at this time.<br />

Clinical features. PTLD can occur early in the first year after<br />

transplantation (“early onset PTLD”) or later (“late onset<br />

PTLD”. Clinical presentation is heterogeneous and non spe-


FREE PAPERS<br />

cific. Non-EBV PTLD are rare and generally characterised<br />

with late onset, inciting factors not completely known and<br />

poor outcome.<br />

Patients and methods. 828 adult patients underwent liver<br />

transplantation at Niguarda Hospital, Milan, between June<br />

1992 and May 2007. Patients have been followed until death<br />

or until the end of the study (May, 2007). <strong>Pathologica</strong>l reports,<br />

autoptic findings (when available), surgical specimens<br />

and medical records have been retrieved and reviewed for all<br />

PTLD patients.<br />

Results. 26/828 patients (3,14%) developed monoclonal high<br />

grade non-Hodgkin lymphomas (25 LNH-B and 1 LNH-T, all<br />

EBV-related). 25 were males and 1 female (mean age 46<br />

years, range 33-64). 15 of them were submitted to transplant<br />

because of viral-related cirrhosis (the majority HCV-type)<br />

and the remnant 9 patients because of alcoholic or biliary cirrhosis.<br />

Among these cases, during sampling primitive neoplastic<br />

lesions (hepatocellular carcinoma, cholangiocarcinoma)<br />

were found in 6 specimens. The mean follow-up was<br />

41,5 months (range 2-164) until PTLD discovery. During<br />

post-transplantation course, 14 patients developed early onset<br />

PTLD (mean follow-up 6 months, range 2-10) and 6 of<br />

them died; the other 12 patients developed late onset PTLD<br />

(mean follow-up 83 months, range 13-164) and 1 of them<br />

died. The main site of PTLD was the liver (15 cases) followed<br />

by lymph nodes and peritoneum, and there is a strong<br />

relationship between site and latency of the disease (12/15 of<br />

hepatic PTLD are “early” and 9/11 of extrahepatic PTLD are<br />

“late”).<br />

Conclusion. In our experience the frequency of PTLD related<br />

to liver transplant recipients is comparable to data present<br />

in literature. Most of cases were hepatic early onset PTLD,<br />

characterised by a worse outcome in comparison to late onset<br />

PTLD. No patients showed central nervous system or<br />

bone marrow involvement.<br />

Tumori epatici in età pediatrica ad interesse<br />

trapiantologico: esperienza del Centro<br />

trapianto di fegato di Torino<br />

A. Barreca, M. Muscio * , L. Garofalo * , E. Basso ** , L.<br />

Delsedime, G. Paraluppi *** , R. Romagnoli *** , M. Forni * ,<br />

M. Salizzoni *** , A. Pucci * , E. David<br />

Anatomia Patologica I, ASO “S. Giovanni Battista, Molinette”,<br />

Torino; * Anatomia Patologica OIRM-ASO OIRM, “S.<br />

Anna”, Torino; ** Dipartimento Oncoematologia Pediatrica,<br />

Università di Torino; *** Centro Trapianto di Fegato, ASO<br />

“S. Giovanni Battista, Molinette”, Torino<br />

Introduzione. L’istotipo dei tumori epatici pediatrici influenza<br />

le strategie terapeutiche che comprendono la<br />

chemioterapia, la radioterapia, la resezione epatica e da alcuni<br />

anni il trapianto epatico (OLT). L’obiettivo dello studio è<br />

stata la valutazione retrospettiva del quadro istologico delle<br />

neoplasie maligne infantili della nostra casistica; per i casi di<br />

epatoblastoma è stata applicata la recente proposta di classificazione<br />

morfologica di Zimmermann 1 , che aggiunge all’istotipo<br />

un’indicazione prognostica, suddividendo i tumori in<br />

base ad uno score di malignità.<br />

Metodi. Sono stati rivisti i casi con diagnosi di tumore epatico<br />

in età infantile, giunti negli ultimi dieci anni alla nostra attenzione.<br />

Si tratta di 24 pazienti (13 F e 11 M), di età compresa<br />

tra 2 mesi e 15 anni, con diagnosi clinica di massa epatica,<br />

sottoposti all’esordio a biopsia epatica (n = 13) oppure ad<br />

143<br />

epatectomia parziale/OLT (n = 11), con follow-up medio di<br />

43 mesi (range 1 mese-9 anni). Dei 24 casi, 7 (5 epatoblastomi,<br />

1 epatocarcinoma ed 1 emangioendotelioma), sono stati<br />

sottoposti (dopo chemioterapia ± epatectomia parziale) a<br />

OLT.<br />

Risultati. In 10/24 casi (età media 20,5 mesi) è stata posta diagnosi<br />

di epatoblastoma, di tipo prevalentemente epiteliale in<br />

5 (50%), tipo misto in 3 (30%) e NAS (esiti sclerotici) in 2<br />

(20%). I restanti 14/24 casi comprendevano 4 epatocarcinomi<br />

(età media 13,5 anni), 2 tumori epatici a cellule transizionali<br />

(“Transitional Liver Cell Tumor” TLCT) in pazienti<br />

di 10 e 12 anni, 4 emangioendoteliomi (età media 12,7<br />

mesi) e 4 sarcomi indifferenziati (Embrionali) con età media<br />

di 6,4 anni. Sei/sette pazienti trapiantati sono vivi (follow-up<br />

medio di 64 mesi), un solo caso/7 trapiantati è deceduto dopo<br />

17 mesi per recidiva neoplastica; si trattava di un paziente<br />

con epatoblastoma di tipo prevalentemente epiteliale con focali<br />

campi anaplastici e microinvasione tumorale, inquadrabile<br />

nella categoria ad alto rischio. Nei 17 pazienti non sottoposti<br />

ad OLT la mortalità è stata di 3 casi (un epatocarcinoma<br />

fibrolamellare, un TLCT ed un sarcoma indifferenziato).<br />

Data l’esiguità numerica del campione analizzato non sono<br />

state realizzate analisi statistiche.<br />

Conclusioni. Si sottolinea il ruolo di una adeguata caratterizzazione<br />

istopatologica per l’identificazione di differenti<br />

categorie di rischio nelle neoplasie epatiche infantili, anche<br />

ai fini di una corretta indicazione all’opzione trapiantologica.<br />

Bibliografia<br />

1 Zimmermann A. Eur J Cancer 2005;41:1503-14.<br />

Carcinomi mammari “triple-negative”: studio<br />

dei fattori prognostici e predittivi<br />

F. Cartaginese, A. Cavaliere, M.G. Mameli, G. Bellezza,<br />

R. Del Sordo, R. Colella, M. Colozza * , S. Gori * , L. Crino * ,<br />

A. Sidoni<br />

Istituto di Anatomia e Istologia Patologica, Università di Perugia<br />

e * S.C. di Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera di<br />

Perugia<br />

Introduzione. I carcinomi mammari “triple-negative” (TN)<br />

(negatività per recettori estrogenici, progestinici e per HER-<br />

2) costituiscono una categoria ad istogenesi incerta e alta aggressività,<br />

per i quali non esistono attualmente specifici trattamenti<br />

1 . Recentemente è stata segnalata una possibile efficacia<br />

dei derivati del platino, anche se l’elevata instabilità genetica<br />

di queste neoplasie non consente di prevederne il tasso<br />

di risposta. La proteina ERCC1 (excision repair crosscomplementation<br />

group 1) è coinvolta nella riparazione del<br />

DNA e, nel caso dei carcinomi del polmone non a piccole<br />

cellule, si è rivelata un fattore predittivo di resistenza al cisplatino<br />

2 . Nel presente lavoro abbiamo rivalutato le principali<br />

caratteristiche clinico-patologiche di un gruppo di carcinomi<br />

mammari TN, determinando la loro espressione immunoistochimica<br />

di ERCC1 allo scopo di analizzarne il ruolo prognostico<br />

ed il possibile significato predittivo.<br />

Materiali e metodi. Sono stati ricercati tutti i casi di carcinoma<br />

mammario diagnosticati nel periodo 2000-2004 e<br />

caratterizzati dalla negatività per i recettori estrogenici, progestinici<br />

e per HER-2. Di ciascun caso sono stati riesaminate<br />

le principali caratteristiche clinico-patologiche determinando<br />

immunoistochimicamente l’espressione di ERCC1 (clone<br />

8F1, Neomarkers).


144<br />

Risultati. Nel periodo in esame sono stati diagnosticati 1068<br />

carcinomi invasivi della mammella di cui 99 TN (9,2%). Le<br />

principali caratteristiche bio-patologiche osservate sono in<br />

linea con quanto riportato in letteratura. In particolare vi è<br />

una prevalenza di forme G3 (60,2%) con un’elevata cinetica<br />

cellulare e una relativa maggiore frequenza di istotipi speciali.<br />

Tuttavia in contrasto con alcuni studi non abbiamo documentato<br />

la prevalenza in età giovanile, l’elevato interessamento<br />

linfonodale e l’alta espressione di p53. I dati preliminari<br />

dimostrano che la proteina ERCC1 è espressa in circa il<br />

57% dei casi.<br />

Conclusioni. I risultati ottenuti forniscono un’ulteriore conferma<br />

della notevole eterogeneità della famiglia dei carcinomi<br />

mammari TN per i quali si rendono necessari ulteriori criteri<br />

di stratificazione prognostica e predittiva. La determinazione<br />

della proteina ERCC1, condotta su casistiche più<br />

ampie, potrebbe rappresentare un utile contributo a tale<br />

scopo.<br />

Bibliografia<br />

1 Rakha EA, et al. Cancer 2007;109:25-32.<br />

2 Olaussen KA, et al. N Engl J Med 2006;355:983-91.<br />

Screening patologico per la identificazione<br />

dei tumori colo-rettali con deficit del DNA<br />

mismatch repair<br />

R. Gafà, I. Maestri, M. Matteuzzi, A. Gaban, L. Cavazzini,<br />

G. Lanza<br />

Dipartimento di Medicina Sperimentale e Diagnostica, Sezione<br />

di Anatomia Istologia e Citologia Patologica, Università<br />

di Ferrara<br />

Introduzione. La identificazione dei carcinomi colorettali<br />

con deficit del DNA mismatch repair (MMR) è di notevole<br />

rilevanza clinica. Questi tumori presentano infatti una prognosi<br />

più favorevole ed una differente risposta alla chemioterapia<br />

e sono inoltre in una parte dei casi ereditari (sindrome di<br />

Lynch). Il presente studio è stato condotto al fine di definire<br />

le modalità più appropriate per la effettuazione di uno screening<br />

patologico dei tumori con deficit del MMR sporadici ed<br />

ereditari.<br />

Metodi. Una serie consecutiva di 323 carcinomi colorettali<br />

operati nella provincia di Ferrara nell’anno 2004 sono stati<br />

sottoposti ad analisi immunoistochimica della espressione<br />

delle proteine MLH1, MSH2, MSH6 e PMS2 e ad analisi della<br />

instabilità dei microsatelliti (MSI) con metodica di PCR<br />

fluorescente.<br />

Risultati. Deficit del MMR è stato evidenziato in 49 carcinomi<br />

(MMR-D, 15,2% dei casi), mentre 274 tumori hanno<br />

presentato normale funzione del MMR, cioè regolare espressione<br />

di tutte le proteine ed assenza di MSI di grado elevato<br />

(MMR-P, 84,8%). Tutte le neoplasie MMR-D sono risultate<br />

MSI-H alla analisi genetica e 48/49 hanno evidenziato perdita<br />

di espressione di almeno una delle proteine del MMR. In<br />

particolare, 38 carcinomi hanno presentato perdita di espressione<br />

di MLH1 (sempre associata a perdita di espressione di<br />

PMS2), 3 perdita di espressione di MSH2 e di MSH6, mentre<br />

6 tumori hanno evidenziato perdita selettiva della espressione<br />

di MSH6 ed uno di PMS2. Come atteso, i tumori<br />

MMR-D sono risultati più spesso localizzati nel colon prossimale<br />

(85,7% dei casi, p < 0,001). Tuttavia, mentre i carcinomi<br />

MLH1-negativi hanno evidenziato quasi costantemente<br />

una localizzazione prossimale (94,7%), i carcinomi MMR-D<br />

FREE PAPERS<br />

esprimenti altri pattern immunofenotipici sono risultati quasi<br />

egualmente distribuiti nel colon prossimale e distale. In base<br />

all’età del paziente ed al pattern immunoistochimico, è possibile<br />

ipotizzare che il 70% (n = 34) dei tumori MMR-D individuati<br />

siano sporadici ed il 30% (n = 15) ereditari.<br />

Conclusioni. I risultati ottenuti confermano che l’analisi immunoistochimica<br />

è una metodica altamente specifica e sensibile<br />

per la identificazione dei tumori colorettali con deficit<br />

del MMR ed indicano che lo screening patologico deve comprendere<br />

la valutazione della espressione di MSH6 oltre a<br />

quella delle proteine MLH1 ed MSH2.<br />

Linfonodi e noduli tumorali pericolorettali:<br />

considerazioni critiche sull’utilizzo del TNM5 e<br />

TNM6<br />

P. Greco, A. Gurrera, F. Brancato, P. Amico, G. Magro<br />

Dipartimento “G.F. Ingrassia”, Anatomia Patologica, Policlinico<br />

“G Rodolico”, Catania<br />

Introduzione. Recentemente Quirke e Morris 1 hanno pubblicato<br />

delle Linee Guida per la refertazione del carcinoma<br />

colorettale. Gli Autori ritengono che 15-18 linfonodi siano un<br />

numero adeguato per una corretta stadiazione e raccomandano<br />

di utilizzare il TNM5 piuttosto che il TNM6 nella classificazione<br />

dei depositi tumorali pericolorettali (DTP) privi<br />

di tessuto linfonodale residuo.<br />

Discussione. In uno studio recente abbiamo dimostrato che<br />

15-18 linfonodi sono insufficienti per una accurata stadiazione<br />

nei pazienti pT3 con carcinoma del retto 2 ; infatti,<br />

aumentando la media dei linfonodi da 17,8 a 26,8 dopo ricampionamento<br />

abbiamo trovato metastasi nel 18,7% dei<br />

pazienti che inizialmente erano stati sottostadiati. Va sottolineato<br />

che questi pazienti avevano un singolo linfonodo<br />

metastatico < 5 mm. Pertanto, riteniamo, anche in accordo<br />

con lo studio di Goldstein, che almeno 20 linfonodi siano<br />

necessari per una adeguata stadiazione dei pazienti pT3. Per<br />

quanto riguarda i DTP, a nostro avviso, né il TNM5 né il<br />

TNM6 sono adeguati per la classificazione di queste lesioni.<br />

Infatti, il TNM6 li considera come metastasi linfonodali<br />

se a contorni regolari, come invasione venosa se a<br />

contorni irregolari; questo criterio risulta spesso arbitrario e<br />

non riproducibile 2 . D’altra parte va criticato l’utilizzo del<br />

TNM5 che considera i DTP > 3 mm come metastasi linfonodali<br />

nonostante uno studio di Goldstein abbia dimostrato<br />

con sezioni seriate che queste lesioni sono costituite prevalentemente<br />

da invasione tumorale perineurale, perivascolare<br />

o intravascolare.<br />

Conclusioni. Suggeriamo di distinguere e riportare separatamente<br />

nella diagnosi le vere metastasi linfonodali (residuo<br />

linfonodale riconoscibile), i DTP (specificando il numero, le<br />

dimensioni e il tipo di crescita perineurale, perivascolare o<br />

intravascolare, quando possibile) e la vera invasione venosa<br />

(chiara invasione tumorale della parete o emboli neoplastici<br />

intraluminali). Si ottiene in tal modo una classificazione semplice<br />

e riproducibile che, con alcune limitazioni, ha il vantaggio<br />

di raggruppare i pazienti nei trials clinici in modo più<br />

omogeneo.<br />

Bibliografia<br />

Quirke P, et al. Reporting colorectal cancer. Histopathology<br />

2007;50:103-22.<br />

Greco P, et al. Staging in colorectal cancer: problems for pathologists.<br />

Histopatology 2007(in press).


FREE PAPERS<br />

Espressione immunoistochimica di MGMT nei<br />

carcinomi colorettali con assenza di elevata<br />

instabilità dei microsatelliti (MSI)<br />

V. Bertolini, A.M. Chiaravalli, D. Furlan, C. Placidi, B.<br />

Martinelli * , G. Carcano ** , C. Capella<br />

Dipartimento di Morfologia Umana, Sezione di Anatomia<br />

Patologica, Università dell’Insubria ed Ospedale di Circolo,<br />

Varese, Italia; * Sezione di Oncologia, Ospedale di Circolo,<br />

Varese, Italia; ** Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Università<br />

dell’Insubria, Varese<br />

Introduzione. La ridotta espressione dell’enzima O 6 -metilguanina-DNA-metiltrasferasi<br />

(MGMT), dovuta a metilazione<br />

del promotore del gene, è un fenomeno osservato in<br />

molti tipi di neoplasia. Nel carcinoma colorettale (CCR) tale<br />

evento si verifica frequentemente ed è stato descritto in associazione<br />

al fenotipo metilatore delle isole CpG (CIMP). I<br />

CCR CIMP sporadici possono essere associati a presenza di<br />

MSI o ad assenza (MSS). Nel presente studio è stato valutato<br />

il fenotipo di 100 CCR MSS consecutivi (2000-2002) in<br />

relazione all’espressione immunoistochimica di MGMT.<br />

Metodi. Per ogni caso di carcinoma sono stati valutati<br />

parametri clinici (sesso, età del paziente, stato in vita), anatomo-patologici<br />

(sede e diametro del tumore, aspetto macroscopico,<br />

istotipo e grado tumorale, presenza di muco, tipo di<br />

crescita, presenza di infiltrato linfoide e di fibrosi, presenza<br />

di angio-, linfo-, neuroinvasione, pT, pN) ed espressione di<br />

p53. Per MGMT è stato calcolato un indice: percentuale di<br />

cellule tumorali positive x intensità della reazione (1-3<br />

rispetto al controllo interno).<br />

Risultati. Ridotta espressione di MGMT (MGMTr: indice ≤<br />

25) è stata osservata in 23 casi (23%), 9 dei quali erano completamente<br />

negativi. MGMTr correlava significativamente<br />

con la metilazione del promotore (p < 0,001). Rispetto ai<br />

CCR con indice > 25, quelli con MGMTr erano tutti adenocarcinomi<br />

(74% ordinari, 13% mucinosi, 13% papillari/cribriformi)<br />

discretamente differenziati (100% vs. 77%; p <<br />

0,05), con frequente aspetto macroscopico rilevato<br />

(polipoide o vegetante; p < 0,05). La frequenza maggiore di<br />

CCR MGMTr è stata osservata nel colon ceco/ascendente (9<br />

casi, 39%) e nel retto (7 casi, 30%), rispetto al sigma (6 casi,<br />

26%) e alla flessura splenica (1 caso, 4%). I CCR MGMTr<br />

mostravano una scarsa tendenza alla angio-linfoinvasione (p<br />

= 0,01) ed una correlazione significativa con la presenza di<br />

muco > 10% (p < 0,05). Elevato accumulo di p53 (superiore<br />

al 50% delle cellule tumorali) è stato osservato solo nel 39%<br />

dei casi con MGMTr rispetto al 61% dei casi senza MGMTr.<br />

I pazienti con CCR MGMTr erano più frequentemente femmine<br />

(M/F: 0,76 vs. 1,26). Non sono state osservate altre correlazioni<br />

tra MGMTr e tutti gli altri parametri indagati.<br />

Conclusioni. I CCR MSS con MGMTr hanno caratteristiche<br />

anatomo-cliniche e istologiche diverse da quelle dei CCR<br />

MGMT immunoreattivi. Vi è una significativa correlazione<br />

tra MGMT e metilazione. MGMT può essere un utile indicatore<br />

per la chemioterapia.<br />

145<br />

Valutazione dell’espressione di GATA3 con<br />

tecnica del tissue microarray (TMA) e<br />

significato prognostico nel carcinoma<br />

mammario infiltrante<br />

C. Frasson, P. Querzoli, M. Pedriali, R. Rinaldi, E. Magri,<br />

M. Lunardi, G. Querzoli, I. Nenci<br />

Dipartimento di Medicina Sperimentale e Diagnostica, Sezione<br />

di Anatomia, Istologia e Citologia Patologica, Università<br />

di Ferrara<br />

Introduzione. GATA3 è una glicoproteina identificata per la<br />

prima volte nelle cellule del sistema immunitario, coinvolta<br />

nella differenziazione dell’epitelio duttale luminale, intimamente<br />

correlata con il recettore per gli estrogeni e probabilmente<br />

implicata nella modulazione della terapia con Tamoxifene<br />

1 .<br />

Metodi. Abbiamo confrontato l’espressione nucleare di GA-<br />

TA3 con metodica immunoistochimica (anticorpo monoclonale<br />

HG3-31) con le caratteristiche clinico-patologiche<br />

(istotipo, pT, G, pN secondo TNM2002) e biologiche (ERα,<br />

ERβ, PR, Mib1, HER-2, p53, E-Caderina) di 727 carcinomi<br />

mammari infiltranti consecutivi, diagnosticati negli anni<br />

1989-93 presso la nostra Sezione di Anatomia Patologica,<br />

allestiti su 33 TMAs. Abbiamo, inoltre, valutato il significato<br />

prognostico (intervallo libero da malattia, RFI, e sopravvivenza<br />

globale, OS) di GATA3.<br />

Risultati. GATA3 era iperespresso (cut-off > 10%) nel<br />

37,9% dei casi ed è risultato inversamente correlato con il<br />

Gfin (p < 0,001), pT (p < 0,001) ed HER2 (p = 0,011), direttamente<br />

correlato (p < 0,001), invece, con ERα, ERβ e<br />

PR. In relazione ai possibili fenotipi recettoriali, le neoplasie<br />

scarsamente differenziate sono solitamente associate<br />

ad un fenotipo ERα-/GATA3- (40,8% Gfin3/ERα-/GATA3vs.<br />

14,8% Gfin3/ERα+/GATA3+, p < 0,001); correlazioni<br />

significative sono emerse anche considerando il grado tubulare<br />

(p < 0,001), il grado nucleare (p < 0,001) ed il grado<br />

mitotico (p = 0,047). Alla fine del periodo di osservazione<br />

(follow-up mediano: 101 mesi), il 9,2% delle pazienti presentavano<br />

malattia metastatica in atto ed il 17,8% era deceduta<br />

per cancro. Per quanto riguarda l’impatto prognostico,<br />

l’iperespressione di GATA3 è in grado di identificare una<br />

coorte di pazienti con una prognosi in termini di OS significativamente<br />

più favorevole sia all’interno della casistica<br />

generale (p = 0,0187) sia del sottogruppo delle pazienti<br />

pN0(i-) (p = 0,024). Inoltre, è emersa una peggiore OS (p =<br />

0,03) ed un significativo più breve RFI (p = 0,02) per il<br />

fenotipo ER-/GATA3-.<br />

Conclusioni. I risultati del nostro studio potrebbero offrire lo<br />

spunto per ulteriori approfondimenti volti a validare l’ipotesi<br />

che l’espressione di GATA3 possa essere implicata nella<br />

risposta delle pazienti all’ormono-terapia, oggi non ancora<br />

perfettamente prevedibile sulla base della sola determinazione<br />

dell’assetto recettoriale ERα/PR.<br />

Bibliografia<br />

1 Mehra R, et al. Identification of GATA3 as a breast cancer prognostic<br />

marker by global gene expression meta-analysis. Cancer Res<br />

2005;65:11259-64.


146<br />

Toker cells of the breast. Morphological and<br />

immunohistochemical findings in 40 cases<br />

L. Di Tommaso, G. Franchi, A. Destro, F. Broglia, D. Rahal,<br />

M. Roncalli<br />

Department of Pathology, School of Medicine, University of<br />

Milan, Humanitas Clinical Institute, Rozzano, Milan, Italy<br />

Toker cells (TC) are epithelial cells with clear cytoplasm usually<br />

free of cytologic atypia localised within the nipple epidermis.<br />

Rarely they can be numerous and atypical requiring<br />

a careful distinction from malignant cells of Paget’s disease<br />

(PD). Purpose of this paper is to better define the incidence<br />

of these atypical TC and to investigate phenotypic markers<br />

helpful in the differential diagnosis with PD.<br />

Forty cases of TC were retrospectively identified within the<br />

nipples of 390 patients (10.2%) who underwent complete<br />

breast mastectomy. Most TC [24 cases (60%)] were cytologically<br />

benign, disappearing after a few consecutive sections<br />

(“normal TC”). In 11 cases (27.5%) TC were more numerous<br />

and persistent on serial sections, still retaining bland cytological<br />

features (“hyperplastic TC”). In 5 cases (12.5%) hyperplastic<br />

TC also resulted cytologically atypical (“hyperplastic,<br />

atypical TC”). TC were ER+ (25/25); PgR+ (19/22);<br />

HER2/NEU+ (5/20, mostly detectable in hyperplastic, atypical<br />

cells); CD138- (18/19); CK7/EMA+ (14/14); p63-<br />

(14/14); p53- (14/14). By contrast, cells of PD, studied for<br />

comparison, were ER-(6/10); PgR- (7/10); HER2/NEU+<br />

(9/10); CD138+ (7/10); EMA/CK7+ (10/10); p63- (10/10);<br />

p53+ (6/10).<br />

TC are abortive mammary cells, able to proliferate and, in<br />

10% of the cases, atypical. The combined use of CD138/p53<br />

is the most useful tool in the differential diagnosis of atypical<br />

clear cells of the nipple, being negative in TC and positive<br />

in PD.<br />

Una firma a 5 geni identifica i casi di<br />

carcinoma polmonare non-microcitoma ad<br />

elevato rischio di progressione<br />

A. Pasanen, S. Scarpino, E. Duranti, C. Pompili, R. Erino,<br />

G. Natoli, P. Marchetti, L. Ruco<br />

U.O.C. di Anatomia Patologica, di Chirurgia Toracica e di<br />

Oncologia Medica, Ospedale “Sant’Andrea”, Università di<br />

Roma “La Sapienza”<br />

Introduzione. Il 70% circa dei carcinomi polmonari non a<br />

piccole cellule (NSCLC) diagnosticati al primo stadio guariscono<br />

completamente dopo l’intervento chirurgico di lobectomia;<br />

il 30% dei casi va incontro a progressione di malattia<br />

causando la morte del paziente. Attualmente non disponiamo<br />

di marcatori prognostici predittivi che consentano di distinguere<br />

i due gruppi. In un recente studio effettuato da Chen<br />

et al. 1 sono stati individuati 5 geni (“five-gene signature”)<br />

espressi nell’ambito del tessuto tumorale che sono strettamente<br />

correlati con la sopravvivenza dei pazienti e con il rischio<br />

di recidiva di malattia. Nel presente lavoro abbiamo utilizzato<br />

l’analisi della “five-gene signature” proposta da Chen<br />

per valutare la sua efficacia come fattore prognostico predittivo<br />

in un gruppo di 27 casi di NSCLC stadio I con followup<br />

medio di 33 mesi.<br />

Metodi. Nell’ambito di una collezione di 160 frammenti di<br />

NSCLC, congelati in azoto liquido e conservati a -80 °C fino<br />

FREE PAPERS<br />

all’utilizzazione, 27 campioni erano riferibili a pazienti al I<br />

stadio (IA n = 16; IB n = 11) con follow-up disponibile; il<br />

materiale congelato è stato sezionato e colorato con E&E per<br />

valutare la qualità del tessuto, l’estensione della presenza<br />

della neoplasia, la presenza di necrosi, l’entità della reazione<br />

desmoplastica e dell’infiltrato infiammatorio. L’RNA totale è<br />

stato isolato utilizzando il kit di estrazione Trizol reagent (Invitrogen).<br />

I livelli di espressione dei geni STAT1, ERBB3,<br />

LCK, MMD e DUSP6 sono stati valutati mediante una analisi<br />

Real Time Pcr con specifici TAQMAN probes e primers.<br />

L’espressione dei singoli geni è stata quantificata in relazione<br />

all’espressione del gene di controllo TBP (TATA-box-binding<br />

protein). I livelli di espressione dei cinque geni analizzati<br />

sono stati utilizzati per costruire un albero decisionale a tre<br />

rami (decision tree model). Il software Avadis (Strand Genomic)<br />

è stato utilizzato per classificare i pazienti in due<br />

gruppi, a basso (L) ed alto rischio (H) di progressione di<br />

malattia sulla base dell’albero decisionale.<br />

Risultati. L’analisi dei livelli di espressione dei 5 geni studiati<br />

ci ha permesso di classificare 16 dei 27 pazienti come a<br />

basso rischio, e 11 pazienti come ad alto rischio. L’analisi del<br />

follow-up ha dimostrato che nel periodo di osservazione si<br />

sono verificati 4 decessi nel gruppo ad alto rischio e nessuno<br />

nel gruppo a basso rischio (p = 0,005). L’analisi comparativa<br />

di alcuni parametri, quali età, sesso, tipo istologico del tumore,<br />

ed intensità di infiltrato infiammatorio e reazione stromale<br />

non ha dimostrato differenze significative tra i due<br />

gruppi. Attualmente stiamo estendendo lo studio a 50 campioni<br />

di NSCLC stadio II.<br />

Conclusioni. I nostri risultati indicano che la “five-gene signature”<br />

proposta dal gruppo di Chen può costituire uno strumento<br />

efficace per identificare un gruppo di pazienti con<br />

NSCLC ad elevato rischio di progressione di malattia.<br />

Bibliografia<br />

1 Chen et al. NEJM 007;356:11-20.<br />

Espressione delle chinasi fosfo-Aurora A e<br />

Aurora B nei tumori uroteliali della vescica<br />

F. Sanguedolce, G. Pannone, S. Tortorella, M.C. Pedicillo,<br />

P. Bufo<br />

Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Sezione di Anatomia<br />

Patologica, Università di Foggia, Italia<br />

Introduzione. Aurora A e B sono enzimi serina/treonina chinasici<br />

della famiglia Aurora; entrambi svolgono ruoli essenziali<br />

nella evoluzione dell’evento mitotico, attraverso la formazione<br />

del fuso, la segregazione dei cromosomi (Aurora A),<br />

la separazione dei centrosomi e la citochinesi (Aurora B).<br />

La loro iperespressione ha come effetto l’instabilità cromosomica,<br />

ed è stata messa in relazione con l’insorgenza e la<br />

progressione neoplastica.<br />

Metodi. Sono stati esaminati 60 casi di tumori uroteliali papillari<br />

e non papillari della vescica, diagnosticati in base alla<br />

classificazione ISUP/WHO 1998. La nostra casistica includeva<br />

lesioni di grado variabile da G0 (papilloma) a G3<br />

(carcinoma ad alto grado di malignità), e con livello di infiltrazione<br />

da pTa (non infiltrante) a pT2 (infiltrante la tonaca<br />

muscolare). Sono state condotte indagini immunoistochimiche<br />

utilizzando gli anticorpi anti-fosfo Aurora A<br />

(T288, rabbit polyclonal, Bethyl Labs.) e anti Aurora B<br />

(NB100-294, rabbit polyclonal, Novus Biologicals) con


FREE PAPERS<br />

metodica LSAB-HRP (linked streptavidin-biotin horseradish<br />

peroxidase).<br />

Risultati. In tutti i casi di carcinoma (G2 e G3) è stato osservato<br />

un incremento statisticamente significativo di positività<br />

solo citoplasmatica (fosfo Aurora A) e sia citoplasmatica<br />

che nucleare (Aurora B) (p < 0,05) nei confronti dell’urotelio<br />

normale degli stessi campioni utilizzato come controllo<br />

interno.<br />

Inoltre, nei casi G0 e G1 (papillomi e neoplasie) non è stato<br />

osservato incremento di espressione proteica di Aurora B.<br />

Conclusione. I nostri dati sui tumori uroteliali vescicali sono<br />

in accordo con gli studi più recenti su neoplasie in altra sede<br />

(tiroide, testicolo, prostata) circa la relazione tra iperespressione<br />

delle chinasi Aurora A e B e progressione tumorale.<br />

Ulteriori studi su ampie casistiche sono auspicabili ai fini<br />

dello sviluppo di farmaci inibitori chinasici che abbiano<br />

come bersaglio Aurora A e B, da utilizzare come nuova frontiera<br />

nella terapia antineoplastica.<br />

Caratterizzazione citogenetica su sezioni<br />

istologiche di linfomi diffusi a grandi cellule<br />

B: studio multicentrico<br />

V. Martin1 2 , B. Del Curto3 , L. Pecciarini4 , S. Uccella1 , G.<br />

Pruneri3 , M. Ponzoni4 , L. Mazzucchelli2 , G. Martinelli3 ,<br />

G. Pinotti1 , A.J.M. Ferreri4 , E. Zucca5 , C. Doglioni4 , F.<br />

Cavalli5 , C. Capella1 , F. Bertoni5 , M.G. Tibiletti1 1 2 Ospedale di Circolo, Varese; Istituto Cantonale di Patologia,<br />

Locarno, Svizzera; 3 Istituto Europeo di Oncologia, Milano;<br />

4 Istituto Scientifico, Ospedale “San Raffaele”, Milano;<br />

5 Istituto Oncologico della Svizzera Italiana, Bellinzona,<br />

Svizzera<br />

Introduzione. I linfomi diffusi a grandi cellule B (DLBCL)<br />

sono neoplasie caratterizzate da elevata eterogeneità clinica,<br />

biologica e morfologica. Le anomalie cromosomiche più frequentemente<br />

riscontrate sono traslocazioni a carico dei geni<br />

BCL2 e BCL6. La caratterizzazione citogenetica dei DLBCL<br />

potrebbe essere d’ausilio per una più accurata classificazione<br />

e per l’identificazione di sottogruppi con prognosi diversa.<br />

Scopo di questo studio multicentrico è di identificare nei DL-<br />

BCL la presenza di traslocazioni dei geni BCL2, BCL6,<br />

MYC, MALT1 e BCL10 utilizzando un nuovo set di sonde<br />

per FISH e di valutare il significato prognostico delle anomalie<br />

riscontrate.<br />

Metodi. Abbiamo analizzato con metodo FISH campioni di<br />

74 pazienti affetti da DLBCL nodali, identificati dal 1998 al<br />

2000, con dati clinici e di follow-up completi. La FISH è stata<br />

eseguita su sezioni istologiche con sonde DAKO (Denmark)<br />

a strategia split-signal specifiche per i geni BCL2,<br />

BCL6, MYC, MALT1 e BCL10. I campioni sono stati analizzati<br />

anche con tecniche di immunoistochimica secondo i<br />

criteri di Hans et al. (Blood, 2004), per definire il fenotipo attivato<br />

o dei centri germinativi.<br />

Risultati. Dei 74 casi studiati, 48 presentavano almeno una<br />

traslocazione; in particolare, BCL2 era traslocato in 16 casi<br />

(22%), BCL6 in 34 casi (46%), MYC in 12 casi (16%),<br />

BCL10 in 14 casi (19%). Nessun caso aveva traslocazione di<br />

MALT1. In 21 DLBCL sono state identificate traslocazioni<br />

multiple (le più frequenti: BCL6 più BCL10 in 5 casi, BCL6<br />

più BCL2 in 4 casi). Indipendentemente dal gene coinvolto,<br />

la metà dei casi traslocati presentava un riarrangiamento classico<br />

(1 allele normale e 2 derivativi), mentre l’altra metà<br />

147<br />

mostrava un riarrangiamento complesso con perdita e/o polisomia<br />

dei derivativi. La valutazione dell’assetto genico ha<br />

evidenziato polisomie a carico di tutti i loci indagati in 59<br />

casi. Dal punto di vista immunoistochimico, 34 casi presentavano<br />

fenotipo tipo centro germinativo e 39 tipo attivato (1<br />

caso non era valutabile). La correlazione tra i risultati FISH<br />

e le caratteristiche clinico-patologiche dei pazienti sono in<br />

corso.<br />

Conclusioni. I dati presentati indicano che la FISH su<br />

sezioni istologiche è un efficace strumento per identificare<br />

specifiche traslocazioni nei DLBCL. L’analisi FISH ha evidenziato<br />

classi genetiche differenti per tipo di traslocazione e<br />

questa classificazione potrebbe essere il presupposto per l’identificazione<br />

di sottogruppi diversi per prognosi e risposta<br />

alle terapie.<br />

CXCR4 nel carcinoma renale: oggi un nuovo<br />

fattore prognostico, domani un nuovo<br />

bersaglio per la terapia?<br />

A. La Mura, A.M. Grimaldi * , P. Fedelini ** , G. Capasso, D.<br />

Masala ** , S. Scala *** , G. Carten * , O. Nappi<br />

Division of Pathology, 2 Division of Oncology, 3 Division of<br />

Urology, AORN “A. Cardarelli”, Naples, Italy; 4 INT “Fondazione<br />

Pascale” Clinical Immunology, Naples, Italy<br />

Introduzione. Il carcinoma a cellule renali (RCC) rappresenta<br />

circa il 3% di tutte le neoplasie maligne ed almeno 1/3<br />

dei casi si presentano già metastatici alla prima osservazione.<br />

Recenti studi suggeriscono che le chemochine ed i loro recettori<br />

giocano un ruolo nei processi di metastatizzazione;<br />

anche nel RCC è stata descritta l’espressione di recettori per<br />

le chemochine, quale CXCR4 1 . Caratteristica molecolare del<br />

RCC è la mutazione con perdita della funzione del gene oncosoppressore<br />

VHL a cui segue, tramite l’accumulo di HIF-<br />

1_, l’iperproduzione di molecole associate alla crescita e sopravvivenza<br />

cellulare ed all’angiogenesi, fra cui CXCR4.<br />

Metodi. Abbiamo valutato l’espressione immunoistochimica<br />

di CXCR4, classificandola in 4 gradi, in 253 carcinomi renali<br />

operati presso l’A.O.R.N. “A. Cardarelli” tra il 1999 ed il<br />

2006: 205 carcinomi a cellule chiare, 23 carcinomi papillari,<br />

10 carcinomi cromofobi, 3 carcinomi sarcomatoidi e 12 carcinomi<br />

renali con aspetti istologici misti.<br />

Risultati. In un primo campione di circa la metà della popolazione<br />

totale la correlazione dell’espressione di CXCR4 con<br />

i fattori prognostici istopatologici ha mostrato un’espressione<br />

alta (> 50%) e intermedia (10-50%) nel 90% dei pazienti con<br />

grado nucleare 4, mentre il 60% dei pazienti con grado nucleare<br />

1 ha una bassa espressione (< 10%); il 75% circa dei<br />

pazienti con stadio T1 mostra bassa o assente espressione e<br />

l’80% dei pazienti metastatici al momento della prima diagnosi<br />

ha un’alta espressione.<br />

Conclusioni. Riteniamo che l’espressione di CXCR4 correli<br />

con i fattori prognostici istopatologici e che possa essere considerato<br />

come un fattore prognostico molecolare, come un ulteriore<br />

utile marker per identificare i pazienti ad alto rischio.<br />

Inoltre, considerando che, sia nella malattia metastatica che<br />

in quella localmente avanzata, le terapie convenzionali sono<br />

inefficaci e che circa il 30% dei pazienti con malattia localizzata<br />

e localmente avanzata svilupperanno metastasi con<br />

una percentuale di sopravvivenza a 5 anni rispettivamente di<br />

65-80% e 40-60% fino a 0-20% in presenza di metastasi, è<br />

auspicabile lo sviluppo di nuove terapie e CXCR4 potrebbe


148<br />

rappresentare un nuovo target per una terapia molecolare<br />

“mirata”.<br />

Bibliografia<br />

1 Zagzag D, et al. Cancer Res 2005;65:6178-88.<br />

Mutational analysis of the PIK3CA gene in<br />

breast carcinomas: different prognostic role<br />

of mutations in the helical and kinase<br />

domains<br />

F. Buttitta, L. Felicioni, S. Cotrupi * , M. Del Granmastro,<br />

F. Barassi, A. Ferro ** , P. Dalla Palma * , E. Galligioni ** , A.<br />

Marchetti, M. Barbareschi *<br />

Clinical Research Center, Center of Excellence on Aging,<br />

University-Foundation, Chieti, Italy; * Unit of Surgical<br />

Pathology, Laboratory of Molecular Pathology, “S. Chiara”<br />

Hospital, Trento, Italy; ** Unit of Medical Oncology, “S.<br />

Chiara” Hospital, Trento, Italy<br />

Introduction. Mutations in the PIK3CA gene, coding for the<br />

PI3K catalytic subunit, are among the most frequent mutational<br />

events in breast cancer. The PI3K-AKT pathway plays<br />

a fundamental role in signal transduction following tyrosine<br />

kinase growth factor receptor (TKGFR) activation. We and<br />

others have previously reported that the PIK3CA gene is frequently<br />

mutated at “hot spots” in exons 9 and 20, corresponding<br />

to the helical and kinase domain respectively. In<br />

this study, we decided to investigate the association of<br />

PIK3CA mutations with pathological and biological features<br />

and clinical outcome in a large series of consecutive primary<br />

infiltrating breast carcinomas.<br />

Methods. Frozen samples of primary infiltrating breast carcinomas<br />

from 163 consecutive patients with complete pathological<br />

and clinical data were analyzed for mutations in exon<br />

9 and 20 of the PIK3CA gene using SSCP and direct sequence<br />

of PCR products.<br />

Results. We identified 45 missense mutations, 24 (53%) in<br />

exon 9 and 21 (47%) in exon 20. Twelve (50%) of the 24 mutations<br />

in exon 9 were of the E542K type and 11 (46%) were<br />

of the E545K type. Twenty (95%) of the 21 mutations in exon<br />

20 were H1047R substitutions. Mutations in exon 9 were<br />

more frequent in lobular carcinomas (42% of cases) than in<br />

ductal carcinoma (11% of cases) (p = 0.002). At univariate<br />

survival analysis PIK3CA exon 20 mutations were associated<br />

with prolonged overall (OS) and disease free survival (DFS)<br />

while mutations in exon 9 were associated with significantly<br />

worse prognosis. At multivariate analysis exon 9 PIK3CA<br />

mutations were the strongest independent factor to predict<br />

poor prognosis for DFS (P = 0.0003) and OS (P = 0.001).<br />

Conclusions. Exon 9 PIK3CA mutations are typical of infiltrating<br />

lobular carcinomas. PIK3CA mutations in different<br />

exons are of different prognostic value: exon 9 mutations are<br />

independently associated with early recurrence and death,<br />

while exon 20 PIK3CA mutations are associated with optimal<br />

prognosis.<br />

FREE PAPERS<br />

Alterazioni dell’espressione di geni del ciclo<br />

cellulare nel mesotelioma maligno pleurico<br />

S. Romagnoli, V. Vaira, M. Falleni, E. Fasoli, C. Pellegrini,<br />

L. Santambrogio * , S. Bosari, G. Coggi<br />

Università di Milano, Dipartimento di Medicina, Chirurgia,<br />

Odontoiatria, e A.O. “San Paolo”, Fondazione IRCCS,<br />

Ospedale Maggiore Policlinico “Mangiagalli e Regina Elena”,<br />

Milano; * Università di Milano e Dipartimento di Chirurgia<br />

Toracica, Fondazione IRCCS, Ospedale Maggiore<br />

Policlinico “Mangiagalli e Regina Elena”, Milano<br />

Introduzione. Il mesotelioma è una neoplasia a pessima<br />

prognosi e con crescente incidenza nel mondo. Alterazioni<br />

dei geni coinvolti nel controllo del ciclo cellulare sono stati<br />

evidenziati in precedenti studi: perdita di espressione di<br />

p14 INK4a , alterata espressione di p27 e p21, delezioni di p16,<br />

iperespressione di Aurora kinasi A e B.<br />

Il presente studio ha l’obiettivo di analizzare l’espressione di<br />

60 geni coinvolti nel controllo del ciclo cellulare in 45 pazienti<br />

con mesotelioma, mediante tecnica “Microfluidic card”.<br />

Materiali e metodi. Sono stati raccolti e appropriatamente<br />

congelati campioni di 45 pazienti portatori rispettivamente di<br />

30 mesoteliomi epitelioidi, 5 mesoteliomi sarcomatoidi e 10<br />

mesoteliomi bifasici.<br />

Sono state inoltre analizzate due linee cellulari di mesotelioma,<br />

MSTO-211H e NCI-H2452, una linea cellulare di<br />

mesotelio immortalizzato (Met5a) e come controparte non<br />

neoplastica cinque pleure normali. L’RNA estratto dai campioni<br />

è stato retrotrascritto e caricato su Microfluidic card<br />

contenente primers e sonde per 60 geni del ciclo cellulare opportunamente<br />

selezionati (“assay-on-demand”), 4 geni<br />

housekeeping. Le card sono state analizzate mediante ABI<br />

Prism 7900HT Sequence Detection System. I geni sono stati<br />

considerati differenzialmente espressi se presentavano entrambe<br />

le seguenti condizioni: a) un rapporto di espressione<br />

in tessuti tumorali e normali > 2 (Fold change-FC > 2) o minore<br />

di 0,5 (FC 0,5); b) un p value al T test < 0,01.<br />

Risultati. Quarantacinque geni mostrano una maggiore<br />

espressione nei tumori rispetto alle pleure normali, mentre<br />

quattordici geni risultano ipo-espressi nel tumore rispetto al<br />

normale. Diciannove geni hanno evidenziato un FC K/N > 2<br />

o < 0,5 ma solo nove geni mostrano un T test < 0,01: Check1,<br />

CCNH, Ciclina B1, P18 (CDKN2), ciclina D2, Ube1L,<br />

CDC2, FOXM1, CDC6. Inoltre, l’espressione di Ube1l ha<br />

evidenziato una correlazione con l’istotipo, denotando una<br />

upregolazione nei mesoteliomi epitelioidi.<br />

Conclusioni. Alcuni geni per lo più concentrati nella progressione<br />

tra la fase S e la fase M del ciclo cellulare risultano<br />

differenzialmente espressi nel mesotelioma. Tali geni potrebbero<br />

avere un ruolo nella progressione e prognosi della neoplasia.<br />

Inoltre ulteriori studi dovranno accertare il significato<br />

biologico del loro silenziamento come possibile atto terapeutico.


FREE PAPERS<br />

Citologia in strato sottile su agoaspirati<br />

ecoendoscopici di lesioni pancreatico-biliari<br />

G. Fadda, E.D. Rossi, A. Larghi * , P.G. Lecca * , R. Ricci, F.M.<br />

Vecchio<br />

Istituto di Anatomia e Istologia Patologica; 1 Divisione di<br />

Endoscopia Chirurgica, Università Cattolica del Sacro Cuore,<br />

Roma<br />

Introduzione. L’introduzione, nell’ultimo decennio, della<br />

citologia agoaspirativa (FNAB) in corso di eco-endoscopia<br />

(EUS) ha migliorato la diagnostica delle lesioni solide pancreatico-biliari.<br />

Tuttavia la citologia delle lesioni pancreatiche<br />

presenta alcune difficoltà interpretative.<br />

La citologia su strato sottile (TLC), diventata ormai di largo<br />

utilizzo nella diagnostica agoaspirativa di numerosi organi, è<br />

stata solo di recente applicata anche alla EUS. Obiettivo del<br />

presente studio è la valutazione dell’efficacia della TLC in<br />

corso di EUS in lesioni solide pancreatiche.<br />

Metodi. 71 pazienti con lesioni solide del pancreas, della via<br />

biliare o dell’ilo epatico hanno eseguito una FNAB in corso<br />

di EUS, eseguito con aghi da 22-25G nel biennio 2006-2007.<br />

Il materiale aspirato è stato esclusivamente processato secondo<br />

la metodica Thin Prep 2000 (Cytyc Corp, Marlborough,<br />

USA).<br />

Per una diagnosi definitiva, i casi citologici risultati positivi<br />

alla citologia sono stati considerati conclusivi, per i casi dubbi<br />

o negativi per neoplasia, sono stati utilizzati, ove possibile,<br />

l’istologia o il follow-up clinico.<br />

Risultati. Sono stati ottenuti 55 casi (77,5%)di neoplasie maligne,<br />

1 caso (1,4%) cito-istologico negativo e 15 inadeguati<br />

(21%). In 9 casi (12,6%) la diagnosi di malignità è stata supportata<br />

anche dall’immunocitochimica (ICC) eseguita sul<br />

materiale conservato dopo la TLC e di questi 4 erano tumori<br />

neuroendocrini e 2 linfomi non-Hodgkin. Solo 4 pazienti<br />

(5,6%) sono risultati falsi negativi con un’accuratezza diagnostica<br />

complessiva del 94,4%.<br />

Conclusioni. La citologia in strato sottile rappresenta una<br />

valida ed innovative metodica perfettamente applicabile alla<br />

EUS per la diagnostica delle lesioni pancreatico-biliari. Ulteriori<br />

studi di confronto con la citologia tradizionale sono tuttavia<br />

opportuni per stabilire definitivamente l’efficacia di<br />

questa metodica.<br />

Bibliografia<br />

De Luna R, et al. Diagn Cytopathol 2004;30:71-6.<br />

Bardales RH, et al. Diagn Cytopathol 2006;34:140-75.<br />

Malignant solitary fibrous tumor: a great<br />

pretender. Report of 7 cases of<br />

dedifferentiated malignant solitary fibrous<br />

tumour with a deceptive morphology<br />

P. Collini, M. Barisella, S. Stacchiotti * , M. Fiore ** , A.<br />

Gronchi ** , P. Casali * , S. Pilotti<br />

Anatomic Pathology C Unit, * Medical Oncology Unit, ** Musculo-skeletal<br />

Surgery Unit, IRCCS Fondazione Istituto Nazionale<br />

Tumori, Milan, Italy<br />

Introduction. The diagnosis of solitary fibrous tumor (SFT)<br />

is relatively easy if there is the typical morphologic pattern,<br />

such as bland cells with a variably represented collagenous<br />

stroma in a hemangiopericytomatous pattern. Though, this<br />

149<br />

tumor can show histologic heterogeneity, ranging from nearly<br />

totally collagenized tumors to neoplasms composed of<br />

high-grade sarcoma. In particular, a high-grade component<br />

lacking any characteristic reminding a SFT can be present<br />

(so-called “dedifferentiated malignant SFT”). We report here<br />

7 such cases.<br />

Material and methods. From 2002 up to 2007 7 cases of<br />

dedifferentiated malignant SFT diagnosed and treated at our<br />

institution were retrieved. All these cases were reviewed applying<br />

updated criteria.<br />

Results. There were 5 males and 3 females. Age at diagnosis<br />

ranged from 44 to 73 years (median 55). Four primary tumors<br />

were in the retroperitoneum, 2 at pleuro-pulmonary site, and<br />

1 in the inguinal canal. In 5 cases a dedifferentiated component<br />

was diagnosed at the primary site and in 2 cases in the<br />

liver metastases occurred 14 and 1 year from the presentation,<br />

respectively. The dedifferentiated component featured<br />

in one case a true embryonal rhabdomyosarcoma, in 3 cases<br />

a small round cell tumour-like component [Ewing sarcomalike<br />

(1 case) and poorly differentiated synovial sarcoma-like<br />

(2 cases)], and in 3 cases a high-grade pleomorphic and/or<br />

spindle cell sarcoma. The dedifferentiated components retained<br />

the immunophenotype typical of SFT, i.e., bcl2, CD34<br />

and CD99 reactivity, but in the case featuring an embryonal<br />

rhabdomyosarcoma. In this case, the rhabdomyosarcomatous<br />

component expressed desmin and myogenin in absence of<br />

bcl2 and CD34 reactivity. A diagnosis of dedifferentiated malignant<br />

SFT was possible in the presence of residual more<br />

typical areas and on the knowledge of the existence of a previous<br />

SFT.<br />

Conclusions. Among malignant SFTs, a group of dedifferentiated<br />

tumors exist, in which the typical morphologic features<br />

of SFT are lacking. In our cases, the differentiated areas featured<br />

high-grade pleomorphic and/or spindle cell sarcomas,<br />

small round cell-like sarcomas, or embryonal rhabdomyosarcoma.<br />

The dedifferentiated component was variably present<br />

at onset, in relapses and/or in metastases. A right diagnosis is<br />

possible if there are residual areas of typical SFT or there is<br />

knowledge of a previous SFT.<br />

Metodiche molecolari applicate a campioni<br />

citologici d’archivio: perché possono fallire?<br />

M. Barberis, M. D’Amico, M. Cannone<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica e Medicina di Laboratorio,<br />

Gruppo Multimedica/IRCCS, Milano<br />

Introduzione. Da preparati citologici fissati e colorati è possibile<br />

estrarre DNA, più raramente RNA, e ricercare con tecnica<br />

PCR targets molecolari specifici. Il risultato atteso, positivo<br />

o negativo, è valutato attraverso il rispetto di protocolli<br />

consolidati e l’introduzione di controlli positivi e negativi per<br />

ciascun target. Tuttavia in citologia sono poco noti gli effetti<br />

dei comuni reagenti d’uso sulla successiva applicazione di<br />

tecniche molecolari.<br />

Metodi. Abbiamo valutato 50 campioni citologici d’archivio<br />

colorati con Papanicolaou (reagenti prodotti dalla nota ditta<br />

A) con altri 50 preparati analoghi da archivio (reagenti<br />

prodotti dalla nota ditta B). Rimossi i coprioggetto, la cellularità<br />

è stata recuperata con bisturi sterile e sospesa in alcool<br />

assoluto. Il DNA è stato estratto con QiaAmp DNA Mini kit<br />

(Qiagen, Hilden, D) secondo le istruzioni del produttore. Per<br />

entrambe le serie il risultato dell’estrazione è stato valutato


150<br />

allo spettrofotometro ottenendo i valori di ratio e resa<br />

(µg/ml). Quindi si è eseguita amplificazione per due housekeeping<br />

gene: Bcl-6 (100 paia di basi) e HLA-DQ_ (242 paia<br />

di basi).<br />

Risultati. Nella seria A la ratio variava da 1,27 a 1,82 (media<br />

1,53), mentre nella serie B la ratio era compresa tra 1,80 a<br />

2,00 (media 1,89). Per la serie A la resa variava da 58 a 343<br />

µg/ml e da 12 a 30 µg/ml per la serie B. Tuttavia mentre<br />

l’amplificazione per Bcl-6 e HLA-DQ_ era positiva in 46 dei<br />

50 casi della serie B (92%), essa era costantemente negativa<br />

per la serie A (0%). La valutazione comparativa delle schede<br />

tecniche dei coloranti per Papanicolaou delle ditte A e B ha<br />

rilevato che nei coloranti della ditta A (Ematossilina e EA50)<br />

era presente acido acetico in percentuale inferiore al 5%,<br />

mentre negli stessi coloranti della ditta B l’acido acetico non<br />

era presente.<br />

Conclusioni. La drammatica differenza osservata nei risultati<br />

della PCR è verosimilmente dovuta al noto effetto di<br />

degradazione che l’ambiente acido esercita sul DNA 1 . Questa<br />

osservazione rende auspicabile l’attento studio delle<br />

schede tecniche di prodotto e l’adozione di metodiche<br />

molecolari di controllo sui reagenti in uso. Se entrambi i<br />

prodotti valutati sono perfettamente idonei alla pura morfologia,<br />

nel prodotto A esistono componenti capaci di<br />

degradare il DNA a frammenti inferiori a 100 bp e di non renderlo<br />

più idoneo ai fini diagnostici.<br />

Bibliografia<br />

1 Bonis S, et al. J Clin Pathol 2005;58:313-6.<br />

Utilizzo di metodica immunoistochimica e<br />

metodica FISH per la valutazione di EGFR nei<br />

carcinomi colorettali<br />

A. Bernardi, E. Berno ** , A. Crova * , G. Canavese, P. Lovadina,<br />

E. Margaria, N. Martinetti, E. Berardengo<br />

S.C. Anatomia Patologica, ASO “San Giovanni Battista” di<br />

Torino, Presidio Ospedaliero “San Giovanni” Antica Sede<br />

(TO); * S.C. Oncologia Medica 2, ASO “San Giovanni Battista”<br />

di Torino, Presidio Ospedaliero “San Giovanni” Antica<br />

Sede (TO); ** Oncologia Medica, Ospedale “Gradenigo”,<br />

Torino<br />

Introduzione. Il recettore del fattore di crescita epidermale<br />

(EGFR), codificato dal gene omonimo sul cromosoma 7p12,<br />

appartiene alla famiglia dei recettori tirosinachinasici. La<br />

deregolazione del suo sistema di segnale determina: crescita<br />

cellulare incontrollata, diminuzione dell’apoptosi, stimolo<br />

dell’angiogenesi e proliferazione cellulare. EGFR è over<br />

espresso in vari tumori solidi tra cui quelli colorettali e rappresenta<br />

un target di terapia mirata. Secondo dati di letteratura<br />

la probabilità di efficacia del trattamento non è prevista applicando<br />

un singolo metodo di dosaggio di EGFR, ma dalla<br />

combinazione di più metodi. In un lavoro preliminare si eseguiva<br />

la reazione di Ibridazione in Situ in Fluorescenza<br />

(FISH) su 30 prelievi istologici di pazienti già chemiotrattati,<br />

da una casistica comprendente 114 tumori primitivi del<br />

grosso intestino e 30 metastasi epatiche da carcinomi (ca)<br />

colorettali, in totale 144 casi, precedentemente studiati con<br />

metodica immunoistochimica (IHC).<br />

Metodi. Su sezioni di 4 µm di 144 prelievi istologici fissati<br />

in formalina ed inclusi in paraffina si eseguiva IHC con il kit<br />

K1492 (Dako) FDA approvato per la visualizzazione della<br />

FREE PAPERS<br />

proteina EGFR e trattamento con terapia mirata Erbitux. Si<br />

consideravano IHC positivi i campioni con positività di<br />

membrana completa e/o incompleta in un numero di cellule<br />

> 0% (aggiornamento FDA 09/06). Su 30 dei prelievi istologici<br />

IHC positivi si eseguiva FISH con EGFR-CEN7 Fish<br />

kit (Dako). Si consideravano FISH positivi i campioni con<br />

Ratio ≥ 2, o con polisomia > 4 copie di gene in ≥ 40% nuclei<br />

analizzati. Quattro pazienti dei trenta erano trattati secondo il<br />

protocollo Erbitux.<br />

Risultati. Si trovava il 64% di positività IHC e il 36% di positività<br />

FISH senza alcuna correlazione significativa di p ≤<br />

0,01 tra le due metodiche. Dei pazienti trattati con Erbitux:<br />

due IHC positivi/FISH negativi non rispondevano alla terapia<br />

con progressione della malattia e decesso, due, IHC/FISH<br />

positivi (uno con amplificazione del gene EGFR, l’altro con<br />

netta polisomia) rispondevano bene al trattamento.<br />

Conclusioni. In un lavoro preliminare su campioni da ca colorettale<br />

non risulta correlazione tra espressione proteica e<br />

stato del gene EGFR. Il numero di copie del gene potrebbe<br />

interferire con la risposta all’Erbitux. Come da letteratura si<br />

conferma che il dosaggio di EGFR è da affidare ad una combinazione<br />

di più metodi d’indagine per l’eterogeneità di stato<br />

ed espressione del gene nelle cellule tumorali.<br />

Espressione di PTEN e risposta a cetuximab in<br />

pazienti affetti da carcinoma colorettale<br />

metastatico<br />

M. Frattini, V. Martin, E. Romagnani * , M. Ghisletta, A.<br />

Camponovo, L. Lunghi-Etienne, P. Saletti * , L. Mazzucchelli<br />

Istituto Cantonale di Patologia, Locarno, Svizzera; * Istituto<br />

Oncologico della Svizzera Italiana, Bellinzona, Svizzera<br />

Introduzione. Cetuximab, che ha come bersaglio molecolare<br />

EGFR, è un farmaco assai promettente per il trattamento di<br />

pazienti con carcinoma colorettale metastatico (mCRC). Attualmente<br />

è oggetto di intenso dibattito se alterazioni genetiche<br />

degli effettori innescati da EGFR, come K-Ras, possano<br />

influenzare la risposta a tale farmaco. Il ruolo di PTEN,<br />

la cui assenza di espressione predice resistenza a trastuzumab<br />

in pazienti con carcinoma mammario, non è ancora stato<br />

investigato. Scopo del presente lavoro è quello di analizzare<br />

lo stato genico di EGFR, di K-Ras e l’espressione proteica di<br />

PTEN in pazienti con mCRC e correlare i dati molecolari con<br />

il dato clinico di risposta cetuximab.<br />

Metodi. Abbiamo analizzato 27 pazienti consecutivi con<br />

mCRC. L’espressione di EGFR è stata indagata con il kit<br />

PharmDx (Dako), lo stato genico di EGFR con FISH utilizzando<br />

le sonde LSI EGFR/CEP7 (Vysis). Le mutazioni di K-<br />

Ras sono state analizzate con sequenziamento diretto e l’espressione<br />

di PTEN con l’anticorpo primario della ditta Neomarkers.<br />

Un campione è stato definito come amplificato per<br />

EGFR quando l’amplificazione genica è stata osservata in almeno<br />

il 10% delle cellule. La marcata polisomia è stata<br />

definita quando almeno 3 copie del cromosoma 7 sono state<br />

osservate in più del 50% delle cellule. Per ogni campione<br />

sono state valutate almeno 100 cellule.<br />

Risultati. Undici pazienti hanno mostrato risposta parziale<br />

(PR) al cetuximab, 3 hanno mostrato stabilità della malattia<br />

(SD) e 13 progressione (PD). SD e PD sono stati considerati<br />

come non rispondenti (NR). In tutti i pazienti è stata osservata<br />

espressione di EGFR a livello immunoistochimico. Otto


FREE PAPERS<br />

pazienti hanno mostrato amplificazione genica di EGFR (6<br />

PR e 2 NR), 16 marcata polisomia del cromosoma 7 (5 PR e<br />

11 NR) e 3 disomia (3 NR). Il gene K-Ras è stato trovato mutato<br />

in 10 casi (1 PR e 9 NR) e wild-type in 17 (9 PR e 8 NR).<br />

Una normale espressione di PTEN è stata riscontrata in 16<br />

casi (10 PR e 6 NR) e assente in 11 (tutti NR). L’associazione<br />

tra mutazioni di K-Ras e l’espressione di PTEN con la risposta<br />

a cetuximab è statisticamente significativa (p < 0,05).<br />

Conclusioni. Si confermano i dati della letteratura che indicano<br />

assenza di risposta a cetuximab nei pazienti con disomia<br />

del cromosoma 7 e nei pazienti con mutazioni di K-Ras, indipendentemente<br />

dallo stato genico di EGFR. L’assenza dell’espressione<br />

di PTEN rappresenta un nuovo marcatore indipendente<br />

di resistenza al trattamento con cetuximab.<br />

Esame istopatologico in alternativa allo<br />

striscio citologico per l’esame del brushing<br />

delle vie biliari<br />

S. Asioli, G. Accinelli, E. Armando, D. Pacchioni, P. Cassoni,<br />

G. Bussolati<br />

Dipartimento di Scienze Biomediche e Oncologia Umana,<br />

Università di Torino<br />

Introduzione. La citologia su striscio delle vie biliari extraepatiche<br />

effettuata con spazzolino (brushing endoscopico)<br />

è il metodo più utilizzato per la valutazione delle lesioni delle<br />

vie biliari extraepatiche, ma presenta scarsa sensibilità. Per<br />

migliorarne la potenzialità diagnostica, presentiamo una nuo-<br />

151<br />

va ed originale metodica che permette di effettuare un esame<br />

citologico ottimale del materiale ago-aspirato.<br />

Metodi. Lo spazzolino viene immediatamente immerso in<br />

metanolo e inserito nelle biocassette per l’inclusione in<br />

paraffina. Vengono tagliate delle sezioni parallele e consecutive<br />

lungo l’asse maggiore, fino al core metallico; successivamente<br />

il blocco di paraffina viene ruotato di 180° e nuove<br />

sezioni vengono effettuate sul lato opposto. Le sezioni, colorate<br />

in Ematossilina e Eosina e con Alcian Blue Mucine,<br />

hanno mostrato piccoli frammenti di mucosa, di cellule infiammatorie<br />

aggregate o di carcinoma, con un’ottima fissazione,<br />

permettendo una diagnosi definitiva accurata in<br />

quasi la totalità dei casi esaminati. Infatti 112 campioni citologici<br />

di brushing endoscopici delle vie biliari extraepatiche<br />

(67 M; 45 F), raccolti all’Ospedale “Molinette”, Università di<br />

Torino, tra Gennaio 2002 e Agosto 2006, sono stati inclusi<br />

nel nostro studio. Tutti i pazienti avevano una diagnosi<br />

definitiva istologica e un follow-up clinico medio di 21 mesi.<br />

Risultati. Confrontando questa originale metodica su 112<br />

casi consecutivi di brushing endoscopico con la diagnosi istologica<br />

su pezzo operatorio, abbiamo osservato: 87% di sensibilità,<br />

100% di specificità, 100% di valore predittivo positivo<br />

(VPP) e 91% di valore predittivo negative (NPV). La<br />

metodica inoltre, confrontata con la diagnosi clinica dopo almeno<br />

6 mesi di follow-up, ha mostrato: 88% sensibilità,<br />

100% specificità, 100% VPP e 96% VPN.<br />

Conclusioni. In conclusione questa nuova metodica è altamente<br />

sensibile e specifica, limitando all’1% le diagnosi non<br />

idonee, con una concordanza con la diagnosi istologica pari<br />

all’88% (K-value).


POSTERS


PATHOLOGICA 2007;99:155-159<br />

Applicazioni tecnologiche in A.P.<br />

Match project: improvement of therapy<br />

selection by matching molecular data from<br />

colon cancer patients<br />

L. Memeo * , S. Forte ** , K. Matysiak *** , M. Duplaga **** , S.<br />

Scarpulla ** , M. Gulisano **<br />

* Department of Experimental Oncology, Mediterannean Institute<br />

of Pathology, Viagrande (CT), Italy; ** Fondazione<br />

IOM, Viagrande (CT), Italy; *** Department of Surgery, Poznan<br />

University School of Medicine, Poznan, Poland; **** Department<br />

of Medicine, Jagiellonian University, Krakow, Poland<br />

The main focus of MATCH project is the development of an<br />

automatic computer-based system supporting decision process<br />

in patients with colorectal cancer. The strategic foundation<br />

of the MATCH project addresses the challenge of the integration<br />

of clinical practice and molecular approach establishing<br />

a framework to enable an efficient handling of diversified<br />

data sources. The framework is expected to improve adequacy<br />

of treatment options offered to patients. Since the response<br />

to therapy is affected by genetic variability, one can<br />

assume that genetic fingerprinting could be a relevant way to<br />

assess the sensitivity of a patient with specific molecular profile<br />

to a particular therapeutic mode. Since Single Nucleotide<br />

Polymorphisms (SNPs) represent the molecular substrate of<br />

this variability, SNPs fingerprinting provide molecular snapshot<br />

of a patient profile with information highly relevant for<br />

anticipating the susceptibility to therapeutic agents or modes.<br />

The process of MATCH system functionality development<br />

was planned to take place in three stages. In the first one, the<br />

system will be filled with quantitative and qualitative clinical<br />

and genetic (mainly SNPs information for tumour suppressor<br />

genes) data. Next, computational process will be carried out<br />

and finally, the results that concern more effectively colon<br />

cancer treatment will be obtained. The first stage crucial for<br />

the initiation of the process is provision of clinical and genetic<br />

data from medical facilities. Genetic data are represented<br />

mainly by SNPs information of TSGs from: patient normal<br />

tissues, patient primary tumour, lymph nodes and distant metastasis<br />

(when available). Additional genetic and molecular<br />

data may be also used. Clinical and genetic data of all patients<br />

are used to generate homogeneous clusters of patients<br />

with the longest subset of features (both clinical and genetic).<br />

It is expected that all members of a cluster will respond to<br />

specific therapeutic modes in similar way since their molecular<br />

profiles reveals high level of concordance. The automated<br />

decision support system is then used to match the clinical<br />

and genetic profile of a new patient with the clusters representing<br />

homogeneous groups of patients in MATCH data<br />

set. The new profile is assigned to the cluster showing the<br />

smallest distance in its centroid profile. Statistical analysis of<br />

cluster population provides information on the best available<br />

therapy for the new patient based on the outcomes of all cluster<br />

members.<br />

Parametri morfologici nella diagnosi delle<br />

lesioni anali HPV correlate: valutazione di tre<br />

differenti metodiche citologiche su campioni<br />

provenienti da soggetti omosessuali maschi<br />

HIV positivi<br />

F. Pagano, E. Omodeo Zorini, A. Ferri, C.M. Antonacci,<br />

R. Beretta * , L. Vago, M. Nebuloni<br />

U.O. Anatomia Patologica Dipartimento Scienze Cliniche<br />

Ospedale “L. Sacco”, Milano; * Seconda Divisione Malattie<br />

Infettive Ospedale “L. Sacco”, Milano<br />

Introduzione. Il ruolo degli HPV nella displasia e nel carcinoma<br />

della cervice è ormai assodato. Dati recenti documentano<br />

l’implicazione di HPV anche nell’eziologia delle lesioni<br />

displastiche e del carcinoma anale, la cui incidenza è in aumento<br />

negli ultimi anni tra soggetti omosessuali maschi, soprattutto<br />

HIV positivi. La citologia anale potrebbe dunque<br />

rappresentare un valido strumento di screening nella diagnostica<br />

delle lesioni HPV correlate.<br />

Come per le lesioni cervicali, la diagnosi delle lesioni anali<br />

da HPV si basa sulla valutazione di parametri morfologici<br />

ben definiti. Lo scopo di questo studio è il confronto di tali<br />

caratteri morfologici in preparati citologici anali ottenuti mediante<br />

l’applicazione di tre differenti metodiche di processazione<br />

dei campioni: striscio convenzionale, citospin e citologia<br />

su strato sottile (thin prep).<br />

Metodi. Sono stati raccolti mediante “brushing” 62 campioni<br />

anali provenienti da omosessuali maschi HIV positivi con<br />

infezione da HPV dimostrata mediante biologia molecolare.<br />

Da ogni campione sono stati allestiti: striscio, cytospin e<br />

thin prep, tutti colorati con metodo di Papanicolaou. Nella<br />

valutazione morfologica sono stati considerati 5 parametri:<br />

coilociti, cellule coilocitosimili, discheratociti atipici, lesioni<br />

ASCUS e lesioni squamose intraepiteliali. Infine, indagini<br />

di immunoistochimica con anticorpi anti-HPV sono state<br />

effettuate su ogni vetrino. I reperti morfologici ed immunoistochimici<br />

sono stati sottoposti ad una stima semiquantitativa<br />

ed è stato realizzato un confronto dei risultati nelle tre<br />

metodiche.<br />

Risultati. Non sono state rilevate differenze dei parametri<br />

morfologici nei preparati citologici ottenuti mediante le tre<br />

differenti metodiche. La presenza di cellule coilocitosimili e<br />

di discheratociti atipici rappresenta un reperto costante in<br />

questi preparati, anche in assenza di coilociti classici. L’immunoistochimica<br />

è risultata positiva nell’85% dei casi. In alcuni<br />

casi una negatività immunoistochimica è stata ottenuta<br />

anche in presenza di coilociti.<br />

Conclusioni. Questo studio dimostra che le tre metodiche sono<br />

sovrapponibili per quanto riguarda la valutazione dei parametri<br />

morfologici utili nella diagnosi delle lesioni anali<br />

HPV correlate. Si rileva inoltre che l’immunoistochimica<br />

sottostima la presenza di HPV nei prelievi e che, in assenza<br />

di coilociti, è necessaria la valutazione di discheratociti atipici<br />

e cellule coilocitosimili per la diagnosi.


156<br />

Use of telepathology for frozen section<br />

diagnosis: a support and a teaching tool for<br />

young pathologists<br />

S. Alexiadis, C. Arizzi, L. Cattaneo, S. Ferrarese, S. Manara,<br />

M. Barberis<br />

Department of Pathology, Multimedica Group/IRCCS, Milano<br />

Background. Young pathologists perform frozen sections<br />

(FS) on inpatients and they are backed up by staff. For fellows<br />

of a Pathology operating far from central labs, to be alone<br />

could be very difficult. Our Department serves two hospitals<br />

respectively 21 and 50 kilometers far. Then, FS diagnoses<br />

are performed, mainly for breast surgery.<br />

We evaluated the performaces of two young isolated pathologists<br />

assisted by a static telepathology system (TP) (Nikon<br />

Corporation, Tokyo, Japan), via an Intranet network.<br />

Materials and methods. We retrospectively analyzed 120<br />

cases of breast specimens diagnosed by FS from January<br />

2006 to April 2007. 76 and 44 cases respectively were evaluated<br />

by two junior pathologists and re-evaluated on line by<br />

senior pathologists at the same time. FS diagnoses were registred<br />

and discussed by phone before the communication to<br />

the surgeons. The time of discussion was also registered. The<br />

final diagnoses obtained from formalin fixed and paraffin<br />

embedded (FFPE) specimens were compared to FS before<br />

and after TP. Diagnostic errors were classified as interpretation<br />

errors (discrepancies betweeen FS, TP and final slides);<br />

sampling errors (discrepancies between TP assisted FS and<br />

final slides). Diagnostic errors were further classified as<br />

either clinical significant or insignificant.<br />

Results. The FS diagnoses were infiltrating carcinoma 95;<br />

intra ductal carcinoma 4; benign neoplasms 11; nonneoplastic<br />

disease 8; atypical proliferative lesion to be defined on final<br />

slides 2. Diagnostic agreement between FS and TPS was<br />

obtained in 118/120 cases (98.3%). Discordant cases were an<br />

intraductal carcinoma considered infiltrating on FS and a benign<br />

proliferative lesion on FS that was considered incertain<br />

for malignancy by TP. This lesion corresponded to a phyllodes<br />

tumor of uncertain potential of malignancy; the other case<br />

was confirmed as intraductal carcinoma. In one case a<br />

sampling error was showed by the histological sections from<br />

FFPE samples: a focus (5 mm in diameter) of infiltrating duct<br />

carcinoma was missed in FS and TP. The time of discussion<br />

ranged from 3 to 10 minutes (mean: 6 minutes).<br />

Conclusion. Diagnostic agreement in our study is comparable<br />

to the rates (92-100%) in previous studies. The most significant<br />

error was an inappropriate tissue sampling. In our<br />

experience TP for FS diagnosis is a significant support and<br />

teaching tool for young pathologists.<br />

Alla ricerca del fissativo ideale<br />

M. Forni, Pandiscia, F. Pulerà<br />

Sevizio di Anatomia e Istologia Patologica, Ospedale Infantile<br />

“Regina Margherita”, Torino<br />

Introduzione. La formalina rappresenta ancora oggi il fissativo<br />

maggiormente utilizzato nella routine di laboratorio, e<br />

nonostante da circa venti anni si sia a conoscenza dei potenziali<br />

effetti cancerogeni da esposizione professionale alla formaldeide,<br />

solo recentemente la I.A.R.C. l’ha dichiarata cancerogeno<br />

umano. Lo scopo del nostro lavoro è valutare se<br />

POSTERS<br />

l’utilizzo di fissativi costituiti da sali a base di zinco (ZBF),<br />

possano costituire una valida alternativa alla formalina, e siano<br />

equivalenti o più idonei rispetto ai fissativi disponibili in<br />

commercio e non rappresentino un rischio per la salute del<br />

personale.<br />

Metodi. Il nostro studio prevede una fissazione di tipo chimico<br />

mediante utilizzo di ZBF, ma anche una fissazione di tipo<br />

fisico, mediante utilizzo del forno a microonde. Sono state<br />

preparate diverse miscele fissative a base di sali di zinco,<br />

alle quali sono stati aggiunti tensioattivi e sistemi tampone. I<br />

campioni istologici erano rappresentati da tessuto fresco<br />

aventi tutti lo stesso spessore di circa 0,5 cm. Le sezioni venivano<br />

poi fissate in due differenti modi: in un primo, le sezioni<br />

venivano fissate in ZBF un’ora a temperatura ambiente<br />

a cui seguiva un ulteriore fissazione al microonde con le sezioni<br />

immerse in alcool 70% per meno di un ora (30 minuti a<br />

400 W e 20 a 180 W). Nel secondo metodo, le sezioni venivano<br />

immerse in ZBF a temperatura ambiente e lasciate a fissare<br />

fino al giorno seguente. Una volta terminata la procedura<br />

di fissazione, i campioni venivano processati ed inclusi in<br />

paraffina. Per ogni campione istologico fissato ed incluso, è<br />

stata eseguita una ematossilina-eosina con sezioni aventi lo<br />

spessore di 3-4 micron e sezioni adiacenti per immunoisochimica.<br />

Risultati. Al microscopio ottico, i preparati colorati, presentano<br />

tutti una buona morfologia strutturale, con una discreta<br />

conservazione del dettaglio istologico del tessuto analizzato.<br />

Le cellule risultano ben distinguibili l’una dalle altre, e non<br />

presentano il fenomeno della coartazione, visibile invece nei<br />

preparati fissati su base alcolica. Anche l’immunoistochimica<br />

è risultata soddisfacente con lo ZBF.<br />

Conclusioni. Dalla nostra esperienza, è dimostrato che lo<br />

ZBF può rappresentare una valida alternativa, in quanto non<br />

dimostra inconvenienti nella pratica routinaria di laboratorio<br />

e permette di ottenere dei preparati istologici di qualità paragonabile,<br />

se non migliore, rispetto a quelli ottenuti con la formalina.<br />

Realizzazione e gestione di un archivio<br />

elettronico di una banca dei tessuti<br />

E. Bonanno, S. Cappelli, R. Bernabei, A. Costantini, W.<br />

Von Lorch, F. Raparelli, L.G. Spagnoli<br />

Università “Tor Vergata,”Roma<br />

Introduzione. Le banche dei tessuti inclusi in paraffina costituiscono<br />

un prezioso patrimonio per la ricerca traslazionale.<br />

Per la gestione di una banca di tessuti è fondamentale la<br />

messa a punto di un sistema informatico gestionale, al fine di<br />

garantire una accurata registrazione di dati inerenti al paziente,<br />

alle qualità intrinseche e a quelle estrinseche del tessuto in<br />

esame.<br />

Metodi. La banca delle neoplasie è costituita da 1830 neoplasie<br />

selezionate tra quelle pervenute al servizio di Anatomia<br />

ed Istologia Patologica di “Tor Vergata” nel quinquennio<br />

2001-2006. Nel data base sono stati inseriti dati anagrafici<br />

(età, sesso del paziente), dati anamnestici, dati riguardanti il<br />

tipo di fissativo (formalina, formalina tamponata, altro), la<br />

durata della fissazione (12-24 ore, 24-48 ore, > 48 ore). Le<br />

neoplasie sono state classificate da due patologi in cieco specificando<br />

l’istotipo, il grading istologico, il pTNM, il codice<br />

SNOMED, la valutazione dei marcatori molecolari eseguiti.<br />

Il database è stato progettato con il programma “Microsoft


POSTERS<br />

Organo M F Età Casi totali Tumori Tumori<br />

benigni maligni<br />

Pancreas 9 5 65,3 14 6 8 Adenocarcinoma<br />

Mammella 6 1398 44,8 1404 672 241 DCIS<br />

14 LCIS<br />

454 DCI<br />

23 LCI<br />

Fegato 30 20 66,7 50 3 4 Epatocarcinoma<br />

34 Adenocarcinoma<br />

1 Colangiocarcinoma<br />

8 Sede di metastasi<br />

Colon 111 109 58,9 220 95 125 Adenocarcinoma<br />

Tiroide 60 82 35,4 142 16 119 Carcinoma papillifero<br />

3 Carcinoma midollare<br />

4 Tumore a cellule di Hurthle<br />

Access” ed è stato strutturato con maschere suddivise per argomento<br />

ad accesso regolato da password. Ad ogni neoplasia<br />

è stata associata una immagine rappresentativa della diagnosi.<br />

Sono state inoltre previste delle “query” standard per le<br />

associazioni di più comune utilizzo. Inoltre è stato predisposto<br />

un menu di aiuto per la formulazione di “query” personalizzate.<br />

Risultati. La distribuzione delle neoplasie dall’esame generale<br />

del data base è riportata in tabella..<br />

Conclusioni. In una prima fase di utilizzazione il data base<br />

ha consentito di individuare 50 neoplasie benigne e maligne<br />

della mammella idonee per la costruzione di un “tissue microarray”<br />

per il controllo di qualità per le reazioni di immunoistochimica<br />

dei marcatori molecolari indispensabili per la<br />

terapia adiuvante e neoadiuvante del carcinoma della mammella.<br />

Il “database” si è rivelato uno strumento utile per la<br />

consultazione di un archivio di patologie meno frequenti quali<br />

quelle del pancreas e del fegato sia a scopo didattico (immagini<br />

di aspetti significativi per la diagnosi) che di ricerca.<br />

Museo virtuale di anatomia patologica:<br />

applicazioni alla patologia del sistema<br />

nervoso centrale<br />

E. Bonanno, A. Colantoni, A. Costantini, C. Fortunato, P.<br />

Gallo * , L.G. Spagnoli<br />

Università “Tor Vergata”, Roma; * Università di Roma “La<br />

Sapienza”<br />

Introduzione. La diagnostica anatomo-patologica, ed in particolare<br />

l’esame autoptico, hanno un ruolo determinante per la<br />

comprensione del quadro clinico con il danno d’organo momento<br />

fondamentale per determinare il susseguirsi degli eventi<br />

morbosi. La raccolta di reperti anatomici di rilievo clinico ha<br />

dato luogo alla istituzione di musei di anatomia patologica prevalentemente<br />

per scopi didattici. Attualmente la gestione di<br />

queste strutture è molto complessa e poco flessibile se comparata<br />

ai moderni mezzi della didattica interattiva. Obiettivo del<br />

presente studio è stato quello di organizzare un museo virtuale<br />

di reperti anatomici del sistema nervoso centrale a fini didattici<br />

per gli studenti in medicina e per i medici in formazione.<br />

Materiali e metodi. Sono stati selezionati e fotografati 243<br />

reperti anatomici del sistema nervoso centrale, conservati nel<br />

157<br />

Museo di Anatomia Patologica dell’Università di Roma “La<br />

Sapienza”. I reperti sono stati classificati per patologia e per<br />

ogni capitolo sono state redatte delle tavole sinottiche di anatomia<br />

patologica comprendenti i fondamenti per la diagnosi<br />

compresi i criteri per la diagnosi differenziale. È stato quindi<br />

allestito un database utilizzando un “foglio excel” che consentisse<br />

rapidi collegamenti ipertestuali tra le tavole sinottiche<br />

e le foto dei reperti macroscopici.<br />

Risultati. Nel nostro museo virtuale sono state inserite immagini<br />

relative a 243 casi suddivisi in 15 malformazioni, 35<br />

patologie infettive/infiammatorie, 5 patologie degenerative,<br />

73 patologie vascolari, 115 patologie neoplastiche (5 adenomi<br />

ipofisari, 88 neoplasie primitive cerebrali, 15 neoplasie<br />

primitive delle meningi, 7 neoplasie secondarie). Da ogni immagine<br />

è stato predisposto un collegamento con le tavole sinottiche<br />

di pertinenza consentendo così una immediata associazione<br />

tra l’eziologia, i criteri diagnostici ed il danno d’organo.<br />

Conclusioni. Il foglio elettronico da noi realizzato, grazie ai<br />

collegamenti ipertestuali, consente una rapida consultazione<br />

del materiale sia dalle singole immagini che per gruppo di<br />

patologia. I risultati ottenuti costituiscono una buona premessa<br />

per ampliare la casistica contenuta nel museo virtuale<br />

estendendo la casistica ad altri sistemi ed apparati. Tale<br />

espansione dovrebbe essere finalizzata soprattutto ad inserire<br />

reperti di patologie rare nella nostra popolazione che si osservano<br />

sempre più frequentemente sia per la maggiore facilità<br />

degli spostamenti che per le frequenti e numerose migrazioni.<br />

Mutazione K601E del gene BRAF in un<br />

carcinoma papillare a cellule chiare:<br />

descrizione di un caso con diagnosi citologica<br />

su strato sottile<br />

E.D. Rossi, E. Simonetti ** , M. Raffaelli * , F. Morassi, D.<br />

Bianchi ** , C. Trozzi ** , G. Fadda<br />

Istituto di Anatomia e Istologia Patologica; * Divisione di<br />

Chirurgia Endocrina, Università Cattolica Sacro Cuore, Roma<br />

e ** Bioaesis S.r.l., Jesi (AN)<br />

Introduzione. La mutazione V600E del gene BRAF è descritta<br />

nella variante classica del carcinoma papillare della ti-


158<br />

roide, mentre la mutazione K601E del BRAF è molto meno<br />

frequente e più caratteristica della variante follicolare 1 . Viene<br />

descritto il primo caso di mutazione K601E del BRAF in<br />

un carcinoma papillare a cellule chiare. La stessa mutazione<br />

si osserva anche nel materiale agoaspirativo allestito in strato<br />

sottile.<br />

Metodi. Una paziente di sesso femminile di 37 anni esegue<br />

un agoaspirato di un nodulo tiroideo sin di cm 2,1 che viene<br />

allestito in strato sottile con la metodica Thin Prep 2000 TM<br />

(Cytyc Italia, Roma). In base alla diagnosi di sospetto per<br />

carcinoma papillare si esegue una tiroidectomia totale che<br />

documenta due focolai contigui di carcinoma papillare varietà<br />

follicolare con aspetti a cellule chiare. L’estrazione del<br />

DNA viene eseguita sia sul materiale conservato in fase liquida,<br />

e non utilizzato per l’allestimento del preparato citologico,<br />

sia su quello incluso in paraffina.<br />

L’analisi molecolare utilizzata rileva mutazioni sia del codone<br />

600 del gene BRAF sia di quelli ad esso adiacenti e include<br />

due fasi: 1) una PCR-RFLP arricchita, che consente di amplificare<br />

una porzione del gene BRAF e di arricchire il campione<br />

in alleli mutati tramite digestione selettiva degli alleli<br />

non mutati e 2) una Real-Time PCR che identifica la mutazione.<br />

Risultati. Sono state studiate le mutazioni V600E, K601E e<br />

VK600-IE del gene BRAF. Nel caso in questione, sia sul materiale<br />

citologico sia sull’inclusione per l’istologia risulta<br />

modificata la K601E con sostituzione di una lisina con un<br />

acido glutammico nel codone 600 che determina l’attivazione<br />

del BRAF.<br />

Conclusioni. La mutazione K601E di BRAF non è mai stata<br />

descritta in un caso di carcinoma papillare varietà follicolare<br />

a cellule chiare sebbene la mutazione V600E di BRAF venga<br />

riportata come altamente presente e selettiva nel carcinoma<br />

papillare tiroideo. Nel caso in esame la mutazione K601E<br />

si associa ad una rara varietà di carcinoma papillare e pertanto<br />

questa analisi potrebbe essere utilizzata per una diagnosi<br />

citologica pre-operatoria.<br />

Bibliografia<br />

1 Trovisco V, et al. Virchow Arch 2005;446:589-95.<br />

2 Salvatore G, et al. J Clin Endocrinol Metab 2004;89:5175-80.<br />

Checking diagnosis by telepatology: a<br />

statistical analysis of one year of esperience<br />

in remote second opinion on Pap smears<br />

permormed in a surgical pathology<br />

department in Zambia<br />

S. Guzzetti, F. Pennecchi * , B. Zingaro ** , A. Faravelli *** , L.<br />

Viberti, A.M. Ferrari ****<br />

S.C. di Anatomia Patologica, Ospedale Evangelico Valdese,<br />

ASL1, Torino, Italy; * Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica<br />

(INRIM), Torino, Italy; ** S.C. di Anatomia Patologica,<br />

Ospedale di Savigliano, Italy; *** S.C. di Anatomia Patologica,<br />

Azienda Ospedaliera di Vimercate, Ospedale di Desio,<br />

Desio, Italy; **** Servizio di Anatomia Patologica e Citopatologia,<br />

Casa di Cura S. Pio X, Milano<br />

Introduction. The association “Patologi Oltre Frontiera”<br />

NGO undertook in 2005 a project with the Mtendere Mission<br />

Hospital in Chirundu, Zambia to built and organise there a<br />

surgical pathology Department and to train the local staff in<br />

Pap smear examination with a remote check of their activity<br />

POSTERS<br />

through the sending of microscopic images by Internet. Aim<br />

of this study is to evaluate the effectiveness of this project in<br />

terms of diagnostic accuracy analyzing the interobserver reproducibility<br />

using appropriate statistics.<br />

Methods. 542 consecutive pap smear performed during the<br />

whole year 2006 were evaluated: all smears were initially diagnosed<br />

by two local technicians, trained on the spot through<br />

theoretical lessons and practice activity by some members of<br />

the project. After the training period, the two technicians became<br />

able to recognise the main cytological alteration, to select<br />

and photograph some microscopic fields of every suspect<br />

case (≥ ASC) and to send it to a special website where a forum<br />

of volunteers cytologists assessed a definitive diagnosis<br />

and sent it back to Chirundu. Negative and unsatisfactory<br />

cases were directly reported by the technicians. Finally, all<br />

the 542 slides were then sent to Italy and revised by an expert.<br />

Results. On 542 cases, 404 (74.5%) were directly reported<br />

by the Zambian technician (354 negative and 50 unsatisfactory);<br />

selected images of the remaining 138 cases (25.5%)<br />

were evaluated through the website. To check the diagnostic<br />

accuracy of the two technicians we compared their 542 diagnosis<br />

with the diagnosis of the expert using two statistics that<br />

estimates the difference between how much agreement between<br />

two observers is actually present and the agreement<br />

that would be expected by chance alone, the Cohen’s κ and<br />

Gwet’s AC 1 statistic, obtaining a value of 0.72 and 0.81 respectively<br />

(the perfect agreement being 1). The same statistics<br />

were also applied to a comparison between the 138 diagnosis<br />

made by the Internet forum and the diagnosis of the expert<br />

obtaining a value of 0.56 and 0.62 respectively. A<br />

weighted Cohen’s κ was also applicable in this case, giving<br />

values 0.63 and 0.70 with linear and quadratic weighting, respectively.<br />

Comment. There are encouraging evidences about the opportunity<br />

to manage a cytological routine by means of Internet;<br />

moreover, a well organized training program plays a key<br />

role to improve the already interesting results of this particular<br />

type of telepathology.<br />

Invasione capsulare nei tumori della tiroide:<br />

evidenze 3D di un duplice meccanismo<br />

C. Paulon, G. Rizzo * , R. Fiorillo ** , D. Tresoldi * , A. Destro<br />

** , P. Comi *** , M. Roncalli, L. Di Tommaso<br />

Dipartimento di Patologia, Università di Milano ed Istituto<br />

Clinico “Humanitas”, Rozzano, Milano; * Istituto di Bioimmagini<br />

e Fisiologia Molecolare (IBFM), CNR, L.I.T.A. Segrate,<br />

Milano; ** Laboratorio di Genetica Molecolare, Istituto<br />

Clinico “Humanitas”, Rozzano, Milano; *** Dipartimento<br />

di Scienze e Tecnologie Biomediche, L.I.T.A. Segrate, Milano<br />

Introduzione. La diagnosi di carcinoma follicolare della tiroide<br />

poggia su criteri di esclusione (assenza di aspetti citologici<br />

caratteristici del carcinoma papillare) unitamente alla<br />

individuazione di aspetti di invasione 1) vascolare e 2) della<br />

capsula perilesionale. Definire con certezza questi parametri<br />

può essere difficile, se non impossibile. I principali strumenti<br />

attualmente a disposizione del patologo sono rappresentati<br />

dall’impiego di marcatori vascolari e di sezioni su più livelli.<br />

Tuttavia, nei casi ove non si raggiunga una diagnosi, è stato<br />

proposto di utilizzare la dizione di Tumore follicolare ad<br />

incerto potenziale di malignità (Williams ED. Int J Surg<br />

Pathol 2000).


POSTERS<br />

Obiettivo. Ricostruire gli aspetti tridimensionali 3D di casi<br />

di invasione capsulare “sicura” (ICS) e “dubbia” (ICD).<br />

Materiali e metodi. Sei casi di tumore follicolare (TF) della<br />

tiroide selezionati per la presenza di aspetti di ICS (n° = 3) o<br />

ICD (n° = 3) costituiscono l’oggetto di questo studio. Per ciascun<br />

caso è stato individuato un blocchetto significativo e,<br />

individuata l’area di interesse, la stessa è stata evidenziata<br />

utilizzando la procedura per l’allestimento di un array tissutale<br />

(AT) (Bussolati GJ. Cell Mol Med 2005). Successivamente<br />

sono state tagliate un numero medio di 70 sezioni seriate<br />

(range 50-100) di 2-3 µm. Le immagini di queste sezioni<br />

sono quindi state allineate mediante i punti ottenuti con la<br />

metodica per AT ed acquisite utilizzando il pacchetto software<br />

di visualizzazione tridimensionale Amira (versione 4.1,<br />

Mercury Computer System SA). La ricostruzione 3D delle<br />

aree in esame e dei rispettivi costituenti (capsula perilesionale,<br />

gettone neoplastico, vasi) è stata poi ottenuta connettendo<br />

tali aree mediante triangolazione.<br />

Risultati. L’analisi delle sezioni seriate ha evidenziato che i<br />

casi di ICD sono sempre associati alla presenza di strutture<br />

vascolari che penetrano nel tumore attraverso la capsula, determinando<br />

una soluzione di continuo nella stessa; tali vasi<br />

sono risultati assenti in 2/3 casi di ICS. In un caso di ICS, al<br />

contrario, si è evidenziato un vaso posto in stretta relazione<br />

159<br />

al gettone neoplastico. L’analisi 3D ha confermato che nei<br />

casi di ICS il gettone neoplastico ha un aspetto a “fungo” evidenziando<br />

inoltre che la capsula perilesionale appare sfrangiata<br />

nel punto di infiltrazione. Nei casi di ICD il gettone<br />

pseudoinfiltrante cresce nello spazio compreso fra il vaso e la<br />

capsula. Infine, nel caso di ICS associato alla presenza di un<br />

vaso l’indagine 3D ha dimostrato che il gettone neoplastico,<br />

dopo essersi insinuato nello spazio tra vaso e capsula, ha<br />

compresso il vaso e, seguendone il tragitto a ritroso, ha superato<br />

la capsula perilesionale (vedi http://www.ibfm.cnr.it/istituto/news.php).<br />

Discussione. I nostri dati suggeriscono che l’infiltrazione<br />

della capsula nei TF della tiroide possa avvenire con due modalità.<br />

Il gettone neoplastico può interrompere, distruggendola,<br />

la capsula perilesionale (infiltrazione vera). In alternativa<br />

il gettone neoplastico può crescere attorno ad un vaso che<br />

dall’esterno entra dentro al TF (pseudoinfiltrazione) sino al<br />

punto di comprimerlo e, seguendone il percorso a ritroso, erniare<br />

all’esterno (erniazione). È verosimile che, dal punto di<br />

vista biologico, l’infiltrazione vera rifletta capacità molecolari<br />

specifiche mentre l’erniazione rappresenti un mero evento<br />

meccanico. Tale ipotesi suggerisce anche di rivalutare in<br />

maniera ponderata il significato clinico della invasione capsulare<br />

nella diagnosi di carcinoma follicolare.


PATHOLOGICA 2007;99:160-162<br />

PTHRP e PTHR1 e adattamento miocardico<br />

all’insulto ischemico<br />

V. Arena * , G. Monego ** , E. Arena * , E. Stigliano * , S. Pasquini<br />

* , F.O. Ranelletti *** , A.Capelli *<br />

* ** Istituto di Anatomia Patologica; Istituto di Anatomia<br />

Umana; *** Istituto di Istologia ed Embriologia<br />

Introduzione. Lo Human Parathyroid Hormone Related<br />

Protein (hPTHrP) ed il Parathyroid Hormone Receptor 1<br />

(PTHR1), formano un sistema ligando/recettore che influisce<br />

sulla fisiopatologia cardiovascolare. Nei miocardiociti umani,<br />

il PTHR1 è diffusamente espresso, mentre il PTHrP è prevalentemente<br />

espresso a livello atriale, con espressione sfumata/assente<br />

nei miocardiociti ventricolari. Nei modelli sperimentali,<br />

il PTHrP esogeno ha effetto inotropo, cronotropo e<br />

lusitropo positivi, nonché di vasodilatazione coronarica,<br />

agendo sul PTHR1. Il nostro studio, condotto su casistica autoptica,<br />

valuta l’espressione del PTHrP e del PTHR1 nei miocardiociti<br />

ventricolari umani, nonché eventuali variazioni in<br />

relazione all’ischemia.<br />

Obiettivi. Sulla base di osservazioni effettuate su una casistica<br />

ridotta, abbiamo deciso di ampliare lo studio dell’espressione<br />

di hPTHrP e PTHR1 nei miocardiociti ventricolari,<br />

raddoppiando il campione iniziale, valutando quindi eventuali<br />

correlazioni con l’ischemia, il tipo di morte, la coronarosclerosi,<br />

l’ipertrofia, il disarray.<br />

Metodi. L’espressione di hPTHrP e PTHR1 è stata studiata<br />

con metodica immunoistochimica su campioni di miocardio<br />

ventricolare sinistro prelevati da 101 riscontri diagnostici effettuati<br />

presso il Policlinico Universitario “A. Gemelli”. Su<br />

base clinico-morfologica abbiamo diviso la casistica in decessi<br />

per causa ischemica e non ischemica.<br />

Risultati e conclusioni. I miocardiociti ventricolari umani<br />

esprimono sia PTHrP, sia PTHR1. L’iperespressione del<br />

PTHrP risulta correlata in modo significativo con i segni di<br />

ischemia (Fisher 0,0196), con il disarray (Fisher = 0,0114),<br />

con l’ipertrofia (Fisher = 0,0456). L’iperespressione del<br />

PTHR1 risulta correlata con l’ischemia (Fisher = 0,0022),<br />

con la morte ischemica (Fisher = 0,0394), con la coronarosclerosi<br />

(Fisher = 0.0015), con l’ipertrofia miocardiocitaria<br />

(Fisher = 0,0080). L’iperespressione del peptide è correlata<br />

con quella del recettore, (Fisher = 0,0004), senza elementi a<br />

favore dell’ipotesi di down-regolazione recettoriale.<br />

Sulla base delle nostre osservazioni, il sistema<br />

hPTHrP/PTHR1 parrebbe agire come un modulatore della<br />

funzione ventricolare secondo circuiti paracrini ed autocrini,<br />

basandosi sul rilascio di peptide da parte dei miocardiociti<br />

ventricolari ancora vitali (e dall’endotelio). L’iperespressione<br />

di hPTHrP/PTHR1 entrerebbe pertanto a far parte dei numerosi<br />

meccanismi di adattamento miocardico all’ischemia ed<br />

al deficit funzionale.<br />

Cardiopatologia<br />

POSTERS<br />

Morte inattesa da grave cardiopatia<br />

polifattoriale in bambino “FIVET” di 12 mesi<br />

E. Barresi, R. Bussani, F. Silvestri<br />

UCO Anatomia Patologica, Ospedale di Cattinara, Trieste<br />

Un bambino di 15 mesi, nato, assieme ad un gemello, con<br />

metodica di procreazione assistita FIVET, venne portato all’osservazione<br />

dei sanitari del Pronto Soccorso Pediatrico per<br />

una tosse persistente stizzosa insorta qualche ora dopo un<br />

episodio di inalazione accidentale di materiale alimentare.<br />

Anamnesticamente il bambino risultava congenitamente ipotiroideo<br />

e circa due settimane prima aveva avuto una “flu-like<br />

syndrome”. La radiografia del torace evidenziava un’iperdiafania<br />

del polmone destro con sbandieramento mediastinico a<br />

sinistra. Il giorno seguente il polmone sinistro risultava già<br />

atelettasico. Venne eseguita in emergenza una broncoscopia<br />

con estrazione di alcuni frustoli di materiale alimentare dall’albero<br />

endobronchiale e ventilazione assistita cui fece velocemente<br />

seguito un quadro di pneumotorace sinistro con realizzazione<br />

di enfisema sottocutaneo toracico ed arresto cardiaco<br />

resistente a qualsiasi manovra rianimatoria. L’esame<br />

autoptico non evidenziò perforazioni parietali dell’asse tracheo-bronchiale<br />

post-broncoscopia, ma un cuore del peso di<br />

40 g con vistosa ectasia del distretto atrio-ventricolare destro<br />

e cospicua transilluminabilità del cosiddetto “triangolo della<br />

displasia”, anche con “bulging” dell’efflusso dell’arteria polmonare.<br />

L’istologia cardiaca dimostrò fenomeni di ipertrofia,<br />

attenuazione ed atrofia miocellulare, grave ispessimento fibroso<br />

endocardico con presenza di cellule muscolari lisce nel<br />

suo contesto, nonché, a carico della parete anteriore mediobasale,<br />

un piccolo “myocardial bridge” che comprimeva, e<br />

parzialmente disassiava l’arteria coronaria discendente anteriore<br />

ed il primo diagonale. La zona del triangolo della displasia<br />

appariva strutturalmente “displastica” anche se non<br />

sostituita da tessuto adiposo, fatto invece evidente a livello<br />

dell’apice ventricolare destro. A livello della parete posteriore<br />

ventricolare sinistra si evidenziava, inoltre, un ampio focolaio<br />

di miocardite linfoistiocitaria interstiziale in fase attiva.<br />

I dati morfologici cardiaci farebbero pensare ad una cardiomiopatia<br />

destra in fase iniziale o comunque ad una cardiomiopatia<br />

dilatativa polifattoriale, forse almeno in parte sostenuta<br />

dalla situazione di ipotiroidismo congenito. La miocardite<br />

attiva è stata un’ulteriore aggravante per un cuore già<br />

pesantemente compromesso, anche per le possibili problematiche<br />

aritmiche correlate. In questo contesto l’evento “ab ingestis”<br />

è stato probabilmente un destabilizzatore di una situazione<br />

di estrema fragilità cardiaca.


POSTERS<br />

Mixomi atriali: caratteristiche delle<br />

interazioni cellula-matrice<br />

G. Donato, F. Conforti, L. Maltese, I. Tomasello, N. Mazzeo,<br />

F. Onorati * , A. Amorosi, A. Renzulli *<br />

Cattedra di Anatomia Patologica, Facoltà di Medicina e<br />

Chirurgia, Università “Magna Graecia”, Catanzaro; * Cattedra<br />

di Cardiochirurgia, Facoltà di Medicina e Chirurgia,<br />

Università “Magna Graecia”, Catanzaro<br />

Introduzione. I mixomi atriali sono le più frequenti neoplasie<br />

cardiache primitive. La tipologia della neoplasia è quella<br />

di tumore con caratteristiche mesenchimali dotato di una matrice<br />

mixoide ricca in glicosaminoglicani di vario tipo (Negishi,<br />

2003). Le cellule della neoplasia, di probabile origine endocardica,<br />

tendono caratteristicamente a dare origine a formazioni<br />

a morfologia vascolare.<br />

La neoplasia nonostante le sue tipiche strutture è complessivamente<br />

poco cellulata.<br />

Molte cose sono ancora da chiarire sullo sviluppo di questa<br />

lesione per lungo tempo considerata come una semplice<br />

struttura trombotica.<br />

Metodi. Scopo del nostro lavoro è stato quello di approfondire<br />

immunoistochimicamente in 7 casi di mixoma dell’atrio<br />

sinistro resecati chirurgicamente, alcune caratteristiche della<br />

matrice e delle cellule facenti parte di questa neoplasia allo<br />

scopo di aggiungere nuovi dati alla conoscenza del suo meccanismo<br />

di sviluppo. Le neoplasie esaminate non facevano<br />

parte di quadri sindromici come il complesso di Carney e appartenevano<br />

a pazienti di sesso maschile in 5 casi e di sesso<br />

femminile nei restanti 2, con una età media di 61,3 anni.<br />

A livello di molecole della matrice extracellulare abbiamo<br />

studiato l’espressione della tenascina-C che come è stato precedentemente<br />

rilevato (Ballard, 2006) gioca un importante<br />

ruolo nella angiogenesi cardiaca post-natale, oltre che nello<br />

sviluppo delle neoplasie (Orend, 2006).<br />

Risultati. Nei mixomi cardiaci da noi studiati la tenascina-<br />

C è espressa soprattutto a livello delle strutture di aspetto<br />

vascolare suggerendo che questa molecola giochi un ruolo<br />

nella genesi di tale tipo di organizzazione e nella proliferazione<br />

cellulare. I mixomi analizzati sono neoplasie che hanno<br />

un basso indice proliferativo (indice MIB1 < 1%) e con<br />

un consistente numero di cellule, circa 60% soprattutto nelle<br />

zone interne della neoplasia, che esprimono la caspasi 3<br />

attivata. Studi, per altro su pochi casi, hanno segnalato un<br />

ruolo importante dell’apoptosi nelle cellule di queste neoplasie<br />

(Chu, 2004) che noi possiamo confermare sulla nostra<br />

casistica.<br />

Conclusioni. Anomale interazioni cellula-matrice possono<br />

essere alla base degli eventi che portano alla regolazione<br />

della crescita di queste neoplasie. Ciò è confermato dal fatto<br />

che il CD44s, molecola recettrice per lo ialuronato è<br />

espressa in una bassa percentuale delle cellule neoplastiche<br />

(da 0 a 3%).<br />

161<br />

Alterazioni dei vasi intramurali nella<br />

cardiomiopatia ipertrofica: studio<br />

morfologico ed istomorfometrico su<br />

campioni di miotomia-miectomia<br />

F. Garbini, A.M. Buccoliero, F. Castiglione, F. Cecchi * , G.<br />

D’Amati ** , C.F. Gheri, M. Jacoub *** , M. Mancini ** , V.<br />

Maio, I. Olivotto * , P. Stefano *** , G.L. Taddei<br />

Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia Università<br />

di Firenze; * Centro di Riferimento per le Cardiomiopatie<br />

Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi Firenze; ** Dipartimento<br />

di Medicina Sperimentale, Sapienza, Università<br />

di Roma; *** Cardiochirurgia, Azienda Ospedaliera Universitaria<br />

Careggi, Firenze<br />

Introduzione. Le alterazioni del microcircolo coronarico<br />

(MC) sono state chiamate in causa come fattori contribuenti<br />

di alcune manifestazioni (aritmie, morte improvvisa, rimodellamento<br />

e disfunzione del ventricolo sinistro) della cardiomiopatia<br />

ipertrofica (HCM). Tuttavia in letteratura esistono<br />

pochi studi sistematici sulla morfologia del MC nell’HCM,<br />

condotti prevalentemente su cuori autoptici o su biopsie<br />

endomiocardiche. Abbiamo valutato le alterazioni del<br />

MC su campioni di miocardio da miotomie-miectomie per<br />

correlarle con le altre alterazioni istologiche e con i dati clinici.<br />

Metodi. Sono stati esaminati 10 campioni consecutivi, (5 M,<br />

5 F, età media 45 aa, range 18-70) e 5 controlli (4 M, 1 F età<br />

media 28, range 16-40). Sulle sezioni (colorate con EE, tricromica<br />

di Masson e picrosirius red) è stata effettuata un’analisi<br />

morfologica ed istomorfometrica, quest’ultima valutando<br />

i seguenti parametri: area totale di ogni campione<br />

(AC), area della fibrosi sostitutiva (AF), numero di vasi (nV),<br />

area dei vasi (AV) area della parete (AP), area del lume (AL)<br />

fibrosi perivascolare (FP). Sono stati quindi derivati i seguenti<br />

parametri: area percentuale del lume vasale (AL/AV),<br />

densità dei vasi (nV/AC), frazione di fibrosi sostitutiva<br />

(AF/AC).<br />

Risultati. Esame istologico: Alterazioni dei vasi intramurali<br />

(ispessimento parietale, fibrosi perivascolare) erano evidenti<br />

in tutti i campioni; 6/10 casi mostravano fibrosi sostitutiva,<br />

10/10 fibrosi interstiziale ed 8/10 disarray miocellulare. I<br />

controlli non mostravano disarray, né fibrosi sostitutiva.<br />

Istomorfometria: L’area percentuale del lume vasale e la densità<br />

dei vasi sono risultati significativamente ridotti nell’HCM<br />

rispetto ai controlli (p < 0,01). La fibrosi perivascolare<br />

era aumentata nell’HCM, ma non in modo significativo.<br />

In maniera analoga si comportava la fibrosi sostitutiva.<br />

Conclusioni. I nostri risultati preliminari confermano la presenza<br />

di alterazioni del MC nella HCM. L’associazione della<br />

stenosi del lume con la rarefazione dei vasi (secondaria all’ipertrofia)<br />

può essere alla base di una ischemia miocardica focale.<br />

La fibrosi perivascolare potrebbe giocare un ruolo in<br />

questo fenomeno.


162<br />

Metaplasia ossea con midollo emopoietico in<br />

valvola aortica stenotica: riferimento di un<br />

caso<br />

L. Marasà, F. Rappa, M.P. Ternullo<br />

U.O.C. di Anatomia Patologica, A.R.N.A.S. “Civico, G. Di<br />

Cristina, M. Ascoli”, Palermo<br />

Introduzione e descrizione del caso. La stenosi della valvola<br />

aortica si associa solo raramente a metaplasia ossea con<br />

tessuto midollare in ematopoiesi completa. Si segnala il caso<br />

di una donna di 60 anni con lembi valvolari sede di sclerosi,<br />

calcificazioni distrofiche, aree mixoidi e metaplasia condroide<br />

ed ossea. Nel contesto di quest’ultima si evidenziavano rilevante<br />

neoangiogenesi, cellule infiammatorie, ma soprattutto,<br />

la formazione di trabecole ossee e midollo emopoietico in<br />

cui erano rappresentate le linee eritroide, mieloide e megacariocitaria,<br />

sia come precursori che come elementi maturi. La<br />

cellularità midollare era del 70% con un rapporto mielo-eritroide<br />

pari a 3:1. I megacariociti mostravano tendenza ad aggregarsi<br />

in cluster. Presenti anche linfociti T (5%) e B (30%),<br />

plasmacellule e mastociti<br />

Risultati e conclusioni. Una metaplasia con formazione di<br />

midollo osseo nella valvola aortica è stata descritta da Arumugam<br />

e Fernandez Gonzalez rispettivamente in una donna<br />

di 43 anni ed in un uomo di 69 anni. La metaplasia ossea si<br />

riscontra nelle fasi avanzate della stenosi della valvola aortica<br />

ed è un processo attivo in cui si è ipotizzato che cellule infiammatorie<br />

quali linfociti, monociti e mastcellule infiltrino<br />

l’endotelio e rilascino citochine che agirebbero su cellule simil-miofibroblastiche<br />

presenti nelle valvole cardiache 1 . Miofibroblasti<br />

in coltura, infatti, si differenziano in cellule similosteoblastiche<br />

con conseguente deposizione di osso. Il rimodellamento<br />

della matrice ossea sarebbe favorito dalla presenza<br />

di proteine extracellulari di matrice (ECM) quali l’osteopontina<br />

o la metalloproteinasi-2 (MMP-2) che si riscontrano<br />

normalmente nell’osso, ma non nel tessuto valvolare normale<br />

2 . Il caso riferito offre l’occasione per discutere il ruolo<br />

svolto dai fattori di crescita ematopoietici nello stimolare la<br />

produzione di cellule ematiche nel midollo osseo.<br />

Bibliografia<br />

1 Mohler ER III, et al. Circulation 2001;103:1522-8.<br />

2 Kaden JJ, et al. Expression and activity of matrix metalloproteinase-<br />

2 in calcific aortic stenosis. Z Kardiol 2004;93:124-30.<br />

POSTERS<br />

Quilty effect has the features of lymphoid<br />

neogenesis and shares CXCL13-CXCR5<br />

pathway with recurrent acute cardiac<br />

rejections<br />

C. Sorrentino *** , T. D’Antuono *** , E. Di Carlo ***<br />

* Department of Oncology and Neurosciences, Anatomic<br />

Pathology Section, “G. d’Annunzio” University, Chieti,<br />

Italy; ** Ce.S.I. Aging Research Center, “G. d’Annunzio”<br />

University Foundation, Chieti, Italy<br />

Introduction. The Quilty effect (QE) is a nodular infiltrate<br />

that may be confined to the endocardium or extend into the<br />

underlying myocardium of the transplanted human heart.<br />

This mononuclear infiltrate is a frequent, yet enigmatic feature<br />

of cardiac allograft, since it is apparently devoid of clinical<br />

significance, though its association with acute (A)<br />

rejection (R) is strongly suspected.<br />

Methods. In this study, we examined endomyocardial biopsies,<br />

obtained from transplanted patients, by means of immunohistological<br />

and confocal analyses. QE was observed in 126/379<br />

biopsies from 22 patients during the first post-transplant year.<br />

Most grade (G)2R biopsies displayed a concomitant QE.<br />

Results. The following features typical of QE were identified:<br />

a) focal angiogenesis and lymphangiogenesis associated<br />

with bFGF, VEGF-C and VEGF-A expression; b) marked infiltrate<br />

of CD4 + T and CD20 + B followed by CD8 + T<br />

lymphocytes arranged around PNAd + HEV-like vessels. Most<br />

QE appear as distinct B-T cell-specific areas with<br />

lymphoid follicles sometimes endowed with germinal centrelike<br />

structures containing VCAM-1 + CD21 + follicular dendritic<br />

cells and CD68 + macrophages, which frequently expressed<br />

BLC/CXCL13. These cells were also found in the mantle-like<br />

zones, where small lymphocytes expressed the BLC<br />

receptor, CXCR5, otherwise in the whole area of not clustered<br />

lymphoid aggregates. CXCL13 was also expressed, in association<br />

with CD20 + B lymphocyte recruitment, in G2R biopsies<br />

obtained from patients with recurrent AR.<br />

Conclusions. QE has the features of a tertiary lymphoid tissue<br />

suggesting an attempt, by the heart allograft, to mount a<br />

local response to a persistent alloantigen stimulation resulting<br />

in aberrant CXCL13 production, as also occurs in recurrent<br />

AR. CXCL13-CXCR5 emerge as a common molecular<br />

pathway for QE and recurrent episodes of AR.


PATHOLOGICA 2007;99:163-171<br />

Prevalenza dell’infezione da HPV in un<br />

gruppo selezionato di pazienti confrontato<br />

con un gruppo di controllo<br />

V. Nirchio, S. Fusilli ** , R. Lipsi * , Di Taranto * , R. Antonetti *<br />

Servizio di Citopatologia, * Dipartimento di Patologia Clinica,<br />

Azienda Universitaria-Ospedaliera, OO.RR. Foggia;<br />

** Direzione Sanitaria-Statistica Epidemiologia IRCCS<br />

“Casa Sollievo Sofferenza”, S. Giovanni Rotondo<br />

Introduzione. L’Infezione da papilloma virus umano è una malattia<br />

sessualmente trasmessa e prevalente nelle giovani donne.<br />

I fattori di rischio per l’infezione, la sua incidenza e durata<br />

non sono ben note.<br />

Abbiamo voluto apportare il nostro contributo con una iniziale<br />

casistica, afferente da diversi Centri di Prelievo, le cui<br />

pazienti ci assicurano una continuità nel follow-up.<br />

Metodo. Nel periodo intercorso tra agosto 2005 e maggio<br />

2007, da una casistica di circa 4395 pap test eseguiti con lo<br />

strato sottile, abbiamo selezionato 90 pazienti, di varie fasce<br />

di età, su circa 350 pazienti a cui è stata attribuita una delle<br />

seguenti categorie del sistema Bethesda (ASCUS, AGC,<br />

ASC-H, LSIL, HSIL, Ca in situ).<br />

Le pazienti arruolate sono state sottoposte oltre che all’esame<br />

citologico cervico-vaginale su strato sottile, anche a ricerca<br />

di HPV-DNA PCR test, sul residuo materiale del Thin prep.<br />

In questo ristretto gruppo abbiamo calcolato la prevalenza<br />

dell’infezione da HPV, la frequenza dei vari ceppi, la coespressione<br />

di più ceppi virali, raffrontando i dati con una popolazione<br />

di controllo di circa 1.000 donne.<br />

Risultati. Nella popolazione studiata 86/90 dei casi selezionati<br />

(pari al 95,6%), l’HPV test è risultato negativo nel 20,9%<br />

dei casi, mentre la positività totale è stata del 79,1%.<br />

La distribuzione dei ceppi di HPV, nelle pazienti positive, è<br />

risultata nel 26,5% legata ad un ceppo di basso rischio.<br />

Le donne positive ad un ceppo di HPV ad alto rischio rappresentano,<br />

invece, il 73,5% del campione.<br />

La frequenza dei vari ceppi virali e la loro distribuzione per<br />

fasce di età, sono sovrapponibili a quelle riscontrate nel gruppo<br />

campione.<br />

La coespressione di più ceppi virali è più frequente nella fascia<br />

di età tra i 25-35 anni, ed è dovuta alla co-presenza dei<br />

ceppi HPV6-HPV16.<br />

Citopatologia<br />

Fig. 1. Prevalenza dei ceppi di HPV ad alto rischio nella popolazione studiata.<br />

In 4 pazienti si è verificata l’associazione con l’infezione da<br />

HIV.<br />

Conclusioni. Sono esaminate le cause della divergenza tra<br />

gli aspetti colposcopici-clinici e quelli di biologia molecolare<br />

nel gruppo di donne, pari al 20,9% del campione, risultate<br />

negative al Test HPV-DNA.<br />

Viene tracciata, seppure limitatamente, il decorso clinico dell’infezione,<br />

nella popolazione che ha aderito allo studio, e ne<br />

vengono sottolineate le correlazioni con altre note infezioni<br />

sessualmente trasmesse. In particolare vengono riesaminate<br />

le casistiche presenti in letteratura inerenti la protezione esercitata<br />

sull’HPV da altre infezioni sessualmente trasmesse,<br />

l’influenza dello stato ormonale, del fumo, dell’alcolismo e<br />

lo stato di progressione dell’infezione in casistiche selezionate.<br />

Bibliografia<br />

1 Si-Mohamed A, et al. J Med Virol 2005;77:430-8.<br />

2 Weiderpass E, et al. Cancer Epidemiol Biomarkers Perv 2001;10:899-<br />

901.<br />

Thyroid nodule volume reduction<br />

predictability after percutaneous ethanol<br />

injection<br />

V. Nirchio, F. Nirchio * , M. Zingrillo ** , P. Tizzani ***<br />

U.O. Citodiagnostica Az. Ospedaliera-Univ. OO.RR. Foggia;<br />

* Agenzia Spaziale Italiana, Centro di Geodesia Spaziale,<br />

Matera; ** Endocrinologo libero professionista, Foggia;<br />

*** Department of Pathology (P.T.), Scientific Institute, Ospedale<br />

“Casa Sollievo della Sofferenza”, S. Giovanni Rotondo<br />

Objective. To determine the effect of percutaneous ethanol<br />

injection (PEI), suppressive therapy of cold benign thyroid<br />

nodules (CBNs), on the cytology and its predictability in<br />

classifying lesions with fine needle aspiration (FNA) results.<br />

Study design. The study group consisted of 31 cold benign<br />

thyroid nodules, treated with PEI for 1 year aspirated before<br />

and while the patients were on suppressive therapy.<br />

The control group consisted of 22 patients with nodule characteristic,<br />

PEI-treatment and follow-up similar to those of the<br />

first series was used to validate the results obtained.


164<br />

In analogy with a similar study, we have considered: the initial<br />

volume of the CBNs > 25 ml, abundant colloid, poor cell<br />

hyperplasia and presence of degenerative changes.<br />

To test these hypotheses we have verified the differences using<br />

t-test for initial volume and the Mann-Whitney U test for<br />

the remaining features.<br />

Results. The study has proved the unpredictability of the volume<br />

reduction in a single nodule on the basis of the cytological<br />

evaluation.<br />

Conclusion. The lack of the cytological features considered<br />

statistically predictive of large nodule reduction due to PEI<br />

treatment, confirm, however, the FNA may help to establish<br />

the correct diagnosis.<br />

References<br />

1 La Rosa GL, Ippolito AM, Lupo L, et al. Cold thyroid nodule reduction<br />

with L-thyroxine can be predicted by initial nodule volume and<br />

cytological characteristics. J Clin Endocrinol Metabolism<br />

1996;81:4385-7.<br />

2 Zingrillo M, Collura D, Ghiggi MR, Nirchio V, Trischitta V. Treatment<br />

of large cold benign thyroid nodules not eligibile for surgery<br />

with percutaneous ethanol injection. J Clin Endocrinol Metabolism<br />

1988;83:3905-7.<br />

Thin prep cervical cytology in a split-sample<br />

preliminary study<br />

S. Senatore, M.D. Scordari, P. Rizzo * , E. Molina ** , A.<br />

D’Amuri<br />

Morbid Anatomy “S. Cuore di Gesù Hospital” ASL/LE, Gallipoli,<br />

Italy; * School of Biology University of Camerino,<br />

Italy; ** Department of Human Anatomy, Pharmacology and<br />

Medical Forensic Sciences, School of Medicine, University<br />

of Parma, Parma, Italy<br />

Introduction. The performance of Thin Prep (TP), a liquidbased<br />

cytology preparation technique, was evaluated in comparison<br />

with conventional Pap smears using a Split-Sample<br />

approach in detecting cervical pathology.<br />

Methods. Cervical cytological samples obtained from 173<br />

women, aged from 25 to 70 years, which presented at previous<br />

conventional Pap smears, technical, interpretative or diagnostic<br />

problems were considered. A Split-sample protocol was<br />

used to obtain both conventional Pap smears and then the Thin<br />

Prep pap test (TPPT) substrate. Pap test (PT) and TPPT vial<br />

samples, were stained with conventional Papanicolaou staining.<br />

Both PT and TPPT slides were subdivided and randomly<br />

evaluated in a blinded fashion by two observer separately to<br />

compare both diagnostic specimen adequacy (S.A.) and diagnostic<br />

accuracy (D.A.) in detecting cancer precursors obtained<br />

with different cytological diagnostic procedures were assessed.<br />

S.A. evaluations was grouped in three categories: satisfactory,<br />

suboptimal and unsatisfactory. As so as cytological<br />

diagnosis (C.D.) was classified into three groups: negative/flogistic;<br />

positive from ASCUS to LSIL and positive for HSIL.<br />

Specimen adequacy and cervical lesions detection rates were<br />

classified using the Bethesda 2001 nomenclature system for<br />

cervicovaginal cytology. Both chi-square and Fisher-Yates chisquare<br />

tests were applied to a 2 X 2 contingency table to evaluate<br />

the detection rates of different C.D. and S.A. in both<br />

TPPT and PT evaluated findings.<br />

Results. Statistical investigations demonstrated significative<br />

increase of satisfactory as so as decrease of not diagnostic TP<br />

slides vs. Pap smears and a reduction of suboptimal samples<br />

by using TP procedure. Furthermore, it was observed a diag-<br />

POSTERS<br />

nostic concordance in 47.4%, whereas a discordance in<br />

52.6% between conventional cytology and TP. Statistically it<br />

was observed an increase of whole precancerous lesions, i.e.<br />

a significative increase of LSIL in TP slides vs. Pap smears<br />

and decrease of inflammatory findings in TP vs. conventional<br />

cytology.<br />

Conclusions. TP appear to be more accurate in improve technical<br />

quality and working results. It was more sensitive and<br />

specific than conventional cytology in detecting cervical precancerous<br />

lesions. TP sensitivity results in an increase of cytologic<br />

diagnosis of cervical atypia, i.e. LSIL, and a decrease<br />

of false negative results.<br />

Riorganizzazione citologia cervico-vaginale<br />

in area vasta<br />

E. Zini, G.L. Taddei, P. Cariaggi, A. Giannini, P. Apicella,<br />

M. Biancalani, F. Zolfanelli<br />

U.O. Anatomia Patologica, Ospedale “Santa Maria Annunziata”,<br />

ASL 10 Firenze<br />

L’Istituto Toscano Tumori della Regione Toscana, nel 2006<br />

ha attivato un gruppo di lavoro costituito dai direttori delle<br />

anatomie patologiche ospedaliere dell’area vasta centro, dall’Anatomia<br />

patologica della Università di Firenze e dal<br />

C.S.P.O., con l’obiettivo di formulare una ipotesi di riorganizzazione<br />

in area vasta della citologia di screening cervicovaginale.<br />

L’analisi è stata condotta tenendo conto da una parte della attività<br />

in essere nei vari centri, rapportandola al grado di raggiungimento<br />

degli obiettivi di P.S.R. I pap test prodotti sono<br />

stati suddivisi in coerenti con le indicazioni di screening ed<br />

extra screening etichettando questi ultimi come diagnostici.<br />

Dal punto di vista delle risorse umane sono state suddivise<br />

per profilo professionale precisandone le attività svolte e<br />

l’apporto in termini di ore/settimana lavorativa. I dati di attività<br />

così ottenuti sono stati confrontati con gli obiettivi di<br />

P.S.R. evidenziandone gli scostamenti che sono risultati negativi<br />

per tutti i centri e per il sistema area vasta nel suo complesso,<br />

anche a fronte di carenza di risorse umane. È stato<br />

quindi quantificato il fabbisogno, in termini di risorse umane,<br />

coerente con gli standard deliberati dal consiglio regionale,<br />

per poter perseguire gli obiettivi regionali. L’indagine si è<br />

quindi concentrata sul possibile impatto delle nuove tecnologie<br />

nel migliorare l’efficienza di tale attività in relazione ai<br />

relativi costi: si è considerato lo strato sottile, gli apparecchi<br />

automatici di lettura ed infine l’associazione strato sottile apparecchio<br />

automatico di lettura. Questa ultima ipotesi consente<br />

di conseguire i risultati più significativi con un abbattimento<br />

complessivo dei tempi di lettura di oltre il 40% rispetto<br />

alle tecniche tradizionali. Partendo da questo dato è stata<br />

quindi formulata una ipotesi teorica applicata all’intera area<br />

vasta che tenesse conto dei nuovi costi, dei costi cessanti e<br />

dei risparmi ipotizzati, modulata anche sulle esperienze e sulle<br />

aspirazioni dei vari centri di area vasta. È emersa una valutazione<br />

di fattibilità in termini di rapporti costo/beneficio<br />

oltreché un possibile miglioramento qualitativo, conseguito<br />

attraverso l’omogeneizzazione delle procedure.


POSTERS<br />

Studio preliminare di prevalenza e di<br />

distribuzione per classi età delle infezioni da<br />

HPV nella popolazione femminile della<br />

provincia di Foggia<br />

S. Fusilli, R. Lipsi * , V. Nirchio ** , Di Taranto * , R. Antonetti *<br />

Direzione Sanitaria IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza”;<br />

* II Laboratorio di Analisi e ** Servizio di Citopatologia<br />

Dipartimento di Patologia Clinica, Azienda Universitaria-<br />

Ospedaliera OO.RR. Foggia<br />

Nel periodo tra settembre 2005 e marzo 2007 sono state studiate,<br />

presso il II Laboratorio di Analisi dell’Azienda Universitaria-Ospedaliera<br />

degli Ospedali Riuniti di Foggia, circa<br />

700 pazienti, per la determinazione dell’HPV test, sia ad alto<br />

che basso rischio, con metodica PCR.<br />

Metodi. La maggior parte del campione, giunto da pazienti<br />

sottoposte a controlli ginecologici di routine ambulatoriali<br />

(87,80%), è stato ottenuto da prelievo di tampone cervicale<br />

(93,77%), una piccola percentuale del campione è stato ottenuto<br />

dal residuo materiale Thin Prep (3,81%), il rimanente<br />

2,42% da altre sedi.<br />

Nel maggior parte dei casi la selezione è stata effettuata dal<br />

ginecologo sulla base della clinica e/o degli aspetti colposcopici,<br />

in percentuale minore l’indicazione ad eseguire il test è<br />

sulla base di una citologia anomala. Il dato del risultato è riportato<br />

per il 97,33% (689/705).<br />

Risultati. La popolazione è stata suddivisa in 6 classi di età<br />

(≤ 25; > 25 ≤ 35; > 35 ≤ 45; > 45 ≤ 55; > 55 ≤ 65; > 65).<br />

La distribuzione di frequenza ottenuta mostra che le classi di<br />

età maggiormente rappresentate sono quelle 25-35 e 35-45 con<br />

presenza percentuale del 39,4% e 32,8% rispettivamente, rappresentando<br />

il 72,2% della popolazione sottoposta al test.<br />

Nella popolazione studiata la prevalenza totale di infezione<br />

da HPV è stata del 29,32%, di questa il 27,81% quella di basso<br />

rischio, mentre il 72,19% quella di alto rischio. I ceppi isolati<br />

sono il 6 e 11 tra quelli a basso rischio, mentre tra gli alto<br />

rischio sono: 16, 18, 31, 33, 39, 45, 52, 56, 58 ed il 59.<br />

Tra i pazienti positivi al test, i ceppi in assoluto più frequenti<br />

sono, tra quelli a basso rischio il 6, 22,3%, tra quelli ad alto<br />

rischio il 16, 31,7%.<br />

La classe di età che in assoluto presenta il maggior numero di<br />

infezioni sia da ceppi a basso rischio che da quelli ad alto rischio<br />

è quella 25-35, anche se questa non è la classe maggiormente<br />

rappresentativa in termini percentuali. La coespressione<br />

di più ceppi virali è stata documentata nel 20,79%<br />

(42/202) dei casi positivi, l’associazione più frequente tra le<br />

infezioni multiple è rappresentata dall’associazione 6-16 nel<br />

6,44% dei positivi e nel 30,95% tra le infezioni multiple.<br />

La fascia di età più colpita, da infezioni multiple è rappresentata<br />

da quella 25-35.<br />

Conclusioni. Questo studio, nonostante i limiti, della esiguità<br />

del campione che risulta non essere rappresentativo della popolazione<br />

utente, rappresenta la prima indagine epidemiologica<br />

circa la prevalenza e la distribuzione dell’HPV nella provincia<br />

di Foggia. I dati mostrano la prevalenza delle infezioni<br />

da HPV sono in linea con quelli nazionali, sia per quel che riguarda<br />

la prevalenza dell’infezione sia per la presenza del ceppo<br />

16 come quello maggiormente espresso sia in singola<br />

espressione che in associazione ad altro ceppo virale.<br />

Questo studio si ripropone di essere il punto di partenza di<br />

uno analisi di prevalenza e di distribuzione per fasce di età<br />

delle infezioni virali da HPV nella popolazione femminile<br />

della provincia di Foggia.<br />

Frequenza Percent Percent Percent<br />

Valid Cumulative<br />

Valid 1 86 12,1 14,3 14,3<br />

2 237 33,3 39,4 53,7<br />

3 197 27,7 32,8 86,5<br />

4 61 8,6 10,1 96,7<br />

5 17 2,4 2,8 99,5<br />

6 3 ,4 ,5 100,0<br />

Total 601 84,4 100,0<br />

Missing System 111 15,6<br />

Total 712 100,0<br />

165<br />

HPV test: esperienza di un anno dell’UO di<br />

Anatomia Patologica dell’Ospedale “S. Paolo”<br />

di Savona<br />

D. De Leonardis, W. De Pirro, S. Pontoni, S. Ardoino, O.<br />

Ballario, A. Lugani, S. Poggi, E. Venturino<br />

Ospedale “S. Paolo”, ASL2 Savona<br />

Introduzione. Il ruolo etiologico dello HPV nella genesi del<br />

cervico-carcinoma e suoi precursori è certo. Il riscontro della<br />

persistenza di HPV per i sottotipi ad intermedio/alto rischio<br />

oncogeno permette di indirizzare ad un follow-up mirato.<br />

Nella nostra U.O. nel 2006 è stata avviata, pertanto l’indagine<br />

per la determinazione di HPV ad intermedio/alto rischio,<br />

mediante tecnica Hybrid Capture 2, con l’obiettivo di selezionare<br />

i soggetti con pap test dubbio o di basso grado da inviare<br />

al secondo livello e di integrare la diagnostica cervicovaginale<br />

con una metodica sempre più richiamata nelle linee<br />

guida nazionali e internazionali emesse dalle Società Scientifiche<br />

di Colposcopia. Non manca inoltre una crescente richiesta<br />

da parte dell’utenza, influenzata dall’impatto mediatico<br />

per l’ormai prossima introduzione della vaccinazione<br />

contro i tipi di HPV 6, 11, 16 e 18.<br />

Metodi. Viene utilizzato il test Hybrid Capture 2 per i tipi di<br />

HPV ad intermedio/alto rischio (16, 18, 31, 33, 35, 39, 45,<br />

51, 52, 56, 58, 59, 68). I campioni provenienti principalmente<br />

dai centri di colposcopia del territorio, dell’Ospedale e da<br />

privati pervengono alla nostra U.O. corredati da modulo di richiesta<br />

da noi appositamente predisposto, stoccati a 20 °C e<br />

processati entro 25 giorni. Per la raccolta dei campioni viene<br />

utilizzato il Digene cervical Sampler. Il test viene utilizzato<br />

come esame di secondo livello (triage) in caso di precedente<br />

riscontro di anomalie cellulari nel pap test tipo ASCUS,<br />

ASC-H e LSIL.<br />

Risultati. L’incidenza di HPV a rischio intermedio/alto nelle<br />

donne con pap test dubbio è del 20,9%, nelle donne con LSIL<br />

Diagnosi HPV-test<br />

citologica<br />

Negativo Positivo Totale<br />

ASC-US, ASC-H 91 24 115<br />

LSIL 70 44 114<br />

Totale 161 68 229


166<br />

è del 38,6%, in tabella sono riportati i valori per le categorie<br />

prese in esame.<br />

Conclusioni. Il test è stato mirato alle lesioni bordeline<br />

(ASCUS e ASC-H) e LSIL. Il triade con HPV-test ha consentito<br />

di aumentare la predittività di queste categorie diagnostiche.<br />

L’introduzione di questa indagine di biologia molecolare è<br />

stata anche l’occasione per riaffermare la collaborazione con<br />

i ginecologi dell’ospedale e del territorio attraverso la redazione<br />

di un protocollo condiviso che standardizza il percorso<br />

diagnostico/terapeutico.<br />

Bibliografia<br />

Cox JT, et al. Am J Obstet Gynecol 1995;172:1150-7.<br />

Agoaspirati a Mantova: cosa cambia in 10<br />

anni<br />

A. Bellomi, L. Gaetti, S. Negri, R. Fante, A. Cassisa, F.<br />

Colpani, G. Calabrese, G. Granchelli<br />

Centro di Diagnostica Istocitopatologica, Servizio di Anatomia<br />

Patologica, Azienda Ospedaliera, Ospedale “Carlo Poma”,<br />

Mantova<br />

Introduzione. La citologia aspirativa riveste dal 1984 un<br />

ruolo fondamentale nell’attività diagnostica dell’Anatomia<br />

Patologica dell’Ospedale “Carlo Poma” di Mantova.<br />

Il lavoro presenta il confronto quali/quantitativo tra i dati relativi<br />

ai prelievi eseguiti dai patologi ed alle diagnosi citologiche<br />

a distanza di 10 anni (1996-2006).<br />

Metodi. Dall’archivio computerizzato dell’Anatomia Patologica<br />

di Mantova (Armonia della ditta Metafora di Milano)<br />

sono stati estratti sia per il 1996 che per il 2006:<br />

Numero prelievi eseguiti dai patologi su lesioni palpabili a<br />

mano libera, N. prelievi eseguiti dai patologi sotto guida strumentale<br />

in collaborazione con altri colleghi (Radiologi, ecografisti,<br />

endocrinologi, ecc.), N. prelievi eseguiti da altri colleghi<br />

e di tutti questi esami la sede del prelievo e l’adeguatezza<br />

del materiale.<br />

Risultati. Vedi tabella.<br />

1996 1996 2006 2006<br />

totali inadeguati totali inadeguati<br />

Patologi 1302 222 1169 63<br />

Altri 433 102 1468 126<br />

Totale 1735 324 2637 189<br />

Le sedi di prelievo più frequenti sono la mammella: 641 nel<br />

1996 pari al 36,9% del totale, 1.121 nel 2006 (42,5%) e la tiroide:<br />

367 (21,1%) nel 1996 e 851 nel 2006.<br />

Gli organi profondi (fegato, pancreas, polmone, rene ecc.) si<br />

mantiene costante: 114 nel 1996 e 117 nel 2006.<br />

Conclusioni. La diagnostica citologica per agoaspirazione a<br />

Mantova è notevolmente aumentata, ma i prelievi eseguiti<br />

dal Patologo rimangono costanti, anzi in lieve diminuzione in<br />

numeri assoluti e in percentuale nettamente inferiore passando<br />

dal 75% dei prelievi del 1996 al 44% del 2006. Aumentano<br />

in percentuale i prelievi sotto guida strumentale e tra questi<br />

il patologo è chiamato ad eseguire più spesso quelli<br />

POSTERS<br />

profondi, mentre tra quelli superficiali, mammella e tiroide<br />

sono “appetiti” da altre figure professionali.<br />

La qualità dei prelievi aumenta notevolmente sia nei patologi<br />

che nei “non patologi”, anche a causa di training a cui si<br />

sono sottoposti i colleghi degli ospedali periferici in cui non<br />

può essere presente il patologo.<br />

Classificazione NMH in citologia tiroidea:<br />

contributo ad una migliore definizione delle<br />

lesioni dubbie<br />

F. Zanconati, A. Romano, N. Sabato, D. Bonifacio, S. Dudine,<br />

M. Di Napoli, E. Isidoro, I. Rosano, G. Slatich, L.<br />

Ulcigrai, F. Martellani, L. Di Bonito<br />

U.C.O. Citodiagnostica e Istopatologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria,<br />

Università di Trieste<br />

Introduzione. La FNA è l’esame più accurato nella valutazione<br />

dei noduli tiroidei ed il test pre-operatorio più sensibile<br />

e specifico per la definizione delle lesioni maligne. L’esistenza<br />

di un’ampia area grigia, costituita dalle lesioni indeterminate/sospette,<br />

crea difficoltà nella selezione dei casi da<br />

inviare alla chirurgia. Abbiamo valutato l’efficacia della proposta<br />

classificativa per le FNA tiroidee della Northwestern<br />

University di Chicago 1 2 , applicandola retrospettivamente alla<br />

nostra casistica a cui era stata già attribuita originariamente<br />

una suddivisione in categorie in analogia alla diagnostica<br />

senologica. Le lesioni vengono classificate in 6 categorie<br />

principali: 1) inadeguato; 2) negativo (iperplasia, tiroidite,<br />

nodulo colloideo, cisti benigna); 3) indeterminato per neoplasia<br />

(neoplasia/iperplasia follicolare o lesione ossifila); 4)<br />

neoplasia (neoplasia follicolare od ossifila); 5) sospetto di<br />

malignità; 6) positivo per malignità (carcinoma, linfoma, metastasi).<br />

Classificazione originaria<br />

(gr. A) N. FNA Follow-up Benigno Maligno<br />

clinico all’istologia all’istologia<br />

C3 118 70 34 14 (*)<br />

C4 26 0 7 19<br />

C5 6 0 0 6<br />

Classificazione NMH<br />

(gr. B)<br />

C2 7 4 3 0<br />

C3 80 54 24 2 *<br />

C4 36 12 11 13<br />

C5 24 0 3 21<br />

C6 3 0 0 3<br />

* = carcinoma occulto<br />

Metodi. Lo studio comprende un campione di pazienti con<br />

noduli tiroidei sottoposti a FNA con diagnosi citologica non<br />

negativa (C3-5) e con un follow-up minimo di 17 mesi (150<br />

noduli totali enucleati da un pool di quasi 1500 FNA consecutive).<br />

La revisione dei preparati citologici è stata eseguita


PATHOLOGICA 2006;98:363-366<br />

su base esclusivamente morfologica, senza l’ausilio di dati<br />

clinico-strumentali.<br />

Risultati. La tabella riporta la distribuzione delle diagnosi<br />

originarie e di quelle attribuite con i nuovi criteri classificativi<br />

assieme alle rispettive correlazioni clinico-istologiche.<br />

Nel gruppo A il VPN dei C3 era dell’88,9%, mentre nel gruppo<br />

B è risultato del 98,8%; il VPP dei sospetti per malignità<br />

(C4 del gruppo A e C5 del gruppo B) è risultato rispettivamente<br />

del 73% e dell’87%; il VPP delle lesioni indeterminate<br />

per malignità (C4 del gruppo B) è risultato invece del 36%.<br />

Conclusioni. I dati ottenuti dimostrano una miglior efficacia<br />

nella gestione clinica dei noduli C3, i quali non necessitano<br />

del ricorso alla chirurgia, obbligatoria invece per i casi C5.<br />

Una gestione differenziata è indispensabile per la categoria<br />

C4, per la quale invece è necessario integrare il dato morfologico<br />

con i parametri clinici, radiologici ed immunofenotipici.<br />

Bibliografia<br />

1 Nayar R, et al. Mod Pathol 2001;14:63A.<br />

2 Ivanovic M, et al. <strong>Pathologica</strong> 2006;98:333-4.<br />

Agoaspirati tiroidei a Mantova: 20 anni di<br />

esperienza<br />

A. Bellomi, L. Gaetti, S. Negri, F. Colpani, A. Cassisa, R.<br />

Fante, G. Calabrese, G. Granchelli<br />

Centro di Diagnostica Istocitologica, Servizio di Anatomia<br />

Patologica, Azienda Ospedaliera Ospedale “Carlo Poma”,<br />

Mantova<br />

Introduzione. La citologia agoaspirativa riveste un ruolo notevole<br />

nell’ambito della diagnostica del Servizio di Anatomia<br />

Patologica di Mantova.<br />

Il presente lavoro analizza 20 anni di agoaspirati della tiroide<br />

in rapporto alle modalità di prelievo.<br />

Metodi. Dall’archivio computerizzato dell’Anatomia Patologica<br />

sono stati estratti i pazienti sottoposti ad agoaspirazione<br />

della tiroide, suddivisi per anno dal 1987 al 2006, per numero<br />

di noduli e per metodologia di prelievo (con o senza eco).<br />

Risultati. Vedi tabella.<br />

Aumentano gradualmente i casi con prelievo ecoguidato a<br />

partire dal 1990 da zero all’81% e parimenti il numero di prelievi<br />

per singolo paziente. Nel 2006 il 23% dei pazienti ha<br />

avuto prelievi multipli (2-4); se il prelevatore è il patologo la<br />

percentuale scende al 20%,<br />

se è il clinico sale al 25%.<br />

Conclusioni. Nel corso di questi 20 anni il numero degli<br />

agoaspirati tiroidei è aumentato notevolmente a causa dell’uso<br />

dell’ecografo, si aspirano più noduli per paziente, il patologo<br />

è spesso escluso dal prelievo. Gli inadeguati sono numerosi<br />

in rapporto al prelievo del clinico, circa il triplo del<br />

patologo, anche se è evidente un miglioramento negli ultimi<br />

anni. Il numero di carcinomi è in aumento in assoluto, abbastanza<br />

stabile in percentuale e non in rapporto al numero delle<br />

sedi di prelievo.<br />

L’utilizzo dell’ecografo nella diagnostica tiroidea ha indotto<br />

un incremento delle richieste di agoaspirazione con scarsa o<br />

nulla evidenza di benefici clinici per i pazienti.<br />

La competenza del patologo sul prelievo, laddove è possibile,<br />

garantisce un minor numero di inadeguati ed una migliore<br />

diagnostica integrata, cioè migliore qualità a minor prezzo.<br />

Agoaspirati eseguiti dal clinico Agoaspirati eseguiti dal patologo Totale positivi<br />

anno totale inadeguati % totale inadeguati % n. %<br />

1987 19 10 52,6 184 31 16,8 3 1,5<br />

1988 30 3 10,0 260 35 13,5 4 1,4<br />

1989 63 22 34,9 258 16 6,2 4 1,2<br />

1990 93 26 28,0 327 35 10,7 8 1,9<br />

1991 106 21 19,8 316 48 15,2 4 0,9<br />

1992 87 14 16,1 312 27 8,7 14 3,5<br />

1993 126 28 22,2 316 30 9,5 9 2,0<br />

1994 122 31 25,4 304 22 7,2 16 3,8<br />

1995 123 40 32,5 273 22 8,1 7 1,8<br />

1996 86 22 25,6 280 29 10,4 15 4,1<br />

1997 81 9 11,1 285 15 5,3 13 3,6<br />

1998 202 39 19,3 290 14 4,8 15 3,0<br />

1999 267 58 21,7 337 28 8,3 19 3,1<br />

2000 278 83 29,9 387 12 3,1 17 2,6<br />

2001 227 45 19,8 411 10 2,4 37 5,8<br />

2002 416 33 7,9 452 9 2,0 51 5,9<br />

2003 554 54 9,7 387 13 3,4 37 3,9<br />

2204 563 59 10,5 326 9 2,8 33 3,7<br />

2005 413 45 10,9 278 10 3,6 46 6,7<br />

2006 568 44 7,7 283 11 3,9 38 4,5<br />

Totale 4424 686 15,5 6266 426 6,8


168<br />

Tiroidite sclerosante multifocale<br />

G. Napoli, M. Casiello, R. Scamarcio, G. Renzulli, R.<br />

Ricco<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica, Policlinico di Bari<br />

Introduzione. Rara tiroidite interstiziale con focolai multipli<br />

di sclerosi ad eziologia e patogenesi sconosciute.<br />

Metodi. Donna di 42 anni portatrice, da circa un anno, di<br />

gozzo plurinodulare. L’ecografia evidenzia nodulo ipoecogeno<br />

a margini sfumati del terzo superiore lobo destro, diametro<br />

10 mm. L’esame citologico su FNAB non è risultato<br />

conclusivo in quanto si rilevavano tireociti di piccola taglia,<br />

conglutinati e in regressione, con nuclei provvisti di piccolo<br />

nucleolo e lievemente dismetrici, in aggregati solidi e<br />

microfollicolari. Al controllo ecografico eseguito dopo un<br />

anno si apprezzano altri due noduli ipoecogeni nello stesso<br />

lobo, e si esegue FNAB sui tre noduli con esito non diagnostico<br />

il primo e negativi gli altri due. Si procede a tiroidectomia<br />

totale. L’esame macroscopico evidenzia la presenza,<br />

nel lobo destro, di tre neoformazioni biancastre, a<br />

contorni stellati, diametro 10 mm, 8 mm e 6 mm. Aspetto<br />

compatto del restante ambito. Dai campioni inclusi in paraffina<br />

sono stati allestiti vetrini per la colorazione ematossilina-eosina.<br />

Risultati. L’esame istologico evidenzia una tiroide a struttura<br />

nodulare, con multipli focolai di fibrosclerosi inglobanti<br />

follicoli tiroidei distorti, rivestiti da cellule con nucleo ingrandito,<br />

talora ipocromico, con cromatina granulare e minuto<br />

nucleolo, ma privo di pseudoinclusi. Presenza di cospicuo<br />

infiltrato flogistico linfoplasmacellulare alla periferia delle<br />

lesioni, in sede interstiziale e intrafollicolare.<br />

La diagnosi differenziale va posta tra carcinoma papillifero,<br />

variante follicolare, multifocale e con sclerosi dello stroma<br />

(più frequente) e tiroidite sclerosante multifocale (molto rara).<br />

A favore della seconda diagnosi l’assenza delle caratteristiche<br />

citologiche tipiche del carcinoma papillifero (pseudoinclusioni<br />

nucleari, grooves, affollamento cellulare).<br />

Conclusioni. La tiroidite sclerosante multifocale potrebbe<br />

rientrare nel gruppo delle tiroiditi linfocitiche focali, che sono<br />

rare tiroiditi probabilmente su base patogenetica autoimmune,<br />

caratterizzate da multifocalità delle lesioni follicolari<br />

di tipo infiammatorio in evoluzione sclerosante.<br />

Sebbene la stessa multifocalità del processo e l’aspetto istologico<br />

possano apparire simili alle caratteristiche del microcarcinoma<br />

papillare, la componente epiteliale della tiroidite<br />

sclerosante, rappresentata da follicoli distorti e intrappolati<br />

nelle aree di fibrosi, perde le caratteristiche citologiche delle<br />

neoplasie papillari.<br />

On-site evaluation and triage for endoscopic<br />

ultrasond-guided fine needle aspiration<br />

cytology. The Turin experience<br />

P. Campisi, D. Pacchioni, G. Bussolati<br />

Dipartimento di Scienze Biomediche e Oncologia, Università<br />

di Torino, Italia<br />

Introduction. On-site evaluation of ecoendoscopic ultrasound-guided<br />

fine needle aspiration (EUS-FNA) specimens<br />

can be beneficial at determining samples’ adequacy. It also<br />

involves triage of specimens for ancillary studies and prelim-<br />

POSTERS<br />

inary diagnosis, which can be helpful for a rapid clinical decision-making.<br />

Of great importance is the on-site presence of a skilled cytopathologist,<br />

whose ability enhances the quality of direct<br />

smears by performing staining technique and taking personal<br />

care of the aspirated material.<br />

Additional phases are necessary if the initial specimen is<br />

hypocellular or if the diagnosis is not evident yet or still if<br />

there is a need for additional material for the cell block<br />

preparation.<br />

On the basis of the cytopathologists’ impression of the slides,<br />

they can triage the specimen through an immunocytochemical<br />

evaluation or through a microbiologic workup or even<br />

through biochemical analysis. An additional step is taken if<br />

there is a suspicion of lymphoproliferative disorder in order<br />

to performance flow cytometry.<br />

Methods. Here is presented a retrospective analysis of our<br />

institutés experience with EUS-FNA sampling and cytopathological<br />

diagnosis.<br />

From January 2001 to May 2007 404 patients underwent the<br />

EUS-FNA evaluation. From 2003 a knowledgeable cytopathologist<br />

was present during the procedure and started<br />

making an extemporary evaluation of the samples’ adequacy.<br />

Results. Before 2003, a final cytological diagnosis was available<br />

in only 70% of the cases (without an on-site cytopathologist).<br />

After 2003, in 90% of the cases (with an on-site cytopathologist).<br />

Immunocytochemistry on cell block material<br />

was planned and performed in order to: clarify the diagnosis<br />

when the morphology alone was not sufficient; demonstrate<br />

neuroendocrine differentiation; evaluate the proliferation index;<br />

study immunophenotype in cases of lymphomas; address<br />

proper investigations related to therapeutic strategies.<br />

Suspected lymphoproliferative lesions were analyzed by<br />

flow cytometry and/or molecular biology methods in order to<br />

detect clonality.<br />

Conclusions. The quality of the specimens and the proper<br />

handling of the aspirated sample from the endoscope to the<br />

microscope are crucial to the ultimate success of the cytological<br />

diagnosis in EUS-FNA. On-site evaluation and triage of<br />

the material is a critical point at improving the accuracy of<br />

the diagnosis.<br />

Tumore stromale gastrointestinale (GIST):<br />

raro caso di diagnosi citologica su<br />

versamento<br />

R. Zappacosta, S. Rosini, B. Caporale * , M. Ottaviantonio * ,<br />

M. De Laurentis * , S. Stura * , B. Zappacosta, D. Caraceni *<br />

Sezione Citodiagnostica, Dipartimento Oncologia e Neuroscienze<br />

Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara; * Unità<br />

di Citopatologia, Ospedale “Renzetti”, Lanciano<br />

Introduzione. I tumori maligni gastrointestinali (GIST) rappresentano<br />

le neoplasie mesenchimali maligne più frequenti<br />

in sede gastroenterica. Tuttavia, in letteratura sono pochi i<br />

dati pubblicati relativamente agli aspetti citologici che tali<br />

neoplasie assumono nei versamenti. Riportiamo di seguito il<br />

terzo caso di diagnosi citologica di GIST su liquido ascitico.<br />

Metodi. Un uomo di 53 anni gravato da epigastralgie persistenti,<br />

melena ed improvviso versamento intra-addominale<br />

veniva sottoposto a paracentesi evacuativa ed a biopsia gastrica<br />

in sede corpo-fundico-antrale, ove si repertava tessuto<br />

di granulazione infiammatorio frammisto a tessuto connetti-


POSTERS<br />

vale esuberante. Parallelamente all’approntamento del preparato<br />

istologico venivano allestiti i vetrini da citocentrifugato<br />

di liquido peritoneale che venivano citochimicamente colorati<br />

con: Papanicolaou, May-Grünwald-Giemsa, PAS ed immunocitochimicamente<br />

con anticorpi monoclonali anti-CKAE1,<br />

anti-CKAE3, anti-Vimentina, anti-Cromogranina ed anti-<br />

CD117.<br />

Risultati. L’esame citomorfologico repertava, su un background<br />

privo di fondo, elementi di piccole e medie dimensioni,<br />

spesso organizzati in cluster tridimensionali e caratterizzati<br />

da un elevato rapporto nucleo/citoplasma. I nuclei,<br />

spesso centrali ma talora anche eccentrici, moderatamente<br />

polimorfi, con cromatina irregolarmente distribuita e macronucleoli<br />

eosinofili prominenti, presentavano ispessimento<br />

della membrana nucleare talora caratterizzata da indentature<br />

ed invaginazioni. Il citoplasma mostrava numerose microvacuolizzazioni,<br />

PAS-negative, talvolta più grandi e tali da conferire<br />

alla cellula l’aspetto ad “anello con castone”. Lo studio<br />

immunocitochimico dimostrava una forte e diffusa immunoreattività<br />

per Vimentina e CD117 (c-kit); negativo appariva il<br />

profilo immunofenotipico relativamente a CKAE1, CKAE3 e<br />

Cromogranina. La diagnosi citologica di GIST veniva confermata<br />

dalla definizione istologica di “GIST epitelioide di<br />

alto grado”.<br />

Conclusioni. Dalla precedente descrizione morfologica si<br />

evince come le cellule del GIST epitelioide, su liquido ascitico,<br />

ricordino caratteristicamente le cellule dell’adenocarcinoma.<br />

Appare subito chiaro quindi, soprattutto per le importanti<br />

ripercussioni clinico-terapeutiche che ciò comporta, il<br />

ruolo delle tecniche ancillari per dirimere il dubbio diagnostico<br />

tra GIST e neoplasia maligna di origine ghiandolare, già<br />

posto in funzione della negatività istochimica al PAS; importante,<br />

inoltre, la distinzione tra GIST ed altri sarcomi gastroenterici<br />

(anch’essi Vimentina+) sulla base dell’utilizzo<br />

dell’anticorpo c-kit che rivela una forte positività citoplasmatica<br />

nel primo, a fronte della nulla o lieve immunoreattività<br />

dei secondi.<br />

Bibliografia<br />

Newton ACS, et al. Acta Cytol 2002;46:723-7.<br />

Diagnosi mediante aspirazione con ago<br />

sottile di metastasi polmonare di tumore<br />

filloide maligno della mammella<br />

F. Di Nuovo, P. Uboldi, R. Claren, C. Delpiano, M. Spinelli<br />

Dipartimento di Patologia A.O. “G. Salvini”, Servizio di<br />

Anatomia e Istologia Patologica, Ospedale “S. Corona”,<br />

Garbagnate Milanese, Milano<br />

Introduzione. I tumori filloidi della mammella sono neoplasie<br />

rare, bifasiche, fibroepiteliali, con una incidenza pari<br />

all’1% di tutte le neoplasie mammarie. Sulla base del loro<br />

aspetto istologico sono classificati, in accordo con la WHO,<br />

come benigni, borderline e maligni, che hanno prognosi sfavorevole<br />

poiché possono frequentemente metastatizzare a distanza<br />

a polmoni ed ossa. Riportiamo un caso di tumore filloide<br />

maligno (TFM) diagnosticato mediante FNA-Tac guidata<br />

in paziente a cui 6 mesi prima era stato asportato un<br />

TFM, preceduto da FNA ecoguidata.<br />

Materiali. Donna di 39 anni giunge in ambulatorio di agoaspirazione<br />

per la presenza di nodulo della mammella sinistra;<br />

169<br />

che citologicamente non mostrava il tipico aspetto del TFM<br />

e che veniva asportato per le sue dimensioni (6 cm): l’esame<br />

istologico evidenzia un TFM ad alto grado con stroma a componente<br />

sarcomatosa, a differenziazione leiomiosarcomatosa<br />

e con aree osteocondrosarcomatose, con elevato indice mitotico<br />

ed estesa necrosi. A distanza di 6 mesi dall’intervento<br />

compaiono formazioni polmonari multiple bilaterali. L’esame<br />

citologico effettuato sotto guida Tac, mediante dispositivo<br />

monouso Histo-TACsa, pone la compatibilità di metastasi<br />

polmonare di TFM. La paziente, che presenta anche una recidiva<br />

sottocutanea alla mammella sinistra, decede dopo 40<br />

giorni.<br />

Risultati e conclusioni. L’aspetto citologico del citoaspirato<br />

mammario non era tipico per TFM e solo le dimensioni indirizzarono<br />

il chirurgo verso l’exeresi. Lo striscio citologico<br />

del nodulo polmonare era caratterizzato da aggregati di cellule<br />

epiteliali di piccola-media taglia frammiste a numerose<br />

cellule voluminose con citoplasma microvacuolizzato, talora<br />

allungato e nucleo eccentrico, atipico. Erano inoltre presenti<br />

rari capillari. Entrambe le diagnosi citologiche sono state avvalorate<br />

sia dall’esame istologico effettuato sulla mammella<br />

sia dal microistologico ottenuto contestualmente al prelievo<br />

citologico polmonare. Le diagnosi citologiche di tumore filloide<br />

maligno della mammella sono rare e ancor più inusuali<br />

sono i secondarismi diagnosticati citologicamente. A tutt’oggi<br />

la letteratura riporta solo un limitato numero di pubblicazioni<br />

di metastasi polmonari di TFM della mammella e rarissimi<br />

i casi diagnosticati citologicamente mediante FNA.<br />

Bibliografia<br />

1 McKenzie CA, Philips J. Malignant phyllodes tumor metastatic to the<br />

lung with osteogenic differentiation diagnosed on fine needle aspiration<br />

biopsy. A case report. Acta Cytol 2002;46:718-22.<br />

Il pap test nelle donne straniere: risultati<br />

degli ultimi due anni nell’Ospedale “S. Paolo”<br />

di Savona<br />

D. De Leonardis, W. De Pirro, M.C. Cirucca, S. Pontoni,<br />

S. Ardoino, E. Venturino<br />

Anatomia Patologica, Ospedale “S. Paolo”, Savona<br />

Introduzione. Nonostante l’introduzione negli ultimi anni di<br />

nuove tecniche per lo screening del cervico-carcinoma (HPV<br />

test, lettura computer assistita), resta indiscutibile il valore<br />

del PAP-TEST. L’esecuzione di questo semplice ed efficace<br />

esame è sempre indispensabile per l’individuazione del tumore<br />

della cervice uterina e dei suoi precursori.<br />

Scopo del nostro lavoro è rilevare l’incidenza delle donne<br />

straniere che eseguono il pap test nella nostra provincia e<br />

confrontare la frequenza delle diverse classi diagnostiche con<br />

quella delle donne italiane.<br />

È noto che la Liguria è la regione a maggior indice di invecchiamento;<br />

questo determina il richiamo di donne straniere<br />

(circa il 53% della popolazione straniera), generalmente in<br />

età fertile, che si occupano in maniera preferenziale di assistenza<br />

agli anziani. Si tratta evidentemente di categorie più a<br />

rischio anche per il fatto che difficilmente hanno eseguito<br />

pap test preventivi nel loro paese di origine.<br />

Metodi. La regione Liguria non ha attuato sino ad ora programmi<br />

di screening di massa. La nostra UO raccoglie principalmente<br />

esami spontanei eseguiti nei consultori della provincia<br />

e dagli ambulatori ASL.


170<br />

Anno Pap test eseguiti % LSIL+ borderline % HSIL+ positivi<br />

italiane straniere italiane straniere italiane straniere<br />

2005 8378 920 274 36 44 9<br />

10,3% 15,3% 3,2% 3,9% 0,5% 1%<br />

2006 8243 915 220 25 41 12<br />

10,1% 15% 2,7% 2,7% 0,4% 1,3%<br />

Sono stati presi in considerazione gli esami effettuati negli<br />

ultimi due anni (2005-2006) nella popolazione italiana e straniera<br />

e sono state messe a confronto le % di: pap test eseguiti,<br />

lesioni di basso grado, lesioni di alto grado.<br />

I dati sulla popolazione straniera ci sono stati forniti dalla Caritas<br />

Diocesana di Savona Noli.<br />

Risultati. Vedi tabella.<br />

Conclusioni. La frequenza di donne straniere che eseguono<br />

il pap test risulta maggiore rispetto alle italiane. Sovrapponibili<br />

sono le frequenze delle lesioni di basso grado mentre si<br />

osserva un significativo aumento delle lesioni di alto grado<br />

nelle donne straniere. È doveroso quindi rivolgere l’attenzione<br />

a tale categoria con una efficace politica di prevenzione da<br />

estendere comunque a tutte le donne che non hanno mai effettuato<br />

un pap test e presentano pertanto rischio più elevato.<br />

Bibliografia<br />

Badino M, et al. Caritas diocesana Savona e Noli 2006.<br />

Cytologic detection of oestrus ovis larvae in<br />

conjunctival scraping: a case report<br />

F. Rivasi, F. Campi * , G.M. Cavallini * , S. Pampiglione **<br />

Departments of 1° <strong>Pathologica</strong>l Anatomy and * Ophthalmology<br />

University of Modena and Reggio Emilia, Modena,<br />

Italy; ** Department of Veterinary Public Health, University<br />

of Bologna, Ozzano Emilia, Bologna, Italy<br />

Introduction. Human ophthalmomyiasis is the infection<br />

of the eye associated with larvae of some flies of the order<br />

Diptera (Insecta). Oestrus ovis is a parasite specific of<br />

sheep that only accidentally is affecting man. Adult<br />

Oestrus ovis female is normally projecting their larvae in<br />

the muzzle of the sheep, during flying, sometimes in the<br />

human face where particularly the eyes are struck. Man is<br />

a blind alley for the parasite, which is dying after few<br />

days or weeks. While the infection is uncommon and sporadically<br />

reported in Northern Italy, it is relatively frequent<br />

in Central and Southern Italy and more common in<br />

Sicily and Sardinia 1 . Particularly affected are shepherds,<br />

farmers and people living in rural areas where sheep are<br />

bred. The larva, irritates the conjunctival layer provoking<br />

acute foreign body feeling, photophobia, blepharospasm<br />

and a watery to mucopurulent discharge, sometimes a<br />

painful chemosis and oedema of the eyelids. Prognosis is<br />

normally benign 2 . Clinical misdiagnosis is common event<br />

in the regions where the infection is not usually seen. We<br />

report a human case of this infection occurred in Northern<br />

Italy and diagnosed by cytologic examination.<br />

Case report. A 54-year-old man was presented to the Department<br />

of Ophthalmology with irritation, lacrimation and photophobia<br />

of the left eye. His ophthalmic history revealed that a<br />

few hours before the symptoms appeared, while the patient<br />

POSTERS<br />

took a walk in a residential zone next to Ravennàs Lido Adriano,<br />

he had the sensation of a foreign body in the left eye. On<br />

ophthalmic examination, the conjunctiva presented markedly<br />

hyperemic, oedematous, with abounding watery exudate.<br />

Loads of transparent small formations were observed adhering<br />

to the conjunctival mucosa. The patient introduced reddening<br />

of the nasal and pharyngeal mucosae and submandibular<br />

lymph node hyperplasia. An acute catarrhal conjunctivitis likely<br />

of parasitological cause was suspected; conjunctival scraping<br />

was therefore obtained and submitted for cytological examination.<br />

The cytologic examination was positive for larvae<br />

of Oestrus ovis. Therapy was subsequently instituted with norfloxacina<br />

drops. Seven days later ophthalmic examination<br />

showed no larvae and diseappeance of the symptomatology.<br />

Cytologic Findings. Conjunctival scrapings, smeared on<br />

glass slides, were immediately fixed by cytofix. The cytologic<br />

smears Papanicolaou stained contained load ovoid and<br />

flattened elements, 1 mm long x 0,3 mm wide and equipped<br />

with twelve segments, two small hooks and numerous rows<br />

of tiny thorns. These elements were referable of Oestrus ovis<br />

larvae. In addition, the smears contained sheets of reactive<br />

epithelium, with nuclear enlargement and prominent nucleoli.<br />

Moderately chronic inflammation and cellular necrosis<br />

were also noted.<br />

Conclusion. The cytologic examination played a significant<br />

role in establishing the definitive diagnosis of opthalmomyiasis<br />

and determining early administration of treatment.<br />

References<br />

1 Pampiglione S, et al. Parassitologia 1997;39:415-8.<br />

2 Kean BH, et al. Color Atlas/Text of Ophthalmic Parasitology. Igaku-<br />

Shoin, NY 1991.<br />

Scialoadenite cronica sclerosante (tumore di<br />

Kuttner): reperti di citologia aspirativa in<br />

cinque casi<br />

S. Rossi, L. Moneghini, G. Bulfamante<br />

Università di Milano, Dipartimento di Medicina, Chirurgia e<br />

Odontoiatria, e A.O. “San Paolo”, Fondazione Ospedale<br />

Maggiore Policlinico “Mangiagalli e Regina Elena”, Milano<br />

Introduzione. La scialoadenite cronica sclerosante, o “tumore”<br />

di Kuttner (TK), è un processo flogistico tipico della ghiandola<br />

sottomandibolare di riscontro molto raro, responsabile<br />

della formazione di una massa generalmente monolaterale che<br />

simula clinicamente una neoplasia maligna. Vengono descritti<br />

i reperti citologici da biopsia aspirativa con ago sottile relativi<br />

a cinque casi di TK accertati istologicamente.<br />

Materiale e metodi. Tre pazienti erano di sesso maschile e<br />

due di sesso femminile. All’esame clinico tutti presentavano<br />

una tumefazione sottomandibolare monolaterale, esordita da<br />

non più di 2-3 mesi, localizzata a destra in 3 casi e a sinistra


POSTERS<br />

in 2. Il prelievo è stato eseguito dal Patologo utilizzando aghi<br />

di 23G o 25G; gli strisci sono stati fissati in etanolo e colorati<br />

con metodica di Papanicolaou.<br />

Risultati. Tutti i campioni erano caratterizzati da: fondo<br />

ematico con presenza variabile di detriti cellulari; popolazione<br />

di linfociti in vari stadi di modulazione; istiociti con citoplasma<br />

schiumoso; tralci stromali di collagene denso; aggregati<br />

di cellule epiteliali duttali prive di alterazioni nucleari di<br />

rilievo; scarsità di strutture acinari contrassegnate da cellule<br />

epiteliali tendenzialmente atrofiche e prive di atipie. In tre<br />

casi prevaleva la popolazione linfoide e negli altri due il prelievo<br />

risultava ipocellulato, con rari linfociti e occasionali<br />

strutture duttali e acinari. L’esame istologico della biopsia<br />

escissionale ha evidenziato in tutti i casi un quadro caratteristico<br />

di TK, rappresentato da ispessimento fibroelastotico dei<br />

171<br />

setti interlobulari, denso infiltrato infiammatorio e attivazione<br />

linfoide, con deplezione e atrofia delle strutture acinari.<br />

Discussione. In tutti i casi descritti l’osservazione citologica<br />

escludeva l’ipotesi di neoplasia maligna e suggeriva la diagnosi<br />

di TK. Il polimorfismo della popolazione linfoide e la<br />

caratteristica commistione con cellule duttali escludevano l’ipotesi<br />

di un linfoma follicolare o di un maltoma. L’assenza di<br />

atipie delle cellule epiteliali duttali, nonché l’assenza di elementi<br />

squamocellulari e oncocitici consentiva di escludere,<br />

rispettivamente, la metastasi di un adenocarcinoma, di carcinoma<br />

squamocellulare, o un tumore di Warthin. In conclusione,<br />

le presenti osservazioni confermano la validità della citologia<br />

aspirativa nell’identificazione pre-operatoria del TK e<br />

sottolineano il ruolo di tale procedura diagnostica nel determinare<br />

il più corretto approccio terapeutico della lesione.


PATHOLOGICA 2007;99:172-173<br />

Non conformità delle richieste di esami<br />

citoistologici: progetto obiettivo in un<br />

sistema qualità certificato Vision 2000<br />

F. Di Nuovo, P. Uboldi, T. Donnola, M. Piovesan, C. Scotti<br />

Dipartimento di Patologia, Azienda Ospedaliera “G. Salvini”,<br />

Servizio di Anatomia e Istologia Patologica, Ospedale<br />

“S. Corona”, Garbagnate Milanese, Milano<br />

Introduzione. Il Servizio di Anatomia Patologica dell’A.O.<br />

“G. Salvini” di Garbagnate Milanese si è certificato in<br />

conformità con la norma UNI EN ISO 9001:2000 nel marzo<br />

del 2002. In accordo e nel rispetto di tale norma, il personale<br />

tecnico della nostra unità operativa ha identificato nel<br />

2005, un progetto obiettivo la cui implementazione è servita<br />

non solo per migliorare la compilazione delle richieste di esami<br />

citoistologici, da parte dei medici richiedenti le prestazioni,<br />

ma anche per aumentare la compliance tra il personale<br />

operante all’interno del servizio di anatomia patologica e gli<br />

altri operatori sanitari esterni.<br />

Metodi. Nell’ambito del monitoraggio e misurazione del<br />

processo in essere, abbiamo formalizzato un documento, modello<br />

check-list, denominato “segnalazione di non conformità”<br />

comprendente una serie di item tra cui: 1) scorretta e/o<br />

incompleta identificazione del paziente; 2) scorretta e/o incompleta<br />

identificazione del campione biologico, sia esso<br />

contenitore o vetrino; 3) mancata identificazione della sede<br />

del prelievo; 4) mancata indicazione della procedura di prelievo<br />

(biopsia incisionale, escissionale, vabra, tur, laparoscopia,<br />

ecc.); 5) mancata indicazione dei dati clinico-anamnestici<br />

rilevanti: dati di laboratorio e/o strumentali; 6) mancata indicazione<br />

del quesito diagnostico; 7) mancata indicazione del<br />

medico richiedente l’esame; 8) mancata indicazione della tipologia<br />

della prestazione sanitaria (ricovero, D.H., prestazione<br />

ambulatoriale). Mediante segnalazione alla direzione sanitaria<br />

si è provveduto a diffonderne il contenuto a tutti i responsabili<br />

delle unità sanitarie esterne, richiedendo la massima<br />

adesione al fine di assicurare uno standard comportamentale.<br />

Ogniqualvolta perviene al nostro servizio una richiesta<br />

di esame cito-istologico, questa viene valutata sulla base delle<br />

specifiche contenute nella scheda check-list e in presenza<br />

di non conformità, il personale tecnico in accordo con il patologo<br />

e il biologo, rinvia al direttore della divisione di provenienza,<br />

sia il materiale biologico che la scheda indicante le<br />

non conformità. La richiesta di prestazione viene accettata<br />

solo in assenza di non conformità.<br />

Conclusioni. La valutazione semestrale delle non conformità,<br />

per tipologia d’errore di compilazione, è stata calcolata<br />

sia sugli esami istologici che citologici cervico-vaginali ed<br />

extravaginali. I risultati ottenuti sono stati segnalati nel riesame<br />

della direzione e divulgati ai diretti interessati durante le<br />

verifiche ispettive di sorveglianza. Questo progetto, pur richiedendo<br />

un impegno attento e preciso, nonché costoso in<br />

termini di tempo del personale tecnico, ha permesso sia di<br />

migliorare la qualità del nostro iter diagnostico che di monitorare<br />

le prestazioni sanitarie con positive ricadute sul budget.<br />

Ha inoltre prodotto un significativo aumento del flusso<br />

di informazioni tra il patologo e tutti gli altri operatori, favorendo<br />

un clima di fattiva collaborazione interdisciplinare. Infine,<br />

ha contribuito a far meglio conoscere la figura del pato-<br />

Controllo di qualità A.P.<br />

logo, rivalutandone il ruolo nel processo diagnostico e terapeutico<br />

del paziente.<br />

Il Controllo di Qualità dell’attività di<br />

prevenzione del cervico-carcinoma<br />

nell’Azienda Ospedaliera Treviglio-Caravaggio<br />

D. Corti, P. Mercurio, M.G. Mazzolari, D. Simoncelli, M.<br />

Penatti, E. Pezzica<br />

Struttura Complessa di Anatomia Patologica e Citologia<br />

Diagnostica, Azienda Ospedaliera Treviglio Caravaggio,<br />

Treviglio (BG)<br />

Introduzione. Il pap test è disponibile pressoché ovunque e<br />

molti sono i programmi di screening organizzati rivolti ad<br />

una popolazione identificata ed invitata attivamente.<br />

Nell’ambito di un programma di screening organizzato Il<br />

Controllo di Qualità (CQ) di tutto il processo è attivato dagli<br />

organizzatori dello screening.<br />

Nella provincia di Bergamo, l’accordo tra la ASL e L’Az.<br />

Osp. Treviglio-Caravaggio per l’esecuzione dello screening<br />

del cervico-carcinoma prevede l’accesso diretto senza chiamata<br />

delle donne presso i consultori pubblici accreditati.<br />

A carico dell’Az. Osp. la responsabilità dell’attivazione del<br />

CQ.<br />

Metodi. Il sistema di valutazione della Q dell’attività di prevenzione<br />

del cervico-carcinoma nel territorio dell’Az. Osp.<br />

Treviglio-Caravaggio è affidato alla STR di Anatomia Patologica<br />

aziendale ed è basato sul CQ delle seguenti fasi:<br />

1. test di screening (pap test);<br />

2. approfondimento diagnostico dei casi positivi (Colposcopia);<br />

3. trattamento delle lesioni.<br />

Il sistema si basa su una stretta collaborazione tra la STR di<br />

Anatomia Patologica aziendale, 4 Ambulatori di Colposcopia<br />

decentrati e la STR di Ginecologia Aziendale.<br />

Il CQ del pap test è previsto in tutte le sue fasi ed è favorito<br />

da unico sistema di refertazione informatizzato.<br />

Il CQ dell’attività di Colposcopia comporta l’adozione di<br />

unica scheda colposcopica e di indicatori comuni di processo<br />

e esito.<br />

Il CQ del trattamento si basa sull’adozione di preciso protocollo<br />

terapeutico e di follow-up per la valutazione delle complicanze.<br />

Risultati. Sono monitorati 8 indicatori di Q per verificare il<br />

test di screening, ogni indicatore è monitorato costantemente<br />

e vengono riportati report semestrali:<br />

1. verifica T.A.T.;<br />

2. valutazione adeguatezza prelievo;<br />

3. verifica adeguatezza diagnostica mediante revisione random<br />

di almeno il 10% degli esami negativi;<br />

4. correlazione cito-istologica;<br />

5. monitoraggio della percentuale di invio alla Colposcopia;<br />

6. monitoraggio delle categorie diagnostiche;<br />

7. valutazione di evento sentinella (diagnosi di K. invasivo<br />

della cervice uterina);<br />

8. confronto fra la diagnosi citologica e istologica e la determinazione<br />

di HPV DNA con metodica Digene HPV DNA<br />

Test HC2.


POSTERS<br />

Il programma di CQ della Colposcopia e del trattamento prevede<br />

il monitoraggio di 9 indicatori. A carico della Struttura<br />

di Anatomia Patologica è la determinazione della proporzione<br />

delle biopsie adeguate per esame istologico.<br />

Conclusioni. Gli indicatori di Q utilizzati permettono di verificare<br />

semestralmente il sistema e motivano il personale addetto<br />

allo screening.<br />

173<br />

Il controllo delle categorie diagnostiche permette di mantenere<br />

nei limiti accettabili le diagnosi di ACG (0,72%) e ASC<br />

(1,18%).<br />

La proporzione di biopsie adeguate per diagnosi istologica è<br />

del 95,48%.<br />

In 1448 casi la diagnosi cito-istologica è confrontata con i risultati<br />

del Test HPV DNA.


PATHOLOGICA 2007;99:174-181<br />

Acne inversa associated with diffuse<br />

malignant peritoneal mesothelioma arisen in<br />

the absence of predisposing factors: report<br />

of a case<br />

V. Barresi, E. Vitarelli, G. Barresi<br />

Dipartimento di Patologia Umana, Università di Messina<br />

Introduction. Diffuse malignant peritoneal mesothelioma<br />

(DMPM) is a relatively rare neoplasm. Risk factors associated<br />

with its development include asbestos exposure, chronic<br />

irritation or inflammation of the peritoneum, abdominal radiotherapy,<br />

familial Mediterranean fever, and simian virus<br />

40. A familial segregation of this neoplasia has been reported<br />

in small villages of the Cappadocian region of Turkey, and it<br />

has been postulated that hereditary factors may predispose to<br />

mesothelioma, even with exposure to small amounts of asbestos.<br />

We report a case of DMPM which apparently occurred<br />

in the absence of predisposing factors.<br />

Methods. A 47 year-old physician was admitted to our hospital<br />

with ascites and abdominal pain. Neither exposure to<br />

asbestos nor chronic irritation or irradiation of the peritoneum<br />

was reported. The past clinical history was significant<br />

for 25-years-duration acne inversa complicated by a squamous<br />

cell carcinoma. Considering the family history, none of<br />

his family members had been exposed to asbestos, but the 20year<br />

old son of the patient’s sister was also affected by acne<br />

inversa. Cytologic examination of the ascitic fluid and histological<br />

evaluation of a peritoneal biopsy were performed. Peritoneal<br />

fragments obtained at biopsy were formalin-fixed<br />

and paraffin-embedded and sections were stained with H&E<br />

for histologic diagnosis. An ascitic fluid cytologic smear was<br />

stained with Papanicolau stain, and the sediment was stained<br />

with H&E. Immunohistochemistry against calretinin, CEA,<br />

EMA and CK 5/6 was carried out on the cytologic sediment<br />

as well as on the peritoneal biopsy fragments.<br />

Results. Cytology of the ascitic fluid and microscopic evaluation<br />

of the peritoneal biopsy samples revealed the presence<br />

of a neoplastic process. Considering the immunohistochemical<br />

findings (calretinin+, EMA+, cytokeratins 5/6+, CEA)<br />

the neoplasm was classified as a tubulo-papillary DMPM.<br />

Conclusions. The association of acne inversa with non-melanoma<br />

skin cancer and tumours other than those involving<br />

skin has been highlighted. Nevertheless the association with<br />

Dermopatologia<br />

DMPM had never been reported before. The genetic locus for<br />

acne inversa has recently been identified within the 1p21.1-<br />

1q25.3 chromosomal region. Interestingly, frequent losses in<br />

chromosomal region 1p.21-22 have been found in mesothelioma<br />

as well. It is thus tempting to speculate that genetic<br />

mutations involving chromosome 1p.21-22 may account for<br />

the development of both diseases.<br />

Carcinoma a cellule di Merkel: profilo<br />

immunoistochimico, su 10 casi, dei recettori 2<br />

e 5 della somatostatina<br />

E. Venturino, C. Ciocca, S. Ardoino, L. Caliendo, A. Dellachà,<br />

C. Marino, A. Pastorino<br />

Ospedale “S. Paolo”, ASL 2 Savonese<br />

Introduzione. Il carcinoma di Merkel (CM) è un tumore<br />

neuroendocrino cutaneo di rara incidenza, caratterizzato da<br />

alta aggressività, descritto per la prima volta nel 1972 da<br />

Toker. Istogeneticamente è considerato derivare dalla cellula<br />

di Merkel che risiede fisiologicamente alla base dell’epidermide.<br />

Gli Autori si propongono di studiare l’espressione immunoistochimica<br />

dei Recettori della Somatostatina 2 (SSTR-<br />

2) e 5 (SSTR-5) su 10 casi di carcinoma di Merkel d’archivio.<br />

Metodi. I 10 casi istologici estratti dai nostri archivi con diagnosi<br />

di CM sono stati rivalutati da un unico patologo per dati<br />

clinici, aspetti istopatologici e immunoistochimici (CK20,<br />

CD117, CD99, Cromogranina A (CR-A), SStr-2, SSTR-5 e<br />

Ki67).<br />

Risultati. Il 70% della casistica presa in esame interessava<br />

individui di sesso femminile; il 50% aveva come sede la cute<br />

del volto. La CK20 era reattiva nel 90% dei casi;In nessun<br />

caso (0%) abbiamo dimostrato positività per CD99; il CD117<br />

era positivo nel 70% dei casi con una caratteristica espressione<br />

granulare citoplasmatica spesso con rinforzo di membrana.<br />

Un solo tumore (10%) è risultato reattivo per SSTR-5<br />

con caratteristica positività dot-like paranucleare; Significativa<br />

la reattività a SSTR-2 nel 40% dei tumori. In tabella sono<br />

riassunti i risultati complessivi.<br />

Sesso Età Sede Dim. cm Ck20 CD99 CR-A SSTR2 SSTR5 CD117 Ki67<br />

F 44 Gluteo 4 x 2,8 + - + + - - 90%<br />

F 76 Gamba 3,5 + - + - - + 60%<br />

M 68 Fronte 0,8 - - + - - + 70%<br />

M 43 Dito mano 1,2 + - + + - + 75%<br />

F 67 Coscia 1 x 0,7 + - + + - + 80%<br />

F 90 Naso 0,4 + - + - + - 60%<br />

F 77 Fronte 1,1 + - + - - - 90%<br />

F 80 Avambraccio 1,5 x 2 + - + + - + 90%<br />

M 84 Volto 1,6 x 1 + - + - - + 80%<br />

F 87 Palpebra 1,3 + - + - - + 90%


POSTERS<br />

Conclusioni. Nella nostra casistica vi è una prevalenza per il<br />

sesso femminile con predilezione per il volto. Lo studio immunoistochimico<br />

non ha dimostrato reattività per CD99 a<br />

differenza di altre studi riportati in letteratura; la positività<br />

per CD117 ha evidenziato una caratteristica espressione granulare<br />

citoplasmatica spesso con rinforzo di membrana<br />

Sull’espressione per SSTR-2 e SSTR-5 non abbiamo termini<br />

di confronto in quanto da ricerca PubMed (www.pubmed.gov)<br />

non siamo stati in grado di trovare uno studio analogo. Riteniamo<br />

che sia utile studiare lo stato recettoriale nel CM. La conoscenza<br />

dell’espressione di SSTR potrebbe aver ricadute nell’ambito<br />

dell’applicabilità delle nuove terapie recettore–associate<br />

con modalità di trattamento meno tossico, ma più mirato.<br />

Bibliografia<br />

Llombart B, et al. Histopathology 2005;46:622-34.<br />

Caratterizzazione immunoistochimica<br />

dell’infiltrato linfocitario e valutazione<br />

quantitativa delle cellule T regolatrici<br />

CD4+/CD25+ FOXP3+ in lesioni melanocitarie<br />

cutanee umane benigne, displastiche e<br />

maligne<br />

V. Mourmouras, M. Fimiani * , P. Rubegni * , M.C. Epistolato,<br />

V. Malagnino, C. Cardone, E. Cosci, M.C. De Nisi , C.<br />

Miracco<br />

Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia, Sezione di<br />

Anatomia Patologica, Università di Siena; * Dipartimento di<br />

Medicina Clinica e Scienze Immunologiche, Sezione di Dermatologia,<br />

Università di Siena<br />

Introduzione e scopi. Recentemente è stata dimostrata l’esistenza<br />

di cellule, definite “regolatrici”, capaci di indurre immunotolleranza<br />

in vari tipi di patologia umana. In pazienti<br />

con melanoma cutaneo è stato dimostrato un incremento in<br />

circolo ed intralesionale delle cellule T regolatrici CD4+<br />

CD25+ FOXP3+ (Tregs). Gli studi effettuati sul tessuto sono,<br />

finora, esigui e le Tregs non sono state ancora analizzate nell’intero<br />

spettro delle lesioni melanocitarie cutanee.<br />

Nel nostro lavoro abbiamo caratterizzato immunoistochimicamente<br />

l’infiltrato linfocitario e quantificato le Tregs<br />

CD4+/CD25+ FOXP3+ in una serie di lesioni melanocitarie<br />

benigne, displastiche e maligne.<br />

Metodi. Abbiamo analizzato 128 lesioni (10 nevi comuni<br />

giunzionali benigni; 10 nevi comuni composti benigni; 10 nevi<br />

composti di Spitz; 10 nevi giunzionali displastici; 20 nevi<br />

composti displastici; 20 melanomi in fase di crescita radiale;<br />

30 melanomi in fase di crescita verticale; 18 metastasi di melanomi).<br />

Le Tregs sono state identificate con l’immunoistochimica<br />

mediante doppia marcatura CD4/CD25/FOXP3.<br />

Risultati. Le Tregs CD4+/CD25+ FOXP3+ erano presenti in<br />

tutti i gruppi di lesioni analizzate. I nevi giunzionali displastici,<br />

i nevi composti displastici ed i melanomi in fase di crescita<br />

radiale avevano le più alte percentuali di Tregs (nevi<br />

giunzionali displastici vs. nevi giunzionali comuni, nevi<br />

composti comuni, nevi composti di Spitz e metastasi di melanoma:<br />

p < 0,0001; nevi giunzionali displastici vs. melanomi<br />

in fase di crescita verticale: p = 0,001; nevi composti displastici<br />

vs. nevi giunzionali/composti comuni: p < 0,0001;<br />

nevi composti displastici vs. nevi giunzionali comuni e nevi<br />

composti comuni: p = 0,0001; nevi composti displastici vs.<br />

nevi composti di Spitz e metastasi di melanoma: p = 0,002;<br />

175<br />

nevi composti displastici vs. melanomi in fase di crescita verticale:<br />

p = 0,02; melanomi in fase di crescita radiale vs. nevi<br />

giunzionali comuni, nevi composti comuni, nevi composti di<br />

Spitz e metastasi di melanoma: p < 0,0001; melanomi in fase<br />

di crescita radiale vs. melanomi in fase di crescita verticale:<br />

p = 0,008).<br />

Conclusioni. La forte prevalenza delle Tregs CD25+<br />

FOXP3+ sia nei nevi displastici giunzionali/composti che nei<br />

melanomi in fase di crescita radiale, suggerisce che esse possano<br />

indurre immunotolleranza in uno stadio precoce, durante<br />

lo sviluppo del melanoma, favorendone, così, la crescita.<br />

La loro valutazione nel sito tumorale potrebbe essere utile sia<br />

dal punto di vista prognostico che terapeutico.<br />

Nevi cutanei melanocitari del dorso: problemi<br />

nella diagnosi istologica differenziale<br />

R. Zamparese, G. Pannone, P. Bufo, J. Wechsler *<br />

Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Sezione di Anatomia<br />

Patologica, Università di Foggia; * Dipartimento di Fitopatologia,<br />

Università Parigi XII “Val de Marme”, Ospedale<br />

“Henri-Mondor”, Parigi<br />

Introduzione. I primi studi condotti sul nevo displastico risalgono<br />

al 1978.<br />

Di recente sono stati condotti studi che dimostrano che alcune<br />

caratteristiche istopatologiche proprie del nevo displastico<br />

possono essere talora presenti nei nevi melanocitari di particolari<br />

regioni corporee, le cosiddette “regioni speciali”, come<br />

le chiama Le Boit 1 . I nevi genitali, acrali, mammari, auricolari<br />

e periauricolari, delle pliche cutanee e quelli congiuntivali<br />

sono considerati nevi delle “regioni speciali”.<br />

Nella regione del dorso la diagnosi differenziale tra nevi comuni<br />

e displastici è spesso problematica. Si ritenuto, pertanto,<br />

interessante studiare le loro caratteristiche istopatologiche<br />

al fine di individuare se essi costituiscono un insieme omogeneo<br />

tanto da far considerare anche il dorso una “regione<br />

speciale”.<br />

Materiali e metodi. Sono stati selezionati 1.115 nevi melanocitari<br />

benigni, pervenuti alla Sezione di Anatomia Patologica<br />

Universitaria nel periodo 2002-2004.<br />

I nevi melanocitari sono stati suddivisi in gruppi in base alla<br />

regione corporea da cui sono stati asportati chirurgicamente<br />

(Tab. I).<br />

Sono stati esclusi dallo studio i nevi melanocitari delle regioni<br />

cosiddette “speciali”. Le lesioni neviche studiate sono state,<br />

quindi, 527.<br />

Per ogni lesione sono state analizzate le caratteristiche istologiche,<br />

elencate nella Tabella II, e alle quali è stato attribuito<br />

uno Score variabile da 0 a +3. Per ogni lesione, in seguito,<br />

è stato calcolato uno Score totale.<br />

Risultati. Nella Tabella I sono riportati i risultati dell’esame<br />

morfologico dei nevi analizzati.<br />

Discussione. I nevi del dorso si presentano spesso di forma<br />

piana, asimmetrici, con un diametro massimo a 6 mm e margini<br />

laterali mal definiti. Istologicamente sono caratterizzati<br />

da un pattern di proliferazione melanocitaria lentigginoso,<br />

con presenza, talora, di melanociti atipici e di melanocitosi<br />

soprabasale. Altra caratteristica molto frequente è la presenza<br />

della fibroplasia lamellare.<br />

Lo studio delle peculiari caratteristiche cliniche ed istopatologiche<br />

dei nevi del dorso, in gran parte sovrapponibili a<br />

quelle proprie del nevo displastico, fornisce elementi a soste-


176<br />

Tab. I. Caratteristiche istopatologiche e cliniche dei nevi.<br />

gno della tesi che tali nevi costituiscano un gruppo omogeneo<br />

che si dovrebbe far rientrare in quello delle regioni speciali.<br />

Tale dato fornisce un notevole ausilio nella diagnostica istologica<br />

routinaria, al fine di evitare diagnosi errate di nevo displastico<br />

o di melanoma maligno.<br />

Bibliografia<br />

1 Le Boit PE. Am J Dermatopathol 2000;22:556-5.<br />

N. Forma Dimensioni nevo Simmetria Demarcazione<br />

bordi<br />

Piana Tuberosa Polipoide < 5 6-10 > 10 presente assente presente assente<br />

mm mm mm<br />

score 0 score 1 score 2 score 1 score 0 score 1 score 0<br />

Dorso 91 19 30 42 46 35 10 80 11 74 17<br />

Spalla 19 4 3 12 11 8 0 17 2 16 1<br />

Lombosacrale 27 6 5 16 21 5 1 24 3 23 4<br />

Torace 21 0 3 18 13 7 1 17 4 20 1<br />

Addome-Fianco 52 4 12 36 31 20 1 52 0 52 0<br />

Collo 47 1 0 46 33 12 2 46 1 47 0<br />

Arto inferiore 15 8 3 4 9 4 2 10 2 10 2<br />

Arto superiore 12 1 6 5 6 2 4 12 0 12 0<br />

Cuoio capelluto 25 2 7 16 8 10 7 23 2 25 0<br />

Fronte 23 1 2 20 12 10 1 22 1 23 0<br />

Guancia 49 2 10 37 33 16 0 49 0 49 0<br />

Labbro 32 1 7 24 24 8 0 24 0 24 0<br />

Mento-Mandibola 41 0 13 28 28 12 1 28 0 28 0<br />

Naso 40 2 14 24 31 8 1 39 1 40 0<br />

Palpebra- 33 1 3 29 26 7 0 33 0 33 0<br />

Sopracciglio<br />

Tab. II. Caratteristiche architetturali della componente melanocitaria nell’epidermide.<br />

N. Proliferazione lentiginosa Formazione teche Melanociti<br />

soprabasali<br />

0% < 30% 30-50% > 50% 0% < 30% 30-50% > 50% Presenti Assenti<br />

Score 0 Score 1 Score 2 Score 3 Score 0 Score 1 Score 2 Score 3 Score 1 Score 0<br />

Dorso 91 37 27 13 14 57 24 6 4 7 84<br />

Spalla 19 14 0 1 4 14 3 1 1 0 19<br />

Lombosacrale 27 21 3 3 0 14 9 2 2 0 27<br />

Torace 21 18 1 2 0 15 4 1 1 0 21<br />

Addome-Fianco 52 41 7 2 2 33 11 3 5 0 52<br />

Collo 47 40 4 2 1 38 6 3 0 0 47<br />

Arto inferiore 15 12 3 0 0 10 4 1 0 0 15<br />

Arto superiore 12 9 3 0 0 10 0 1 1 0 12<br />

Cuoio capelluto 25 23 1 1 0 24 1 0 0 0 5<br />

Fronte 23 22 1 0 0 20 3 0 0 0 23<br />

Guancia 49 47 0 1 1 49 0 0 0 0 49<br />

Labbro 32 23 4 5 0 31 3 0 0 0 32<br />

Mento-Mandibola 41 41 0 0 0 41 0 0 0 0 41<br />

Naso 40 34 5 1 0 37 3 0 0 0 37<br />

Palpebra- 33 29 3 1 0 31 1 0 1 0 33<br />

Sopracciglio<br />

POSTERS


POSTERS<br />

Mycobacterial spindle cell pseudotumor of<br />

skin in a HIV+ patient. Morphological<br />

evidence of an impaired host immune<br />

system-pathogen relationship<br />

A. Cassisa, F. Colpani, L. Gaetti, R. Fante, A. Zanca * , P.<br />

Danese * , L. Palvarini ** , A. Bellomi<br />

Servizio di Anatomia Patologica Azienda Ospedaliera “C.<br />

Poma”, Mantova; * Unità Operativa di Dermatologia<br />

Aziendda Ospedaliera “C. Poma”, Mantova; ** Divisione<br />

Malattie Infettive Azienda Ospedaliera “C. Poma”, Mantova<br />

We report a case of a 37-year-old woman affected by AIDS,<br />

resistent to highly active antiretroviral therapy (HAART),<br />

with severe and ingravescent low CD4 count. She presented<br />

a rigth leg persistent, ulcerated nodule, refractory to local<br />

therapy. Incisional biopsy showed a mixed dermal infiltrate<br />

including several aphazardly arranged histiocytes without<br />

definite granuloma formation. Ziehl-Neelsen stain revealed<br />

many acid-fast bacilli in the histiocytes. Several other<br />

papules and nodules developed successively. A second biopsy<br />

was performed five months later on a nodule over the buttock<br />

which disclosed a dermal nodule composed of proliferative<br />

spindle cells tightly arranged in a plexiform pattern. A<br />

few perivascular lymphocytes were focally observed. The<br />

spindle cells were strongly reactive to CD68, and CD31 suggesting<br />

macrophage differentiation. They were also weakly<br />

reactive to S-100. CD34, actin, HHV8 were not expressed.<br />

Ziehl-Neelsen stain revealed many acid-fast bacilli packing<br />

the cytoplasm of the spindle cells. A diagnosis of mycobacterial<br />

spindle cell pseudotumor of skin was rendered. Spindle<br />

cell mycobacterial pseudotumors are being described in the<br />

lymph nodes of immunocompromised host but rarely in the<br />

skin. It is important for pathologists differentiated this lesion<br />

to avoid mistaking from a mesenchymal neoplasm. The different<br />

histology of subsequent biopsies may represent a dinamic<br />

instability of immune response to mycobacterial infection<br />

in an immune compromised host. The pseutotumoral<br />

histiocyte proliferation may depend by suppression of apoptosis<br />

in infected cells. Actually experimental and in vivo<br />

studies have demonstrated Toll- like receptor signaling dependent<br />

suppression of apoptosis in infected cells. Our patient<br />

very low CD4 count was not most likely sufficcient to<br />

overrun this aberrant mechanism.<br />

Melanoma nevoide acrale<br />

I. Pennacchia, P. Parente, F. Castri, F. Federico, G. Bigotti,<br />

G. Massi<br />

Istituto di Anatomia Patologica Università Cattolica del Sacro<br />

Cuore Roma<br />

Introduzione. Il melanoma nevoide è una neoplasia melanocitaria<br />

maligna che presenta una notevole somiglianza con il<br />

nevo composito comune. Le cellule sono tondeggianti e di<br />

piccola taglia, linfocito-simili; l’architettura ricorda quella di<br />

un banale nevo composito. Tra i melanomi nevoidi quello a<br />

sede acrale presenta maggiori problemi di diagnosi differenziale<br />

con una lesione melanocitaria benigna e rappresenta<br />

un’autentica trappola diagnostica sia per la sua morfologia<br />

nevoide sia per la sottostima delle alterazioni citocariologiche,<br />

generalmente tollerate nelle lesioni melanocitarie osservate<br />

in questa sede.<br />

177<br />

Materiali e metodi. descriviamo quattro casi di melanoma<br />

nevoide acrale inviati in consultazione presso il nostro centro.<br />

I preparati sono stati colorati con ematossilina ed eosina<br />

e testati con HMB4.<br />

Risultati. Istologicamente le lesioni presentavano numerose<br />

caratteristiche in comune con il nevo composito: la forma e<br />

le dimensioni delle teche, la loro regolare distribuzione nel<br />

derma, la bassa attività mitotica e l’assenza o la limitatezza<br />

di spreading pagetoide. Le atipie cariologiche sono presenti,<br />

ma molto blande. La componente collagena era rispettata<br />

dalla crescita neoplastica. L’immunoistochimica mostrava<br />

tuttavia una irregolare distribuzione delle cellule positive,<br />

con positività anche nella quota melanocitaria intradermica.<br />

Dallo studio di questi casi è possibile trarre le seguenti considerazioni:<br />

1. la morfologia in ematossilina ed eosina è notevolmente simile<br />

a quella dei nevi comuni e l’errore diagnostico può essere<br />

quasi inevitabile in osservazioni di routine;<br />

2. elementi obiettivi che possono indurre il sospetto sulla natura<br />

delle lesioni sono:<br />

– l’età dei pazienti (superiore ai 50 anni),<br />

– la dimensione delle lesioni (diametro verticale o<br />

orizzontale superiore a 0,6-0,8 mm),<br />

– il coinvolgimento eccrino con singoli elementi<br />

melanocitari disposti intorno ai dotti escretori,<br />

– la presenza di una proliferazione lentigginosa a<br />

livello giunzionale;<br />

3. la presenza di cellule HMB45 positive nella profondità della<br />

proliferazione neoplastica.<br />

L’atipia e il pleomorfismo nucleare con presenza di elementi<br />

ipercromici con cromatina in zolle grossolane sono elementi<br />

ulteriori, ma possono sfuggire all’osservazione routinaria. Il<br />

neurotropismo è pure stato riscontrato, ma solo in un caso (e<br />

può essere presente anche in lesioni benigne).<br />

I dati clinici sembrano più importanti di quelli istologici per<br />

indirizzare la diagnosi, specie se combinati col risultato dell’indagine<br />

immunoistochimica.<br />

Discussione. La diagnosi differenziale di questa particolare<br />

forma di melanoma si pone con il nevo congenito che è caratterizzato<br />

dalla disposizione dei melanociti intorno ai vasi<br />

e agli annessi con presenza di una “grenz-zone” di fibre collagene;<br />

con il nevo di Spitz nel quale le cellule sono grandi<br />

ed epitelioidi e non piccole e nevoidi come nel melanoma nevoide;<br />

con il nevo lentigginoso acrale in cui le cellule non<br />

presentano ipercromasie e dendriti prominenti e nel quale è<br />

meno saliente lo spreading pagetoide. La diagnosi definitiva<br />

di melanoma nevoide si pone utilizzando i dati clinici (lesioni<br />

voluminose, di natura acquisita, in adulti), immunoistochimici<br />

(positività profonda per HMB45) e citologici (modesta<br />

atipia citocariologica e pleomorfismo). Senza l’uso integrato<br />

di questi criteri il melanoma nevoide acrale è frequentemente<br />

misdiagnosticato come nevo composito.


178<br />

Solitary cellular neurofibroma with nuclear<br />

atypia: a case report with<br />

immunohistochemical findings and<br />

differential diagnosis<br />

D. Lepanto, G. Perrone, A. Bianchi, C. Rabitti<br />

Anatomia Patologica, Policlinico Universitario Campus Bio-<br />

Medico di Roma, Italia<br />

Introduction. Peripheral nerve tumors is a group of neoplasm<br />

that includes benign tumours (such as schwannomas,<br />

neurofibromas and perineuromas) and malignant tumors, collectively<br />

designated as malignant peripheral nerve sheath tumors<br />

(MPNST). Here we present a rare case of solitary cellular<br />

neurofibroma with nuclear atypia.<br />

Case report. A 59 year old male patient was visited in the<br />

Plastic Surgery Division of our hospital for a skin nodular<br />

formation on the right side of the neck. Physical examination<br />

revealed a hard nodule that measured 1.3 cm in size. A local<br />

excision was performed. Grossly, the specimen measured 3 x<br />

1.3 x 1 cm and a solid white 1.3 cm nodule was present in the<br />

derma. Histologically, the lesion was composed of a dual<br />

population of schwann-like cells and fibroblasts. Furthermore,<br />

focal atypia and high cellularity were present. Mitotic<br />

activity was absent. Immunohistochemical study showed expression<br />

of S-100 protein and CD34 positivity. Ki-67 was<br />

positive in < 1% of neoplastic cells.<br />

Conclusion. Based on morphological features, the differential<br />

diagnosis included cellular neurofibroma, dermatofibrosarcoma,<br />

cellular schwannoma and MPNST. The immunohistochemical<br />

markers (S-100+, CD34+) made us to<br />

exclude the diagnosis of cellular schwannoma (CD34-, S-<br />

100+) and dermatofibrosarcoma (CD34+, S-100-). p53 gene<br />

mutation and protein expression have been suggested as findings<br />

for distinguishing benign from malignant nerve sheath<br />

tumors. Kindblom et al. 1 using immunohistochemical methods<br />

reported p53 overexpression in MPNSTs and suggested<br />

that this method may detect malignancy before the presence<br />

of obvious histologic evidence 1 . The present lesion had rare<br />

p53 positive cells (< 1%). Proliferation rate also has been<br />

suggested as a method for distinguishing benign tumors from<br />

MPNSTs. Cell proliferation rate can be determined by Ki-67<br />

immunostaining. In benign neurofibromas, Scheithauer et al.,<br />

detected a Ki-67 labeling index of 1-13% (mean 4.7%), as<br />

compared with 5-38% (mean 18.5%) in MPNSTs 2 . In the<br />

present lesion, Ki-67 staining results positive in < 1% of neoplastic<br />

cell. The low proliferative rate (MIB-1 < 1%) and low<br />

p53 expression made us establish a diagnosis of rare case of<br />

solitary cellular neurofibroma with atypia. In tumors with<br />

borderline histologic features the results of ancillary studies<br />

may be useful in distinguishing benign from malignant lesions.<br />

References<br />

1 Kindblom LG. Virchows Arch 1995;427:19-26.<br />

2 Scheithauer BW. Pathol Res Pract 1995;19:771.<br />

POSTERS<br />

Langerhans cell histiocytosis limited to the<br />

skin in a elderly man<br />

A. Cassisa, F. Colpani, S. Negri, R. Fante, A. Zanca * , A.<br />

Bellomi<br />

Servizio di Anatomia Patologica Ospedale “C. Poma”, Mantova;<br />

* Unità Operativa di Dermatologia Ospedale “C. Poma”,<br />

Mantova<br />

Langerhans cell histiocytosis (LCH) is a pleomorphic disease/entity<br />

of variable biological behaviour and clinical presentation.<br />

It is characterized by proliferation of S-100 protein<br />

and CD1a positive subset of histiocytic cells. Proliferative<br />

Langerhans cells are commonly found in bone, lungs, mucocutaneous<br />

structures, and endocrine organs.<br />

We describe a 78-year-old male presented with a nodular persistent<br />

lesion on the scalp 1 cm wide. Hematoxylin and eosin<br />

stain showed a nodular, expansive dermal monomorphic,<br />

mononuclear cell infiltrate composed of large cells with folded<br />

nuclei. Small necrotic foci were focally present. Interstitial<br />

extravasated red blood cells suggested, in the first instance,<br />

a vascular lesion. Mitoses were easily found. Sparse<br />

perivascular lymphocytes were present, eosinophils were not<br />

detected. A narrow grenz zone was observed between dermal<br />

infiltrate and epidermis. Immunoperoxidase stain for S-100<br />

protein and CD1a confirmed a Langerhans cell differentiation.<br />

Lysozyme, CD-68 and E-chaderin were also expressed.<br />

An imaging workup ruled out systemic involvement; hematological<br />

parameters were in the normal range. The lesion recurred<br />

one year later and was surgical excised. No specific<br />

treatment was performed. No significative event has been<br />

recorded to date, after 3 years of follow-up.<br />

Skin confined Langerhans cell histiocytosis is uncommon<br />

among reported cases of adult LCH. A significantly higher<br />

expression of histiocytic markers in the adult restricted cases<br />

compared to the extensive form of the disease has been reported.<br />

E-cadherin expression has been reported to be more<br />

expressed in localised disease than in extensive disease. It is<br />

possible that histiocytes with Langerhans cell phenotype may<br />

proliferate locally as result from extrinsic unknown signals<br />

but association with hematological disordes or widespread<br />

disease supervening even many years after the first diagnosis<br />

cannot be ruled out, so a carefull follow-up of the patient is<br />

mandatory.<br />

CD30-positive pilotropic T cell lymphoma<br />

without mucinosis<br />

A. Cassisa, F. Colpani, A. Perasole * , M.R. Biasin * , A. Zanca<br />

**<br />

U.O. di Anatomia Patologica Azienda Ospedaliera “C. Poma”,<br />

Mantova; * U.O. di Anatomia Patologica, Ospedale di<br />

Castelfranco Veneto e Montebelluna; ** U.O. Dermatologia<br />

Azienda Ospedaliera “C. Poma”, Mantova<br />

Pilotropic cutaneous T-cell lymphomas without mucinosis<br />

are rare and may be an expression of mycosis fungoides. Progression<br />

of mycosis fungoides is characterized by tumoral<br />

skin infiltration and large cell transformation sometimes with<br />

CD30 antigen expression. Combination of pilotropism, large<br />

cell transformation and CD30 positivity in a mycosis fungoides<br />

clinical setting seems to be an exceptional event. We<br />

describe a 78-year-old man with a 10-year history of large


POSTERS<br />

plaque parapsoriasis that was brought to our attention by a<br />

persistent erythematous, nodular, ulcerated lesion of the face<br />

refractory to local therapy with antibiotics. A punch biopsy<br />

showed a heavy lymphocytic dermal infiltration composed<br />

mainly of large atypical cells that infiltrated perifollicularly<br />

and penetrated the pilar apparatus forming intraepithelial<br />

nests. There was no evidence of follicular mucinosis. The<br />

epidermis was ulcerated without epidermotropism. The neoplastic<br />

lymphocytes expressed T-cell markers such as CD4,<br />

CD3, CD5. Al least 75% of large cells expressed also CD30<br />

antigen. Monoclonal T cell population was detected by polymerase<br />

chain reaction from formalin-fixed,paraffin-embedded<br />

tissue sample. A diagnosis of pilotropic CD30-positive<br />

lymphoma was rendered. The lesion improved after PUVA<br />

therapy and and intralesional steroids but did not disappeared<br />

completely. The patient is well 8 months later with persistence<br />

of disease.<br />

Discussion. Clinical history suggests a transformation of mycosis<br />

fungoides into a CD30-positive large cell lymphoma.<br />

Over-expression of intercellular adhesion molecule type 1<br />

(ICAM-1) by adnexal keratinocytes has been reported to play<br />

a significant pathogenetic role in pilotropism. CD30 and its<br />

ligand are also implicated in adhesion properties of neoplastic<br />

lymphocytes. The absence of epithelial mucin production<br />

may be expression of a different epitheliotropic migration<br />

mechanism from follicular mucinosis a histological variant<br />

of mycosis fungoides. We belive that this case despite its distinctive<br />

features may be included in the pleomorphic spectrum<br />

of mycosis fungoides and its transformation-related<br />

lymphoproliferative lesions.<br />

Leiomioma cutaneo atipico: analogie con il<br />

leiomioma simplastico dell’utero<br />

F. Di Nuovo, V. Lo Re, M. Spinelli<br />

Dipartimento di Patologia Azienda Ospedaliera “G. Salvini”,<br />

di Anatomia e Istologia Patologica, Ospedale “S. Corona”,<br />

Garbagnate Milanese, Ospedale “Caduti Bollatesi”,<br />

Bollate, Milano<br />

Introduzione. Il leiomioma cutaneo atipico è una distinta variante<br />

istologica del leiomioma pilare. È di raro riscontro, infatti<br />

esigui sono i casi attualmente segnalati in letteratura. È<br />

ritenuto da alcuni autori, la controparte uterina del leiomioma<br />

simplastico. In considerazione dell’aspetto macroscopico<br />

ed istologico è spesso misdiagnosticato come istiocitoma fibroso<br />

benigno.<br />

Materiali. Paziente di sesso maschile di 46 anni di età, riferisce<br />

di aver notato da tempo imprecisato, una neoformazione<br />

cutanea alla gamba. Il dermatologo, dopo escissione, la invia<br />

per l’esame istologico con il sospetto clinico di istiocitoma<br />

fibroso. All’esame macroscopico la losanga cutanea era<br />

centrata da neoformazione misurante 1,2 cm di asse maggiore,<br />

rilevata, grigiastra, con alone periferico brunastro. Al taglio<br />

si osservava ispessimento dermico biancastro. Istologicamente<br />

la lesione appariva ben circoscritta, in sede dermica,<br />

e costituita da elementi cellulari fusati, in arrangiamento fascicolato,<br />

di taglia medio-grande, con nuclei evidenti, fusati<br />

e sigariformi, talora macronucleolati. Erano presenti anche<br />

alcune cellule multinucleate con nuclei polilobati, vescicolosi.<br />

La neoformazione appariva, in periferia, in continuità con<br />

i fasci muscolari erettori degli annessi pilari. Rarissime le mitosi<br />

e l’indice di proliferazione valutato mediante Mib1 era<br />

inferiore all’1%. La popolazione neoplastica è risultata intensamente<br />

positiva per Actina alfa comune, per SMA, per<br />

Desmina e, localmente, per Vimentina; mentre era negativa<br />

per CD34 e per CD68 (KP1).<br />

Conclusioni. Il leiomioma pilare atipico è una variante infrequente<br />

di leiomioma cutaneo. L’osservazione di un caso ci<br />

ha indotto a rivalutare la letteratura e a segnalarlo soprattutto<br />

in considerazione della atipicità della lesione. Ricordiamo<br />

infine, che rappresenta la controparte uterina del leiomioma<br />

simplastico sia per aspetto istologico analogo e verosimilmente<br />

per comportamento biologico.<br />

Bibliografia<br />

1 Matthews JH, et al. Dermatol Surg 2004;30:1249-51.<br />

2 Mahalingam M, et al. Am J Dermatopathology 2001;238:299-303.<br />

179<br />

Casistica dermatopatologica: quando la<br />

Clinica chiarisce l’Istologia<br />

A. Amantea, P. Donati, L.G. Spagnoli *<br />

Laboratorio di Dermatopatologia, Istituto Dermatologico<br />

“San Gallicano”, IRCSS, Roma; * Cattedra di Anatomia Patologica,<br />

Università “Tor Vergata”, Roma<br />

Introduzione. La dermatopatologia necessita spesso, più che<br />

ogni altro settore dell’Anatomia patologica, una correlazione<br />

con l’aspetto clinico delle lesioni, specialmente per quel che<br />

riguarda le patologie infiammatorie della cute. L’assenza di<br />

una tale correlazione clinico-patologica può indurre infatti a<br />

diagnosi non corrette.<br />

Metodi. Gli Autori presentano alcuni casi esemplificativi selezionati<br />

dalla casistica del Laboratorio di Dermatopatologia<br />

dell’Istituto “San Gallicano” di Roma, il cui corretto inquadramento<br />

diagnostico è stato possibile solo da un’accurata visita<br />

dermatopatologica.<br />

Risultati. Esistono numerosi pattern istomorfologici comuni<br />

a differenti dermatosi quali la discheratosi acantolitica, l’eliminazione<br />

trans-epidermica, le reazioni lichenoidi, i granulomi<br />

palizzatici, ecc.<br />

Conclusioni. La dermatopatologia deve necessariamente attingere<br />

alle fonti di due discipline quanto mai complesse quali<br />

l’Anatomia patologica e la Dermatologia.<br />

Atypical vascular lesions of the breast skin<br />

following radiotherapy<br />

R. Santi, D. Massi, A. Franchi, A. Palomba, V. Maio, J.<br />

Panelos, C. Delfino * , N. Pimpinelli * , M. Santucci<br />

Department of Human Pathology and Oncology, University<br />

of Florence, Italy; * Department of Dermatological Sciences,<br />

University of Florence, Italy<br />

Introduction. While pathologists have known about postmastectomy<br />

angiosarcomas from the origin of the radical<br />

mastectomy, a new group of unusual atypical vascular lesions<br />

(AVL) of the mammary skin are now being increasingly recognized.<br />

AVL arise in the setting of breast-conserving surgical<br />

treatment with adjuvant radiation therapy. These are subtle<br />

vascular proliferations, both clinically and histologically,<br />

which show significant clinical and histopathologic overlap<br />

with well-differentiated angiosarcoma and thus often represent<br />

a diagnostic challenge. The morphological spectrum


180<br />

ranges from lymphangiectasia-like vascular proliferations resembling<br />

lymphangioma circumscriptum or progressive lymphangioma<br />

to hemangiomas of different types showing some<br />

atypical features.<br />

Methods. Three patients with AVL at the site of radiotherapy<br />

for breast carcinoma are described.<br />

Results. They were female patients, their age ranging from 47<br />

to 68 years. All patients had a history of infiltrating breast carcinoma,<br />

and were treated by excision with postoperative radiation<br />

therapy. All lesions were located in mammary skin within<br />

the prior radiation field. The clinical presentation included<br />

multiple skin-coloured papules and vesicles in one case, single<br />

erythematous plaque in other 2 cases. Histopathologically, in 2<br />

cases we observed relatively well-circumscribed complex,<br />

anastomosing vascular proliferations confined to the superficial<br />

and mid dermis, with no extension in the subcutaneous tissue.<br />

Dilated empty vascular spaces particularly in the superficial<br />

portion of the lesions were detected. The third case met<br />

most, but not all, the morphological criteria for AVL, with endothelial<br />

cells decorating the vascular channels showing signs<br />

of cytological atypia, although not featuring clear-cut findings<br />

for low-grade angiosarcomas.<br />

Conclusions. Post-radiation AVL of the breast skin show a<br />

wide morphological spectrum. Due to possible overlap with<br />

low-grade angiosarcomas, complete excision and long follow-up<br />

is recommended.<br />

Co-localizzazione di carcinomi cutanei e<br />

leucemia linfatica cronica: un case report<br />

T. Brambilla, P. Possanzini, L. Moneghini, U. Gianelli, G.<br />

Coggi<br />

II Cattedra di Anatomia Patologica, DMCO, Università di<br />

Milano, A.O. “San Paolo” e Fondazione IRCCS Ospedale<br />

Maggiore Policlinico, “Mangiagalli e Regina Elena”, Milano,<br />

Italia<br />

La leucemia linfatica cronica (LLC), nel mondo occidentale,<br />

rappresenta la più comune forma di leucemia negli individui<br />

al di sopra dei 50 anni.<br />

I pazienti affetti da questa patologia hanno un aumentato rischio<br />

di sviluppare una seconda neoplasia maligna, soprattutto<br />

un carcinoma squamocellulare cutaneo.<br />

In letteratura, è descritto un coinvolgimento cutaneo diffuso<br />

(leucemia cutanea in corso di LLC) con un’incidenza del 4-<br />

20% sul totale dei casi di LLC, mentre la co-localizzazione<br />

cutanea di LLC in corso di neoplasie epiteliali (carcinoma<br />

squamocellulare, carcinoma basocellulare e melanoma) è solo<br />

occasionale.<br />

Qui riportiamo il caso di un uomo di 85 anni, già affetto da alcuni<br />

anni da LLC, giunto alla nostra osservazione per la prima<br />

volta nel 2005 per l’asportazione di una neoformazione sulla<br />

punta del naso e che, successivamente, è stato sottoposto ad<br />

asportazione di altre neoformazioni cutanee del capo.<br />

Tali neoformazioni, diagnosticate come cheratosi attiniche e<br />

carcinomi squamocellulari, erano tutte circondate da localizzazione<br />

sottocutanea di un denso infiltrato linfocitario, situato<br />

esclusivamente nelle regioni immediatamente circostanti<br />

la neoplasia, immunofenotipicamente compatibile con LLC,<br />

tipizzato grazie alla positività per le colorazioni immunoistochimiche<br />

CD20, CD23 e CD5.<br />

Questo rappresenta, quindi, uno dei rari casi in cui è possibile<br />

osservare la coesistenza di carcinoma cutaneo e localizzazione<br />

cutanea di LLC.<br />

POSTERS<br />

La presenza di linfociti sembra essere dovuta ad un’alterata<br />

risposta immunitaria dell’ospite alla neoplasia e non peggiorativa<br />

della prognosi del paziente, a differenza di quanto osservato<br />

per la leucemia cutanea; infatti, dopo un follow-up di<br />

2 anni e mezzo, il paziente descritto non presenta una evoluzione<br />

della LLC.<br />

Bibliografia<br />

1 Smoller BR, Warnke RA. Cutaneous infiltrate of chronic lymphocytic<br />

leukemia and relationship to primary cutaneous epithelial neoplasms.<br />

J Cutan Pathol 1998;25:160-4.<br />

2 Dargent JL, Kornreich A, et al. Cutaneous infiltrate of chronic<br />

lymphocytic leukaemia surrounding a primary squamous cell carcinoma<br />

of the skin. Report of an additional case and reflection on its<br />

pathogenesis. J Cutan Pathol 1998;25:479-80.<br />

Chemerin-mediated recruitment of<br />

interferon producing cells/plasmacytoid<br />

dendritic cells in target sites of cutaneous<br />

lupus erythematous<br />

A. Santoro, M. Morassi, W. Vermi, F. Gentili, M. Ravanini,<br />

P.G. Calzavara-Pinton * , S. Sozzani ** , F. Facchetti<br />

1° Servizio Anatomia Patologica e * Clinica Dermatologica,<br />

Spedali Civili di Brescia; ** Dipartimento di Patologia Generale,<br />

Università di Brescia, Italia<br />

Introduction. Recent studies have suggested that interferon<br />

(IFN) producing cells/plasmacytoid dendritic cells<br />

(IPC/PDC) are involved in the pathogenesis of lupus erythematosus<br />

(LE), an autoimmune disease of unknown etiology.<br />

IPC/PDC have been demonstrated in skin lesions from LE,<br />

along with IFN-α mRNA. Our hypothesis was that IPC/PDC<br />

play multiple roles in the pathogenesis of LE via IFN-α and<br />

granzyme-B (GR-B), a serine protease inducing cell death.<br />

Methods. Skin biopsies from 37 patients with cutaneous LE<br />

(CLE, n = 29) or systemic LE (SLE, n = 8) were analysed by<br />

immunohistochemistry for the expression of CD3, CD20,<br />

CD68, CD123, CD208, perforin, GR-B, activated caspase-3,<br />

MxA (a protein specifically induced by IFN-α), chemerin and<br />

its receptor ChemR23 which are responsible for IPC/PDC recruitment.<br />

Additionally, IPC/PDC density, phenotype and cellinteractions<br />

were investigated by double immunofluorescence.<br />

Results. IPC/PDC were observed in 91,9% of LE skin biopsies,<br />

but only CLE was characterized by a high density of<br />

IPC/PDC (medium value/HPF ± ESM, CLE 8,32 ± 1,8 vs.<br />

SLE 1,0 ± 0,35; p = 0,018). Accordingly, chemerin was abundantly<br />

produced in CLE, suggesting that IPC/PDC are recruited<br />

via chemerin-ChemR23 mechanism. IPC/PDC were<br />

found in dermis and along interfacies, arranged as perivascular<br />

and iuxta-epithelial aggregates and in the epidermis as<br />

single cells. IPC/PDC were also associated to local production<br />

of IFN-α, as demonstrated by strong expression of MxA<br />

in the epidermis. Even if IPC/PDC have never shown maturation<br />

on the basis of CD208 expression, IFN-producing<br />

IPC/PDC may represent the active form of these cells and<br />

play an immunomodulatory role, stimulating myeloid DC<br />

maturation via IFN-α. Infact, cell-to-cell contact between<br />

CD123+ IPC/PDC and CD208+ DC was observed and a significant<br />

correlation between the numbers of these two populations<br />

was found. Moreover, a direct role of IPC/PDC in<br />

skin lesions of LE was suggested by their localization along<br />

damaged epithelial structures and GR-B expression. We have<br />

found a co-localization of GR-B+ IPC/PDC and perforin+


POSTERS<br />

and GR-B+ T lymphocytes in the cutaneous lesions of LE,<br />

associated to the detection of activated caspase-3 in the epithelium,<br />

a marker of apoptosis commitment.<br />

Conclusions. These results suggest a pivotal role for IFN<br />

producing IPC/PDC in the pathogenesis of CLE, by promoting<br />

DC maturation and GR-B mediated-epithelial damage.<br />

Nevo blu con satellitosi<br />

M. De Vito, L. Ventura * , M.L. Brancone, T. Ventura<br />

Istituto Veneri, Laboratorio di Analisi Citoistopatologiche,<br />

Tortoreto (TE); * U.O. di Anatomia Patologica, ASL 4, Ospedale<br />

“San Salvatore”, L’Aquila<br />

Introduzione. Il nevo blu è una lesione melanocitaria benigna,<br />

che si manifesta sottoforma di una papula di colore blu o nero,<br />

ben circoscritta e solitamente asintomatica. I nevi blu possono<br />

mostrare un ampio spettro di cellularità ed atipia che va dal<br />

piccolo nevo blu comune fino al raro nevo blu maligno.<br />

Metodi. Giungeva alla nostra osservazione un paziente di<br />

sesso maschile, di 66 anni, con una lesione, situata sul capo,<br />

di colorito blu-nerastro, lievemente rilevata, a margini sfumati,<br />

asimmetrica, che mostrava formazioni nodulari satelliti,<br />

dalle stesse caratteristiche morfologiche. La neoformazione<br />

non era dolente. La superficie occupata era di cm 1,6 x<br />

1,2. Il nodulo principale era presente da circa 7 anni mentre i<br />

noduli satelliti erano comparsi da circa un anno e mezzo. Il<br />

materiale chirurgico veniva processato e tagliato in sezioni di<br />

4 µm di spessore, colorate in ematossilina-eosina.<br />

Risultati. L’esame istologico evidenziava una proliferazione<br />

di melanociti allungati, “dendritici”, pigmentati, localizzati<br />

nel derma reticolare, senza atipie cito-architetturali ed<br />

attività mitotica. Veniva posta diagnosi di nevo blu con satellitosi.<br />

Conclusioni. I nevi blu sono lesioni solitarie, di forma rotonda<br />

od ovale e delle dimensioni comprese fra 0,5 ed 1,5<br />

cm. Rari sono i casi di nevi blu multipli od “a placca”. Ancora<br />

meno frequenti sono i casi di “nevo blu con satellitosi e<br />

di “nevo blu maligno”. Quest’ultimo solitamente si localizza<br />

sul capo e colpisce il sesso maschile. Si tratta di una lesione<br />

dal comportamento aggressivo con tendenza a recidive locali<br />

ed a metastasi a distanza 1 . Il caso in esame si presentava<br />

sottoforma di un nodulo centrale a contorni mal definiti con<br />

noduli satelliti perilesionali. Le caratteristiche cliniche della<br />

lesione rendevano necessaria la diagnosi differenziale con il<br />

melanoma. L’esame istologico, che ha evidenziato l’assenza<br />

di atipie cellulari e di attività mitotica, ha permesso di escludere<br />

la diagnosi di melanoma 2 . Lo scopo di questo report è<br />

quello di segnalare che lesioni morfologicamente compatibili<br />

con un nevo blu, che aumentano di dimensioni e presentano<br />

lesioni satelliti, non implicano necessariamente la natura<br />

maligna della lesione stessa. Si tratta comunque di casi inusuali<br />

che, soprattutto se localizzati sul capo, necessitano di<br />

un’ampia escissione chirurgica e di una stretta sorveglianza<br />

clinico-dermatologica del paziente.<br />

Bibliografia<br />

1 Del Rio E, et al. Cutis 2000;65:301-2.<br />

2 Sahin MT, et al. J Eur Acad Dermatol Venereol 2001;15:570-3.<br />

181


PATHOLOGICA 2007;99:182-183<br />

Giant cell carcinoma of the thyroid: a case<br />

report with emphasis on ultrastructural<br />

evidence of mitotic catastrophe<br />

R.A. Caruso, V. Zuccalà, G. Costa, E. Gagliardi, V. Cavallari<br />

Dipartimento di Patologia Umana, Policlinico Universitario,<br />

Messina<br />

We report a case of a 70-year-old woman with an anaplastic<br />

carcinoma of the thyroid gland, along with immunohistochemical<br />

and electron microscopic findings. Histologically,<br />

the tumour is characterized by mononucleated and multinucleated<br />

giant cells, lack of architectural cohesion, atypical<br />

mitoses, and extensive areas of coagulative necrosis. Tumour<br />

cells are positive for AE1/AE3, show nuclear overexpression<br />

of p53 and ki-67, and are negative for caspase-3. Ultrastructural<br />

examination shows multiple nuclei with heterogeneous<br />

size ranging from micronuclei to large-size (giant) nuclei.<br />

Nuclear projections and pockets as well as nucleoplasmic<br />

bridges are present. There are also early signs of cell death<br />

including cytoplasmic vacuolization and heterochromatin<br />

disappearance. Taken together, these findings indicate high<br />

proliferative activity, suppression of apoptosis, chromosomal<br />

instability, formation and disintegration of (multinuclear) giant<br />

cells (which is also termed mitotic death or catastrophe).<br />

To the best of authors’ knowledge, this appears to be the first<br />

report describing ultrastructural features of mitotic catastrophe<br />

in a human tumour.<br />

Immunolocalizzazione del fattore di crescita<br />

ALR su muscolo normale e patologico<br />

R. Rossi, L. Polimeno * , D. Piscitelli, M. Mastrodonato ** ,<br />

C. Gemma, M. Palumbo, M.G. Fiore, L. Resta<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica, Servizio di Patologia<br />

Ultrastrutturale, Università di Bari; * Dipartimento di Gastroenterologia,<br />

Università di Bari; ** Dipartimento di Zoologia,<br />

Università di Bari<br />

Introduzione. L’Augmenter of Liver Regeneration (ALR) è<br />

un fattore di crescita epatocellulare importante nell’indurre la<br />

progressione del ciclo cellulare. Il gene per l’ALR è localizzato<br />

sul cromosoma 16 nell’uomo e codifica per tre diverse<br />

isoforme (15, 21 e 23 kDa). La proteina ALR è stata rilevata<br />

in molti organi, in particolare nel testicolo, muscolo, cervello<br />

e fegato. Nella biogenesi mitocondriale tale proteina svolge<br />

un ruolo fondamentale fornendo al processo rigenerativo<br />

epatico l’energia supplementare necessaria, inducendo l’espressione<br />

del DNA mitocondriale stimolando la produzione<br />

di ATP. Studi precedenti hanno evidenziato una differente<br />

espressione dell’mRNA nelle fibre muscolari umane a seconda<br />

del sesso e dell’età. Inoltre è stata evidenziata una stretta<br />

correlazione tra l’espressione di questa proteina e la positività<br />

degli enzimi mitocondriali. Scopo della ricerca è localizzare<br />

la proteina ALR nel muscolo normale e patologico con<br />

indagine immunomicroscopia elettronica.<br />

Metodi. Abbiamo processato 6 campioni di muscolo normale<br />

e 6 di muscolo patologico provenienti da pazienti con di-<br />

Diagnostica<br />

verse miopatie degenerative. Oltre all’osservazione ultrastrutturale<br />

con TEM abbiamo applicato una tecnica di immunogold<br />

con anticorpi policlonali e monoclonali anti-ALR<br />

(MultiBind, Biotec GmbH).<br />

Risultati. L’indagine di immunomicroscopia elettronica ha<br />

evidenziato una localizzazione della proteina ALR in tutti i<br />

campioni, sia a livello citoplasmatico che mitocondriale. L’espressione<br />

è risultata quantitativamente maggiore nei muscoli<br />

patologici. Nei mitocondri la positività riguardava sia lo<br />

spazio intermembrana che le creste.<br />

Conclusioni. La presenza della proteina ALR nel tessuto muscolare<br />

umano può essere correlata con alcune patologie neuromuscolari,<br />

varie miopatie, neuropatie, e sindromi complesse.<br />

Infatti tali patologie possono essere considerate primariamente<br />

come malattie mitocondriali, con conseguente alterazione<br />

del meccanismo di fosforilazione ossidativa, cui sarebbe<br />

correlata la funzione di ALR.<br />

Osservazioni ultrastrutturali di un carcinoma<br />

gastrico misto con componente acinare<br />

pancreatica ed endocrina<br />

G. Finzi, C. Placidi * , S. Marchet, D. Micello * , C. Capella *<br />

Anatomia Patologica Ospedale di Circolo Varese; * Dipartimento<br />

di Morfologia Umana, Sezione di Anatomia Patologica,<br />

Università dell’Insubria, Varese<br />

Viene presentato un caso di carcinoma gastrico misto con una<br />

componente acinare pancreatica ed endocrina. Solo pochi casi<br />

sono stati descritti finora, e nessuno è mai stato osservato<br />

al microscopio elettronico. Il paziente è un uomo di 66 anni,<br />

sottoposto a gastrectomia per una neoplasia identificata all’endoscopia.<br />

All’osservazione macroscopica, il tumore appare<br />

come una neoplasia ulcerata con bordi indistinti (tipo III<br />

sec. Borrmann) interessante l’antro gastrico, del diametro di<br />

8 x 6 cm. Istologicamente, il tumore appare esteso fino alla<br />

sottosierosa, e mostra una componente di tipo diffuso frammista<br />

ad una componente acinare, che rappresenta circa il<br />

50% della neoplasia. Nella componente diffusa si distinguono<br />

cellule ad anello con castone, mentre quella acinare è costituita<br />

da cellule cuboidali, con abbondante citoplasma eosinofilo<br />

granulare e nucleo disposto alla base della cellula, disposte<br />

a delimitare piccoli lumi. Le indagini immunoistochimiche<br />

mostrano nelle cellule neoplastiche una positività per<br />

la tripsina, prevalentemente concentrata nelle regioni a componente<br />

acinare, e alla cromogranina, in cellule endocrine<br />

sparse in tutta la neoplasia. Le indagini ultrastrutturali evidenziano<br />

nella componente acinare la presenza di cellule esocrine<br />

con granuli secretori dall’aspetto eterogeneo, in parte<br />

immunoreattivi per la tripsina, che suggeriscono una differenziazione<br />

ibrida gastrico-pancreatica, e di cellule endocrine<br />

cromogranina-positive che mostrano i granuli tipici delle<br />

cellule enterocromaffini. La coesistenza nella stessa neoplasia<br />

di cellule esocrine, parzialmente differenziate in senso<br />

pancreatico, ed endocrine, permette di ipotizzare che la neoplasia<br />

sia originata da una cellula staminale pluripotente,<br />

provvista di capacità di differenziare in diverse direzioni. In<br />

conclusione abbiamo identificato un raro tipo di carcinoma<br />

gastrico dalle caratteristiche istopatologiche peculiari: il car-


POSTERS<br />

cinoma gastrico misto con componente acinare pancreatica<br />

ed endocrina. Il comportamento di queste neoplasie non è ancora<br />

noto, ma la presenza, nel nostro caso, di metastasi linfonodali<br />

diffuse, suggerisce che il tumore sia altamente aggressivo.<br />

Indagine ultrastrutturale della<br />

microangiopatia nel diabete di tipo 1 dopo<br />

trapianto di rene-pancreas, rene-isole, o rene<br />

L. Usellini, G. Finzi, C. Placidi * , S. La Rosa, F. Folli ** , P.<br />

Fiorina *** , C. Capella *<br />

Anatomia Patologica Ospedale di Circolo, Varese; * Dipartimento<br />

di Morfologia Umana, Sezione di Anatomia Patologica,<br />

Università dell’Insubria, Varese; ** Department of Medicine,<br />

University of Texas Health Science Center, San Antonio,<br />

Texas, USA; *** Dipartimento di Medicina, Istituto Scientifico<br />

“San Raffaele”, Milano<br />

Come è noto, nel diabete i danni al sistema cardiocircolatorio<br />

sono così importanti che costituiscono la principale causa<br />

di morte per questa malattia. Alcuni studi hanno dimostrato<br />

che il trapianto di pancreas può rallentare la progressione<br />

dell’aterosclerosi e migliorare le funzioni degli endoteli<br />

nel diabete di tipo 1. In un precedente studio è stato dimostrato<br />

che il trapianto di isole pancreatiche porta ad un<br />

miglioramento delle condizioni degli endoteli, del profilo<br />

aterotrombotico e della sopravvivenza dei pazienti 1 . Nel<br />

presente studio abbiamo confrontato gli effetti di diversi tipi<br />

di trattamento del diabete di tipo 1 sulla microangiopatia.<br />

Lo studio è stato condotto su una serie di biopsie cutanee di<br />

pazienti affetti da diabete di tipo 1, di cui 42 sottoposti a<br />

trapianto di rene (TrR), 162 a trapianto di rene e pancreas<br />

(TrRP), 37 a trapianto di rene e isole (TrI), di cui 24 con<br />

successo (TrIs) e altre 13 con successiva perdita della funzionalità<br />

insulare (TrIi) e, per confronto, di 196 pazienti<br />

diabetici uremici non trapiantati (PUNTr) e di 10 pazienti<br />

trapiantati di rene non diabetici (TrND). Le biopsie sono<br />

state studiate, oltre che con ematossilina-eosina e con la colorazione<br />

AB-PAS, con la microscopia elettronica e con indagini<br />

immunoistochimiche per la localizzazione in microscopia<br />

ottica ed elettronica del fattore di von Willebrand. Al<br />

microscopio ottico, tutte le biopsie dei pazienti diabetici,<br />

trapiantati e non, mostravano un evidente un ispessimento<br />

della membrana basale dei capillari ematici, bene evidenziato<br />

con la colorazione AB-PAS. Al microscopio elettronico,<br />

in tutti i gruppi di diabetici osservati era presente un<br />

ispessimento della membrana basale, e una riduzione del lume<br />

vascolare, che in alcuni casi arrivava ad essere completamente<br />

collassato; sulle cellule endoteliali si osservava una<br />

ramificazione dei microvilli, una dilatazione delle cisterne<br />

di reticolo endoplasmatico, un aumento di filamenti intermedi,<br />

e degli aspetti di apoptosi dei nuclei. Queste lesioni<br />

erano modeste nei gruppi TrIs, TrRP e TrR, e più marcate<br />

nei gruppi PUNTr e TRIi. L’espressione di vWF nelle cellule<br />

endoteliali era diminuita nei pazienti TrI e TrR, e, sebbene<br />

in minore misura, nei pazienti TrRP, rispetto ai pazienti<br />

TRND. In conclusione, i nostri dati dimostrano che il<br />

trapianto di rene e pancreas e quello di rene e isole pancreatiche<br />

migliorano la microangiopatia diabetica.<br />

Bibliografia<br />

1 Fiorina P, et al. Transplantation 2003;75:1296-301.<br />

183


PATHOLOGICA 2007;99:184-185<br />

Carcinoma papillare della tiroide: espressione<br />

immunoistochimica di EG-VEGF<br />

R. Zamparese, G. Pannone, P. Bufo<br />

Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Sezione di Anatomia<br />

Patologica, Università di Foggia<br />

Introduzione. La neoangiogenesi ha un ruolo fondamentale<br />

nel processo di crescita, invasione e metastatizzazione di<br />

gran parte delle neoplasie umane. Recenti studi hanno messo<br />

in evidenza che gli organi steroidogenici risentono dell’influenza<br />

di una famiglia di fattori angiogenetici, detti EG-<br />

VEGF (Endocrine Gland-derived Vascular Endothelial<br />

Growth Factors). I fattori angiogenetici EG-VEGF espletano<br />

la loro azione in modo selettivo sull’endotelio delle ghiandole<br />

endocrine, in particolare nelle cellule del surrene, dell’ovaio,<br />

del testicolo e della placenta 1 .<br />

Ancora molto poco è noto sull’espressione di EG-VEGF nelle<br />

neoplasie maligne.<br />

Scopo del presente lavoro è indagare l’espressione immunoistochimica<br />

di EG-VEGF nei tumori della tiroide.<br />

Materiali e metodi. La nostra ricerca è stata condotta su un<br />

campione costituito da 42 carcinomi papillari e 4 carcinomi<br />

anaplastici della tiroide. Trattasi di 32 donne e 14 uomini,<br />

con un’età media di 49 anni (range: 31-76 anni). Ogni caso è<br />

stato stadiato applicando il sistema TNM.<br />

Due sezioni istologiche di ogni campione, comprendente<br />

neoplasia e parenchima non neoplastico, sono state saggiate<br />

con un anticorpo monoclonale per EG-VEGF (RD-System)<br />

mediante metodica standard LSAB-HRP.<br />

Risultati. L’espressione di EG-VEGF è presente in tutti i casi<br />

di carcinoma papillare, mentre è assente nel tessuto tiroideo<br />

non neoplastico adiacente alla neoplasia e nei 4 casi di<br />

carcinoma anaplastico.<br />

Conclusioni. I nostri risultati suggeriscono una associazione<br />

tra l’espressione di EG-VEGF e l’incremento della neoangiogenesi<br />

nel carcinoma papillare della tiroide. L’espressione<br />

di EG-VEGF, elevata nelle cellule neoplastiche ed assente<br />

nelle cellule non neoplastiche, suggerisce che l’azione di EG-<br />

VEGF è cancro-specifica. Inoltre, l’assenza di espressione di<br />

EG-VEGF in tutti i casi di carcinoma anaplastico della tiroide<br />

potrebbe suggerire, in primo luogo, che durante la progressione<br />

neoplastica si ha un decremento dell’espressione<br />

genica fino alla perdita completa della proteina, in secondo<br />

luogo, potrebbe indicare che tali casi di carcinoma anaplastico<br />

non sono istogeneticamente correlati con il carcinoma papillare.<br />

Tali dati, in particolar modo l’espressione cancro-specifica<br />

di EG-VEGF, sono molto importanti perché potrebbero<br />

costituire il punto di partenza per una nuova prospettiva terapeutica<br />

del carcinoma papillare della tiroide.<br />

Bibliografia<br />

1 LeCouter J, et al. Nature 2001;412:877-84.<br />

Immunoistochimica<br />

Utilità dell’immunoistochimica nel<br />

differenziare un carcinoma papillare della<br />

tiroide insorto su tessuto ectopico da una<br />

metastasi laterocervicale<br />

D. Cabibi, M. Cacciatore, C. Guarnotta, V. Rodolico, F.<br />

Aragona<br />

Dipartimento di Patologia Umana, Università di Palermo<br />

Introduzione. In assenza di tumore primitivo nella tiroide, la<br />

distinzione tra “carcinoma insorto su tessuto tiroideo ectopico”<br />

e “metastasi laterocervicale da carcinoma papillare occulto”<br />

può essere difficile. Anche il tessuto follicolare apparentemente<br />

normale in sede laterocervicale viene spesso considerato,<br />

secondo la letteratura corrente, “metastasi da carcinoma<br />

tiroideo ben differenziato”. Recentemente è stata riportata<br />

l’utilità dell’immunoistochimica con Galectina-3, Citocheratina<br />

1 e HBME-1 nella diagnosi del carcinoma papillare<br />

della tiroide. Lo studio si propone di verificare se i suddetti<br />

anticorpi possono essere utili per chiarire la vera natura del<br />

tessuto follicolare in sede laterocervicale.<br />

Metodi. Sono stati selezionati sei casi (gruppo A) costituiti<br />

da masse laterocervicali sede di carcinoma papillare tiroideo<br />

con aree follicolari apparentemente normali adiacenti. L’esame<br />

della tiroide non aveva evidenziato la presenza di carcinoma<br />

nella ghiandola. Come controllo (gruppo B) sono stati<br />

selezionati 8 casi con masse laterocervicali sede di carcinoma<br />

papillare con aree adiacenti di tessuto follicolare apparentemente<br />

normale, nei quali l’esame della tiroide aveva<br />

evidenziato la presenza di carcinoma papillare. Entrambi i<br />

gruppi sono stati studiati con Galectina-3, Citocheratina 1 e<br />

HBME-1.<br />

Risultati. Nel gruppo B le aree neoplastiche tiroidee, delle<br />

masse laterocervicali, e le aree follicolari apparentemente<br />

normali adiacenti erano positive per tutti e tre gli anticorpi.<br />

Nel gruppo A erano positive solo le aree neoplastiche laterocervicali,<br />

mentre le adiacenti aree follicolari apparentemente<br />

normali e il parenchima tiroideo erano negativi.<br />

Conclusioni. La positività per tutti e tre gli anticorpi nelle<br />

aree follicolari apparentemente normali del gruppo B suggerisce<br />

che queste possano essere di natura neoplastica, nonostante<br />

appaiano così ben differenziate da apparire normali,<br />

Nel gruppo A, dove il tumore primitivo della tiroide era assente,<br />

il tessuto follicolare laterocervicale apparentemente<br />

normale, negativo per tutti e tre gli anticorpi, potrebbe invece<br />

costituire il parenchima ectopico che ha dato origine al<br />

carcinoma papillare primitivo. L’immunoistochimica può<br />

quindi aiutare a riconoscere la vera natura del parenchima<br />

follicolare ectopico, evitando in alcuni casi una diagnosi di<br />

“metastasi da carcinoma primitivo occulto” che porterebbe<br />

ad una over-stadiazione della malattia e alla infruttuosa ricerca<br />

del primitivo all’interno della ghiandola tiroide.


POSTERS<br />

Miofibroblastoma epitelioide polipoide del<br />

cavo orale: un mimo di rabdomiosarcoma<br />

embrionale, varietà botrioide<br />

G. Magro, P. Greco, A. Gurrera, M. Curduman, E. Giurato,<br />

E. Vasquez<br />

Dipartimento “G.F. Ingrassia”, Anatomia Patologica, Policlinico<br />

“G. Rodolico”, Catania<br />

Introduzione. I tumori fibro-miofibroblastici primitivi della<br />

cavità orale sono rari. I più frequenti sono la miofibromatosi,<br />

il sarcoma miofibroblastico ed il tumore miofibroblastico infiammatorio.<br />

Metodi. Riportiamo un caso unico di neoplasia miofibroblastica,<br />

insorta come lesione polipoide del pilastro tonsillare<br />

posteriore, in una bambina di 11 anni.<br />

Risultati. L’esame istologico rivelava una neoplasia polipoide,<br />

rivestita da epitelio squamoso, costituita da una predominante<br />

proliferazione di cellule rotonde/epitelioidi, di piccolemedie<br />

dimensioni con scarso citoplasma eosinofilo, immerse<br />

in abbondante stroma mixo-edematoso, riccamente vascolarizzato.<br />

In sede sub-epiteliale, le cellule si compattavano tra<br />

loro ed erano separate dall’epitelio sovrastante da una sottile<br />

banda di collagene denso. Il numero di mitosi variava da 3 x<br />

10 HPF, nella zona centrale della lesione, fino ad un massimo<br />

di 8 x 10 HPF al di sotto dell’epitelio di rivestimento. Caratteristica<br />

era la presenza di numerose fibre collagene eosino-<br />

185<br />

file di forma variabile, da rotonda a stellata, interposte tra le<br />

cellule, che ricordavano le cosiddette “fibre simil-amiantoidi”,<br />

descritte nel miofibroblastoma intranodale 1 e della mammella<br />

2 . Le indagini immunoistochimiche evidenziavano positività<br />

diffusa per vimentina, desmina e focalmente per αactina<br />

muscolare liscia (SMA). Negative le colorazioni con<br />

citocheratine, miogenina, MyoD1, HMB45, CD34, h-caldesmon<br />

ed i recettori per gli estrogeni e progesterone. Morfologicamente,<br />

la neoplasia ricordava un rabdomiosarcoma<br />

embrionale, varietà botrioide. Tuttavia non si osservavano<br />

segni morfologici di differenziazione rabdomioblastica, né<br />

un vero “cambium layer”. Le indagini ultrastrutturali confermarono<br />

la natura fibro-miofibroblastica della neoplasia.<br />

Conclusioni. L’aspetto morfologico, soprattutto la presenza<br />

di fibre collagene simil-amiantoidi ed il profilo immunoistochimico<br />

della neoplasia erano coerenti con la diagnosi di<br />

“miofibroblastoma epitelioide, mitoticamente attivo del cavo<br />

orale”. L’interesse di questo caso risiede nel fatto che tale<br />

neoplasia, mai riportata nel cavo orale, rappresenta un mimo<br />

del rabdomiosarcoma embrionale, varietà botrioide.<br />

Bibliografia<br />

1 Lee JY, et al. Solitary spindle cell tumor with myoid differentiation of<br />

the lymph node. Arch Pathol Lab Med 1989;113:547-50.<br />

2 Magro G, et al. Spindle cell lipoma-like tumor, solitary fibrous tumor<br />

and myofibroblastoma of the breast: a clinico-pathological analysis<br />

of 13 cases in favor of a unifying histogenetic concept. Virchows Arch<br />

2002;440:249-60.


PATHOLOGICA 2007;99:186<br />

La formazione dell’anatomopatologo<br />

La formazione a distanza in Citologia:<br />

Eurocytology Website Project<br />

A. Bondi<br />

Anatomia Patologica, Ospedale Maggiore, Azienda USL Bologna<br />

Il Eurocytology è un progetto messo a punto da un gruppo di<br />

Citologi di diversi Paesi per promuovere la formazione a distanza<br />

citologia clinica e di screening. Rappresenta la continuazione<br />

del progetto Leonardo da Vinci e rappresenterà anche<br />

uno strumento multilingue per rendere più uniforme la<br />

realtà della citologia europea per quanto concerne l’iter formativo,<br />

la nomenclatura, i criteri diagnostici ed anche la normativa<br />

di settore, che in Europa è particolarmente disomogenea.<br />

Il nucleo centrale del gruppo di progetto è costituito da tre<br />

Istituzioni Scientifiche (The Imperial College – Hammersmith<br />

Hospital, Londra, Inghilterra – Karolinska Institute,<br />

Stoccolma Svezia, Pomerial Medical University, Stettino,<br />

Polonia), supportato da quattro Società Scientifiche (le Società<br />

di Citologia ungherese, polacca, svedese e SIAPEC-<br />

IAP per l’Italia) e col contributo del Coordinamento Europeo<br />

dei Citotecnici. L’iniziativa è in parte sponsorizzata dalla Comunità<br />

Europea.<br />

Lo strumento da usare sarà essenzialmente un sito Internet<br />

che conterrà dei corsi strutturati con lezioni, esercitazioni te-<br />

st ed esami sui vari argomenti e con progressivi livelli di<br />

avanzamento.<br />

Si realizzeranno lezioni sui diversi settori organici della citologia:<br />

il primo corso, già in fase di realizzazione, sarà quello<br />

sulla citologia cervico-vaginale di screening e clinica e coprirà<br />

i temi della nomenclatura nei diversi Paesi con i criteri<br />

diagnostici e la possibilità di “tradurre” la diagnosi da un sistema<br />

ad un altro.<br />

Seguiranno altre sezioni: citologia dei versamenti, urinaria,<br />

agoaspirativa di tiroide e mammella, ecc.<br />

I destinatari dell’iniziativa sono i Citologi Europei, ed in particolare<br />

i Citotecnici che, con un accesso individuale e controllato<br />

potranno usufruire delle lezioni con presentazioni, registrazioni<br />

(podcasting), atlanti di immagini, “vetrini digitali”<br />

e test progressivi di apprendimento.<br />

I vari gruppi nazionali, compreso quello Italiano da costituire<br />

nell’ambito del Comitato di Citologia di SIAPEC-IAP,<br />

avranno il compito di contestualizzare l’iniziativa: tradurre<br />

gran parte del materiale in lingua locale, validare il sistema<br />

ed accreditarlo, secondo le regolamentazioni nazionali, come<br />

strumento di educazione continua.<br />

I citologi Italiani che sono interessati a partecipare attivamente<br />

al progetto devono contattare i coordinatori del Comitato<br />

di Citologia SIAPEC-IAP:<br />

A. Bondi – abondi@ausl-cesena.emr.it<br />

G.L. Taddei – gl.taddei@unifi.it


PATHOLOGICA 2007;99:187-191<br />

Dirofilariasi umana repens a sede insolita:<br />

descrizione di un nuovo caso in Puglia<br />

A. D’Amuri *** , T.G. Carlà *<br />

* Ospedale “Sacro Cuore di Gesù”, U.O. Anatomia Patologica<br />

ASL/LE Area Sud Maglie; ** Scuola di Dottorato in Biotecnologie<br />

Mediche, Dipartimento di Patologia Umana ed<br />

Oncologia, Università di Siena<br />

Introduzione. La Dirofilaria repens è un nematode parassita<br />

presente in animali domestici quali il cane e il gatto ed anche<br />

selvatici, antropozoonosi con localizzazione preferenziale a<br />

livello sottocutaneo delle parti anatomiche esposte (testa,<br />

collo, tronco e arti superiori) mentre più rare sono le localizzazioni<br />

in sede anatomica profonda (polmone, omento, mesentere<br />

e organi sessuali).<br />

Metodi. Uomo di anni 45, durante un intervento chirurgico<br />

di ernioplastica inguinale sinistra, gli fu riscontrata occasionalmente<br />

una neoformazione solida, lardacea e dolente a livello<br />

del funicolo del testicolo sinistro. Praticata l’escissione<br />

chirurgica del didimo, epididimo e funicolo sinistro, il tutto<br />

fu inviato presso la nostra Unità Operativa di Anatomia Patologica<br />

ponendo come quesito diagnostico differenziale tra<br />

lesione infiammatoria o neoplastica. Macroscopicamente il<br />

pezzo operatorio comprendeva didimo del diametro massimo<br />

di 5 cm epididimo e funicolo della lunghezza complessiva di<br />

9 cm; a circa 2 cm dal margine di resezione del funicolo si<br />

rinveniva un’area di consistenza aumentata nodulariforme<br />

del diametro massimo di cm 2,5.<br />

Risultati. Istologicamente al livello del parenchima didimario<br />

ed epididimario non si riscontravano alterazioni patologiche.<br />

A livello del cellulare fibro-adipo-vascolare del funicolo<br />

era presente una intensa reazione flogistica di tipo cronica e<br />

granulomatosa ad impronta linfo-istiocitaria con presenza di<br />

numerosi eosinofili incentrata attorno a sezioni trasversali di<br />

nematode identificato del tipo Dirofilaria repens. Fu, quindi<br />

formulata una diagnosi di dirofilariasi repens in sede annessiale<br />

testicolare.<br />

Conclusioni. La Dirofilariasi dal punto di vista diagnostico<br />

istopatologico è sempre una evenienza non frequente, dopo i<br />

9 casi già descritti in passato nella regione Puglia 1 . Resta in<br />

ogni caso da rilevare la localizzazione rara (2 casi segnalati<br />

in passato in Italia, ed 1 in Ungheria) 2 a livello degli annessi<br />

testicolari in sede funicolare, ed il fatto che si è trattato di un<br />

reperto occasionale durante un intervento chirurgico di ernioplastica<br />

inguinale.<br />

Bibliografia<br />

1 Pampiglione S, et al. <strong>Pathologica</strong> 1994;86:528-32.<br />

2 Elek G, et al. Pathol Oncol Res 2000;6:141-5.<br />

Miscellanee<br />

Ricognizione sul cadavere dello storico Pietro<br />

Martini, “pietrificato” nel 1866 dal medico<br />

cagliaritano Efisio Marini<br />

A. Maccioni, C. Varsi, C. Zedda *<br />

U.O di Anatomia Patologica, P.O. “SS. Trinità”, ASL 8 Cagliari;<br />

* Storico<br />

La necessità della ricognizione sul cadavere dello storico sardo<br />

Pietro Martini a 140 anni dalla morte, nasce dalla peculiarità<br />

del trattamento conservativo di “pietrificazione” cui è<br />

stato sottoposto dal Medico cagliaritano Efisio Marini, secondo<br />

una metodica di cui non sono mai stati rivelati i particolari.<br />

All’interno del loculo sono stati reperiti vari oggetti<br />

(vetri, borchie, bicchieri, bottiglie in vetro), la cui presenza è<br />

stata giustificata sulla base dei dati reperibili negli archivi<br />

storici. Il microambiente non idoneo in cui il cadavere è stato<br />

conservato, ha favorito i processi di scheletrizzazione e la<br />

persistenza di pochi esiti del trattamento “pietrificante”. I dati<br />

anatomici osservati non consentono di avanzare ipotesi sulla<br />

causa della morte, che appare comunque insorta in tempi<br />

brevi in un uomo che nel complesso aveva goduto di buona<br />

salute fino a poco tempo prima del decesso. Significativo appare<br />

il reperto microscopico di ectasia della componente alveolare<br />

polmonare associata a depositi interstiziali di pigmento<br />

antracotico; tali dati sono stati ottenuti dopo reidratazione<br />

tessutale secondo tecniche impiegate su mummie egizie.<br />

La buona conservazione delle strutture oculari (protette<br />

da lenti corneali), la persistenza del disegno digitale e delle<br />

unghie delle mani, indicano la tempestività con cui il cadavere<br />

è stato trattato dopo la morte. Si segnala la presenza di<br />

un artigianale “parrucchino” ottimamente conservato. Non<br />

sono state repertate vie anatomiche di accesso dei reagenti alle<br />

cavità corporee, come in genere avveniva nei trattamenti<br />

conservativi di altri “pietrificatori”. La consistenza lapidea<br />

del materiale repertato all’interno della scatola cranica e la<br />

presenza di stratificazioni grigio-biancastre in corrispondenza<br />

del peritoneo parietale, consentono di avanzare l’ipotesi<br />

che i composti conservativi del Marini (verosimilmente a base<br />

di silicati), sono simili a quelli impiegati dal lodigiano Gorini,<br />

benché utilizzati con esclusive tecniche di permeazione,<br />

agoinfusione endovasale e l’impiego delle cavità naturali. Il<br />

trattamento di “pietrificazione” non è risultato in grado di impedire<br />

del tutto i processi di scheletrizzazione, ma da questo<br />

giudizio impietoso deve essere risparmiato il medico Efisio<br />

Marini, autore di altre “pietrificazioni” ottimamente conservate,<br />

che si batté strenuamente per impedire la traslazione del<br />

cadavere in ambienti inidonei per la duratura efficacia del<br />

suo trattamento.


188<br />

Alterazioni istopatologiche e ultrastrutturali<br />

nel connettivo subsinoviale nella sindrome<br />

del tunnel carpale idiopatica<br />

G. Donato, F. Conforti, I. Perrotta * , L. Maltese, C. Laratta,<br />

S. Tripepi * , P. Valentino ** , O. Galasso *** , A. Amorosi<br />

Cattedra di Anatomia Patologica, Facoltà di Medicina e<br />

Chirurgia, Università “Magna Graecia”, Catanzaro; * Dipartimento<br />

di Ecologia, Università della Calabria, Rende; **<br />

Cattedra di Ortopedia, Facoltà di Medicina e Chirurgia,<br />

Università “Magna Graecia”, Catanzaro; *** Cattedra di<br />

Neurologia, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università<br />

“Magna Graecia”, Catanzaro<br />

Introduzione. La sindrome del tunnel carpale è una patologia<br />

con una incidenza in crescita, stimata tra circa 100 e 200<br />

casi per 100.000 persone per anno (Ashworth, 2007). Nella<br />

maggior parte dei casi la patologia è idiopatica, mentre più<br />

raramente si riconoscono cause come malattie metaboliche,<br />

lesioni occupanti spazio, infezioni ecc. Le alterazioni istopatologiche<br />

nella sindrome del tunnel carpale sono poco conosciute.<br />

Tradizionalmente il dato saliente è considerato una fibrosi<br />

sinoviale non infiammatoria a livello dei tendini dei<br />

muscoli flessori accompagnata a livello ultrastrutturale da alterazioni<br />

delle fibrille collagene del connettivo subsinoviale<br />

(Ettema, 2004; Oh, 2006).<br />

Metodi. Scopo del nostro lavoro è stato quello di valutare dal<br />

punto di vista istopatologico, immunoistochimico e ultrastrutturale<br />

le alterazioni presenti nella membrana sinoviale<br />

dei tendini flessori in 16 soggetti (11 donne e 5 uomini) sottoposti<br />

a intervento chirurgico per sindrome del tunnel carpale.<br />

La nostra valutazione ha avuto anche lo scopo di formulare<br />

nuove ipotesi sulla genesi di questa entità patologicoclinica.<br />

Dal punto di vista istopatologico i nostri dati confermano<br />

quelli recenti della letteratura: Presenza di fibrosi e proliferazione<br />

vascolare con iperplasia e ipertrofia intimale.<br />

Risultati. Dal punto di vista immunoistochimico è stato possibile<br />

rilevare che nei soggetti studiati la valutazione dell’attività<br />

proliferativa cellulare, effettuata mediante studio dell’antigene<br />

Ki-67 (anticorpo MIB-1), ha evidenziato come<br />

una percentuale variabile dal 2 al 5% di cellule dell’endotelio<br />

vasale e dello stroma fosse in fase mitotica.<br />

Un altro dato interessante dal punto di vista immunoistochimico<br />

è il rilievo della positività delle cellule stromali per gli<br />

antigeni CD34 e CD31. Tale rilievo suggerisce che tali elementi<br />

hanno caratteristiche di progenitori endoteliali simili a<br />

quelle capaci di formare una rete di strutture capillary-like in<br />

coltura (Alessandri, 2001).<br />

Dal punto di vista ultrastrutturale in microscopia elettronica<br />

a scansione e a trasmissione si rileva come il processo di<br />

iperplasia e ipertrofia endoteliale porti spesso a occlusione<br />

delle strutture vascolari neoformate con conseguente ischemia<br />

del tessuto.<br />

Conclusioni. In conclusione dal punto di vista patogenetico<br />

è possibile che si instauri una sorta di circolo vizioso a partire<br />

dai primi episodi ischemici microtraumatici che portano a<br />

una risposta angiogenetica anomala all’ipossia.<br />

POSTERS<br />

Paleoistologia dei resti mummificati del<br />

Tadrart Acacus, Libia sud-occidentale (IV<br />

millennio a.C.)<br />

L. Ventura, C. Mercurio, F. Ciocca, M. Sarra, S. Di Lernia<br />

* , G. Manzi ** , G. Fornaciari ***<br />

U.O. di Anatomia Patologica, ASL 4, Ospedale “San Salvatore”,<br />

L’Aquila; * Dipartimento di Scienze Storiche Archeologiche<br />

e Antropologiche dell’Antichità, Università “La Sapienza”,<br />

Roma; ** Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo,<br />

Università “La Sapienza”, Roma; *** Divisione di<br />

Paleopatologia, Dipartimento di Oncologia, dei Trapianti e<br />

delle Nuove Tecnologie in Medicina, Università di Pisa<br />

Introduzione. La Missione Archeologica Italo-Libica nell’Acacus<br />

e Messak, finalizzata allo studio della straordinaria<br />

arte rupestre ed alla ricostruzione delle vicende umane della<br />

regione, comprende concessioni di scavo di enorme prestigio<br />

per l’archeoantropologia italiana.<br />

Presentiamo i risultati dello studio di 2 individui parzialmente<br />

mummificati (TK-H1 e TK-H9), rinvenuti nel massiccio<br />

del Tadrart Acacus e vissuti nel IV millennio a.C. (datazione<br />

al radiocarbonio: 6090 ± 60 e 5600 ± 70 anni fa).<br />

Metodi. I resti sono stati sottoposti ad analisi radiologica,<br />

esame esterno e campionamento. Prelievi di ossa, tendini, dischi<br />

intervertebrali, muscoli scheletrici, vasi, cute e visceri<br />

sono stati reidratati in soluzione di Sandison per 24-72 ore,<br />

includendo preliminarmente in agar i campioni più delicati e<br />

decalcificando in acido forte per 1 ora l’osso reidratato. I tessuti<br />

sono stati processati ed inclusi in paraffina per ottenere<br />

sezioni di 4 µm, colorate con ematossilina-eosina, Masson,<br />

Perls e van Gieson fibre elastiche.<br />

Risultati. Entrambi gli individui risultavano di sesso femminile,<br />

con età apparente di 30-35 anni per il soggetto H1 e non<br />

definibile per H9 a causa della limitatezza dei segmenti corporei.<br />

L’esame radiologico di H1 evidenziava iperostosi cranica,<br />

frattura ulnare sinistra in consolidamento, lesione sclerotica<br />

del collo femorale destro, strie di Harris dell’epifisi tibiale<br />

prossimale sinistra. Il soggetto H9 non presentava alterazioni<br />

significative.<br />

L’analisi istologica dei campioni mostrava tessuto fibroso<br />

con lacune riferibili ad alterazioni tafonomiche, muscolo<br />

scheletrico con buona evidenza di striature, osso spugnoso e<br />

compatto, pareti viscerali e materiale fecale contenente ectoparassiti.<br />

Numerosi campioni presentavano contaminazione<br />

da materiale terroso e diffusa colonizzazione da spore fungine.<br />

Conclusioni. Gli individui femminili neolitici, sebbene incompleti,<br />

presentavano segni di patologia traumatica (esiti di<br />

fratture) e carenziale (strie di Harris, iperostosi cranica).<br />

L’evidenza di strutture riferibili a tessuti molli e scheletrici<br />

pur prive di patologie ha consentito di studiare le caratteristiche<br />

di organi che possono essere considerati tra i più antichi<br />

sottoposti ad esame istologico.<br />

La presenza di spore fungine, da non interpretare come emazie,<br />

è costante in paleoistologia e non assume significato patologico.<br />

Esami immunoistochimici, ultrastrutturali, parassitologici e<br />

molecolari consentiranno di ampliare le informazioni sui tessuti<br />

e le condizioni di salute degli individui in esame.


POSTERS<br />

Unusual thymic carcinoma with hepatic<br />

metastases? Report of one case<br />

M. Marino, L. Lauriola *<br />

Department of Pathology, “Regina Elena” Cancer Institute,<br />

Rome, Italy; * Department of Pathology, Catholic University<br />

of Rome, Italy<br />

Introduction. Spread of Thymic Epithelial Tumours (TET)<br />

outside the thoracic cavity is unusual, and usually associated<br />

to Thymic carcinoma. The morphological features and immunohistochemical<br />

markers of thymic origin actually available,<br />

however, are scant, as well as it is difficult to establish<br />

a clear cut thymic origin of a metastatic nodules outside the<br />

mediastinum, particularly when the “cortical” lymphocytic<br />

component usually associated to the rare metastatic thymomas<br />

is absent. We report here a case of a thymic carcinoma<br />

with synchronous hepatic metastases.<br />

Methods. A female patient, aged 39 years, was found to have<br />

a mass in the anterior mediastinum synchronous with liver<br />

nodules. An hepatic biopsy showed an epithelial tumor positive<br />

to CK7 and Cam5.2 and negative to CK20, Chromogranin,<br />

TTF1 and Ca125. No further markers were applied to<br />

the small tissue fragment. A TC-guided FNAC of the mediastinal<br />

mass also showed epithelial cells CK19+, EMA+ and<br />

TTF1-. The patient underwent thymectomy after neoadjuvant<br />

therapy, and in addition she underwent partial hepatectomy<br />

The thymic tumor and the hepatic nodules showed the same<br />

morphological and immunohistochemical features: the tumor<br />

and the metastatic nodules were formed by large cells with<br />

huge vescicular or with multiple nuclei and large nucleoli.<br />

Tumor cells were CD5+, CK19+ and CD117+, and negative<br />

for neuroendocrine markers and for HepPar1.<br />

Conclusions. The anterior mediastinal mass showed features<br />

of an unusual epithelial tumor with huge cells of “cortical”<br />

thymic type, positive to CK19, as usually thymoma epithelial<br />

cells (EC) do. In addition, the EC showed the CD5 positivity<br />

reported for thymic carcinoma of squamous type, and a<br />

CD117 positivity (cytoplasmic and membrane staining) also<br />

reported for thymic carcinomas. The case is particular in that<br />

the mediastinal tumor and the hepatic metastases showed features<br />

of both thymoma and thymic carcinoma, thus establishing<br />

a correlation between the differently located neoplasias.<br />

CXCR4/CXCL12 axis and VEGF are critical for<br />

Uveal melanoma progression<br />

R. Franco, S. Scala * , S. Staibano ** , M. Mascolo ** , G. Ilardi<br />

** , A. La Mura *** , G. Loquercio, E. Fontanella, G. Botti,<br />

G. de Rosa **<br />

S.C. Anatomia Patologica, Istituto dei Tumori “Fondazione<br />

G. Pascale”, Napoli; * S.C. Immunologia, Istituto dei Tumori<br />

“Fondazione G. Pascale”, Napoli; ** Dipartimento di<br />

Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Università “Federico<br />

II”, Napoli; *** S.C. Anatomia Patologica, Azienda Ospedaliera<br />

“A. Cardarelli”, Napoli<br />

Uveal melanoma is the most common ocular tumor of adults.<br />

Almost 50% of uveal melanoma patients die of metastatic<br />

disease. The peculiar metastatisation in uveal melanoma<br />

through emathogen dissemination highlight the role of<br />

neoangiogenesis and migration, in which CXCR4/CXCL12<br />

axis and VEGF play an important function.<br />

CXCR4-CXCL12-VEGF were detected by immunohistochemistry<br />

in 53 samples of uveal melanoma. Correlations<br />

with main clinic-pathological features were evaluate, as well<br />

as their potential impact on overall survival and disease-free<br />

survival. Moreover immunohistochemical and mRNA expression<br />

were evaluated in liver metastasis of two patients in<br />

our series.<br />

CXCR4 staining was present in 22 cases (41.4%) and significantly<br />

correlates with neoplastic progression and VEGF expression,<br />

while CXCL12 expression was positive in 23 cases<br />

(43.4%) and significatively correlated to tumor diameter and<br />

to the epithelioid-mixed cytotype. VEGF expression was<br />

positive in 21 (39.6%). Neither single protein expression neither<br />

their combined expression did not affect DFS and OAS.<br />

Moreover liver metastasis showed increased CXCR4 expression.<br />

Although CXCR4-CXCL12-VEGF expression in uveal<br />

melanoma failed to identify high risk patients, cross-interaction<br />

of CXCR4-CXCL12 axis and VEGF seem to have a role<br />

in uveal melanoma progression, adding prognostic information<br />

on this group of patients.<br />

Pseudoparasites in histological specimens<br />

189<br />

F. Rivasi, S. Pampiglione *<br />

Department of Pathologic Anatomy and Forensic Medicine,<br />

Section of <strong>Pathologica</strong>l Anatomy, University of Modena and<br />

Reggio Emilia, Modena, Italy; * Department of Veterinary Public<br />

Health and Animal Pathology, University of Bologna, Italy<br />

Introduction. Various materials including unfamiliar cell fragments,<br />

abnormal conglomerates, mineral concretions, Curschmann<br />

spirals, extraordinary elements, artefacts and foreign<br />

material of vegetable origin, will be encountered by pathologist<br />

during tissues examination 1 . Unfortunately, because of the<br />

wide range of possibilities, it is not always easy to identify these<br />

structures that sometimes show one vague or even strong resemblance<br />

to parasitic organisms or their eggs 2 . Differential<br />

diagnosis from this material with parasites should be therefore<br />

considered. The aim of this paper is to focus on this diagnostic<br />

problem by illustrating histological findings with the<br />

presence of these structures.<br />

Materials and methods. The investigation was carried out<br />

between January 2000 and June 2007. 100 formalin-fixed,<br />

paraffin embedded histological tissue specimens (60 appendicectomy,<br />

12 intestinal wall surgical specimens, 18 colectomy,<br />

and omentectomy, peritoneal biopsies, pleuropulmonary<br />

biopsies, conjunctival biopsies and 2 prostatectomy<br />

cases, respectively), exhibiting sometimes acute<br />

and/or chronic granulomatous inflammation with evidence<br />

of elements mimicking parasites, were retrieved from the<br />

archives of the Anatomic Pathology of Modena. 58 patients<br />

were females while 42 were males, ages raging from 24<br />

and 78 years (mean 65 years). The histological specimens<br />

were routinely processed and stained. Each specimen was<br />

also assessed for the type and number of inflammatory cells<br />

in order to evaluate the degree of the pathological changes<br />

correlated to the presence of the pseudo-parasitic elements<br />

and to the clinical data. The histopathological slides<br />

were reviewed by the authors, one being a histopathologist<br />

(FR), the other (SP) a parasitologist, who paid particular<br />

attention to the histological and possible parasitological<br />

aspects.


190<br />

Results. The pseudoparasites found in the lumen of the appendix,<br />

in the serosa or submucosa of intestinal tract, in the<br />

peritoneum, omentum, pleura and lung were of vegetal origin.<br />

These elements were referable to plant structures,<br />

plant debris, starch grains, plant spiral fibres, trachaee,<br />

small seeds or pollen grains, They were often isolated, sometimes<br />

grouped in nests or in columns. The vegetal cells<br />

show thin walls and a thin layer of clear transparent cytoplasm<br />

around a large central nucleus. The nuclei were sometimes<br />

oblong, moderately hyperchromatic and homogeneously<br />

coloured. The plant debris, stark grains, or pollen<br />

grains are thought to be some kind of parasite egg. The<br />

plant structures were mistaken with sections of helminthes<br />

or with fragments of arthropod. These elements in histological<br />

sections were often observed inside a granuloma with<br />

the presence of giant multinucleated foreign body type cells.<br />

The elements observed in glandular lumen of the prostate,<br />

in the conjunctiva, in the endometrium were referred<br />

to stratified concretions of mucoid material, partially calcified.<br />

They were often mistaken for eggs of various helminth<br />

worms. Unfortunately it is not always possible to<br />

identify all the nonparasites elements, because of the numerous<br />

range of possibility and of the inadeguate palinological<br />

and botanical knowledgés.<br />

Conclusions. This study can be useful to pathologists because,<br />

by giving findings of non-parasite objects, it can help to<br />

correctly interpret the presence of foreign material in histological<br />

specimens in order to avoid diagnostic errors.<br />

References<br />

1 Ash LR, Orihel TG. Atlas of human parasitology. Am Soc Clin Pathol<br />

Press Singapore 2007.<br />

2 Orihel TG, Ash LR. Parasites in human tissues. Am Soc Clin Pathol<br />

Chigago-Hong Kong 1995.<br />

Medullary thyroid microcarcinoma. A case<br />

report<br />

N. Scibetta, L. Marasà<br />

ARNAS Civico “Di Cristina, Ascoli”, Palermo; Servizio di<br />

Anatomia Patologica, Italy<br />

Introduction. Medullary thyroid microcarcinoma is a thyroid<br />

tumor measuring 1 cm or less.<br />

Papillary microcarcinoma is the most common subtype, often<br />

identified incidentally in a thyroid removed for multinodular<br />

goiter or diffuse processes (eg, thyroiditis), whereas<br />

medullary thyroid microcarcinomas (microMTC), are very<br />

rare.<br />

A number of microMTC are discovered in patients members<br />

of familial-MTC or MEN-II kindred.<br />

The discovery of a microMTC as sporadic tumor is even rarer.<br />

Very little information is available about occult microMTC<br />

pathological features and outcome.<br />

Methods. A 26 years-old woman with a unique subcentimetric<br />

palpable thyroid nodule has been subjected to fine needle<br />

aspiration biopsy (FNAB). The presence of cellularity higher<br />

than that found in the usual hyperplastic nodule and of highly<br />

hyperchromatic nuclei with oncocytic cytoplasm suggested<br />

the presence of oncocytic neoplasm.<br />

A total thyroidectomy was made.<br />

The specimens, constituited by thyroid and by 4 pericapsular<br />

lymph nodes, were fixed in 10% buffered formalin, and<br />

POSTERS<br />

paraffin embedded. Sections were stained with H&E, Congo<br />

red stain and argyrophilic stains. Immunohystochemical<br />

staining for low-molecular-weight keratin, CEA, NSE, chromogranin<br />

A, synapthphysin, thyroglobulin, calcitonin, TTF,<br />

BCL2, MIB 1 (KI 67), S100 was performed.<br />

Results. Grossly the tumor was solid, firm, and non encapsulated<br />

but relatively well-circumscribed, located in the right<br />

upper half of the gland, with maximum diameter of 0.8 cm.<br />

Microscopically showed a prominent central sclerosing area<br />

with calcifications, and a lobular proliferation of polygonal<br />

and splindle shaped cells, separated by varyng amounts of fibrovascular<br />

stroma. Tumor cells contain round to oval regular<br />

nuclei, and mitotic figures are scant. The cytoplasm is<br />

granular, amphophilic.<br />

Several benign thyroid follicles are entrapped in the tumor.<br />

The congo-red stain no showed amyloidosis, and the cells<br />

were only weakly positive for calcitonin, diffusely positive<br />

for keratin, CEA, and pan-endocrine markers such as NSE,<br />

chromogranin A, synapthophysin, TTF and argyrophilic<br />

stains, negative for thyroglobulin.<br />

A lymph node showed a metastasis. This tumor that was devoid<br />

of amyloid, weakly positive for calcitonin and negative<br />

for thyroglobulin and positive for NSE and chromogranin<br />

was viewed as poorly differentiated (“calcitonin free”) variant<br />

of medullary carcinoma.<br />

The patient showed a normal postoperative basal calcitonin,<br />

and family screening showed no sign of MEN II or abnormal<br />

CT level. Two years after the surgery she did not show any<br />

local recurrence or metastasis.<br />

Conclusions. Although specific survival rate and percentage<br />

of biological cure in micro-MTC are significantly better than<br />

for larger tumors, the frequency of lymph-node involvement,<br />

however, justifies an aggressive surgical approach,<br />

and a long-term follow-up that strongly relies on regular CT<br />

measurement.<br />

Sistemi informativi a supporto della gestione<br />

della strumentazione<br />

A. Comi<br />

Servizio di Anatomia Patologica, Azienda Ospedaliera “San<br />

Paolo”, Milano, Polo Universitario, Università di Milano<br />

I servizi di Ingegneria Clinica garantiscono, all’interno delle<br />

strutture sanitarie e ospedaliere l’utilizzo sicuro, appropriato<br />

ed economico delle apparecchiature biomediche. Un<br />

efficace servizio di Ingegneria Clinica è in grado di: effettuare<br />

i collaudi di accettazione, realizzare l’inventario tecnico<br />

ed economico, effettuare gli interventi di manutenzione<br />

preventiva e correttiva, svolgere periodicamente le verifiche<br />

di sicurezza ed i controlli di qualità, ottimizzare il risk<br />

management, fornire consulenza sugli acquisti e contribuire<br />

a definire i piani di rinnovo della strumentazione. Il<br />

sempre maggior livello di complessità e numerosità assunto<br />

dal parco tecnologico all’interno delle strutture sanitarie<br />

comporta la necessità di sistemi informativi che supportino<br />

non solo la gestione inventariale ma costituiscano anche<br />

uno strumento per il mantenimento della sicurezza e dell’efficienza<br />

delle tecnologie. Numerosi sistemi informativi<br />

si sono evoluti negli ultimi anni, attraverso la gestione di un<br />

numero sempre più ampio di informazioni. Molte Aziende<br />

Ospedaliere possiedono oggi sistemi più o meno sofisticati<br />

per l’acquisizione, il controllo e l’analisi dei dati di funzio-


POSTERS<br />

namento della strumentazione. Sistemi di questo tipo consentono<br />

di analizzare la manutenzione sotto tutti i punti di<br />

vista: migliorare la manutenzione ordinaria, ridurre quella<br />

correttiva, fornire un supporto ideale per la stesura di consuntivi<br />

e relazioni richieste dagli organi ispettivi, sia al fine<br />

della sicurezza che della qualità. Non in tutte le realtà però<br />

vi è la possibilità di rendere disponibili queste informazioni<br />

anche a professionalità diverse dai principali utilizzatori<br />

aziendali (servizi di ingegneria clinica, fornitori di service<br />

di manutenzione), quali gli operatori sanitari (medici, biologi<br />

e tecnici). In questo lavoro vengono presentate le modalità<br />

di impiego del sistema Geos Web introdotto nell’Azienda<br />

Ospedaliera “San Paolo” da circa 3 anni ed utilizzato<br />

con ottimi risultati dal personale del Servizio di Anatomia<br />

Patologica. Poter effettuare un regolare controllo della<br />

manutenzione della apparecchiature biomediche significa<br />

per l’operatore assicurarsi che la strumentazione sia sempre<br />

in perfette condizioni di lavoro e ridurre i possibili rischi di<br />

fermo macchina. Nel contesto dell’attività di laboratorio<br />

spesso non vi è spazio per inattesi fermo macchina. Quando<br />

questo accade, perdite di tempo e denaro si sommano, compromettendo<br />

la produttività. Il controllo diretto sul piano di<br />

manutenzione da parte degli operatori sanitari è quindi la<br />

migliore garanzia di performance della strumentazione.<br />

Due casi di sedi inusuali di meningiomi<br />

extracranici<br />

P. Possanzini, T. Brambilla, P. Braidotti, S. Paradisi * , L.<br />

Moneghini<br />

Università di Milano, Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico<br />

“Mangiagalli e Regina Elena”, Milano, Dipartimento di<br />

Medicina, Chirurgia e Odontoiatria, e Azienda Ospedaliera<br />

“San Paolo”; * Chirurgia Maxillo-Facciale-Chirurgia Cervico-Maxillo-Facciale,<br />

I Istituto Ortopedico “Galeazzi”, Milano<br />

Il meningioma è una neoplasia tipica del sistema nervoso<br />

centrale che può manifestarsi in sede extracranica a seguito<br />

di una diffusione per contiguità o continuità. Raramente il distretto<br />

testa/collo è la sede primitiva d’insorgenza della neoplasia.<br />

All’inizio del 2006, durante l’esame intraoperatorio di due<br />

interventi di chirurgia maxillo-facciale, è stato possibile osservare<br />

due neoplasie istologicamente simili che, all’esame<br />

definitivo, sono state diagnosticate come meningiomi extracranici<br />

primitivi.<br />

Il primo caso riguardava una paziente di 39 anni con una tumefazione<br />

della regione temporale destra; il secondo caso<br />

una donna di 69 anni con una neoformazione in sede parotidea<br />

sinistra. L’esame estemporaneo intraoperatorio mostrava,<br />

in entrambi i casi, una neoformazione a crescita infiltrativa<br />

formata da linee epiteliomorfe, aggregate in spirali e lobuli,<br />

separate da fasci di cellule fusate; le cellule neoplastiche presentavano<br />

scarso polimorfismo e diffuse inclusioni nucleari.<br />

L’esame definitivo ha confermato l’origine meningea di entrambe<br />

le neoplasie; tuttavia, data l’eccezionalità del caso,<br />

abbiamo eseguito le colorazioni immunocitochimiche per<br />

l’Antigene Epiteliale di Membrana, la Vimentina, e la proteina<br />

S-100. L’esame ultrastrutturale ha inoltre evidenziato la<br />

presenza di processi citoplasmatici con complesse interdigitazioni<br />

uniti da piccoli desmosomi.<br />

La sede nel muscolo temporale di un meningioma primitivo<br />

è stata segnalata in letteratura in vari case report 1 ; al contrario,<br />

quella parotidea 2 deve considerarsi assolutamente eccezionale<br />

in quanto, a nostra conoscenza, questo è solo il secondo<br />

caso descritto fino ad ora.<br />

Bibliografia<br />

1 Thompson L, et al. Mod Pathol 2003;16:236-45.<br />

2 Wolff M, Rankow RM. Hum Pathol 1971;2:453-9.<br />

191<br />

Valutazione spertimentale in vivo di<br />

nanoparticelle lipidiche solide (NLS) come<br />

carrier di farmaci intraoculari<br />

P. Braidotti * , F. Viola ** , D. Galimberti ** , O. Pala * , P. Possanzini<br />

* , L. Moneghini *<br />

* ** Università degli Studi di Milano, Fondazione Ospedale<br />

Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, Milano<br />

* Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria, e A.O.<br />

San Paolo, ** Dipartimento di Scienze Otorinolaringologiche<br />

e Oftalmologiche .<br />

La somministrazione di farmaci che devono raggiungere la<br />

retina avviene, di norma, per via sistemica; sono necessari<br />

quindi alti dosaggi che possono essere mal tollerati provocando<br />

effetti collaterali indesiderati. Con questo esperimento<br />

preliminare si vuole valutare l’uso alternativo di NLS come<br />

carrier di farmaci intraoculari. A tale scopo sono stati instillati<br />

nel sacco congiuntivale di 24 conigli pigmentati, 50 microlitri<br />

(una goccia di 25 microlitri x 2 a 60 secondi di intervallo)<br />

di NSL bianche e fluorescenti (Fluo SLN) caricate con<br />

6-cumarina senza principi attivi, in formulazione adatta alla<br />

somministrazione topica, secondo la procedura brevettata e<br />

già descritta da Nanovector s.r.l. Gli animali sono stati sottoposti<br />

in vivo ad esame biomicroscopico con lampada a fessura<br />

alla valutazione della superficie oculare e all’esame del<br />

fundus dopo 1 e 15 minuti e 1, 6 e 24 ore dalla somministrazione<br />

topica. Gli animali sono stati sacrificati (ai tempi 15<br />

minuti e 1, 6 e 24 ore) ed enucleati e i relativi tessuti oculari<br />

sottoposti ad esame istologico, ultrastrutturale e microscopico<br />

a fluorescenza.<br />

Si è successivamente proceduto a creare NLS inglobanti un<br />

farmaco cortisonico. Una sospensione di 50 microlitri (una<br />

goccia di 25 microlitri x 2 a 60 secondi di intervallo) è stata<br />

somministrata per via topica in 4 conigli pigmentati. A 2 ore<br />

dalla somministrazione gli animali sono stati sacrificati ed<br />

enucleati e i relativi tessuti oculari in studio sottoposti a<br />

dosaggio del farmaco nei tessuti in studio con HPLC.<br />

Non sono state rilevate alterazioni né istologiche né ultrastrutturali<br />

a carico dei tessuti oculari esaminati (congiuntiva,<br />

cornea, retina) dopo somministrazione per via topica di NSL<br />

senza principi attivi in formulazione adatta alla somministrazione<br />

topica. Si è inoltre accertato che le Fluo SLN sono<br />

presenti sulla cornea allo stato particellare mentre, sulla retina,<br />

danno una positività di fluorescenza con pattern diffuso.<br />

Questi studi preliminari dimostrano che le NLS possano essere<br />

utilizzate come carrier di farmaci intraoculari. Sono in<br />

corso ulteriori studi sulla biodisponibilità del farmaco nei diversi<br />

tessuti oculari.


PATHOLOGICA 2007;99:192-196<br />

Adult-onset chordoid meningioma. Report of<br />

3 additional cases<br />

M. Bisceglia, M. Castelvetere, M. Bianco * , V.A. D’Angelo<br />

*<br />

Department of Pathology and * Neurosurgery, IRCCS “Casa<br />

Sollievo della Sofferenza” Hospital, San Giovanni Rotondo,<br />

Italy<br />

Introduction. Chordoid meningioma (CM) is a rare subtype<br />

of meningioma (< 0.5% of all meningiomas). It was first described<br />

in 1988 in young 1 . Clinically this “young-onset” subtype<br />

was accompanied by systemic manifestations of the<br />

Castleman’s disease (CD). Histologically – in addition to the<br />

chordoid morphology – a peritumoral, conspicuous, polyclonal<br />

lymphoplasmacellular infiltration (l.p.i.) with lymph<br />

follicles and germinal centers was initially described. In 2000<br />

the “adult-onset” variant (AV) of CM was reported 2 . At histology<br />

this AV, also known as myxoid or mucinous meningioma,<br />

is mostly unaccompanied by conspicuous l.p.i. and<br />

clinically free of any systemic manifestations. The relationship<br />

between the two variants is unclear. Sofar 77 total cases<br />

have been described of both variants, 14 in the I-II decades<br />

and 63 in adulthood (59 in the IV-VIII decades, 4 in the III).<br />

Manifestations of CD were seen in 8 pediatric cases and in 1<br />

adult. Absence of CD was recorded in 64 cases, and in the remaining<br />

4 this datum was not given. Conspicuous l.p.i. has<br />

been described in 8 pediatric and 1 adult cases associated<br />

with signs of CD; mild to moderate l.p.i. was recorded in 25-<br />

30 cases, and severe l.p.i. in few; absence of l.p.i. was recorded<br />

in the rest 40. Sofar only 3 large series have been published<br />

with 7, 42, and 12 cases reported, respectively, all the<br />

rest of publications being represented by single case reports,<br />

except 2.<br />

Design. We present herein 3 new cases in support of this AV<br />

of CM, 2 males and 1 female (age: 53, 67, and 71 yrs, respectively).<br />

The location of tumor in 2 was in the supratentorial<br />

(prechiasmal, left parietal) and in 1 in the infratentorial<br />

(right cerebellar) compartments. All cases presented with<br />

site-based neurological signs. All patients were surgically operated<br />

and tumors totally removed (size: 2.5, 4, and 7 cm<br />

each).<br />

Results. All tumors were histologically examined. Chordoidmyxoid<br />

pattern constituted > 60% of the entire tumor in 1<br />

case and was pure in 2. No l.p.i. was seen. All cases were immunohistochemically<br />

studied (+ve for vimentina, EMA, S-<br />

100-pr, and -ve for CK w.s., and GFAP; MIB-1 was 2-4%)<br />

and diagnosed as CM. In the 2 pure cases chordoma and<br />

metastatic mucinous carcinoma had to be excluded. No case<br />

had signs of CD. No case recurred.<br />

Conclusions. AV of CM is more frequent than the young-onset<br />

variant; both absence of histological l.p.i. and clinical<br />

signs of CD are usual. The d.d. includes chordoma and mucinous<br />

carcinoma.<br />

References<br />

1 Kepes JJ, et al. Cancer 1988;62:391-406.<br />

2 Couce ME, et al. Am J Surg Pathol 2000;24:899-905.<br />

Neuropatologia<br />

Distribuzione dell’mRNA del gene SEZ6 nella<br />

corteccia fetale e nel cervello adulto postmortem<br />

E. Reisoli, M. Ori, F. Becherini * , V. Nardini * , M. Castagna<br />

* , I. Nardi, M. Pasqualetti<br />

Unità di Biologia Cellulare e dello Sviluppo, Dipartimento di<br />

Biologia, Università di Pisa; * Anatomia Patologica III, Dipartimento<br />

di Chirurgia, Università di Pisa<br />

Introduzione. Numerosi fattori genetici sono coinvolti nel<br />

controllo dei meccanismi che regolano lo sviluppo ed il funzionamento<br />

della corteccia cerebrale. È noto che mutazioni a<br />

carico di alcuni di questi geni, provocano malformazioni corticali<br />

che sono alla base di gravi patologie quali l’epilessia.<br />

Nel corso di uno screening differenziale volto ad identificare<br />

geni correlati a stato epilettico è stato isolato il gene SEZ6 di<br />

topo 1 . Pur non essendo noto il ruolo funzionale di SEZ6, la<br />

presenza della sua espressione nel sistema nervoso centrale<br />

durante l’embriogenesi del topo, suggerisce un suo potenziale<br />

coinvolgimento nei meccanismi che regolano lo sviluppo<br />

del cervello. Nel presente lavoro abbiamo studiato l’espressione<br />

genica di SEZ6 in tessuti cerebrali umani fetali e adulti.<br />

Metodi. Un frammento di cDNA del gene SEZ6 umano è stato<br />

ottenuto mediante RT-PCR ed utilizzato per la preparazione<br />

di sonde antisenso in esperimenti di ibridazione in situ su<br />

sezioni ottenute da campioni autoptici di encefalo sia fetale<br />

(28 e 39 settimane di gestazione) che adulto. Le sonde ad<br />

RNA sono state marcate sia con 35 S che con digossigenina<br />

(Dig).<br />

Risultati. I risultati hanno mostrato che l’mRNA di SEZ6 è<br />

presente con un profilo di espressione dinamico durante lo<br />

sviluppo dell’encefalo e specifico per le diverse aree analizzate.<br />

A 28 settimane di gestazione, nella corteccia in via di<br />

sviluppo, SEZ6 mostra un’espressione diffusa in tutta la piastra<br />

corticale ed in una sottopopolazione di cellule nella zona<br />

intermedia. A 39 settimane di gestazione, il livello di espressione<br />

di SEZ6 diminuisce in maniera significativa restringendosi<br />

agli strati corticali più profondi. Nell’adulto, SEZ6 si<br />

esprime nelle regioni corticali analizzate con un profilo analogo<br />

a quello riscontrato a 39 settimane. Nell’encefalo adulto<br />

l’analisi è stata estesa alla regione dell’ippocampo ed ha<br />

mostrato la presenza di SEZ6 nel giro dentato, nel campo<br />

CA1 e CA3 del corno di Ammone e nel subiculum.<br />

Conclusioni. I dati ottenuti costituiscono il primo studio di<br />

espressione genica del gene SEZ6 nell’uomo, sia durante lo<br />

sviluppo fetale che nell’adulto. Questi dati, rappresentano<br />

una base di partenza importante per studi futuri volti a chiarire<br />

sia il suo ruolo funzionale durante lo sviluppo del cervello,<br />

sia il potenziale coinvolgimento in stati patologici come<br />

l’epilessia.<br />

Bibliografia<br />

1 Shimizu-Nishikawa K, et al. Brain Res Mol Brain Res 1995;28:201-<br />

10.


POSTERS<br />

“Lymphoplasmacyte-rich” meningioma.<br />

Descrizione di un caso e revisione della<br />

letteratura<br />

L. Riccioni, R. Donati * , M. Sintini ** , S. Cerasoli<br />

U.O. di Anatomia Patologica, Ospedale “M. Bufalini”, Cesena;<br />

* U.O. Neurochirurgia, Ospedale “M. Bufalini”, Cesena;<br />

** Dipartimento di Radiologia Medica Diagnostica ed Interventistica,<br />

Presidio Ospedaliero “Rimini Santarcangelo”<br />

Introduzione. Il meningioma ricco in linfociti e plasmacellule<br />

(c.d. “lymphoplasmacyte-rich”) (LPRM) è una variante<br />

istologica di meningioma, di grado I secondo la classificazione<br />

dell’O.M.S., in cui la componente cellulare meningoteliale<br />

neoplastica è mascherata da un infiltrato infiammatorio<br />

massivo costituito da plasmacellule, follicoli linfoidi e sparsi<br />

istiociti. Descriviamo un caso di LPRM, con revisione della<br />

letteratura pertinente.<br />

Caso clinico. Donna di 46 anni, alla quale una risonanza magnetica<br />

cervicale, eseguita in seguito al perdurare di brachialgia<br />

destra, aveva riscontrato una lesione localizzata all’altezza<br />

dei metameri vertebrali C5 e C6 che apparentemente<br />

interessava lo spazio epidurale, con parziale estensione nel<br />

canale neurale omolaterale. L’intervento neurochirurgico con<br />

laminectomia C4 parziale, C5 e C6, evidenziava uno spazio<br />

peridurale integro ed asportava in modo apparentemente radicale<br />

una lesione ad origine durale “en plaque” di cm 1,5 di<br />

asse maggiore. La paziente dopo 6 mesi dall’intervento appare<br />

libera da malattia.<br />

Risultati. All’esame istologico la neoplasia risulta costituita<br />

da una proliferazione di cellule meningoteliali, positive all’indagine<br />

immunoistochimica per antigene epiteliale di<br />

membrana (EMA) e vimentina, disposte in nidi vorticoidi e<br />

dispersi in un contesto infiammatorio costituito in prevalenza<br />

da plasmacellule mature policlonali e piccoli linfociti con<br />

immunofenotipo B e T. I reperti morfologici ed immunoistochimici<br />

hanno suggerito la diagnosi di LPRM.<br />

Conclusioni. Il LPRM è una rara variante di meningioma,<br />

del quale a tutt’oggi sono stati descritti 20 casi in letteratura,<br />

con insorgenza preferenziale tra la II e la IV decade, talora in<br />

associazione ad ipergammaglobulinemia ed anemia 1 . Tra i<br />

casi descritti, uno insorto in età pediatrica, mostrava caratteristiche<br />

di invasività locale ed atipia. Il LPRM deve essere distinto<br />

da processi linfoproliferativi con ricca componente<br />

plasmacellulare e da lesioni infiammatorie non neoplastiche,<br />

quali il granuloma plasmacellulare e la pachimeningite idiopatica<br />

infiammatoria 2 , che si possono accompagnare ad iperplasia<br />

meningoteliale reattiva e che richiedono un differente<br />

approccio terapeutico. La valutazione della clonalità dell’infiltrato<br />

linfo-plasmacellulare e l’entità e la morfologia della<br />

componente meningoteliale, suggeriscono il corretto inquadramento<br />

diagnostico della lesione.<br />

Bibliografia<br />

1 Bruno MC, Ginguene C, Santangelo M, Panagiotopoulos K, Piscopo<br />

GA, Tortora F, et al. Lymphoplasmacyte rich meningioma. A case report<br />

and review of the literature. J Neurosurg Sci 2004;48:117-24.<br />

2 Hirunwiwatkul P, Trobe JD, Blaivas M. Lymphoplasmacyte-rich meningioma<br />

mimicking idiopathic hypertrophic pachymeningitis. J Neurol-Ophtalmol<br />

2007;27:91-4.<br />

193<br />

Microglia impairment in the central nervous<br />

system of DAP12 knock-out mice reflects a<br />

role for DAP12 in microglia survival<br />

P.L. Poliani, I.R. Turnbull * , W. Vermi, M. Colonna * , F.<br />

Facchetti<br />

Department of Pathology, University of Brescia, Italy; * Department<br />

of Pathology and Immunology, Washington University<br />

School of Medicine, St. Louis, MO, USA<br />

Introduction. DAP12 is a signaling adaptor protein that associates<br />

with a family of receptors expressed on the surface<br />

of leukocytes including the TREM family of receptors expressed<br />

on granulocytes and macrophages. Genetic mutations<br />

of human DAP12 gene result in a rare syndrome with<br />

no obvious immune defects but characterized by bone cysts<br />

and presenile dementia, the polycystic lipomembranous osteodysplasia<br />

with sclerosing leukoencephalopathy (PLOSL),<br />

so called Nasu-Hakola disease. Since DAP12 is expressed in<br />

cells of myeloid origin, it is suggested that DAP12 may regulate<br />

the function of osteoclasts and microglial cells, which<br />

share a myeloid origin and are critical for bone re-modelling<br />

and brain function, respectively. Similarly to PLOSL patients,<br />

DAP12 defient mice have defects in both central nervous<br />

system (CNS) and bone, two tissues invested with resident<br />

cells of the mononuclear phagocyte lineage: osteoclasts<br />

and microglia. We have previously shown that macrophages<br />

from DAP12-/- mice undergo rapid apoptosis and in bonemarrow<br />

chimera experiments DAP12-/- cells less efficiently<br />

repopulated both bone-marrow and peripheral tissues. To better<br />

investigate this issue we studied the microglia morphology<br />

and distribution in the CNS of DAP12-/-, Trem2-/-,<br />

DAP10,12-/- and DAP10,12,FcER-/- mice.<br />

Methods. Brains and spinal cords from both knock-out and<br />

wild type mice at different age (newborns, 10-12 and 21<br />

months old) have been collected and processed for paraffin<br />

embedding. Serial sections from all the CNS of the animals<br />

have been submitted to neuropathological examination and<br />

immunostained for different microglal markers (F4/80, Iba-<br />

1, BS-I isolectin B4).<br />

Results. Neuropathological analysis of the knock out mice<br />

didn’t show major alterations with the exclusion of focal areas<br />

of hypomyelination, mild gliosis and calcifications in the<br />

oldest mice. Microglia have been found to be widespread expressed<br />

throughout all the CNS of the control mice with a<br />

prevalence in some regions (basal ganglia, cerebellum, hippocampus,<br />

fimbria-fornix). In contrast, an age dependent microglia<br />

impairment have been revealed in all the DAP12, the<br />

double DAP10/12 and the triple DAP10/12/FcER knock out<br />

mice with a dramatic loss in the older mice. Noteworthy, the<br />

Trem2 knock out mice didn’t show any microglial alterations.<br />

Interestingly the residual microglial cells showed a<br />

dystrophic morphology with loss of bundles and degenerating<br />

appearance (beading, fragmentation, nuclear condensation).<br />

Conclusions. These data suggest a new role for the DAP12<br />

protein in the survival of microglial cells. This is particularly<br />

relevant in the CNS, where replenishment of microglia is<br />

limited by capacity of bone-marrow derived monocytes to<br />

cross the blood brain barrier and defective microglial cell<br />

function might be contribute to the etiopathognesis of PLOS.


194<br />

Immunophenotipical characterization of<br />

targeted dendritic cell vacciantion to<br />

glioblastoma derived cancer stem cell<br />

P.L. Poliani, S. Pellegatta * , M. Ravanini, G. Finocchiaro * ,<br />

F. Facchetti<br />

Department of Pathology, University of Brescia, Italy; * Department<br />

of Experimental Neuro-Oncology, National Neurological<br />

Istitute “C. Besta”, Milan, Italy<br />

Introduction. A novel intriguing scenario in tumor biology<br />

implies that only a subgroup of cells is endowed with properties<br />

that are necessary to perpetuate tumor growth. These<br />

cells would recapitulate the role of progenitor stem cells during<br />

development and the neoplastic phenotype would then be<br />

the result of aberrant organogenesis. The presence of cancer<br />

stem-like cells (CSC) has been proposed in leukemias, breast<br />

cancer, brain tumors and, more recently, in other neoplasms.<br />

Only CSC were able to grow indefinitely in vivo and invariably<br />

reproduce the human parental tumor when injected in<br />

immunodeficient mice. An important consequence of the<br />

CSC model for tumor growth would be that only the targeting<br />

of the highly malignant CSC tumor subsets would be able<br />

to eradicate the tumor.<br />

Methods. To tests this hypothesis we first developed a brain<br />

tumor model based on CSC paradigm. We isolated under specific<br />

culture conditions CSC from murine GL261 glioblastoma<br />

(GBM) cell line, expressing high levels of stem cell<br />

markers, growing as neurospheres, and we stereotactically<br />

inoculated these cells into the brain of syngenic mice. This<br />

animal model have been then used to establish a novel immunotherapeutic<br />

protocol using dendritic cells (DC) loaded<br />

with GBM neurospheres containing CSC (DC-NS) or total<br />

murine glioblastoma (GBM) lysates (DC-GBM). Statistical<br />

studies on survival and histopathological and immunophenotipical<br />

evaluation have been performed.<br />

Results. Glioblastoma derived neurospheres with CSC features<br />

showed robust tumor formation in vivo and a more aggressive<br />

infiltrating behaviour, with lower survival compared<br />

to controls, injected with the parental GL261 glioblastoma<br />

(GBM) cell line. MRI and histology confirmed the data.<br />

Strikingly, dendritic cells pulsed to neurospheres (DC-NS)<br />

protected mice against tumors from both the highly aggressive<br />

GBM derived from CSC and the classical model. Dendritic<br />

cells pulsed to the total lysate (DC-GBM), on the contrary,<br />

only afforded a partial protection. Histopathological<br />

analysis showed that DC-NS vaccination was associated with<br />

robust tumor infiltration by CD8+ and CD4+ T lymphocytes<br />

and signs of tumor rejection.<br />

Conclusions. These findings suggest that DC targeting of<br />

CSC provides a higher level of protection against GBM, even<br />

in the presence of an highly aggressive model, a finding with<br />

potential implications for the design of future clinical trials<br />

based on DC vaccination.<br />

POSTERS<br />

Cav-1 expression is correlated with<br />

microvessel density in human meningiomas<br />

V. Barresi, S. Cerasoli * , G. Barresi, G. Tuccari<br />

Dipartimento di Patologia Umana, Università di Messina,<br />

Italy; * U.O. di Anatomia Patologica, Ospedale “M. Bufalini”,<br />

Cesena, Italy<br />

Introduction. Caveolin-1 (Cav-1) is a 22 KDa protein, mainly<br />

expressed in the endothelium, smooth muscle cells, in<br />

adipocytes and in fibroblasts. It exerts an essential but dual<br />

role in the regulation of cell proliferation and functions as either<br />

a pro-tumorigenic or a tumour suppressor factor in human<br />

malignancies. Recently, Cav-1 immuno-expression in<br />

neoplastic cells has been significantly correlated with tumour<br />

microvessels density (MVD) in renal cell carcinoma and in<br />

mucoepidermoid carcinoma of the salivary glands. Since we<br />

previously demonstrated Cav-1 potential pro-tumorigenic<br />

and negative prognostic role in human meningiomas, the aim<br />

of the present study was to analyze Cav-1 expression in a series<br />

of meningiomas and to correlate it with MVD measured<br />

by the specific marker for neo-angiogenesis CD105.<br />

Methods. 62 cases of meningiomas, classified according to<br />

WHO 2000, were submitted to the immunohistochemical<br />

analysis for CD105 and for Cav-1. CD105 stained vessels<br />

were counted (400X) in the three most vascularized areas and<br />

the mean value of three counts was recorded as the MVD of<br />

the section. For each case, a Cav-1 ID score was also generated<br />

by multiplying the value of the area of staining positivity<br />

(ASP: 0 = < 10%, 1 = 11-25%, 2 = 26-50%, 3 = 51-75%,<br />

4 = > 75%) and that of staining intensity (SI: weak = 1, moderate<br />

= 2 and strong = 3). Chi-squared and Mann-Whitney<br />

tests were used to assess correlations between clinico-pathological<br />

parameters and Cav-1 ID scores or MVD counts. The<br />

correlation between MVD and Cav-1 ID scores was tested by<br />

using Mann-Whitney and Spermann correlation tests. Kaplan<br />

Meier method was applied to evaluate the prognostic significance<br />

of Cav-1 expression, MVD and other clinico-pathological<br />

parameters on overall and recurrence-free survival.<br />

Results. A significantly higher MVD was encountered in<br />

cases displaying a higher Cav-1 ID score (p = 0.0001). Furthermore,<br />

a significant positive correlation emerged between<br />

Cav-1 ID scores and MVD counts (r = 0.390; p = 0.0023).<br />

Higher MVD counts and higher Cav-1 ID scores were significantly<br />

associated with a higher histological grade and Ki-<br />

67 LI and with a shorter overall and recurrence-free survival<br />

to meningiomas.<br />

Conclusions. The correlation between a higher Cav-1 expression<br />

in the neoplastic cells and tumour MVD may indicate<br />

the role of the former as a regulator of neo-angiogenesis<br />

in meningiomas. This might be the mechanism underlying<br />

Cav-1 behaviour as a negative prognostic factor in meningiomas.


POSTERS<br />

Adenomi ipofisari recidivi valore prognostico<br />

del Mib-1 e della p53<br />

C.F. Gheri, A.M. Buccoliero, F. Garbini, E. Zappulla, F.<br />

Castiglione, D. Moncini, F. Ammannati * , P. Mennonna * ,<br />

G.L. Taddei<br />

Dipartimento di Patologia Umana e Oncologia, Università<br />

di Firenze; * Unità Operativa di Neurochirurgia, AOU Careggi,<br />

Firenze<br />

I tumori primitivi dell’ipofisi rappresentano il 6-10% di tutti<br />

i tumori intracranici sintomatici. Nella pressoché totalità dei<br />

casi si tratta di adenomi. I carcinomi sono infatti un’entità<br />

estremamente rara.<br />

Gli adenomi ipofisari vengono distinti in tipici ed atipici in<br />

relazione al tipo di crescita espansiva o invasiva, all’indice di<br />

proliferazione cellulare (MIB-1) inferiore o superiore al 3%<br />

ed alla assenza o presenza della sovraespressione immunoistochimica<br />

della proteina p53. La combinazione di questi caratteri<br />

è stata infatti associata con una tendenza significativamente<br />

maggiore all’invasività ed alle recidive.<br />

Scopo della nostra ricerca è stato valutare il valore predittivo<br />

del Mib-1 e della p53 negli adenomi ipofisari in relazione alle<br />

recidive.<br />

Di 5.080 casi neurochirurgici oncologici giunti alla nostra osservazione<br />

nel periodo gennaio 1995-giugno 2006, 371 (7%)<br />

erano adenomi ipofisari, 13 (3%) dei quali recidivi.<br />

L’indice di proliferazione Ki-67 e l’espressione della p53 valutati<br />

nella lesione primitiva dei 13 casi recidivati sono stati<br />

confrontati con un campione di 100 adenomi ipofisari consecutivi<br />

non recidivati. Da questo confronto emerge una differenza<br />

statisticamente significativa sia nell’espressione di p53<br />

che dell’indice di proliferazione cellulare degli adenomi recidivati<br />

rispetto ai controlli.<br />

In base alla nostra esperienza p53 e Mib-1 si candidano pertanto<br />

quali possibili fattori prognostici predittivi di un più alto<br />

rischio di recidiva negli adenomi ipofisari.<br />

Multidrug resistance P-glycoprotein<br />

expression in human fetal brain<br />

S. Fattori, F. Becherini, V. Nardini * , M. Cianfriglia ** , M.<br />

Castagna<br />

<strong>Pathologica</strong>l Anatomy III, Department of Surgery, University<br />

of Pisa, Italy; * <strong>Pathologica</strong>l Anatomy III, A.O.U.P., Pisa;<br />

Italy ** Department of Drug Research and Evaluation, Istituto<br />

Superiore di Sanità, Rome, Italy<br />

Introduction. Multidrug resistance 1 gene (MDR1), encoding<br />

for P-glycoprotein (P-gp) is a transmembrane ATP dependent<br />

protein associated with multidrug resistance in cancer<br />

cells and it is also phisiologically expressed in several organs,<br />

such as adrenal, intestine, respiratory epithelium, placenta<br />

and brain.<br />

The finding of Pgp expression in a variety of normal tissues<br />

with diverse physiological functions suggests that the role of<br />

Pgp may not be limited to excretion of xenobiotics. Hence<br />

Pgp may play an important role as a protective tissue-blood<br />

barrier in several organs and conditions including the brain<br />

cells of the fetus.<br />

Methods. In this study we investigated P-gp expression in<br />

human brain tissues at different developmental stages of fetal<br />

life (between the 13 and 39 weeks of gestation), by im-<br />

195<br />

munohistochemical technique. In particular we used a purified<br />

form of the monoclonal antibody MM4.17, that has been<br />

shown to react with unique specificity and affinity with the<br />

external domain of MDR1-P-gp.<br />

Results. Immunodetection of P-gp was observed not only in<br />

endothelial cells of brain capillary, but also in brain cells. The<br />

more interesting results were found into the meningeal,<br />

choroid plexus and in the neuronal cells of ponto-mesencephalic<br />

nuclei.<br />

Conclusions. These findings confirm that MDR1-P-gp may<br />

play an important role in the endothelial cells of the brain<br />

pumping out xenobiotics from endothelial cells into the lumen<br />

of capillaries for the protection of the brain parenchyma<br />

and protecting fetal brain against toxic agents or maternal<br />

metabolic products during the intrauterine development. Furthermore<br />

P-gp could have an hypothetical role in important<br />

physiologic process taking place in early developmental<br />

stages of fetus life.<br />

Finally, understanding the presence of this protein and the<br />

mechanisms of it’s functions both in the placenta and in the<br />

brain fetal cells could be essential for optimization of pharmacotherapy<br />

during pregnancy.<br />

Epilepsy surgery: unusual association of<br />

meningioangiomatosis with DNET<br />

F. Becherini, A. Iannelli * , C. Marini ** , T.S. Jacques *** , B.<br />

Harding *** , M. Castagna ***<br />

Department of Surgery, Anatomical Pathology Unit III, University<br />

of Pisa, Italy; * Neuroscience Department, Neurosurgery<br />

Unit, University of Pisa, Italy; ** Child Neurology Unit,<br />

Pediatric Hospital “A. Meyer” University of Florence, Italy;<br />

*** Department of Histopathology, Great Ormond Street Hospital<br />

NHS Trust, London UK<br />

Meningioangiomatosis (MA) is a rare lesion involving the<br />

cortex and the overlying leptomeninges, resulting from a proliferation<br />

of superficial cortical vessels and perivascular<br />

spindle cells. While most case are sporadic, the association of<br />

MA with neurofibromatosis type 2 (NF2) is well recognised.<br />

Cases usually present with seizures or headaches. MA has<br />

been observed in association with focal brain lesions such as<br />

meningiomas, schwannomas, low-grade gliomas and vascular<br />

malformations. We describe a mixed lesion comprising of<br />

MA and a Dysembryoplastic Neuroepithelial Tumour<br />

(DNET). A 4 year-old male with no family history of NF2<br />

presented with a single, secondarily generalized, complex<br />

partial seizure. EEG recordings showed an excess of slow<br />

and sharply contoured activity in the left centro-parieto-occipital<br />

region and bursts of sub-clinical intermittent rhythmic<br />

activity lasting about 20 seconds. An MRI of the brain<br />

showed two distinct lesions in the mesial-temporal and temporo-opercolum-subinsularis<br />

regions, characterized by an increased<br />

Apparent Diffusion Coefficient (ADC), hyperintensity<br />

in long-TR images and hypointensity in T1-weigheted images.<br />

The remaining part of the lesion involving the cortex<br />

looked slightly hyperintense and coexisted with a pseudopachygyric<br />

aspect with loss of interdigitations between white<br />

matter and the overlying circumvolutions. The child underwent<br />

to temporal lobectomy, with sparing of the hippocampus.<br />

The resection consisted of firm temporal lobe with discoloured<br />

cortex and gelatinous, greyish sub-cortical areas.<br />

Microscopy revealed two distinct pathological findings. Cor-


196<br />

tical architecture was disarranged due to proliferation of thinwalled<br />

blood vessels, surrounded by cuffs of spindle cells,<br />

sometimes organized in areas with a rhythmic palisading pattern.<br />

These features were typical of MA of “predominantly<br />

cellular type”. The second pathology consisted of nodules of<br />

small, round “oligodendrocyte-like” cells set against a loose<br />

myxoid stroma which showed areas of pseudocyst formation.<br />

Scattered residual neurones were found, but the “specific<br />

glio-neuronal element” was not seen. Morphological and immunophenotypical<br />

features were suggestive of a DNET.<br />

To our knowledge this association has never been described<br />

and represents an interesting combination of two different<br />

diseases with uncertain histogenesis.<br />

L’espressione di caveolina-1 correla con<br />

grado e sopravvivenza di ependimomi spinali<br />

e intracranici: presupposti per la definizione<br />

di un nuovo fattore prognostico in Neuro-<br />

Oncologia<br />

R. Senetta, L. Chiusa, R. Lupo, C. Miracco * , E. Armando,<br />

G. Bussolati, P. Cassoni<br />

Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana,<br />

Università di Torino; * Dipartimento di Patologia Umana e<br />

Oncologia, Sezione di Anatomia Patologica, Università di<br />

Siena<br />

Introduzione. Gli ependimomi rappresentano un sottogruppo<br />

di neoplasie gliali costituenti circa il 3-5% di tutte le neoplasie<br />

intracraniche. Sebbene numerosi studi abbiano tentato<br />

di identificare con criteri clinici, istologici, immunoistochimici<br />

e molecolari dei parametri con valore prognostico, i risultati<br />

ad oggi presenti in letteratura sono discordanti. La caveolina-1<br />

(cav-1) è stata recentemente descritta quale marker<br />

associato a tumori gliali (di origine astrocitaria) a maggiore<br />

aggressività biologica 1 in accordo con la recente evidenza<br />

che uno shift mesenchimale delle cellule gliali possa caratterizzare<br />

un fenotipo più maligno 2 . Scopo di questo lavoro è<br />

valutare l’espressione di cav-1 in una casistica di tumori di<br />

origine ependimale e correlarla con sopravvivenza e altri<br />

markers immunofenotipici.<br />

Metodi. Ventinove casi di ependimoma intracranici e spinali,<br />

operati tra il dicembre 2001 e il dicembre 2006, sono stati<br />

studiati per valutare l’espressione di cav-1 e di correlarla con<br />

parametri istologici (grado sec. WHO, ed. 2003), immunofenotipici<br />

(Ki67, p53 ed EGFR) e clinici (OS e DFS).<br />

Risultati. Tra i 29 ependimomi studiati, 7 erano di grado I,<br />

13 di grado II e 9 di grado III. La percentuale di espressione<br />

di cav-1 nelle cellule tumorali correlava significativamente<br />

con il grado (I vs. II: p = 0,007; I vs. III: p = 0,0001; II vs. III:<br />

p = 0,0001), a differenza di Ki67 [I vs. III (p = 0,002) altri<br />

n.s.] e di EGFR [II vs. III (p = 0,0002) e I vs. III (p = 0,001)<br />

I vs. II: n.s.]. L’espressione di p53 non ha presentato una correlazione<br />

con il grado tumorale. L’analisi univariata ha evidenziato<br />

una associazione significativa del grado tumorale e<br />

dell’espressione di p53, Ki67, EGFR e cav-1 (p = 0,0008)<br />

con l’OS: tuttavia, in analisi multivariata, la percentuale di<br />

espressione di cav-1 > 40% è risultata essere la sola variabile<br />

indipendente correlata con l’OS (p = 0,0001).<br />

Conclusioni. La cav-1 è il marcatore immunoistochimico<br />

che meglio correla con il grado tumorale degli ependimomi<br />

ed il solo marker che in analisi multivariata presenti una significativa<br />

associazione indipendente con la sopravvivenza<br />

del paziente. Nell’insieme, questi risultati offrono le premesse<br />

per un utilizzo di cav-1 come fattore prognostico nella diagnostica<br />

dei tumori di origine ependimale.<br />

Bibliografia<br />

1 Cassoni P, et al. Am J Surg Pathol 2007;31:760-9.<br />

2 Phillips HS, et al. Cancer Cell 2006;9:157-73.<br />

POSTERS


PATHOLOGICA 2007;99:197-202<br />

Neurofibroma lipomatoso: descrizione di un<br />

raro caso<br />

M.P. Cocca, C. Martella, R. Ricco, A. Cimmino<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica, Azienda Policlinico,<br />

Università di Bari<br />

Introduzione. Il neurofibroma cutaneo presenta alcune varianti<br />

che riflettono la sua modalità di crescita. Di recente,<br />

nell’ambito delle forme localizzate cutanee, è stata descritta<br />

una nuova entità definita come Neurofibroma Lipomatoso<br />

(NL).<br />

Il primo caso di NL è stato documentato da Shimoyama e dai<br />

suoi collaboratori nel Marzo 2002, seguito da Val-Bernal<br />

qualche mese più tardi. Pochi casi, circa una decina, sono stati<br />

riportati in letteratura.<br />

Presentiamo il caso di una giovane donna di 20 anni con un<br />

sospetto clinico di morbo di Recklinghausen, diffuse macchie<br />

di color caffelatte sul corpo e portatrice di neoformazione lipomatosa<br />

della guancia destra.<br />

Metodi. Il materiale bioptico, che consisteva in numerosi<br />

frammenti irregolari giallastri, è stato fissato in formalina<br />

tamponata al 10%, processato come di routine e incluso in<br />

paraffina.<br />

Le sezioni ottenute sono state colorate con Ematossilina/Eosina.<br />

ed utilizzate per le indagini di immunoistochimica<br />

(IIC). Parte del materiale incluso in paraffina è stato poi avviato<br />

alle indagini di Microscopia Elettronica.<br />

Risultati. L’esame istologico ha rivelato una proliferazione<br />

neoplastica costituita prevalentemente da elementi fusati nelle<br />

aree neurofibromatose, intimamente frammisti a cellule<br />

adipose mature regolarmente disperse, presenti nell’intero<br />

campione. Le indagini IIC sono risultate positive per l’S-100,<br />

anche nella componente adiposa ed il CD34 nella componente<br />

vascolare; focale positività anche per i Neurofilamenti.<br />

Negativa, invece è risultata la ricerca dell’EMA.<br />

Conclusioni. Localizzato più frequentemente nel distretto testa-collo,<br />

il NL è una neoplasia di recente individuazione, an-<br />

Tab. I. Anticorpi utilizzati e principali applicazioni.<br />

Patologia dei tessuti molli<br />

cora poco descritta, la cui esistenza deve essere però presa in<br />

considerazione quando il neurofibroma si presenti in sede<br />

sottocutanea.<br />

La peculiarità di questa neoplasia è data dal fatto che le cellule<br />

adipose intimamente frammiste ai fasci di cellule fusate,<br />

più tipicamente neurofibromatose, sono parte integrante del<br />

tumore, non già tessuto adiposo infiltrato dallo stesso.<br />

Questa neoplasia entra in diagnosi differenziale con l’amartoma<br />

cutaneo neurolipomatoso, il lipoma e le sue varianti, il<br />

meningioma cutaneo, il nevo neurale in sostituzione adiposa.<br />

L’ipotesi istogenetica più accreditata per questo tumore è da<br />

riferire ad un processo di metaplasia o di differenziazione<br />

adiposa aberrante a partenza da cellule multipotenti migrate<br />

dalla cresta neurale.<br />

Bibliografia<br />

1 Shimoyama T, et al. Solitary neurofibroma of the oral mucosa: a previously<br />

undescribed variant of neurofibroma. J Oral Sci 2002;44:59-<br />

63.<br />

2 Val-Bernal JF, et al. Cutaneous lipomatous neurofibroma. Am J Dermatopathol<br />

2002;24:246-50.<br />

Istiocitoma fibroso angiomatoide:<br />

descrizione di un caso ed inquadramento<br />

nosografico<br />

A. Martorana, G. Pompei, G. Spano, D. Cabibi<br />

Dipartimento di Patologia Umana, Università di Palermo,<br />

Palermo<br />

Introduzione. L’Istiocitoma fibroso Angiomatoide (AFH) è<br />

un raro tumore dei tessuti molli che si osserva soprattutto nei<br />

bambini e nei giovani adulti. Enzinger fu il primo a descrivere<br />

questa entità come una variante del fibroistiocitoma<br />

“maligno” ma, in considerazione delle caratteristiche cliniche,<br />

della prognosi e della sua espressione immunofenotipica,<br />

oggi si considera l’AFH come istotipo tumorale a sé stan-<br />

Anticorpo Casa produttrice Smascheramento Incubazione Applicazioni<br />

CD31 Novocastra tampone citrato a pH 6 30 min. t.a. Cellule endoteliali normali<br />

per 30 minuti<br />

CD34 Novocastra tris-EDTA 0,1M 30 min. t.a. Cellule endoteliali normali<br />

per 30 min. a pH9 e neoplastiche; cellule<br />

staminali dendritiche della cute<br />

CD68 Novocastra tampone citrato a pH 6 30 min. t.a. Macrofagi e piastrine attivate<br />

per 30 minuti<br />

KI67 Dako tris-EDTA 0,1M 30 minuti t.a. Indicatore della proliferazione cellulare<br />

per 30 min. a pH9<br />

S100 Novocastra tris-EDTA 0,1M 30 min. t.a. Melanociti, cellule mioepiteliali,<br />

per 30 min. a pH9 gliali e di Schwann<br />

Vimentina Dako tris-EDTA 0,1M 30 min. t.a. Cellule di natura mesenchimal<br />

per 30 min. a pH9e<br />

Desmina Dako tris-EDTA 0,1M 30 min. t.a. Cellule muscolari liscie e striate<br />

per 30 min. a pH9


198<br />

te e con grado di malignità intermedio 1 . Numerosi autori<br />

hanno concentrato la loro attenzione sulla possibile istogenesi<br />

di tale neoplasia, ma ad oggi l’argomento è ancora dibattuto.<br />

Il nostro caso si pone a sostegno dell’ipotesi istogenetica<br />

formulata da Silverman sulla possibile natura istiocitaria della<br />

neoplasia, basata sulla positività della lesione al CD34 inteso<br />

come marcatore di primitive cellule dendritiche simil-fibroblastiche,<br />

che persistono nel mesenchima adulto 2 . Un uomo<br />

di 30 anni presentava sul braccio destro una neoformazione<br />

nodulare asintomatica, mobile sui piani sottostanti,<br />

centralmente rilevata e di colorito bianco madreperlaceo, con<br />

una pigmentazione periferica disomogenea. Macroscopicamente<br />

descritta come ben delimitata e multilobata, ha rivelato,<br />

in sezione, spazi cistici di aspetto irregolare e contenenti<br />

sangue. Istologicamente la lesione era costituita da una popolazione<br />

monomorfa di cellule istiocito-simili alcune delle<br />

quali con lievi atipie e con basso indice mitotico e da fenditure<br />

emorragiche bordate da cellule tumorali appiattite. In periferia<br />

era riconoscibile un infiltrato linfocitario ed una sottile<br />

pseudocapsula. L’integrazione delle caratteristiche macroscopiche<br />

ed istologiche, ha orientato la diagnosi verso la variante<br />

angiomatoide dell’istiocitoma fibroso (AFH).<br />

Metodi. Abbiamo testato diversi marcatori immunoistochimici:<br />

CD34, CD31, CD68, S100, Ki67, vimentina e desmina<br />

(Tab. I).<br />

Risultati. È stata osservata una zonale positività per il CD34<br />

e per il CD68 ed una focale positività per il Ki67 e per l’S100.<br />

Il CD31 e la desmina erano negativi, mentre la vimentina diffusamente<br />

positiva.<br />

Conclusioni. Il nostro studio conferma l’ipotesi istogenetica<br />

formulata da Silverman, mostrando una zonale positività per<br />

il CD34 oltre alla spiccata positività per il CD68 e per la vimentina,<br />

come contributo all’inquadramento nosografico<br />

della neoplasia.<br />

Bibliografia<br />

1 Enzinger FM. Cancer 1979;44:2147-57.<br />

2 Silverman JS, et al. Pathol Res Pract 1997;193:51-8.<br />

Perineurioma extraneurale sincrono renale<br />

ed extrarenale: neoplasia infrequente e<br />

peculiare<br />

F. Di Nuovo, M.L. Fibbi * , M. Tura ** , P. Uboldi, M. Spinelli<br />

Dipartimento di Patologia A.O. “G. Salvini”; Servizio di<br />

Anatomia e Istologia Patologica, Ospedale “S. Corona”,<br />

Garbagnate Milanese, Milano; Servizio di Anatomia Patologica,<br />

* Divisione di Urologia; ** IRCS, Policlinico di Monza<br />

Introduzione. Il Perineurioma è una neoplasia benigna delle<br />

guaine dei nervi periferici, rara, descritta per la prima volta<br />

nel 1978 da Lazarus e Trombetta. In accordo con la sede di<br />

insorgenza se ne riconoscono due principali tipi, intraneurale<br />

ed extraneurale. Colpisce principalmente gli adulti sebbene<br />

sia stato osservato anche nell’età infantile. Sedi preferenziali<br />

di insorgenza sono i tessuti molli superficiali degli arti superiori<br />

ed inferiori, del collo e del tronco, mentre il retroperitoneo<br />

e il rene sono raramente interessati. La caratteristica peculiare<br />

che contraddistingue e differenzia le cellule perineuriali<br />

dalle cellule di Schwann è l’immunofenotipo: infatti esse<br />

perdono l’immunoreattività per pS100, mentre mostrano<br />

immunoreattività per EMA. Riportiamo un caso di perineu-<br />

POSTERS<br />

rioma sincrono, bicentrico localizzato alla pelvi renale e alla<br />

capsula di Gerota, occorso in un uomo di 43 anni che, a seguito<br />

di dolori addominali esegue un’ecografia che evidenzia<br />

la presenza di due masse solide coinvolgenti il polo superiore<br />

e l’ilo del rene di destra; viene pertanto sottoposto a nefrectomia<br />

radicale.<br />

Risultati. Macroscopicamente il rene, del peso di g 497, evidenziava<br />

una massa tondeggiante a margini indefiniti, di consistenza<br />

fibro-elastica, di cm 9,5 di diametro massimo, comprimente<br />

i calici. Al taglio si osservava colorito biancastro<br />

con frammiste aree giallastre di aspetto mixoidi, aspetto fascicolato<br />

e consistenza molle elastica. Al polo superiore, nella<br />

capsula adiposa, si osservava un’ulteriore neoformazione,<br />

priva di rapporti di continuità con la precedente, ben circoscritta,<br />

parzialmente mixoide, di colorito bianco-giallastro e<br />

di cm 8,5 di asse maggiore.<br />

Microscopicamente il quadro morfologico, delle due neoformazioni,<br />

era sovrapponibile ed appariva costituito prevalentemente<br />

da stroma lasso in cui erano inglobate cellule fusate,<br />

sottili, monomorfe, variamente intrecciate ed organizzate tra<br />

loro, con nucleo rotondo talora ovalariforme, privo di atipie.<br />

Tali elementi cellulari sono risultati immunoreattivi per<br />

EMA, CD34, Vimentina e SMA, mentre erano negativi per<br />

pS100, Desmina, GFAP e NFP. Si è inoltre osservata immunoreattività<br />

per Mib1 nel 15% circa della popolazione cellulare.<br />

Sulla base degli aspetti morfologici e del profilo immunofenotipico<br />

è stata posta diagnosi di perineurioma extraneurale<br />

benigno, bicentrico.<br />

Conclusioni. L’osservazione di questo caso offre lo spunto<br />

per sottolineare che la diagnosi differenziale delle neoplasie<br />

mesenchimali a cellule fusate, deve prendere in considerazione<br />

un pannello di indagini immunoistochimiche che include<br />

anche l’antigene epiteliale di membrana, in quanto la<br />

sua positività avvalora la diagnosi di perineurioma consentendo<br />

al tempo stesso il corretto riconoscimento ed inquadramento<br />

diagnostico di queste insolite neoplasie, spesso misdiagnosticate.<br />

Bibliografia<br />

1 Kahn DG, Dukett T, Bhuta M. Perineurioma of the kidney: report of<br />

a case with histologic, immunohistochemical and ultrastructural studies.<br />

Arch Pathol Lab Med 1993;117:654-7.<br />

2 Hornic JL, Fletcher CD. Soft tissue perineurioma: clinicopathologic<br />

analysis of 81 cases including those with atypical features. Am J Surg<br />

Pathol 2005;29:845-58.<br />

Malignità clinica e fattori prognostici dei<br />

tumori stromali del tratto gastroenterico<br />

V. Bertolini, A.M. Chiaravalli, C. Klersy * , C. Placidi, S.<br />

Marchet, L. Boni ** , C. Capella<br />

Dipartimento di Morfologia Umana, Sezione di Anatomia<br />

Patologica, Università dell’Insubria ed Ospedale di Circolo,<br />

Varese; * Servizio di Biometria ed Epidemiologia clinica, Direzione<br />

scientifica, Fondazione IRCCS, Policlinico “San<br />

Matteo”, Pavia; ** Dipartimento di Scienze Chirurgiche,<br />

Università dell’Insubria, Varese<br />

Introduzione. I Tumori Stromali Gastrointestinali (GIST)<br />

sono neoplasie dell’apparato digerente c-Kit-positive. Nel<br />

2002 Fletcher et al. hanno proposto una classificazione basata<br />

sul diametro tumorale e sull’indice mitotico (MI) che permette<br />

di suddividere le neoplasie in categorie di rischio di<br />

malignità. Scopo del presente studio è stato: 1) valutare l’in-


POSTERS<br />

cidenza di malignità clinica in una casistica non selezionata<br />

di tumori; 2) valutare il valore prognostico della classificazione<br />

proposta e di una serie di altri parametri.<br />

Metodi. Da 169 tumori mesenchimali diagnosticati presso il<br />

Servizio di Anatomia Patologica dell’Ospedale di Circolo di<br />

Varese dal 1973 al 2004 sono stati selezionati su base morfologica<br />

e immunoistochimica 118 GIST. La significatività statistica<br />

dei potenziali fattori prognostici indagati (sesso, età del<br />

paziente, sede, diametro, MI, aspetto citologico, atipie nucleari,<br />

necrosi, infiltrato linfocitario, infiltrazione della mucosa<br />

adiacente, immunoreattività per CD34, actina, desmina, proteina<br />

S100, Ki67 e p53) è stata valutata con il logrank test o<br />

con il modello di Cox. La probabilità cumulativa di evoluzione<br />

maligna è stata calcolata con il metodo di Kaplan Meier.<br />

Risultati. Dei 114 pazienti con follow-up 15 (13%) sono<br />

morti per progressione di malattia, mentre 63 (55%) pazienti<br />

sono ancora vivi.<br />

Diciotto casi (16%) con comportamento clinico maligno (recidive:<br />

8 casi, metastasi a distanza: 11) appartenevano alle<br />

categorie a rischio elevato (15 casi) ed intermedio (3 casi).<br />

L’incidenza di malignità era più elevata nei GIST omentali/mesenterici<br />

(4/7 casi) e colorettali (4/7 casi) rispetto a<br />

quelli delle altre sedi (stomaco: 5/67, piccolo intestino: 4/37).<br />

I casi maligni presentavano: elevati diametro (mediana: 7,5<br />

cm), MI (13/50 HPF) e Ki67 (11,8%); necrosi estesa e marcate<br />

atipie nucleari.<br />

Analisi multivariata della sopravvivenza libera da malattia<br />

considerando le sole variabili significative all’analisi univariata.<br />

Conclusioni. Un indice predittivo di prognosi (PI) che tenga<br />

conto della categoria di rischio, della sede tumorale, dell’età<br />

del paziente, della presenza di necrosi e del valore di Ki67<br />

permette di identificare meglio i pazienti che necessitano di<br />

un monitoraggio più frequente.<br />

Solitary fibrous tumor: a high-grade, small<br />

cell sarcoma mimic in fine needle cell block<br />

material<br />

P. Collini, M. Barisella, S. Stacchiotti * , A. Gronchi ** , P.G.<br />

Casali * , S. Pilotti<br />

Anatomic Pathology C Unit; * Sarcoma Unit, Cancer Medicine<br />

Department; ** Musculo-Skeletal Surgery Unit, IRCCS<br />

Fondazione Istituto Nazionale Tumori, Milano, Italy<br />

Introduction. Solitary fibrous tumor (SFT) is an uncommon<br />

tumor. Morphologically, the diagnosis is easy for typical, lowgrade<br />

SFT, but well-established criteria of malignancy are still<br />

lacking. Extrapleural site of origin, hypercellularity, at least focally<br />

moderate to marked cytologic atypia, mitotic index above<br />

4/10HPF, tumor necrosis, and/or infiltrative margins are re-<br />

Fattore HR 95% CI p value<br />

Classe di rischio elevato X 1 13,01 2,68-63,21 0,001<br />

Sede omentale/colorettale X 2 5,13 1,68-15,69 0,004<br />

Necrosi X 3 2,36 0,79-6,99 0,122<br />

Ki67 > 2,70 X 4 1,99 0,51-7,69 0,320<br />

Età X 5 0,96 0,92-0,99 0,028<br />

PI = 2,6 · X 1 + 1,6 · X 2 + 0,7 · X 3 + 0,9 · X 4 -0,04 · X 5 ; Model p < 0,001<br />

199<br />

ported to be associated with a higher risk of relapse and a malignant<br />

behaviour. Abrupt transition from benign to high-grade<br />

morphology is reported to occur in rare cases, and related to<br />

“dedifferentiation” (WHO, 2002). We report on two cases of<br />

SFT progressing to a metastatic high-grade sarcoma.<br />

Case reports. Patient 1: A 45 years old woman was diagnosed<br />

a peritoneal SFT. She underwent surgery plus adjuvant chemotherapy.<br />

Fifteen years after, bone, peritoneal and (cytologically<br />

proven) liver metastases occurred. She received 8 cycles<br />

of chemotherapy and responded. Patient 2: A 64 years old man<br />

was diagnosed a peritoneal SFT. He was treated with preoperative<br />

chemio-radiotherapy. He had a local response to radiotherapy.<br />

Though he developed liver metastases confirmed<br />

by fine needle aspiration cytology (FNAC). In both cases, the<br />

primary tumor featured a typical benign/low-grade SFT, with<br />

bland spindle and epithelioid cells, irrelevant mitotic index and<br />

absence of necrosis. In one case the cellularity was very scarce,<br />

with a marked deposition of collagenized stroma. Both cases<br />

showed a strong expression of vimentin, CD34, bcl2 protein,<br />

and CD99. The morphology of liver metastases was suggestive<br />

of a small round cell sarcoma, resembling a pPNET in<br />

one case and a poorly differentiated synovial sarcoma in the<br />

other. In both cases, the immunophenotype was superimposable<br />

to that of the primitive tumor, and a diagnosis of metastatic,<br />

high-grade SFT was made.<br />

Conclusions. In two patients with SFT, at the time of relapse<br />

the typical benign/low-grade aspect seen on the primary specimen<br />

converted into a high-grade morphology resembling a<br />

small round cell tumor (though maintaining the original immunophenotypical<br />

profile). This confirms that SFT can metastasize<br />

in the lack of early pathologic criteria of malignancy. These<br />

neoplasms seem to have the capability to dedifferentiate over<br />

time, even to the extent of giving rise to a high-grade, small<br />

round cell sarcoma. The anamnestic information about the previous<br />

SFT was of paramount value for a right diagnosis.<br />

Prognostic value of FNCLCC grading, mitotic<br />

index, necrosis, and type in synovial sarcoma<br />

of soft tissue: study on 86 cases treated at a<br />

single institution<br />

M. Barisella, P. Collini, A. Pellegrinelli, C. Mussi ** , M.<br />

Fiore ** , P. Dileo * , S. Stacchiotti * , A. Gronchi ** , P. Casali * ,<br />

S. Pilotti<br />

Anatomic Pathology C Unit; * Medical Oncology Unit;<br />

** Muscolo-Skeletal Surgery Unit, IRCCS Fondazione<br />

Istituto Nazionale Tumori, Milano, Italy<br />

Introduction. Synovial sarcoma (SS) is a malignant mesenchymal<br />

tumor accounting for roughly 15% of soft tissue


200<br />

sarcomas. SSs are considered as high-grade sarcomas. The<br />

prognosis is reported to be dependent on grading (G). Also<br />

SS-type [monophasic (M), biphasic (B), and poorly differentiated<br />

(PD)] is reported to have a prognostic significance, and<br />

the PD type would confer a ominous outcome. Our aim was<br />

to test the prognostic value of FNCLCC grading and type in<br />

a series of 86 SSs treated at Istituto Nazionale dei Tumori<br />

(INT, Milan).<br />

Methods. Clincal records and histologic features of 86 adult<br />

patients with localized SS, who underwent surgery at INT<br />

over 25 years were retrospectively reviewed. Patients pre-operatively<br />

treated with CT/RT were excluded. Two separate<br />

Cox models were fitted to study the prognostic effect of FN-<br />

CLCC grading vs. the combination of type, necrosis and mitotic<br />

index on event-free (EFS) or cause-specific survival<br />

(CSS). Model discriminating ability was quantified by Harrell<br />

c statistic.<br />

Results. The median follow-up was 85 months. 46 (53%)<br />

tumors were G2 and 40 (47%) were G3 FNCLCC. There<br />

were 42 (49%) M, 32 (37%) B, and 12 (14%) PD. Mitotic<br />

index was 0-9/10 HPF in 29 (34%) cases, 10-19/10 HPF in<br />

32 (37%) cases, and ≥ 20/10 HPF in 25 (29%) cases. Necrosis<br />

was absent in 52 (60%) cases. PD were more frequently<br />

G3 (92% vs. 34% B, 43% M), and showed more frequently<br />

mitotic index of ≥ 20 mitoses/10 HPF (75% vs. 21% B, M)<br />

while absence of necrosis was found in 33% vs. 59% in B<br />

and 69% in M. Lung metastases were more frequently<br />

found in PD (75% vs. 38% in B, 48% in M). Global EFS<br />

and CSS were respectively 39% (confidence interval: 29-<br />

50%) and 63% (51-73%) at 5 years. At multivariate analysis,<br />

G3 vs. G2 showed a HR of 3.38 for EFS and of 5.18 for<br />

CSS (p < 0.001). Higher mitotic index (p = 0.012 and<br />

0.016), and presence of necrosis (p = 0.007 and 0.010) resulted<br />

as well significant for both EFS and CSS. SS type<br />

showed no significant HR for either EFS or CSS. FNCLCC<br />

grade was found to be of prognostic value for both EFS and<br />

CSS (c = 0.71 and 0.75, respectively), as well as the combination<br />

of type, mitotic index and necrosis (c = 0.70 and<br />

0.73, respectively).<br />

Conclusion. Our study confirms the prognostic value of FN-<br />

CLCC grading system in SS. PD are found to have more frequently<br />

high mitotic index and necrosis, with also higher incidence<br />

of distant metastases, but at multivariate analysis<br />

CSS is not significantly more ominous in this SS type.<br />

Emangioendotelioma maligno epitelioide<br />

della tiroide. Presentazione di un caso<br />

C. Martella, G. Renzulli, M.P. Cocca, R. Ricco<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica, Policlinico di Bari,<br />

Introduzione. L’emangioendotelioma maligno o angiosarcoma<br />

della tiroide è una neoplasia primitiva con differenziazione<br />

endoteliale. Costituisce il 2-4% dei tumori maligni della<br />

tiroide. Più frequente ma non esclusivo delle zone montane,<br />

si manifesta prevalentemente in pazienti di sesso femminile,<br />

età media 70 anni, con sintomatologia dolorosa del collo e tumefazione<br />

a rapida crescita. La prognosi è inferiore a sei mesi,<br />

indipendentemente dal trattamento.<br />

Presentiamo il caso di una donna di 64 anni, affetta da gozzo<br />

nodulare plongeant da 3 anni. Per un rapido accrescimento<br />

della ghiandola e per difficoltà respiratorie la paziente viene<br />

sottoposta ad ecografia tiroide che rileva nodulo del lobo si-<br />

nistro, diametro cm 7, parzialmente colliquato. L’esame citologico<br />

su FNAB risulta inadeguato per la presenza di abbondante<br />

materiale necrotico emorragico inglobante rarissime<br />

cellule in regressione. La paziente viene sottoposta a tiroidectomia<br />

totale dopo 3 mesi.<br />

Metodi. L’esame macroscopico della tiroide evidenzia nodulo<br />

del lobo sinistro, diametro cm 9, in parte solido di colorito<br />

grigiastro, in parte necrotico-emorragico. Il materiale è<br />

stato fissato in formalina tamponata 10%, incluso in paraffina<br />

e le sezioni ottenute colorate con Ematossilina-Eosina.<br />

Sono state effettuate indagini immunoistochimiche.<br />

Risultati. L’esame istologico ha evidenziato una neoplasia<br />

maligna scarsamente differenziata con estesa necrosi ed<br />

emorragia, fibrosi ed infiltrato flogistico intra- e peri-tumorale.<br />

La neoplasia risulta costituita da cellule voluminose, poligonali<br />

(epitelioidi), talora fusate, con nucleo pleomorfo, vescicoloso,<br />

nucleolato e ampio citoplasma eosinofilo. Numerose<br />

figure mitotiche, permeazione endovasale e perineurale,<br />

infiltrazione e superamento della capsula tiroidea. Il pattern<br />

di crescita è prevalentemente solido, focalmente si apprezzano<br />

spazi vascolari anastomizzati, delimitati da cellule neoplastiche.<br />

Tenuto conto dell’esordio clinico, dell’aspetto macroscopico<br />

e dei caratteri istologici la diagnosi differenziale comprende:<br />

il carcinoma anaplastico hemangiopericytic-like, l’emangioendotelioma<br />

maligno epitelioide, il carcinoma midollare<br />

variante oncocitica, il leiomiosarcoma, il linfoma non<br />

Hodgkin a grandi cellule B e, tra le neoplasie secondarie, soprattutto<br />

il melanoma.<br />

Immunofenotipo degli elementi neoplastici: CD 31 (+++),<br />

CD 34 (+), CK AE-1/AE-3 (+).<br />

Conclusioni. Emangioendotelioma maligno epitelioide della<br />

tiroide. L’exitus è avvenuto 5 mesi dopo l’intervento.<br />

Cisti del tail-gut<br />

POSTERS<br />

M. Palumbo, A. Colagrande, C. Traversi, A. Cimmino, R.<br />

Ricco<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica, Policlinico di Bari,<br />

Introduzione. L’amartoma retrorettale cistico (RCH), o cisti<br />

del tail-gut, è una rara lesione congenita che insorge più tipicamente<br />

tra il retto e il sacro ed origina da residui della porzione<br />

caudale dell’intestino che si obliterano precocemente<br />

nello sviluppo embrionale. La lesione è più frequente in donne<br />

adulte, ma può insorgere anche in bambini e neonati e,<br />

meno spesso, nell’uomo. È caratterizzata dalla presenza di cisti<br />

con differenti tipi di epitelio talora a secrezione mucinosa.<br />

Noi descriviamo un caso di amartoma cistico rettale insorto<br />

in un soggetto adulto di sesso maschile.<br />

Metodi. Paziente maschio di 62 anni presenta a 10 cm dal<br />

margine anale formazione solida ovoidale a margini regolari<br />

e policiclici che all’immagine TAC si presenta davanti al sacro<br />

e si sviluppa nella pelvi dietro il sigma. All’atto chirurgico<br />

si rileva fuoriuscita di materiale liquido denso, lattescente.<br />

Alla nostra osservazione perviene un frammento di parete<br />

cistica laminare fibro-adiposa, diametri cm 5,5 x 3,5, pluriconcamerata,<br />

che microscopicamente risulta rivestita da epitelio<br />

colonnare pseudostratificato ciliato, con interposte rare<br />

goblet-cells.<br />

Risultati. La diagnosi di cisti del tail-gut non presenta particolari<br />

difficoltà. Sono presenti cisti rivestite da epitelio cuboidale<br />

o colonnare. In alcuni casi è stato evidenziato epite-


POSTERS<br />

lio ciliato, squamoso o transizionale. Il lume contiene variabile<br />

quantità di muco. Nella parete cistica non si rileva tonaca<br />

muscolare né rivestimento peritoneale. Nelle donne rappresenta<br />

un riscontro occasionale in corso di visite ginecologiche,<br />

mentre nei soggetti di sesso maschile spesso coesistono<br />

fistole perianali o ascessi perianali. La sede presacrale impone<br />

alcune considerazioni di diagnosi differenziale con il teratoma<br />

cistico maturo, la cisti dermoide, le cisti delle ghiandole<br />

dell’area perianale e quelle enterogene, il meningocele<br />

sacrale anteriore, le cisti pilonidali, la fistola ano-rettale e gli<br />

ascessi rettali ricorrenti. Queste sono considerate cisti acquisite<br />

da inclusione in quanto si apprezzano in pazienti con ricorrenti<br />

infiammazioni o traumi anali.<br />

Conclusioni. In letteratura sono stati descritti pochi casi di<br />

amartoma cistico insorti prevalentemente in soggetti giovani<br />

di sesso femminile. La segnalazione di un caso insorto in un<br />

soggetto adulto di sesso maschile rappresenta un evento eccezionale.<br />

Sarcoma sinoviale bifasico: descrizione di un<br />

caso in età pediatrica<br />

M.P. Cocca, R. Rossi, C. Martella, L. Resat, R. Ricco, A.<br />

Cimmino<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica, Policlinico di Bari<br />

Introduzione. Circa l’8% dei tumori maligni che insorgono<br />

in età pediatrica sono sarcomi dei tessuti molli. Il sarcoma sinoviale<br />

(SS), più frequente nei pazienti giovani-adulti, ne costituisce<br />

l’8-10%. La maggior parte dei casi di SS insorge in<br />

prossimità delle grandi articolazioni degli arti, soprattutto inferiori,<br />

e solo il 9% interessa il distretto testa-collo. Il primo<br />

caso di SS originatosi in tale distretto fu descritto da Jernstrom<br />

nel 1954. Da allora circa 100 casi sono stati riportati in<br />

letteratura.<br />

Presentiamo il caso di una bambina di 8 anni con una neoformazione<br />

del collo friabile, necrotica, giallastra, estesa al pavimento<br />

orale e allo spazio parafaringeo sinistro.<br />

Metodi. Dal materiale bioptico fissato in formalina tamponata<br />

10%, processato e incluso in paraffina sono state allestite<br />

sezioni colorate come di routine ed utilizzate anche per le<br />

indagini di immunoistochimica (IIC). Parte del materiale incluso<br />

è stato avviato alle indagini di microscopia elettronica<br />

(ME) e a quelle di RT-PCR per la ricerca della tipica traslocazione<br />

t(X;18) e del relativo prodotto di trascrizione.<br />

Risultati. L’esame istologico ha rivelato una proliferazione<br />

neoplastica a pattern bifasico costituita da una commistione<br />

di cellule epiteliomorfe e fusate. Le indagini IIC sono risultate<br />

positive per le CK e l’EMA nella componente epiteliale<br />

e, in entrambe le componenti, per Vimentina, bcl-2 e CD99.<br />

Le indagini citogenetiche, condotte presso altra sede, hanno<br />

dimostrato presenza del trascritto SYT-SSX1 originato dalla<br />

traslocazione t(X;18).<br />

La ME ha evidenziato la natura bifasica della lesione, caratterizzata<br />

da una diversa elettrondensità del citoplasma. La<br />

presenza di apparati giunzionali ed espansioni citoplasmatiche<br />

a microvilli, nonché l’interposizione di mastociti delineano<br />

le caratteristiche ultrastrutturali di questa neoplasia.<br />

Conclusioni. Il SS è una neoplasia poco frequente nei pazienti<br />

pediatrici, rara nel distretto testa-collo, ma che va considerata<br />

in caso di neoplasia dei tessuti molli. La MO ci<br />

orienta nella diagnosi, anche se per questa neoplasia non esistono<br />

quadri patognomonici. L’apporto delle indagini di IIC<br />

e di ME è importante ma non dirimente.<br />

201<br />

Il SS è l’unico tumore dei tessuti molli per cui in un’alta percentuale<br />

dei casi (> 90%) è possibile riscontrare un’aberrazione<br />

cromosomica caratteristica. L’indagine citogenetica tesa<br />

alla ricerca di tale alterazione, rappresenta una metodica<br />

ad elevata sensibilità e specificità nella diagnosi di tale neoplasia.<br />

Modificazioni mixoidi ed aree di<br />

dedifferenziazione nei liposarcomi ben<br />

differenziati<br />

A. Ambrosini-Spaltro, G. Tallini<br />

Dipartimento di Scienze Oncologiche, Sezione di Anatomia<br />

Patologica, Università di Bologna, Ospedale “Bellaria”,<br />

Bologna<br />

Introduzione. Il liposarcoma ben differenziato e la forma più<br />

comune dei liposarcomi e può comprendere focali modificazioni<br />

mixoidi ed aree di dedifferenziazione. Scopo del presente<br />

studio è valutare la distribuzione di tali aspetti morfologici<br />

e le loro reciproche relazioni.<br />

Metodi. Dall’archivio del dipartimento di Anatomia Patologica<br />

dell’Ospedale Bellaria di Bologna sono stati raccolti 56<br />

liposarcomi ben differenziati e dedifferenziati. Tutti i casi sono<br />

stati rivisti con valutazione quantitativa mediante percentuale<br />

dei seguenti parametri: matrice mixoide, rete capillare a<br />

pareti sottili (tipica del liposarcoma mixoide), rete capillare a<br />

pareti spesse (tipica del mixofibrosarcoma mixoide). Inoltre<br />

sono stati studiati la presenza e la distribuzione delle aree non<br />

lipogeniche con valutazione quantitativa mediante percentuale:<br />

aree di sclerosi, di dedifferenziazione a basso grado e<br />

di dedifferenziazione ad alto grado. Correlazioni fra i vari<br />

gruppi sono state analizzate mediante il coefficiente di Spearman<br />

(r).<br />

Risultati. I tumori analizzati erano composti da: 44 liposarcomi<br />

ben differenziati (40 lipoma-like, 4 sclerosanti), 5 liposarcomi<br />

con dedifferenziazione a basso grado, 1 liposarcoma<br />

con dedifferenziazione ad alto grado, 3 liposarcomi con dedifferenziazione<br />

a basso e ad alto grado, 3 liposarcomi misti.<br />

Le recidive sono state riscontrate in 4 casi. La matrice mixoide<br />

è stata osservata in 12 casi, in 8 dei quali associata alla rete<br />

capillare con pareti sottili caratteristica del liposarcoma<br />

mixoide.<br />

Aree non lipogeniche erano presenti in 31 casi con la seguente<br />

distribuzione: aree sclerosanti in 29 casi, aree di dedifferenziazione<br />

a basso grado 11 casi, aree di dedifferenziazione<br />

ad alto grado in 6 casi. Nei casi con aree dedifferenziate<br />

la quantità di matrice mixoide è correlata sia con l’estensione<br />

della dedifferenziazione a basso grado (r = 0,733, p <<br />

0,01) che con quella della dedifferenziazione ad alto grado (r<br />

= 0,702, p < 0,01).<br />

Conclusioni. I liposarcomi ben differenziati mostrano un<br />

ampio spettro di modificazioni morfologiche, con modificazioni<br />

mixoidi ed aree di dedifferenziazione. Le modificazioni<br />

mixoidi associate alla presenza di una rete capillare<br />

a pareti sottili possono configurare aree morfologicamente<br />

indistinguibili dal liposarcoma mixoide. La quantità<br />

delle modificazioni mixoidi è statisticamente correlata alla<br />

entità delle aree di dedifferenziazione sia a basso che ad alto<br />

grado.


202<br />

Superficial adult fibrosarcoma arising in<br />

dermatofibrosarcoma protuberans. Report of<br />

a case<br />

S. Squillaci, A. De Zio * , M. Moroni ** , R. Marchione, C.<br />

Spairani, F. Tallarigo *** , H. Hashimoto ****<br />

Servizio di Anatomia Patologica, Ospedale di Vallecamonica,<br />

Esine, Italia; * Servizio di Dermatologia, ASL Vallecamonica-Sebino;<br />

** Servizio di Anatomia Patologica, AUSL 5<br />

“Spezzino”, La Spezia; *** Servizio di Anatomia Patologica,<br />

Ospedale “S. Giovanni di Dio”, Crotone; **** Department of<br />

Pathology and Oncology, University of Occupational and<br />

Environmental Health, Kitakyushu, Japan<br />

Introduction. Fibrosarcoma is defined as a malignant soft<br />

tissue tumour composed of spindled, collagen-producing<br />

cells exhibiting varying degrees of fibroblastic differentiation.<br />

Fibrosarcomas are divided by patient age into adult and<br />

congenital/infantile types. The former group accounts for 1 to<br />

3% of adult sarcomas and predominantly arises within intra<br />

or inter-muscular fibrous tissues; rare examples are superficial<br />

and originate from the dermis or subcutis.<br />

Clinical history. A 49-year-old man presented with a painless<br />

mass on the subcutis of back that had been present for<br />

more than 10 years. Its recent rapid enlargement was noted.<br />

Physical examination revealed a solitary, firm, nodular mass.<br />

The lesion was shelled out and on pathological examination<br />

a positive margin was observed. A further excision with clear<br />

margins was performed and the patient showed no evidence<br />

of recurrence 12 months post-operatively.<br />

Results. Macroscopically, the tumour appeared oval, welllimited,<br />

firm, homogeneous grey-whitish, with maximum diameter<br />

of 3 cm.<br />

Microscopic examination revealed a highly cellular neoplastic<br />

process with a storiform and focally herringbone pattern.<br />

The tumour was composed of uniform, spindle-shaped cells<br />

with moderately atypical, elongated nuclei, ill-defined cytoplasm<br />

and frequent mitoses (> 10 per ten high power fields,<br />

x400). Such elements were strongly positive for vimentin<br />

and CD34, someone had a myofibroblastic immunophenotype,<br />

showed by positivity for αSMA. The neoplastic cells<br />

were negative for CK, EMA, S-100 and desmin. The SYT-<br />

SSX translocation was absent. RT-PCR and sequence analyses<br />

of tumour showed COL1A1-PDGFB fusion transcripts.<br />

Exon 2 of platelet-derived growth factor-β gene (PDGFB)<br />

was fused to exon 32 of the collagen type 1A1 gene<br />

(COL1A1). Dermatofibrosarcoma protuberans (DFSP) was<br />

histologically demonstrated in re-excision near the scar of<br />

previous surgery.<br />

Conclusion. Superficial adult fibrosarcoma is a malignant fibroblastic<br />

neoplasm, with clinico-pathological distinctive<br />

features. The differential diagnosis includes other spindlecell<br />

sarcomas, such as monophasic synovial sarcoma and malignant<br />

peripheral nerve sheath tumour as well as sarcomatoid<br />

carcinoma. The chimeric gene, COL1A1-PDGFB, has<br />

been proposed to play an important role in the histogenesis of<br />

DFSP and continues to act as a growth factor during progression<br />

of DFSP to fibrosarcoma. It could become helpful in refining<br />

our ability to diagnose these lesions 1 .<br />

References<br />

1 Sheng W-Q, et al. J Pathol 2001;194:88-94.<br />

POSTERS


PATHOLOGICA 2007;99:203-204<br />

Tissue engineering: autologous full-thickness<br />

skin substitute for healing chronic wounds<br />

A. Bellomi, G. Calabrese, A. Cassisa, F. Colpani, R. Fante,<br />

L. Gaetti, G. Granchelli, S. Negri<br />

Anatomia Patologica, Ospedale “C. Poma”, Mantova, Italy<br />

Introduction. Chronic wounds, inclouding venous and arteriosclerotic<br />

leg ulcers, diabetic foot ulcers, decubitus and<br />

trauma induced wounds, represent a major problem in our society.<br />

These wounds occur with high incidence and exist for<br />

prolonged periods of time and therefore have a great socioeconomic<br />

impact. The problem increases as the average age of<br />

the population increases and therefore new therapies in<br />

wound healing are continously being sought.<br />

The aim of this study is to develop an autologous, full-thickness<br />

skin substitute and to evaluate its efficiency and applicability<br />

in closing long-standing ulcers that have proven nonresponsive<br />

to the currently available wound-healing therapies<br />

(topical therapy, antibiotic treatment, surgical debridment,<br />

external compression).<br />

Method. We included 20 patients with long-standing ulcers<br />

of which 13 venous and arteriosclerotic (65%), 3 diabetic<br />

(15%), 3 trauma-induced and 1 burn wounds (5%). Age of<br />

patients varies from 57 to 91 (average 75). The lesions were<br />

present since at least two years.<br />

A single punch biopsy (diameter 0.6 cm) or a surgical biopsy<br />

(1.5 x 1 cm) obtained from the patient’s upper leg were required.<br />

After 3-4 weeks we obtaneid three autologous products<br />

on collagen support: fibroblasts, fibroblasts and keratinocytes<br />

and keratinocytes.<br />

Sheets of keratinocytes present basal melanocytes; between<br />

keratinocytes and fibroblasts we observe basement membrane.<br />

Depending on ulcers depth and dimensions our patients underwent<br />

multiple applications (at least two).<br />

All procedures were performed with the Ethics Committee<br />

approval and patient consent.<br />

Results. The success rate in culturing biopsies was 100%.<br />

The skin substitute visibly resembled an autograft.<br />

Ten of the 13 (77%) chronic venous ulcers (size 6-300 cmq)<br />

healed between 8 and 48 weeks.<br />

One of the 3 (33%) diabetic ulcers (size 3-28 cmq) healed<br />

within 12 weeks.<br />

Three (100%) trauma induced ulcers (size 4-6 cmq) healed<br />

between 6 and 12 weeks.<br />

One (100%) burn ulcer (size 12 cmq) healed within 4 weeks.<br />

Skin substitutes were very well tollerated and pain relief was<br />

immediate after application.<br />

Conclusion. The application of this noval skin sobstitute<br />

provides a promising new therapy for healing chronic<br />

wounds resistant to conventional therapies.<br />

It is also necessary to point out the importance of suitable cyto-histological<br />

and immunohistochemical studies for evaluating<br />

the correct cell morphology and phenotype.<br />

References<br />

Negri S, et al. Tissue engineering: chondrocyte culture on type1 collagen<br />

support. Cytohistological and immunohistochemical study. J Tissue<br />

Eng Regen Med 2007;1:158-9.<br />

Patologia dei trapianti<br />

IL-6 dependent clusterin – Ku-Bax<br />

interactions: apoptosis inhibition and tumor<br />

progression. new in situ and serological<br />

marker<br />

S. Pucci, P. Mazzarelli, F. Sesti, E. Bonanno, L.G. Spagnoli<br />

Department of Biopathology, University “Tor Vergata”, Rome,<br />

Italy<br />

Introduzione. Several experimental data have shown a<br />

strong correlation between the presence of the different isoforms<br />

of clusterin and tumoral progression. The disappearance<br />

of the proapoptotic form and the overexpression of the<br />

cytoplasmic isoform marks the transition from normal cell to<br />

neoplastic phenotype. Pro-inflammatory cytokines such as<br />

TGFβ and IL-6 influence the transcription of this protein.<br />

TGFβ influences directly clusterin promoter inducing the activation<br />

of the transcription factor AP1. The action of the IL-<br />

6 on the clusterin gene transcript has not been clarified at<br />

molecular level yet. Several experimental evidences underline<br />

an increased production of IL-6 and TGFβ in tumor progression.<br />

It has been observed that the levels of circulating<br />

IL-6 increases in relationship to tumoral mass.<br />

Methods and results. We have focused our attention on defined<br />

pathways that underlie the promotion, initiation and<br />

progression of colon cancer. In particular we examined the<br />

relationship among IL6, clusterin isoforms expression pattern<br />

shift, Ku and Bax interactions in human colon tumorigenesis.<br />

Besides the acquisition of aggressiveness in colon carcinoma<br />

we observed that the overexpression of the secreted<br />

form (sCLU) and disappearance of the pro apoptotic clusterin<br />

isoform, strongly correlates to the inhibition of apoptosis and<br />

the loss of DNA repair activity of the complex Ku70/80.<br />

Moreover we observed an increase in the level of this protein<br />

in the serum and in stools of colon cancer patients as compared<br />

to the control suggesting a strong realease of sclusterin<br />

in the cripta lumen. Preliminary results obtained by ELISA<br />

confirmed that patients affected by colon cancer have a<br />

strong increase of clusterin in blood and in stools and this<br />

level correlated with the IL-6 level suggesting a possible twin<br />

set of new non invasive diagnostic markers.<br />

Conclusions. Hence, in colon cancer biopsies we found the<br />

loss of Ku80 and Ku70 protein translocated from the nucleus<br />

to the cytoplasm where it sterically inhibits cell death induction.<br />

In fact Ku70 is found deeply bound to the over-expressed<br />

Bax inhibiting the apoptosis. Moreover cytoplasmic<br />

These interactions in colon tumorigenesis are partially driven<br />

by IL-6 that influence the Clu-Ku-Bax interaction. These<br />

data may provide valuable information on cancer progression<br />

and apoptosis induction in colon carcinoma and could suggest<br />

new strategies in the development of therapeutics that<br />

control apoptosis-related diseases.


204<br />

Microangiopatia trombotica intestinale da<br />

ciclosporina a in un paziente<br />

epatotrapiantato: il primo caso riportato<br />

F. Sanguedolce * , M.G. Fiore, R. Rossi, A. Marzullo, D. Piscitelli<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica, Università di Bari; *<br />

Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Sezione di Anatomia<br />

Patologica, Università di Foggia<br />

Introduzione. La ciclosporina A (CSA) è un agente immunosoppressore<br />

comunemente utilizzato nel post-trapianto<br />

d’organo, principalmente allo scopo di prevenire reazioni di<br />

rigetto. Il trattamento con ciclosporina è spesso limitato da<br />

gravi effetti collaterali (nefrotossicità, ipertensione severa),<br />

legati ad un meccanismo di danno vascolare che morfologicamente<br />

si manifesta come microangiopatia trombotica (thrombotic<br />

microangiopathy, TMA).<br />

Metodi. Un paziente di 58 anni è stato sottoposto a trapianto<br />

di fegato per cirrosi epatica HBV e alcool-correlata, ed in seguito<br />

trattato con CSA. Tredici mesi dopo il trapianto, il paziente<br />

ha iniziato a lamentare episodi di coliche addominali<br />

incoercibili, e due mesi dopo è stato sottoposto ad un intervento<br />

di resezione ileale per sub-occlusione intestinale.<br />

Risultati. L’esame istologico ha evidenziato una vasculopatia<br />

trombotica necrotizzante caratterizzata da diffuse alterazioni<br />

strutturali a carico delle arteriole sottomucose della parete<br />

ileale (ispessimento miointimale, fibrosi, iperplasia miofibroblastica<br />

con necrosi focale della media, flogosi prevalentemente<br />

granulocitaria e trombi fibrinosi). Le indagini ultrastrutturali<br />

hanno rivelato la presenza, nel citoplasma delle<br />

cellule endoteliali, di mitocondri giganti notevolmente dismorfici,<br />

con matrice densa, cristae ridotte e atipiche ed inclusioni<br />

osmiofile. L’analisi immunoistochimica con anticorpo<br />

policlonale anti-VEGF ha evidenziato una diffusa iperespressione<br />

citoplasmatica endoteliale.<br />

Conclusioni. Presentiamo qui un caso di lesione vascolare<br />

subacuta del tenue intestino con i caratteri della TMA in soggetto<br />

epatotrapiantato trattato con CSA. Le caratteristiche<br />

morfologiche ed ultrastrutturali ed i dati clinico-anamnestici<br />

del paziente depongono per un’etiopatogenesi iatrogena della<br />

patologia, legata al trattamento immunosoppressivo. L’iperespressione<br />

di VEGF è stata recentemente associata a precoce<br />

insorgenza di fibrosi interstiziale e ridotta sopravvivenza<br />

nei soggetti nefrotrapiantati.<br />

POSTERS<br />

La microangiopatia da CSA a sede intestinale non è stata mai<br />

riportata in letteratura, pertanto l’insorgenza di una enteropatia<br />

da danno vascolare trombotico necrotizzante deve essere<br />

considerato un possibile, se pur raro, grave effetto collaterale<br />

da trattamento immunosoppressivo. Inoltre, questo caso<br />

rappresenta un esempio della necessità di correlare costantemente<br />

i dati morfologici con quelli clinico-anamnestici e,<br />

quando possibile, integrarli con le preziose informazioni<br />

morfopatogenetiche fornite dalla microscopia elettronica.<br />

Incidenza della patologia tumorale nei<br />

donatori multiorgano con anamnesi negativa<br />

per neoplasia. L’esperienza fiorentina<br />

E. Zappulla, A.M. Buccoliero, F. Garbini, F. Castiglione,<br />

C.F. Gheri, D. Moncini, V. Vezzosi, M.R. Raspollini, A.<br />

Palomba, G.L. Taddei<br />

Dipartimento di Patologia Umana e Oncologia, Università<br />

di Firenze<br />

Il trapianto di organi rappresenta l’unica possibile terapia risolutiva<br />

in numerose condizioni patologiche. Esso non è tuttavia<br />

scevro da rischi sia chirurgici che non chirurgici. Gli organi<br />

trapiantati possono infatti rappresentare un vettore di diverse<br />

patologie, tra cui quella tumorale.<br />

Con lo scopo di valutare la frequenza della patologia neoplastica<br />

nei donatori multiorgano con anamnesi negativa per<br />

cancro è stata riesaminata l’intera casistica istopatologica<br />

della Sezione di Istopatologia dei Trapianti del Dipartimento<br />

di Patologia Umana e Oncologia di Firenze.<br />

Sono emerse 3 diverse situazioni in cui il patologo formulava<br />

la diagnosi istologica di neoplasia: donatore con sospetto<br />

neoplastico alle indagini clinico-strumentali; donatore con<br />

lesione sospetta rilevata dal chirurgo espiantatore; tumori misconosciuti<br />

diagnosticati unicamente attraverso l’esame istopatologico<br />

dell’intero organo non trapiantato perché giudicato<br />

funzionalmente non idoneo.<br />

La valutazione dell’idoneità alla donazione è un processo<br />

complesso e multidisciplinare in cui il patologo gioca un ruolo<br />

importante in particolare per quel che riguarda il rischio<br />

oncologico prima, durante e dopo il trapianto.


PATHOLOGICA 2007;99:205-213<br />

Patologia del sistema emolinfopoietico<br />

Nodal inflammatory pseudotumour caused<br />

by luetic infection<br />

P. Incardona, F. Facchetti * , M. Ponzoni ** , P. Chiodera ***<br />

2° Servizio Anatomia Patologica, Sp. Civili, Brescia, Italy;<br />

* 1° Servizio Anatomia Patologica, Spedali Civili, Brescia,<br />

Italy; ** Unità di Anatomia Patologica, Istituto Scientifico<br />

“S. Raffaele”, Milano, Italy; *** Servizio di Anatomia<br />

Patologica, Casa di Cura “S. Anna”, Brescia, Italy<br />

Introduction. Inflammatory pseudotumour of lymph nodes<br />

(IPT-LN) represents an unusual cause of lymphadenitis. The<br />

aetiology of IPT-LN is unknown; it has been postulated that<br />

it represents an hyperimmune reaction to different agents.<br />

Since IPT-like changes in extranodal sites can be associated<br />

with Treponema pallidum (TP) infection, we evaluated the<br />

occurrence of TP in a series of 17 nodal and extranodal IPT.<br />

Methods. We retrieved 8 cases of IPT-LN and 9 cases of extranodal<br />

IPT (4 spleen, one each for lung, orbit, gut, skin and<br />

liver); all cases have been analyzed for the presence of TP using<br />

the Warthin-Starry (WS) silver method and an indirect<br />

immunohistochemical (ihc) techniques, applying a monoclonal<br />

antibody recognizing TP (Biocare Medical, Concord,<br />

CA, USA), upon oven heat antigen retrieval in EDTA buffer<br />

(pH 9.0).<br />

Results. Nodal IPT revealed the classical features consisting<br />

of capsular thickening and inflammation (6/8 cases), proliferation<br />

of spindle and endothelial cells, admixed with numerous<br />

plasma cells and variable amounts of neutrophils and<br />

macrophages. Vascular changes of small venules or large<br />

muscular veins were recognized in 5/8 cases. The IPT areas<br />

dissecting the nodal parenchyma were confluent and diffuse<br />

in 2 cases, focal and sometimes (3 cases) limited to small intranodal<br />

nodules in the remaining cases. Unaffected<br />

parenchyma showed lymphoid hyperplasia in 7/8 cases, that<br />

was extremely marked in 5. Microgranulomas were identified<br />

in two cases. The WS and ihc stains revealed numerous<br />

spirillar bacteria in 4/8 cases of IPT-LN but in none of IPTextranodal.<br />

Interestingly, the single distinctive morphological<br />

change constantly associated with TP+ cases was represented<br />

by an extremely pronounced follicular hyperplasia<br />

(FH). TP were identified in the inflamed capsule, within the<br />

IPT areas with a predilection for endothelial cells, and in areas<br />

of monocytoid B cell hyperplasia. However, no single TP<br />

was found within the germinal centers. TP were more easily<br />

detected on immunostained compared to silver stained sections,<br />

allowing the identification of even single bacteria.<br />

Conclusions. This study shows that a significant number of<br />

cases of nodal IPT are caused by TP infection. A spirochetal<br />

aetiology should be suspected in all IPT-LN associated with<br />

pronounced FH, independently from the extent of nodal involvement<br />

by IPT. Since immunohistochemistry has several<br />

advantages compared to WS stain, it should be adopted as the<br />

primary stain for TP detection.<br />

Cord blood cell-transplanted mice as a model<br />

for Epstein-Barr virus infection of the human<br />

immune system. A morphological,<br />

immunophenotypical and molecular study<br />

M. Cocco, C. Bellan, R. Tussiwand * , E. Traggiai * , S. Lazzi,<br />

S. Mannucci, L. Bronz ** , N. Palummo, P. Tosi, A. Lanzavecchia<br />

* , M.G. Manz * , L. Leoncini<br />

Department of Human Pathology and Oncology, Division of<br />

<strong>Pathologica</strong>l Anatomy, University of Siena, Italy; * Institute<br />

for Research in Biomedicine, Bellinzona, Switzerland;<br />

** Ospedale “San Giovanni”, Bellinzona, Switzerland<br />

Introduction. Epstein-Barr virus (EBV) infects naïve B<br />

cells, driving them to differentiate into resting memory B<br />

cells via the germinal center reaction 1 . This has been inferred<br />

from parallels with the biology of normal B cells and never<br />

been proved experimentally. Recently a human adaptive immune<br />

system in cord blood cell-transplanted mice has been<br />

demonstrated. We here used this model to better define the<br />

strategy of EBV infection of lymphoid B cells in vivo.<br />

Materials and methods. Reconstitution of a functional immune<br />

system in Rag2-/- -/- γ mice has been previously de-<br />

c<br />

scribed 2 . Bone marrow, spleen, thymus and lymph nodes<br />

were collected from seven EBV infected mice one month after<br />

EBV infection for immunohistochemical and in situ hybridization<br />

analysis on consecutive paraffin-embedded tissue<br />

sections. Molecular analysis of V gene rearrangement has<br />

H<br />

been performed on single cells obtained by Laser Capture<br />

Microdissection. A semi-nested PCR amplification of VH genes was performed by means of the following primers: 5’-<br />

TGG RTC CGM CAG SCY YCN GG-3’ for FRIIA, 5’-TGA<br />

GGA GAC GGT GAC C-3’ for LJH and 5’-GTG ACC AGG<br />

GTN CCT TGG CCC CAG-3’ for VLJH. PCR products were<br />

subsequently sequenced for comparison with germ line sequences<br />

from the ImMunoGeneTics information system ®<br />

(http://imgt.cines.fr) database.<br />

Results. Among the seven cases analyzed, three were characterized<br />

by follicular hyperplasia with a few germinal center<br />

while the others showed a nodular and diffuse lymphoid<br />

proliferation of lymphoid cells with areas of necrosis and no<br />

evidence of germinal centers in the lymphnodes as well as in<br />

the white pulp of the spleen. These findings were consistent<br />

with immunohistochemistry and in situ hybridization analyses,<br />

demonstrating different expressions of latent genes in<br />

EBV-infected B-cells besides varied distributions of CD4 +<br />

and CD8 + T cells in the two groups. Intraclonal diversity was<br />

detected in cases characterized by nodular and diffuse proliferation,<br />

among B cells carrying somatically mutated VH<br />

genes, suggesting an ongoing hypermutation process without<br />

evidence of germinal center reaction.<br />

Conclusion. The here presented data gives evidence of different<br />

strategies of EBV infection in B cells in vivo, probably<br />

corresponding to different conditions of EBV infections in<br />

humans.<br />

References<br />

1 Thorley-Lawson DA, et al. N Engl J Med 2004;350:1328-37.<br />

2 Traggiai E, et al. Science 2004;304:104-7.


206<br />

Linfomi cutanei primitivi del gruppo<br />

cooperatore marchigiano dal 1990 al 2006:<br />

studio clinico-patologico e analisi della<br />

sopravvivenza di 259 casi<br />

G. Goteri, S. Rupoli * , D. Stramazzotti, A. Tassetti * , S. Pulini<br />

* , A. Stronati * , S. Mulattieri, P. Picardi * , A. Cellini ** ,<br />

S. Serresi *** , M.G. Tucci *** , P. Leoni * , G. Fabris<br />

Anatomia Patologica, * Clinica Ematologica, ** Clinica Dermatologica,<br />

Ospedali Riuniti di Ancona, Università Politecnica<br />

delle Marche, Ancona; *** U.O. Dermatologica INR-<br />

CA/IRCSS, Ancona<br />

Introduzione. La class. WHO/EORTC del 2005 1 per i linfomi<br />

cutanei primitivi (LCP) ha ridefinito i criteri diagnostici<br />

per ciascuna entità, riportando i dati di frequenza e sopravvivenza<br />

relativa dei Registri Olandese ed Austriaco. Lo scopo<br />

del nostro studio è stato confrontare la casistica di LCP raccolta<br />

dal 1990 al 2006 dal Gruppo Cooperatore Marchigiano<br />

presso la Clinica Ematologica dell’Università Politecnica<br />

delle Marche, con i dati della class. WHO/EORTC.<br />

Metodi. 259 pazienti sono stati trattati e seguiti dal 1990 al<br />

2006 dal nostro gruppo. I dati clinici all’esordio e nel followup<br />

sono stati raccolti in un data-base. I preparati istopatologici<br />

sono stati rivalutati secondo i criteri della class.<br />

WHO/EORTC presso l’Anatomia Patologica della stessa<br />

Università. Le curve di sopravvivenza globale (OS) e libera<br />

da evento maggiore/minore (MEFS/mEFS) sono state calcolate<br />

con il metodo di Kaplan-Meyer.<br />

Risultati. La casistica comprendeva 170 M e 89 F (età mediana,<br />

62 anni) e relativamente alla diagnosi, 191 Micosi<br />

Fungoidi (MF); 10 S. di Sézary (SS); 7 Papulosi Linfomatoidi<br />

(LyP); 8 l. cutanei T non-MF/non-CD30+ (CTCL rari: 5 l.<br />

T periferici, 1 l. γ/δ, 1 neoplasia ematodermica<br />

CD4+/CD56+, 1 l. linfoblastico T); 25 l. B centro-follicolari;<br />

14 l. B marginali; 3 l. B a grandi cellule della gamba; 1 l.<br />

linfoblastico B. La risposta globale alla terapia è stata del<br />

100% nelle LyP, 93% nei l. B (88% RC), 92% nelle MF (81%<br />

RC), 50% nei l. T rari (38% RC) e nelle SS (20% RC). Un<br />

evento minore si è verificato nel 30% delle MF, nel 16% dei<br />

l. B e nel 14% delle LyP, con una mEFS di 71 mesi. Un evento<br />

maggiore si è verificato nel 75% dei l. T rari (MEFS mediana,<br />

6 mesi), nel 30% delle SS, nel 14% dei l. B e nel 7%<br />

delle MF (MEFS mediana, 18 mesi nei pazienti con<br />

noduli/tumori di MF). All’ultimo follow-up 35 pazienti<br />

(13%) sono morti per malattia (OS mediana globale, 156 mesi;<br />

10 mesi nei l. T rari, 135 nella SS, 115 nei l. B). I pazienti<br />

con LyP e MF hanno avuto una migliore OS (rispettivamente,<br />

100% e 83% erano vivi a 140 mesi).<br />

Conclusioni. Il nostro studio conferma la validità clinica della<br />

class. WHO/EORTC che individua gruppi di pazienti con<br />

differente comportamento clinico. La nostra frequenza di sottotipi<br />

di LCP è apparsa diversa da quella dei Registri Olandese<br />

e Austriaco per uno scarso numero di l. anaplastici e l.<br />

B, verosimilmente per le modalità di selezione della casistica<br />

avvenuta in ambito ematologico.<br />

Bibliografia<br />

1 Willemze R, et al. Blood 2005;105:3768-85.<br />

POSTERS<br />

T-cell large granular lymphocyte leukemia:<br />

clinico-pathological analysis of 5 cases<br />

A. Ramponi, E. Boveri ** , S. Franceschetti * , G. Valente, G.<br />

Gaidano *<br />

Anatomia Patologica ed * Ematologia, A.S.O. Maggiore della<br />

Carità ed Università “A. Avogadro” del Piemonte orientale,<br />

Novara, ** Fondazione IRCCS, Policlinico “S. Matteo”,<br />

Pavia, Italia<br />

Introduction. T cell large granular lymphocyte leukemia (T-<br />

LGL) is a rare disease, with indolent clinical course, may be<br />

associated with autoimmune conditions (rheumatoid arthritis),<br />

hematological disorders (myelodisplastic syndromes,<br />

aplastic anemia) or neoplasias (hairy cell leukemia, myeloma).<br />

Diagnosis can be made on marrow aspirate and peripheral<br />

blood by cytological, immunophenotypical and molecular<br />

findings (assessment of T cell receptor/TCR rearrangement).<br />

However, symptoms and signs can overlap with other<br />

low grade lymphomas; for this reason bone marrow biopsy<br />

(BMB) may be performed.<br />

Purpose of the study: to describe the clinico-pathologic findings<br />

in 5 cases of T-cell LGL.<br />

Patients and methods. 5 patients (M: F = 2:3; mean age: 66<br />

years, range 51-82) presented cytopenia (particularly, neutropenia),<br />

lymphocytosis (5/5) and hepatosplenomegaly<br />

(1/5); in all cases, the clinical picture had been relatively unchanged<br />

for more than 1 year before BMB (range 1-5 years);<br />

one patient showed thymic hyperplasia without myasthenia.<br />

Paraffin embedded BMBs were used for morphological and<br />

immunophenotypical studies; flow cytometry and molecular<br />

assessment of the TCR rearrangement were performed on peripheral<br />

and/or marrow blood.<br />

Results. In all cases, there were an interstitial/sinusal lymphoid<br />

population(about 20%) of medium-sized cells, with<br />

clear cytoplasm. By immunostains, cells had a T (CD2+,<br />

CD3+, CD5+, CD7+, CD20-) activated cytotoxic phenotype<br />

(CD8+, CD4-, CD57+, CD56-, TIA1+/-, granzyme B+/-, perforin+/-);<br />

they were TCR alpha-beta+, gamma-delta- by flow<br />

cytometry and carried a monoclonal TCR rearrangement by<br />

molecular analysis. All the case showed reduced leuco-erythroblastic<br />

ratio; in one case, mild diffuse fibrosis (1+).<br />

Conclusion. T-cell LGL is a rare diagnosis in pathologist’s<br />

practice; its distinction from other lymphoproliferative diseases<br />

both of B (hairy cell leukemia, splenic marginal zone<br />

lymphoma) and T cell origin (hepatosplenic T cell lymphoma)<br />

is of significant importance, as these other entities<br />

carry a worse prognosis and require specific and/or more aggressive<br />

therapy. In our cases, the final diagnosis could be<br />

reached only by combining different techniques, thus underlining<br />

the need of a multidisciplinary approach.<br />

Linfoma plasmoblastico cutaneo associato a<br />

terapia immunosoppressiva post-trapianto<br />

M. Contini, P. Cossu Rocca, F. Pili, A. Mura, A. Manca, L.<br />

Bosincu, G. Massarelli<br />

Istituto di Anatomia e Istologia Patologica, Università di<br />

Sassari<br />

Introduzione. Il linfoma plasmoblastico (PBL) è una rara<br />

variante di linfoma diffuso a grandi cellule così denominata<br />

per la morfologia blastoide e per l’immunofenotipo plasma-


POSTERS<br />

cellulare. Tale entità viene classificata dalla WHO nell’ambito<br />

dei disordini linfoproliferativi associati a immunodeficienza,<br />

ma limitatamente alle forme insorte nel cavo orale di pazienti<br />

HIV. Recentemente, tuttavia, sono state descritte alcune<br />

forme di PBL insorte in sede extra-orale e/o in pazienti<br />

HIV-negativi. Il PBL si associa, nella maggioranza dei casi,<br />

ad infezione da EBV e/o HHV8 e presenta un decorso clinico<br />

aggressivo, con rapido interessamento nodale ed extranodale<br />

e ridotta sopravvivenza.<br />

Riportiamo un caso di linfoma plasmoblastico cutaneo primitivo,<br />

recidivante ed autolimitantesi, correlato ad uno stato<br />

di depressione immune iatrogena.<br />

Metodi. Un uomo di 69 anni, in terapia immunosoppressiva<br />

per trapianto cardiaco, manifesta la comparsa nella gamba sinistra<br />

di lesioni cutanee nodulari, multiple e recidivanti, in<br />

gran parte regredite spontaneamente. Viene escissa una prima<br />

lesione e, dopo qualche mese, altri due distinti noduli di nuova<br />

comparsa.<br />

Risultati. I campioni cutanei mostrano lesioni nodulari solide,<br />

biancastre, rispettivamente di 10, 6 e 4 mm. Nei tre casi<br />

si evidenzia una proliferazione dermica circoscritta di elementi<br />

atipici a citoplasma basofilo, nucleo eccentrico ed evidente<br />

nucleolo centrale eosinofilo. Frequenti mitosi atipiche<br />

e corpi apoptotici. L’immunoistochimica mostra positività<br />

per IgG, catene leggere lambda, CD31 e focale per EMA; negatività<br />

per IgM, IgA, catene leggere kappa, CD45, markers<br />

B e T, CD138, e HHV8. L’ibridazione in situ per EBV-encoded<br />

RNA (EBER) mostra positività in più del 90% delle cellule<br />

neoplastiche.<br />

Discussione. Presentiamo un caso di PBL cutaneo correlato<br />

ad immunodepressione iatrogena, non inquadrabile nella attuale<br />

classificazione WHO che limita il PBL alla sede d’insorgenza<br />

orale ed all’associazione con HIV.<br />

La positività per EBER può essere d’ausilio nella diagnostica<br />

differenziale del PBL extra-orale rispetto ad altre forme di<br />

neoplasie plasmacellulari a morfologia plasmoblastica.<br />

Il decorso clinico favorevole del nostro paziente e la regressione<br />

spontanea delle lesioni, indurrebbe a considerare il<br />

PBL primitivo cutaneo come una neoplasia “opportunistica”<br />

la cui storia naturale appare legata all’assetto immune del paziente.<br />

Il riconoscimento di questa entità può ampliare lo spettro dei<br />

disordini linfoproliferativi post-trapianto.<br />

MALT linfoma della tiroide. Presentazione di<br />

un caso<br />

R. Scamarcio, M. Casiello, G. Napoli, G. Renzulli, R.<br />

Ricco<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica, Policlinico di Bari<br />

Introduzione. Il linfoma primitivo della tiroide è una neoplasia<br />

rara con l’immunofenotipo delle cellule linfoidi B. Il<br />

sottotipo più comune (70% dei linfomi tiroidei) è il linfoma<br />

non Hodgkin diffuso a grandi cellule B (DLBCL) che rappresenta<br />

il 5% di tutti i tumori maligni della tiroide e il 3-7%<br />

di tutti i linfomi extranodali. Ha decorso clinico aggressivo.<br />

Sottotipo meno comune (6-27% dei linfomi tiroidei) è il<br />

linfoma non Hodgkin mucosa associato (MALT) con decorso<br />

clinico indolente. Si presentano più comunemente nelle<br />

donne con tiroidite di Hashimoto. Il linfoma primitivo della<br />

tiroide non necessita di terapia chirurgica.<br />

207<br />

Materiali. Paziente di 70 anni affetta da gozzo multinodulare<br />

tossico in trattamento con Tiamazolo da 7 anni. Per l’insorgenza<br />

di difficoltà nella deglutizione e respiratoria si sottopone<br />

ad intervento chirurgico. Tiroide di 250 g, asimmetrica,<br />

aspetto multinodulare. Al taglio aspetto variegato per l’alternarsi<br />

di aree rossastre e aree colloido-cistiche.<br />

Risultati. Tiroide a struttura nodulare macrofollicolare e colloido-cistica<br />

con massivo infiltrato flogistico linfoplasmacellulare<br />

aggregato in centri germinativi, diffusa atrofia parenchimale<br />

e fibrosi. Nel lobo sinistro ampia area di infiltrazione<br />

diffusa di elementi linfoidi di piccole dimensioni, con lesioni<br />

linfoepiteliali. Le indagini immunoistochimiche rivelano<br />

l’immunofenotipo B (positivi CD79a e Bcl2) con restrizione<br />

per le catene leggere delle immunoglobuline (positivi<br />

CD138 e catene K).<br />

Diagnosi. Linfoma non Hodgkin diffuso a cellule B tipo<br />

MALT in tiroidite di Hashimoto.<br />

Conclusioni. Il linfoma primitivo della tiroide insorge su tiroidite<br />

autoimmune e necessita di 20-30 anni per svilupparsi<br />

dopo l’inizio di una tiroidite linfocitica cronica. Un rapido ingrandimento<br />

della ghiandola associato a dispnea, difficoltà<br />

nel deglutire e disfonia è la caratteristica presentazione di un<br />

linfoma alla tiroide. Clinicamente sovrapponibile al carcinoma<br />

anaplastico.<br />

La diagnosi citologica di linfoma non Hodgkin a grandi cellule<br />

B può essere sospettata in presenza di grandi cellule a<br />

morfologia linfoide, mancanza di coesione cellulare e presenza<br />

di lesioni linfoepiteliali. Di contro la diagnosi citologica<br />

di linfoma MALT è difficile a causa della costante presenza<br />

della tiroidite di Hashimoto. Le caratteristiche distintive<br />

possono essere l’abbondanza di cellule linfoidi e l’alta proporzione<br />

di cellule intermedie tipo centrocita nel MALT<br />

linfoma quando paragonato alla tiroidite di Hashimoto.<br />

Sarcoma a cellule di Langerhans della<br />

parotide: descrizione di un caso con studio<br />

immunoistochimico ed ultrastrutturale<br />

J. Nunnari, P. Graziano, L. Manente, E. Silvestri, MC.<br />

Macciomei, D. Danieli * , R. Pisa, D. Remotti<br />

U.O.C. di Anatomia Patologica, Azienda Ospedaliera “San<br />

Camillo-Forlanini”, Roma; * U.O.C. di Anatomia Patologica,<br />

ASL 6, Vicenza<br />

Introduzione. Le proliferazioni a cellule di Langerhans costituiscono<br />

uno spettro di malattie che comprende lesioni<br />

reattive, neoplasie benigne localizzate e neoplasie sistemiche,<br />

in passato definite come Istiocitosi o granulomatosi. I<br />

sarcomi a cellule di Langerhans (LCS) sono estremamente<br />

rari; casi di LCS sono stati riportati in letteratura in diversi<br />

organi (linfonodi, fegato, cute, milza, polmone e osso), mentre<br />

non è mai stata descritta una localizzazione parotidea di<br />

LCS.<br />

Descrizione del caso. Uomo di 44 anni, asintomatico, con rapida<br />

insorgenza di una tumefazione della parotide destra, non<br />

dolente, interpretata come neoplasia primitiva ed asportata<br />

chirurgicamente. Macroscopicamente la neoformazione, del<br />

diametro massimo di 4,5 cm, mostrava margini maldefiniti,<br />

estendendosi ai tessuti molli periparotidei. Istologicamente la<br />

ghiandola ed i tessuti molli erano massivamente infiltrati da<br />

una proliferazione ipercellulare, monomorfa, con ampie aree<br />

di necrosi, composta da cellule grandi, con profonde incisure<br />

della membrana nucleare, nuclei a cromatina dispersa con


208<br />

Cytogenetic Primary site of Histological Clinical data/<br />

involvement Diagnosis Follow-up<br />

MALT1 rearrangement Stomach 1 EMZL Hp+/Alive with<br />

negative disease/9 months fu<br />

1 FL<br />

Hp-/surgical treatment<br />

/Alive in CR/38<br />

months fu<br />

1 DLBL in Alive in CR/surgical<br />

EMZL treatment/ / 28 months<br />

1 DLBL fu Hp+/Alive with<br />

disease/6 months fu<br />

MALT1 rearrangement Stomach 1 EMZL Hp+/Stage IV at<br />

positive diagnosis/Alive in<br />

CR/56 months fu<br />

1 EMZL Hp+/Diffuse lesion<br />

/Surgical treatment/<br />

Lost to fu<br />

Trisomy 18 positive Stomach 1 EMZL Hp+/Alive with<br />

disease/4 months fu<br />

1 EMZL Hp+/Alive with<br />

disease/4 months fu<br />

T(14;18) (IgH;bcl2) Duodenum FL grade 3b Primary localization/<br />

positive Alive/3 months fu<br />

t(11;14)(CCND1;IgH) Small intestine 1 MCL Alive/gastric relapse,<br />

positive + lymphadenopathy now in CR/33 months fu<br />

Rectal 1 MCL Stage IV at diagnosis/<br />

Leukemic/Death after<br />

6 months<br />

Gastric 1 MCL Lost to fu<br />

Tonsillar 1 MCL Death of infectious<br />

complications after 4 years<br />

piccoli nucleoli basofili periferici, citoplasma chiaro a limiti<br />

indistinti. L’indice mitotico era elevato (30-40 mitosi/10<br />

HPF). Focalmente erano presenti numerosi granulociti eosinofili.<br />

Le cellule neoplastiche hanno mostrato intensa positività<br />

per CD1a, S100 e Vimentina e negatività per CD68R,<br />

TCL1, MPx, CD45, CD34, CD21, markers di linea B e T e<br />

citocheratine. L’indice di proliferazione (% di cellule neoplastiche<br />

Ki67+) è risultato del 50-60% circa. Gli studi ultrastrutturali<br />

hanno dimostrato la presenza intracitoplasmatica<br />

dei granuli di Birbeck. La stadiazione completa è risultata negativa<br />

ed il paziente è stato sottoposto alla sola radioterapia<br />

locale; a quattro mesi dalla fine della terapia è in remissione<br />

completa.<br />

Conclusioni. Il caso da noi presentato è, a nostra conoscenza,<br />

il primo caso descritto di LCS a localizzazione parotidea;<br />

il suo comportamento clinico è significativamente migliore<br />

rispetto ai rari casi di LCS riportati in letteratura, i quali mostrano<br />

un andamento clinico decisamente più aggressivo, con<br />

localizzazioni multiple e bassa sopravvivenza.<br />

POSTERS<br />

The CXCL13 chemokine (BCA-1) is retained by<br />

follicular dendritic cell sarcoma neoplastic<br />

cells and attracts intratumoral CXCR5expressing<br />

lymphocytes<br />

W. Vermi, M. Ponzoni, M.G. Uguccioni ** , D. Bosisio *** ,<br />

C. Doglioni * , F. Facchetti<br />

Anatomia Patologica, Spedali Civili di Brescia; * Anatomia<br />

Patologica, Istituto “San Raffaele”; ** Istituto per la Ricerca<br />

in Biomedicina, Bellinzona; *** Dipartimento di Patologia<br />

Generale, Università di Brescia<br />

Introduction. CXCL13 is a chemokine produced in the germinal<br />

centre of B-follicles, crucial in the lymphoid organ development.<br />

CXCL13 operates attracting B- and T-lymphocytes<br />

that express CXCR5. Follicular dendritic cells (FDC) have<br />

been historically retained the main cellular source of CX-<br />

CL13. Recently, genome wide approaches have suggested<br />

follicular CD4 T helper-cells (T H F) as additional CXCL13producers.<br />

Of note, the putative neoplastic counterpart of<br />

T H F (i.e. CD4+ tumor T-cells in Angioimmunoblastic T-cell<br />

Lymphoma) retain the capability of producing CXCL13. Data<br />

on the expression of CXCL13 by FDC sarcoma (FDC sar )<br />

cells are not available. Since FDC sar contains a dense<br />

lymphocytic infiltrate in the form of “sprinkling” or with the<br />

extreme “inflammatory pseudotumor-like” features, we te-


POSTERS<br />

sted the hypothesis whether FDC tumor cells sustain this recruitment<br />

via CXCL13.<br />

Methods. Nine case of FDC sar (5 nodal and 4 extranodal) and<br />

a cohort of epithelial and stromal neoplasms potentially mimicking<br />

FDC sar (63 cases) were selected from two independent<br />

institutions. Formalin-fixed, paraffin-embedded tissue<br />

sections were tested for the expression of CXCL13 (clone<br />

79018, R&D) and CXCR5 (clone 51505, R&D) by immunohistochemistry.<br />

mRNA expression of CXCL13 and CX-<br />

CR5 was quantitated by qRT-PCR and localized by in situ<br />

hybridization techniques.<br />

Results. On histology, FDC sar tumor cells showed a classical<br />

spindle or epithelioid shape and formed fascicles exhibiting<br />

storiform and whorl pattern. A confirmatory phenotype was<br />

obtained using a panel of widely recognized FDC markers<br />

(CD21, CD23, CD35, CAN.42, EGF-R, Clusterin, Podoplanin);<br />

in two cases electron microscopy demonstrated desmosomes.<br />

Intratumoral lymphocytes were commonly found and<br />

represented by variable mixture of CD20 + B-cell and CD3 + Tlymphocytes.<br />

The FDC sar neoplastic cells consistently and<br />

strongly expressed the CXCL13 at protein and mRNA level.<br />

In the large majority of FDC sar mimickers, no reactivity for<br />

CXCL13 was observed. Abundant expression of CXCR5 was<br />

observed in the peritumoral and intratumoral lymphoid populations.<br />

Conclusions. CXCL13 can be considered an additional tool<br />

in the diagnosis of FDC sar with high level of sensitivity and<br />

specificity. FDC sarcoma cells retain, as their normal counterpart,<br />

the expression of CXCL13 mRNA and protein. This<br />

molecule is likely to be functional in these tumors, as indicated<br />

by the recruitment of intratumoral lymphocytes expressing<br />

CXCR5.<br />

Linfoma T/NK: due localizzazioni extranodali<br />

L. Roncoroni, P.R. Billo, B. Di Marco, D. Novero * , A. Assi<br />

U.O. Anatomia Patologica, Ospedale Civile, Legnano (MI);<br />

* U.O.A.D.U. Anatomia Patologica 2, Azienda Ospedaliera<br />

“S. Giovanni Battista”, Torino<br />

Introduzione. Il linfoma T/NK extranodale “nasal type” è<br />

una malattia rara nei paesi occidentali.<br />

Presso il nostro ospedale si sono presentate all’osservazione<br />

clinica, in tempi diversi, due pazienti con localizzazioni extranodali<br />

di tale malattia.<br />

Paziente di sesso femminile di 46 anni (A), da alcuni mesi in<br />

cura per rinite allergica, che presentava alla rinoscopia<br />

neoformazione occupante le cavità nasali.<br />

Paziente di sesso femminile di 29 anni (B), da alcuni mesi insorgenza<br />

di nodulo cutaneo braccio destro curato con terapia<br />

antibiotica e steroidea, si presenta in pronto soccorso per<br />

otalgia, fotofobia, vertigini e nausea. Durante il ricovero<br />

comparsa di noduli multipli agli arti inferiori e superiori e paralisi<br />

del VII nervo cranico destro.<br />

Metodi. Pervengono alla nostra osservazione: frammenti<br />

multipli della neoformazione nasale della paziente A e losanga<br />

di cute e sottocute della paziente B.<br />

I campioni istologici pervengono immersi in formalina in appositi<br />

contenitori, vengono descritti, sezionati e processati<br />

secondo le metodiche routinarie, e successivamente allestiti i<br />

preparati istologici.<br />

Valutate le sezioni in ematossilina-eosina si richiedono le<br />

reazioni immunoistochimiche necessarie per la tipizzazione<br />

delle lesioni: CD3, CD20, CD4, CD8, CD56, MIB-1, CD5,<br />

209<br />

TA1, TdT. In altri centri è stata eseguita la ricerca di Epstein-<br />

Barr virus mediante metodica molecolare.<br />

Risultati. I preparati istologici della paziente A hanno mostrato<br />

un infiltrato linfoide costituito prevalentemente da<br />

linfociti T di medie dimensioni ed ampio citoplasma, infiltranti<br />

le pareti vascolari causandone la necrosi. Tale popolazione<br />

neoplastica risultava immunoreattiva al CD3, CD4,<br />

CD56; EBV non valutabile.<br />

I preparati istologici della paziente B presentavano un infiltrato<br />

linfoide T più marcato in sede dermica profonda e sottocutanea<br />

costituito da cellule monomorfe di medie dimensioni,<br />

immunoreattive al CD3, TIA1; EBV positivo.<br />

Discussione. Il riscontro nell’arco di alcuni mesi di due localizzazioni<br />

extranodali della stessa rara patologia linfoproliferativa<br />

ci ha motivato a rivedere la letteratura e l’incidenza<br />

di questo linfoma nella popolazione.<br />

Bibliografia<br />

Willemze R, et al. Blood 2005;105:3768-85.<br />

Pagano L, et al. Ann Oncol 2006;17:794-800.<br />

Pathology & Genetics Tumours of Haematopoietic and Lymphoid Tissues<br />

(WHO, 2001).<br />

Linfoma non Hodgkin primitivo dell’ovaio:<br />

riscontro occasionale<br />

F. Di Nuovo, P. Uboldi, M. Spinelli<br />

Dipartimento di Patologia A.O. “G. Salvini”, Servizio di<br />

Anatomia e Istologia Patologica, Ospedale “S. Corona”,<br />

Garbagnate Milanese, Milano<br />

Introduzione. I linfomi non Hodgkin primitivi dell’ovaio sono<br />

estremamente rari, mentre la localizzazione ovarica, frequentemente<br />

bilaterale, in corso di linfoma sistemico è più<br />

frequente e rappresenta l’evento tardivo di una malattia linfonodale<br />

disseminata. Riportiamo un caso la cui diagnosi, del<br />

tutto incidentale, è stata effettuata a seguito di isteroannessiectomia<br />

totale, bilaterale.<br />

Materiali. Donna di 57 anni, con familiarità materna per<br />

linfoma, viene sottoposta ad intervento chirurgico per asportazione<br />

di leiomiomi multipli del corpo uterino. L’esame macroscopico<br />

del campione operatorio evidenziava in corrispondenza<br />

dell’ovaio destro una formazione ovalare grigiastra,<br />

a margini netti, di 1,2 cm di diametro massimo. Indenne<br />

appariva l’ovaio di sinistra.<br />

Risultati. Microscopicamente la neoformazione ovarica era<br />

costituita da una proliferazione di cellule per lo più disposte<br />

in filiere, variamente orientate, di dimensioni medio-grandi,<br />

con citoplasma discretamente rappresentato, basofilo al<br />

Giemsa. I nuclei erano ipercromici con cromatina azzollata,<br />

nucleoli evidenti, occasionalmente multipli e addossati alla<br />

membrana nucleare. Si osservavano, inoltre, focolai di necrosi,<br />

indice mitotico pari a 4 mitosi per 2 mm, e indice di<br />

proliferazione (Mib1) elevato. La neoformazione appariva<br />

priva di capsula, ma ben circoscritta e delimitata dal parenchima<br />

circostante, tuttavia, a forte ingrandimento, alcuni elementi<br />

cellulari sfioccavano delicatamente nel restante parenchima<br />

ovarico. La popolazione cellulare testata immunoistochimicamente<br />

era positiva per LCA e CD20, mentre non ha<br />

mostrato immunoreattività per i seguenti marcatori linfoidi:<br />

CD3, CD5, CD10, CD23, CD34, Bcl2, MPO, MT1. Negativi<br />

sono risultati tutti i marcatori immunoistochimici epiteliali e<br />

germinali. Sulla base dei dati clinico-strumentali, morfologici<br />

ed immunoistochimici è stata formulata diagnosi, secondo


210<br />

WHO 2000, di linfoma non Hodgkin a grandi cellule, a fenotipo<br />

B, a primitività ovarica. La paziente è stata stadiata e<br />

non mostrava evidenza di linfoma in altre sedi. A tutt’oggi a<br />

distanza di 4 anni e 6 mesi la paziente è libera da malattia ed<br />

è in buono stato di salute.<br />

Conclusioni. L’osservazione di questo caso ci ha consentito<br />

di rivalutare i dati della recente letteratura. Il linfoma primitivo<br />

dell’ovaio è una malattia rara, la cui evenienza è stata<br />

anche messa in discussione da alcuni autori. L’istotipo a<br />

grandi cellule B è quello che più frequentemente ricorre nella<br />

scarna letteratura pubblicata. Applicando i criteri stringenti<br />

di Fox e Langley la nostra diagnosi è stata avvalorata da<br />

una serie di dati tra cui: malattia clinicamente confinata nell’ovaio<br />

senza alcuna altra dimostrazione strumentale di ulteriori<br />

lesioni concomitanti, sangue periferico e midollo osseo<br />

indenni, assenza di ulteriori localizzazioni almeno numerosi<br />

mesi dopo la scoperta della lesione ovarica. Sebbene infrequente,<br />

il linfoma deve essere preso in considerazione nella<br />

diagnosi differenziale delle neoplasie ovariche anche in considerazione<br />

della buona prognosi.<br />

Bibliografia<br />

1 Ambulkar I, Nair R. Primary ovarian lymphoma: report of cases and<br />

review of literature. Leuk Lymphoma 2003;44:825-7.<br />

An integrated morphophenotypical and<br />

cytogenetic diagnostic approach to<br />

gastrointestinal and oropharyngeal<br />

lymphomas<br />

M. Marino, G. Chichierchia, D. Assisi * , M. Diodoro, S.<br />

Sentinelli, M.L. Dessanti ** , R. Lapenta * , P. Canalini, A.<br />

Papadantonakis, R. Martucci, R. Perrone-Donnorso, F. Pisani<br />

**<br />

Department of Pathology; * Gastrointestinal Endoscopy Unit,<br />

** Hematology, “Regina Elena” Cancer Institute, Rome, Italy<br />

Introduction. Small B cell gastrointestinal and oropharyngeal<br />

lymphomas constitute a diagnostic tool.<br />

Methods. We apply an integrated morphophenotypical and<br />

cytogenetic approach in diagnostic practice, with an extended<br />

antibody panel including the anti-Cyclin D1 mc antibody<br />

from rabbit (clone SP4) as well as the marker of proliferative<br />

activity MIB1. In addition lymphomas are routinely investigated<br />

by FISH analysis for MALT1 rearrangement [LSI<br />

MALT1 (18q21) Break Apart Rearrangement Probe] and/or<br />

for t(11;14) (CCND1; IgH) as a screening approach for recurrent<br />

chromosomal translocations, or to exclude the possibility<br />

of a mantle cell lymphoma localization. Lymphoma<br />

cases are staged by endoscopic ultrasonography. Treatment<br />

in initial stages is based on Helicobacter Pylori eradication<br />

therapy.<br />

Results. The Table reports our preliminary data concerning<br />

13 cases examined among our series of gastrointestinal and<br />

oropharyngeal lymphomas.<br />

Conclusions. From our data it appears that an integrated immunohistochemical<br />

and cytogenetic characterization of GI<br />

and oropharingeal lymphomas is needed in order to exclude<br />

a MCL. 2/4 MCL showed a gastric localization in the course<br />

of disease. Lymphomatous polyposis (LP) was not the typical<br />

presentation of MCL in our series. The natural history of<br />

distinct cytogenetic subgroups in our series of gastric B cell<br />

lymphomas is actually under investigation, as some cases<br />

have short follow-up. A DLBL evolution was seen in the<br />

MALT1 rearrangement negative group.<br />

Linfoma splenico a “cellule della zona<br />

marginale”: studio dell’espressione di TCL1 e<br />

t-bet<br />

M.G. Zorzi, M. Lestani, F. Menestrina * , S. Pedron * , P. Piccoli<br />

* , L. Montagna * , M. Chilosi *<br />

U.O.C. di Anatomia Patologica, ULSS5 “Ovest-Vicentino”; *<br />

Dipartimento di Patologia, Università di Verona<br />

Introduzione. La diagnosi istologica del linfoma splenico “a<br />

cellule della zona marginale” (SMZL) presenta alcune criticità<br />

che la rendono poco riproducibile: la diagnosi viene frequentemente<br />

formulata su biopsia ossea, con infiltrati neoplastici<br />

minimi e non sempre viene eseguita la splenectomia;<br />

mancano marcatori citogenetici specifici; il quadro morfologico<br />

ed il profilo immunofenotipico si sovrappongono a quelli<br />

di altri linfomi B CD5-negativi.<br />

Metodi. Abbiamo studiato l’espressione di TCL1 e t-bet in<br />

40 casi di SMZL, diagnosticati su pezzo operatorio (milza:<br />

21/40) o su biopsia osteo-midollare (19/40), applicando i criteri<br />

clinici, morfologici ed immunofenotipici descritti nella<br />

classificazione WHO. Le biopsie osteo-midollari sono state<br />

decalcificate in soluzione tamponata acida EDTA per 3 ore ed<br />

incluse in paraffina. Le sezioni deparaffinizzate sono state<br />

sottoposte ad “antigen retrieval” ad alte temperature in “buffer”<br />

citrato (pH 8; 30 min). La reazione positiva per TCL1<br />

(clone 27D6/20, diluizione 1:500; MBL, Naka-ku Nagoya,<br />

Japan) e t-bet (clone 4B10, diluizione 1:200; Santa Cruz Biotechnology,<br />

CA, USA) è stata rivelata con metodo polimerico<br />

a due “step” (Super sensitive IHC detection system, Biogenex,<br />

San Ramon, CA, USA), utilizzando un coloratore automatico<br />

(GenoMx i6000, Biogenex).<br />

Risultati. TCL1 è risultato negativo in tutti i casi di SMZL.<br />

T-bet è risultato positivo (positività nucleare) in 17/40 casi<br />

(42%), con espressione variabile per intensità, in relazione al<br />

tipo di preparato studiato e alle caratteristiche dell’infiltrato<br />

neoplastico (interstiziale, nodulare, diffuso). T-bet ha rivelato<br />

una buona sensibilità nell’identificare le cellule neoplastiche<br />

in parte dei casi di localizzazione osteo-midollare di tipo<br />

“intrasinusoidale”, anche di minima entità. Più della metà dei<br />

casi sono risultati T-bet negativi.<br />

Conclusioni. I linfociti della “zona marginale” esprimono un<br />

fenotipo specifico, caratterizzato dall’espressione di marcatori<br />

B-associati, dalla negatività per TCL1 e dall’espressione<br />

variabile di T-bet. Questo fenotipo è conservato dal clone<br />

neoplastico e può essere utilizzato per diagnosticare il linfoma<br />

anche in presenza di un infiltrato osteo-midollare minimo.<br />

Bibliografia<br />

Narducci MG, et al. Cancer Res 2000;60:2095-3100.<br />

Dorfman DM, et al. Am J Clin Pathol 2004;122:292-7.<br />

POSTERS


POSTERS<br />

TCL1 and CD11c expression in hairy-cell<br />

leukemia and their diagnostic role on bone<br />

marrow biopsies in the differential diagnosis<br />

with splenic marginal zone lymphoma<br />

M. Lestani, M.G. Zorzi, F. Menestrina * , L. Montagna * , S.<br />

Pedron * , P. Piccoli * , M. Chilosi *<br />

Service of Pathology, ULSS 5 “Ovest-Vicentino”; * Department<br />

of Pathology, University of Verona, Italy<br />

Background. According to WHO classification, hairy cell<br />

leukaemias (HCL) always express CD22, CD103 and CD11c;<br />

it is also typically positive for CD25, TRAP, DBA.44 and<br />

FMC7. On fixed tissues, however, no routinely available single-marker<br />

is specific for HCL, since CD11c, CD22 and even<br />

TRAP and DBA. 44 can be present in other malignancies,<br />

such as splenic marginal zone lymphoma (SMZL), that may<br />

morphologically and clinically mimic HCL. Annexin A1<br />

(ANXA1) immunocytochemical detection has demonstrated<br />

to be highly sensitive and specific for HCL cells on peripheral<br />

blood and on formalin fixed tissues, but its expression in<br />

myeloid cells can create difficulty in staining interpretation 1 .<br />

TCL1 (T-cell leukemia 1 gene) is an oncogene involved in<br />

chromosome rearrangements in mature T-cell leukemia. In<br />

B-cell lymphomas, evaluated by immunohistochemistry,<br />

TCL1 expression has been documentated in B-cell neoplasms<br />

of pre-GC and GC origin, but not in marginal zone<br />

lymphoma and myeloma, and its reactivity pattern in HCL is<br />

currently not described 2 . We investigated TCL1 and CD11c<br />

immunoreactivity in 10 cases of HCL (formalin-fixed paraffin-embedded<br />

bone marrow biopsies), comparing the results<br />

of TCL1 immunostaining in 10 cases of SMZL, in order to<br />

evaluate its possible role in the differential diagnosis of the<br />

two entities.<br />

Methods. Immunohistochemistry was performed using high<br />

temperature antigen retrieval in citrate buffer (pH 8) for 30<br />

min on deparaffinized sections. Monoclonal antibodies<br />

recognising TCL1 (clone 27D6/20, dilution 1:500; MBL, Naka-ku<br />

Nagoya, Japan) and to CD11c (clone 5D11, dilution<br />

1:50; Novocastra Laboratories, Newcastle, United Kingdom)<br />

were used with a polymeric labelling two-step method (Super<br />

sensitivet IHC detection system, Biogenex, San Ramon, CA,<br />

USA) in an automated staining system (GenoMx i6000, Biogenex).<br />

Results. All investigated HCL cases were CD11c and TCL1<br />

positive (10/10). Hairy cells showed a moderate, focally intense<br />

membrane staining for CD11c. 9 cases showed moderate<br />

or intense nuclear/cytoplasmic staining for TCL1; in 1<br />

TCL1 was detected (weak staining) only on a variable fraction<br />

of neoplastic cells. No SMZL stained with TCL1 (0/10).<br />

Conclusion. Both TCL1 and CD11c show a high sensitivity<br />

for HCL cells on formalin-fixed paraffin-embedded bone<br />

marrow biopsies. TCL1 negativity in SMZL may be useful in<br />

the differential diagnosis.<br />

References<br />

1 Falini B, et al. Lancet 2004;363:1869-70.<br />

2 Narducci MG, et al. Cancer Res 2000;60:2095-3100.<br />

211<br />

L’espressione immunoistochimica di VEGF<br />

correla con la densità microvascolare (DMV)<br />

nelle malattie mieloproliferative croniche Phnegative<br />

(Ph-MPC) E. De Camilli, U. Gianelli, C. Vener * , P.R. Rafaniello, F.<br />

Savi, L. Boiocchi, R. Calori * , A. Iurlo, F. Radaelli * , G.<br />

Lambertenghi Deliliers * , S. Bosari, G. Coggi<br />

II Cattedra di Anatomia Patologica, DMCO, Università di<br />

Milano, A.O. “San Paolo” e Fondazione IRCCS Ospedale<br />

Maggiore Policlinico “Mangiagalli e Regina Elena”, Milano;<br />

* Ematologia I e II, Università di Milano, Fondazione<br />

IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico “Mangiagalli e Regina<br />

Elena”, Milano<br />

Introduzione. I meccanismi biologici che regolano l’angiogenesi<br />

non sono stati analizzati in maniera approfondita nelle<br />

Ph - MPC. La quasi totalità degli studi ha messo in evidenza<br />

un incremento della DMV nelle Ph - MPC ed in particolare<br />

nella mielofibrosi idiopatica cronica (CIMF). In queste malattie<br />

non è chiaro il ruolo del VEGF, principale fattore proangiogenetico<br />

e i dati in letteratura sono discordanti. Questo<br />

studio ha lo scopo di valutare la densità microvascolare<br />

(DMV) e l’espressione immunoistochimica di VEGF nelle<br />

biopsie osteomidollari (BOM) di pazienti affetti da Ph - MPC.<br />

Metodi. La popolazione esaminata comprende 98 pazienti<br />

(60 M e 38 F; M/F = 1,6/1; età media: 61 aa., range: 18-85<br />

aa.) di cui 29 con Trombocitemia Essenziale (TE), 30 con Policitemia<br />

Vera (20 in fase policitemica e 10 in fase mielofibrotica)<br />

e 39 con CIMF (11 CIMF-0, 11 CIMF-1, 7 CIMF-2,<br />

10 CIMF-3). I casi controllo (CC) sono rappresentati da 20<br />

BOM di stadiazione, prive di alterazioni istologiche.<br />

La DMV è stata valutata mediante anticorpo anti-CD34, utilizzando<br />

due differenti metodiche: il metodo “hot-spots” e il<br />

metodo “semi-quantitativo”.<br />

L’espressione immunoistochimica di VEGF è stata valutata<br />

come VEGF index, definito come la cellularità midollare<br />

moltiplicata per la frazione di cellule VEGF-positive, ed<br />

espresso come numero compreso tra 0 ed 1 (VEGF (i) = % della<br />

cellularità midollare x % cellule VEGF positive/10 4 ).<br />

Risultati. La valutazione della DMV-HS ha rivelato differenze<br />

statisticamente significative fra i gruppi CC (7,5 ± 3,6),<br />

TE (10,1 ± 4,5), PV (20,7 ± 10,2) e CIMF (25,6 ± 6,3) (p <<br />

0,0001), risultando superiore nei pazienti con PV e CIMF, rispetto<br />

ai CC e TE (p < 0,05). I risultati ottenuti con la metodica<br />

semi-quantitativa sono sovrapponibili (p < 0,001).<br />

Il VEGF (i) ha mostrato livelli di espressione differenti fra i<br />

gruppi CC (0,08 ± 0,009), TE (0,12 ± 0,05), PV (0,28 ± 0,20)<br />

e CIMF (0,29 ± 0,15) (p < 0,001), con valori più elevati nei<br />

pazienti con CIMF e PV rispetto ai CC e TE (p < 0,05).<br />

Una correlazione diretta tra DMV e VEGF (i) è stata identificata<br />

nelle Ph - MPC (r: 0,67; p value < 0,001) e singolarmente<br />

nella PV (r: 0,79; p value < 0,001) e nella CIMF (r: 0,40; p<br />

value = 0,013).<br />

Conclusioni. Nelle Ph - MPC l’incremento della DMV, inteso<br />

come indicatore dell’angiogenesi, correla direttamente con i<br />

livelli di VEGF.


212<br />

Fase pre-policitemica “early” della policitemia<br />

vera (E-PV) con trombocitosi e diagnosi<br />

differenziale con la trombocitemia essenziale<br />

A. Moro, U. Gianelli, A. Iurlo * , C Vener * , E. Fermo * , L.<br />

Boiocchi, P. Bianchi * , F. Radaelli * , G. Lambertenghi Deliliers<br />

* , A. Zanella * , S. Bosari, G. Coggi<br />

II Cattedra di Anatomia Patologica, DMCO, Università di<br />

Milano, A.O. “San Paolo” e Fondazione IRCCS Ospedale<br />

Maggiore Policlinico “Mangiagalli e Regina Elena”, Milano,<br />

Italia; * Divisione di Ematologia I e II, Fondazione<br />

IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico “Mangiagalli e Regina<br />

Elena”, Milano<br />

Introduzione. Nella Policitemia Vera (PV) sono note due fasi<br />

clinico-patologiche chiaramente distinte: la fase policitemia<br />

e la mielofibrosi post-policitemica.<br />

In passato sono stati descritti casi di Trombocitemia essenziale<br />

(TE) associati ad eritrocitosi e casi di PV che esordivano<br />

con una elevata piastrinosi, tale da mimare clinicamente<br />

una TE. Recentemente è stato ipotizzato che la PV possa essere<br />

preceduta da un fase precoce di malattia (e-PV), in cui<br />

l’incremento della massa eritrocitaria sia inferiore ai valori<br />

richiesti per la diagnosi di PV secondo il PVSG o la classificazione<br />

WHO.<br />

Materiali e metodi. In questo studio abbiamo esaminato le<br />

caratteristiche cliniche, morfologiche e molecolari di 17 pazienti<br />

con e-PV e li abbiamo comparati a quelle di due gruppi<br />

di controllo, 19 casi di PV e da 13 casi di TE, allo scopo<br />

di identificare i principali criteri diagnostico-differenziali.<br />

Risultati. I pazienti con e-PV hanno mostrato valori di Hb<br />

(15,5 g/dl), Hct (45,9%) e LAP (114 IU/L) significativamente<br />

superiori ai pazienti con ET (Hb: 13,8 g/dl; Hct 41%; 77<br />

IU/L) ed inferiori ai pazienti con PV (Hb: 16,9 g/dl; Hct:<br />

51,8%; 156 IU/L) (LSD Bonferroni p < 0,05). Splenomegalia<br />

(p = 0,004) ed epatomegalia (p = 0,03) sono risultate più<br />

frequenti nella e-PV e nella PV in confronto alla TE. Morfologicamente,<br />

nel confronto quantitativo con la TE, la e-PV ha<br />

mostrato un significativo incremento della cellularità midollare<br />

(p < 0,001), dovuto ad incremento dell’eritropoiesi (p <<br />

0,001), delle forme eritroidi immature (p < 0,001), della granulopoiesi<br />

(p = 0,004) e delle forme mieloidi immature (p =<br />

0,001). Inoltre, nella e-PV i megacariociti sono caratterizzati<br />

da un maggiore polimorfismo (p < 0,001), con difetti di maturazione<br />

(p < 0,001), e incremento delle forme a nucleo iperlobato<br />

(p = 0,02), vescicoloso (p < 0,001) e “nudo” (p =<br />

0,01). Al contrario, non abbiamo riscontrato differenze significative<br />

confrontando e-PV e PV.<br />

Mutazioni di JAK2 V617F erano presenti nel 100% (17/17) casi<br />

di e-PV, nel 95% (18/19) delle PV nel 54% (7/13) delle TE e<br />

(p = 0,0007).<br />

Conclusioni. I risultati confermano l’esistenza della e-PV<br />

come entità clinico-patologica distinta, con caratteristiche<br />

cliniche, morfologiche e molecolari più “vicine” alla PV che<br />

alla TE. Sulla base di questi dati è possibile ipotizzare un algoritmo<br />

diagnostico per la diagnosi differenziale tra queste<br />

entità.<br />

POSTERS<br />

Surface antigen mosaic of dendritic<br />

lymphoplasmacytoid lymphoma: a key for<br />

interpreting the heterogeneous tissue<br />

localization of neoplastic cells<br />

R. Franco, A. De Renzo ** , A. De Chiara, G. Ferrara * , G.<br />

Liguori, L. Del Vecchio *** , G. Corazzelli **** , G. Pettinato<br />

**** , G. Botti<br />

S.C. Anatomia Patologica, Istituto dei Tumori “Fondazione<br />

G. Pascale”, Napoli; * S.C. Anatomia Patologica, Azienda<br />

Ospedaliera “Rummo” di Benevento; ** U.O. Ematologia,<br />

Università “Federico II”, Napoli; *** Servizio di Citofluorimetria,<br />

CEINGE, Napoli; **** Dipartimento di Scienze Biomorfologiche<br />

e Funzionali, Università “Federico II”, Napoli;<br />

***** S.C. Ematologia, Istituto dei Tumori “Fondazione G.<br />

Pascale”, Napoli, Italy<br />

During the last years an unusual form of leukemia/lymphoma<br />

whose cells expressed HLA-DR, CD4, CD56 and CD123<br />

(IL3R) was described. Surface antigen mosaic and functional<br />

properties of these cells were similar to a fraction of normal<br />

dendritic cells, the DC2 or lymphoplasmacytoid subset.<br />

This type of neoplasia perfectly overlapped to CD4+ CD56+<br />

lymphoma previously named in WHO classification as “blastic<br />

NK” lymphoma. The clinical behavior of this disease generally<br />

implies skin involvement with a rapidly aggressive<br />

outcome and possible picture of acute leukemia. Immunophenotypic<br />

information is incomplete and no study<br />

deals with the correlation between surface antigen expression<br />

and clinical behavior. One of the points debated is if this disease<br />

has to be considered a bone marrow disorder with subsequent<br />

peripheral tissue involvement or a peripheral tissue<br />

disease with possible leukemic evolution. Rare cases with<br />

exclusive bone marrow involvement seem to sustain the first<br />

hypothesis, while cases with dendritic lymphoplasmacytoid<br />

neoplasia (DLPN), initial skin involvement and expression of<br />

cutaneous lymphocyte-associated antigen (CLA) lead to consider<br />

this disease a primarily cutis-restricted neoplasia.<br />

Chemokines and their own receptors are widely demonstrated<br />

to be effective co-regulator of metastasis development in<br />

solid tumors. Among these, CXCR4 (CD184) and its ligand<br />

CXCL12/SDF1 seem to drive metastasis in many cases.<br />

CD26/DPPIV seems to counterbalance CD184 due to its enzymatic<br />

activity on CXCL12, hampering the binding between<br />

the two structures.<br />

In this study we characterized 10 cases of DLPN by using<br />

an extended panel of MoAbs, flow cytometry and immunohistochemistry.<br />

Six cases were studied by flow cytometry<br />

and 5 by immunohistochemistry. The aims were: (i) to define<br />

the exact immunophenotype of this rare neoplasia; (ii)<br />

to assess the real incidence of these cases; (iii) to attempt a<br />

sub-classification of these cases on the basis of antigen expression.<br />

The panel utilized for flow cytometry characterization<br />

was the following: CD2, CD3, CD4, CD5, CD7,<br />

CD8, CD10, CD11a, CD11b. CD11c, CD13, CD14, CD15,<br />

CD16, CD19, CD20, CD22, CD23, CD24, CD25, CD26,<br />

CD29, CD33, CD34, CD36, CD37, CD38, CD40, CD41a,<br />

CD42b, CD43, CD44, CD45, CD56, CD57, CD58, CD61,<br />

CD69, CD71, CD80, CD86, CD103, CD184. Flow cytometry<br />

characterization performed on bone marrow aspirates in<br />

5 cases with heavy bone marrow involvement consistently<br />

evidenced the following immunophenotype: HLA-DR+,<br />

CD4+, CD56+, CD36+, CD103+. CD2, TdT and CD33<br />

were expressed by 2 patients while CD7 was displayed by


POSTERS<br />

one single case. One case with massive involvement of<br />

bone marrow and no cutaneous infiltration clearly showed<br />

CD26. All cases were initially referred to our institution as<br />

acute myeloblastic leukemia (AML). The exact incidence of<br />

these cases as compared to all cases of AML studied was<br />

5/2,185 cases.<br />

Immunohistochemistry was performed on cutaneous biopsies<br />

in 5 patients. In all patients expression of CD4, CD56,<br />

CD123, TCL1 was observed. Variable expression of CD68<br />

and CD43 was also detected. In one case more than 50% of<br />

cells expressed TdT. CXCR4 (CD184) was observed in all<br />

213<br />

cases, while convincing expression of CD26 was never detected.<br />

One cutaneous fragment was studied by flow cytometry<br />

also, confirming the CXCR4+ CD26- pattern.<br />

In conclusion immunophenotypic features of this rare disease<br />

seem to be consistent as regards HLA-DR, CD4, CD56,<br />

CD36 and CD103. The expression of CXCR4 and CD26 appear<br />

to be associated with tissue distribution of the disease,<br />

with CXCR4+ CD26- pattern corresponding to cases characterized<br />

by initial cutaneous involvement and metastatic potential,<br />

CD26 expression being restricted to bone marrow<br />

disease unable to infiltrate peripheral tissues.


PATHOLOGICA 2007;99:214-224<br />

Patologia dell’apparato digerente<br />

Telangiectatic focal nodular hyperplasia<br />

(FNH) of the liver currently classified as<br />

hepatocellular adenoma (HCA) variant with<br />

ductular differentiation? A problem area and<br />

report of a paradigmatic case<br />

M. Bisceglia, A. Gatta * , A. Tomezzoli ** , M. Donataccio ***<br />

Departments of Pathology and * Pediatrics, IRCCS “Casa<br />

Sollievo della Sofferenza” Hospital, San Giovanni Rotondo;<br />

Departments of ** Pathology and *** Surgery, Ospedale Civile<br />

Maggiore di Verona, Italy<br />

Introduction. FNH and HCA are benign liver tumors. In<br />

1999 two categories of FNH were defined: the classical type<br />

(~ 80%), with or without gross central scar, histologically<br />

showing architectural nodular distortion, malformed arterial<br />

vessels, and bile ductular reaction, and the non-classical type,<br />

lacking nodular architecture or malformed vessels, but always<br />

presenting bile ductules, the hallmark of the lesion 1 .<br />

FNH was further subdivided into the telangiectatic FNH<br />

(TFNH) (~ 15%), the mixed hyperplastic and adenomatous<br />

FNH (1-2%), and the FNH with cytologic atypia (2-3%). In<br />

2004 molecular studies displayed that TFNH is closer to<br />

HCA than to FNH and the term of telangiectatic HCA (HCA-<br />

TFNHtype) was suggested 2 . This latter datum was soon corroborated<br />

by others 3 4 , and TFNH is now included in the<br />

monoclonal spectrum of HCA as a separate entity (HCA variant),<br />

due to the peculiar morphology and the absence of<br />

known gene mutation. This year 2007 new diagnostic criteria<br />

came out in regard to HCA, and 4 variants have been delineated<br />

in addition to the classical. Variant-3 (with or without<br />

inflammatory infiltrates) is TFNH (“progressive FNH”), and<br />

may contain ck7+ bile ductules (adenoma with duct differentiation).<br />

The other variants of HCA have incorporated the rest<br />

of non-classical FNH, and FNH is now represented by the<br />

classical or solid form only. Still, the diagnosis (dx) of TFNH<br />

remains problematic and overlaps FNH.<br />

Case report. Young Italian girl had a twisted pedunculated<br />

liver mass, which was surgically resected in emergency in<br />

1999 at the age of 17. No “pill”, no Fanconi anemia, no<br />

glycogen storage disease, no familial adenomatous polyposis,<br />

no diabetes mellitus was recorded. At histology, based on<br />

the presence of a seeming central scar, dystrophic vessels,<br />

and patchy ductular proliferation, the lesion was diagnosed<br />

as FNH. Peliotic, hemorrhagic and acute necrotic changes<br />

were ascribed to the torsion. At surgery another 3 cm liver<br />

mass located on the dome was noted but left alone till the end<br />

of 2006, by which time had grown to 7 cm. While planning<br />

the second surgical intervention, many slides of the 1 st lesion<br />

were sent in consultation to 7 specialized liver centers, and<br />

diverse dx came out, ranging from FNH to HCA-TFNH type<br />

to classical HCA (w.d. HCC also considered; concern expressed<br />

for the 2 nd ). The 2 nd tumor was resected: no central<br />

scar was seen, the lesion was ill-delimited with some zonation<br />

of clear ballooned hepatocytes with steatosis arranged<br />

around thin-walled venules, alternated with smaller<br />

eosinophilic cells disposed along arterial branches; bile ducts<br />

and ductules were noted; multiple minute hyperplastic nodular<br />

foci of clear/steatotic hepatocytes were also seen in the<br />

adjacent host liver. Slides were sent to 5 of the previous cen-<br />

ters: the dx received from 3 were classic HCA, HCA with<br />

ck7+ biliary ductules, and adenomatous hyperplasia (exclusive<br />

of HCA due to the presence of ductules), repsectively;<br />

no answer from 2. With the previous history available, 2 of<br />

those who answered also suggested the dx of adenomatosis.<br />

Finally, on request 2 more pathologists reviewed the entire<br />

case and the dx were adenomatosis with different types of<br />

HCA (TFNH type and stetatotic-type), and multiple HCA<br />

with duct differentiation (progressive FNH type), respectively.<br />

Of interest one of these interpreted the “central scar” of<br />

the first tumor 5 as the result of socalled congestive hepatopathy.<br />

Results. Malignancy was excluded based on morphology<br />

(absence of atypia, intact reticulin framework, and regular<br />

disposition of 1-2 thick-layered trabeculae) and immunostainings<br />

(Glypican3 was negative, CD34 showed minimal sinusoidal<br />

staining, MIB1 labeled very occasional nuclei).<br />

Conclusions. Given the absence of any significant clinical<br />

context, the final diagnosis was spontaneous multiple adenomas<br />

(adenomatosis). The clinical management is difficult but<br />

requires regular follow-up: removal of larger tumors at risk<br />

of bleeding is recommended.<br />

References<br />

1 Nguyen BN, et al. Am J Sur Pathol 1999;23:1441-54.<br />

2 Paradis V, et al. Gastroenterology 2004;126:1323-9.<br />

3 Bioulac-Sage P, et al. Gastroenterology 2005;128:1211-8.<br />

4 Zucman-Rossi J, et al. Hepatology 2006;43:515-24.<br />

5 Bioulac-Sage, et al. J Hepatol 2007;46:521-7.<br />

Fatal venous systemic air embolism following<br />

endoscopic retrograde<br />

cholangiopacreatography (ERCP). A case<br />

report<br />

M. Bisceglia, A. Simeone * , R. Forlano ** , A. Andriulli ** , A.<br />

Pilotto ***<br />

Departments of Pathology, * Radiology, ** Gastroenterology<br />

and Gastrointestinal Endoscopy, and *** Geriatrics, IRCCS<br />

“Casa Sollievo della Sofferenza” Hospital, San Giovanni<br />

Rotondo, Italy<br />

Introduction. Air embolism (AE) is a rare complication of<br />

gastrointestinal (GI) endoscopy, resulting from penetration of<br />

gas into the portal veins. Risk factors associated with air embolism<br />

in this setting include situations where the mucosa is<br />

damaged or where high pressures are generated in the GI<br />

tract. Thus this complication can be seen in the context of<br />

various pathologies, including acute mesenteric ischemia,<br />

chronic inflammatory GI diseases, GI infections, acute gastric<br />

dilatation, caustic ingestion, superior mesenteric artery<br />

syndrome with duodenal dilatation, ileus, blunt abdominal<br />

trauma, duodeno-caval fistulas, and invasive diagnostic procedures,<br />

such as double-contrast barium enema, endoscopic<br />

sphincterotomy (ES), and ERCP. The likely mechanism by<br />

which ES and ERCP cause AE is intramural dissection of insufflated<br />

air into the portal venous system via venous duodenal<br />

radicles which are inadvertently injured or transected. AE<br />

is an ominous sign and may be fatal (mortality rate of 75%),<br />

but may also be reversible or cured by surgery depending on


POSTERS<br />

the underlying causes. The first case of fatal AE due to ES<br />

was described in 1988 1 , and the first fatal case of systemic<br />

AE due to ERCP was reported in 1997 2 . So far less than 10<br />

cases of AE after ERCP have been reported. An additional<br />

case is described herein.<br />

Case report. We report on an unfortunate 78-year-old male<br />

who developed systemic venous AE during ERCP. This patient,<br />

who many years previously had undergone both gastroduodenal<br />

resection for duodenal ulcer and cholecystectomy<br />

for gallstones, was admitted for recurrent ascending cholangitis<br />

secondary to stones. While undergoing ES and two ER-<br />

CP procedures for the removal of bile duct stones, he was also<br />

diagnosed with CLL. After 3 months, he underwent a 3 rd<br />

operative ERCP for recurrent stones, during which he suffered<br />

a cardiopulmonary arrest. CT scan demonstrated abundant<br />

air in the pulmonary artery, right heart and tributary<br />

veins of both superior and inferior vena cava. Cerebral venous<br />

AE was also found. Autopsy was performed.<br />

Results. Pulmonary artery and right heart AE were confirmed.<br />

The liver was taken out en-bloc and investigated with<br />

both anterograde portography and retrograde suprahepatic<br />

venography via 3 suprahepatic veins. Bench radiographs revealed<br />

reflux of the contrast medium into the biliary tree,<br />

providing evidence for the presence of small veno-biliary fistulas<br />

at both the portal and systemic radicle level. On sectioning<br />

the liver surface was punctuated by many parenchymal<br />

micro-abscesses containing impacted biliary sand and<br />

minute stones, which were histologically confirmed.<br />

Conclusions. The air was thought to have entered the portal<br />

venous system via intrahepatic radicles of both the suprahepatic<br />

and portal veins, which might have undergone perforation<br />

on the background of chronic ischemic damage secondary<br />

to prolonged impaction and infection of the involved<br />

ducts. Air insufflation during cholangioscopy created the gradient<br />

pressure that resulted in portal gas and AE.<br />

References<br />

1 Simmons TC. Am J Gastroenterol 1988;83:326-8.<br />

2 Kennedy C, et al. Gastrointest Endoscop 1997;45:187-8.<br />

HER2/neu overexpression is potentially<br />

involved in midgut carcinoids development<br />

C. Azzoni, L. Bottarelli, N. Campanini, C. Lagrasta, E.<br />

Tamburini, S. Pizzi, T. D’Adda, G. Rindi, C. Bordi<br />

Department of Pathology and Laboratory Medicine, Section<br />

of <strong>Pathologica</strong>l Anatomy, Parma University, Italy<br />

Introduction. HER-2/neu oncogene overexpression and/or<br />

gene amplification has been documented in several human<br />

malignancies, frequently correlates with increased tumor aggressiveness,<br />

and can be used as a basis of treatment with<br />

trastuzumab. Among neuroendocrine neoplasms of the gastrointestinal<br />

tract, the carcinoids of midgut show peculiar<br />

features of malignancy with frequent liver metastases at the<br />

time of diagnosis. Despite recent advances in the diagnosis,<br />

localization, and treatment of these tumors, no etiologic factors<br />

have been proven to be associated with them, little is<br />

known about the molecular determinants of their growth, and<br />

no useful prognostic factors have been identified by molecular<br />

studies.<br />

Methods. We investigated HER-2/neu abnormalities in 24<br />

primary midgut ileal carcinoids including 7 metastatic tissues<br />

and in 38 endocrine carcinomas from other regions of the<br />

215<br />

gastroenteropancreatic (GEP) tract using immunohistochemistry<br />

and fluorescent in situ hybridization (FISH).<br />

Results. In primary ileal carcinoids the percentage of immunoreactive<br />

tumor cells was 100% in 20 cases (84%), ranging<br />

from 70 to 80% in the remaining 4 cases (16%). According<br />

the breast scoring system based on the patterns of membranous<br />

staining 5 cases (21%) showed score 3+; 16 cases<br />

(67%) score 2+ and 3 cases (13%) score 1+. In two cases increased<br />

values were observed in metastasic as compared to<br />

primary tissues with regard to the percentage of immunoreactive<br />

cells and the breast scoring. FISH analysis has revealed<br />

chromosomal polysomy in 7 cases of midgut carcinoid<br />

(35%) all showing immunohistochemic al score 3+. No<br />

gene amplification was found in all immunoreactive tumors.<br />

The majority of 38 endocrine tumors from other GEP regions<br />

were consistently unreactive for HER-2/neu, with the exception<br />

of 6 (16%) cases showing a weak immunoreactivity and<br />

with a high significant statistical difference (p < 0.000000) as<br />

compared with midgut carcinoids.<br />

Conclusions. These results show that HER-2/neu overexpression<br />

may be involved) in the carcinogenetic process of<br />

malignant ileal carcinoids. Further study are needed to evaluate<br />

if patients exhibiting HER-2/neu overexpression might<br />

constitute potential candidates for adjuvant therapy based on<br />

the use of humanized monoclonal antibodies.<br />

Cisti linfoepiteliale del pancreas con<br />

differenziazione sebacea<br />

M. Casiello, G. Napoli, R. Scamarcio, G. Renzulli, R.<br />

Ricco<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica, Policlinico di Bari<br />

Introduzione. Le cisti linfoepiteliali rappresentano una rara<br />

variante delle cisti pancreatiche, morfologicamente simili alle<br />

cisti derivanti dai residui della tasca branchiale.<br />

Metodi. Uomo di 64 anni con ittero ostruttivo e pregressa<br />

pancreatite acuta. Sottoposto ad indagini strumentali (TC ed<br />

ecografia) si apprezza, in corrispondenza del corpo-coda del<br />

pancreas, processo espansivo a densità fluida, diametri 6 x 5<br />

cm. Eseguito esame citologico su agoaspirato con esito non<br />

diagnostico per la presenza esclusivamente di materiale necrotico.<br />

Al tavolo operatorio la neoformazione pancreatica risultò<br />

una formazione cistica a contenuto poltaceo. Effettuato<br />

esame intraoperatorio di un frammento della parete della cisti<br />

la diagnosi risultò negativa (frammento fibroconnettivale<br />

parzialmente rivestito da elementi cellulari coartati. Assenza<br />

di cellule maligne). Il paziente fu sottoposto ad intervento di<br />

pancreasectomia parziale (corpo-coda) e splenectomia.<br />

Risultati. L’esame macroscopico evidenziò formazione cistica<br />

multiloculata del pancreas, diametro 4 cm, contenenti materiale<br />

poltaceo. All’esame microscopico le cisti apparivano<br />

rivestite da epitelio pavimentoso composto cheratinizzante,<br />

con focale differenziazione sebacea, e con stroma linfoide<br />

spesso aggregato in centri germinativi.<br />

Conclusioni. Le cisti linfoepiteliali pancreatiche probabilmente<br />

si sviluppano a partire da dotti pancreatici protrudenti<br />

in linfonodi o da milza accessoria intrapancreatica. In tal caso<br />

si potrebbero correlare anatomicamente e patogeneticamente<br />

alle cisti linfoepiteliali derivate da residui della tasca<br />

branchiale della testa, del collo e del mediastino.


216<br />

Descrizione di un caso di carcinosi meningea<br />

isolata in un paziente affetto da<br />

adenocarcinoma pancreatico<br />

V. Arena, G. Monego * , E. Arena, E. Stigliano, F. De Giorgio<br />

** , P. Bertoglio, A. Capelli<br />

Istituto di Anatomia Patologica; * Istituto di Anatomia Umana;<br />

** Istituto di Medicina Legale<br />

Introduzione. La carcinomatosi meningea ad origine da neoplasie<br />

del tratto gastroenterico è clinicamente infrequente e<br />

stando ad in letteratura esistono solo due casi di carcinomatosi<br />

meningea secondaria ad adenocarcinoma pancreatico<br />

(1979 e 2001) 1 2 . In entrambi, però non si trovano mai descritti<br />

i caratteri istopatologici della neoplasia né vi è cenno<br />

alla morfologia degli elementi osservati a livello meningeo.<br />

Metodi. Descriviamo di seguito un caso di carcinomatosi<br />

meningea da adenocarcinoma del pancreas in un paziente di<br />

59 anni che giungeva all’osservazione clinica per una recente<br />

storia di perdita di peso e senso di stanchezza, associato ad<br />

iniziali parestesie agli arti. Durante il ricovero il paziente vedeva<br />

un rapido peggioramento delle condizioni cliniche con<br />

un aggravamento dello status neurologico fino al coma. Un<br />

esame del liquor mostrava la presenza di elementi ad anello<br />

con castone, ma la negatività della TAC total body non ha<br />

consentito di poter fornire una diagnosi di primitività in vita.<br />

Il paziente decedeva dopo un mese di ricovero in rianimazione<br />

per una sovrapposta infezione polmonare da Candida e veniva<br />

richiesto un riscontro diagnostico. L’esame macroscopico<br />

non fu dirimente, si apprezzò soltanto un pancreas di consistenza<br />

diffusamente aumentata, con un aspetto compatto a<br />

livello della testa, ma non vi era comunque l’evidenza franca<br />

di una lesione ben definibile in tale sede. Vennero pertanto<br />

effettuati multipli prelievi randomizzati. Istologicamente il<br />

quadro è apparso quello di un adenocarcinoma ben differenziato,<br />

con pattern di crescita tubulo-acinare con immagini di<br />

franca invasione perineurale. Focalmente si potevano osservare<br />

isolate mitosi atipiche. L’esame dell’encefalo ha poi<br />

confermato la carcinosi fenotipicamente compatibile con l’origine<br />

pancreatica (Muc1, CK 19, CEA).<br />

Risultati e conclusioni. Il caso da noi presentato rappresenta<br />

il terzo in letteratura di carcinosi meningea isolata da carcinoma<br />

del pancreas ed il primo con la definizione dell’istotipo.<br />

Seppure tali casi rappresentino episodi isolati e decisamente<br />

molto rari, riteniamo che la loro segnalazione abbia un<br />

ruolo importante per la loro esatta caratterizzazione nosologica.<br />

Bibliografia<br />

1. Fisher MA, et al. South Med J 1979;72:930-2.<br />

2. Ferreira Filho AF, et al. Amm Oncol 2001;12:1757-9.<br />

Metaplasia ossea in adenocarcinoma del<br />

colon destro. Case report<br />

M. Bonucci, E.D. Rossi, E. Restini * , B. Santoro * , M.<br />

Buonvino *<br />

Servizio Anatomia Patologica, Casa di Cura “San Feliciano”,<br />

Roma; * Dipartimento Chirurgia Generale, Mininvasiva<br />

e Robotica, Città di Bari Hospital<br />

Introduzione. L’ossificazione eterotopica nel tratto gastrointestinale<br />

è un evento raro. Nella maggior parte dei casi la me-<br />

POSTERS<br />

taplasia ossea è associata a neoplasia ed il retto che è il più<br />

comune sito di ossificazione.<br />

Metodi. Viene riportato il caso di una donna di 76 anni con<br />

neoformazione del colon destro conglobante le anse ileali.<br />

Risultati. L’esame istologico metteva in evidenza un adenocarcinoma<br />

mucinoso scarsamente differenziato con presenza<br />

di spicole ossee ben differenziate indovate nell’abbondante<br />

muco. Era presente diffusa infiltrazione neoplastica nel tessuto<br />

adiposo pericolico con interessamento ab estrinseco della<br />

parete ileale fino alla mucosa, con metastatizzazione linfonodale.<br />

Conclusioni. L’ossificazione eterotopica nell’adenocarcinoma<br />

del tratto gastrointestinale è rara. La localizzazione nel<br />

colon destro è la meno frequente. La presentazione clinica è<br />

simile alle neoplasie senza metaplasia ossea. La conoscenza<br />

di questo evento è importante per non diagnosticare un carcinosarcoma.<br />

L’esatto meccanismo patogenetico della ossificazione<br />

non è ben conosciuto. Lo stravaso di mucina potrebbe<br />

avere un ruolo di stimolo metaplastico sui fibroblasti. La prognosi<br />

di questi pazienti è peggiore: ampia diffusione alla scoperta<br />

e frequente metastatizzazione. Nel nostro caso la paziente<br />

oltre ad avere metastasi linfonodali presentava una diffusione<br />

massiva nel peritoneo.<br />

I tumori cistici sierosi del pancreas: un<br />

approccio multidisciplinare<br />

A.L. Tosi, L. Maccio, S. Lega, E. Montinari, G.N. Martinelli<br />

UU.OO. Anatomia Patologica, Ospedale “Sant’Orsola”,<br />

Bologna<br />

Introduzione. I tumori cistici sierosi del pancreas sono prevalentemente<br />

neoplasie benigne e rari sono i casi con potenziale<br />

maligno. Sono frequenti soprattutto in donne di età<br />

compresa tra i 62-65 anni, hanno una presentazione per lo più<br />

asintomatica e se ne differenziano tre varianti: microcistico<br />

(70%), oligocistico (25%) e solido (5%). Scopo del nostro lavoro<br />

è sottolineare come un approccio multidisciplinare permetta<br />

di discriminare tra le neoplasie che necessitano di un<br />

approccio chirurgico, e quelle invece da monitorare clinicamente.<br />

Metodi. Sono stati esaminati retrospettivamente i caratteri<br />

anatomo-clinici e di diagnostica per immagini di 26 pazienti<br />

con tumore cistico sieroso pancreatico, dal gennaio 1990 al<br />

dicembre 2006 assunti presso la nostra UU.OO. ed in particolare:<br />

1) clinica: asintomaticità vs. sintomaticità (alterazione<br />

della silhouette addominale, dolore addominale cronico,<br />

dispepsia); 2) esami radiologici (US e TC) che valutano la localizzazione,<br />

le dimensioni della lesione, il numero delle cisti<br />

(> 6 nel microcistico), il loro diametro (< 20 mm nel microcistico,<br />

> 20 mm nell’oligocistico), la presenza di setti e<br />

calcificazioni centrali; 3) valutazione patologica: macroscopica<br />

e microscopica, che individua la presenza di cellule cuboidali,<br />

ricche di glicogeno intracitoplasmatico, con nuclei<br />

piccoli e rotondi, abbondante cromatina ipercromica e setti di<br />

tessuto connettivo acellulato. È stato infine valutato l’andamento<br />

clinico fra i casi operati vs. i casi non operati.<br />

Risultati. In funzione della sede i tumori si trovavano, nel<br />

54% a livello corpo-coda, nel 46% a livello della testa; il diametro<br />

massimo era di 5,6 mm. Il 77% dei pazienti è stato sottoposto<br />

a chirurgia ed in questo gruppo il diametro medio<br />

della lesione era di 6,7 mm. Durante il follow-up non si è


POSTERS<br />

avuta evoluzione maligna o un significativo aumento delle<br />

dimensioni delle lesioni né sui casi trattati chirurgicamente,<br />

né sui casi non trattati chirurgicamente, ma monitorati con<br />

US e TC.<br />

Conclusioni. La nostra esperienza multidisciplinare dei tumori<br />

cistici sierosi del pancreas, mettendo in correlazione i<br />

dati clinici, radiologici, anatomo-patologici, il follow-up e<br />

associandoli ad una ridotta capacità di crescita volumetrica e<br />

una quasi assente potenzialità maligna, suggerisce che, nei<br />

casi di pazienti asintomatici, con distintivi caratteri di diagnosi<br />

per immagini e che non presentino alterazioni della<br />

funzione pancreatica, risulti avere successo l’approccio di<br />

sorveglianza clinico/radiologica.<br />

Caratterizzazione dei recettori per la<br />

somatostatina (SSTR2A) nei tumori<br />

neuroendocrini dell’apparato digerente<br />

S. Lega, E. Montinari, A.L. Tosi, L. Maccio, G.N. Martinelli<br />

UU.OO. Anatomia Patologica, Ospedale “Sant’Orsola”,<br />

Bologna<br />

Introduzione. I tumori neuroendocrini gastro-entero-pancreatici<br />

(TNE-GEP) sono neoplasie sporadiche ed eterogenee<br />

che originano dalle cellule del sistema neuroendocrino. La<br />

somatostatina ed i suoi recettori (SSTR) rappresentano un<br />

importante “pathway” molecolare in quanto altamente<br />

espressi nelle cellule neuroendocrine e anche nella maggior<br />

parte dei TNE-GEP, in particolare gli SSTR2A sono maggiormente<br />

rappresentati 1 . Scopo del nostro studio è valutare<br />

e comparare l’espressione IIC di SSTR-2A in una serie di<br />

TNE-GEP al fine di caratterizzarne: la distribuzione in funzione<br />

della sede, l’espressione correlandola con il dato anatomoclinico<br />

funzionale ed immunofenotipico al fine di poter<br />

trasferire i risultati nella pratica clinica come markers di terapia<br />

target.<br />

Metodi. A tale scopo 50 casi non selezionati di TNE-GEP osservati,<br />

presso l’UO Anatomia Patologica nel periodo 2002-<br />

2006, sono stati esaminati; di tutti si è valutata l’espressione<br />

IIC sia citoplasmatica che di membrana dei recettori SSTR-<br />

2A mediante l’utilizzo di un anticorpo policlonale da coniglio<br />

anti-SSTR2A diluito 1:12.000 (Biotrend GmbH, Im Technologiezentrum<br />

Koln, Germania).<br />

Risultati. La maggior parte dei TNE da noi esaminati (47 casi<br />

su 50 casi) ha mostrato una positività di membrana con<br />

score variabile (1+ vs. 3+), mentre una minoranza (20 casi su<br />

50 casi) una positività citoplasmatica con score variabile (1+<br />

vs. +/-).<br />

Conclusioni. In conclusione, il nostro studio conferma la fattibilità<br />

di una valutazione IIC dei SSTR2A nei TNE-GEP in<br />

materiale d’archivio come valida alternativa di facile esecuzione<br />

rispetto a tecniche più complesse. Una reattività di<br />

membrana e/o citoplasmatica è indicativa di tumori positivi<br />

anche se lo score di espressione per la selezione di un paziente<br />

eleggibile per una terapia target deve essere meglio<br />

stabilita su più ampie casistiche. L’implementazione routinaria<br />

della caratterizzazione IIC di SSTR2A necessita tuttavia<br />

di più accurati metodi di standardizzazione.<br />

Bibliografia<br />

1 Reubi JC. Peptide Receptors as Molecular Targets for Cancer Diagnosis<br />

and Therapy. Endocrine Rev 2003;24:389-427.<br />

Occlusione intestinale da endometriosi del<br />

sigma con coinvolgimento linfonodale, in età<br />

avanzata<br />

L. Ventura, M. De Vito<br />

U.O. di Anatomia Patologica, ASL 4, Ospedale “San Salvatore”,<br />

L’Aquila<br />

Introduzione. L’endometriosi colpisce principalmente donne<br />

in età fertile, localizzandosi usualmente agli organi pelvici.<br />

Il coinvolgimento di organi extrapelvici è meno frequente,<br />

mentre l’estensione della malattia ai linfonodi regionali risulta<br />

estremamente rara 1 2 .<br />

Presentiamo un caso di endometriosi del sigma con coinvolgimento<br />

linfonodale, in una paziente anziana affetta da occlusione<br />

intestinale.<br />

Metodi. Una donna di 74 anni giungeva presso il nostro presidio<br />

ospedaliero presentando un quadro di addome acuto da<br />

occlusione intestinale. Veniva quindi sottoposta in urgenza ad<br />

intervento chirurgico di resezione del sigma.<br />

Il campione operatorio era fissato in formalina, campionato e<br />

processato per ottenere colorazioni istochimiche ed immunoistochimiche.<br />

Risultati. L’esame macroscopico mostrava una stenosi viscerale<br />

della lunghezza di 2,5 cm con presenza di formazioni<br />

microcistiche nello spessore della parete e dilatazione del<br />

tratto viscerale a monte.<br />

A livello istologico era possibile osservare ghiandole endometriali<br />

atrofiche con scarso stroma estese dalla sottomucosa<br />

alla sottosierosa, con ipertrofia della muscolare propria. Focolai<br />

endometriosici erano presenti nella corticale sottocapsulare<br />

in uno degli undici linfonodi periviscerali esaminati.<br />

Conclusioni. Tra le diverse sedi addominali il rettosigma costituisce<br />

la localizzazione più frequente dell’endometriosi 1 .<br />

In letteratura, la presenza di coinvolgimento linfonodale è<br />

stata descritta in 4 casi di endometriosi del retto-sigma 1 2 ,<br />

ipotizzando un meccanismo di trasporto del tessuto endometriale<br />

attraverso i vasi linfatici 1 .<br />

L’endometriosi del grosso intestino deve essere distinta dall’adenocarcinoma,<br />

specialmente in caso di lesioni polipoidi<br />

ed estese ai linfonodi. Nel caso in esame, i criteri istoarchitetturali,<br />

l’assenza di attività proliferativa e le alterazioni<br />

atrofiche osservate nei focolai endometriosici hanno consentito<br />

di escludere la malignità anche in presenza di estensione<br />

linfonodale.<br />

L’ipertrofia della muscolare propria e la distribuzione circonferenziale<br />

dei focolai endometriosici possono aver causato lo<br />

sviluppo del quadro ostruttivo.<br />

Bibliografia<br />

1 Insabato L, et al. Path Res Pract 1996;192:957-61.<br />

2 Lorente Poyatos R, et al. Gastroenterol Hepatol 2003;26:23-5.<br />

217<br />

Valutazione dell’espressione del fattore di<br />

trascrizione SOX9 nei carcinomi gastrici<br />

E. Pilozzi, L. Santoro, E. Duranti, M.C. Giustiniani, A.<br />

Stoppacciaro, L. Ruco<br />

Istopatologia, Ospedale “Sant’Andrea”, II Facoltà di Medicina<br />

e Chirurgia, Università di Roma “La Sapienza”<br />

Introduzione. SOX9 è un fattore di trascrizione che fa parte<br />

di una famiglia genica (SRY-like HMG box genes) che com-


218<br />

prende circa 20 geni con un ruolo chiave in processi di sviluppo<br />

e differenziazione embrionale. Recentemente è stata riportata<br />

l’espressione di SOX9 nelle cellule epiteliali intestinali<br />

delle cripte che rappresentano il compartimento staminale<br />

e proliferativo. È stato dimostrato che l’espressione di<br />

SOX9 in queste cellule è dipendente dal pathway Wnt-βcatenina-TCF4.<br />

È stato inoltre dimostrato che in linee cellulari di<br />

carcinoma del colon l’iper-espressione di SOX9 reprime l’espressione<br />

di CDX2. Il carcinoma gastrico nella maggior parte<br />

dei casi si sviluppa nel contesto di una gastrite cronica<br />

atrofica con metaplasia intestinale. Lo scopo del nostro lavoro<br />

era quello di valutare l’espressione di SOX9 nella metaplasia<br />

intestinale gastrica e nei carcinomi gastrici ed il rapporto<br />

con l’attivazione del pathway Wnt-β-catenina-TCF4.<br />

Metodi. Abbiamo valutato tramite immunoistochimica l’espressione<br />

di SOX9, β-catenina e CDX2 in 21 casi di carcinomi<br />

gastrici (21 M, 10F; 39-86 anni) di cui 15 di tipo intestinale<br />

e 6 di tipo diffuso sec. Lauren.<br />

Risultati. SOX9 era espresso nelle ghiandole intestinali metaplastiche<br />

con la stessa distribuzione delle ghiandole intestinali<br />

normali. In 12/21 carcinomi gastrici abbiamo osservato<br />

una positività nucleare di SOX9 > 60% delle cellule neoplastiche<br />

ed indipendentemente dall’istotipo. Nella maggior parte<br />

dei casi la positività di SOX9 era confinata alla periferia<br />

dei nidi neoplastici e agli emboli. CDX2 era espresso in circa<br />

il 70% dei carcinomi gastrici in una percentuale variabile<br />

di cellule. In 5/21 casi abbiamo osservato una dissociazione<br />

tra l’espressione di CDX2 e quella di SOX9 nelle diverse<br />

aree della neoplasia. L’espressione nucleare di β-catenina era<br />

presente in 7/21 (30%) casi. Non abbiamo osservato una relazione<br />

tra l’espressione di SOX9 e quella di β-catenina nucleare.<br />

Conclusioni. Il nostro è il primo lavoro che dimostra che il<br />

fattore di trascrizione SOX9 è espresso nelle ghiandole intestinali<br />

metaplastiche dello stomaco e nei carcinomi gastrici.<br />

Contrariamente a quanto osservato nel carcinoma del colon,<br />

i nostri dati mostrano che nel carcinoma gastrico non c’è una<br />

diretta correlazione tra l’espressione nucleare di β-catenina e<br />

quella di SOX9, suggerendo un diverso meccanismo di controllo<br />

dell’espressione di questo gene.<br />

Un caso di melanoma maligno a sede anale<br />

A. Labate, M. Mamo, D. Cuppari, M. Sterrantino, P. Napoli<br />

S.C. Anatomia Patologica, Azienda Ospedale “Piemonte”,<br />

Messina<br />

Introduzione. Il melanoma anale è una neoplasia rara, costituendo<br />

lo 0,4-0,8% di tutte le lesioni maligne; l’1-3% di tutti<br />

i tumori in sede ano-rettale e lo 0,5-1% di tutti i melanomi.<br />

La massima incidenza si rileva tra la VI e VII decade di vita<br />

e colpisce entrambi i sessi con uguale frequenza presentando<br />

una maggiore incidenza nella razza bianca.<br />

Case report. Riportiamo un caso di melanoma anale in un<br />

soggetto di sesso maschile di 69 anni sottoposto a colonscopia<br />

per frequenti rettorragie e per l’evidenza all’esame ispettivo<br />

di una tumefazione mal delimitabile a circa 3 cm dalla<br />

rima anale. L’esame endoscopico ha messo in evidenza una<br />

lesione esofitica, apparentemente infiltrante di colorito bruno,<br />

microulcerata, che è stata bioptizzata. I frammenti della<br />

lesione pervengono alla nostra attenzione per la valutazione<br />

istologica e immunoistochimica. Ci sono successivamente<br />

pervenuti linfonodi inguinali e liquido di versamento.<br />

Materiali e metodi. Il materiale pervenuto è stato processato<br />

come di routine e la lesione anale è stata valutata in microscopia<br />

ottica ed in immunoistochimica (HMB45, Ckpan,<br />

e CD20).<br />

Risultati. Microscopia ottica: i vari frammenti di mucosa del<br />

canale anale presentano a ridosso della giunzione dermo-epidermica<br />

una neoformazione ad alta densità cellulare costituta<br />

da elementi poligonali di medie dimensioni, coesivi, con<br />

nuclei voluminosi con nucleoli prominenti e ampi citoplasmi<br />

con fine granulia. La lesione appare sepimentata da fini fasci<br />

fibrosi. Immunoistochimica: la neoformazione risulta intensamente<br />

positiva per HMB45 e negativa per Ckpan e CD20.<br />

L’esame citologico effettuato sul versamento metteva in evidenza<br />

un fondo intensamente ematico-granulocitario con presenza<br />

di rare cellule epiteliomorfe senza aspetti atipici; l’esame<br />

dei linfonodi inguinali non ha messo in evidenza ripetizioni<br />

metastatiche.<br />

Conclusioni. I melanomi anali sono particolarmente rari, generalmente<br />

danno metastasi ai linfonodi loco-regionali e costituiscono<br />

una importante causa di mortalità per la loro prognosi<br />

rapidamente infausta. La sopravvivenza media è intorno<br />

ai 25-28 mesi con una percentuale globale del 10% a 5 anni.<br />

La lesione giunta alla nostra osservazione è stata tipizzata<br />

in base alle caratteristiche morfologiche e immunoistochimiche<br />

come melanoma maligno del canale anale. Nel caso<br />

giunto alla nostra osservazione, il paziente è stato successivamente<br />

sottoposto a colectomia sec. Miles e decedeva a 18<br />

mesi dalla diagnosi.<br />

Bibliografia<br />

Ben-Izkako et al. Histopathology 2002;41:519-25.<br />

POSTERS<br />

Espressione di EGFR e timidilato sintetasi nel<br />

carcinoma rettale: correlazioni anatomocliniche<br />

e significato prognostico<br />

R. Del Sordo, A. Cavaliere, M. Lupattelli * , G. Bellezza, R.<br />

Colella, F. Cartaginese, C. Aristei * , L. Draghini * , A. Sidoni<br />

Istituto di Anatomia e Istologia Patologica, Università di Perugia;<br />

* Radioterapia Oncologica, Azienda Ospedaliera, Perugia<br />

Introduzione. Il recettore del fattore di crescita epidermico<br />

(EGFR) e la timidilato sintetasi (TS) sono stati ampiamente<br />

studiati nel carcinoma colon-rettale ai fini prognostici e predittivi.<br />

L’EGFR è espresso ad alti livelli nel 25-77% dei carcinomi<br />

del colon-retto associandosi ad una prognosi sfavorevole<br />

1 e a radioresistenza. La TS, enzima coinvolto nella sintesi<br />

del DNA, è intensamente espressa nel 30-70% dei carcinomi<br />

colon-rettali e, sebbene riconosciuta come fattore prognostico<br />

indipendente 2 , resta da definire il suo ruolo predittivo<br />

di sensibilità ad antimetaboliti quali il 5-fluorouracile.<br />

Lo scopo di questo studio è quello di valutare il significato<br />

prognostico dell’espressione di EGFR e della TS in una casistica<br />

di carcinomi del retto trattati con chirurgia radicale e<br />

con chemio-radioterapia adiuvante.<br />

Metodi. Sono stati reclutati 120 pazienti con adenocarcinoma<br />

del retto in stadio II-III sottoposti a chirurgia radicale e successiva<br />

chemio-radioterapia adiuvante. Il follow-up medio è<br />

stato di 103 mesi (range 6-196 mesi). L’espressione di EGFR e<br />

della TS è stata determinata con metodica immunoistochimica<br />

valutando semiquantitativamente la percentuale di cellule positive<br />

e l’intensità dell’immunomarcatura. Il livello di espressione<br />

è stato correlato con i principali parametri anatomo-cli-


POSTERS<br />

nici: sesso, età, grado di differenziazione, stadio, sopravvivenza<br />

globale e sopravvivenza libera da malattia.<br />

Risultati. L’espressione di EGFR e di TS è risultata alta rispettivamente<br />

nel 31% e nel 61% dei casi. Nel 15% dei casi<br />

si è osservata una coespressione di EGFR e TS ad alti livelli.<br />

Non sono state dimostrate correlazioni statisticamente significative<br />

tra livello di espressione di EGFR e sesso, età, grado<br />

di differenziazione, stadio, sopravvivenza globale e sopravvivenza<br />

libera da malattia.<br />

I tumori in stadio più avanzato, hanno mostrato livelli di TS<br />

tendenzialmente più elevati.<br />

La coespressione di EGFR e TS sembra associarsi a neoplasie<br />

più aggressive.<br />

Conclusioni. I risultati ottenuti mostrano che il diverso livello<br />

di espressione di EGFR, quando valutato singolarmente,<br />

non correla significativamente con i vari parametri anatomoclinici<br />

da noi considerati. La sua coespressione con la TS<br />

sembrerebbe invece influenzare la prognosi del carcinoma<br />

rettale. La contraddittorietà dei dati riportati in letteratura è<br />

probabilmente legata ai diversi sistemi di valutazione utilizzati<br />

per interpretare l’espressione immunoistochimica, pertanto<br />

è auspicabile analizzare questi biomarcatori su casistiche<br />

più ampie utilizzando sistemi standardizzati e facilmente<br />

riproducibili.<br />

Bibliografia<br />

1 Kopp R, et al. Dis Colon Rectum 2003;46:1931-9.<br />

2 Edler, et al. J Clin Oncol 2002;20:1721-8.<br />

CBX7 nel carcinoma del colon-retto: un<br />

possibile marker prognostico?<br />

M. Guerriero * , L. Terracciano ** *** , V. Carafa *** , A. Lugli<br />

*** , D. Baumhoer *** , P.L. Pallante **** , S. Sacchetti **** , A.<br />

Ferraro **** , A. Fusco **** , L. Tornillo ***<br />

* U.O.C. Anatomia Patologica, Università Cattolica del Sacro<br />

Cuore, Centro di Ricerca e Formazione ad Alta Tecnologia<br />

nelle Scienze Biomediche “Giovanni Paolo II”, Campobasso;<br />

** Dipartimento di Scienze della Salute, Università del<br />

Molise, Campobasso; *** Istituto di Patologia, Università di<br />

Basilea, Svizzera; **** Dipartimento di Patologia Cellulare e<br />

Molecolare “Luigi Califano”, Università ‘Federico II”, Napoli<br />

Introduzione. Due “pathways” molecolari sono stati identificati<br />

nella genesi del carcinoma del colon-retto (CRC). Il<br />

primo (MSS) è caratterizzato dall’inattivazione di geni soppressori<br />

(APC, p53), il secondo (MSI) dall’inattivazione (genetica<br />

o epigenetica) delle proteine che controllano la riparazione<br />

del DNA. Le proteine Polycomb sono importanti per il<br />

controllo del destino cellulare e dell’apoptosi. CBX7 è parte<br />

del “Polycomb repressive complex 1” che riveste probabilmente<br />

un ruolo importante nella genesi di vari tipi tumorali 1 .<br />

Scopi. Abbiamo studiato l’espressione di CBX7 in CRC con<br />

lo scopo di identificare il suo possibile ruolo nella genesi di<br />

CRC e evidenziarne il possibile significato prognostico.<br />

Metodi. Abbiamo effettuato l’analisi immunoistochimica e<br />

FISH per CBX7 su un “tissue microarray” (TMA) 2 costitutito<br />

da 1406 CRCs. I risultati dell’immunoistochimica sono<br />

stati successivamente confermati da RT-PCR semiquantitativa<br />

e “real time”.<br />

Risultati. Nell’analisi immunoistochimica, il CBX7 è risultato<br />

espresso in 84,8% dei casi. La perdita dell’espressione<br />

correlava con la categoria pT (p = 0,0013) e con il tipo di cre-<br />

scita del tumore (p = 0,0064). Nell’analisi univariata la perdita<br />

di CBX7 correlava con ridotta sopravvivenza (p =<br />

0,0056). Nell’analisi FISH, 128 casi (12,3%) sono risultati<br />

“anormali” (polisomici o amplificati). Nell’analisi univariata,<br />

i casi polisomici e/o amplificati hanno mostrato una sopravvivenza<br />

più lunga (p = 0,0090). Nell’analisi multivariata<br />

insieme a pT e pN, i risultati erano al limite della significatività<br />

(p = 0,0543). Restringendo l’analisi solo ai tumori di tipo<br />

MSS, la presenza di amplificazione correlava con migliore<br />

sopravvivenza, sia nell’analisi univariata (p = 0,0017) che<br />

nella multivariata (p = 0,0094; RR 0,145). La RT-PCR ha<br />

mostrato riduzione dell’espressione di CBX7 in CRC rispetto<br />

al colon normale con un rapporto da -2,1 a -13,0 (media -<br />

4,8).<br />

Conclusioni. La riduzione dell’espressione di CBX7 è probabilmente<br />

legata alla prognosi. Alterazioni genomiche (amplificazione<br />

e/o polisomia) sono almeno in parte coinvolti<br />

nell’iperespressione della proteina, un meccanismo la cui importanza<br />

è stata già dimostrata in altri tipi tumorali 3 . La reintegrazione<br />

dell’attività di CBX7 potrebbe essere una strategia<br />

terapeutica in sottogruppi di CRC.<br />

Bibliografia<br />

1 Gil J, et al. DNA Cell Biol 2005;24:117-25.<br />

2 Tornillo L, et al. Am J Clin Pathol 2007;127:114-23.<br />

3 Holst F, et al. Nat Genet 2007;39:655-60.<br />

219<br />

hENT1 protein expression in ampullary<br />

adenocarcinoma<br />

G. Perrone, D. Santini * , G. Tonini * , S. Morini ** , C. Rabitti<br />

Anatomia Patologica, * Oncologia Medica, ** Anatomia<br />

Umana, Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di<br />

Roma, Italia<br />

Introduction. Gemcitabine is a reasonable alternative to best<br />

supportive care in the treatment of biliary tract cancers and it<br />

has assumed increasing importance in the therapy of ampullary<br />

carcinomas. Efficient cellular uptake of gemcitabine<br />

requires the presence of plasma membrane nucleoside transporter<br />

(NT) proteins 1 . hENT1 is an ubiquitous nucleoside<br />

transporter protein and is the major means by which gemcitabine<br />

enters human cells 2 .<br />

Materials and methods. 41 ampullary carcinomas were<br />

classified according to TNM system and morphological histotypes.<br />

H-ENT1 was evaluated by immunohistochemistry.<br />

Staining was graded as absent (0), positive but less intense<br />

than internal control tissue (lymphocytes) (1+), positive like<br />

internal control tissue (2+), positive, more intense than internal<br />

control tissue (3+). The samples with regions of varying<br />

staining intensities of hENT1 were scored and the percentages<br />

of each staining intensity were recorded. Finally, tumours<br />

with an intensity staining of 2+ and 3+ in ≥ 50% of the<br />

tumour cells were considered as high expression of hENT1.<br />

Results. A positive statistical correlation was found between<br />

T and N factor (p = 0.001). Morphologically, we found<br />

49.3% intestinal-type carcinomas, 34.1% pancreaticobiliarytype<br />

carcinomas and 17.1% “unusual type” carcinomas.<br />

63.4% ampullary carcinomas showed high hENT1 expression.<br />

85% intestinal, 50% pancreaticobiliary and 28.6% unusual<br />

type carcinomas were positive for ENT-1. A statistical<br />

difference was found between intestinal vs. pancreaticobiliary<br />

type (p = 0.03) and between intestinal vs. unusual types


220<br />

(p = 0.006) in terms of h-ENT1 expression. No difference<br />

was found between pancreaticobiliary and unusual types (p =<br />

0.36).<br />

Conclusions. Our findings demonstrated that a portion of<br />

ampullary adenocarcinomas showed high expression of<br />

hENT-1 protein suggesting that it should have a high probability<br />

to respond to gemcitabine-based chemotherapy. An elevated<br />

percentage of intestinal type showed a high hENT-1<br />

expression providing the rational for clinical studies aimed to<br />

examine the efficacy of gemcitabina for the treatment of this<br />

type of ampullary carcinoma. Furthermore, the significant<br />

statistical difference found in terms of hENT-1 expression<br />

between pancreaticobiliary vs. intestinal type suggests that<br />

these two histotypes of ampullary carcinomas have different<br />

molecular biological characteristics and supports the concept<br />

of histogenetically different types of ampullary carcinomas.<br />

References<br />

1 Baldwin SA, et al. Mol Med Today 1999;5:216-24.<br />

2 Mackey JR, et al. Cancer Res 1998;58:4349-57.<br />

Reliability and reproducibility of edmondson<br />

grading of hepatocellular carcinoma on<br />

paired core biopsy and surgical resection<br />

specimens<br />

M. Leutner, M. Pirisi * , L. Carsana, C. Smirne * , C. Avellini<br />

** , L. Sala * , R. Boldorini<br />

Anatomia Patologica e * Epatologia Ospedale di Novara; **<br />

Anatomia Patologica, Polo Sanitario Udinese<br />

Background. Hepatocellular carcinoma (HCC) is routinely<br />

graded by the Edmondson scoring system (ES), described, in<br />

the 1950s, on autopsy specimens. We aimed to verify the reliability<br />

of ES in core biopsy specimens and the reproducibility<br />

of its estimate between different pathologists.<br />

Methods. Paired biopsy and surgical specimens obtained<br />

from 40 HCC patients were retrieved by pathology records<br />

in two hospitals. The single inclusion criterion was the<br />

availability of both a core biopsy specimen, obtained at<br />

least three months before surgical resection of the tumour,<br />

and a paired surgical specimen, evaluated by two experienced<br />

pathologists. Inter- and intra-rater agreement of ES<br />

was measured by kappa statistics and defined as poor (K ≤<br />

0.00), slight (K 0.01-0.20), fair (K 0.21-0.40), moderate (K<br />

0.41-0.60), substantial (K 0.61-0.80) and almost perfect (K<br />

≥ 0.81).<br />

Results. Both pathologists scored significantly lower ES<br />

grades in the biopsy than in the surgical specimens (p <<br />

0.001). In the evaluation of biopsies, the number of observed<br />

agreements between pathologists was 32.5%, in comparison<br />

to 31.1% expected by chance alone (K = 0.021). Collapsing<br />

ES into only two categories (low-grade, ES I-II; and highgrade,<br />

ES III-IV), the number of observed agreements raised<br />

to 82.5%, in comparison to 78.5% expected by chance (K =<br />

0.186). The number of observed agreements between pathologists<br />

on surgical specimens was 52.5%, in comparison to<br />

40.7% expected by chance (K = 0.199). Collapsing ES into<br />

the two categories above, the number of observed agreements<br />

was 62.5%. The number of agreements expected by chance<br />

alone was 48.3% (K = 0.275). The number of observed<br />

agreements by the same pathologist, when grading similarly<br />

biopsy and corresponding surgical specimens, were 50.0%<br />

POSTERS<br />

and 35.0%, respectively for pathologist #1 and #2. The numbers<br />

of agreements expected by chance were 47.0% (K =<br />

0.057) and 29.5% (K = 0.078), respectively. Collapsing ES as<br />

above did not improve the strength of agreement.<br />

Conclusions. ES grading is underestimated in core biopsy<br />

specimens when compared to grading in surgical specimens;<br />

moreover, inter-rater disagreement is substantial.<br />

Metastasi di carcinoma mammario in GIST<br />

gastrico ad alto rischio con pleomorfismo<br />

cellulare<br />

A. De Chiara, G. Botti, R. Franco, S.N. Losito, E. Fontanella,<br />

V. De Rosa * , V.R. Iaffaioli ** , P. Marone *** , R. Palaia<br />

**** , A.P. Dei Tos *****<br />

S.C. Anatomia Patologica, * S.C. Radiodiagnostica, ** S.C.<br />

Oncologia Medica B, *** S.C. Diagnostica e Terapia Endoscopica,<br />

**** S.C. Chirurgia Oncologica C, I.N.T. Napoli,<br />

***** S.C. Anatomia Patologica USSL 9 Treviso<br />

Introduzione. In letteratura, sono stati riportati casi di GIST<br />

“sincroni” ad altri tumori (insorti nello stesso organo o in organi<br />

differenti) ma mai associati a metastasi di “tumor to tumor”.<br />

Metodi. La nostra paziente è stata operata per CDI mammella<br />

dx pT2G2N1biii nel 1997. Nel febbraio scorso, in seguito<br />

all’aumento dei markers tumorali e ad approfonditi accertamenti<br />

strumentali, si è evidenziata una massa a partenza dalla<br />

grande curva gastrica.<br />

Risultati. L’esame istologico mostrava una neoplasia in gran<br />

parte a cellule fusate e solo focali epitelioidi; era però significativo<br />

il numero di cellule francamente pleomorfe e multinucleate.<br />

Mitosi 8 /50HPF; assente la necrosi. Tutte le cellule,<br />

anche quelle pleomorfe, risultavano intensamente positive<br />

a CD117 e CD34, negative a CD31, actina, desmina, S100,<br />

HMB45 e CK coerenti con la diagnosi di GIST (ad alto rischio:<br />

dimensioni cm 5,2 x 3,5 x 4). In una delle inclusioni,<br />

indovati nel contesto della neoplasia suddescritta, si osservavano<br />

piccoli sparsi gettoni di cellule epitelioidi monomorfe<br />

negative a CD117, CD34 e ai markers endocrini ma positive<br />

a CK ad ampio spettro, CK7, GCDFP15, estrogeni e progesterone<br />

coerenti con metastasi da carcinoma mammario di<br />

cui al dato anamnestico.<br />

Conclusioni. Questo caso appare del tutto peculiare per due<br />

aspetti. Il primo è che si tratta di un GIST con evidenti atipie<br />

citologiche: è ben noto, infatti, che i GIST, anche quando presentino<br />

un comportamento clinico aggressivo, sono caratterizzati<br />

nella stragrande maggioranza dei casi da caratteristiche<br />

citologiche blande ed i casi con atipie citologiche sono<br />

una netta minoranza. L’altro è che nel contesto del GIST (tumore<br />

già di per sé raro) sono presenti gettoni metastatici da<br />

Ca della mammella. È ben documentata l’insorgenza sincrona<br />

di un GIST e di altre neoplasie in organi differenti o anche<br />

nello stesso organo, in modo particolare nello stomaco (soprattutto<br />

adenocarcinomi e linfomi, contigui o distanti tra loro).<br />

In un unico caso di tumore da collisione i due pattern<br />

istologici apparivano persino frammisti tra loro. Più in generale,<br />

è sicuramente eccezionale l’evenienza di metastasi di<br />

“tumor-in-tumor” cioè di un tumore di un determinato organo<br />

metastatico in un altro tumore di un organo differente dal<br />

primo; i casi riportati in letteratura sono quasi sempre singoli<br />

e veramente occasionali sono quelli che coinvolgono il carcinoma<br />

della mammella.


POSTERS<br />

La nostra diagnosi finale è stata di metastasi da carcinoma<br />

mammario in GIST ad alto rischio con evidenti atipie citologiche.<br />

Al meglio delle nostre conoscenze, questo è la prima<br />

metastasi di “tumor-in-tumor” coinvolgente un GIST.<br />

Expression of adhesion molecules in<br />

colorectal cancer may identify prognostic<br />

subgroups of tumors: a tissue microarray<br />

study<br />

M. Guerriero * , A. Lugli ** , D. Baumhoer ** , I. Zlobec ** , F.<br />

Feroce *** , U. Guumnthert **** , L.M. Terracciano ** ***** , L.<br />

Tornillo **<br />

* U.O.C. Anatomia Patologica, Università Cattolica del Sacro<br />

Cuore, Centro di Ricerca e Formazione ad Alta Tecnologia<br />

nelle Scienze Biomediche “Giovanni Paolo II”, Campobasso;<br />

** Istituto di Patologia, Università di Basilea, Basilea,<br />

Svizzera; *** Istituto di Anatomia Patologica, II Università di<br />

Napoli; **** Department of Clinical and Biological Research,<br />

University of Basel, Switzerland, ***** Dipartimento di Scienze<br />

della Salute, Università del Molise, Campobasso, Italia<br />

Background. Adhesion molecules constitute complex molecular<br />

networks. In the normal, they are implicated in normal<br />

growth, differentiation, motility. In cancer, they play a role in<br />

neoplastic proliferation, invasivity, metastasis. A role for some<br />

adhesion molecules in the genesis of colorectal cancer<br />

(CRC) has been already shown, but a comprehensive analysis<br />

of their expression is up to now lacking.<br />

Aims. We have studied the expression of adhesion molecules<br />

(CD44 isoforms, TGF-beta, TGF-beta-receptor, e-cadherin)<br />

in CRC, in order to: 1) identify their relationship with clinicopathologic<br />

characteristics (grade, stage, prognosis); 2) find<br />

out possible relationship between the different markers; 3)<br />

identify combination of markers with prognostic and biological<br />

meaning.<br />

Methods. 1,406 cases of resected colorectal cancer were<br />

used to build a tissue microarray (TMA). Immunohistochemical<br />

analysis was performed for isoforms v5, and v9 of<br />

CD44, e-cadherin, TGF-beta receptor.<br />

Results. Interpretable cases were between 1187 and 1326.<br />

A significant relationship was found between CD44v5 and<br />

presence of peritumoral lymphocytes (p = 0.0002), growth<br />

limited to bowel wall (p = 0.0259) and invasive margins (p<br />

= 0.0005); CD44v9 and pT (p = 0.0036), pN (p < 0.0001),<br />

presence of vascular invasion (p = 0.0350); in the survival<br />

analysis CD44v5 positivity was significant (p = 0.0280).<br />

Moreover, a combination of CD44v5 and v9 was significantly<br />

related to prognosis (p = 0.0368). E-cadherin expression<br />

was related to CD44v9 (p = 0.0001). TGFBRI was related<br />

to prognosis in the multivariate analysis (p = 0.0349,<br />

RR = 1.20).<br />

Conclusions. Adhesion molecules are important in the genesis<br />

of CRC. They are strictly related together and therefore<br />

they could be useful to identify prognostic subsets of tumors.<br />

Moreover, the study of signaling pathways as a network<br />

could give a better insight in the biology of CRC.<br />

Studio prospettico sul significato della ploidia<br />

del DNA, determinata con citometria a flusso,<br />

nel carcinoma del colon-retto<br />

chirurgicamente trattato<br />

P. Migliora, A. Santagostino * , C. Saggia ** , M.C. Pavanelli,<br />

M. Dacorsi, G. Angeli<br />

Anatomia Patologica, Ospedale “S. Andrea”, Vercelli; *<br />

Ematologia, Ospedale “S. Andrea”, Vercelli; ** Dipartimento<br />

di Medicina Specialistica ASL 11, Vercelli<br />

Introduzione. Il valore prognostico della determinazione del<br />

contenuto di DNA tumorale nei carcinomi colon-rettali non è<br />

ancora completamente chiarito. Numerosi studi sono stati<br />

pubblicati ma la maggior parte sono retrospettivi e basati su<br />

materiale fissato in formalina e incluso in paraffina, con le limitazioni<br />

tecniche conseguenti. Un importante studio prospettico<br />

1 effettuato su campioni criopreservati ha invece dimostrato<br />

che la ploidia del DNA è un fattore prognostico indipendente<br />

in grado di influenzare la disease free survival<br />

(DFS) e la overall survival (OS). Tali risultati sono stati confermati<br />

da un recente lavoro della Mayo Clinic 2 . Lo scopo<br />

del nostro lavoro è valutare in uno studio prospettico l’impatto<br />

della ploidia del DNA tumorale sulla risposta alla terapia,<br />

sulla OS, sulla disesase specific survival (DSS) e sulla<br />

DFS.<br />

Materiali e metodi. Dal settembre 2002 al febbraio 2005 sono<br />

stati arruolati 67 pazienti operati per carcinoma del colonretto;<br />

per ognuno di loro sono stati congelati 3 campioni di<br />

tessuto tumorale e uno di mucosa sana. In una seconda fase,<br />

dopo opportuno trattamento di disgregazione, sono state effettuate<br />

la marcatura con ioduro di propizio, la lettura e l’analisi<br />

con citofluorimetro FACSCalibur utilizzando i programmi<br />

Cell Quest e ModFitLT. I carcinomi con singolo picco<br />

G0/G1 sono stati considerati diploidi, mentre quelli con<br />

due o più picchi aneuploidi e su questi è stato calcolato il<br />

DNA index. I 67 pazienti sono stati tutti successivamente seguiti<br />

e il follow-up mediano è di 30 mesi.<br />

Risultati. Sono stati analizzati 280 campioni. È stata evidenziata<br />

un’aneuploidia nel 66% dei carcinomi con presenza di<br />

contenuto di DNA eterogeneo nel 27% dei casi. Si è stabilita<br />

una correlazione significativa tra aneuploidia, stadio di malattia<br />

(p = 0,01), numero di linfonodi positivi (p = 0,005) e<br />

valori di marcatori tumorali (p = 0,04). La probabilità di progressione<br />

è più elevata nei casi a DNA aneuploide (p = 0,05),<br />

al contrario la DFS e la OS sono superiori nei casi a DNA diploide<br />

(p = 0,02) e (p = 0,03). Tutti i casi di decesso correlati<br />

alla neoplasia si sono registrati nel gruppo a contenuto<br />

aneuploide.<br />

Conclusioni. I risultati ottenuti, anche se preliminari, sembrano<br />

quindi confermare l’importanza della determinazione<br />

della ploidia del DNA delle cellule del carcinoma del colonretto<br />

al fine di stabilirne la prognosi ed eventualmente la scelta<br />

terapeutica.<br />

Bibliografia<br />

1 Lanza, et al. Cancer 1998;82:49-53.<br />

2 Garrity, et al. JCO 2004;22:1572-82.<br />

221


222<br />

Alterazione di WNT/pathway nel carcinoma<br />

epatocellulare associato a cirrosi HCV+ e<br />

correlazione con l’espressione di survivin<br />

F. Sanguedolce, S. De Maria * , M. Cartenì * , G. Pannone, A.<br />

Santoro, E. Antonucci, R. Franco ** , G. Botti ** , P. Bufo<br />

Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Sezione di Anatomia<br />

Patologica, Università di Foggia; * Dipartimento di Biochimica,<br />

II Università di Napoli; ** Istituto di Anatomia Patologica,<br />

Fondazione “G. Pascale”, Istituto dei Tumori di<br />

Napoli<br />

Introduzione. Il carcinoma epatocellulare (HCC), una delle<br />

patologie maligne inevitabilmente fatali più diffuse nel mondo,<br />

è spesso strettamente correlato, sul piano patogenetico,<br />

ad una pregressa cirrosi da HCV. Recenti studi hanno riscontrato<br />

nel 19-41% di HCC mutazioni del gene CTNNB1 (betacatenin),<br />

che è uno dei geni chiave della WNT pathway, a sua<br />

volta ampiamente coinvolta nelle tappe della cancerogenesi<br />

staminale. Le mutazioni dei geni di tale pathway (beta-catenin,<br />

axin, APC) si manifestano sotto forma di delocalizzazioni<br />

citoplasmatico-nucleari della proteina corrispondente con<br />

attivazione a catena di una serie di molecole decisive per la<br />

progressione neoplastica, tra cui survivin.<br />

Scopo del presente lavoro è la valutazione dell’espressione<br />

genica di beta-catenin e survivin in HCC insorto su cirrosi<br />

HCV+.<br />

Materiali e metodi. Sono stati esaminati 28 prelievi di HCCe<br />

di fegato cirrotico adiacente alla neoplasia provenienti da<br />

18 pazienti. In tutti i casi il carcinoma epatocellulare è insorto<br />

su fegato con pregressa cirrosi macronodulare. Sono state<br />

effettuate effettuata indagini immunoistochimiche mediante<br />

tecnica LSAB-HRP (linked streptavidin-biotin horseradish<br />

peroxidase) utilizzando anticorpi specifici anti-survivin (policlonale,<br />

Novus Biological) e beta-catenin (monoclonale,<br />

Transduction Lab) su una parte dei campioni fissati in formalina<br />

ed inclusi in paraffina, ed analisi molecolare mediante<br />

metodica standard di RT-PCR per la valutazione dell’espressione<br />

dei suddetti geni su campioni congelati.<br />

Risultati. La metodica integrata di RT-PCR e IIC ha dimostrato<br />

incremento di survivin in tutti i casi di HCC e nelle cirrosi<br />

macronodulari associate. Il gene CTNNB1 è risultato<br />

iperespresso sia in HCC sia nella cirrosi in sede peritumorale<br />

mediante RT-PCR; inoltre il suo prodotto proteico beta-catenin<br />

è risultato, mediante IIC, delocalizzato nel citoplasma,<br />

con assenza della normale colorazione di membrana, in circa<br />

il 40% dei casi sia di cirrosi che di HCC.<br />

Conclusioni. Il nostro studio dimostra che l’alterata regolazione<br />

della WNT pathway, che si concretizza nella delocalizzazione<br />

intracellulare di beta-catenin e nell’attivazione di geni<br />

oncopromotori a valle, gioca un ruolo chiave nella cancerogenesi<br />

epatica da HCV; documenta inoltre che, nell’evoluzione<br />

del processo morboso, già allo stadio di cirrosi macronodulare<br />

si realizzano quelle alterazioni del profilo dell’espressione<br />

genica tipiche del carcinoma che ne consegue.<br />

POSTERS<br />

Microvessels density is correlated with 5lipoxygenase<br />

expression in human sporadic<br />

colorectal cancer<br />

V. Barresi, E. Vitarelli, G. Tuccari, G. Barresi<br />

Dipartimento di Patologia Umana, Università di Messina,<br />

Italia<br />

Introduction. Recent in vitro studies have suggested the role<br />

of 5-lipoxygenase (5-LO) in regulating colorectal cancer<br />

neo-angiogenesis. Specifically, it has been hypothesized that<br />

neo-angiogenesis is mediated by 5-LO expression in colorectal<br />

cancer. Neo-angiogenesis is quantitatively measured by<br />

microvessel density (MVD) in tissues. Herein, we investigated<br />

the correlations between 5-LO expression and tumour<br />

MVD in human sporadic colorectal adenocarcinomas in order<br />

to analyze the eventual differences in the angiogenic process<br />

among cases differing as to 5-LO expression amount.<br />

The specific marker for neo-angiogenesis CD105 was used to<br />

quantify MVD in our study. CD105 is a 180 KDa glycoprotein<br />

which is predominantly expressed by cycling endothelial<br />

cells of regenerating, inflamed or neoplastic tissues. It was<br />

demonstrated to be a specific powerful marker for neo-vascularization<br />

in many tumours, including colon cancer. Indeed<br />

it is highly expressed by the activated endothelial cells of<br />

peri- and intra-tumour vessels involved in tumour neo-angiogenesis,<br />

whereas a negative/weak expression is evidenced in<br />

vascular endothelium of normal tissues.<br />

Methods. Forty-five formalin fixed, paraffin embedded, surgical<br />

cases of colorectal adenocarcinoma were submitted to<br />

the immunohistochemical analysis for 5-LO and CD105. For<br />

the CD105 epitope retrieval, the specimens were pre-treated<br />

with proteinase K, whereas 5-LO antigen was unmasked by<br />

microwave oven pre-treatment. Sections were successively<br />

incubated at 4 °C overnight with the primary monoclonal antibodies<br />

against CD105 and 5-LO. The relationship between<br />

5-LO expression and MVD was tested by using the Mann-<br />

Whitney and Spearman correlation tests.<br />

Results. 5-LO highly expressing tumours displayed a significantly<br />

higher MVD, in comparison to 5-LO lowly expressing<br />

carcinomas. A statistically significant correlation between<br />

5-LO expression and MVD counts was also achieved<br />

through the Spearman correlation test.<br />

Conclusions. Our study suggests the existence of a relationship<br />

between 5-LO expression amount and the extent of tumour<br />

neo-angiogenesis in colorectal cancer. Since CD105 is<br />

specifically expressed and limited to the newly formed blood<br />

vessels in tumours, therapies which combine 5-LO specific<br />

inhibitors and vaccines targeting CD105 might be useful in<br />

reducing the blood supply and consequently, the growth and<br />

progression, of colon cancer.<br />

Sindrome di Cronkhite-Canada: descrizione di<br />

due casi<br />

F. Pedica, A. Alberani * , G. Formica * , G. Spinucci ** , R. Zoni<br />

** , P. Baccarini<br />

U.O. di Anatomia e Istologia Patologica, * U.O. di Gastroenterologia,<br />

** U.O. di Medicina Interna, Ospedale “Bellaria”,<br />

AUSL Bologna<br />

La Sindrome di Cronkhite-Canada (SCC) è una malattia rara,<br />

ad eziologia ignota, descritta per la prima volta nel 1955 1 , e


POSTERS<br />

caratterizzata da poliposi gastrointestinale generalizzata, alopecia,<br />

iperpigmentazione cutanea e onicodistrofia. Sebbene<br />

le lesioni gastrointestinali siano polipi non neoplastici, la<br />

SCC è una malattia a decorso imprevedibile, talora fatale,<br />

che può associarsi al carcinoma colorettale.<br />

Caso 1. Uomo di 67 anni, ricoverato in gennaio u.s. per diarrea<br />

acquosa presente da circa 8 mesi, severo calo ponderale e<br />

onicodistrofia. Nella storia familiare una sorella era deceduta<br />

per cancro del colon. Gli esami ematochimici evidenziavano<br />

anemia, ipoproteinemia, deficit idroelettrolitico, con indici di<br />

flogosi nella norma. L’esofagogastroduodenoscopia (EGDS)<br />

evidenziava nello stomaco e nel duodeno multiple formazioni<br />

polipoidi. La colonscopia mostrava la presenza di polipi e aree<br />

iperemiche a livello di colon, retto e ileo terminale.<br />

Caso 2. Donna di 63 anni, ricoverata in aprile u.s. per sindrome<br />

diarroica. Dal settembre 2006, la paziente manifestava<br />

un aumento nella frequenza delle evacuazioni (4-5/die, fino<br />

a 20), con rilevante calo ponderale. In seguito, erano insorte<br />

anche alopecia, iperpigmentazione cutanea e onicodistrofia.<br />

L’anamnesi remota rilevava asma bronchiale e poliallergopatia.<br />

Era presente anemia, ipoproteinemia nel contesto<br />

di un severo malassorbimento, valori elevati di IgE e alterazioni<br />

idroelettrolitiche, con ipocalcemia sintomatica.<br />

L’EGDS evidenziava numerose formazioni polipoidi a stomaco,<br />

duodeno e digiuno, alternate a zone di mucosa atrofica,<br />

con aspetti endoscopici sovrapponibili al caso 1; la pancolonscopia<br />

confermava l’interessamento di tutto il grosso<br />

intestino.<br />

All’istologia, le biopsie gastriche e duodeno-digiunali di entrambi<br />

i pazienti erano caratterizzate da marcato edema della<br />

lamina propria, dilatazione cistica delle ghiandole con associati<br />

aspetti iperplastico-rigenerativi. Nell’ileo e nel colon<br />

erano presenti lesioni polipoidi sessili con marcato edema ed<br />

infiltrato flogistico acuto e cronico. Le ghiandole mostravano<br />

marcata distorsione architetturale ed ectasia cistica. Nel<br />

caso 2, era presente un adenoma colico con displasia di basso<br />

grado.<br />

La SCC è una malattia poco conosciuta in cui la collaborazione<br />

tra clinico e patologo è assolutamente necessaria per<br />

formulare la diagnosi corretta.<br />

Bibliografia<br />

1 Cronkhite LW, et al. N Engl J Med 1955;252:1011-5.<br />

Giant Brunner’s gland adenoma<br />

A. Eccher, M. Brunelli, S. Gobbo, S. Pecori, P. Capelli, C.<br />

Cannizzaro, M. Falconi * , P. Pederzoli * , G. Angelini ** , G.<br />

Martignoni, F. Menestrina<br />

Dipartimento di Patologia, Anatomia Patologica, Università<br />

di Verona; * Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Università<br />

di Verona; ** Dipartimento di Chirurgia e Gastroenterologia,<br />

Università di Verona, Italia<br />

Introduction. Brunner’s gland adenoma are rare duodenal<br />

tumors occurring in middle age that present either with gastrointestinal<br />

hemorrhage, anemia, obstructive symptoms or<br />

as an incidental finding. Most of the lesions are pedunculated,<br />

less than 1 cm in diameter accounting for about 7% of all<br />

endoscopically removed duodenal polyps 1 . The most common<br />

location of the lesion is the posterior wall of the duodenum<br />

near the junction of its first and second portions. Endoscopic<br />

polypectomy is the treatment of choice 2 . Carcinoma-<br />

tous degeneration from Brunner’s gland adenoma has been<br />

rarely described.<br />

Methods. We describe the clinico-pathological findings of a<br />

giant brunner’s gland adenoma.<br />

Results. a 34-year-old man presented with an history of abdominal<br />

pain which was generally located in the epigastrium,<br />

sharp in character, and sometimes with gastrointestinal<br />

bleeding with melena. An esophago-gastroduodenoscopy<br />

showed the presence of a reddish pedunculated polyp, 9 cm.<br />

As maximum diameter, prolapsing between the bulb and the<br />

second part of the duodenum. The polyp was too large for an<br />

endoscopic removal; in addition because of the large size the<br />

lesion was suspected to be malignant. A surgical treatment<br />

approach through a longitudinal duodenotomy represented<br />

the most reliable approach. Macroscopically, the cut surface<br />

of the lesion showed grayish color and was predominantly<br />

composed of normal Brunner’s glands with small, oval,<br />

basally-oriented nuclei and abundant periodic acid-schiffpositive,<br />

apical, mucinous cytoplasm. The hyperplastic adenomatous<br />

glands formed lobules which were surrounded by<br />

thin bundles of fibromuscular and connective tissue. No dysplastic<br />

epithelium was found. Surgical excision was uncomplicated<br />

and the long term outcome was favourable. At a follow-up<br />

of 24 months the patient stays well free of disease.<br />

Conclusions. We report a giant (9 cm) Brunner’s gland adenoma<br />

which mimicked a malignancy of the duodenal-pancreatic<br />

area. To avoid “over-treatment” involving a<br />

cephalopancreatectomy, this benign lesion have to be considered<br />

in the differential diagnosis.<br />

References<br />

1. Levine JA, et al. Am J Gastroenterol 1995;90:290-4.<br />

2. Iusco D, et al. JOP 2005;6:348-53.<br />

223<br />

Espressione della citocheratina 7 come<br />

marker precoce di danno da reflusso nella<br />

mucosa colonnare dell’esofago in assenza di<br />

metaplasia intestinale<br />

D. Cabibi, M. Cacciatore, E. Fiorentino, G. Pantuso, M.<br />

Campione, F. Latteri, F. Aragona<br />

Dipartimento di Patologia Umana, Università di Palermo<br />

Introduzione. L’esofago di Barrett (EB) è stato definito come<br />

la presenza di mucosa colonnare all’endoscopia e di metaplasia<br />

intestinale (MI) all’istologia. In assenza di MI, condizione<br />

che definiamo “Columnar Lining Oesophagus”<br />

(CLO), il management dei pazienti non è ben definito e talvolta<br />

questa condizione è considerata frutto di un errore di<br />

campionamento. Nel presente studio ci siamo proposti di<br />

chiarire se esistono delle analogie immunoistochimiche tra<br />

EB e CLO che possano suggerire un significato patogenetico<br />

comune e abbiamo effettuato un follow-up dei pazienti con<br />

CLO per verificarne il significato prognostico.<br />

Materiali. Sono stati esaminate le biopsie effettuate 1 cm sopra<br />

la giunzione gastro-esofagea (GGE) ed 1 cm sotto la<br />

GCE di 128 casi consecutivi di pazienti negativi per Helicobacter<br />

Pylori (HP) con sintomi da reflusso gastro-esofageo<br />

associati alla presenza endoscopica di mucosa colonnare in<br />

esofago. Sono stati individuati due gruppi di pazienti, uno<br />

rappresentato da 106 casi di Esofago di Barrett (EB) e l’altro<br />

da 22 casi di CLO. Come controllo sono stati considerati dei<br />

campioni prelevati 1 cm al di sotto della GGE di 20 pazienti


224<br />

negativi per HP, privi di sintomi da reflusso e di mucosa colonnare<br />

in esofago all’endoscopia. Su tutti i campioni è stato<br />

effettuato l’esame immunoistochimico con Citocheratina<br />

(CK) 7, CK 20, CDX2 e p53.<br />

Risultati. I campioni al di sopra della GGE dei gruppi EB e<br />

CLO mostravano una notevole somiglianza per quanto concerne<br />

la positività di CK7 e p53 mentre i controlli erano sempre<br />

negativi. In alcuni casi di CLO, la CK7 era presente soltanto<br />

nelle cellule basali della componente ghiandolare. Nelle<br />

CLO è stata evidenziata la presenza di p53 e displasia lieve<br />

in 7 di 22 (32%) biopsie alla prima osservazione ed in 8 di<br />

22 (36%) biopsie effettuate dopo 2 anni di follow-up.<br />

Conclusioni. L’espressione di CK7, sia nel EB che nel CLO,<br />

ma assente nei controlli, potrebbe essere una espressione immunofenotipica<br />

aberrante verosimilmente correlata alla reale<br />

natura patologica, legata al reflusso della CLO. La precoce<br />

espressione di CK7 nelle cellule basali dell’epitelio ghiandolare,<br />

suggerisce che queste probabilmente sono più suscettibili<br />

ai cambiamenti immunofenotipici indotti dal reflusso a<br />

causa della loro multipotenzialità. La presenza di p53 e displasia<br />

lieve in alcuni casi di CLO sia alla prima osservazione<br />

che nel follow-up suggerisce infine che la CLO può rappresentare<br />

uno stadio precoce del processo “multi-step” che<br />

porta all’EB.<br />

Adult celiac disease: correlation among<br />

serology, clinical data and histological<br />

subtipes<br />

P. Ceriolo * , P. Cognein, E. Giannini ** , G. Pesce ** , M. Bagnasco<br />

** , V. Savarino ** , R. Fiocca * , M.C. Parodi, P. Ceppa<br />

*<br />

Department of Histopathology, * Gastroenterology and ** Digestive<br />

Endoscopy Unit, Department of Internal Medicine,<br />

“San Martino” University Hospital, Genova, Italy<br />

Background and aim. Epidemiological studies showed that<br />

celiac disease (CD) is more common than previously believed<br />

(0.5-1% prevalence). Various histopathological patterns<br />

have been associated with CD. Villous atrophy (VA) of<br />

the small bowel mucosa combined with an increased number<br />

of intraepithelial lymphocytes (IEL) represents the most<br />

widely accepted diagnostic pattern. Conversely, the clinical<br />

meaning of an increased number of IEL without VA has not<br />

yet been fully elucidated. Aim of the present study was to<br />

evaluate the correlations among histology, serology and clinical<br />

features in patients with non-atrophic changes.<br />

Methods. We retrospectively reviewed a continuous series of<br />

125 cases with either atrophic or non-atrophic lesions (79 females<br />

and 46 males, mean age 40 yrs); histological lesions<br />

were classified according to Marsh mod. Oberhuber (M 1-2<br />

= non-atrophic lesions; M 3 = atrophic lesions). Only cases<br />

with available anti-endomysial and/or anti-transglutaminase<br />

antibody tests were included. We also reviewed the corresponding<br />

clinical data and recorded the prominent symptoms.<br />

Results. Atrophic lesions were found in 83 cases (66%),<br />

whilst non-atrophic changes were observed in 42 (34%). Positive<br />

serology was found in 78 out of 83 atrophic cases (94%)<br />

and in 11/42 (26%) non-atrophic cases (p < 0.0001). Among<br />

the 5 serology-negative atrophic cases, one was affected by<br />

immunodeficiency and 4 showed only mild atrophy. Typical<br />

CD clinical features, i.e. malabsorption, diarrhoea and weight<br />

POSTERS<br />

loss were more frequent in atrophic (23%, 27% * and 15%, respectively)<br />

than in non-atrophic cases (12%, 13% * and 7%,<br />

respectively) ( * p < 0.05). On the other hand, the prevalence of<br />

malabsorption (27%), diarrhoea (36%) and weight loss (18%)<br />

in non-atrophic patients with positive serology was similar to<br />

the percentages in atrophic cases. In contrast, non-specific<br />

symptoms (i.e. dyspepsia, vomiting, epigastric pain) more frequently<br />

affected non-atrophic patients than atrophic ones<br />

(47% vs. 17%; p < 0.0003).<br />

Conclusions. Our data confirm the high prevalence of positive<br />

serology in VA. In contrast more than 70% of non-VA<br />

patients show negative serology and non specific symptoms.<br />

Although the clinical meaning of non atrophic lesions remains<br />

uncertain, they could represent the earliest presentation<br />

of CD: patients with such lesions and negative serology<br />

should be followed up.<br />

Reduced expression of synaptophysin in the<br />

dilated ileum of an adult patient with<br />

primitive lymphangiectasia<br />

P. Braidotti * , S. Ferrero * , G. Basilisco ** , V. Fabbris * , G.<br />

Iasi * , G. Coggi *<br />

* ** Università degli Studi di Milano, Fondazione Ospedale<br />

Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, Milano,<br />

Italia; * Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria,<br />

e A.O. San Paolo; ** Dipartimento di Scienze Mediche, Unità<br />

di Gastroenterologia, Padiglione Granelli<br />

A 48 years old man suffering for diarrhea, abdominal distention,<br />

lower extremities edema and body weight loss, underwent<br />

surgical 25 cm ileal resection with latero-lateral anastomosis.<br />

The surgical specimen was characterized by ileal dilatation<br />

(maximum circumference 17 cm) and increased<br />

bowel wall thickness (14 mm). Histologic sections revealed<br />

thinning of longitudinal smooth muscle layer together with<br />

marked lymphangiectasia which caused distortion of the<br />

bowel wall. Intestinal lymphangiectasia is a rare disease<br />

characterized by dilatation of intestinal lymphatics and abnormalities<br />

in the lymphatic circulation with consequent protein<br />

loss in intestinal lumen. In order to investigate the putative<br />

causes of the segmental small bowel dilatation in absence<br />

of obstruction, the integrity and the distribution of interstitial<br />

cells of Cajal and intramural neural structures were<br />

evaluated with ultrastructural and immunohistochemical<br />

studies. Histologic sections from the case under study and<br />

control normal ileum were incubated with anti c-kit, S100,<br />

PGP 9.5, BCL2, NSE, Neurofilaments, and Synaptophysin<br />

antibodies.<br />

Morphologic light and electron microscopy studies revealed<br />

the presence of normal interstitial cells of Cajal, neuronal<br />

structures and nerve endings. Interstitial cells of Cajal were<br />

intensely immunostained with anti c-kit antibody; neuronal<br />

structures and nerve endings were strongly immunoreactive<br />

with anti S100, PGP 9.5, BCL2, NSE and Neurofilaments antibodies,<br />

both in the case and control samples. In the case under<br />

study, synaptophysin antibody weakly stained neuronal<br />

structures and was unreactive on nerve endings but strongly<br />

immunoreactive on neuro endocrine cells in mucosa glands<br />

providing internal controls. Therefore the altered expression<br />

of synaptophysin in the submucosa suggests that abnormalities<br />

in neurotransmission may play a role in the still unclear<br />

pathophysiology of gut dilatation in absence of obstruction.


PATHOLOGICA 2007;99:225-229<br />

Patologia dell’apparato respiratorio<br />

Mesotelioma maligno della pleura (MMP):<br />

analisi di fattori prognostici<br />

G. Serio, A. Scattone, M. Musti * , A. Marzullo, R. Nenna,<br />

D. Cavone * , M. Loizzi ** , L. Pollice, A. Pennella ***<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica, Università, Bari; * Dipartimento<br />

di Medicina Interna e Pubblica, Università, Bari;<br />

** Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Università, Bari;<br />

*** Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Università, Foggia<br />

Il MMP è un tumore aggressivo, resistente alle terapie in uso<br />

e la sua sopravvivenza è di circa 6-18 mesi. Solo pazienti con<br />

MMP epiteliale in stadio I-N 0 , mostrano più lunga sopravvivenza<br />

e possono beneficiare di trattamenti multimodali come<br />

chirurgia demolitiva combinata a chemio- e/o radioterapia.<br />

Pertanto, si rende necessario identificare fattori prognostici<br />

predittivi di sopravvivenza e di risposta alla terapia. Allo scopo,<br />

abbiamo studiato il significato prognostico di alcune variabili<br />

clinico-patologiche e biologiche nel MMP.<br />

Metodi. Sono stati selezionati 122 pazienti con MMP che<br />

avevano ricevuto solo una biopsia toracoscopica e successiva<br />

chemioterapia palliativa. Tutti i casi erano inseriti nel Registro<br />

Regionale Mesotelioma (COR Puglia-DPR 366/96).<br />

Lo stadio clinico è stato ottenuto dalla rivalutazione delle immagini<br />

TAC e di RMN. Indice Mitotico (IM), grado nucleare,<br />

necrosi, flogosi, desmoplasia ed espressione immunoistochimica<br />

di MIB-1 e p27 sono stati valutati e i risultati sottoposti<br />

ad analisi statistica univariata e multivariata (Cox regression<br />

model).<br />

Risultati. Abbiamo osservato 83 (68%) mesoteliomi epitelioidi,<br />

28 (23%) bifasici e 11 (9%) sarcomatoidi; 73,8% erano<br />

maschi e 26,2% femmine. L’età media al tempo della diagnosi<br />

era 66,6 anni (range: 23-90) ed il tempo medio di sopravvivenza<br />

12,5 ± 11,5 mesi (range 1-72). 81 pazienti erano<br />

in stadio I (sopravv. media 17 mesi), 27 in stadio II (sopravv.<br />

media 4 mesi) e 14 in stadio III (sopravv. media 4 mesi). Le<br />

differenze erano significative (p = 0,0001). Pazienti con mesotelioma<br />

epiteliale presentavano una più lunga sopravvivenza<br />

[p = 0,005; 95% (CI), 11,3 a 16,7 mesi]. 30 casi avevano<br />

grado nucleare 2 e 92 grado 3 con sopravvivenza più lunga<br />

nei tumori grado 2 (p = 0,006). L’IM presentava score 1 (1-5<br />

mitosi) in 55 casi, score 2 (6-10 mitosi) in 46 e score 3 (> 10<br />

mitosi) in 21. Nei tumori con mitosi < 5 la sopravvivenza media<br />

era 20,9 ± 1,6 mesi e le differenze erano altamente significative<br />

(p = 0,0001). Una correlazione significativa è stata<br />

osservata nell’espressione dei due marcatori MIB-1 e p27<br />

con il tempo di sopravvivenza (r s = -0,216; p = 0,01). Un’alta<br />

espressione di p27 (> 50%) e una bassa espressione di<br />

MIB-1 (< 25%) erano significativamente correlate ad una più<br />

lunga sopravvivenza (> 12 mesi). All’analisi multivariata IM,<br />

stadio e p27 sono risultati parametri prognostici indipendenti<br />

predittivi di sopravvivenza.<br />

Conclusioni. Indice mitotico, p27 e stadio clinico rappresentano<br />

validi indicatori prognostici nel MMP.<br />

Mesotelioma papillare (ben differenziato) in<br />

situ<br />

G. Caprara, C. Ligorio, S. Damiani<br />

Anatomia Patologica, Università di Bologna, Ospedale<br />

“Bellaria”, Bologna<br />

Il mesotelioma in situ è un’entità piuttosto controversa, al<br />

punto che secondo alcuni Autori, è giustificato parlare di lesione<br />

in situ solo se accanto a questa è identificabile un franco<br />

mesotelioma invasivo 1 . Nel caso che riportiamo, la paziente,<br />

una donna di 68 anni, senza storia di esposizione all’asbesto,<br />

si è presentata con versamento pleurico monolaterale<br />

recidivante e resistente a qualsiasi trattamento medico,<br />

anti-infiammatorio e chemioterapico. Poiché, nell’arco di un<br />

anno, il quadro clinico non veniva risolto da alcuna terapia e<br />

anche a in seguito a ripetuti esami citologici sul liquido del<br />

versamento, con esito in diagnosi di malignità, la paziente<br />

veniva inviata al tavolo operatorio, nonostante un quadro<br />

TAC negativo e una diagnosi istologica di iperplasia mesoteliale<br />

condotta su materiale bioptico ottenuto in corso di toracoscopia.<br />

La paziente venne sottoposta a pleuropneumonectomia<br />

più asportazione di aree ispessite della pleura parietale.<br />

All’esame macroscopico la pleura viscerale e i frammenti<br />

di pleura parietale mostravano solo focali ispessimenti di lieve<br />

entità. Dopo accurato campionamento l’esame istologico<br />

dimostrò la presenza di una proliferazione di elementi mesoteliali<br />

con atipie nucleari evidenti, organizzati in papille talora<br />

complesse e anastomizzate, ma in assenza di invasione del<br />

tessuto connettivale sub-pleurico. All’indagine immunoistochimica<br />

le cellule che rivestivano le papille sono risultate positive<br />

con anticorpi anti-calretinina, anti-citocheratina 7 e anti-D2-40,<br />

mentre la desmina ha colorato solo il mesotelio<br />

normale residuo. Infine le colorazioni con anticorpi anti-laminina<br />

e anti-collagene IV hanno confermato la presenza di<br />

una membrana basale intatta e continua al di sotto delle cellule<br />

mesoteliali. A sei anni dalla iniziale diagnosi la paziente<br />

è libera da malattia. Tale caso pone l’attenzione sul riconoscimento<br />

e la valutazione del mesotelioma in situ. In realtà,<br />

sembra che si possano riconoscere due diversi tipi di mesotelioma<br />

maligno: a) il mesotelioma maligno diffuso convenzionale,<br />

che ne rappresenta la forma più comune e che consiste<br />

di una neoplasia aggressiva, estesamente invasiva, in cui<br />

solo occasionalmente si osservano focolai “in situ”, peraltro<br />

privi di significato clinico e b) una variante rara, il mesotelioma<br />

papillare ben differenziato, inizialmente descritto nel<br />

peritoneo di giovani donne. Questa variante è considerato un<br />

tumore “borderline” a basso potenziale di malignità in cui,<br />

per definizione, l’invasione è minima o assente (mesotelioma<br />

in situ) 2 . Il caso da noi riportato rientra in questo secondo tipo<br />

di mesotelioma maligno. Riconoscere il mesotelioma papillare<br />

ben differenziato in situ/con invasione minima sembra<br />

essere di cruciale importanza, dato che alcuni pazienti hanno<br />

sopravvivenze di oltre 10 anni, anche in assenza di trattamenti<br />

chirurgici radicali 2 .<br />

Bibliografia<br />

1 Henderson DW, et al. AM J Clin Pathol 1998;110:397-404.<br />

2 Galateau-Sallè F, et al. Am J Surg Pathol 2004;28:534-40.


226<br />

Carcinoma polmonare non a piccole cellule:<br />

sequenziamento diretto della regione D-Loop<br />

del DNA mitocondriale nella distinzione tra<br />

doppio primitivo e metastasi intrapolmonare<br />

S. Damiani, L. Morandi, G. Caprara, M. Boaron * , A. Cancellieri<br />

** , C. Ligorio, K. Kawamukai * , A. Pession, G. Tallini<br />

Anatomia Patologica Ospedale “Bellaria”, Università di<br />

Bologna; * Chirurgia Toracica AUSL Città di Bologna; **<br />

Anatomia Patologica Ospedale Maggiore, Bologna<br />

Dal quattro al dieci percento dei pazienti con diagnosi di carcinoma<br />

polmonare non a piccole cellule (CPNPC) presentano<br />

una doppia localizzazione o sviluppano una seconda lesione<br />

successiva alla prima diagnosi. In questi pazienti, la distinzione<br />

tra una metastasi dal primo tumore e un secondo<br />

primitivo è di vitale importanza nella valutazione prognostica,<br />

nonché nelle successive decisioni terapeutiche. Attualmente<br />

i criteri in uso sono ancora quelli suggeriti da Martini<br />

e Melamed 1 negli anni ’70, e cioè principalmente l’istotipo,<br />

la sede del secondo tumore (stesso lobo o lobi differenti) e,<br />

per i tumori metacroni, il tempo di latenza tra il primo e il secondo<br />

tumore. Nel tentativo di trovare un parametro più oggettivo<br />

dei suddetti, utile alla classificazione dei pazienti con<br />

doppio tumore polmonare, abbiamo studiato una serie di 20<br />

pazienti sottoposti a intervento chirurgico per doppio CPNPC<br />

sincrono o metacrono. Ogni caso è stato stadiato e classificato<br />

come istotipo tumorale seguendo le indicazione della<br />

WHO e i pazienti sono stati quindi classificati come doppio<br />

primitivo o tumore metastatico secondo i criteri di Martini e<br />

Melamed 1 . Da blocchi in paraffina selezionati per ogni tumore,<br />

mediante microdissezione laser-assistita delle cellule<br />

tumorali, è poi stato estratto e sequenziato il DNA mitocondriale<br />

(mtDNA) per valutare la distanza genetica tra i due tumori<br />

2 . Per ogni caso sono stati utilizzati come controllo tessuto<br />

polmonare normale dello stesso lobo del tumore studiato<br />

e tessuto linfonodale reattivo. Nella nostra serie, dal confronto<br />

del pattern di mutazioni del mtDNA è emerso che nel<br />

72% dei casi i due tumori non erano geneticamente correlate<br />

tra loro e pertanto da considerarsi come neoplasie primitive<br />

indipendenti. Nel restante 28% dei casi il sequenziamento del<br />

mtDNA ha mostrato un identico pattern di mutazioni nei due<br />

tumori, interpretabili, pertanto, come l’uno metastasi dell’altro.<br />

Confrontando poi i risultati dell’analisi molecolare con la<br />

classificazione secondo i criteri di Martini e Melamed 1 , il<br />

30% dei pazienti passava dalla categoria M1 (secondo tumore<br />

= metastasi) a quella del secondo primitivo. I nostri risultati<br />

indicano che l’analisi molecolare mediante sequenziamento<br />

del mtDNA fornisce un parametro utile e più oggettivo<br />

dei classici criteri clinicopatologici alla valutazione dei<br />

pazienti portatori di doppio tumore polmonare.<br />

Bibliografia<br />

1 Martini N, Melamed MR. J Thorac Cardiovasc Surg 1975;70:606-12.<br />

2 Morandi L, et al. Lung Cancer 2007;56:35-42.<br />

Significato prognostico dell’espressione<br />

immunoistochimica di insulin like growth<br />

factor receptor 1 (IGFR-1) ed epidermal<br />

growth factor receptor (EGFR) nei carcinomi<br />

non a piccole cellule del polmone (NSCLC)<br />

G. Bellezza, V. Ludovini * , A. Sidoni, L. Pistola * , F. Bianconi<br />

** , M.G. Mameli, C. Cioccoloni, R. Del Sordo, R. Colella,<br />

F. Cartaginese, I. Ferri, F.R. Tofanetti * , A. Flacco * ,<br />

L. Di Carlo *** , A. Semeraro *** , G. Daddi *** , L. Crino * , A.<br />

Cavaliere<br />

Sezione di Anatomia Patologica, Dipartimento di Medicina<br />

Sperimentale e Scienze Biochimiche, Università di Perugia;<br />

* S.C. di Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera di Perugia;<br />

** Dipartimento di Ingegneria Elettronica e dell’Informazione,<br />

Università di Perugia; *** S.C. di Chirurgia Toracica,<br />

Università di Perugia<br />

Introduzione. Insulin like growth factor receptor 1 (IGFR-1)<br />

è implicato nei meccanismi di crescita, proliferazione e sopravvivenza<br />

delle cellule tumorali attraverso l’interazione<br />

con i suoi ligandi Insulin like growth factor 1 (IGF-1) e 2<br />

(IGF-2). Epidermal growth factor receptor (EGFR) svolge<br />

un ruolo chiave nella proliferazione e sopravvivenza cellulare<br />

e la sua espressione risulta elevata in numerose neoplasie<br />

maligne. Il significato prognostico di IGFR-1 e EGFR deve<br />

essere ancora definito soprattutto nei NSCLC in stadio non<br />

avanzato. Nel nostro studio abbiamo analizzato l’espressione<br />

immunoistochimica di IGFR-1 e EGFR in una casistica di<br />

NSCLC trattati con chirurgia per valutarne la correlazione<br />

con i principali parametri anatomo-clinici, la possibile interazione<br />

e il significato prognostico.<br />

Materiali e metodi. L’espressione immunoistochimica di<br />

EGFR e di IGFR-1 è stata valutata in 130 casi consecutivi di<br />

NSCLC. La valutazione dei risultati è stata fatta con analisi<br />

semiquantitativa considerando come cut-off il 10% delle cellule<br />

positive 1 .<br />

Risultati. L’età media dei pazienti studiati è stata di 66 anni<br />

(mediana 66; range 40-84), 111 maschi e 19 femmine. 81 pazienti<br />

erano in stadio I, 21 in stadio II, 26 in stadio III. Per<br />

quanto riguarda il tipo istologico, 64 erano carcinomi squamocellulari,<br />

40 adenocarcinomi, 7 bronchioloalveolari, 13<br />

carcinomi a grandi cellule e 6 misti. IGFR-1 è risultato<br />

espresso nel 36% dei NSCLC e si correlava con il parametro<br />

pT (p = 0,044) ma non con gli altri parametri anatomo-clinici<br />

considerati. L’espressione di EGFR si è osservata nel 56%<br />

dei casi, più spesso nei carcinomi squamocellulari (p =<br />

0,017). All’analisi multivariata, la co-espressione di IGFR-1<br />

e EGFR è risultato un fattore prognostico sfavorevole per la<br />

sopravvivenza libera da malattia (p = 0,0056).<br />

Conclusioni. Nei pazienti con NSCLC in stadio I-IIIa trattati<br />

con chirurgia la co-espressione di IGFR-1 ed EGFR rappresenta<br />

un fattore prognostico indipendente per la sopravvivenza<br />

libera da malattia. La possibile interazione tra EGFR e<br />

IGFR-1 apre nuove prospettive in termini di risposta ad agenti<br />

chemioterapici come gli inibitori delle tirosin-kinasi.<br />

Bibliografia<br />

1 Selvaggi G, et al. Ann Oncol 2004;15:28-32.<br />

POSTERS


POSTERS<br />

Il gene EGFR: fattore discriminante nella<br />

stadiazione dell’adenocarcinoma polmonare<br />

multiplo?<br />

P. Graziano, R. Gasbarra, D. Remotti, E. Silvestri, J. Nunnari,<br />

L. Manente, M.C. Macciomei, R. Pisa, A. Leone<br />

Dipartimento dei Servizi, U.O.C. Anatomia ed Istologia Patologica,<br />

Ospedale “C. Forlanini”, Roma<br />

Introduzione. La stadiazione clinico-patologica è il fattore<br />

di maggior rilievo prognostico nell’inquadramento terapeutico<br />

dei pazienti affetti da carcinoma polmonare. In tali pazienti,<br />

il riscontro di più tumori a medesimo istotipo, fa emergere<br />

la necessità di appurare se si tratti di una metastasi o di<br />

una localizzazione sincrona/metacrona. Nell’ambito di uno<br />

studio mirato all’identificazione di mutazioni dell’EGFR, in<br />

pazienti, afferenti alla nostra istituzione, affetti da adenocarcinoma<br />

polmonare, abbiamo osservato 11 casi con duplici localizzazioni<br />

intra- od inter-lobari e conseguente stadiazione<br />

patologica rispettivamente pT4 o pM1.<br />

Nel tentativo di ottenere informazioni volte a discriminare tra<br />

lesione metastatica o localizzazione sincrona/metacrona, tutti<br />

i campioni bioptici sono stati analizzati mediante studio<br />

morfologico e biomolecolare.<br />

Metodi. Le 22 lesioni neoplastiche osservate sono state distinte<br />

in base al grading ed al loro pattern citoarchitetturale.<br />

È stato inoltre eseguito lo studio del gene EGFR sia mediante<br />

sequenziamento diretto degli esoni 19 e 21 che mediante<br />

metodica FISH per la valutazione dell’eventuale presenza di<br />

amplificazione.<br />

Risultati. In nove casi su undici, entrambe le lesioni neoplastiche<br />

di ciascun paziente mostravano il medesimo grading<br />

patologico, suggerendo l’ipotesi di una loro possibile origine<br />

clonale. Al contrario, il profilo molecolare del gene EGFR,<br />

ha permesso di identificare discordanze in quattro degli undici<br />

pazienti studiati, con riscontro di microdelezione nell’esone<br />

19 in solo una delle due lesioni analizzate.<br />

La valutazione dell’EGFR mediante metodica FISH si è rivelata<br />

informativa in nove pazienti su undici. In sette casi<br />

l’amplificazione del gene era assente in entrambe le lesioni,<br />

mentre era presente solo in uno dei due adenocarcinomi nei<br />

due casi restanti.<br />

Conclusioni. Il nostro studio rileva la presenza di pattern<br />

molecolari difformi nell’ambito di un sottogruppo di adenocarcinomi<br />

polmonari multipli.<br />

L’integrazione delle informazioni morfofenotipiche e molecolari<br />

potrebbero quindi rappresentare un valido ausilio nella<br />

discriminazione tra eventi metastatici e lesioni sincrone/metacrone,<br />

consentendo una più accurata stadiazione clinico-patologica<br />

e prospettando differenti scenari terapeutici.<br />

Carcinoma a cellule aciniche della cavità<br />

nasale<br />

M. Zaccaria, R. Rossi, M.L. Fiorella * , N. Quaranta * , M.<br />

Palumbo, D. Piscitelli, L. Resta<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica, Policlinico di Bari; *<br />

Dipartimento di Oftalmologia e Otorinolaringoiatria, Policlinico<br />

di Bari<br />

Introduzione. Il carcinoma a cellule aciniche rappresenta<br />

circa l’1% di tutti i tumori delle ghiandole salivari, nelle<br />

ghiandole salivari minori è raro e solo 11 casi di carcinoma a<br />

cellule aciniche della cavità nasale sono stati descritti nella<br />

letteratura Inglese. Si descrivono diversi pattern architetturali<br />

e diversi tipi cellulari che possono essere presenti anche nel<br />

carcinoma a cellule aciniche del tratto sinusale. Descriviamo<br />

un caso pervenuto alla nostra osservazione.<br />

Materiali e metodi. Donna di 44 anni con ostruzione nasale<br />

per una massa polipoide asportata chirurgicamente. Il materiale<br />

chirurgico è stato fissato in formalina 10% e incluso in<br />

paraffina. Le sezioni di 5 µm sono state colorate con Ematossilina-Eosina,<br />

PAS e PAS/diastasi, Ematossilina fosfotungstica<br />

ed effettuate le reazioni di IIC per citocheraine<br />

pool, CAM 5.2, alfa 1-antichimotripsina, GFAP, alfa 1-AT e<br />

proteina S-100.<br />

Risultati. Istologicamente la lesione era costituita da cellule<br />

rotonde o poligonali con abbondante citoplasma finemente<br />

granulare e nuclei rotondi, uniformi eccentricamente localizzati.<br />

Il pattern di crescita era trabecolare, solido e prevalentemente<br />

microfollicolare.<br />

PAS dopo diastasi era completamente negativa, la colorazione<br />

con Ematossilina fosfotungstica è risultata debolmente positiva<br />

e le reazioni di IIC sono risultate positive per citocheraine<br />

pool e CAM 5.2, alfa 1-antichimotripsina, GFAP e negative<br />

per alfa 1-AT e proteina S-100.<br />

Conclusioni. Il carcinoma a cellule aciniche è più frequente<br />

tra la 5°-6° decade di vita anche se può insorgere in tutte le età<br />

compresi i bambini senza alcuna differenza di sesso. Tipicamente<br />

risulta positivo al PAS dopo digestione con diastasi anche<br />

se sono noti casi negativi. La diagnosi differenziale include<br />

il cistoadenocarcinoma, il carcinoma mucoepidermoide, le<br />

metastasi di carcinoma tiroideo, oncocitoma, l’adenocarcinoma<br />

a cellule chiare, le metastasi di carcinoma renale a cellule<br />

chiare e il PLGA. La diagnosi si basa sulla valutazione delle<br />

caratteristiche citologiche delle cellule. Pas e α-amilasi sono di<br />

poco aiuto. La microscopia elettronica è riservata ai casi in cui<br />

la diagnosi al microscopio ottico è dubbia.<br />

Leioyosarcoma of larynx. Report of a case<br />

227<br />

M. Bonucci, E.D. Rossi, G.L. Corsetti * , E. Torri *<br />

Servizio Anatomia Patologica, Casa di Cura “San Feliciano”,<br />

Roma; * U.O. Ororinolaringoiatria, Casa di Cura “San<br />

Feliciano”, Roma, Italia<br />

Introduction. Leiomyosarcoma of the larynx is a very rare<br />

tumor and sometimes misleading diagnosis. Histological<br />

evaluation of this smooth muscle tumor is difficult and immunoistochemistry<br />

(IIC) is esential for a correct diagnosis.<br />

Material and metods. An unusual case of a 57-year-old man<br />

with a 1.1 cm white nodular lesion of the rigth larynx was examinated.<br />

Results. The istological speciment done with an interval of 3<br />

months showed a stromal myxoid proliferation of spindle<br />

cells with enlarged pleomorphic nuclei and and some bimultinuclear<br />

cells present in the backgraund focal necrosis,<br />

ephitelial ulceration and atypical rigenerative hyperplasia.<br />

The IIC resulted focal positive for S100 and Actine and negative<br />

for Cytocheratin, LCA, CD34, CD30. The final diagnosis<br />

supported by IIC was leiomyosarcoma well differenziated<br />

with focal pleomorphism.<br />

Conclusion. Leiomyosarcoma of the larynx is an extremely<br />

rare malignant smooth muscle tumor with poor world-wide<br />

literature. The diagnosis was done supported by ICC and optimal<br />

management and follow-up is still debated.


228<br />

A rare ocular cyst infection by trichinella<br />

spiralis<br />

M. Bonucci, E.D. Rossi, G. Pannarale * , L. Pannarale * , C.<br />

Pannarale *<br />

Servizio Anatomia Patologica, Casa di Cura “San Feliciano”,<br />

Roma; * U.O. Oculistica, Città di Bari Hospital, Italia<br />

Introduction. Ocular parassitary infectionis a rare evenience.<br />

In specific the presence of Trichinella Spiralis with<br />

predilection of muscle tissue of eye-socket is evaluated for<br />

the first time.<br />

Material and metods. A 71-year old man patient with an<br />

eye-socket rigth cyst underwent biopsy.<br />

Results. The lesion was a grey nodular cyst about 0.6 cm.<br />

The microscopic examination showed a fragment of granulation<br />

tissue with some oval struttures underlying by a cuticle<br />

wall and larvae and parasites inside. A final diagnosis of<br />

Trichinella Spiralis was done based on the exclusion of the<br />

ather common parasitis.<br />

Conclusion. Eye-socket Trichinella Spiralis is an extremely<br />

rare localization. Especially in presence of muscolar tissue<br />

associated with a parasite, the Trichinella Spiralis showed be<br />

considered of a possible infective desease for the trophism<br />

with muscles.<br />

Studio multicentrico di un caso di melanoma<br />

nasale con metastasi metacrona nel laringe<br />

A. Altavilla, R. Rossi, G. Caruso *<br />

D.A.P. (Dipartimento di Anatomia Patologica), Università di<br />

Bari, Policlinico; * U.O. di Anatomia Patologica “E. Franco”,<br />

D.A.P. (Dipartimento di Anatomia Patologica), Università<br />

di Bari, Policlinico<br />

Introduzione. Il melanoma della regione nasale presenta<br />

un’incidenza dell’8% di tutti i melanomi maligni della testa e<br />

del collo e meno dell’1% di tutti i melanomi. Le metastasi laringee<br />

sono rare, in venti anni 11 casi. La neoplasia, nel setto<br />

nasale, originerebbe dagli scarsi melanociti presenti nella<br />

sottomucosa scheneideriana. Presentiamo un caso di melanoma<br />

nasale con metastasi laringea metacrona.<br />

Metodi. Una donna di 61 anni, riferiva all’osservazione clinica<br />

comparsa graduale da circa due mesi di ostruzione nasale<br />

bilaterale associata a rinorrea mucosa, per presenza nella<br />

fossa nasale destra di neoformazione polipoide di aspetto traslucido.<br />

I campioni prelevati sono stati fissati in formalina<br />

neutra tamponata al 10%, processati ed inclusi in paraffina;<br />

da sezioni di 3 µ di spessore sono state allestite colorazioni<br />

istochimiche ed immunoistochimiche. Alcuni frammenti sono<br />

stati sparaffinati in xylene e sottoposti ad ulteriore processazione<br />

per l’esame ultrastrutturale.<br />

Risultati. All’esame microscopico la neoplasia risultava costituita<br />

da piccole cellule basofile, fusate e rare epitelioidi di<br />

taglia media con rapporto nucleo/citoplasma a favore del nucleo,<br />

a contorno irregolare, con mitosi atipiche e nucleoli evidenti.<br />

Tali elementi cellulari apparivano organizzati in teche<br />

e in fasci intrecciati o dispersi. Presente necrosi e pigmento<br />

brunastro. Le reazioni immunoistochimiche risultavano positive<br />

per HMB-45 e S-100, negative per Ck-pool. L’esame ultrastrutturale<br />

ha rivelato la presenza di premelanosomi, melanosomi<br />

e assenza di granuli neurosecretori.<br />

POSTERS<br />

Diagnosi finale. Melanoma melanotico a piccole cellule e a<br />

cellule fusate della fossa nasale. La paziente si sottopone a<br />

radioterapia e dopo sei mesi presenta neoformazione alla corda<br />

vocale destra, diagnosticata istologicamente come localizzazione<br />

secondaria laringea di melanoma del naso.<br />

Conclusioni. Il melanoma nasale è una neoplasia maligna<br />

abbastanza rara e biologicamente molto aggressiva e non facilmente<br />

eradicabile. Tale neoplasia è inoltre difficilmente<br />

diagnosticabile sia per l’aspecificità clinica sia per i problemi<br />

di diagnosi differenziale con altre neoplasie a morfologia<br />

simile. Pertanto è necessario effettuare uno studio multicentrico<br />

per un trattamento terapeutico opportuno, con una maggiore<br />

attenzione all’immunoterapia, confrontando i risultati<br />

ottenuti e verificandoli costantemente, onde evitare il rischio<br />

molto alto di recidive e metastasi a distanza.<br />

Adenocarcinoma “intestinal-type”<br />

dell’etmoide<br />

M. De Vito, M.L. Brancone, T. Ventura, K. Di Silvestre,<br />

L. Ventura *<br />

Istituto Veneri, Laboratorio di Analisi Citoistopatologiche,<br />

Tortoreto (TE); * U.O. di Anatomia Patologica, ASL 4, Ospedale<br />

“San Salvatore”, L’Aquila<br />

Introduzione. Gli adenocarcinomi di tipo intestinale (ITAC)<br />

della cavità nasale e dei seni paranasali sono neoplasie poco<br />

comuni che insorgono sporadicamente o in seguito ad esposizione<br />

protratta a polveri di legno, nickel e talora a fumo. Si<br />

tratta di neoplasie aggressive, con una mortalità superiore al<br />

50% 1 .<br />

Metodi. Giungeva alla nostra osservazione un paziente di<br />

sesso maschile, di 78 anni, di professione falegname, con sintomi<br />

da ostruzione nasale. Gli esami strumentali evidenziavano<br />

una neoformazione localizzata in sede etmoidale. Il<br />

campione operatorio era costituito da una formazione polipoide<br />

dell’altezza di 4,5 cm. Il materiale chirurgico veniva<br />

processato e tagliato in sezioni di 4 µm di spessore, colorate<br />

in ematossilina-eosina e con metodo immunoistochimico.<br />

Risultati. L’esame istologico evidenziava una lesione, composta<br />

da cellule cuboidali e colonnari, con nuclei pleomorfi<br />

ed ipercromici, con prominenti nucleoli, che si organizzavano<br />

in strutture di tipo tubulo-papillare, del tutto indistinguibili<br />

dalle neoplasie del tratto gastroenterico. Tali cellule erano<br />

immunopositive per CK20 e CDX2, cromogranina e sinaptofisina;<br />

erano invece negative per CK7. Veniva posta<br />

diagnosi di ITAC a localizzazione etmoidale.<br />

Conclusioni. Le neoplasie della cavità nasale e dei seni paranasali<br />

rappresentano lo 0,4% di tutti i tumori. Il WHO definisce<br />

gli ITAC come neoformazioni ghiandolari maligne<br />

che non mostrano caratteristiche istologiche proprie dei carcinomi<br />

delle ghiandole salivari. Le sedi più frequenti sono il<br />

seno mascellare e quello etmoidale 1 . Si tratta di tumori che<br />

probabilmente originano da fenomeni di metaplasia intestinale<br />

indotta da polveri del legno, di pelle e da altri agenti sconosciuti<br />

2 . La diagnosi differenziale va posta con gli adenocarcinomi<br />

sinonasali di basso grado, con quelli primitivi del<br />

nasofaringe e con quelli metastatici. Gli studi immunoistochimici<br />

hanno evidenziato che gli ITAC sono costantemente<br />

positivi per la CK20 e che spesso coesprimono anche la CK7.<br />

Una piccola, ma significativa quota di adenocarcinomi, tra<br />

cui il nostro caso, esprimono un immunofenotipo<br />

CK20+/CK7-, che suggerisce una lenta trasformazione del-


POSTERS<br />

l’epitelio respiratorio in quello di tipo intestinale 2 . In conclusione,<br />

la valutazione immunoistochimica di CK7, CK20,<br />

CDX2, cromogranina e sinaptofisina, nonché gli esami strumentali,<br />

possono essere d’ausilio nella diagnostica differenziale<br />

tra ITAC, adenocarcinomi transizionali e neoplasie gastroenteriche<br />

metastatiche in sede etmoidale.<br />

Bibliografia<br />

1 Abecasis J, et al. Histopathology 2004;45:254-9.<br />

2 Kennedy MT, et al. J Clin Pathol 2004;57:932-7.<br />

229


PATHOLOGICA 2007;99:230-252<br />

Patologia dell’apparato uro-genitale<br />

Prognostic significance of high grade<br />

prostatic intraepithelial neoplasia: risk of<br />

prostatic cancer on repeat biopsies<br />

L. Caliendo, E. Venturino, F. Gallo, S. Ardoino, A. Dellachà,<br />

C.E. Marino, A. Pastorino<br />

Ospedale “S. Paolo”, ASL2 Savonese, Italia<br />

Introduction. To verify the prognostic significance of high<br />

grade prostatic intraepithelial neoplasia (HGPIN) in 61 patients<br />

who underwent repeat biopsies with a mean follow-up<br />

of 32 months.<br />

Methods. In October 2006 we selected retrospectively 61 patients<br />

(mean age 63.4 ± 7.2, range 49-75) with HGPIN diagnosis,<br />

PSA values greater than 4 ng/mL, in the absence of<br />

clinical (digital rectal examination) or ultrasonographic parameters<br />

indicative of prostatic cancer (CaP), who underwent,<br />

between January 2002 and December 2005, rebiopsies<br />

after 3-12, 13-24, 25-36 and 37-48 months from HGPIN diagnosis.<br />

After each rebiopsy, three diagnoses were made: benign<br />

prostatic hyperplasia (BPH), HGPIN and CaP. Prognostic<br />

significance of PSA values and of monofocal/plurifocal<br />

HGPIN patterns ratios at biopsy were also assessed.<br />

Results. After a total of four rebiopsies, diagnosis of HGPIN<br />

was confirmed in 52/61 (85.2%), 45/60 (75.0%), 42/52<br />

(80.7%) and 39/49 (79.6%) patients respectively while CaP<br />

diagnosis was detected in 12/61 patients (19.6%). Most of the<br />

CaP diagnoses were reported after the second biopsy with<br />

stage pT2 and Gleason sum ≤ 7. Significant differences in<br />

PSA values and mono/plurifocal rates were not reported in<br />

the three groups of patients at biopsy and no value could be<br />

assigned to these parameters in terms of prediction of the<br />

subsequent diagnosis of persistent HGPIN, BPH or CaP.<br />

Conclusions. The risk for cancer following the diagnosis of<br />

HGPIN (19.6%) is not higher than the risk reported following<br />

a benign diagnosis. PSA values and HGPIN focality at<br />

biopsy do not enhance cancer predictivity. Rebiopsy could be<br />

performed every 12 months from initial diagnosis.<br />

References<br />

Bostwick DG, et al. Pathol Res Pract 1995;191:828-30.<br />

Epstein JI, et al. J Urol 2006;175:820-34.<br />

Aspetti clinico-patologici dei teratomi maturi<br />

cistici dell’ovaio e caratterizzazione delle<br />

componenti endocrine<br />

D. Micello, E. Rigoli, N. Papanikolau, S. Marchet, S. La<br />

Rosa, C. Riva, C. Capella<br />

Dipartimento di Morfologia Umana, Unità di Anatomia Patologica,<br />

Università dell’Insubria, Varese<br />

Introduzione. Il teratoma cistico maturo (TCM) dell’ovaio è<br />

composto da tessuti maturi ben differenziati derivanti dai tre<br />

foglietti embrionali, con prevalenza di elementi ectodermici.<br />

Lo studio si proponeva di definire il profilo di un’ampia casistica<br />

di TMC e di valutare la frequenza di componenti endocrine<br />

tiroidee, adenoipofisarie e associate a mucosa di tipo<br />

gastroenterico e respiratorio.<br />

Metodi. Sono stati indagati 200 casi di TMC, osservati dal<br />

1997 al 2006. I casi sono stati sottoposti a revisione istologica<br />

con registrazione dei tessuti presenti; su base morfologica<br />

sono stati selezionati 56 casi per lo studio immunoistochimico,<br />

impiegando anticorpi contro: Cromogranina A, PRL, GH,<br />

ACTH, α-hCG, β-FSH, β-LH, β-TSH, tireoglobulina, serotonina,<br />

PP e glicentina.<br />

Risultati. I TMC rappresentavano circa il 25% di tutti i tumori<br />

ovarici osservati nel periodo corrispondente. L’età media di<br />

presentazione era 37 anni (range: 8-87) con localizzazione<br />

ovarica destra nel 52%, sinistra nel 40% e bilaterale nel 6% dei<br />

casi. I TMC avevano dimensioni medie di cm 5,9 (range 1-25<br />

cm). L’analisi morfologica ha evidenziato tessuti presenti: 1)<br />

nella quasi totalità dei casi (cute e annessi); 2) con elevata frequenza<br />

(tessuto adiposo, neuroglia e mucosa respiratoria); 3)<br />

occasionalmente (osso, cartilagine, denti, plessi corioidei, retina,<br />

nervi, ghiandole salivari, tiroide, mucosa intestinale e muscolo<br />

liscio); 4) raramente (muscolatura striata, mucosa gastrica,<br />

adenoipofisi e tessuto linfatico). In 2 casi (1%) è stato diagnosticato<br />

un carcinoma spinocellulare insorto su TMC. Nel<br />

6% dei TMC è stato osservato un quadro di struma ovarii, nel<br />

cui ambito è stato possibile documentare uno spettro di lesioni:<br />

iperplasia nodulare (12 casi), carcinoma papillare (1 caso)<br />

e carcinoide strumale (5 casi, di cui 4 a struttura trabecolare,<br />

PP e glicentina+ e un caso a nidi solidi, con cellule cromogranina<br />

e serotonina+). Nel 3% dei casi erano presenti nidi di cellule<br />

adenoipofisarie, a prevalente espressione di PRL e GH, localizzate<br />

nel contesto di tessuto tiroideo, compreso quello di<br />

carcinoidi strumali o di struma ovarii, o in vicinanza di strutture<br />

respiratorie. Negli epiteli di tipo gastroenterico e respiratorio<br />

sono state evidenziate sparse cellule endocrine cromogranina<br />

e, talora, serotonina+.<br />

Conclusioni. Lo studio ha delineato il profilo di un’ampia<br />

casistica di TMC, tipizzando le varie componenti tessutali e<br />

le neoplasie da esse insorte; ha individuato le lesioni tiroidee<br />

associate agli struma ovarii e il fenotipo dei carcinoidi strumali<br />

e, infine, ha definito la frequenza e il fenotipo della<br />

componente adenoipofisaria.<br />

Neoplasie simultanee endometriali ed<br />

ovariche: revisione casistica<br />

P. Perego, F. Pagni, G. Cattoretti, M. Signorelli *<br />

Dipartimento di Patologia Clinica, U.O. di Anatomia Patologica<br />

e Citologia Diagnostica; * Dipartimento di Ostetricia<br />

e Ginecologia, Divisione di Ginecologia Oncologica; Università<br />

di Milano, Bicocca, Azienda Ospedaliera “S. Gerardo”,<br />

Monza<br />

Introduzione. In una revisione clinica delle nostre neoplasie<br />

maligne ginecologiche l’associazione endometrio/ovaio è risultata<br />

nettamente prevalente (in accordo con i dati di letteratura<br />

dove c’è coesistenza nel 5-10% di tutti i casi) ma con<br />

un 55% dei casi in stadi iniziali, dato questo in contrasto con<br />

la letteratura. Di questo particolare gruppo è stata fatta una<br />

revisione istopatologica.<br />

Materiali. Sono state considerate 93 pazienti (dicembre 1981agosto<br />

2005) con diagnosi simultanea di neoplasia ovaio/endometrio<br />

in stadio iniziale (IA-C ovaio/IA-IIB endometrio)<br />

senza pregresse patologie neoplastiche note, età media 52 an-


POSTERS<br />

Casi % Casi % Casi %<br />

Stadio Grado Istotipo<br />

Endometrio IA 10 11 1 38 41 Endometrioide 90 97<br />

IB 56 60 2 43 46 Sieroso 2 2<br />

IC 7 7 3 12 13 Indifferenziato 1 1<br />

IIA 11 12<br />

IIB 9 10<br />

Ovaio IA 47 50,5 1 25 27 Endometrioide 73 78<br />

IB 12 13 2 63 68,5 Cellule chiare 2 2<br />

IC 34 36,5 3 5 5,5 Mucinoso 5 5,5<br />

Sieroso 9 10<br />

Misto 4 4,5<br />

Concordanza istotipoEndometrioide/Endometrioide 72 casi 77%<br />

Sieroso/Sieroso 1 caso<br />

Concordanza grado G1/G1 17 casi 18% 60%<br />

G2/G2 35 casi 39%<br />

G3/G3 3 casi 3%<br />

G2 in una sede36 casi 67%<br />

ni (range 27-79), prima chirurgia o presso la nostra divisione<br />

ginecologica (51 casi) o presso altre sedi (42 casi con nostra<br />

revisione istopatologica) ed indicazione chirurgica prevalentemente<br />

per patologia neoplastica uterina (57 casi).<br />

Risultati. I risultati sono riportati in tabella.<br />

Discussione. La nostra revisione istopatologica ha dimostrato,<br />

in contrasto con la letteratura, alta incidenza di grado I-II<br />

sia per le neoplasie endometriali ma soprattutto per quelle<br />

ovariche (contro il 30% di neoplasie grado III in stadio I della<br />

letteratura 1 ) e prevalenza di istotipo endometrioide (77%<br />

contro il 20% della letteratura).<br />

La definizione istopatologica è stata indipendentemente validata<br />

con analisi molecolare per espressione genica.<br />

La nostra associazione prevalente, prognosticamente favorevole<br />

(ovaio G1 stadio IA/endometrio G1 microinvasivo),<br />

spiega anche l’ottima sopravvivenza a 5 anni (96% dei casi).<br />

La distinzione tra neoplasie indipendenti sincrone o metastatiche<br />

ha importanza fondamentale perché il trattamento e soprattutto<br />

la prognosi sono completamente differenti nelle due<br />

evenienze. Il dato istopatologico ha quindi una ricaduta clinica<br />

significativa e la corretta diagnosi, tenendo conto di tutte<br />

le ben note difficoltà connesse, ha un ruolo di primo piano<br />

nel condizionare il percorso terapeutico successivo.<br />

Bibliografia<br />

1 Soliman PT, et al. Synchronous primary cancers of the endometrium<br />

and ovary: a single institution review of 84 cases. Gynecol Oncol<br />

2004;94:456.<br />

Malattia di Paget vulvare: dati istopatologici<br />

a favore di un approccio conservativo<br />

P. Perego, F. Bono, G. Cattoretti, A. Maneo *<br />

Dipartimento di Patologia Clinica, U.O. di Anatomia Patologica<br />

e Citologia Diagnostica; * Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia,<br />

Divisione di Ginecologia Oncologica, Università di<br />

Milano, Bicocca, Azienda Ospedaliera “S. Gerardo”, Monza<br />

Introduzione. La malattia di Paget vulvare è una patologia<br />

rara con caratteristiche particolari (estensione clinica della<br />

231<br />

lesione non sempre correttamente stimabile, plurifocalità,<br />

tendenza alla recidiva) che non rendono il trattamento elettivo<br />

(quello chirurgico) una sicurezza terapeutica. La chirurgia<br />

demolitiva non è garanzia di radicalità (alta incidenza di margini<br />

interessati, presenza di cellule di Paget a distanza dalla<br />

lesione clinica) e la negatività dei margini chirurgici non è<br />

predittiva dell’evoluzione successiva. L’andamento variabile<br />

della lesione (possibilità di recidiva indipendentemente dallo<br />

stato dei margini e viceversa non recidiva in casi di margini<br />

interessati) ha determinato una rivalutazione del tipo di approccio<br />

(da radicale a conservativo).<br />

Metodi. Sono stati valutati 35 casi di malattia di Paget presenti<br />

nella nostra casistica nell’arco di tempo dal dicembre 1981<br />

ad oggi, con 5 casi a prima diagnosi in altri centri (nostra revisione<br />

istopatologica a concordanza totale) e successivo trattamento<br />

presso la nostra divisione di ginecologia e 30 casi con<br />

intero iter presso il nostro centro. In questo arco di tempo la<br />

chirurgia attuata si è evoluta da radicale (vulvectomia con linfadenectomia)<br />

a conservativa (prima vulvectomia semplice<br />

verso skin vulvectomy e poi tumorectomia) ed in rapporto a<br />

ciò, nei casi con un follow-up adeguato, sono stati correlati<br />

margini chirurgici, recidive e stato della paziente.<br />

Risultati. Nel follow-up considerato, ad eccezione di 2 pazienti<br />

decedute per altre patologie e comunque non con malattia<br />

vulvare in atto, tutte le altre pazienti sono vive (sopravvivenza<br />

massima 11 anni) spesso con recidiva (da un minimo<br />

di 1 ad un massimo di 4 recidive ma con un’incidenza delle<br />

recidive comunque sovrapponibile a quelle di casistiche a<br />

prevalente approccio radicale).<br />

In questo gruppo l’istotipo della lesione, lo stato dei margini<br />

chirurgici, la comparsa di recidive, la presenza di metastasi<br />

linfonodali (2 casi) o di altre neoplasie (3 casi di neoplasia<br />

mammaria, 1 casi di carcinoma endometriale e 2 casi di carcinoma<br />

vulvare) sincrone o metacrone non hanno condizionato<br />

la sopravvivenza.<br />

Discussione. La nostra revisione ha confermato i vantaggi di<br />

una scelta conservativa e per le minori sequele post-chirurgiche<br />

ma soprattutto, tenendo conto dei ripetuti interventi richiesti<br />

dalle recidive e condizionanti non tanto la prognosi<br />

quanto la qualità di vita, proprio per un miglioramento della<br />

qualità di vita stessa.


232<br />

Struma ovarico maligno: descrizione di un<br />

caso<br />

A. Colasante, B. Zappacosta, M. Piccolomini, S. Magnasco,<br />

E. Dell’Osa, U. Tatasciore, D. Angelucci<br />

Istituto di Anatomia Patologica, Ospedale Clinicizzato “SS.<br />

Annunziata”, Chieti<br />

Introduzione. Il teratoma maturo ovarico costituisce il 27-<br />

44% di tutte le neoplasie ovariche. Tessuto tiroideo benigno<br />

è osservato nel 5-15% dei teratomi maturi; la trasformazione<br />

maligna dello stesso rappresenta lo 0,01% dei casi. Descriviamo<br />

un caso di teratoma maturo associato a struma e neoplasia<br />

follicolare.<br />

Metodi. Donna di 24 anni sottoposta a laparoscopia per<br />

asportazione di formazione cistica a carico dell’ovaio sinistro.<br />

Macroscopicamente si presentava come una neoformazione<br />

cistica semisolida delle dimensioni di cm 2,8 x 2 x 2,3<br />

a pareti ispessite e focalmente calcifiche. All’esame istologico<br />

si trattava di un teratoma maturo dell’ovaio con struma<br />

follicolare tiroideo con focali aspetti solidi ed a pattern di<br />

crescita infiltrativo. Sono state effettuate indagini di morfologia<br />

molecolare con immunoistochimica.<br />

Risultati. Lo studio istologico della neoformazione mostrava<br />

un teratoma maturo ovarico pluritissutale con una componente<br />

tiroidea qualitativamente e quantitativamente predominante.<br />

Focalmente, il tessuto tiroideo (TTF1 e tireoglobulina<br />

positivi) si presentava solido, a pattern di crescita infiltrativo<br />

dei tessuti fibromuscolari adiacenti (AML e DESMINA positivi).<br />

La neoformazione mostrava architettura follicolare e<br />

solida con lievi atipie citologiche, senza le caratteristiche alterazioni<br />

nucleari del carcinoma papillare. I margini del tessuto<br />

tiroideo erano irregolari, non delimitati da una capsula.<br />

La proliferazione follicolare in alcuni punti era perivascolare,<br />

senza peraltro mostrare aspetti embolici.<br />

Conclusioni. I criteri morfologici utilizzati per valutare la malignità<br />

dello struma ovarico dovrebbero essere gli stessi utilizzati<br />

per la ghiandola tiroide. Tuttavia, trattandosi di struma ovarico,<br />

è da definire il cut-off tra lo struma proliferativo ed il carcinoma<br />

follicolare ben differenziato. Nel nostro caso, pur non<br />

essendo presente una franca invasione vascolare, si osservava<br />

una diffusa infiltrazione dei tessuti fibromuscolari.<br />

Non è chiaro, dai dati della letteratura, se questa è assimilabile<br />

ad una “invasione capsulare” o se rappresenti un normale<br />

pattern di crescita teratomatoso. Dato che sono stati riportati<br />

struma follicolari “benigni” che in seguito hanno metastatizzato,<br />

vale la pena di enfatizzare criteri non usuali. Nel<br />

nostro caso, l’invasione destruente strutture fibromuscolari<br />

depone per carcinoma piuttosto che per struma.<br />

The prostate-associated lymphoid tissue<br />

(PALT) is linked to the expression of<br />

chemokines CXCL13 and CCL21<br />

E. Di Carlo * ** , S. Magnasco * ** , T. D’Antuono * ** , C. Sor-<br />

* ** rentino<br />

* Department of Oncology and Neurosciences, Anatomic<br />

Pathology Section, “G. d’Annunzio” University, Chieti,<br />

Italy; ** Ce.S.I. Aging Research Center, “G. d’Annunzio”<br />

University Foundation, Chieti, Italy<br />

Introduction. The genitourinary tract is regarded as part of<br />

the mucosal immune system, however, the structural and<br />

POSTERS<br />

functional aspects of the prostate-associated lymphoid tissue<br />

(PALT) have never been extensively explored.<br />

Methods. We here describe the architectural, immunological<br />

and functional aspects of lymphoid tissue in the human<br />

prostate investigated by means of immunohistological, confocal<br />

and ultrastructural analyses.<br />

Results. PALT consists of two main components:<br />

1. intraepithelial leukocytes, namely CD3 + T cells with prevalent<br />

CD8 + and CD45RA - CD45RO + phenotype (some expressing<br />

the early activation marker CD69) followed by<br />

CD94 + NK cells, CD11c + dendritic cells (DCs) (some expressing<br />

the co-stimulatory molecule CD86) and a few B<br />

lymphocytes;<br />

2. lymphoid aggregates, frequently below the epithelia, arranged<br />

in B cell follicles, endowed with a central ICAM-1 +<br />

VCAM-1 + CD21 + follicular DC network expressing<br />

BLC/CXCL13, and parafollicular T cell areas crossed by<br />

PNAd + HEV-like vessels showing SLC/CCL21 expression.<br />

Parafollicular areas were formed of prevalent CD4 + T lymphocytes,<br />

both CD45RA + naïve and CD45RO + memory,<br />

and intermingled with CD11c + DCs. Germinal-centre-containing<br />

follicles are few and their parafollicular areas are<br />

scantily infiltrated by Foxp3 + CD69 - highly suppressive<br />

regulatory T cells. Most lymphoid follicles lack a distinct<br />

germinal centre and their parafollicular area harbour numerous<br />

Foxp3 + CD69 - cells.<br />

Conclusions. Comparative analyses with the tonsils show<br />

that PALT displays immunomorphological features required<br />

for the onset of cellular and humoral immune responses,<br />

while its T regulatory cells appear to function as suppressorregulators<br />

of T and B cell responses.<br />

Ruolo della citologia anale nella diagnosi<br />

delle lesioni pre-neoplastiche HPV correlate<br />

in soggetti omosessuali maschi HIV positivi:<br />

confronto tra strisci citologici e biopsie<br />

chirurgiche<br />

A. Ferri, F. Pagano, E. Omodeo Zorini, C.M. Antonacci,<br />

L. Vago, M. Nebuloni<br />

U.O. Anatomia Patologica, Dipartimento Scienze Cliniche<br />

“L. Sacco”, Milano<br />

Introduzione. Negli ultimi anni l’incidenza di lesioni displastiche<br />

e neoplastiche anali è in continuo aumento tra i pazienti<br />

omosessuali maschi HIV positivi. Come succede per la<br />

patologia cervicale, anche per le lesioni anali è ormai dimostrato<br />

un nesso eziologico tra HPV e lesioni displastiche, che<br />

rappresentano un precursore del carcinoma squamoso invasivo.<br />

La citologia anale potrebbe dunque essere un valido strumento<br />

di screening nella diagnostica delle lesioni HPV correlate.<br />

Lo scopo di questo studio è la valutazione della sensibilità<br />

dello striscio citologico come strumento diagnostico nelle lesioni<br />

anali da HPV, mediante il confronto con i risultati ottenuti<br />

da biopsie chirurgiche.<br />

Metodi. Lo studio si basa sul confronto dei preparati citologici<br />

e biopsie chirurgiche provenienti dagli stessi pazienti.<br />

Sono stati selezionati 56 omosessuali maschi HIV positivi,<br />

per 138 campioni cito/istologici appaiati. Sono stati considerati<br />

due intervalli di tempo tra l’esecuzione dei prelievi citologici<br />

ed istologici di ciascun paziente: T1 (intervallo di 1<br />

mese) e T2 (intervallo compreso tra 1 e 6 mesi). Il materiale


POSTERS<br />

citologico è stato raccolto mediante spazzolamento e i campiono<br />

bioptici sono stati prelevati in anoscopia. I campioni<br />

citologici sono stati valutati secondo il Sistema Bethesda e i<br />

preparati istologici in accordo con i criteri morfologici di displasia.<br />

È stato quindi eseguito un confronto tra le due serie<br />

di dati.<br />

Risultati. Centotredici coppie di esami cito/istologici sono<br />

stati effettuati ad un intervallo di tempo T1 e 25 a T2. Ventinove<br />

strisci citologici hanno ricevuto una diagnosi di HSIL,<br />

102 di LSIL e 7 di negatività per displasia. Novantotto appaiamenti<br />

sono risultati concordanti (98/138; 67%). Le diagnosi<br />

citologiche di LSIL hanno ottenuto la più alta percentuale<br />

di concordanza rispetto all’istologia: 82% a T1 e 80% a<br />

T2. Il tasso più elevato di discordanza è stato riscontrato per<br />

le diagnosi di HSIL: 74% a T1 e 100% a T2. Il 95% dei casi<br />

di HSIL discordanti a T1 ed il 50% a T2 corrispondevano a<br />

diagnosi di displasia a basso grado, i restanti erano negativi<br />

per displasia.<br />

Conclusioni. Nel nostro studio l’accordo tra citologia ed<br />

istologia anale appare elevato solo nei casi di lesione citologica<br />

a basso grado, indipendentemente dall’intervallo temporale.<br />

Al contrario, la concordanza è scarsa per le lesioni citologiche<br />

ad alto grado, ove la diagnosi citologica appare sovrastimata<br />

rispetto a quella istologica.<br />

Carcinosarcoma vulvare: case report<br />

P. Parente, F. Castri, I. Pennacchia, A. Coli, G. Bigotti, F.<br />

Federico, G. Massi<br />

Istituto di Anatomia Patologica, Università Cattolica del Sacro<br />

Cuore, Roma<br />

Introduzione. I tumori della vulva rappresentano il 3% dei<br />

tumori dell’apparato genitale femminile. L’istotipo più frequente<br />

è quello a cellule squamose (90-92%); altre varianti<br />

sono il carcinoma verrucoso, carcinoma adenosquamoso,<br />

carcinoma a cellule basali e carcinoma metaplasico o sarcomatoide.<br />

Sono descritte inoltre forme miste o carcinosarcomi<br />

composte da doppia componente epiteliale e mesenchimale.<br />

Tali forme insorgono generalmente in sede extravulvare;<br />

in letteratura sono descritti due casi a insorgenza genitale.<br />

Case report. Descriviamo il caso di una donna di 74 anni<br />

giunta all’attenzione del clinico per una lesione polipoide<br />

della vulva. All’esame macroscopico la lesione si presentava<br />

vegetante, peduncolata, del diametro di 4,5 cm, al taglio solida,<br />

di colore biancastro ed omogenea. Istologicamente la lesione<br />

mostrava una doppia componente maligna, epiteliale e<br />

mesenchimale; la prima rappresentata da carcinoma squamoso<br />

infiltrante ben differenziato con aspetti verrucosi; la seconda<br />

di aspetto sarcomatoso ad alto grado con le caratteristiche<br />

del fibroistiocitoma maligno. La superficie era estesamente<br />

ulcerata. Le indagini immunoistochimiche hanno confermato<br />

la compresenza dei due istotipi: la componente epiteliale<br />

positiva per le citocheratine, la componente mesenchimale<br />

per Vimentina ed S-100. Dei 13 linfonodi asportati uno<br />

mostrava metastasi da carcinoma squamoso.<br />

Discussione. La diagnosi delle lesioni miste rappresenta un<br />

problema diagnostico a causa della rarità di tali neoplasie e<br />

della incompleta conoscenza della loro istogenesi. Si pone<br />

inoltre la diagnosi differenziale con altre neoplasie. Un carcinoma<br />

squamoso altamente indifferenziato può assumere un<br />

aspetto sarcomatoso e può evocare una reazione stromale<br />

pseudosarcomatosa. Nel nostro caso abbiamo escluso una<br />

diagnosi di carcinoma pseudosarcomatoso in quanto l’aspetto<br />

istologico mostrava una doppia componente chiaramente<br />

demarcata, non sovrapposta. Tale reperto era confermato dalle<br />

indagini immunoistochimiche. È stata esclusa anche diagnosi<br />

di tumore misto Mulleriano, la cui localizzazione tipica<br />

è a livello del corpo dell’utero con possibile estensione all’area<br />

vulvo-vaginale. I dati clinico-strumentali escludevano<br />

una localizzazione secondaria, istologicamente la componente<br />

carcinomatosa del tumore mulleriano è solitamente ben<br />

differenziata e le componenti epiteliale e mesenchimale sono<br />

sovrapposte.<br />

Conclusioni. Descriviamo il terzo caso in letteratura di carcinosarcoma<br />

vulvare.<br />

Tumore prostatico stromale a incerto<br />

potenziale (STUMP): case report<br />

233<br />

I. Pennacchia, F. Castri, P. Parente, F. Federico, A. Coli,<br />

G. Bigotti, G. Massi<br />

Istituto di Anatomia Patologica, Università Cattolica del Sacro<br />

Cuore, Roma, Italia<br />

Introduzione. I tumori prostatici stromali ad incerto potenziale<br />

maligno (STUMP) sono lesioni senza evidenza di malignità;<br />

originano come i sarcomi stromali dallo stroma specializzato<br />

ormonosensibile della prostata. A differenza di<br />

questi, la loro natura neoplastica è controversa e ciò è ascrivibile<br />

alla loro rarità e alla mancanza di un follow-up a lungo<br />

termine. Sono stati identificati quattro distinti patterns di<br />

STUMP: il più comune (atipia degenerativa) è costituito da<br />

uno stroma con cellule atipiche associate a ghiandole benigne;<br />

il secondo da uno stroma moderatamente ipercellulato<br />

senza atipie e ricorda l’iperplasia prostatica benigna; il terzo<br />

mostra una proliferazione stromale spesso mixoide dalla citologia<br />

blanda senza figure mitotiche; una crescita di tipo filloide<br />

individua il quarto.<br />

Case report. Descriviamo il caso di un paziente di 68 anni,<br />

sottoposto ad intervento di prostatectomia nel febbraio 2004,<br />

con recidiva, sette mesi dopo, di tessuto simil-cicatriziale. A<br />

settembre e dicembre 2006 si sono verificate due ulteriori recidive.<br />

Metodi. Tutto il materiale è stato incluso e sezionato a molteplici<br />

livelli, colorato in ematossilina eosina e testato per indagini<br />

immunoistochimiche per SMA, S-100, GFAP.<br />

Risultati. L’esame istologico del primo intervento mostrava<br />

un’iperplasia fibroadenomiomatosa con flogosi interstiziale<br />

focalmente ascessualizzata. La recidiva invece era costituita<br />

da tessuto angiofibromatoso con aspetti che ricordavano una<br />

forma mesenchimale reattiva. Istologicamente la lesione era<br />

caratterizzata da una proliferazione di cellule tipiche, fusate,<br />

regolarmente distribuite, di aspetto monomorfo, in abbondante<br />

stroma mixoide, focalmente positive per SMA, diffusamente<br />

positive per desmina; S-100 e GFAP risultavano negative.<br />

Il caso è stato interpretato come neoplasia mixoide a<br />

cellule fusate non classificata.<br />

Conclusioni. Descriviamo un caso di STUMP che pone<br />

un’importante diagnosi differenziale con l’iperplasia fibromioadenomatosa<br />

e con una forma reattiva post-chirurgica. La<br />

prima viene esclusa per il comportamento clinico, per la presenza<br />

di proliferazione vascolare atipica, lo stroma mixoide e<br />

l’assenza di ghiandole. L’altra viene esclusa per l’assenza<br />

della componente infiammatoria stromale.


234<br />

Nuovi ausili nella diagnostica dei sex-cord<br />

stromal tumors gonadici<br />

R. Boldrini, R. Devito, P. Francalanci, F. Diomedi Camassei,<br />

F. Callea<br />

Servizio di Anatomia Patologica Ospedale Pediatrico “Bambino<br />

Gesù”, IRCCS Roma, Italia<br />

Introduzione. I “sex-cord stromal tumors” (SCST) configurano<br />

un gruppo di rare neoplasie gonadiche ad origine dagli<br />

elementi dei cordoni sessuali o dallo stroma gonadico.<br />

Questi tumori presentano una ampia variabilità di aspetti<br />

istologici e possono simulare altre neoplasie, gonadiche e<br />

non, quali le neoplasie della linea germinale, il tumore desmoplastico<br />

a piccole cellule, il carcinoma endometrioide<br />

dell’ovaio.<br />

Alcuni Autori hanno segnalato che l’anticorpo A 103 (Melan<br />

A), marcatore della linea melanocitaria, colora una elevata<br />

percentuale di SCST.<br />

Metodi. Sezioni in paraffina di 10 casi di SCST ottenuti dagli<br />

archivi del Servizio di Anatomia Patologica dell’Ospedale<br />

Pediatrico “Bambino Gesù” più un linfoma del testicolo ed<br />

un caso di tumore desmoplastico a piccole cellule sono stati<br />

sottoposti a marcatura immunoistochimica con anticorpo monoclonale<br />

per inibina alpha ed anticorpo monoclonale Melan<br />

A.<br />

Risultati. Tutti i casi di SCST hanno evidenziato con Melan<br />

A una caratteristica marcatura citoplasmatica granulare di intensità<br />

variabile, da lieve a marcata, compresi casi negativi<br />

con inibina.<br />

In accordo con la letteratura l’intensità della marcatura è risultata<br />

inversamente proporzionale al grado di differenziazione<br />

del tumore, mentre diversamente da quanto segnalato,<br />

la colorazione è risultata per lo più diffusa piuttosto che focale.<br />

Sia il linfoma testicolare che il tumore desmoplastico<br />

sono risultati negativi.<br />

Discussione. L’anticorpo A 103 riconosce un antigene (Melan<br />

A) espresso nei melanociti e nella maggior parte delle lesioni<br />

melanocitarie.<br />

Più di recente si è constatato che l’A 103 marca le cellule che<br />

sintetizzano ormoni steroidei ed i relativi tumori quali i tumori<br />

adrenocorticali e i SCST gonadici.<br />

La marcatura con A 103 si è rivelata un valido ausilio diagnostico<br />

per i SCST, con particolare riguardo nei casi scarsamente<br />

differenziati ed inibina negativi che presentano problemi<br />

di diagnosi differenziale con altre neoplasie.<br />

Tumore mesonefrico del tratto genitale<br />

femminile<br />

R. De Cecio, C. Mignogna, A. Di Spiezio Sardo * , D. Mandato<br />

* , P. Giampaolino * , J. Falleti, G. De Rosa<br />

Dipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali Sezione<br />

di Anatomia Patologica e Citopatologia, Università<br />

“Federico II” di Napoli; * Dipartimento di Ginecologia ed<br />

Ostetricia e Fisiopatologia della Riproduzione, Università<br />

“Federico II” di Napoli<br />

Introduzione. L’Adenocarcinoma mesonefrico del tratto genitale<br />

femminile è un tumore maligno di origine Wolfiana,<br />

molto raro, ancor di più se consideriamo la localizzazione vaginale.<br />

POSTERS<br />

In letteratura sono presenti solo due casi ben documentati, allo<br />

stato attuale è una lesione poco conosciuta sia per quel che<br />

riguarda la presentazione clinica, sia per le caratteristiche patologiche,<br />

i protocolli terapeutici e l’evoluzione prognostica.<br />

Trattiamo un caso relativo ad una donna caucasica di 58 anni,<br />

sottoposta 5 anni prima ad isteroannessiectomia totale bilaterale<br />

per fibromiomatosi, attualmente veniva ricoverata<br />

per la presenza di una massa, irregolarmente polipoide, occupante<br />

la loggia uterina e annessiale destra fino alla base<br />

delle grandi labbra, con associata sintomatologia di peso perineale<br />

e prurito vulvare.<br />

Metodi e risultati. Macroscopicamente la massa misurava<br />

14 x 10 cm, in sezione era di aspetto variegato. L’esteso campionamento<br />

ha mostrato una neoplasia maligna epiteliale con<br />

prevalente pattern principale di tipo tubulare e pattern secondario<br />

di tipo solido. Erano presenti aree di necrosi, focali immagini<br />

di invasione vascolare, l’attività mitotica, valutata su<br />

10 campi a forte ingrandimento era di circa 10 mitosi X HPF.<br />

La neoplasia era positiva allo studio immunoistochimico per<br />

CK pan, CK 5-6, Vimentina, CD10; localmente positiva per<br />

EMA e Calretinina; negativa per CEA, E-R, P-R e Ca 125.<br />

Sulla base dei dati morfologici ed immunofenotipici era posta<br />

diagnosi di adenocarcinoma mesonefrico.<br />

Conclusioni. L’adenocarcinoma mesonefrico è un tumore<br />

maligno che origina da residui mesonefrici, nel nostro caso<br />

localizzati a livello della parete laterale della vagina. Questo<br />

sembra essere il terzo di due casi già riportati in letteratura di<br />

adenocarcinoma mesonefrico della vagina, attualmente la paziente<br />

è libera da malattia ad un anno di follow-up.<br />

Iperplasia endometriale/EIN: valutazione<br />

morfologica ed imunofenotipica<br />

A. Canesso, G. Altavilla, G. Busatto, L. Poletto<br />

U.O.A. Istologia ed Anatomia Patologica, Azienda Ospedaliera<br />

ULSS 15 “Alta Padovana”, Cittadella (PD), Italia<br />

Introduzione. La distinzione delle lesioni precancerose dell’endometrio<br />

in iperplasia e neoplasia intraepiteliale endometriale<br />

(EIN) 1 2 , si è rivelata maggiormente riproducibile rispetto<br />

alla classificazione WHO 1994.<br />

I criteri che la definiscono sono:<br />

– VPS (volume percentuale dello stroma) < 55%;<br />

– dimensioni > 1 mm;<br />

– demarcazione citologica;<br />

– esclusione dei mimickers;<br />

– esclusione del carcinoma.<br />

Metodi. L’espressione di p53, p27, c-erb-B2, PTEN, MSH2,<br />

MLH1, FHIT, recettore per estrogeni e progesterone e l’indice<br />

di proliferazione (MIB-1) sono stati valutati, con tecnica<br />

immunoistochimica, su un campione di 64 casi (25 iperplasie,<br />

19 EIN, 20 adenocarcinomi endometrioidi) precedentemente<br />

diagnosticati con la classificazione WHO 1994 e rivisti<br />

con i criteri classificativi del sistema iperplasia/EIN.<br />

Il confronto è stato fatto nei seguenti gruppi:<br />

– iperpalsia-adenocarcinoma;<br />

– EIN-adenocarcinoma;<br />

– iperplasia-EIN.<br />

L’analisi statistica è stata eseguita utilizzando il test χ 2 con<br />

correzione di Yates (p < 0,005).<br />

Risultati. La tabella seguente riassume i risultati ottenuti. I<br />

valori significativi sono evidenziati in grassetto.


POSTERS<br />

P iper/ P iper/ P EIN/<br />

adenoca EIN adenoca<br />

REC estrogeni 0,00006 0,219 0,016<br />

REC progesterone 0,003 0,413 0,103<br />

MIB-1 0,77 0,008 0,025<br />

C-ERBB2 0,303 0,116 0,979<br />

P53 0,973 0,796 0,899<br />

P27 0,06 0,792 0,07<br />

MLH1 0,00006 0,81 0,0005<br />

MSH2 0,00002 0,409 0,0002<br />

PTEN 0,0017 0,04 0,415<br />

FHIT 0,004 0,06 0,445<br />

Conclusioni. MLH1 ed MSH2 possono essere utilizzati come<br />

marcatori di lesione iperplastica benigna e di lesione neoplastica<br />

intraepiteliale analogamente a PTEN.<br />

MLH1 ed MSH2 possono essere utilizzati, in aiuto alla<br />

morfologia, nella distinzione tra EIN ed adenocarcinoma ben<br />

differenziato nei casi con morfologia dubbia.<br />

Si riconfermano il ruolo di PTEN e dello stato di espressione<br />

dei recettori per gli estrogeni ed il progesterone nel processo<br />

di tumorigenesi dell’adenocarcinoma endometrioide.<br />

In questo studio è stata eseguita la prima valutazione dell’espressione<br />

del gene FHIT nelle iperplasie e nell’adenocarcinoma<br />

valutati con la classificazione iperplasia/EIN; la significatività<br />

ottenuta nel confronto tra iperplasia ed adenocarcinoma<br />

conferma il suo possibile coinvolgimento nel processo<br />

di carcinogenesi endometriale ed offre lo spunto per approfondire<br />

il ruolo di tale oncosoppressore nella mucosa dell’endometrio.<br />

Bibliografia<br />

1 Baak JP, et al. Cancer 2005;103:2304-12.<br />

2 Hecht LJ, et al. Mod Pathol 2005;18:324-30.<br />

Tumore angiomiofibroblastoma-like degli<br />

annessi testicolari: caso clinico-patologico<br />

M. Muscarà, S. Valentini, C. Martinengo * , S. Cristina<br />

S.C. Anatomia Patologica, ASL 13 Novara, Ospedale di Borgomanero;<br />

* S.C. Urologia, ASL 13 Novara, Ospedale di Borgomanero<br />

Introduzione. Viene presentato un caso di neoplasia mesenchimale<br />

degli annessi testicolari con caratteri clinico-morfologici<br />

ed immunofenotipici affini all’angiomiofibroblastoma<br />

vulvovaginale.<br />

Metodi. Uomo di 52 anni sottoposto a chirurgia esplorativa<br />

per massa scrotale indolente presente da 3 anni, circoscritta;<br />

disomogenea all’esame US. All’esame macroscopico massa<br />

di 5,5 cm di asse maggiore, ovalare, roseo-grigiastra, di consistenza<br />

elastica. Esame intraoperatorio: proliferazione di vasi<br />

e cellule fusate a stroma lasso senza caratteri di malignità.<br />

Sezioni istologiche ottenute dopo fissazione in FNT ed inclusione<br />

sono state colorate con EE, Alcian Blu pH 2.2, PAS<br />

e Gomori; indagini immunoistochimiche con anticorpi anti:<br />

actina, desmina, CD34, S-100, vimentina, ER, PgR.<br />

Risultati. Istologicamente si tratta di proliferazione, ben delimitata,<br />

a stroma fibro-mixoide e bassa cellularità, costituita<br />

da cellule fusate, talora nastriformi, con nuclei allungati, prive<br />

di atipie, disposte attorno a piccoli vasi ectasici con parete<br />

ialina; assenti necrosi e mitosi. Tali elementi risultano immunoreattivi<br />

per vimentina, CD34 ed esprimono recettori per<br />

estrogeno e progesterone. Il paziente, sottoposto a escissione<br />

semplice della neoplasia, non presenta, a 6 mesi dall’intervento,<br />

recidive locali o metastasi.<br />

Conclusioni. Il nostro quadro clinico-morfologico ed immunofenotipico<br />

è diagnostico di tumore “angiomiofibroblastoma-like”<br />

del tratto genitale maschile 1 . Tale entità entra in<br />

diagnosi differenziale con neoplasie circoscritte a cellule fusate<br />

quali l’emangiopericitoma, il lipoma a cellule fusate, il<br />

mixofibrosarcoma e l’angiomixoma aggressivo. Dei 25 casi<br />

riportati in letteratura, a nostra conoscenza, a localizzazione<br />

scrotale o inguinale, uno solo ha presentato progressione locale.<br />

L’istogenesi proposta per questo rarissimo tumore è<br />

quella di origine da una cellula totipotente perivascolare capace<br />

di differenziazione miofibroblastica ed adiposa.<br />

Bibliografia<br />

1 Laskin W, et al. Am J Surg Pathol 1998;22:6-16.<br />

235<br />

P53 e Glut-1 nei tumori della muscolatura<br />

liscia uterina ad incerto potenziale maligno e<br />

loro significato nella progressione<br />

neoplastica<br />

D. Cabibi, M. Cacciatore, A. Martorana, E. Barresi, F.<br />

Aragona<br />

Dipartimento di Patologia Umana, Università di Palermo<br />

Introduzione. Le neoplasie uterine di origine muscolare<br />

comprendono le forme benigne, i leiomiomi (L), le forme<br />

maligne e i leiomiosarcomi (LS).<br />

Alcuni casi, definibili come “ad incerto potenziale maligno”<br />

sono considerate borderline (BL), non presentano i criteri minimi<br />

per la diagnosi di LS, e vengono definiti come “leiomioma<br />

atipico con basso rischio di recidiva”, o come “leiomioma<br />

con focali atipie ma per i quali l’esperienza è limitata”<br />

1 . Recentemente due markers immunoistochimici, P53 e<br />

Glut-1, sono stati utilizzati nella diagnosi differenziale tra L<br />

(negativi per entrambi i markers) e LS (spesso positivi per<br />

entrambi) 2 . L’origine del LS da un L pre-esistente è ritenuta<br />

improbabile dalla maggior parte della letteratura corrente.<br />

Scopo dello studio è quello di approfondire il profilo immunofenotipico<br />

delle forme BL con l’uso dei suddetti anticorpi,<br />

per meglio definirne il significato istogenetico e valutarne un<br />

eventuale ruolo nella progressione neoplastica.<br />

Metodi. Lo studio è stato condotto su 9 casi con diagnosi<br />

istologica di “leiomioma atipico con basso rischio di recidiva”<br />

e su 15 casi di “leiomioma con atipie focali per i quali<br />

l’esperienza è limitata” 18 dei quali asportati con intervento<br />

di miomectomia e 6 con isterectomia. Le sezioni con aree<br />

maggiormente atipiche sono state sottoposte ad esame immunoistochimico<br />

con anticorpi p53 e Glut1.<br />

Come controllo negativo sono stati usati 3 casi di L. Le aree<br />

non atipiche delle neoplasie in studio fungevano da controllo<br />

negativo interno. Come controllo positivo sono stati usati 3<br />

casi di LS.<br />

Un follow-up di due anni è stato effettuato per 12 pazienti.<br />

Risultati. Tutti i casi esaminati mostravano focale positività<br />

per entrambi i markers, nelle aree più atipiche. Le aree non<br />

atipiche e i leiomiomi di controllo erano negativi.


236<br />

I leiomiosarcomi mostravano positività diffusa per entrambi<br />

i markers.<br />

Il follow-up ha mostrato recidiva in due casi. Nessun caso ha<br />

mostrato metastasi.<br />

Conclusione. I BL da noi studiati presentavano focalmente<br />

non solo caratteri istologici, ma anche immunofenotipici<br />

maggiormente simili a quelli delle neoplasie maligne, almeno<br />

nelle aree con maggiori atipie. Queste osservazioni suggeriscono<br />

che tali neoplasie possano rappresentare una tappa<br />

intermedia del processo multistep di progressione neoplastica,<br />

rendendo maggiormente probabile l’ipotesi dell’origine<br />

del LS dal L.<br />

La probabilità di recidive evidenziata nel follow-up conferma<br />

la necessità di un corretto inquadramento al quale l’esame<br />

immunoistochimico potrebbe apportare un valido contributo.<br />

Bibliografia<br />

1 Bell SW, et al. Problematic uterine smooth muscle neoplasm. A clinico<br />

pathologic study of 213 cases. Am J Surg Pathol 1994;18:535-58.<br />

2 Rao UN, et al. Comparative immunohistochemical and molecular<br />

analysis of uterine and extrauterine leiomyosarcomas. Mod Pathol<br />

1999;12:1001-9.<br />

TMPRSS2:ERG gene fusion expression and<br />

prostate cancer progression<br />

G. Nesi, L. Bonaccorsi * , M. Paglierani, L.R. Girardi, S.<br />

Serni ** , M. Carini ** , E. Baldi * , G.I. Forti * , L. Luzzatto ***<br />

Department of Human Pathology and Oncology; * Department<br />

of Clinical Physiopathology, Unit of Andrology; ** Department<br />

of Critical Care Medicine and Surgery, Unit of<br />

Urology, University of Florence, Italy; *** Istituto Toscano<br />

Tumori, Florence, Italy<br />

Introduction. Recent studies have reported functional fusion<br />

of the TMPRSS2 and ERG genes with consequent ERG overexpression<br />

in a large proportion of prostate cancers. Some<br />

data suggest that ERG expression is higher in less aggressive<br />

prostate carcinomas while others show an association between<br />

TMPRSS2:ERG gene fusion and more aggressive disease.<br />

Materials and methods. The TMPRSS2:ERG fusion status<br />

was assessed in tumour samples from 84 patients undergoing<br />

radical prostatectomy between 1998 and 2000. Sixty patients<br />

(group A) had surgery alone, while 24 patients (group B) received<br />

androgen ablation therapy for 3 months before<br />

surgery.<br />

Results. The fusion of TMPRSS2 and ERG was demonstrated<br />

by reverse transcription polymerase chain reaction (PCR)<br />

in 84% of patients in group A and in 54% of patients in group<br />

B (p = 0.01). The levels of TMPRSS2:ERG and ERG, measured<br />

by real-time quantitative PCR, did not show significant<br />

association with clinical and pathological characteristics of<br />

the tumours, except for a negative correlation of ERG overexpression<br />

with Gleason score (R = 0.457; p = 0.0001), only<br />

observed in group A. The lower proportion of patients harbouring<br />

TMPRSS2:ERG fusion in group B suggests that androgen<br />

ablation inhibits the expression of TMPRSS2:ERG,<br />

underscoring the key role of androgen-mediated transcription<br />

control of the gene fusion. Biochemical (PSA) recurrencefree<br />

survival was not significantly different in group A patients<br />

both with and without ERG overexpression.<br />

Conclusions. In this specimen set, we observed that the presence<br />

of a TMPRSS2:ERG fusion did not correlate with re-<br />

currence-free survival following radical prostatectomy. Further<br />

studies in larger cohorts of tissue are under way to confirm<br />

these observations.<br />

Correlazione dei dati istopatologici nel<br />

campionamento di prostatectomia radicale<br />

per la valutazione comparativa di dati<br />

istopatologici e biomolecolari<br />

M. Colecchia * , N. Zaffaroni ** , M.G. Daidone ** , A. Pellegrinelli,<br />

A. Carbone<br />

S.C. Anatomia Patologica B; * S.C. Anatomia Patologica C;<br />

** S.C. Ricerca Traslazionale, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale<br />

dei Tumori, Milano<br />

Introduzione. Nell’era della genomica funzionale risulta essenziale<br />

raggiungere un giusto equilibrio tra l’acquisizione di<br />

tessuto ben conservato per analisi molecolari e il mantenimento<br />

della integrità istologica del tessuto. L’analisi di tessuti<br />

provenienti da 38 prostatectomie radicali consecutive ha<br />

consentito di giungere ad individuare con precisione le aree<br />

patologiche da campionare correlandole con i dati morfologici<br />

dell’esame patologico definitivo.<br />

Metodi. Sono di seguito riassunte le procedure di campionamento<br />

riportate altrove in dettaglio consistenti nell’effettuare<br />

il “whole mount sampling” con macrosezioni seriate di circa<br />

5 mm perpendicolari all’uretra in direzione apice-base dopo<br />

aver chinato i margini del campione. Focolai sospetti sono<br />

prelevati tramite asportazione di frammenti di circa 1 x 1 x<br />

0,2 cm e conservati a -80 °C.<br />

Risultati. Si è eseguito il campionamento di 38 casi di prostatectomia<br />

radicale eseguendo 54 prelievi di neoplasia, 25 di<br />

iperplasia, 3 di PIN. In 4 pazienti non è stato individuato il<br />

focolaio tumorale. I focolai neoplastici variavano tra 0,1 e 10<br />

mm di diametro interessando dal 20% al 100% del frammento<br />

asportato. In 34 pazienti (89%) è stato possibile ricostruire<br />

la presenza del tumore sulle macrosezioni allestite per preparati<br />

definitivi. Le indagini estrattive dell’Rna ottenuto dai<br />

tessuti prelevati sono risultate soddisfacenti con l’ottenimento<br />

da 0,5 a 1 µg di Rna per mg di tessuto, avendo ottenuto da<br />

20 a 60 mg di tessuto tumorale e da 20 a 180 mg iperplastico.<br />

Conclusioni. a) rilevante è il vantaggio della procedura adottata<br />

rispetto a quelle di Walton e di Jhavar, che sono riusciti<br />

ad acquisire materiale tumorale nell’83% e nel 66% dei casi<br />

esaminati. In particolare sembra indubbia la potenzialità offerta<br />

da una osservazione diretta delle macrosezioni rispetto<br />

a quella eseguita con agobiopsie eseguite con approccio a sestante<br />

dall’esterno per la quantità del tessuto prelevato 1 2 ; b)<br />

si è sempre riusciti ad eseguire correttamente l’esame patologico<br />

definitivo ed, evitando prelievi che comprendano il margine<br />

in china, sì è sempre valutato il margine in modo adeguato;<br />

c) la conoscenza del referto istologico delle biopsie<br />

eseguite prima dell’intervento è di aiuto nell’esame macroscopico;<br />

d) per preservare e conservare materiale per indagini<br />

molecolari il campione adeguato deve comprendere circa<br />

1 cc di tessuto; e) il tempo di effettuazione dell’esame (20’-<br />

30’) permette di preservare in modo idoneo il tessuto. per<br />

metodiche di real time PCR o di microarrays.<br />

Bibliografia<br />

1 Walton TJ. Prostate 2005;64:382.<br />

2 Jhavar SG. J Clin Pathol 2005;58:504.<br />

POSTERS


POSTERS<br />

Utilità diagnostica di CD13 e CD10 nelle<br />

neoplasie a cellule renali<br />

M. Brunelli, S. Gobbo, A. Eccher, A. Parisi, M. Gobbato,<br />

D. Dalfior, M. Chilosi, F. Menestrina, G. Martignoni<br />

Anatomia Patologica, Dipartimento di Patologia, Università<br />

di Verona<br />

Introduzione. L’utilità dell’espressione immunoistochimica<br />

della neuropeptidasi di membrana CD10 nella diagnosi differenziale<br />

delle neoplasie a cellule renali è stata descritta. L’aminopeptidasi<br />

N/CD13 è stata riportata in alcune neoplasie<br />

renali, tuttavia non vi è uno studio sistematico riguardo la sua<br />

espressione nei diversi istotipi. Lo studio prende in considerazione<br />

un’ampia serie di neoplasie renali, di diverso istotipo,<br />

valutando l’immunoespressione di CD10 e CD13 e ne<br />

compara l’utilità diagnostica.<br />

Metodi. Abbiamo studiato 85 neoplasie a cellule renali, 38<br />

carcinomi a cellule chiare, 16 papillari, 17 cromofobi e 14<br />

oncocitomi, con indagine immunoistochimica per CD13<br />

(Novocastra) e CD10 (Novocastra).<br />

Risultati. Positività di membrana era presente in 31 dei 38<br />

(81%) (19 con positività in > 50% delle cellule neoplastiche)<br />

carcinomi a cellule chiare e in 11 dei 16 (68%) (9 in > 50%<br />

delle cellule neoplastiche) carcinomi papillari mentre tutti i<br />

carcinomi cromofobi e gli oncocitomi sono risultati negativi.<br />

Positività al CD10 era presente in 36 dei 38 (94%) carcinomi<br />

a cellule chiare e in 14 dei 16 (87%) carcinoma papillari. Il<br />

CD10 era anche presente in 9 dei 17 (52%) carcinomi cromofobi<br />

e in 7 dei 14 (50%) oncocitomi.<br />

Conclusioni. 1) il CD13 è immunoespresso in modo significativo<br />

nei carcinoma a cellule renali a cellule chiare e papillari;<br />

2) il CD13 non è immunoespresso nei carcinoma cromofobi<br />

e negli oncocitomi, mentre il CD10 può essere presente<br />

sia nei carcinomi cromofobi che negli oncocitomi; 3)<br />

suggeriamo di includere il CD13 nel pannello di anticorpi per<br />

distinguere il carcinoma cellule chiare (prevalentemente<br />

CD10+ e CD13+) dal carcinoma cromofobo (CD13 negativo<br />

e CD10+/-).<br />

Tumori della salpinge: non sono poi così rari.<br />

Protocollo di prelievi nella routine<br />

I. Padoan, S. Chiarelli, E. D’Andrea * , A.R. Parenti, V.<br />

Ninfo<br />

Dipartimento di Scienze Medico Diagnostiche e Terapie Speciali,<br />

Anatomia Patologica I, Università di Padova, Azienda<br />

Ospedaliera di Padova; * Dipartimento di Scienze Oncologiche<br />

e Chirurgiche, Università di Padova, Azienda Ospedaliera<br />

di Padova<br />

Introduzione. Il carcinoma primitivo della tuba è considerato<br />

estremamente raro, anche se vi è una crescente evidenza<br />

che, in portatrici di mutazioni BRCA, le fimbrie possono rappresentare<br />

la sede elettiva di insorgenza del tumore. In accordo<br />

con la Letteratura e il Blue Book del WHO, molti Servizi<br />

di Anatomia Patologica applicano già correntemente da<br />

anni un protocollo di prelievi accurati delle fimbrie in casi di<br />

BSO profilattica in portatrici di mutazioni BRCA. Anche nel<br />

nostro Servizio questo ha consentito di evidenziare un microcarcinoma<br />

della fimbria in paziente con BRCA1 e ovaie<br />

scleroatrofiche negative. Nel 2007 sono state pubblicate le<br />

raccomandazioni della Associazione dei Direttori di Anato-<br />

237<br />

mia Patologica, che prevedono prelievi della tuba e delle fimbrie<br />

con specifico report anche nei casi di routine 1 .<br />

Metodi. Abbiamo perciò studiato, a partire dal nostro data<br />

base un campione di 200 casi consecutivi, provenienti dai<br />

servizi di Ginecologia e Chirurgia Generale, esaminati nell’arco<br />

di circa un anno con un protocollo di report macro e<br />

microscopico dettagliato per la tuba e le fimbrie, applicato in<br />

routine sin dal 2005.<br />

Risultati. La patologia principale riguardava l’utero in 109<br />

casi (81 patologia benigna, 20 tumori maligni del corpo, e 8<br />

CIS o ca invasivo cervice), gli annessi in 84 (54 patologia benigna,<br />

6 tumori borderline, e 24 carcinomi primitivi) e in 7<br />

tumori maligni extraginecologici. Complessivamente abbiamo<br />

riportato una localizzazione tubarica di tumore maligno<br />

in 19/200 casi. Di questi 7/19 erano chiaramente metastasi: 3<br />

da carcinoma ovarico e 4 da tumori extraginecologici. Degli<br />

altri 12 uno è del tutto tipico: carcinoma esclusivamente tubarico,<br />

in paziente già trattata per ca mammario e BRCA2<br />

positiva. Negli altri 11/12 coesisteva carcinoma ovarico. Per<br />

ora altre due pazienti sono carrier di mutazioni BRCA ed altre<br />

due hanno una elevata probabilità a priori di mutazione<br />

BRCA. Una di queste presentava carcinoma sieroso multifocale<br />

(tube, ovaie, endometrio, cervice e vagina). Altre due<br />

erano già state operate per carcinoma mammario, ed una per<br />

iperplasia duttale atipica.<br />

Conclusioni. I nostri dati supportano le recenti raccomandazioni<br />

dei Direttori di Anatomia Patologica. Il dibattito sui criteri<br />

per definire la sede primitiva-ovarica vs. -tubarica si pone<br />

in metà delle pazienti con carcinoma “ovarico” e una associazione<br />

con carcinoma mammario/BRCA mut nel 30%. Peraltro<br />

in tumori extraginecologici, la coesistente localizzazione<br />

tubarica, potrebbe suggerire nuove considerazioni sul<br />

meccanismo di diffusione, in particolare nei casi tipo c.d.<br />

“tumore di Krukemberg”.<br />

Bibliografia<br />

1 Longacre TA, Oliva E, Soslow RA, Association of Directors of Anatomic<br />

and Surgical Pathology. Recommendations for the reporting of<br />

fallopian tube neoplasms. Virchows Arch 2007;450:25-9.<br />

Cistoadenoma mucinoso dell’ovaio con<br />

noduli murali di sarcoma<br />

C. Manini, M. Abrate * , P.L. Montironi ** , D. Stramignoni<br />

Anatomia Patologica, Ospedale “Santa Croce”, Moncalieri<br />

(TO); * Anatomia Patologica, Ospedale Savigliano (CN);<br />

** Ostetricia e Ginecologia, Ospedale “Santa Croce”, Moncalieri<br />

(TO)<br />

Introduzione. Riportiamo il caso di una donna di 52 anni<br />

con lesione sarcomatosa in associazione a cistoadenoma mucinoso<br />

dell’ovaio. I tumori cistici mucinosi dell’ovaio, anche<br />

quando benigni, possono contenere nel loro contesto noduli<br />

murali che, in base alla loro morfologia, sono stati classificati<br />

come: noduli sarcoma-like, noduli di carcinoma anaplastico<br />

e di sarcoma. A fini prognostici è importante distinguere<br />

queste entità e formulare una corretta diagnosi.<br />

Metodi. La paziente giunge con addome acuto. Alla laparotomia<br />

esplorativa si rinviene massa ovarica cistica destra, lacerata,<br />

con emoperitoneo e disseminazione metastatica. Si<br />

procede ad annessiectomia bilaterale ed omentectomia. I pezzi<br />

chirurgici vengono esaminati con colorazioni convenzionali<br />

ed immunoistochimiche.


238<br />

Risultati. La lesione ovarica misura 9 cm di diametro, ha<br />

pluriconcamerazioni ed area solida, aggettante nel lume. L’omento<br />

è ispessito, con aree emorragiche. All’esame istologico<br />

la parete della cisti risulta rivestita da epitelio cilindrico<br />

muciparo monostratificato, privo di atipie. La superficie del<br />

nodulo murale è in parte denudata, in parte rivestita da epitelio<br />

muciparo. Il nodulo è costituito da una popolazione di cellule<br />

pleomorfe, in parte fusate, in parte epitelioidi, con nuclei<br />

bizzarri, nucleolati. Presenti numerose mitosi (30/10 HPF)<br />

anche atipiche, aree di necrosi, emorragia ed invasione vascolare.<br />

L’ovaio controlaterale mostra invasione stromale da<br />

parte della stessa componente cellulare, così come l’omento.<br />

Nell’ovaio sinistro è presente anche tumore di Brenner benigno.<br />

Alle reazioni immunoistochimiche le cellule che compongono<br />

il nodulo murale e le disseminazioni metastatiche<br />

sono diffusamente positive per vimentina, focalmente positive<br />

per actina e desmina, negative per citocheratina (MNF116,<br />

AE1/AE3, 7 e 20), CEA, CA125, TTF1, WT1, c-KIT. Indice<br />

di proliferazione Ki-67 (clone MIB-1): 90%. Si pone diagnosi<br />

di cistoadenoma mucinoso dell’ovaio con nodulo murale di<br />

sarcoma con localizzazioni all’ovaio controlaterale e all’omento.<br />

La paziente decede per la neoplasia 10 giorni dopo<br />

l’intervento.<br />

Conclusioni. Lo studio della morfologia e degli indici di proliferazione<br />

cellulare permette di definire la natura maligna<br />

della lesione in accordo con i dati clinici. L’immunofenotipo<br />

consente di stabilire l’origine mesenchimale della neoplasia.<br />

Validazione istologica delle immagini RM<br />

pesate in diffusione nella identificazione<br />

della neoplasia prostatica<br />

G. Bovo, A. Abate * , P. Vigan ** , G.R. Strada ** , G. Cattoretti,<br />

S. Sironi *<br />

U.O. di Anatomia Patologica; * Dipartimento di Diagnostica<br />

per Immagini; ** U.O. di Urologia, A.O. “San Gerardo” di<br />

Monza, Università “Bicocca”, Milano<br />

Introduzione. Validazione istologica delle immagini di Risonanza<br />

Magnetica (RM) pesate in diffusione (DWI) nella<br />

identificazione e stadiazione locoregionale della neoplasia<br />

prostatica insorta in zona periferica.<br />

Metodi. Sono stati valutati con studio RM (1,5 T) e sequenze<br />

DWI (0-700 b-value), 28 pazienti consecutivi (età media<br />

65 anni, range 55-76) con PSA compreso tra 3,7 e 80 ng/ml<br />

(valore medio 9,98 ng/ml) e biopsia positiva per adenocarcinoma<br />

prostatico. I pazienti sono stati quindi sottoposti a prostatectomia<br />

radicale. Tecnica di riferimento per la validazione<br />

delle immagini è stato l’esame istologico del pezzo operatorio<br />

con allestimento di macrosezioni seriate. Sia le macrosezioni<br />

che le ricostruzioni d’immagine sono state condotte<br />

secondo i medesimi piani. Ogni sezione è stata suddivisa in 3<br />

aree (anteriore, laterale e posteriore) per ciascun lobo e classificata<br />

in relazione alla posizione nella ghiandola (apicale,<br />

medioghiandolare, basale) per un totale di 18 sottoaree. Si<br />

sono confrontate le immagini DWI-T1-T2 con i preparati<br />

istopatologici valutando sede, numero, dimensioni e livello<br />

di invasione loco-regionale delle lesioni.<br />

Risultati. Tutti i pazienti presentavano all’esame RM con sequenze<br />

DWI alterazioni di segnale compatibili con lesioni<br />

neoplastiche a livello della porzione periferica della prostata.<br />

In particolare sono state rilevate 54 lesioni nei 28 pazienti<br />

corrispondenti a 110 sottoaree; dimensioni: 3-70 mm; 19 pa-<br />

POSTERS<br />

zienti (67,9%) con lesione multicentrica bilaterale e 9<br />

(32,1%) monofocale. 24 pazienti presentavano malattia organo-confinata,<br />

2 invasione della zona di transizione (1 con interessamento<br />

del collo vescicale), 2 pazienti interessamento<br />

delle vescicole seminali. Si è evidenziata una buona corrispondenza<br />

tra le lesioni documentate alle macrosezioni istologiche<br />

e le aree di alterato segnale riconoscibili allo studio<br />

RM DWI (sensibilità 94%; specificità: 93%), con differenze<br />

prevalentemente riconducibili alle dimensioni dei focolai.<br />

Conclusioni. Il confronto di macrosezioni istologiche di prostata<br />

con immagini di RM DWI convalida la buona accuratezza<br />

diagnostica del metodo di imaging nell’identificazione<br />

e stadiazione locoregionale delle neoplasie prostatiche della<br />

zona periferica, fornendo all’urologo un mezzo aggiuntivo<br />

nella decisione terapeutica (chirurgia vs. radioterapia vs. HI-<br />

FU e, in caso di chirurgia, nerve o bladder-sparing).<br />

Neoplasie incidentali di prostata in<br />

cistectomia radicale<br />

G. Bovo, M. Casu * , G. Cattoretti, G.R. Strada *<br />

U.O. di Anatomia Patologica, * U.O. di Urologia; A.O. “San<br />

Gerardo” di Monza, Università “Bicocca”, Milano<br />

Introduzione. Tecniche chirurgiche di cistectomia con risparmio<br />

parziale o totale della prostata per conservazione<br />

della potenza sessuale sono in corso di definizione. Necessita<br />

il calcolo del rischio in questi pazienti in seguito alla validazione<br />

della presenza di neoplasia prostatica residua.<br />

Metodi. Da novembre 1995 a giugno 2005 sono state esaminate<br />

con studio prospettico 204 cistectomie radicali condotte<br />

per carcinoma uroteliale senza nota patologia prostatica associata.<br />

Ogni prostata è stata campionata secondo protocollo<br />

standard in macrosezioni seriate di 4 mm di spessore e processata<br />

secondo metodiche di routine. L’indagine microscopica<br />

è stata eseguita da un patologo esperto in uropatologia.<br />

Per ogni adenocarcinoma prostatico si è registrato il numero<br />

di foci, la sede, il grado di differenziazione, il volume neoplastico,<br />

lo stadio, l’associazione con HGPIN.<br />

Risultati. L’adenocarcinoma prostatico è stato riscontrato in<br />

81 su 204 pazienti (39,7%). Focolai di HGPIN presenti in 101<br />

casi (49,5%): 56 su 81 (69,1%) pazienti con cancro e 45 su<br />

123 (36,5%) pazienti negativi. Età media: pazienti con cancro<br />

70,7 ± 9 anni (range 42-86) e pazienti negativi 64,92 ± 10<br />

anni (range 36-89) (p = ns). PSA pre-operatorio: 2,46 ± 2,17<br />

ng/ml (range 0,19-6) pazienti non neoplastici; 1,90 ± 1,7<br />

ng/ml (range 0,1-5,6) pazienti con adenocarcinoma (p = ns).<br />

Indice di Gleason (GI): GI 4-5: 31 casi (39%); GI 6: 39 casi<br />

(31%); GI 7: 6 casi (8%); GI 8-10: 3 casi (4%). Nel 55,7% dei<br />

casi la lesione è unifocale, nel 44,3% plurifocale fino ad un<br />

massimo di 12 foci; 100% di neoplasie in zona periferica,<br />

20% di localizzazioni all’apice. Il volume medio calcolato su<br />

56 neoplasie prostatiche è risultato di 0,89 ± 1,36 cc, range<br />

0,03-7 cc; 58% volume inferiore a 0,5 cc. Distribuzione per<br />

stadio: pT2a 59%, pT2b 5%, pT2c 24%, pT3a 8%, pT3b 1%,<br />

pT4 3%; in 2 casi margini di resezione chirurgici positivi all’apice;<br />

presenza di 2 casi con micrometastasi a 1 linfonodo;<br />

non documentate metastasi a distanza.<br />

Discussione. Dai nostri dati emerge la necessità di un campionamento<br />

estensivo della prostata in corso di cistectomia<br />

per una corretta stadiazione di neoplasia incidentale.<br />

Risulta inoltre chiaro che solo l’escissione completa della<br />

prostata permette di evitare la permanenza di cancro prosta-


POSTERS<br />

tico in sede; tuttavia in casi selezionati (potenza sessuale dimostrata)<br />

si può accettare un intervento conservativo solo dopo<br />

attuazione di tutte le tecniche atte ad escludere una neoplasia<br />

prostatica in atto.<br />

La perdita del 9p è un fattore prognostico nei<br />

pazienti affetti da carcinoma a cellule chiare<br />

del rene<br />

A. Eccher * , M. Brunelli * , S. Gobbo * , P. Cossu-Rocca ** , V.<br />

Ficarra *** , F. Zattoni * **** , F. Bonetti * , F. Menestrina * , G.<br />

Martignoni *<br />

* Anatomia Patologica, Dipartimento di Patologia, Università<br />

di Verona; ** Università di Sassari; *** Dipartimento di<br />

Scienze Oncologiche e Chirurgiche, Università di Padova;<br />

**** Clinica Urologia, Università di Verona<br />

Introduzione. Sono stati recentemente descritti diversi modelli<br />

prognostici in casistiche di pazienti affetti da carcinoma<br />

a cellule renali tra cui l’SSIGN (stage, size, grade, necrosis)<br />

score. Tali modelli prendono in considerazione diversi parametri<br />

clinico-patologici, ma non anomalie cromosomiche. La<br />

perdita del cromosoma 9p è stata descritta nella progressione<br />

dei carcinomi a cellule chiare del rene. Abbiamo valutato il<br />

valore prognostico del riscontro di tale perdita in un gruppo<br />

di pazienti affetti da carcinoma a cellule chiare con diverso<br />

SSIGN score e se tale informazione poteva essere ottenuta<br />

valutando soltanto i minuti frammenti di carcinoma di un tissue<br />

array.<br />

Metodi. 73 pazienti con diverso SSIGN score sono stati studiati<br />

con metodica di ibridazione in situ fluorescente (FISH).<br />

Sono stati costruiti cinque tissue array includendo 3 core di<br />

tessuto neoplastico e 2 di parenchima normale. L’analisi è<br />

stata eseguita anche su 17 sezioni di carcinoma.<br />

Risultati. La perdita del 9p è stata riscontrata in 13 casi<br />

(18%); un singolo segnale fluorescente è stato osservato in<br />

44-66% (media 54%) delle cellule neoplastiche nei tissue array,<br />

e in 39-69% (media 55%) di quelle su sezione di tessuto.<br />

La probabilità di sopravvivenza cancro-specifica a 5 anni<br />

è risultata del 43% in quelli con perdita rispetto all’88% in<br />

quelli con normale corredo cromosomico (p < 0,001). L’estensione<br />

locale (2002 TNM), lo stato linfonodale e la presenza<br />

di metastasi sono state variabili predittive di sopravvivenza<br />

cancro specifica all’analisi univariata. La perdita del<br />

9p è risultata un valore prognostico indipendente anche all’analisi<br />

multivariata.<br />

Conclusioni. 1) la perdita 9p ottenuta con analisi FISH è una<br />

informazione prognostica aggiuntiva a quelle tradizionali incluse<br />

nel SSIGN score; 2) la valutazione del 9p su tissue array<br />

è sovrapponibile a quella riscontrata sull’intera sezione.<br />

Utilità diagnostica della valutazione della<br />

ploidia con citometria a flusso nella diagnosi<br />

differenziale delle neoplasie a cellule renali<br />

C. Parolini, A. Eccher, M. Brunelli, S. Gobbo, M. Chilosi,<br />

F. Menestrina, G. Martignoni<br />

Anatomia Patologica, Dipartimento di Patologia, Università<br />

di Verona<br />

Introduzione. Sebbene di recente siano stati descritti i caratteri<br />

genetici, morfologici e prognostici che identificano le<br />

239<br />

differenti neoplasie a cellule renali, non infrequentemente la<br />

diagnosi differenziale istopatologica tra esse risulta difficoltosa<br />

in particolare quella tra carcinoma cromofobo e oncocitoma.<br />

Numerose tecniche sono state utilizzate a tal fine sia<br />

utilizzando tessuto “fresco” che incluso in paraffina le più recenti<br />

delle quali hanno avuto quale obiettivo l’identificazione<br />

del differente assetto cromosomiale, numerico e/o qualitativo.<br />

Il contenuto di DNA tramite la valutazione della ploidia<br />

è un parametro indiretto di aberrazioni genomiche. L’obiettivo<br />

di questo studio è la valutazione della ploidia delle più frequenti<br />

neoplasie a cellule renali al fine di evidenziarne una<br />

potenziale applicazione diagnostica.<br />

Metodi. Sono state studiate 44 neoplasie a cellule renali: 24<br />

carcinomi a cellule chiare (dieci G1, sei G2, sette G3, un G4),<br />

5 carcinomi papillari, 9 carcinomi cromofobi e 6 oncocitomi.<br />

La citometria a flusso è stata eseguita su materiale fissato in<br />

formalina ed incluso in paraffina in 39 casi ed in 5 casi su<br />

materiale congelato. Sono stati considerati aneuploidi i tumori<br />

in cui il rapporto tra il contenuto di DNA del campione<br />

e quello di riferimento (diploide) era diverso da uno.<br />

Risultati. Tutte le neoplasie, ad accezione di un carcinoma<br />

papillare hanno prodotto un istogramma del DNA interpretabile.<br />

La citometria a flusso ha evidenziato un pattern diploide<br />

in 19 dei 24 carcinomi a cellule chiare (79%). In 4 dei 7<br />

G3 (57%) si rilevava aneuploidia (DNA index 1,7-1,9). In un<br />

caso si rilevava diploidia con aumento della fase S. In 2 dei<br />

4 carcinomi papillari era presente diploidia mentre nei due rimanenti<br />

aneuploidia, rispettivamente ipodiploidia e iperploidia.<br />

Sei degli 9 casi (67%) di carcinoma cromofobo presentavano<br />

aneuploidia (in 2 triploidia e in 4 iperploidia, DNA index<br />

1,5-1-94). Tutti gli oncocitomi presentavano diploidia ed<br />

in 3/6 un aumento della fase S e G2M.<br />

Conclusioni. La valutazione della ploidia con citometria a<br />

flusso è un utile ausilio nella diagnosi differenziale tra oncocitoma<br />

e carcinoma cromofobo poiché l’oncocitoma è costantemente<br />

diploide mentre il carcinoma cromofobo nella<br />

maggior parte dei casi è risultato aneuploide.<br />

Neoplasia vescicale a cellule chiare: caso con<br />

insolito fenotipo<br />

C. Bozzola, G. Marchioro *<br />

Dipartimento di Scienze Mediche, Università del Piemonte<br />

Orientale “Amedeo Avogadro”, Novara, Italia; ** Divisione<br />

di Urologia, Azienda Ospedaliera “Maggiore della Carità”,<br />

Novara, Italia<br />

Introduzione. Le neoplasie della vescica sono per oltre il<br />

90% costituite da carcinomi uroteliali con numerose varianti<br />

istologiche di diversa valenza prognostica. Si riporta il caso<br />

di un’inusuale neoplasia in un maschio di 63 anni, manifestatasi<br />

con episodi di macroematuria. L’esame cistoscopico<br />

dimostrava formazioni polipoidi sessili, risultate all’esame<br />

istologico di natura neoplastica con infiltrazione della tonaca<br />

muscolare. In seguito al riscontro TAC di un ispessimento<br />

diffuso della parete vescicale, fu eseguita cistectomia radicale<br />

con prostatectomia.<br />

Materiali e metodi. I prelievi bioptici ed il materiale chirurgico<br />

sono stati sottoposti ad indagine istologica ed immunoistochimica<br />

(IIC) con anticorpi anti-panCK, CK7, 8, 19, 20,<br />

S-100, HMB45, Vimentina, PSA, Synaptofisina, CD68.<br />

Risultati. Alla biopsia era evidente la concomitante presenza<br />

di un carcinoma uroteliale papillare di alto grado e di una


240<br />

proliferazione di cellule a citoplasma chiaro finemente vacuolizzato,<br />

disposte in nidi solidi nella muscolatura. All’esame<br />

del materiale chirurgico il carcinoma uroteliale tipico non<br />

era più riscontrato (residuavano focolai di displasia dell’epitelio<br />

superficiale) e la proliferazione di cellule chiare risultava<br />

infiltrare estesamente la parete vescicale a tutto spessore,<br />

senza coinvolgere la prostata che appariva iperplastica. Il caso<br />

si presta ad una articolata diagnostica differenziale, poiché<br />

cellule chiare possono costituire neoplasie sia secondarie (in<br />

particolare metastasi di carcinomi renali e prostatici), sia primitive<br />

epiteliali (carcinomi uroteliali a cellule chiare, “lipidrich”),<br />

ma anche di altra origine (paraganglioma, emangioendotelioma<br />

epitelioide). L’indagine IIC dimostrava un<br />

fenotipo epiteliale associato all’insolita positività per vimentina,<br />

compatibile anche con l’origine renale, esclusa per il carattere<br />

diffuso a tutta la parete vescicale della neoplasia e all’assenza<br />

di neoplasie renali al momento dell’intervento e al<br />

follow-up. Si concludeva per una neoplasia epiteliale primitiva.<br />

Conclusioni. Il caso va considerato parte dell’esiguo gruppo<br />

di carcinomi a cellule chiare della vescica, peraltro con quadri,<br />

sia istologici (aspetto microvacuolare simil-macrofagico<br />

del citoplasma), sia immunoistochimici (vimentina+), che si<br />

discostano da quanto riportato in letteratura, ponendo il problema<br />

di una possibile nuova variante.<br />

Expression of maspin in papillary pTa/T1<br />

bladder tumors<br />

E. D’Alessandro, W. Battanello * , M. Repele * , S. Blandamura<br />

Section of <strong>Pathologica</strong>l Anatomy, Department of Medico-<br />

Diagnostic Sciences and Special Therapies, University of<br />

Padova; * Section of Urology, “Sant’Antonio” Hospital, Padova,<br />

Italy<br />

Introduction. In the present study we have evaluated maspin<br />

expression in bladder urothelial papillary tumors, and have<br />

correlated the results with clinico-pathological parameters.<br />

Materials and methods. We evaluated 111 urothelial tumors<br />

from 66 patients: pathological examination of primary tumors<br />

disclosed 48 pTa and 18 pT1, with a grading distribution<br />

of 14 papillary urothelial tumors of low malignant potential<br />

(PUNLMP), 31 low-grade (LG) papillary urothelial<br />

carcinomas and 21 high-grade (HG) papillary carcinomas.<br />

Thirty-three patients with primary pTa papillary tumors<br />

(68.7%) and 11 out of 18 with pT1 (61%%) had subsequent<br />

relapses. For maspin immunoreactivity (IR), a double count<br />

was performed: 1) percentage of positivity, and 2) pattern and<br />

intensity of staining. Starting from the second type of evaluation,<br />

four reactivity patterns were identified and used for<br />

statistical analysis. The following tests were used, where appropriate:<br />

Fisher’s exact test, Cramer’s correlation coefficient,<br />

and Kendall’s test for ordered categorical data. The following<br />

multi-parametric models were used when appropriate:<br />

Cox’s proportional hazards (HR) model for survival time<br />

(time-to-event) outcomes on one or more predictors; logistic<br />

regression model, expressed as odds ratio (OR) to predict<br />

disease progression.<br />

Results. Some papillary tumors did not express maspin at all<br />

(pattern a; 12%), most papillary tumors showed maspin-positive<br />

IR in the basal, supra-basal, and sometimes intermediate<br />

layers, lacked staining of the superficial layer, or showed<br />

POSTERS<br />

Tab. I. Maspin pattern distribution related to histological grade.<br />

Maspin pattern HG LG PUNLMP Total<br />

pattern a 13 6 7 26<br />

pattern b 2 32 16 50<br />

pattern c 13 10 1 24<br />

pattern d 10 1 0 11<br />

Total 38 49 24 111<br />

only weak (+/-) intensity (pattern b; 50%). Other cases<br />

showed positive reactions throughout the epithelial layers,<br />

with strong staining (pattern c; 27%), and others showed IR<br />

at the margin of neoplastic clusters (pattern d; 10%) (Tab. I).<br />

A statistical association was found between maspin pattern<br />

and pT (Fisher’s exact test: p = 0.000, Cramer’s correlation<br />

coefficient: 0.580), maspin pattern and histological grade<br />

(Fisher’s exact test: p = 0.000, Cramer’s correlation coefficient:<br />

0.585) and maspin pattern and nuclear staining (Fisher’s<br />

exact test: 0.018, Cramer’s correlation coefficient: 0.2).<br />

With Cox’s regression model correlated to the time of first relapse,<br />

maspin was < 60% had an HR of 2.01 (p = 0.027; 95%<br />

confidence interval [CI]: 0.810-3.701) and the logistic regression<br />

model gave the following result related to the progression<br />

of disease: maspin < 60%: OR = 8.61 (p = 0.01; CI:<br />

1.501-4.701).<br />

Conclusions. In papillary urothelial tumors, the distribution<br />

pattern of maspin is associated with histological grade and<br />

pathological stage, probably reflecting its different activities<br />

in the neoplastic process.<br />

Alterazioni citogenetiche nel mesotelioma<br />

maligno primitivo e ricorrente della tunica<br />

vaginale del testicolo (MMTVT): presentazione<br />

di un caso<br />

A. Scattone, M. Criscuolo * , M. Gentile ** , E. D’Ambrosio<br />

*** , A. Palombo *** , A.L. Buonadonna ** , G. Serio<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica, Università Bari;<br />

* Servizio di Anatomia Patologica, Ospedale “Perrino”,<br />

Brindisi; ** Servizio di Genetica Medica, Ospedale “Di Venere”,<br />

Carbonara (BA); *** Servizio di Anatomia Patologica,<br />

Ospedale “V. Fazzi”, Lecce<br />

Il MMTVT è un tumore raro, altamente fatale, non asbestocorrelato,<br />

non indagato geneticamente. Recidiva locale e metastasi<br />

rappresentano i principali aspetti clinici di una malattia<br />

resistente ai comuni trattamenti terapeutici. Studi di citogenetica<br />

sono stati condotti su molti casi di mesotelioma maligno<br />

della pleura e del peritoneo al fine di identificare i meccanismi<br />

molecolari della tumorigenesi e della progressione<br />

della malattia. In un caso di MMTVT occorso alla nostra attenzione,<br />

abbiamo ricercato con metodica CGH la presenza<br />

di possibili alterazioni genetiche nel tumore primitivo e nella<br />

sua recidiva.<br />

Metodi. Nell’agosto 2002 un uomo di 80 anni veniva ricoverato<br />

nel reparto di Urologia dell’Ospedale “V. Fazzi”, (Lecce)<br />

per una tumefazione dolente nello scroto destro. L’ecografia<br />

evidenziava idrocele con ispessimento della tunica vaginale;<br />

il testicolo appariva indenne. All’esplorazione chirurgica<br />

erano presenti micronoduli (2-3 mm) disseminati sulla


POSTERS<br />

sierosa e si eseguiva una resezione parziale della stessa. L’istologia<br />

poneva diagnosi di mesotelioma maligno epitelioide<br />

con pattern di crescita prevalentemente tubulo-papillare. Si<br />

procedeva successivamente ad una orchiectomia monolaterale.<br />

Nessun trattamento chemio/radioterapico veniva effettuato.<br />

Nell’ottobre 2003 il paziente veniva sottoposto a nodulectomia<br />

per recidiva locale sulla tonaca vaginale residua. All’esame<br />

istologico la diagnosi era di mesotelioma bifasico.<br />

Nel dicembre 2005 per la comparsa di una massa (13 cm) nei<br />

tessuti molli scrotali veniva effettuata una emiscrotectomia<br />

destra e la diagnosi istologica confermava la recidiva di mesotelioma.<br />

All’ultimo follow-up (nov. 2006) il paziente risultava<br />

vivo con malattia. All’anamnesi nessuna esposizione all’asbesto<br />

veniva rilevata. Su campione paraffinato è stata<br />

condotta l’analisi CGH.<br />

Risultati. Alterazioni cromosomiali sono state osservate: le<br />

perdite erano più frequenti delle amplificazioni. Del 1p22.2-<br />

34.3, 4p12-q13.1, 6q23-26, 9q12-21.3, 22q12.2-ter nel tumore<br />

iniziale. Del 1p22.2-34.3, 5q35.2-35.3, 9q12-21.3, q33.3-<br />

33.4, 12q23.3-24.3, 15, 16p11.2-13.3, q12.1-24.3, 19p13.3-<br />

13.4, 20p13, 21q22.1-22.3, 22q11.2-13.3 nella recidiva.<br />

Conclusioni. Alterazioni cromosomiali ricorrenti tipiche del<br />

profilo genetico del mesotelioma sono state individuate. Un<br />

maggiore accumulo di delezioni era presente nelle recidive,<br />

evidenziando che un aumento dell’instabilità genetica può<br />

essere responsabile della progressione della malattia.<br />

Metastasi endometriali da neoplasia<br />

extragenitale<br />

P. Mercurio, D. Corti, F. De Trovato, A. Deiana, A. Gianatti,<br />

E. Pezzica<br />

Struttura Complessa di Anatomia Patologica e Citologia<br />

Diagnostica, Azienda Ospedaliera “Treviglio Caravaggio”,<br />

Treviglio (BG)<br />

Introduzione. La diagnosi di metastasi endometriali da neoplasia<br />

extragenitale è apparentemente ovvia ma può diventare<br />

problematica quando deve essere posta su biopsie endometriali<br />

eseguite perlopiù in isteroscopia per sanguinamento<br />

uterino anomalo.<br />

I problemi diagnostici sono legati principalmente alla scarsità<br />

del materiale e alla mancanza di dati anamnestici.<br />

Dall’analisi della letteratura l’evento è raro. In ordine decrescente<br />

i tumori più frequenti sono il carcinoma della mammella,<br />

dello stomaco, del colon e del pancreas. Anche il melanoma<br />

può raramente metastatizzare all’endometrio.<br />

Metodi. Riportiamo tre casi paradigmatici di metastasi endometriali<br />

da carcinoma lobulare della mammella (Caso 1, 9<br />

anni dopo la diagnosi del primitivo); da carcinoma gastrico a<br />

cellule ad anello con castone (Caso 2, 3 anni dopo la diagnosi<br />

del primitivo) e da melanoma cutaneo (Caso 3, 18 mesi dopo<br />

la diagnosi del primitivo). Tre pazienti rispettivamente di<br />

67 aa (Caso 1), di 64 aa (Caso 2) e di 62 aa (Caso 3), che si<br />

presentano all’ambulatorio di isteroscopia per perdite ematiche<br />

atipiche. All’isteroscopia canale cervicale regolare, endometrio<br />

atrofico, orifizi tubarici regolari, neoformazione<br />

endometriale polipoide del fondo nel caso 2 e 3. Nessuna notizia<br />

anamnestica al momento dell’isteroscopia.<br />

Risultati. L’aspetto morfologico fondamentale per riconoscere<br />

una neoplasia metastatica su biopsia endometriale nei<br />

tre casi riportati è il pattern diffusamente infiltrante con rispetto<br />

delle ghiandole endometriali associato a permeazione<br />

di spazi vascolari linfatici. Il riconoscimento dell’istotipo è<br />

241<br />

facile a forte ingrandimento per la morfologia tipica riconoscibile<br />

in E.E. ed è confermato dalle comuni indagini istochimiche<br />

ed immunoistochimiche. Considerando che spesso<br />

non si hanno notizie anamnestiche è necessario prendere in<br />

considerazione anche la possibilità di lesione metastatica<br />

quando si osserva un endometrio apparentemente atrofico.<br />

Quando le notizie cliniche confermano la neoplasia primitiva<br />

extragenitale, di regola alle metastasi endometriali sono associate<br />

metastasi ovariche.<br />

Conclusioni. Le metastasi endometriali da neoplasia extragenitale<br />

sono peculiarità di stadi avanzati e verosimilmente<br />

sono sottostimate.<br />

In letteratura sono riportati perlopiù casi di carcinoma della<br />

mammella. Le segnalazioni di primitività gastrica sono sporadiche.<br />

Il carcinoma a cellule ad anello con castone può anche<br />

essere primitivo dell’endometrio come descritto da Robboy<br />

nel 1997.<br />

A favore della primitività endometriale sono fondamentali i<br />

dati clinici (assenza di tumore primitivo in altra sede e di malattia<br />

disseminata, assenza di interessamento ovarico, liquido<br />

peritoneale negativo) e la presenza di adenocarcinoma endometrioide<br />

tipico associato alla componente ad anello con castone<br />

evidenziabile più facilmente su pezzo operatorio che su<br />

materiale bioptico. Alterazioni benigne delle cellule stromali<br />

endometriali che possono simulare un carcinoma metastatico<br />

sono le cellule vacuolate deciduali e gli istiociti stromali vacuolati<br />

già descritti da Clement and Scully nel 1988 e da Jacques<br />

nel 1996.<br />

Il traffico nucleo-citoplasma di PVHL e di HIF-<br />

1alfa nella carcinogenesi del carcinoma<br />

renale a cellule chiare<br />

C. Di Cristofano, A. Minervini * , F. Lessi, M. Menicagli *** ,<br />

G. Bertacca, P. Collecchi, R. Minervini ** , M. Carini * , G.<br />

Bevilacqua, A. Cavazzana<br />

Dipartimento di Oncologia, Divisione di Anatomia Patologica<br />

e di Diagnostica Molecolare ed Ultrastrutturale, Università<br />

di Pisa ed Azienda Ospedaliera Pisana, Pisa; * Dipartimento<br />

di Urologia, Università di Firenze, Ospedale di Careggi,<br />

Firenze; ** Dipartimento di Chirurgia, Divisione di<br />

Urologia, Università di Pisa ed Ospedale Universitario di<br />

Pisa; *** MGM, Istituto di Medicina e Genetica Molecolare,<br />

Pisa<br />

Introduzione. L’inattivazione del gene Von Hippel-Lindau<br />

(VHL) è l’alterazione più frequente nel carcinoma renale a<br />

cellule chiare (cRCC). Sono stati descritti due prodotti di<br />

VHL: VHL30 e VHL19 come risultato di un inizio alternativo<br />

della trascrizione. VHL30 è associata alla stabilità del citoscheletro;<br />

VHL19 è una ligasi che promuove la degradazione<br />

del fattore indotto dall’ipossia-1alfa (HIF1α).<br />

HIF1 è composto da una subunità α e ß. HIF1ß è un recettore<br />

di traslocazione nucleare aril-carbonilico (ARNT) ed è costitutivamente<br />

espresso; l’espressione di HIF1α è regolata<br />

dai livelli di O 2 .<br />

Con livelli normali di O 2 HIF1α dopo idrossilazione del dominio<br />

di degradazione ossigeno-dipendente (ODD) è ubiquitinilato<br />

nel nucleo da VHL ed esportato nel citoplasma per la<br />

degradazione proteosomica.<br />

In ipossia l’interazione VHL/HIF1α è abrogata e HIF1α si<br />

complessa con l’ARNT ed attiva nel nucleo geni bersaglio.<br />

Lo studio analizza l’inattivazione di VHL, un polimorfismo<br />

(SNP) di OOD nel cRCC, correlando le alterazioni geniche,


242<br />

le espressioni proteiche e la localizzazione cellulare con la<br />

prognosi.<br />

Materiali e metodi. È stato effettuato uno studio IIC su microarrays<br />

tissutali di 136 cRCC intracapsulari (8 aa di follow-up)<br />

utilizzando due anticorpi (Ab) antiVHL (cloni Ig32<br />

ed Ig33), che riconoscevano entrambe le proteine o solo<br />

VHL30, ed uno antiHIF1α.<br />

Sono state indagate le mutazioni e lo stato di metilazione del<br />

promotore di VHL, il SNP del codone 582 di HIF1α e lo<br />

squilibrio allelico (LOH) del locus 3p25. I risultati sono stati<br />

correlati con la sopravvivenza tumore-specifica (TSS).<br />

Risultati. La maggioranza dei casi presentava una positività<br />

citoplasmatica per tutti gli Ab utilizzati, associata ad una localizzazione<br />

nucleare nel caso di HIF1α. I casi VHL negativi<br />

erano associati ad un’alta espressione di HIF1α. La negatività<br />

di VHL e la positività nucleare di HIF1α erano correlate<br />

ad una minore TSS (p = 0,007; p = 0,005).<br />

Le mutazioni di VHL erano presenti nel 51% dei casi. LOH<br />

e metilazione erano presenti nel 38% ed 11% dei casi. Pazienti<br />

con mutazioni frameshift avevano un minore TSS.<br />

L’87% dei casi VHL negativi presentavano mutazioni. Il SNP<br />

era associato alla sola localizzazione citoplasmatica di HIF-<br />

1α.<br />

Conclusioni. Le alterazioni di VHL ed HIF1α influenzano<br />

l’espressione e la localizzazione cellulare dei loro prodotti.<br />

Tale espressione è coinvolta nella progressione tumorale. Il<br />

traffico nucleo-citoplasma di VHL ed HIF1α svolge un ruolo<br />

nella carcinogenesi dei cRCC.<br />

Subepithelial haematoma of the renal pelvis<br />

(Antopol-Goldman lesion)<br />

A. Eccher, M. Brunelli, A. Polara * , M. Amenta * , S. Gobbo,<br />

M. Pea, F. Bonetti, G. Grosso * , F. Menestrina, G. Martignoni<br />

Dipartimento di Patologia, Anatomia Patologica, Università<br />

di Verona; * U.O. Urologia, Clinica Pederzoli, Peschiera del<br />

Garda, Verona, Italia<br />

Introduction. Subepithelial haematoma of the renal pelvis<br />

(Antopol-Goldman lesion) 1 is a rare lesion of the kidney that<br />

may clinically mimic renal cell or pelvic neoplasm. Haematuria,<br />

flank pain and filling defect in the renal pelvis are the<br />

most consistent recurring clinical and radiological findings.<br />

It has been suggested that analgesic abuse may be a significant<br />

factor because it results in prominent renal vascular proliferation<br />

2 .<br />

Methods. We describe the clinico-pathological findings of a<br />

well-demarcated mass-forming subepithelial haematoma of<br />

the renal pelvis simulating a renal cell neoplasm.<br />

Results. A 76-year-old man presented with flank pain and<br />

haematuria. Computerized tomography revealed an hypodense<br />

lesion of 6 cm compressing the renal pelvis. A renal<br />

cell neoplasm was suspected. The patient underwent<br />

nephroureterectomy. Macroscopically, a well-demarcated<br />

mass of six centimeter as maximum diameter, with a darkbrown<br />

color appearance, immediately adjacent to the pelvicaliceal<br />

system, was present. Microscopically, the lesion was<br />

composed by a mixture of haemorragic and fibrinoid material<br />

with feature of an organizing haematoma. The renal cortex<br />

did not reveal any histopathological abnormalities. The<br />

pelvic mucosa was hyperaemic but no atypia was revealed<br />

along the urothelium. History was not significant for trauma,<br />

oral anticoagulative treatment or analgesic abuse. Interest-<br />

ingly, a diffuse deposition of amyloid in renal and extrarenal<br />

small and medium vessels was appreciated and verified by a<br />

positive Congo Red staining with typical birefringence under<br />

polarized light. Because of the misleading view of this organizing<br />

haematoma at computerized tomography, the lesion<br />

was diagnosed as renal cell neoplasm however the pathological<br />

pathological findings were conclusive for subepithelial<br />

haematoma of the renal pelvis (Antopol Goldman lesion).<br />

Conclusions. Subepithelial haematoma of the renal pelvis<br />

(Antopol Goldman lesion) is a rare benign lesion. The preoperative<br />

diagnosis is difficult because it may simulate a renal<br />

cell or pelvic neoplasm. This case interestingly showed a<br />

diffuse deposition of amyloid in the renal and extrarenal<br />

small and medium vessels. We recommend that subepithelial<br />

haematoma of the renal pelvis should be kept in mind by both<br />

radiologist and pathologist, if a localized lesion is suspected<br />

in the kidney especially with an history of analgesic abuse or<br />

a systemic amyloidosis.<br />

References<br />

1 Antopol W, Goldman L. Urol Cutan Rev 1948;52:189.<br />

2 Demirkan NC, et al. Histopathology 1999;35:282-3.<br />

POSTERS<br />

Markers of DNA-replication licensing systems<br />

in cervical dysplasia<br />

S. Rossi, M. Pedriali * , I. Nenci *<br />

Dipartimento di Diagnostica per Immagini e Medicina di Laboratorio,<br />

Anatomia Istologia e Citologia Patologica, Az.<br />

Ospedaliera Universitaria di Ferrara; * Dipartimento di Medicina<br />

Sperimentale e Diagnostica, Università di Ferrara,<br />

Italia<br />

Introduction. We evaluate if ProExC (MCM2, TOP2A)<br />

could be a clinically significant marker of squamous dysplasia<br />

and of its progression and regression and useful for<br />

adressing the treatment. We compare ProExC-expression<br />

with Ki-67 and p16.<br />

Materials and methods. 71 cases from patients with diagnosis<br />

of CIN1, CIN2 and CIN3. The samples included one or<br />

more degrees of squamous dysplasia. Referring to the highest<br />

degree of dysplasia, we studied 17 CIN1, 24 CIN2 and 30<br />

CIN3. Sections of 3-4 microns from archival tissue blocks<br />

were submitted to immunohistochemical reaction for ProExC<br />

(MCM2, TOP2A; TriPath Inc), p16INK4a (16P04;Cell Marque)<br />

and Ki-67 (MIB-1; Dako) with Ventana Benchmark XT<br />

and to hybridization in situ for HR-HPV (INFORM HPV I<br />

HR Probe). Cells labelled by ProExC and Ki-67 display a<br />

brown nuclear staining with ultraViewDAB (Ventana) and by<br />

p16INK4a a brown nuclear and cytoplasmic staining. Specimens<br />

positive for HR-HPV show blue nuclei or small blue<br />

dots over nuclei. Quantitative assessment of ProExC and Ki-<br />

67 staining with the Ventana Image Analysis System (VIAS)<br />

and semi-quantitative (negative ≤ 1%; sporadic 2-5%; focal<br />

6-25%; diffuse > 25%) evaluation of p16 were performed.<br />

Results. ProExC: CIN1 showed lower ProExC expression<br />

(19%) compared with CIN2 (58,5%) and CIN3 (82,5%) (p <<br />

0.001). ProExC values of all CIN, reported on the histograms,<br />

showed a bimodal distribution with two peaks respectively<br />

around 20% and 70%, with a huge drop around<br />

30% positive cells. CIN categories were differently represented<br />

within each area of the graph: CIN1 were concentrated<br />

in the former area with ProExC lower than 30% and CIN2<br />

and 3 in the latter one with ProExC higher than 30%, CIN2


POSTERS<br />

prevalently in the first half and CIN3 in the second half of the<br />

same peak. MIB-1: Ki-67 also showed a lower median value<br />

in CIN1 than in CIN2 and CIN3. The distribution of Ki-67<br />

values was continuous with a concentration of CIN1 in a defined<br />

area of the graph but with an overlapping of higher degree<br />

of dysplasia. P16: CIN1 showed a lower p16 expression<br />

(17.64%) than CIN2 and CIN3 (100%) (p = 0.000). The staining<br />

was diffuse in 83.33% of CIN2 and in 100% of CIN3 and<br />

present in the lower two thirds in CIN2 and also in the higher<br />

third to full thickness in CIN3.<br />

Conclusions. ProExC and p16 may be able to discriminate<br />

better between lesions with low and high risk of progression<br />

to carcinoma than MIB-1.<br />

Acknowledgments. Mrs. R. Parolini, and Dr. C. Zampini,<br />

TSLB, for technical assistance.<br />

Ruolo prognostico di osteopontina e BSP nel<br />

carcinoma a cellule renali<br />

E. Bollito, C. Terrone * , V. Tavaglione, L. Righi, P. Ceppi,<br />

L. Chiusa *** , A. Volpe ** , M. Volante, F. Porpiglia ** , M. Papotti<br />

S.C.D.U. Anatomia Patologica e * Urologia, Ospedale “San<br />

Luigi Gonzaga” e Università di Torino, Orbassano (TO); **<br />

S.C.D.U. Urologia, Ospedale Maggiore “La Carità” e Università<br />

del Piemonte Orientale, Novara; *** S.C.D.U. Anatomia<br />

Patologica, Ospedale Maggiore “San Giovanni Battista”,<br />

Torino<br />

Introduzione. Nel seminoma di tipo classico aspetti periferici<br />

di crescita intertubulare possono essere identificati e non<br />

presentano difficoltà interpretative. L’esclusiva crescita interstiziale<br />

del seminoma è invece assai rara 1 e può causare<br />

difficoltà diagnostiche particolarmente insidiose all’esame<br />

intra-operatorio (EI), anche perché si osserva usualmente in<br />

lesioni piccole (da distinguere da lesioni benigne suscettibili<br />

di chirurgia conservativa), spesso di difficile interpretazione<br />

in assenza di orientamento clinico preciso.<br />

Metodi. Riportiamo il caso di un 40enne con orchialgia da<br />

circa 2 mesi, già sottoposto in altra sede a visite ed ecografia<br />

non dirimenti. Nel corso del ricovero presso il nostro Ospedale<br />

il Paziente venne nuovamente sottoposto a test diagnostici<br />

documentando reperto palpatorio dubbio, evidenza ecografica<br />

di area isoecogena sospetta, ma non certa per neoplasia,<br />

marcatori sierologici in limiti. Fu eseguito intervento<br />

esplorativo con EI su un frammento ocraceo di 12 mm, consistenza<br />

aumentata e colorito indistinguibile dal parenchima<br />

testicolare normale.<br />

Risultati. All’EI si riscontrò un infiltrato cellulare interstiziale,<br />

con scarsa fibrosi tra tubuli seminiferi con spermiogenesi<br />

conservata sino a nemaspermi. Le ipotesi differenziali<br />

furono quelle di flogosi ed iperplasia di cellule di Leydig tra<br />

le lesioni benigne, e di linfoma o seminoma tra le neoplasie<br />

maligne (si favorì un giudizio di malignità all’EI). L’esame<br />

istologico ed il profilo immunoistochimico (CD117 + /PLAP + )<br />

confermarono il sospetto di seminoma a crescita interstiziale;<br />

campi di atrofia e neoplasia in situ furono osservati nel parenchima<br />

extra-lesionale.<br />

Conclusioni. La rara eventualità della esclusiva crescita interstiziale<br />

del seminoma (in assenza di nodo o massa tumorale)<br />

deve essere considerata nella valutazione di EI di lesioni<br />

testicolari piccole, dubbie all’ecografia e con sierologia<br />

negativa. In tali forme, architettura tubulare e spermatogenesi<br />

possono essere conservate. Caratteri nucleari e valutazione<br />

comparativa con i linfociti associati agevolano la distinzione<br />

da forme infiammatorie e linfomatose. Inoltre i caratteri di<br />

aggregazione cellulare e morfologia dei citoplasmi (più ampli<br />

e vescicolosi, meno eosinofili) e dei nuclei (atipici con<br />

nucleoli evidenti) ed eventuali cariocinesi consentono la distinzione<br />

da lesioni di cellule di Leydig.<br />

Bibliografia<br />

1 Henley JD, et al. Am J Surg Pathol 2004;28:1163-8.<br />

L’immunoistochimica nella diagnosi<br />

differenziale tra oncocitoma e carcinoma a<br />

cellule renali cromofobe: esperienza<br />

dell’Anatomia Patologica di Savona<br />

A. Dellachà, E. Venturino, M. Benvenuto, S. Ardoino, L.<br />

Caliendo, C. Marino, A. Pastorino<br />

Anatomia Patologica, Ospedale “S. Paolo”, ASL2 Savona<br />

Introduzione. La distinzione tra carcinoma a cellule renali<br />

cromofobe (CRCC) ed oncocitoma renale (RO) risulta talvolta<br />

difficoltosa, se basata unicamente sul dato morfologico, utilizzando<br />

colorazioni di routine quali ematossilina-eosina E1.<br />

La colorazione al ferro colloidale di Hale (80% positiva nel<br />

CRCC e 60% negativa nel RO) risulta tecnicamente impegnativa<br />

e spesso di difficile interpretazione.<br />

Dai dati della letteratura 1 emerge l’utilità dell’immunoistochimica<br />

nella diagnostica differenziale delle neoplasie renali;<br />

in particolare nel CRCC viene segnalata positività all’E-<br />

MA (100%) alla CK7 (73%), alla CK8 (53%) e negatività alla<br />

CK20 e CK5/6 (100%); nel RO positività all’EMA (75%),<br />

alla CK7 (10%), alla CK8 (100%), e negatività alla CK20 e<br />

CK5/6 (100%).<br />

Entrambe le neoplasie risultano vimentina negative; inoltre<br />

CD10 è espresso nel 72% del CRCC e nel 58% del RO 1 .<br />

L’indice di proliferazione tumorale (MIB-1) risulta sia nel<br />

CRCC che nel RO < 2%.<br />

Metodi. Abbiamo preso in considerazione tredici casi di RO<br />

e due casi di CRCC esaminati nel nostro ospedale nel periodo<br />

2000-2007 ed abbiamo valutato l’espressione di vimentina,<br />

CD10, di alcune citocheratine (CK7-CK20-CK8-CK5/6-<br />

CK34BetaE12) e l’indice di proliferazione tumorale (MIB-1).<br />

Risultati. Entrambi i CRCC sono risultati CK7+, CK20-,<br />

CK5/6-, CK34Beta E12-, vimentina-, CD10-; solo un caso è<br />

risultato CK8+; in entrambe le neoplasie l’indice di proliferazione<br />

tumorale (MIB-1) è risultato < 2%.<br />

Tutti gli oncocitomi sono risultati CK7-, vimentina-, CK8+ e<br />

l’indice di proliferazione (MIB-1) < 2%; 2/13 sono risultati<br />

focalmente positivi per CK20 e per CK34BetaE12 e solo<br />

1/13 focalmente positivo per CK5/6; 10/13 casi CD10+.<br />

Conclusioni. Nella nostra esperienza abbiamo constatato come<br />

la diagnostica differenziale tra CRCC e RO possa essere<br />

facilitata dal supporto di colorazioni immunoistochimiche di<br />

comune utilizzo; in particolare nei casi di dubbia interpretazione<br />

morfologica un pannello con vicentina-, citocheratina7+<br />

e CD10- è di supporto alla diagnosi di CRCC. Un pannello<br />

con vimentina- citocheratina7- CD10+ è indicativo di<br />

oncocitoma.<br />

Bibliografia<br />

1 Skinnider BF, et al Am J Surg Pathol 2005;29:747-54.<br />

243


244<br />

Quick (3 hours) histologic diagnosis on<br />

prostate biopsies<br />

M. Freschi, L. Nava * , P. Rigatti * , G. Guazzoni * , C. Doglioni<br />

Department of Pathology, Scientific Institute “San Raffaele”<br />

H, Milano; * “San Raffaele Turro” Urology<br />

Introduction. Aim of this study was to prospectively evaluate<br />

the efficacy and reproducibility of quickly processing<br />

prostate core needle biopsies with RHS1 ® , an automated microwave-vacuum<br />

processor.<br />

Methods. From July 2004 to June 2007 a total of 914 consecutive<br />

prostate biopsies were performed for Pca detection in<br />

men with PSA levels between 2.5 and 14 ng/ml. The biopsies<br />

(mean core number 20, range 12-25) were stretched between<br />

two sponges in tissue cassettes, fixed in formalin, processed<br />

with RHS1 ® (xylene-free), embedded in paraffin, cut at 3 µ<br />

and then stained with H.E. Processing time, as well as time<br />

to final histological report, detection rate and percentage of<br />

further evaluations required were recorded; furthermore those<br />

results were prospectively compared with those registered<br />

in a concomitant series of 813 prostate biopsies performed in<br />

a similar series of patients, with the same sample technique,<br />

in the same period, but processed with the traditional method.<br />

<strong>Pathologica</strong>l evaluations were performed by a single pathologist.<br />

Results. The overall detection rate for both groups (RHS1®<br />

vs. traditionally processed biopsies) was similar for both<br />

group, 40% of Pca vs. 39.5%, 20% of HGPIN vs. 18.6%, 2%<br />

of ASAP vs. 3%. A comparable quality evaluation of histologic<br />

slides was given for both groups. No differences in core<br />

lengths were recorded in the two groups. The automatic processing<br />

time was 75 minutes vs. 14 hours, whereas the time<br />

to the definitive diagnosis was 190 minutes (range 145-260)<br />

vs. 24 hours. A quick diagnosis was performed in 887/914 pts<br />

(96%). In 37 pts additional immunohistochemical evaluations<br />

(p63, racemase, HMWCK) were successively performed,<br />

singly or with double stain, without any modification of<br />

routinely used methods.<br />

Conclusions. This experience confirms the validity of new<br />

automated microwave-vacuum device to process in a short time<br />

prostate biopsies. RHS1 ® , as other rapid processing tools<br />

now available, resulted at least as effective as the traditional<br />

processing method and could guarantee a new time effective<br />

standard to spare time, costs and stress for the patients. Being<br />

a xylene-free method, handling of the specimens is simplified<br />

and safer. RHS1 ® allows a better quality of service with<br />

a one-day diagnosis.<br />

Tab. I. Percentuali di ricorrenza e progressione del CU in relazione alla categoria FISH.<br />

Performance del test FISH nel monitoraggio<br />

del carcinoma uroteliale<br />

R. Bandelloni, S. Casazza, L. Turbino, A. Pastorino, M.<br />

Dezzana, G. Capponi * , M. Maffezzini *<br />

S.C. Anatomia Patologica; * S.C. Urologia; E.O. Ospedali<br />

“Galliera”, Genova<br />

Introduzione. Il carcinoma vescicale uroteliale (CU) è caratterizzato<br />

da percentuali di ricorrenza e di progressione pari,<br />

rispettivamente, al 70% e a circa il 15%. L’uretro/cistoscopia<br />

e la citologia urinaria su urine spontanee rappresentano gli<br />

strumenti “standard” per la diagnosi e il monitoraggio della<br />

neoplasia.<br />

L’impiego della indagine FISH, eseguita su campioni di urine,<br />

ha permesso di migliorare sensibilità e specificità nella<br />

diagnosi di CU, l’esame FISH inoltre, rispetto alla citologia,<br />

fornisce utili informazioni prognostiche per meglio quantificare<br />

il rischio di ricorrenza e di progressione della malattia.<br />

Lo scopo del nostro studio è valutare se l’esame FISH permette<br />

di categorizzare i pazienti affetti da CU in relazione al<br />

rischio di ricorrenza e progressione della malattia.<br />

Metodi. Dal maggio 2003 al dicembre 2006 sono state eseguite<br />

indagini FISH (UroVysion Vysis) per la ricerca di aneuploidie<br />

a carico dei cromosomi 3, 7 e 17 e della perdita omozigotica<br />

del locus 9p21, su 164 pazienti affetti da CU (età<br />

media 67,1 aa), 127 maschi (77,4%) e 37 femmine (22,6%).<br />

I pazienti sono stati seguiti con follow-up trimestrale comprendente<br />

uretro/cistoscopia e citologia urinaria, per i primi 2<br />

aa e semestrale successivamente, associati a Rx urografia annuale.<br />

I pazienti sono stati suddivisi in 3 categorie in base ai risultati<br />

FISH: FISH negativa, FISH positiva a “basso rischio” e<br />

FISH positiva ad “alto rischio” 1 . Sono state valutate per ciascuna<br />

categoria la ricorrenza e la progressione della malattia.<br />

Risultati. I risultati sono riportati in Tabella I.<br />

FISH negativa: pattern cromosomico disomico.<br />

FISH “basso rischio”: perdita omozigotica 9p21 solo o associato<br />

ad aberrazioni cromosomiche singole in meno del 10%<br />

delle cellule esaminate.<br />

FISH “alto rischio”: perdita omozigotica 9p21 associate ad<br />

aberrazioni cromosomiche multiple in oltre 10% delle cellule<br />

esaminate.<br />

Conclusioni. Lo studio dimostra come la positività alla FISH<br />

sia predittiva di ricorrenza e progressione del CU.<br />

Bibliografia<br />

1 Bollmann M, et al. BJU Int 2005;95:1219-25.<br />

Follow-up negativo Ricorrenza Progressione Totale<br />

FISH negativa 41 (60,3%) 24 (35,3%) 3 (4,4%) 68<br />

FISH “basso rischio” 19 (44,2%) 20 (46,5%) 4 (9,3%) 43<br />

FISH “alto rischio” 16 (30,2%) 25 (47,2%) 12 (22,6%) 53<br />

POSTERS


POSTERS<br />

Metastasi isolata al funicolo spermatico in<br />

paziente con pregresso carcinoma gastrico<br />

L. Ventura, M. De Vito<br />

U.O. di Anatomia Patologica, ASL 4, Ospedale “San Salvatore”,<br />

L’Aquila<br />

Introduzione. Le neoplasie secondarie del funicolo spermatico<br />

e dell’area paratesticolare sono rare 1 , originano solitamente<br />

da sedi primitive addomino-pelviche ed appaiono caratterizzate<br />

da prognosi infausta 1 2 .<br />

Descriviamo un caso di metastasi isolata al funicolo spermatico<br />

in un paziente precedentemente gastrectomizzato per<br />

carcinoma.<br />

Metodi. Un uomo di 60 anni, avendo notato la comparsa di<br />

un nodulo inguinale destro, ecograficamente ipoecogeno, del<br />

diametro di 22 x 14 mm, veniva sottoposto a TC total body<br />

che confermava il reperto senza mostrare ulteriori alterazioni.<br />

L’anamnesi patologica evidenziava poliomielite all’età di 16<br />

mesi, nefrectomia sinistra per litiasi a stampo a 27 anni e, due<br />

anni prima dell’attuale ricovero, gastrectomia totale per adenocarcinoma<br />

poco differenziato, di tipo intestinale secondo<br />

Laurèn, pT2N1MX, seguita da radio-chemioterapia postoperatoria.<br />

Risultati. L’exeresi del nodulo inguinale e la diagnosi intraoperatoria<br />

di adenocarcinoma venivano seguite da orchifunicolectomia<br />

destra. L’esame istologico definitivo mostrava<br />

infiltrazione del funicolo da adenocarcinoma poco differenziato,<br />

con invasione dei vasi venosi e linfatici, in assenza<br />

di coinvolgimento del testicolo e dell’epididimo.<br />

Il paziente è stato quindi sottoposto ad ulteriori cicli di chemioterapia<br />

e 19 mesi dopo (46 mesi dalla gastrectomia) risulta<br />

libero da malattia.<br />

Conclusioni. Le neoplasie primitive del funicolo spermatico<br />

sono relativamente poco frequenti e nella massima parte dei<br />

casi di origine mesenchimale. L’evenienza di metastasi funicolari<br />

costituisce evento estremamente raro, con sedi di origine<br />

solitamente rappresentate da prostata, rene, colon, stomaco<br />

e pancreas 1 2 . Nelle casistiche giapponesi il carcinoma<br />

gastrico costituisce la primitività più frequente 1 .<br />

La peculiarità del caso in esame risiede, oltre che nell’evenienza<br />

di metastasi al funicolo come unica localizzazione in<br />

corso di ripresa della malattia neoplastica, anche nella più<br />

lunga sopravvivenza rispetto alla media riferita in letteratura<br />

(9 mesi dalla diagnosi) 1 .<br />

Bibliografia<br />

1 Ota T, et al. Jpn J Clin Oncol 2000;30:239-40.<br />

2 Pozzobon D, et al. Chir Ital 2001;53:729-32.<br />

Micropoliposi dell’endometrio come marker<br />

di endometrite cronica<br />

L. Resta, E. Cicinelli * , R. Rossi, M. Palumbo, G. Serio<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica, Università di Bari;<br />

* Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Università di Bari<br />

Introduzione. L’endometrite cronica risulta una malattia di<br />

difficile inquadramento sia dal punto di vista clinico (scarsità<br />

e aspecificità dei sintomi) sia dal punto istopatologico (assoluta<br />

mancanza di criteri diagnostici univoci). I tradizionali criteri<br />

istopatologici di diagnosi includono: la presenza di infiltrato<br />

plasmacellulare, una trasformazione “spindle-cell” delle cellule<br />

stromali, asincronia di maturazione glandulo-stromale. L’utilizzazione<br />

estensiva della tecnica di isteroscopia con distensione<br />

fluida della cavità ci ha consentito di osservare un particolare<br />

aspetto di vegetazioni micropolipodi della mucosa endometriale<br />

strettamente associato alla condizione di endometrite<br />

cronica: accuratezza diagnostica del 93% 1 .<br />

Metodi. Una revisione della casistica sviluppata su 2.190 pazienti,<br />

ha dimostrato in 438 casi segni isteroscopici di edema<br />

e micropoliposi. In queste pazienti, lo studio microbiologico<br />

ha dimostrato in 320 casi (73,1%) la presenza di almeno un<br />

agente microbico nel prelievo endometriale. Su tutte è stata<br />

eseguita una biopsia endometriale per lo studio istopatologico.<br />

Risultati. La presenza di endometrite di vario grado era osservabile<br />

in 388 donne (88,6%). Un aspetto istologico non<br />

descritto in precedenza è rappresentato dalla presenza di piccole<br />

estroflessioni polipoidi (< 2 mm), corrispondenti a quelle<br />

descritte in isteroscopia, costituite da un’ansa capillare e<br />

da cellule infiammatorie, come verificato con l’indagine immunoistochimica.<br />

In casi più rari i micropolipi corrispondevano<br />

a rigonfiamenti edematosi superficiali della mucosa o a<br />

essudato sieromucoso su aree di erosione superficiale della<br />

mucosa. La corrispondenza tra il quadro isteroscopico e quello<br />

istologico è molto verosimile, anche se l’evidenza istologica<br />

delle lesioni avviene nel 48%, poiché, essendo i micropolipi<br />

molto piccoli, non sempre sono evidenziabili sul preparato:<br />

infatti la lesione scompare spesso nelle sezioni successive<br />

dello stesso incluso.<br />

Conclusioni. La presenza di micropolipi può rappresentare<br />

un utile segno di flogosi endometriale non solo per l’isteroscopista,<br />

ma anche per il patologo, in un campo della patologia<br />

endometriale in cui la diagnosi risulta difficile e sostanzialmente<br />

sottostimata, specie nelle condizioni di sanguinamento<br />

anomalo o di infertilità da causa sconosciuta.<br />

Bibliografia<br />

1 Cicinelli E, et al. J Minim Invasive Gynecol 2005;12:514-8.<br />

245<br />

Intratesticular serous cystoadenoma of<br />

borderline malignancy. A case report<br />

N. Scibetta, L. Marasà<br />

ARNAS “Civico, Di Cristina, Ascoli”, Palermo; Servizio di<br />

Anatomia Patologica, Italia<br />

Introduction. Testicular and paratesticular tumors of the<br />

common epithelial ovarian type are rare.<br />

The most frequent histological type is the serous. We present<br />

an example of this group of tumors that may be classified as<br />

mullerian serous papillary cistoadenoma of borderline malignancy<br />

(SBT).<br />

Methods. A 50 years-old man presented with a painless right<br />

testicular swelling of 24 months duration. Testicular sonography<br />

revealed a large, cystic mass. Laboratory tests were unremarkable.<br />

A right orchiectomy was performed. 6 months<br />

after surgery, there was no evidence of tumor recurrence or<br />

metastases. The specimens were fixed in 10% buffered formalin<br />

and paraffin embedded.<br />

Sections were stained with H&E, PAS. Immunostaining was<br />

performed with primary antibodies to CEA, Leu M1, B 72.3,<br />

S100 protein, PLAP, CA-125, CK7, CK20, vimentin, estrogen<br />

and progesterone receptors, calretinin.


246<br />

Results. The surgical specimen had a size of 11 x 8.5 x 4.5,<br />

and presented a intratesticular, unilocular cyst measuring 8<br />

cm in diameter, containing a dens fluid.<br />

The cyst was separated from surrounding parenchyma by a<br />

thin fibrous capsule; the internal lining of the cyst was<br />

smooth with areas of granular gray tissue.<br />

Microscopically the tumor showed papillary structures of<br />

variable size, lined by columnar serous-type epithelium, exhibiting<br />

discontinous tufting, with moderate cell pleomorphism.<br />

Mitoses were rare. The adjacent seminiferous tubules<br />

showed focal atrophic changes; the epididymis, rete testis<br />

and spermatic cord appeared unremarkable. Immunohistochemically<br />

the tumor cells were positive for CK7, CEA,<br />

EMA, CA 125, Leu M1, estrogen and progesterone receptors.<br />

Conclusions. Both the gross and microscopic features and<br />

the immunophenotype of our case were identical to those of<br />

ovarian SBTs.<br />

Mullerian tumours of the testis may originate either from<br />

remnants of mullerian epithelium within the testicular tissue<br />

itself (“primary tumors”), or from mullerian epithelium<br />

which develops from the mesothelium of the tunica vaginalis<br />

testis by metaplasia (“secondary tumors”).<br />

In our opinion, it cannot be determined definitely whether the<br />

tumor belongs to the group of primary or secondary mullerian<br />

tumors.<br />

Our patient like the others reported in the literature had unilateral<br />

testicular SBT, without extragonadal spread. All of<br />

them had a favorable outcome after orchiectomy.<br />

The small number of patients does not permit unequivocal<br />

conclusions, but these tumors have a good prognosis.<br />

Transitional cell carcinoma of the<br />

endometrium. A case report<br />

N. Scibetta, L. Marasà<br />

ARNAS “Civico, Di Cristina, Ascoli”, Palermo; Servizio di<br />

Anatomia Patologica, Italia<br />

Introduction. Transitional cell carcinoma (TCC) are rare<br />

neoplasm in the femal genital tract.<br />

They are most common in the ovary, with isolated cases described<br />

in the fallopian tube, broad ligament, cervix and endometrium.<br />

TCC of the endometrium has been noted predominantly in<br />

postmenopausal women, some having the same risk factors<br />

and presentation as patients with endometrial carcinoma.<br />

Recently the presence of HPV type 16 has been detected in a<br />

proportion of primary TCC of the cervix and endometrium.<br />

This support the hypotesis that these rare neoplasm, in at<br />

least a proportion, are similar, with regard to risk factor, to<br />

squamous cell carcinoma of the cervix and suggest that HPV<br />

may play an etiologic role.<br />

Methods. A diabetic, hypertensive, liparous 67 years-old<br />

woman, with uterine bleeding, has been subjected to endometrial<br />

curettage and subsequent total abdominal hysterectomy<br />

with bilateral salpingo-oophorectomy.<br />

The specimens were fixed in 10% buffered formalin, and<br />

paraffin embedded.<br />

Sections were stained with H&E.<br />

Immunohystochemical staining for cytokeratins 7 and 20 was<br />

performed.<br />

The TCC was graded according to the four-tier grading system<br />

for transitional cell neopasm of the urinary bladder<br />

adopted by the World Health Organization.<br />

POSTERS<br />

Results. The endometrial cavity was filled with a friable,<br />

polypoid mass.<br />

It penetrated deep in the outer one-half of the myometrium,<br />

with cervical involvement and also showed vascular invasion.<br />

Grossly and microscopically the adnexae were normal.<br />

Microscopically a tumor showed papillary structures with<br />

thin fibrovascular cores covered by several layers of urothelial-type<br />

transitional epithelium.<br />

The papillary component was admixed with more poorly differentiated<br />

areas ranged from spaces lined by transitional<br />

epithelium to nests of poorly differentiated transitional<br />

epithelium infiltrating the stroma.<br />

Nuclear grooves were not formed.<br />

No foci of squamous differentiation or areas of koilocytosis<br />

were found.<br />

A endometrioid component (5%), was admixed.<br />

The immunohystochemical profile (CK7 positive and CK20<br />

negative) was consistent with the mullerian epithelium.<br />

Conclusions. TCC of the endometrium is a rare, distinct<br />

subtype of endometrial carcinoma with morphologic features<br />

of urothelial differentiation, but ritention of mullerian immunoprofile.<br />

The histogenesis of TCC of the endometrium is uncertain,<br />

and in the absence of benign transitional metaplasia, it is more<br />

likely that the endometrial lesions developed through neometaplasia<br />

from other neoplastic cell types rather than developing<br />

from initially benign metaplastic transitional cell<br />

epithelium.<br />

In this case report the finding that TCC is admixed with endometrioid<br />

component and the immunoprofile of mullerian<br />

epithelium support this mechanism, suggesting that the tumor<br />

arises through neometaplasia from mullerian epithelium.<br />

Studio immunoistochimico sulla<br />

differenziazione neuroendocrina di 100<br />

adenocarcinomi di prostata provenienti da<br />

RRP<br />

S. Trabucco, A. Altavilla * , G. Caruso *<br />

U.O. di Anatomia Patologica, D.A.P. (Dipartimento di Anatomia<br />

Patologica), Policlinico, Bari; * U.O. di Anatomia Patologica,<br />

DAP (Dipartimento di Anatomia Patologica), Policlinico<br />

Università di Bari<br />

Introduzione. La presenza di singole cellule neuroendocrine<br />

(CN) nelle ghiandole prostatiche dell’adulto è riconosciuta<br />

sia in senso morfologico/immunoistochimico sia in senso<br />

funzionale per l’interazione con la componente ghiandolare<br />

esocrina. Inoltre le CN regolano la risposta agli androgeni ed<br />

identificano una quota di adenocarcinomi prostatici a differenziazione<br />

neuroendocrina non compresi nelle neoplasie<br />

neuroendocrine in senso stretto come carcinoidi e carcinomi<br />

a piccole cellule.<br />

Materiali e metodi. Sono stati studiati 100 casi di adenocarcinomi<br />

della prostata dal 1/01/2005 al 31/12/2005 ed è stata indagata<br />

l’espressione immunoistochimica della Cromogranina A<br />

in adenocarcinomi moderatamente e scarsamente differenziati.<br />

I campioni sono stati fissati in formalina neutra tamponata al<br />

10%, processati ed inclusi in paraffina; da sezioni di 2-3 µ sono<br />

state allestite colorazioni istochimiche ed immunoistochimiche.<br />

Ciascun caso è stato interpretato per immunoreattività con<br />

score-semiquantitativo da 1-3 per intensità di colorazione e


POSTERS<br />

per percentuale di cellule positive. L’intensità della colorazione<br />

varia da 1 (positività citoplasmatica debole e finemente<br />

granulare) a 3 (positività citoplasmatica intensa con granuli<br />

grossolani).<br />

La percentuale di cellule positive è distribuita nei gruppi: 1<br />

(≤ 25%), 2 (25-50%) e 3 (50-100%).<br />

Risultati. Risultati ottenuti per percentuali di cellule positive:<br />

gruppo 1 (5,8% di casi); gruppo 2 (11,5%) e gruppo 3<br />

(17%) per un totale del 35% di casi a differenziazione neuroendocrina.<br />

Risultati ottenuti per intensità di colorazione:<br />

gruppo 1 (33% dei casi); gruppo 2 (35%) e gruppo 3 (32%).<br />

Conclusioni. L’espressione della cromogranina identifica: aadenocarcinomi<br />

misti a doppia componente androgena-responsiva<br />

e neuroendocrina; b- adenocarcinomi acinari a totale<br />

differenziazione neuroendocrina. L’identificazione della<br />

componente neuroendocrina non rilevabile alla osservazione<br />

morfologica impone una sistematica ricerca immunoistochimica<br />

della stessa; la sua presenza si correla ad aspetti clinicoterapeutici<br />

importanti: 1) la valutazione sierica della cromogranina<br />

insieme al PSA nel follow-up post-operatorio e nei<br />

pazienti non operabili; 2) il trattamento terapeutico con omologhi<br />

della somatostatina da associare o meno ad ormonosoppressione<br />

in caso di ripresa di malattia oppure nei pazienti non<br />

operabili con elevati valori sierici di cromogranina.<br />

Endometriosi intestinale profonda: nuove<br />

osservazioni sul coinvolgimento e sulle<br />

lesioni dei plessi nervosi<br />

M. Mora, L.H. Abbamonte * , R. Ricca, S. Ferrero * , V. Remorgida<br />

* , E. Fulcheri<br />

Anatomia e Istologia Patologica (DI.C.M.I.), Università di<br />

Genova; * Clinica Ostetrica e Ginecologica, Università di<br />

Genova<br />

Introduzione. La localizzazione intestinale è presente nel<br />

15-37% delle donne con endometriosi ed è definita profonda<br />

(EIP) quando si sviluppa nella parete oltre i 5 mm; la presentazione<br />

clinica è variabile ma simile a quella delle IBD.<br />

Caratteristiche dell’EIP sono: multifocalità, reazione fibrosclerotica<br />

(con deformazione e stenosi), localizzazione topografica<br />

alla radice del meso, lungo i plessi extramurali (neurotropismo<br />

dell’endometriosi) e i fasci vascolari. Da alcuni<br />

anni si ricerca una più precisa definizione degli aspetti<br />

morfofunzionali dell’EIP da correlare con le anomalie della<br />

peristalsi e della funzionalità dell’intestino.<br />

Metodi. Negli anni 1999-2007 sono stati diagnosticati 81 casi<br />

di EIP (55 resezioni segmentarie, 26 nodulectomie) (range<br />

247<br />

di età 22-54). Le pazienti, studiate con Multislice TC-water<br />

enteroclysis (MSCTe), sono state trattate secondo un protocollo<br />

chirurgico validato. In 8 casi era coinvolto l’ileo, in 4 il<br />

cieco, in 1 l’appendice, in 21 il sigma, in 36 il sigma-retto e<br />

in 16 il retto (5 pazienti presentavano lesioni in sedi multiple).<br />

Si sono effettuate campionature sulla lesione a tutto<br />

spessore e a 3 cm da essa in senso prossimale e distale. Una<br />

IIC di routine per la proteina S-100 ha facilitato la visualizzazione<br />

dei plessi e delle strutture gangliari e delle caratteristiche<br />

morfologiche di essi.<br />

Risultati. Le lesioni sono risultate estese alla sola sierosa o<br />

al tessuto periviscerale (4,9%), fino alla tonaca muscolare<br />

(54,4%), fino alla sottomucosa (34,6%) e fino alla mucosa<br />

(6,1%). L’interessamento dei plessi nervosi è risultato negativo<br />

nel 2,5%, positivo nei restanti coinvolgendo il plesso extramurale<br />

nel 19,7%, raggiungendo l’Auerbach nel 49,4% e<br />

raggiungendo il Meissner nel 28,4%. Il danno ai plessi nervosi<br />

ad opera della EIP (distorsione, coartazione, frammentazione<br />

e interruzione dei fascicoli) è responsabile del danno<br />

progressivo delle strutture preposte alla motilità. È anche evidente<br />

una ipertrofia e iperplasia dei plessi e dei gangli a monte<br />

delle lesioni, cui si associa l’ectasia del lume intestinale.<br />

Conclusioni. L’EIP è stata riclassificata in: stadio 0 coinvolgimento<br />

della sierosa e di nessun plesso; stadio I del plesso<br />

extramurale; stadio II del plesso di Auerbach; stadio III del<br />

plesso di Meissner. La valutazione dei danni ai plessi si aggiunge<br />

e completa le classiche valutazioni stadianti (ulcerazione<br />

della mucosa, stenosi e distorsione del lume e sindrome<br />

aderenziale associata alla malattia) attualmente in uso.<br />

Clinic-pathological correlations of<br />

microsatellite instable (MSI+) endometrial<br />

carcinoma<br />

S. Cesari, B. Dal Bello, P. Alberizzi, D. Ballarini, G.<br />

D’Ambrosio, S. Tateo * , E.M. Silini **<br />

Servizio di Anatomia Patologica, IRCCS Fondazione Policlinico<br />

“San Matteo”, Pavia, Italia; * Clinica Ostetrica e Ginecologica,<br />

IRCCS Fondazione Policlinico “San Matteo”, Pavia,<br />

Italia; ** Dipartimento Patologia e Medicina di Laboratorio,<br />

Azienda Ospedaliero-Universitaria, Parma, Italia<br />

Introduction. Microsatellite instability (MSI) occurs in 17 to<br />

23% of non-familial endometrial adenocarcinomas (ECs)<br />

usually as a consequence of hMLH1 gene silencing by promoter<br />

methylation. The clinic-pathological correlations of<br />

MSI+ colonic and gastric tumors are well established, whereas<br />

these remain poorly defined in ECs.<br />

N. Coinvolgimento dei Distribuzione della Margini + (%)<br />

casi plessi nervosi (%) EIP nella parete intestinale (%)<br />

Nessuno Extramurale Auerbach Meissner Sottosierosa Muscolare Sottomucosa Mucosa<br />

(stadio 0) (stadio 1) (stadio 2) (stadio 3)<br />

Yantiss R.K. 44 — — — — 73 89 66 30<br />

et al. (2001)<br />

Anaf V. 31 — — — — 100 100 68 26 9,7<br />

et al. (2004)<br />

Mora M. 81 2,5 19,7 49,4 28,4 4,9 54,4 34,6 6,1 5<br />

et al. (2007)


248<br />

Methods. Base of the study were 156 ECs, clinical stage I,<br />

from a single tertiary academic institution, observed over the<br />

years 1991-2001, with a mean follow-up time of 74 months.<br />

All slides were reviewed for the study. ECs were classified<br />

according to WHO based on morphology and immunophenotype<br />

when required and were staged according to FIGO. Progesterone<br />

receptor, p53 and hMLH1 expression was evaluated<br />

by immuno-histochemistry in all tumors. MSI was assessed<br />

on DNA extracted from FFPE micro-dissected tissue<br />

using the two mononucleotide repeats, Bat25 and Bat26.<br />

Main pathological variables and survival were compared between<br />

groups by the chi-square test; statistical significance<br />

was for p < 0.05.<br />

Results. Thirty-one tumors (20%) were MSI+. Loss of antihMLH1<br />

staining was highly predictive of MSI+ phenotype<br />

(PPE 93%, NPV 95%, sensitivity 84%, specificity 98%).<br />

MSI+ phenotype was significantly correlated with endometrioid<br />

histotype (p < 0.01), high grade (p < 0.001), tumor<br />

necrosis (p < 0.05), expansive growth pattern (p < 0.02)<br />

and prominent lymphocyte infiltration (p < 0.001). No effect<br />

was observed for age at diagnosis, pathological stage, depth<br />

of myometrial infiltration, desmoplastic reaction, lymphovascular<br />

invasion and lymphnode metastasis, progesterone<br />

receptor and p53 expression. Mortality and recurrence rates<br />

at 5 yrs were 25,8% and 32,2% for MSI+ tumors compared<br />

to 11.2% and 19,1% for MSI-, respectively (p = non significant).<br />

Conclusions. MSI+ phenotype is specific of endometrioid<br />

histotype and identifies a subset of tumors with specific<br />

pathological features and poor prognosis. Anti-hMLH1 staining<br />

accurately predicts MSI status. Appropriate histological<br />

classification is fundamental to highlight clinic-pathological<br />

correlates in tumor genetics.<br />

Seminoma del testicolo a crescita<br />

interstiziale: presentazione di un caso e<br />

analisi dei criteri di diagnosi differenziale<br />

all’esame intra-operatorio<br />

E. Bollito * , I. Morra ** , M. Volante * , V. Marci * , F. Porpiglia<br />

** , R.M. Scarpa ** , M. Papotti *<br />

* ** S.C.D.U. Anatomia Patologica e Urologia, Ospedale<br />

“San Luigi Gonzaga” e Università di Torino, Orbassano<br />

(TO)<br />

Introduzione. Nel seminoma di tipo classico aspetti periferici<br />

di crescita intertubulare possono essere identificati e non<br />

presentano difficoltà interpretative. L’esclusiva crescita interstiziale<br />

del seminoma è invece assai rara 1 e può causare<br />

difficoltà diagnostiche insidiose particolarmente all’esame<br />

intra-operatorio (EI), anche perché si osserva usualmente in<br />

lesioni piccole (da distinguere da lesioni benigne suscettibili<br />

di chirurgia conservativa), spesso di difficile interpretazione<br />

in assenza di orientamento clinico preciso.<br />

Metodi. Riportiamo il caso di un 40enne con orchialgia da<br />

circa 2 mesi, già sottoposto in altra sede a visite ed ecografia<br />

non dirimenti. Nel corso del ricovero presso il nostro Ospedale<br />

il paziente venne nuovamente sottoposto a test diagnostici<br />

documentando reperto palpatorio dubbio, evidenza ecografica<br />

di area isoecogena sospetta, ma non diagnostica per<br />

neoplasia, marcatori sierologici in limiti. Fu eseguito intervento<br />

esplorativo con EI su un frammento ocraceo di 12 mm,<br />

consistenza aumentata e colorito indistinguibile dal parenchima<br />

testicolare normale.<br />

Risultati. All’EI si riscontrò un infiltrato cellulare interstiziale,<br />

con scarsa fibrosi tra tubuli seminiferi con spermiogenesi<br />

conservata sino a nemaspermi. Le ipotesi differenziali<br />

furono quelle di flogosi ed iperplasia di cellule di Leydig tra<br />

le lesioni benigne, e di linfoma o seminoma tra le neoplasie<br />

maligne (si favorì un giudizio di malignità all’EI). Esame<br />

istologico e profilo immunoistochimico (CD117 + /PLAP +)<br />

confermarono il sospetto di seminoma a crescita interstiziale;<br />

campi di atrofia e IGNU furono osservati nel parenchima extra-lesionale.<br />

Conclusioni. La rara eventualità della esclusiva crescita interstiziale<br />

del seminoma (in assenza di nodo o massa tumorale)<br />

deve essere considerata nella valutazione di EI di lesioni<br />

testicolari piccole, dubbie all’ecografia e con sierologia<br />

negativa. In tali forme, architettura tubulare e spermatogenesi<br />

possono essere conservate. Caratteri nucleari e valutazione<br />

comparativa con i linfociti associati agevolano la distinzione<br />

da forme infiammatorie e linfomatose. Inoltre i caratteri di<br />

aggregazione cellulare e la morfologia dei citoplasmi (più<br />

ampli e vescicolosi, meno eosinofili), dei nuclei (atipici con<br />

nucleoli evidenti) ed eventuali cariocinesi consentono la distinzione<br />

da lesioni di cellule di Leydig.<br />

Bibliografia<br />

1 Henley JD, et al. Am J Surg Pathol 2004;28:1163-8.<br />

POSTERS<br />

Carcinoma spinocellulare della cervice<br />

uterina con estesa differenziazione sebacea<br />

e trichilemmale: descrizione di un caso e<br />

revisione della letteratura<br />

C. Rizzardi, T. Perin * , M. Schneider, T. Salviato * , M. Melato,<br />

V. Canzonieri *<br />

DIA di Anatomia Patologica e Medicina Legale, Università<br />

di Trieste; * CRO Aviano, Istituto Nazionale Tumori, IRCCS<br />

La differenziazione annessiale dermica nel carcinoma spinocellulare<br />

della cervice uterina può essere caratterizzata dal riscontro<br />

istologico, nel tumore, di ghiandole sebacee, elementi<br />

trichilemmali e ghiandole eccrine. A livello dell’apparato<br />

genitale femminile, sono stati descritti casi sporadici di carcinoma<br />

sebaceo in forma pura nella vulva, nell’ovaio e nella<br />

cervice uterina. Sia nella cervice uterina normale che nei polipi<br />

cervicali possono, occasionalmente, ritrovarsi ghiandole<br />

sebacee ectopiche o metaplasiche e follicoli piliferi.<br />

Presentiamo il secondo caso noto di carcinoma spinocellulare<br />

della cervice uterina con differenziazione annessiale dermica<br />

(sebacea e trichilemmale) unitamente ad una revisione<br />

della letteratura sull’argomento, con particolare riguardo all’istogenesi,<br />

alla diagnosi differenziale immunoistochimica,<br />

e alla risposta patologica alla chemioradioterapia neoadiuvante.<br />

Si tratta di donna di 60 anni, obesa, con iniziale spotting vaginale.<br />

Una biopsia della cervice dimostrava un carcinoma<br />

spinocellulare focalmente cheratinizzante, infiltrante, con<br />

differenziazione sebacea talora microcistica. Era presente positività<br />

per CKAE1/AE3 e CK5 sia nella componente spinocellulare<br />

che sebacea. Negativi gli altri marcatori testati<br />

(CK7, recettori per gli estrogeni, recettori per il progesterone,<br />

recettori per gli androgeni, c-erb-B2).<br />

Dopo chemioradioterapia, all’intervento chirurgico di isteroannessiectomia<br />

bilaterale atipica senza linfoadenectomia,<br />

si è dimostrato un carcinoma spinocellulare con presenza di<br />

differenziazione sebacea e trichilemmale (annessiale dermi-


POSTERS<br />

ca) e focali aspetti basaloidi, stadiato ypT2bNx, angioinvasivo,<br />

con modesta risposta obiettiva patologica alla terapia<br />

neoadiuvante.<br />

Per quanto riguarda le diverse teorie istogenetiche, nel nostro<br />

caso sembra sostenibile quella della metaplasia ectodermica,<br />

derivante dalla stessa proliferazione neoplastica, in quanto<br />

dovuta ad elementi neoplastici spinocellulari meno differenziati<br />

che conservano potenzialità di differenziare in annessi<br />

dermici; quando tale differenziazione è totale si possono realizzare<br />

le forme pure di carcinoma sebaceo.<br />

Studi ulteriori sarebbero necessari per confermare una possibile<br />

maggior resistenza di questi tumori alla chemioradioterapia<br />

preoperatoria rispetto all’istotipo usuale.<br />

Angiomiofibroblastoma del cordone<br />

spermatico (case report)<br />

A. Remo, V. Rucco, M.G. Zorzi, M. Lestani<br />

U.O.C. di Anatomia ed Istologia Patologica, ULSS 5, Arzignano<br />

(VI)<br />

Introduzione. L’angiomiofibroblastoma (AMFB) è una neoplasia<br />

miofibroblastica di rara osservazione, tipica del sesso<br />

femminile e del tessuto sottocutaneo della regione pelvicoperineale;<br />

nonostante presenti aspetti istologici tali da giustificare<br />

una diagnosi differenziale con forme più aggressive,<br />

quali la fascite proliferativa e l’angiomixoma aggressivo,<br />

l’AMFB ha un comportamento benigno e caratteri istologici<br />

ed immunofenotipici relativamente specifici. Descriviamo un<br />

caso di AMFB identificato in un maschio, nel funicolo spermatico.<br />

Metodi. Nel corso di un intervento di ernioplastica inguinale<br />

presso l’UOC di urologia, a cui è sottoposto un maschio di 73<br />

anni, viene casualmente riscontrata una neoformazione del<br />

funicolo spermatico di destra, che è asportata con intenti di<br />

radicalità. La lesione, marcata in periferia con china, è ridotta<br />

ed inclusa in toto. Dall’incluso più rappresentativo si ottengono<br />

sezioni seriate, studiate con immunoistochimica secondo<br />

protocolli di routine.<br />

Risultati. La neoformazione misura cm 3 x 2,5 x 2, è sacciforme,<br />

peduncolata, parzialmente delimitata da cercine di<br />

muscolo scheletrico, non capsulata. La superficie di taglio è<br />

brunastra e di consistenza gelatinosa. Istologicamente si presenta<br />

riccamente vascolarizzata (vasi ben formati e capillari)<br />

e ricca di adipociti; nel contesto di una matrice mixoide sono<br />

presenti elementi dispersi, di aspetto eterogeneo (cellule ovalari,<br />

fusate, frequentemente multinucleate), con atipie nucleari<br />

di grado lieve ma senza figure mitotiche, apoptosi o<br />

franca necrosi. Le cellule coesprimono vimentina, desmina,<br />

actina MLS, CD34 e – parzialmente – RE ed RPg.<br />

Conclusioni. Il caso presenta caratteri clinici e morfologici<br />

tali da giustificare diverse DD (funicolite proliferativa; angiomixoma<br />

aggressivo; liposarcoma mixoide). La presenza<br />

di aspetti “amartomatosi” (vasi ben formati; adipociti in lobuli)<br />

e la costante ed intensa espressione di desmina (fenotipo<br />

“miofibroblastico”) costituiscono gli elementi più utili alla<br />

definizione del processo. L’ernia inguinale è, nel maschio,<br />

un raro fattore di rischio per la funicolite proliferativa. Il caso<br />

che presentiamo, pur ricordando in parte le “fasciti”, soddisfa<br />

i criteri per una diagnosi di AMFB, lesione benigna che<br />

non richiede un intervento chirurgico aggressivo.<br />

A nostra conoscenza questa è la seconda descrizione di un<br />

AMFB del funicolo, registrata in letteratura 1 .<br />

249<br />

Bibliografia<br />

1 Siddiqui MT, Kovarik P, Chejfec G. Angiomyofibroblastoma of the<br />

spermatic cord. Br J Urol 1997;79:475-6.<br />

Urotensin II receptor: a new diagnostic<br />

marker and therapeutic target in human<br />

prostate adenocarcinoma<br />

R. Franco, M. Caraglia1 , S.R. Addeo1 , G. Meo1 , M. Marra1<br />

, S. Losito, A. Grimaldi, S. Striano2 , A. Molinari3 , G.<br />

Arancia3 , A. Belfiore4 , P. Grieco5 , L. Tornillo6 , A. La Mura6<br />

, L. Terracciano7 , A. Budillon1 , G. Botti1 Experimental Pharmacology, 1 Pathology and 2 Urology Unit<br />

INT Fondazione “G. Pascale”, Naples, Italy; 3 ISS, Rome; 4<br />

Department of Experimental and Clinical Medicine, University<br />

of Catanzaro; 5 Department of Pharmaceutical and Toxicological<br />

Chemistry, University “Federico II” of Naples; 6<br />

Pathology Unit, “A. Cardarelli” Hospital, Naples; 7 Institute<br />

of Pathology, University of Basel, Switzerland<br />

Urotensin II (U-II) is a potent vasoconstrictor peptide and its<br />

receptor (UTR) was correlated with human cortico-adrenal<br />

carcinomas proliferation. We studied expression of UTR in<br />

a Multitumor array, containing more than 5000 tumors from<br />

all body district and relative normal tissue of origin. UTR<br />

was expressed in different tumors, as in a subset of prostatic<br />

cancer. So that we have evaluated the expression and functional<br />

role of UTR on human prostate adenocarcinoma (AC)<br />

both in vivo and in vitro. We have used the androgen-dependent<br />

LnCaP and the androgen-independent PC3 and<br />

DU145 cells. UTR mRNAs were expressed at high levels<br />

only on LnCaP cells. The expression of UTR protein resembled<br />

that one of mRNAs. We have evaluated the effects of<br />

UII and an antagonist of UTR urantide on the proliferation<br />

of LnCaP cells. Urantide induced a 30% inhibition of LnCaP<br />

cell proliferation at 10-100 nM after 72 h of treatment while<br />

UII caused antiproliferative effects only at micromolar concentrations.<br />

No effect was recorded on both PC3 and DU145<br />

cells. The addition of 10 nM androgen-like compound<br />

R1881 for 72 h induced growth stimulation in LnCaP cells<br />

that was abolished by both 2 µM UII and 10 nM Urantide.<br />

The two agents even caused a 20% reduction of cell growth<br />

as compared to untreated cells. We have also evaluated the<br />

effects of R1881 on cell cycle and a 50% increase of S-phase<br />

was recorded. This effect was again completely antagonized<br />

by both U-II and Urantide. In the same experimental<br />

conditions, urantide induced also a significant decrease of<br />

cell invasiveness. We have also evaluated the expression of<br />

UTR in vivo in 200 prostate tissue samples. UTR was always<br />

expressed at intermediate intensity in hyperplastic tissues<br />

and at high intensity in well-differentiated carcinoma (Gleason<br />

2-3). The expression was low in Gleason score 4 and absent<br />

in Gleason score 5. The statistical analysis showed a significant<br />

correlation with both total and principal Gleason<br />

score (p < 0.05) and is related to shorter OAS. Moreover we<br />

developed a DAB staining of link between UTR and byotinilated<br />

antagonist in LnCAP and in a series of frozen section<br />

of AC. The linkage was inhibited by excess of not-byotinilated<br />

ligand. These data suggest that UTR can be considered<br />

both an additional therapeutic target and a diagnostic marker<br />

in differentiated prostate AC.


250<br />

Tissue microarray analysis reveals significant<br />

correlation between NeuroD1 and<br />

chromogranin a expression in human<br />

prostate cancer<br />

R. Franco1 , M. Cantile2 , L. Cindolo3 , L. Zlobec, L. Forte1 ,<br />

L. Tornillo4 , E. Fontanella1 , L. Schips5 , L. Terracciano4 , L.<br />

Bubendorf4 , G. Botti1 2 4 , C. Cillo<br />

1 Surgical Pathology, National Cancer Institute “G. Pascale”,<br />

Naples, Italy; 2 Department of Clinical and Experimental<br />

Medicine, “Federico II” University Medical School, Naples,<br />

Italy; 3 Urology Unit, “G. Rummo” Hospital, Benevento,<br />

Italy; 4 Institute of Pathology, University of Basel, Switzerland,<br />

5 Urology Unit, Vasto Hospital (CH), Italy<br />

Background. Understanding the mechanisms through which<br />

prostate cancer acquires neuroendocrine differentiation is<br />

diagnostically and therapeutically relevant. Tissue microarrays<br />

(TMA) are powerful tools to analyze the clinical significance<br />

of new molecular markers in human cancers. Here,<br />

we have tested neuro-endocrine related markers on a prostate<br />

TMA containing 1,152 different specimens.<br />

Methods. The specimens were derived from patients treated<br />

for clinically localized prostate cancer by radical prostatectomy<br />

or transurethral resection (TURP) for BPH. Expression<br />

of NeuroD1, Chromogranin A and androgen receptor was<br />

analyzed by immunohistochemistry. Survival analysis by Kaplan-Meier<br />

curves and univariate and multivariate analysis<br />

were performed in order to assess the role and the impact of<br />

each marker on prognosis.<br />

Results. Staining for NeuroD1, ChrA and Androgen Receptor<br />

were positive in 42%, 34% and 69% of the available cases,<br />

respectively. As far as the overall survival is concerned,<br />

there were 168 deaths and 488 patients who were alive/censored.<br />

For disease-specific survival only 22 deaths were recorded.<br />

A significant correlation between NeuroD1 and chromogranin<br />

A expression was recorded (Spearman correlation<br />

coefficient, r = 0.26 (p-value < 0.001), furthermore the chromogranin<br />

A expression increases as NeuroD1 expression increases<br />

(p-value < 0.001). Prognostic analyses reveal that none<br />

of the markers appear to be associated with either overall<br />

survival or disease-specific survival.<br />

Conclusions. ChrA, Androgen receptor and NeuroD1 were<br />

evaluated on a large TMA of prostate cancer for the first time.<br />

Our results show that these markers are strongly associated<br />

but their expression does not correlate with overall or<br />

disease-specific survival, suggesting a possible use as diagnostic<br />

markers.<br />

L’espressione delle proteine HMGA1 e HMGA2<br />

rappresenta un valido marcatore diagnostico<br />

nei tumori testicolari<br />

R. Franco * , F. Esposito ** , G. Liguori * , G. Botti * , A. Fusco<br />

** ** ***<br />

, P. Chieffi<br />

* Istituto Nazionale dei Tumori “Fondazione G. Pascale”,<br />

Napoli; ** Dipartimento di Biologia e Patologia, Università<br />

“Federico II” di Napoli; *** Dipartimento di Medicina Sperimentale,<br />

II Università di Napoli<br />

Introduzione. Le proteine HMGA (High Mobility Group A)<br />

sono proteine nucleari non istoniche che legano il DNA in regioni<br />

ricche di A-T attraverso tre domini basici chiamati “AT-<br />

POSTERS<br />

hooks”. Le proteine HMGA non hanno attività trascrizionale<br />

intrinseca ma, modellando l’architettura della cromatina, regolano<br />

l’assemblaggio di fattori trascrizionali. La famiglia<br />

HMGA è composta di quattro proteine HMGA1a, HMGA1b,<br />

HMGA1c e HMGA2. Le prime tre proteine sono codificate<br />

dallo stesso gene attraverso “splicing” alternativi. Le proteine<br />

HMGA sono altamente espresse durante l’embriogenesi<br />

ed in diverse neoplasie maligne. Precedenti studi del nostro<br />

gruppo hanno dimostrato che l’isoforma HMGA1 è espressa<br />

nell’epitelio germinativo principalmente in cellule mitotiche<br />

(spermatogoni e spermatociti primari), mentre l’isoforma<br />

HMGA2 in cellule meiotiche (spermatociti e spermatidi) 1 2 .<br />

Scopo della ricerca. Scopo della ricerca è stato quello di studiare<br />

l’espressione delle isoforme HMGA1 e HMGA2 in 70<br />

tumori testicolari di differente istiotipo (30 seminomi, 15 teratomi,<br />

15 carcinomi embrionali e 10 tumori testicolari a cellule<br />

miste con una prevalente componente di tumore del sacco<br />

vitellino).<br />

Per tali studi sono state utilizzate tecniche immunoistochimiche<br />

per la localizzazione delle isoforme ed analisi di “Western<br />

blot” e RT-PCR.<br />

Risultati. L’isoforma HMGA1 è espressa in tutti i seminomi<br />

e carcinomi embrionali analizzati ma non nei teratomi e nei<br />

carcinomi del sacco vitellino, mentre l’isoforma HMGA2 è<br />

espressa nei carcinomi embrionali e nei tumori del sacco vitellino<br />

e non nei seminomi e teratomi.<br />

Conclusioni. Tali osservazioni indicano che nei tumori testicolari<br />

le isoforme HMGA1 e HMGA2 sono differentemente<br />

espresse in funzione della differente origine istiogenetica;<br />

inoltre, il differente profilo di espressione delle due isoforme<br />

può essere utilizzato come precoce marcatore molecolare<br />

diagnostico soprattutto in alcuni casi di difficile diagnosi differenziale.<br />

Bibliografia<br />

1 Chieffi P, Battista S, Barchi M, Di Agostino S, Pierantoni GM, Fedele<br />

M, et al. HMGA1 and HMGA2 protein expression in mouse spermatogenesis.<br />

Oncogene 2002;21:3644-50.<br />

2 Di Agostino S, Fedele M, Chieffi P, Fusco A, Rossi P, Geremia R, et<br />

al. Phosphorylation of high mobility group protein A2 by Nek kinase<br />

during the first meiotic division in mouse spermatocytes. Mol Biol<br />

Cell 2004;15:1224-32.<br />

Carcinoma vescicale: classificazione WHO<br />

2004 ed implicazioni terapeutiche<br />

G. Gazzano, L. Carmignani ** , P. Acquati * , F. Rocco * , M.<br />

Maggioni, S. Bosari<br />

II Cattedra di Anatomia Patologica, Università di Milano,<br />

Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria, A.O.<br />

“San Paolo”, Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico,<br />

“Mangiagalli e Regina Elena”, Milano; * I Cattedra di Urologia,<br />

Università di Milano, Fondazione IRCCS Ospedale<br />

Maggiore Policlinico, “Mangiagalli e Regina Elena”, Milano;<br />

** Unità Operativa di Urologia, IRCCS Policlinico “San<br />

Donato”<br />

Introduzione. Le Linee Guida AUA e EAU sul trattamento<br />

del carcinoma vescicale fanno riferimento alla classificazione<br />

WHO 1973, prevedendo la cistectomia radicale solo per le<br />

forme multicentriche e multirecidivanti G3 in particolare dopo<br />

un trattamento chemio o immunocavitario. Nella classificazione<br />

WHO 2004 il gruppo dei carcinoma ad alto grado<br />

prevede oltre ai G3 anche parte dei G2. Obiettivo del nostro


POSTERS<br />

lavoro è stato la valutazione della ricaduta clinica nell’utilizzo<br />

di questa classificazione.<br />

Materiali e metodi. Sono stati riclassificati, secondo la<br />

WHO 1973, 100 casi di resezione vescicale transuretrale<br />

(TUR), precedentemente definiti secondo i parametri della<br />

WHO 2004. Essi erano così distribuiti: 47 carcinomi di alto<br />

grado, 46 carcinomi di basso grado, 5 neoplasie papillari uroteliali<br />

a basso potenziale di malignità (PUNLMP) e 2 carcinomi<br />

in situ. In accordo con le Linee Guida EAU, abbiamo<br />

proposto l’indicazione a cistectomia radicale in 18 pazienti<br />

pT1 di alto grado non responsivi a BCG (recidiva a 3 e 6 mesi).<br />

In tutti i 100 pazienti si è risaliti alla storia clinica valutando<br />

se le lesioni fossero monocentriche o multicentriche, se<br />

di prima osservazione o recidive e se avessero eseguito preliminarmente<br />

terapie endocavitarie.<br />

Risultati. La riclassificazione secondo la WHO 1973 ha dato<br />

esito a 51 (46%) casi G1, 22 (22%) casi G2, 25 (25%) casi<br />

G3 e 2 CIS (5%). La rilettura effettuata sui 18 pazienti sottoposti<br />

alla cistectomia ha evidenziato 13 G3 (72%) e 8 G2<br />

(38%). La valutazione della corrispondenza tra le due classificazioni<br />

usate ha evidenziato 5 G1 nel gruppo PUNLMP; nei<br />

carcinomi a basso grado erano compresi 26 G1 e 20 G1-G2,<br />

nei carcinomi ad alto grado erano presenti i 22 G2 e i 25 G3.<br />

Conclusioni. Nei pazienti pT1 ad alto grado di malignità con<br />

patologia recidivante e/o multicentrica è stata data indicazione<br />

a cistectomia. Una parte importante di questi pazienti sec.<br />

la WHO 1973 è risultato G2 e per essi non ci sarebbe stata<br />

l’indicazione alla cistectomia. Con la classificazione WHO<br />

2004 i G2 vengono considerati per la maggior parte di alto<br />

grado e quindi trattati come i G3.<br />

Le classificazioni attualmente in uso non sono supportate da<br />

precise Linee Guida di riferimento e riducono le possibilità di<br />

utilizzare trattamenti conservativi.<br />

Familial complete androgen insensitivity<br />

syndrome (Morris syndrome or testicular<br />

feminization syndrome) in two sisters<br />

M. Bisceglia, I. Carosi, V. Attino<br />

Department of Pathology, IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza”<br />

Hospital, San Giovanni Rotondo, Italy<br />

Introduction. Androgen insensitivity syndrome (AIS) is a<br />

form of male pseudohermaphroditism (46,XY karyotype), inherited<br />

according to an X-linked recessive mode of transmission<br />

(OMIM # 300068). AIS is usually the result of an endorgan<br />

resistance to androgens, caused by an abnormality of<br />

the androgen receptors due to abnormal genes (Chr.Xq11-<br />

12), with patients clinically exhibiting female phenotype<br />

with a genotypic and gonadic male sex. Serum testosterone<br />

level is normal. The sexual organs are deficiently developed<br />

with absence of both Wolffian and Mullerian derivatives.<br />

Obliteration of the labioscrotal folds and lower vagina does<br />

not occur. Prostate is absent. Breast development at puberty<br />

does occur because of unbalanced estrogen effect. Testes are<br />

retained and pubic and axillary hair is absent. AIS may be<br />

sporadic as well as familial. The diagnosis is usually suspected<br />

at puberty because of amenorrhea. The testes are at<br />

risk of tumors development, usually after puberty. A case of<br />

familial and complete AIS in 2 “sisters” is described herein.<br />

Case report. Two phenotypically female siblings of 15 and<br />

13 years respectively, with an established diagnosis of AIS,<br />

underwent preventive bilateral orchiectomy. At pathology the<br />

Tab. I. Male pseudohermaphroditism.<br />

Diseases with incomplete virilization:<br />

• Gonadotropin-Leydig cell abnormalities<br />

• Testicular regression<br />

• Testicular steroid enzyme deficiencies<br />

cholesterol desmolase<br />

3-beta-hydroxysteroid dehydrogenase<br />

17-beta hydroxysteroid dehydrogenase<br />

17-alpha hydroxylase<br />

• 5-alpha reductase-deficiency;<br />

• Testicular feminization or androgen insensitivity<br />

syndrome and variants<br />

(Reifenstein syndrome, Infertile male syndrome)<br />

• Pseudovaginal perineoscrotal hypospadia<br />

Persistent mullerian duct syndrome with normal virilization<br />

testes (normally for age sized), exhibited several hamartomatous<br />

parenchymal nodules, composed of seminiferous<br />

tubules, filled with immature Sertoli cells and devoid of germ<br />

cells. Numerous Leydig cells were seen. A smooth muscle<br />

pseudoleiomyomatous body, located at the upper pole of each<br />

testis, was noted and best interpreted as a portion of a rudimentary<br />

uterus. No epidydimis was identified. No vas deferens<br />

was found.<br />

Results. The clinicopathological features were distinctive<br />

of AIS, of the “complete” and “familial” type. AIS must be<br />

differentiated from other forms of male pseudohermaphroditism<br />

(Tab. I), mainly 17-beta hydroxysteroid<br />

dehydrogenase type 3 deficiency-gene on chr.9q22 2 , with<br />

affected patients also having normal 46,XY karyotype, male<br />

gonads, and phenotypically female external genitalia, due<br />

to the impaired transformation of androstenedione into<br />

testosterone. The pathological clue for the correct diagnosis<br />

is the presence of Wolffian derivatives in this latter condition,<br />

since the prostate and the Mullerian derivatives are also<br />

absent here.<br />

Conclusions. AIS must be differentiated from other types of<br />

male pseudohermafroditism, and bilateral orchiectomy is<br />

strongly advised immediately before puberty.<br />

References<br />

1 Rutgers JL, Scully RE. Int J Gynecol Pathol 1991;10:126-45.<br />

2 Boehmer AL, et al. J Clin Endocrinol Metab 1999;84:4713-21.<br />

Tuberous sclerosis complex with polycystic<br />

kidney disease of adult type? The<br />

TSC2/ADPKD1 contiguous gene syndrome<br />

251<br />

M. Bisceglia, I. Carosi, S. Fusilli, A. Simeone *<br />

Department of Pathology and * Radiology, IRCCS “Casa<br />

Sollievo della Sofferenza” Hospital, San Giovanni Rotondo<br />

Introduction. Tuberous sclerosis complex (TSC) and autosomal<br />

dominant polycystic kidney disease (ADPKD) have<br />

sometimes been seen in association, the molecular basis of<br />

this being the proximity of the TSC2 and PKD1 genes in a<br />

tail-to-tail orientation on the same chromosome (16p13.3) 1 .<br />

TSC2/ADPKD1 contiguous gene syndrome represents the


252<br />

result of large deletions involving these two genes, of which<br />

so far around twenty cases have been described. We present<br />

here a (likely) new case of this complex genetic disorder, in<br />

a patient with a total lack of any family history.<br />

Case report. A 20-year old unmarried young woman with<br />

mental retardation and facial angiofibromas was investigated<br />

for arterial hypertension and multiple episodes of urinary<br />

tract infection. Brain cortical tubers and intraventricular<br />

subependymal nodules were discovered on MRI of the<br />

brain, which confirmed the clinically suspected diagnosis of<br />

TSC. Abdominal MRI discovered severe cystic and solid<br />

structural parenchymal renal lesions, mostly in the right<br />

kidney, for which the patient underwent right nephrectomy<br />

(kidney size: 20 x 12 x 12 cm; weight: 1100 g). At histology<br />

most of the cysts regardless of size were lined by non-descript<br />

flat or cuboidal single layered epithelium, typical for<br />

ADPKD, while a small proportion of the smallest ones (less<br />

than 1 cm in size) were lined by tall granular and eosinophilic<br />

epithelium, which is typical for TSC classic renal<br />

cystic pattern 1 . The solid tumors were mainly composed of<br />

myoid cells, coexpressing both smooth muscle and melanocytic<br />

immunomarkers, and diagnosed as either angiomyolipoma<br />

or lymphangioleiomyoma, the latter when<br />

monotypic and showing a distinctive “pericytoma” pattern.<br />

Minute nodular myolipomatous proliferations were also observed<br />

in extrarenal locations (adipose renal capsule and hilar<br />

renal lymph nodes).<br />

Results. The diagnosis of TSC in this patient was firmly established<br />

based both on the presence of 4 major and 2 minor<br />

positive features, according to the new diagnostic criteria.<br />

The diagnosis of ADPKD was based on the presence of numerous<br />

large roundish renal cysts lined by a nondescript tubular<br />

epithelium.<br />

Conclusions. Due to the absence of any family history for<br />

TSC or ADPKD, this case was diagnosed as sporadic<br />

TSC2/ADPKD1 contiguous gene syndrome, with de novo<br />

deletion involving both the TSC2 and PKD1 genes. Sofar<br />

only one sporadic such case has been observed 2 . Permission<br />

to perform molecular analysis was refused by the patient’s<br />

parents.<br />

References<br />

1 Martignoni G, et al. Am J Surg Pathol 2002;26:198-205.<br />

2 Longa L, et al. Nephrol Dial Transplant 1997;12:1900-7.<br />

Medullary sponge kidney associated with<br />

multivessel fibromuscular dysplasia: report<br />

of a case with renovascular hypertension<br />

M. Bisceglia, L. Dimitri, F. Florio * , C. Galliani **<br />

Department of Pathology and * Radiology, IRCCS “Casa<br />

Sollievo della Sofferenza” Hospital, San Giovanni Rotondo<br />

(FG), Italy; ** Department of Pathology, Cook Children’s Hospital,<br />

Fort Worth, Texas, USA<br />

Introduction. Medullary sponge kidney (MSK) is a nongenetically<br />

transmitted disease, usually asymptomatic, characterized<br />

by dilatation of the collecting ducts of Bellini with<br />

defective urinary acidification and concentration 1 . MSK typically<br />

affects all papillae in both kidneys, but may be segmental,<br />

involve one or more renal papillae, one or both kidneys.<br />

The incidence is between 1 case per 5,000 and 20,000<br />

in the general population. Dilatation of the collecting ducts is<br />

present at birth, but the disease is not discovered until complications<br />

have supervened. MSK is commonly radiographically<br />

detected in adulthood, even if pediatric cases are also<br />

on record. The main clinical symptom is given by renal lithiasis.<br />

Most MSK are sporadic. Important associations of MSK<br />

include mainly overgrowth syndromes, but other malformative<br />

disorders are also on record 1 , one of the rarest but important<br />

of the latter being arterial fibromuscular dysplasia<br />

(FMD). FMD is one of the most common causes of curable<br />

arterial hypertension that accounts for 1-2% of all cases of<br />

hypertension and for < 10% of cases of renovascular hypertension<br />

2 .<br />

Design. An adult female patient affected by renovascular hypertension<br />

due to bilateral renal arterial FMD with left renal<br />

aneurysm and ipsilateral small kidney is described herein.<br />

The patient was treated with nephrectomy (kidney: weight 52<br />

g – expected 115-155 g; size: 6 x 4 x 3 cm – expected 11 x 5<br />

x 3.0 cm). The diagnosis of MSK was unsuspected.<br />

Results. At histology the renal artery, the basis for the clinical<br />

manifestations, exhibited narrowing of the lumen, thickening<br />

and disorderly layout of fibromuscular tunica media,<br />

and slight prominence of adventitial elastic tissue. The renal<br />

parenchyma showed the most salient, but mostly uncomplicated<br />

microscopic findings in the renal medulla, represented<br />

by tortuous, cylindrically dilated collecting ducts converging<br />

in the papillae. By polarizing microscopy, scattered debris of<br />

calcium complexes were seen in the lumens of the corrugated<br />

ducts and incrusted in the interstitium. There was patchy<br />

chronic calyceal and interstitial inflammation associated with<br />

mild tubulointerstitial sclerosis. The cortex was unremarkable,<br />

except for focal prominence of the juxtaglomerular apparatuses.<br />

Conclusions. Based on all these findings a final diagnosis of<br />

MSK associated with multivessel FMD was rendered. The<br />

patient, twelve months after the nephrectomy, is normotensive,<br />

taking beta-adrenergic blocker.<br />

References<br />

1 Gambaro G, et al. Kidney International 2006;69:663-70.<br />

2 Vuong PN, et al. Vasa 2004;33:13-8.<br />

POSTERS


PATHOLOGICA 2007;99:253-254<br />

Lo studio anatomo-patologico del<br />

mesotelioma maligno (MM) spontaneo in<br />

animali domestici: sua possibile utilità in<br />

riferimento al monitoraggio ambientale per<br />

la tutela della salute umana in aree inquinate<br />

da amianto<br />

N. Mariani, P. Re, P. Barbieri, P.G. Betta<br />

S.O.C. Anatomia Patologica. Azienda Sanitaria Ospedaliera<br />

“SS. Antonio e Biagio e C. Arrigo”, Alessandria<br />

A 15 anni dal bando dell’uso industriale dell’amianto, si osservano<br />

ancora aree geografiche ad elevata incidenza di MM<br />

da esposizione ambientale alla fibra. In questi contesti territoriali<br />

sarebbe attualmente necessario acquisire dati sul rischio<br />

oncogeno da amianto con riferimento ad esposizioni<br />

cronologicamente più vicine di quelle tradizionali di tipo occupazionale,<br />

causa di MM nell’uomo con tempi di induzione-latenza<br />

di 20-40 anni. A questo scopo è stato suggerito lo<br />

studio del MM spontaneo in animali domestici e da compagnia,<br />

in particolare nel cane: il MM rappresenterebbe un’indicazione<br />

di contaminazione ambientale, in particolare dell’ambiente<br />

di casa, da parte dell’amianto. Su queste premesse<br />

è stato condotto uno studio anatomo-patologico propedeutico<br />

alla realizzazione di una ricerca metodologicamente<br />

strutturata con reclutamento di un numero, congruo ai fini<br />

dell’elaborazione statistica, di piccoli animali domestici in<br />

un’area ad elevata incidenza di MM, quale è il distretto di<br />

Casale M.to. L’obiettivo era definire con esame autoptico le<br />

caratteristiche macro- e microscopiche del MM spontaneo in<br />

una limitata serie di piccoli animali domestici, quali cani (n<br />

= 8) e gatti (n = 2), che, vissuti nella città di Casale M.to, avevano<br />

in vita evidenziato una patologia pleuro-polmonare di<br />

sospetta natura mesoteliomatosa sulla base dei dati clinicoradiologico-laboratoristici.<br />

I quadri macroscopico (noduli<br />

multipli, crescita per continuità con invasione dei tessuti submesoteliali<br />

e metastasi ai linfonodi loco-regionali, ma molto<br />

raramente con disseminazione sistemica per via ematogena)<br />

e microscopico (pattern epitelioide più frequente o bifasico,<br />

corpi ferruginosi nel tessuto polmonare), la immunoreattività<br />

(coespressione di cheratina e vimentina) hanno suggerito una<br />

stretta somiglianza morfo-biologica tra la forma spontanea<br />

animale e quella umana di MM. Grazie al minor tempo di induzione-latenza<br />

dell’ordine di 8-9 anni lo studio del MM<br />

spontaneo negli animali domestici può rappresentare un modello<br />

comparativo nelle indagini di salute ambientale. Più in<br />

generale lo studio della patologia veterinaria in campo ambientale,<br />

anche se probabilmente non fornisce dati da utilizzare<br />

come l’unico fattore determinante nella valutazione del<br />

rischio per la salute umana da inquinanti ambientali, può essere<br />

però utile quale supporto di ulteriore evidenza biologica<br />

nel monitoraggio di programmi di bonifica ambientale.<br />

Patologia delle sierose<br />

Aspetti clinico-patologici ed<br />

immunoistochimici dei mesoteliomi maligni<br />

pleurici: studio di 70 casi<br />

F. Franzi, C. Facco, S. Marchet, A. Imperatori * , N. Rotolo<br />

* , C. Capella, F. Sessa<br />

Dipartimento di Morfologia Umana, Sezione di Anatomia<br />

Patologica e * Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Università<br />

dell’Insubria, Varese<br />

Introduzione. Il mesotelioma maligno (MM) pleurico è una<br />

neoplasia infrequente, che talora può presentare una notevole<br />

complessità diagnostica. Diversi marcatori immunoistochimici<br />

sono stati studiati per facilitarne la diagnosi. Scopo<br />

del nostro lavoro è stato di valutare il profilo clinico-patologico<br />

e l’immunofenotipo di una casistica di MM pleurici e di<br />

verificare l’utilità diagnostica dell’osteopontina (OPN) e della<br />

mesotelina.<br />

Metodi. La casistica era composta da 70 MM osservati consecutivamente<br />

presso il Servizio di Anatomia Patologica dell’ospedale<br />

di Varese dal 2000 al 2006. Tutti i casi dopo revisione<br />

istologica sono stati immunocolorati, secondo il metodo<br />

standard avidina-biotina perossidasi, con anticorpi diretti<br />

contro: OPN, mesotelina, calretinina, CKAE1/AE3 e CEA.<br />

L’immunoreattività è stata valutata secondo l’intensità e la<br />

distribuzione da 0 a 3+.<br />

Risultati. La casistica risultava composta da 56 maschi<br />

(80%) e 14 femmine (20%) con un’età media di 68 anni (intervallo<br />

tra 37-88 anni). Dei 70 MM, 50 casi (71%) mostravano<br />

aspetti istologici epitelioidi, 8 casi (11%) sarcomatoidi<br />

(di cui 2 desmoplastici) e 12 casi (18%) quadri morfologici<br />

di tipo bifasico.<br />

L’espressione di OPN è stata osservata in 65 (93%) mesoteliomi<br />

il 51% dei quali (33/65) mostrava una debole positività,<br />

il 35% (23/65) una moderata positività e il 14% (9/65) una<br />

forte positività. L’OPN era positiva nel 96% (48/50) dei MM<br />

epitelioidi, nel 75% (6/8) dei MM sarcomatoidi e nel 92%<br />

(11/12) dei MM bifasici. La mesotelina era espressa in 45<br />

(64%) mesoteliomi, di cui il 36% (16/45) mostrava una debole<br />

positività, il 36% (16/45) una moderata positività e il<br />

28% (13/45) una forte positività. La mesotelina era positiva<br />

in 37/50 (74%) mesoteliomi epitelioidi, in 0/8 sarcomatoidi e<br />

in 8/12 (67%) bifasici. Nei MM bifasici la positività è stata<br />

osservata solo nella componente epitelioide. Nel 97%<br />

(60/62) dei casi i MM mostravano positività per calretinina e<br />

nel 96% (52/54) espressione di CKAE1/AE3, mentre tutti i<br />

casi erano CEA-negativi.<br />

Conclusioni. Lo studio ha confermato che il MM prevale nel<br />

sesso maschile, più frequentemente ha aspetti epitelioidi e<br />

che calretinina e CKAE1/AE3 sono i marcatori più sensibili<br />

di questa neoplasia. L’espressione elevata di OPN in tutti gli<br />

istotipi di MM, la suggerisce come marcatore di trasformazione<br />

maligna delle cellule mesoteliali. La positività per la<br />

mesotelina, limitata alla componente epitelioide, la indica<br />

come marcatore dei MM epitelioidi.


254<br />

Metastasi cerebrale di mesotelioma maligno<br />

(MM) prima manifestazione di malattia.<br />

Presentazione di un caso<br />

G. Serio, R. Rossi * , A. Scattone, A. Marzullo, D. Piscitelli<br />

* , A. Cimmino, A.M. Leo ** , L. Resta *<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica, Università, Bari; * Dipartimento<br />

di Anatomia Patologica, Sezione di Microscopia<br />

Elettronica, Università, Bari; ** Dipartimento di Medicina<br />

Interna e Pubblica, Università, Bari<br />

Il MM è un tumore aggressivo usualmente asbesto-correlato.<br />

L’aggressività locale piuttosto che la diffusione metastatica a<br />

distanza caratterizzano la neoplasia e l’osservazione di metastasi<br />

è in genere un tipico riscontro post-mortem. La cavità<br />

intracranica e l’encefalo sono raramente sede di metastasi e<br />

ad oggi, solo pochi casi sono stati riportati. Presentiamo un<br />

caso di metastasi cerebrale di mesotelioma insorto in una<br />

donna asintomatica senza storia anamnestica di esposizione<br />

all’asbesto.<br />

Metodi. Maggio 2005: donna di anni 72 ricoverata nell’U.O.<br />

di Neurochirurgia per la comparsa di emiparesi sinistra. La<br />

TAC e la RMN encefalica evidenziavano una neoformazione<br />

rotondeggiante intrassiale, vascolarizzata, del diametro 3 cm,<br />

clivabile chirurgicamente. All’esame macroscopico venivano<br />

esaminati tre frammenti biancastri del diametro compreso tra<br />

1.2 e 2,8 cm. L’esame istologico poneva diagnosi di metastasi<br />

cerebrale di carcinoma scarsamente differenziato con<br />

aspetti necrotici a tipo “comedonecrosi” compatibile con origine<br />

mammaria. Le indagini immunoistochimiche risultavano<br />

positive per CK-pool. Negative per estrogeno e progesterone<br />

recettore. Le successive indagini Eco e Mammografiche<br />

risultavano negative. La TAC total-body evidenziava ispessimento<br />

pleurico basale sinistro. La paziente veniva comunque<br />

sottoposta ad un ciclo di chemioterapia per carcinoma occulto<br />

della mammella.<br />

Giugno 2006: la paziente si ricoverava in Chirurgia Toracica<br />

per l’improvvisa comparsa di dolore toracico associato a<br />

massivo versamento pleurico sinistro. La toracoscopia evidenziava<br />

ispessimento pleurico diffuso con micronoduli<br />

pleuropolmonari (diam. max cm 0,8). Istologicamente si osservava<br />

una neoplasia epiteliomorfa scarsamente differenziata<br />

con componente fusocellulare. Le reazioni immunoistochimiche<br />

erano positive per CK 5/6, vimentina, focalmente per<br />

calretinina, HBME-1 e WT-1. Negative per TTF-1, CEA,<br />

Estrogeno, Progesterone. Il quadro immunofenotipico era<br />

compatibile per mesotelioma. Pertanto, si procedeva a revisione<br />

diagnostica ultrastrutturale su campione recuperato da<br />

paraffina di entrambe le lesioni che dimostrava markers ultrastrutturali<br />

indicativi di una differenziazione mesoteliale<br />

della neoplasia.<br />

Conclusione. La microscopia elettronica rappresenta l’indagine<br />

diagnostica decisiva soprattutto quando il dato immunoistochimico<br />

e gli elementi radiologico-clinici non sono indicativi<br />

della sede primitiva del tumore.<br />

POSTERS<br />

Alterazioni dell’espressione di geni<br />

dell’apoptosi nel mesotelioma maligno<br />

pleurico<br />

M. Falleni, E. Fasoli, V. Vaira, S. Bosari, L. Santambrogio<br />

* , A. Catania ** , S. Romagnoli, G. Coggi<br />

Università di Milano, Dipartimento di Medicina, Chirurgia e<br />

Odontoiatria, e A.O. “San Paolo”, Fondazione Ospedale<br />

Maggiore Policlinico, “Mangiagalli e Regina Elena”, Milano;<br />

* Università di Milano e Dipartimento di Chirurgia Toracica,<br />

Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico,<br />

“Mangiagalli e Regina Elena”, Milano; ** Università di Milano,<br />

Centro di Ricerca Preclinica, Padiglione “Granelli” e<br />

Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, “Mangiagalli<br />

e Regina Elena”, Milano<br />

Introduzione. Il mesotelioma maligno (MM) è una neoplasia<br />

a crescente incidenza e prognosi infausta, caratterizzata<br />

da spiccata resistenza alle attuali terapie oncologiche. Si ritiene<br />

che difetti di espressione di geni coinvolti nell’apoptosi<br />

e nei meccanismi della sua regolazione siano critici per la<br />

sensibilità delle cellule neoplastiche alla terapia. Alterazioni<br />

di geni appartenenti alle famiglie IAP (Survivin, XIAP, IAP-<br />

2) e Bcl-2 (come Bcl-xL e MCl-1), regolatrici del processo,<br />

sono stati evidenziati in precedenti studi. La down-regolazione<br />

mediante oligonucleotidi antisenso di alcuni dei geni iperespressi<br />

è risultata efficace nell’indurre apoptosi nelle cellule<br />

di MM, suggerendo che approfondite valutazioni di questa<br />

pathway potrebbero essere utili per futuri approcci terapeutici.<br />

Nel presente studio è stata valutata con tecnica “Microfluidic<br />

card” l’espressione di 88 geni dell’apoptosi.<br />

Materiali e metodi. Sono stati valutati campioni a fresco di<br />

44 MM, dei quali 26 con noto follow-up, due linee cellulari<br />

di mesotelioma (MSTO-211H e NCI-H2452), una linea cellulare<br />

di mesotelio immortalizzato (Met5a), 4 linee primarie<br />

e come controparte non neoplastica 8 pleure normali. L’RNA<br />

è stato retrotrascritto e caricato su “Microfluidic Cards” contenente<br />

primers e sonde per 88 geni relativi all’apoptosi e 8<br />

geni housekeeping. Le card sono state analizzate mediante<br />

ABI Prism 7900HT Sequence Detection System. Sono stati<br />

considerati differenzialmente espressi i geni con entrambe le<br />

seguenti condizioni: a) rapporto di espressione in tessuti tumorali<br />

e normali > 2 (fold change-FC > 2) o minore di 0,5<br />

(FC < 0,5); b) p value al T test < 0,01.<br />

Risultati. Venti geni sono risultati differenzialmente espressi,<br />

4 down-regolati e 16 up-regolati. Difetti di espressione sono<br />

stati evidenziati sia nei geni della via di attivazione recettoriale<br />

dell’apoptosi, in particolare recettori e ligandi della<br />

famiglia TNF, proteine adattatrici citoplasmatiche, che nella<br />

via di attivazione mitocondriale, con alterata espressione di<br />

geni delle famiglie Iap e Bcl-2. Sono inoltre stati evidenziati<br />

difetti di espressione delle caspasi iniziatrici ed effettrici, come<br />

le caspasi 3, 8 e 10. Venti geni risultano inoltre differenzialmente<br />

espressi nei MM epitelioidi rispetti ai MM non epitelioidi<br />

(p < 0,05). Sei geni differenzialmente espressi sono<br />

significativamente correlati alla prognosi dei pazienti.<br />

Conclusioni. L’analisi ha evidenziato alterazioni nella via<br />

estrinseca, in quella intrinseca e nella via effettrice comune.<br />

Il profilo di espressione genica relativo all’apoptosi è inoltre<br />

in parte correlabile con le caratteristiche clinico-patologiche<br />

e la sopravvivenza dei pazienti affetti da MM.


PATHOLOGICA 2007;99:255<br />

Correlation between pathologic tumor<br />

response and radiologic tumor response to<br />

preoperative chemo-radiation therapy in 40<br />

cases of localized high-grade soft tissue<br />

sarcoma<br />

P. Collini, M. Barisella, A. Messina * , C. Morosi * , A. Gronchi<br />

** , P.G. Casali *** , S. Stacchiotti *** , S. Pilotti<br />

Anatomic Pathology C Unit, * Radiology Unit, ** Musculoskeletal<br />

Surgery Unit, *** Sarcoma Unit, Cancer Medicine<br />

Department, IRCCS Fondazione Istituto Nazionale Tumori,<br />

Milan, Italy<br />

Introduction. Tumor response to treatment is not always dimensional<br />

(RECIST criteria), but can be a “tissue” response,<br />

as already seen in GISTs. To improve the assessment of ‘tumor<br />

responsé, we tried a) to correlate radiological and pathological<br />

patterns of tumor response to concurrent preoperative<br />

chemotherapy and radiation therapy in localized high-grade<br />

soft tissue sarcomas (STS) and b) to validate these new radiologic,<br />

non-dimensional “tissue response” criteria through<br />

the comparison with the pathological response.<br />

Methods. Between April 2002 and September 2006, 40 consecutive<br />

patients with localized high-grade STS of extremities<br />

or superficial trunk received 3 cycles of neoadjuvant Epirubicin<br />

+ Ifosfamide and concomitant radiotherapy, followed by<br />

surgery, within a prospective Italian Sarcoma Group (ISG) tri-<br />

Patologia iatrogena<br />

al. MRIs were taken before the neoadjuvant treatment and before<br />

surgery. Radiologically, changes in tumor size and tissue<br />

characteristics, along with contrast enhancement variations<br />

were recorded. Histotype and FNCLCC grade were assessed<br />

on pretreatment biopsies. The post-treatment surgical specimens<br />

were oriented with the surgeon and sampled with a mapping<br />

of the lesion (about a sample per cm). Histologically, we<br />

evaluated the percentage of residual tumor (tentatively scored<br />

as 0%, < 50%, > 50%) and the quality and quantity of posttreatment<br />

changes (necrosis, hemorrhage, cysts, fibrohistiocytic<br />

reaction, and sclerohyalinosis). Eventually, we compared<br />

the histologic results with the radiologic assessment.<br />

Results. We recorded a stable, larger or slightly diminished<br />

dimension in 22 cases (55%), in which there were no radiologic<br />

tissue changes. At histology, these cases showed a<br />

residual viable tumour more than 50%. They were considered<br />

“non-responders” both for radiology and pathology. Other 18<br />

cases (45%) showed a stable or larger diameter, and would be<br />

considered “non- responders” by RECIST criteria. Though,<br />

there were radiographic signs of tissue changes and histologically<br />

the residual tumour was less than 50%. Actually, these<br />

cases were considered as “responders”.<br />

Conclusions. Through dimensional RECIST criteria, we<br />

were able to appreciate only a proportion of responsive patients.<br />

In order to predict the actual pathologic tumor response,<br />

some kind of assessment of “tissue responses” on<br />

MRI may usefully integrate the dimensional data.


PATHOLOGICA 2007;99:256-265<br />

A lipid-rich basal-type breast carcinoma: case<br />

report<br />

S. Russo, F.M. Maiello, D. Coppola, P. Vinaccia, F. Baldassarre,<br />

A. Siciliano, G. Pisani, G. Teta, G. Battista<br />

Ospedale dei Pellegrini, Napoli<br />

We report a case of a breast carcinoma that is morphologically<br />

and histochemically looking-like a “lipid-rich” carcinoma<br />

but from a immunohistochemical point of view we could<br />

call it a “basal-type” carcinoma. The tumour occurred in a female<br />

patient of 73 years and presented as a 2 cm mass of the<br />

right breast showing a short clinical history. The patient submitted<br />

a FNAB and a mastectomy with lymphadenectomy.<br />

The lesion did not present axillary lymph node metastases.<br />

The tumour presented with cytological and histological features<br />

of an invasive lipid-rich breast carcinoma. Since it was<br />

a triple negative we performed an immunostaining for c-kit,<br />

EGFR and molecular high weight cytokeratins that resulted<br />

diffusely and intensely positive. We interpret this reactivity<br />

as a basal-type phenotype. Since recent literature suggests<br />

the existence of two distinct groups of breast neoplasia, luminal<br />

and basal, with different behaviour and therapy responsiveness,<br />

the relevance of this case would lye in its clinical<br />

and therapeutic implications.<br />

Miofibroblastoma di mammella maschile:<br />

descrizione di un caso<br />

S. Ardoino, L. Caliendo, A. Dellachà, C.E. Marino, A. Pastorino,<br />

E. Venturino<br />

Ospedale “S. Paolo”, ASL2 Savonese<br />

Introduzione. Il miofibroblastoma è un raro tumore benigno<br />

a cellule fusate dello stroma mammario, radiologicamente<br />

solido circoscritto, omogeneo e privo di calcificazioni. È<br />

considerato derivare da miofibroblasti per caratteri immunofenotipici<br />

ed ultrastrutturali; peraltro criteri clinici, macromicroscopici,<br />

immunofenotipici e citogenetici lo assimilano<br />

ad altre neoplasie (lipoma a cellule fusate, tumore fibroso solitario),<br />

per cui è stato proposto il termine comprensivo di<br />

“tumore a cellule fusate benigno” che raggruppi lesioni che<br />

derivano da una presunta cellula staminale comune CD34+.<br />

Metodi. Uomo di 80 anni con 2 noduli della mammella sinistra<br />

comparsi dopo 13 anni dall’asportazione di miofibroblastoma<br />

della mammella destra; l’agobiopsia ecoguidata ha dimostrato<br />

neoplasie a cellule fusate analoghe a quella precedentemente<br />

esaminata in altro ospedale. Il materiale operatorio<br />

era costituito da tessuto mammario di 7,5 x 6 x 1,8 cm,<br />

con cute di 4 x 0,6 cm e 2 noduli biancastri tondeggianti circoscritti<br />

di 1,5 x 1 cm e 0,9 x 0,8 cm, distanti tra loro 2 cm.<br />

Il campione è stato fissato in formalina neutra tamponata, incluso<br />

in paraffina ed esaminato su sezioni di 5 µ, colorate con<br />

EE; sono state allestite colorazioni immunoistochimiche: vimentina,<br />

actina, desmina, CD34, CD99, S100, HMB45.<br />

Risultati. La microscopia ha dimostrato 2 neoplasie analoghe,<br />

parzialmente circoscritte da sottile capsula fibrosa, costituite<br />

da cellule fusate ad ampio citoplasma debolmente eosinofilo,<br />

nucleo chiaro, monomorfo, disposte in fasci, delimi-<br />

Patologia mammaria<br />

tati da esili bande collagene, con accrescimento espansivo<br />

nel tessuto adiposo. L’immunofenotipo è risultato: vimentina+,<br />

actina+, desmina+, CD34+, CD99+, S100-, HMB45-.<br />

Conclusioni. I caratteri morfologici ed immunofenotipici<br />

delle lesioni corrispondono al miofibroblastoma. La peculiarità<br />

clinica del caso è data dalla rarità, dalla bifocalità della<br />

lesione e dal fatto che è insorta 13 anni dopo analoga neoplasia<br />

controlaterale. La diagnosi differenziale si pone con le<br />

lesioni a cellule fusate a comportamento biologico aggressivo<br />

(fibromatosi e tumori maligni a cellule fusate). Meno significativa<br />

la diagnosi differenziale con tumori benigni a cellule<br />

fusate, per le ragioni suddette; l’immunoistochimica e la<br />

conoscenza dei dati radiologici sono cruciali quando si valuti<br />

materiale agobioptico o agoaspirativo.<br />

Bibliografia<br />

Magro G, et al. Virch Arch 2002;440:249-60.<br />

Fattane H, et al. WHO 2003:91-2.<br />

Lesioni fibroepiteliali e papillari della<br />

mammella: confronto tra preparati citologici<br />

convenzionali ed in strato sottile<br />

L. Chiapparini, C. Scacchi, C. Casadio<br />

Unità di Citologia Diagnostica, Istituto Europeo di Oncologia,<br />

Milano, Italia<br />

Introduzione. Lo strumento ThinPrep 2000 (CYTYC) permette<br />

di recuperare quantità minime di materiale biologico<br />

con cui allestire preparati citologici in strato sottile adeguati<br />

e con cellularità ben rappresentata e ben distribuita. Nel nostro<br />

istituto abbiamo applicato questa metodica a parte del<br />

materiale ottenuto da agoaspirati mammarii.<br />

Col presente lavoro ci proponiamo di mettere a confronto i<br />

quadri citologici di lesioni fibroepiteliali e papillari negli strisci<br />

convenzionali (STR) e nei corrispondenti ThinPrep (TP).<br />

Metodi. Dal 1 gennaio al 31 dicembre 2006 sono stati eseguiti<br />

nel nostro istituto 2431 agoaspirati mammarii, in 429<br />

dei quali è stato allestito almeno un TP. Per 23 di questi, l’esame<br />

istologico successivo ha confermato la presenza di una<br />

lesione fibroepiteliale o papillare benigna. Gli agoaspirati sono<br />

stati eseguiti da un anatomopatologo, con ago 22 Gauge,<br />

in 2 casi sotto guida ecografica. Per ognuno sono stati strisciati<br />

due vetri (uno asciugato all’aria e colorato con May<br />

Grunwald Giemsa ed uno fissato in alcool 95% e colorato<br />

con Ematossilina/Eosina), il restate materiale è stato introdotto<br />

in 2 ml di soluzione Cytolyt (CYTYC Italia s.r.l) e la<br />

sospensione così ottenuta è stata utilizzata per allestire un TP<br />

poi colorato con colorazione di Papanicolaou.<br />

Risultati. Sono stati rivalutati i preparati citologici di 23 casi<br />

con diagnosi istologiche così distribuite: 16 fibroadenomi<br />

(69,6%), 1 tumore fillode benigno (4,4%) e 6 lesioni papillari<br />

(26%). La revisione è stata mirata a definire i criteri morfologici<br />

che distinguono i quadri citologici delle diverse lesioni<br />

e come questi siano rappresentati nei preparati in strato<br />

sottile rispetto agli strisci convenzionali. Quando la ricchezza<br />

del materiale ci ha permesso di allestire un secondo TP,<br />

questo è stato utilizzato per evidenziare l’immunoespressione<br />

di p63 da parte dei nuclei “nudi”.


POSTERS<br />

Conclusioni. Nei preparati in strato sottile alcuni criteri<br />

morfologici (quali, per esempio, l’ipercromasia, la presenza<br />

di nucleoli prominenti e di irregolarità nucleari, o la composizione<br />

del fondo) sono diversamente rappresentati rispetto a<br />

gli strisci convenzionali, ma il quadro citologico rappresentativo<br />

di lesioni fibroepiteliali e papillari è comunque riconoscibile.<br />

L’allestimento di preparati citologici con il metodo<br />

ThinPrep permette di recuperare materiale utile per eseguire<br />

indagini immunoistochimiche di conferma diagnostica.<br />

Topoisomerase II alpha expression in invasive<br />

ductal carcinoma of the breast with fibrotic<br />

focus<br />

L. Memeo, R. Giuffrida * , S. Scarpulla * , M. Gulisano * , V.<br />

Canzonieri **<br />

Department of Experimental Oncology, Mediterannean Institute<br />

of Pathology, Viagrande (CT), Italy; * Fondazione IOM,<br />

Viagrande (CT), Italy; ** Department of Pathology, Aviano<br />

Cancer Center, IRCCS, Aviano, Italy<br />

Invasive ductal carcinoma (IDC) with fibrotic focus (FF) is a<br />

rare, recently described subtype of IDC with aggressive characteristics<br />

and significantly poorer survival course in shortand<br />

long-term survival periods. FF is composed of a mixture<br />

of fibroblasts and various amounts of collagen fibers, and<br />

they occupy almost the entire center of the IDC. IDCs with<br />

FF exhibit significantly greater tumor angiogenesis and higher<br />

tumor cell proliferative activity and the presence of FF is<br />

an independent prognostic parameter for IDC patients. IDCs<br />

with FF are characterized by higher frequencies of HER2<br />

protein expression, abnormal nuclear accumulation of p53<br />

and aneuploidy than those without FF. In addition, the former<br />

show significantly higher proliferation activity than the latter.<br />

These findings indicate that the presence of FF in IDCs is an<br />

important histological parameter for predicting the outcome<br />

of patients with IDC of the breast.<br />

Recent clinical trials have suggested that patients whose<br />

breast tumors overexpress HER2 may derive particular benefit<br />

from anthracycline-containing chemotherapy compared<br />

to that without anthracycline. It has been proposed that the<br />

HER2 gene amplification reported in these tumors might<br />

mask an underlying TOP2A gene amplification that occurs<br />

frequently and concurrently with HER2 amplification probably<br />

due to the close genomic position on chromosome 17.<br />

Topoisomerase II alpha, encoded by TOP2A, is a direct<br />

molecular target of anthracycline drug action and is potentially<br />

useful as a predictive marker of response to anthracycline<br />

therapy for breast cancer.<br />

Therefore we studied Topoisomerase II alpha expression by<br />

immunohistochemistry in five cases of IDC with FF selected<br />

from the pathology files of our institution.<br />

Patient’s age ranged from 43 to 71 (mean, 60 years); all cases<br />

showed an high proliferation index (Ki-67 > 20%) while 4<br />

of 5 demonstrated HER-2 overexpression, in line with the<br />

previous findings about IDC with FF and 3 of 5 were positive<br />

for both ER and PR.<br />

We found that Topoisomerase II alpha was overexpressed in<br />

all the 5 cases studied, and if this data will be confirmed by<br />

larger cohorts of patients, it would suggest that patient with<br />

IDC with FF would benefit from an anthracycline-containing<br />

chemotherapy.<br />

257<br />

Akt-1 e Notch-2 identificano due distinte<br />

popolazioni di carcinoma invasivo della<br />

mammella<br />

M. Cacciatore, C. Tripodo, D. Cabibi, A.M. Florena, V.<br />

Franco<br />

Dipartimento di Patologia Umana, Università di Palermo<br />

Introduzione. Il carcinoma della mammella rappresenta la<br />

neoplasia maligna più frequente nel sesso femminile. Alcune<br />

caratteristiche biologiche e fenotipiche, quali l’espressione di<br />

recettori ormonali, si sono rivelate utili non solo per una migliore<br />

definizione della neoplasia, ma anche come fattori prognostici<br />

e terapeutici. Scopo dello studio è quello di esaminare<br />

se oltre alle associazioni di fattori note, esistono altre caratteristiche<br />

molecolari in grado di correlare con il potenziale<br />

aggressivo e la prognosi. Tra queste, sono state prese in<br />

considerazione Akt-1 e Notch-2, fattori chiave nella trasduzione<br />

del segnale in senso differenziativo, proliferativo ed<br />

apoptotico.<br />

Metodi. L’espressione immunoistochimica dei recettori<br />

estrogenici e progestinici, Ki-67, HER2, Akt-1, e Notch-2 è<br />

stata valutata in 98 casi di carcinoma invasivo della mammella<br />

utilizzando la tecnica del Tissue Micro Array. Per l’analisi<br />

dei dati è stato considerato un set di 11 variabili categoriche<br />

(istotipo, stato linfonodale, recettori ormonali), ordinali<br />

(grado istologico, HER2, Akt-1 e Notch-2) e continue<br />

(età, MIB-1, dimensioni del tumore). L’analisi delle associazioni<br />

tra coppie di variabili è stata effettuata mediante test χ 2<br />

(α = 0,05; IC 95%).<br />

Risultati. L’analisi ha consentito di evidenziare alcune associazioni<br />

significative tra caratteristiche istologiche e/o immunofenotipiche<br />

dei casi presi in esame (Tab. I). L’espressione<br />

di Akt-1 si associava positivamente a quella del recettore<br />

estrogenico, ed inversamente al grado, all’espressione di<br />

HER2 ed al coinvolgimento linfonodale. L’espressione di<br />

Notch-2 è stata associata all’espressione di HER2.<br />

Conclusioni. I risultati dello studio consentono di porre in rilievo<br />

la presenza di un gruppo di carcinomi invasivi della<br />

mammella caratterizzati da un miglior grado di differenziazione,<br />

espressione di recettori estrogenici ed assenza di metastasi<br />

linfonodale e che mostrano espressione di Akt-1. Ac-<br />

Tab. I.<br />

Variabile 1 Variabile 2 Segno α<br />

ER PR + 0,002<br />

ER Grado - 0,02<br />

PR Grado - 0,03<br />

Grade MIB-1 + 0,008<br />

ER HER-2 - 0,02<br />

HER-2 Grado + 0,005<br />

HER-2 MIB-1 + 0,01<br />

Akt-1 ER + 0,02<br />

Akt-1 Grado - 0,04<br />

Akt-1 HER-2 - 0,03<br />

Akt-1 LN - 0,02<br />

Notch-2 HER-2 + 0,004<br />

ER, recettore per estrogeni; PR, recettore per progesterone; LN, stato<br />

linfonodale; Associazione diretta: +; Associazione inversa: -


258<br />

canto a questo viene delineato un gruppo di casi con intensa<br />

positività per Notch-2 associata a iper-espressione di HER2.<br />

Sebbene lo studio non consenta allo stato attuale di evidenziare<br />

il meccanismo che sottende tali associazioni, è possibile<br />

comunque ipotizzare il ruolo di questi fattori nella progressione<br />

del tumore della mammella e nella prognosi. La<br />

migliore conoscenza del meccanismo d’azione di Notch-2 ed<br />

Akt-1, potrebbe suggerire un ruolo di queste molecole come<br />

nuovi target terapeutici nei casi resistenti alla terapia convenzionale.<br />

Analysis of breast cancer series from Central<br />

Sudan and Northern Italy show similar<br />

prognostic markers<br />

K.D. Awadelkarim * ** *** , C. Arizzi ** , E.O.M. Elamin * ,<br />

H.M.A. Hamad * , P. De Blasio ***** , S.O. Mekki * , I. Biunno<br />

**** , N.E. Elwali * , R. Mariani-Costantini *** , M.C. Barberis<br />

**<br />

* Department of Molecular Biology, Institute of Nuclear Medicine,<br />

Molecular Biology & Oncology (INMO), University<br />

of Gezira, Wad Medani, Sudan; ** Department of Pathology<br />

and Laboratory Medicine, Policlinico MultiMedica, Milan,<br />

Italy; *** Unit of Molecular Pathology and Genomics, Center<br />

for Sciences on the Ageing (CeSI), “G. d’Annunzio” University<br />

Foundation, and Section of Molecular Pathology, Department<br />

of Oncology and Neurosciences, University “G.<br />

d’Annunzio”, Chieti, Italy; **** Institute for Biomedical Tecnologies<br />

(CNR), Milan, Italy; ***** Integrated Systems Engineering<br />

srl, Milano, Italy<br />

Background. In patients of Black African ethnicity breast<br />

cancer (BC) is reportedly characterized by aggressive, poorly<br />

differentiated phenotype(s). To highlight possible differences<br />

between BC in indigenous sub-Saharan African and<br />

European patients, we compared two BC case series, from<br />

Central Sudan (Khartoum) and Northern Italy (Milan), for<br />

clinical-pathological characteristics, ER, PgR and Her-2/neu<br />

statuses, and BC subtypes.<br />

Methods. After careful antigen retrieval, respectively 114<br />

and 138 consecutive formalin-fixed/paraffin-embedded (FF-<br />

PE) BC cases from the Radiation and Istope Center (Khartoum)<br />

and from MultiMedica (Milan) were screened by immunohistochemistry<br />

(IHC) for ER, PgR, Her-2/neu and<br />

basal-phenotype markers (CK5/6, CK17).<br />

Results. Compared to the Italian patients, the Sudanese patients<br />

were younger (p < 0.0001), and their tumors were larger<br />

(p < 0.0001), more advanced in stage (p < 0.00001), higher<br />

in grade (p < 0.00001) and more frequently positive for<br />

nodal metastases (p < 0.00001). ER expression varied between<br />

the two series (p < 0.0008), but no significant differences<br />

were found for PgR (p < 0.32), combined hormone receptors<br />

(p < 0.12), Her-2/neu (p < 0.5) and BC subtypes (p =<br />

0.08).<br />

Conclusions. The differences between the Sudanese and the<br />

Italian BC series reflected stage at diagnosis rather than intrinsic<br />

biological characteristics. This may have relevant implications<br />

for BC prevention and treatment in Africa.<br />

Espressione delle citocheratine basali nei<br />

carcinomi mammari pT1b: studio clinicopatologico<br />

R. Colella, A. Sidoni, M.G. Mameli, G. Bellezza, R. Del<br />

Sordo, F. Cartaginese, M. Toraldo, G. Bartoli, F. Piselli, S.<br />

Gori *** , F. Cucciarelli * , R. Vitali ** , A. Cavaliere<br />

Istituto di Anatomia e Istologia Patologica, * S.C. di Radioterapia<br />

Oncologica, ** Dipartimento di Igiene, Università di<br />

Perugia; *** S.C. Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera di<br />

Perugia<br />

Introduzione. I carcinomi mammari con espressione delle<br />

citocheratine di tipo basale sono in genere associati con una<br />

sopravvivenza peggiore, ma i dati riguardanti il loro comportamento<br />

biologico sono ancora oggetto di discussione 1 . Da<br />

un indagine bibliografica non sono emersi studi riguardanti<br />

neoplasie di piccole dimensioni. Per tale ragione abbiamo<br />

esaminato una serie consecutiva di carcinomi pT1b allo scopo<br />

di individuare le neoplasie a fenotipo basale (FB) e valutarne<br />

il comportamento clinico.<br />

Metodi. Sono stati studiati 105 casi consecutivi di carcinoma<br />

mammario di diametro compreso tra 5 e 10 mm osservati<br />

presso il nostro Istituto nel triennio 1997-1999. In tutti i casi<br />

è stato valutato il diametro, i parametri morfologici e biopatologici<br />

(ER, PgR, AR, Mib-1, c-ErbB-2) e l’espressione delle<br />

citocheratine (CK) 5/6, 14, 8 e 18. Tutti i parametri sono<br />

stati correlati con il follow-up.<br />

Risultati. Tutte le neoplasie sono state osservate in pazienti<br />

di sesso femminile (età mediana 61 anni; follow-up mediano<br />

94,5 mesi). Le CK basali erano espresse in 7 dei 105 casi<br />

(6,7%). Le neoplasie a FB sono risultate G2 in 2 casi e G3 in<br />

5 casi, mentre nel gruppo di carcinomi “non basali” i casi G1,<br />

G2 e G3 sono risultati rispettivamente 32, 56 e 10 (p =<br />

0,003). La valutazione dei linfonodi ascellari (93 casi) ha evidenziato<br />

metastasi in 17 casi (18,3%); di questi, 3 appartenevano<br />

al gruppo con FB (p = 0,06). Nei carcinomi a FB si è<br />

osservato, inoltre, una maggiore frequenza di casi negativi<br />

per ER, PgR, AR e c-ErbB-2 ed una elevata attività proliferativa<br />

(dati statisticamente significativi) con 5 casi triplo negativi<br />

(p = 0,000). Sono stati osservati 3 casi di recidiva locale<br />

e 4 casi di metastasi viscerali o scheletriche nessuno dei<br />

quali apparteneva al gruppo con FB. Infine, non si sono osservate<br />

differenze statisticamente significative nella sopravvivenza<br />

globale ed in quella libera da malattia.<br />

Conclusioni. I dati del presente studio sono in contrasto con<br />

la maggior parte dei dati della letteratura che indicano una<br />

prognosi peggiore per i carcinomi a FB. I nostri risultati riguardanti<br />

carcinomi pT1b non hanno messo in evidenza un<br />

decorso clinico peggiore nelle neoplasie con FB nonostante<br />

che in questo gruppo sia stato evidenziato un maggior numero<br />

di casi con parametri morfologici e biopatologici sfavorevoli.<br />

Bibliografia<br />

1 Rakha EA, et al. Eur J Cancer 2006;42:3149-56.<br />

POSTERS


POSTERS<br />

Lesioni a cellule colonnari della mammella<br />

associate calcificazioni: correlazioni radioistologiche<br />

R. Senetta, P. Campanino * , G. Mariscotti * , A. Sapino<br />

Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana;<br />

* Dipartimento di Radiodiagnostica, Università di Torino<br />

Introduzione. Il rinnovato interesse, in questi ultimi anni,<br />

per le Lesioni a Cellule Colonnari (LCC) della mammella nasce<br />

principalmente dall’incremento di diagnosi in prelievi<br />

pre-operatori eseguiti con Core Biopsy o Stereotactic Vacuum<br />

Assisted Core Biopsy (VACB) per calcificazioni mammografiche.<br />

In letteratura i dati relativi all’incidenza di LCC, alle<br />

caratteristiche del quadro radiologico correlato e al significato<br />

clinico in studi di follow-up (FU) sono carenti.<br />

Metodi. 392 prelievi con VACB eseguiti su calcificazioni radiografiche<br />

da gennaio 2004 a giugno 2006 sono stati rivisti.<br />

È stata valutata: i) la frequenza di diagnosi istologica di LCC,<br />

ii) la correlazione tra morfologia delle calcificazioni e rischio<br />

radiologico (R) con la categoria diagnostica (B) delle LCC e<br />

iii) il FU clinico o chirurgico.<br />

Risultati. LCC sono state diagnosticate in 156/392 (39,7%)<br />

di VACB e nell’84% di questi, le calcificazioni riscontrate radiologicamente,<br />

erano istologicamente localizzate in LCC.<br />

Le calcificazioni radiologiche correlate a LCC erano di tipo<br />

amorfo/indistinto (42,9%) e granulare (25%). Frequentemente<br />

le calcificazioni erano distribuite in cluster, soprattutto in<br />

sede supero-esterna destra. Su 80 casi diagnosticati come B2,<br />

75 sono stati inviati a FU clinico e 5 casi a biopsia escissionale<br />

con riconferma di LCC senza atipie. Dei 43 casi di LCC<br />

con atipia (B3), in 14 non è stato riconfermato il quadro atipico<br />

all’esame su biopsia chirurgica, mentre in 1 caso su 10<br />

di LCC associate a Neoplasie Lobulari Intraepiteliali o Iperplasia<br />

Duttale Atipica era associato un Carcinoma Duttale in<br />

situ (CDIS) all’esame su pezzo chirurgico. Tutti i casi di LCC<br />

associati a CDIS (B5a) sono stati riconfermati al definitivo<br />

tranne uno diagnosticato come LIN.<br />

Conclusioni. I nostri dati suggeriscono che: i) le LCC rappresentano<br />

la causa di circa il 40% di VACB eseguite per il<br />

riscontro di calcificazioni mammografiche di basso sospetto<br />

radiologico, ii) l’escissione chirurgica di LCC atipiche, non<br />

associate ad altra patologia, diagnosticate su VACB, non è<br />

necessaria, vista la completa assenza di lesioni più aggressive<br />

all’esame istologico definitivo.<br />

Integrazione del Nottingham Prognostic<br />

Index con i fenotipi biologici per una migliore<br />

definizione prognostica delle pazienti affette<br />

da carcinoma della mammella<br />

M. Pedriali, P. Querzoli, R. Rinaldi, C. Frasson, I. Nenci<br />

Sezione di Anatomia, Istologia e Citologia Patologica del<br />

Dipartimento di Medicina Sperimentale e Diagnostica, Università<br />

di Ferrara<br />

Introduzione. La storia clinica dei carcinomi mammari infiltranti<br />

è determinata da fattori morfologici e biologici. Il pT,<br />

il pN ed il G hanno dimostrato avere un ruolo molto importante<br />

nella valutazione prognostica. Il Nottingham Prognostic<br />

Index (NPI) integra in un unico dato sintetico queste informazioni<br />

fornendo al clinico un potente strumento per stratificare<br />

la prognosi in tre classi di rischio. Gli studi su l’espres-<br />

sione genica hanno permesso di identificare tre profili biologici<br />

(basale, HER-2+/ER- e luminale) ad andamento prognostico<br />

differente. Un’analisi combinata 1 dei dati presentati da<br />

Nielsen 2 e Livasy 3 ha permesso di individuare con ottima approssimazione<br />

questi fenotipi biologici basandosi sull’espressione<br />

di un pannel di marcatori (ER, PR, HER-2) oggi<br />

indispensabili nella routine diagnostica del carcinoma della<br />

mammella.<br />

Metodi. Lo studio è stato condotto su 702 pazienti (pz) affette<br />

da carcinoma mammario infiltrante incidente negli anni<br />

1989-1993 diagnosticato presso la Sezione di Anatomia, Istologia<br />

e Citologia Patologica del Dipartimento di Medicina<br />

Sperimentale e Diagnostica dell’Università di Ferrara di cui<br />

era disponibile la caratterizzazione clinico-patologica (età ≤<br />

70 anni: 557 pz; 527 duttali, 109 lobulari, 66 speciali; pT: ≤<br />

2 cm: 450 pz). Sono stati raccolti i dati di follow-up (media:<br />

93 mesi, mediana: 101 mesi; range: 8-158 mesi), allestiti 31<br />

tissue micro arrays (TMA) su cui è stata effettuata la valutazione<br />

del G e dei parametri biologici (ER, PR, HER2) la cui<br />

integrazione ha permesso di identificare 118 casi con fenotipo<br />

basale o HER-2+ (ER-/PR-/HER-2- o HER-2+) e 549 casi<br />

a fenotipo luminale (ER+ e/o PR+).<br />

Risultati. Il 40,9% dei pz aveva un NPI ≤ 3.4 (buona prognosi),<br />

il 15% aveva NPI > 5,4 (alto rischio), il 44,1% dei pz<br />

aveva una prognosi intermedia (3,4 < NPI ≤ 5,4) Su questi ultimi<br />

si sono identificati 62 carcinomi a fenotipo basale/HER-<br />

2+ con andamento clinico sovrapponibile al gruppo ad alto<br />

NPI e 52 pazienti a fenotipo luminale, di età > 70 aa, con andamento<br />

clinico non statisticamente differente da quello del<br />

gruppo a basso NPI.<br />

Conclusioni. L’integrazione dei parametri morfologici con i<br />

profili biologici identificati dalla biologia molecolare può<br />

permettere una migliore stratificazione prognostica delle pazienti<br />

affette da carcinoma mammario infiltrante. Nella nostra<br />

casistica questa integrazione ha permesso di ricategorizzare<br />

la prognosi del 37% delle pazienti a NPI intermedio.<br />

Bibliografia<br />

1 Carey A, et al. Clin Cancer Res 2007;13:2329-34.<br />

2 Nielsen T, et al. Clin Cancer Res 2004;10:5367-74.<br />

3 Livasy CA, et al. Mod Pathol 2006;19:264-71.<br />

259<br />

Valutazione dello stato del gene HER-2 nel<br />

carcinoma della mammella: protocolli della<br />

metodica FISH a confronto<br />

E. Bonanno, A. Colantoni, A. Costantini, C. Fortunato, A.<br />

Marinucci, L.G. Spagnoli<br />

Università “Tor Vergata” di Roma<br />

Introduzione. Un passaggio cruciale nell’esecuzione della<br />

metodica FISH riguarda i pre-trattamenti necessari per consentire<br />

il legame della sonda con il DNA target. Scopo del<br />

presente studio è stato quello di mettere a punto una metodica<br />

di pre-trattamento standard che consentisse di migliorare<br />

la penetrazione della sonda nei tessuti inclusi in paraffina,<br />

senza determinare alterazioni morfologiche tali da impedire<br />

una corretta valutazione dell’espressione del gene.<br />

Materiali e metodi. Sono state valutate 40 neoplasie della<br />

mammella (20 incluse in tissue microarray) con diversa<br />

espressione della proteina C-erb-B2. Sono state utilizzate due<br />

diverse sonde (Pathvysion, Vysis; HER2 DAKO) e vari protocolli<br />

di pre-trattamento: enzimatico, come suggerito dalle<br />

case di produzione delle sonde; pre-trattamento con il forno


260<br />

a microonde in tampone citrato a pH 6 e tampone EDTA a pH<br />

8. Le condizioni di ibridazione ed i lavaggi di stringenza sono<br />

stati eseguiti rispettando le indicazioni delle case di produzione<br />

delle sonde.<br />

Risultati. Le 40 neoplasie presentavano una espressione variabile<br />

della proteina Cerb-B2 10 delle quali score 0, 7 score<br />

1; 15 score 2; 8 score 3 (score Herceptest Dako). La valutazione<br />

con le sonde Pathvysion Vysis ed HER2DAKO, seguendo<br />

le procedure di pre-trattamento suggerite dalle case<br />

di produzione hanno dato risultati comparabili dimostrando<br />

l’assenza di amplificazione negli score 0, 1 e nell’86,7% degli<br />

score 2 (13 casi non amplificati, 2 casi amplificati) una<br />

marcata amplificazione genica con clusters negli score 3+. Il<br />

pre-trattamento nel forno a microonde in citrato pH6, pur fornendo<br />

dei risultati pressoché comparabili, produceva in alcuni<br />

casi (10 su 40) artefatti nucleari che rendevano difficoltosa<br />

la lettura. Il pre-trattamento nel forno a microonde in ED-<br />

TA pH8 forniva risultati concordi con quelli eseguiti secondo<br />

le istruzioni del produttore della sonda. Inoltre la conservazione<br />

dell’architettura del tessuto e l’assenza di artefatti nucleari<br />

facilitavano l’osservazione sia diretta che le riprese fotografiche<br />

per la conta automatica degli spot.<br />

Conclusioni. Il pre-trattamento con il calore in EDTA, da noi<br />

messo a punto, ha rappresentato un buon compromesso tra<br />

permeabilizzazione e conservazione della morfologia nucleare.<br />

Va sottolineato che il pre-trattamento a microonde ha consentito<br />

di applicare a diverse neoplasie lo stesso protocollo<br />

con risultati equiparabili a quelli ottenuti variando i tempi di<br />

digestione enzimatica.<br />

Correlazioni tra flat atypia e patologia<br />

benigna e maligna della mammella<br />

S. Battista, E. Bonanno, D. Liotti, D. Postorivo, L.G. Spagnoli<br />

Università “Tor Vergata”, Roma<br />

Introduzione. Il termine “flat atypia” si riferisce a lesioni<br />

delle unità duttale-terminolobulare in cui acini variabilmente<br />

dilatati sono rivestiti da uno o più strati di cellule epiteliali<br />

colonnari con atipia citologica di basso grado. Secondo Azzopardi<br />

era una forma DCIS (clinging carcinoma). Oggi la<br />

WHO l’ha classificata come una lesione proliferativa intraduttale,<br />

DIN1a, che comprende: alterazioni delle cellule colonnari<br />

con atipia (acini rivestiti da uno o due strati di cellule<br />

colonnari epiteliali con vacuoli citoplasmatici apicali, calcificazioni<br />

luminali o psammoma bodies); iperplasia delle<br />

cellule colonnari con atipia (acini rivestiti da più di due strati<br />

di cellule epiteliali colonnari che possono formare protrusioni<br />

o micropapille con aspetto hobnail). L’atipia è di basso<br />

grado con nuclei rotondi od ovali non regolarmente orientati<br />

perpendicolarmente alla membrana basale, con aumentato<br />

rapporto nucleo/citoplasma e nucleoli prominenti. L’obiettivo<br />

del nostro studio è di correlare tali lesioni al DCIS e al<br />

Carcinoma Duttale Infiltrante per migliorare le strategie terapeutiche<br />

di pazienti, abbiamo valutato reperti chirurgici di<br />

nodulectomia, quadrantectomia e mastectomia radicale la<br />

possibile relazione.<br />

Metodi. Abbiamo esaminato un totale di 337 casi, in reperti<br />

chirurgici di nodulectomia, quadrantectomia e mastectomia<br />

radicale, inclusi in paraffina e colorati con ematossilina-eosina,<br />

di patologia mammaria suddivisa in benigna (fibroadenoma,<br />

mastopatia fibrosocistica, iperplasia e papillomatosi intraduttale,<br />

adenosi, altre patologie) rispettivamente corri-<br />

spondente a 180 casi e maligna corrispondente a 157 casi di<br />

carcinoma duttale e lobulare infiltrante (DCI, LCI) di carcinoma<br />

duttale e lobulare in situ (DCIS, LCIS).<br />

Risultati. Dei 180 casi di patologia benigna, solo 33 erano<br />

associati alla “flat atypia” ed erano mastopatia fibrosocistica<br />

(18,3%). Tra i 157 casi di patologia maligna, 115 erano DCI,<br />

di cui 27 con “flat atypia”; 42 erano DCIS di cui 6 con “flat<br />

atypia” (21%).<br />

Conclusioni. Dal nostro studio la “flat atypia” risulta essere<br />

correlata al carcinoma in situ ed infiltrante, piuttosto che alla<br />

patologia benigna, peraltro rappresentata da una maggioranza<br />

di casi di mastopatia fibrosocistica. Questo dato risulterebbe<br />

importante nel management agobioptico delle pazienti<br />

per non incorrere nel overtrattamento e nella sottostadiazione.<br />

Bibliografia<br />

1 Schnitt SJ. Breast Cancer Res 2003;5:263-8.<br />

2 Schnitt SJ, et al. Modern Pathol 2006;19:172-9.<br />

POSTERS<br />

Amyloid beta protein precursor and vascular<br />

endothelial growth factor expression in<br />

breast carcinoma correlates with<br />

angiogenesis and prognosis<br />

L. Marasà, R. Passantino, S. Marasà<br />

U.O. Anatomia Patologica, P.O. “M. Ascoli”, Palermo, Italia<br />

Introduction. Angiogenesis is essential for tumour growth<br />

and important in tumour metastasis and prognosis. The amyloid<br />

beta protein precursor (APP), cleaved by β-secretase and<br />

γ-secretase to produce β-amyloid, is highly expressed in the<br />

endothelium of neoforming vessels suggesting that it might<br />

play a role during angiogenesis. So far APP expression has<br />

been correlated with high vascularity and malignant progression<br />

of human astrocytic tumours and, recently, oral squamous<br />

cell carcinoma. Vascular endothelial growth factor<br />

(VEGF) stimulates endothelial proliferation in vitro and angiogenesis<br />

in vivo. VEGF expression has been correlated<br />

with high vascularity in tumours, including breast carcinoma.<br />

Methods. This study investigated APP and VEGF expression<br />

in invasive lobular (n = 10) and invasive ductal breast carcinoma<br />

(n = 20). APP and VEGF expression was studied with<br />

immunohistochemistry using monoclonal antibodies on fivemicron<br />

thick sections obtained from formalin-fixed, paraffinembedded<br />

tissue blocks. The sections were also stained with<br />

antibodies against factor VIII, CD31 and CD34. APP and<br />

VEGF staining was evaluated by combining both percentage<br />

of positive tumour cells and staining intensity. Angiogenesis<br />

was moreover estimated as Microscopic Angiogenesis Grading<br />

System (MAGS) index and Microvessel Density (MVD).<br />

Results. Immunohistochemistry demonstrated that APP was<br />

detectable mainly in tumour and endothelial cells. There was<br />

more expression of VEGF in invasive ductal than in invasive<br />

lobular carcinoma. APP and VEGF expression correlated<br />

with a poor prognosis.<br />

Conclusions. This is the first study that has investigated the<br />

role of APP in angiogenesis in breast cancer suggesting a<br />

probable participation of APP and the possibility to use the<br />

inhibitors of the β- and γ-secretases such as new classes of<br />

anti-angiogenic and anti-tumoral drugs. Our preliminary results<br />

have confirmed the role of VEGF in angiogenesis in<br />

breast cancer and the different expression of VEGF in invasive<br />

ductal and lobular carcinoma suggesting that other fac-


POSTERS<br />

tors may play a more important role in the angiogenesis of<br />

the latter.<br />

References<br />

1 Nakagawa T, et al. Anticancer Res 1999;19:2963-8.<br />

2 Ko SY, et al. Int J Cancer 2004;111:727-32.<br />

Neuroendocrine small cell carcinoma of the<br />

breast: a report of two cases with<br />

immunohistochemical features<br />

G. Perrone, M. Zagami, S. Morini * , G. Gullotta, V. Altomare<br />

** , C. Rabitti<br />

Anatomia Patologica, * Anatomia Umana, ** Unità di Senologia,<br />

Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma,<br />

Roma, Italia<br />

Introduction. Small cell carcinoma, although most commonly<br />

encountered in the lung, can occur in many extrapulmonary<br />

sites, including the salivary glands, upper respiratory mucosa,<br />

intestinal tract, pancreas, urinary tract, and other organs. Small<br />

cell neuroendocrine carcinoma (SCNC) a of the breast is a rare<br />

tumour with less than 30 cases reported in the literature.<br />

Case 1. A 96 year old woman presented with a mass in her<br />

right breast. Radiological and clinical examination failed to reveal<br />

tumour elsewhere in the body. She had a breast cancer excision,<br />

which was diagnosed as SCNC. The size of the tumour<br />

was 3,5 cm. Axillary clearance was not performed. Immunohistochemical<br />

study showed positivity for NSE and MNF116<br />

cytokeratin (dot-like pattern) while negative for chromogranin,<br />

synaptophysin, oestrogen receptor, progesterone receptor, p53,<br />

HER2. Ki-67 was positive in > 40% of cancer cells.<br />

Case 2. A 42 year old woman presented with a mass in her<br />

left breast. Radiological and clinical examination failed to reveal<br />

tumour elsewhere in the body. She had a simple lumpectomy<br />

with axillary dissection. Microscopically, a 3.5 cm SC-<br />

NC with focal squamous differentiation and foci of in situ<br />

ductal component with 26 negative lymph nodes was diagnosed.<br />

In the neuroendocrine small cell component, immunohistochemical<br />

study showed positivity for NSE, chromogranin,<br />

synaptophysin, MNF116 cytokeratin (dot-like pattern),<br />

while negative for HMW-CK. On the other hand, the<br />

squamous component resulted negative for NSE, chromogranin<br />

and synaptophysin while positive for MNF116 cytokeratin<br />

and HMW-CK. Furthermore, oestrogen receptor, progesterone<br />

receptor, HER2 were negative. Ki-67 and P53 were<br />

respectively positive in 98% and 50% of cancer cells.<br />

Conclusion. SCNC is a rare tumour of the breast. The distinction<br />

is particularly important in view of the perceived<br />

more aggressive behaviour 1 . The diagnosis of SCNC in the<br />

breast can usually be supported by detecting immunohistochemical<br />

evidence of neuroendocrine differentiation, however<br />

one of our cases of small cell mammary carcinoma did not<br />

display consistent immunoreactivity for neuroendocrine<br />

markers beyond strong and diffuse staining with NSE. Heterogeneous<br />

immunoreactivity for neuroendocrine markers is<br />

a well-documented observation in small cell carcinomas at<br />

other sites 2 . Demonstrating a neuroendocrine immunoprofile<br />

is supportive but not essential in rendering a diagnosis of<br />

mammary small cell carcinoma.<br />

References<br />

1 Samli B. Arch Pathol Lab Med 2000;124:296-8.<br />

2 Guinee DG. Am J Clin Pathol 1994;102:406-14.<br />

CAV-1 protein expression in lobular breast<br />

neoplasia progression<br />

M. Zagami, G. Perrone, G. Lescarini, V. Altomare * , S.<br />

Morini ** , C. Rabitti<br />

Anatomia Patologica, * Unità di Senologia, ** Anatomia<br />

Umana, Università Campus Bio-Medico di Roma, Italia<br />

Introduction. CAV-1 is the principal structural component<br />

of caveolae domains, which represent a subcompartment of<br />

the plasma membrane. Several lines of evidence suggest that<br />

caveolin-1 functions as a suppressor of cell transformation 1 .<br />

A recent report showed that expression of caveolin-1 was<br />

down-regulated in breast ductal carcinoma cells compared<br />

with the normal breast epithelial cells 2 . To data, no information<br />

exists on neoplastic lobular breast pathology. In the present<br />

study CAV-1 expression was studied in normal lobular<br />

epithelial cells, LIN lesion and in lobular invasive cancer.<br />

Materials and methods. 69 specimens of lobular neoplasm<br />

(35 LIN, 34 invasive cancers) were examined for CAV-1 expression<br />

by immunohistochemistry. CAV-1 was evaluated as<br />

percentage of positively stained cells in a total of at least<br />

1000 tumour cells. Staining for CAV-1 was considered positive<br />

if > 10% of cells were stained.<br />

Results. Immunohistochemical analysis revealed strong fine<br />

granular expression of caveolin-1 concentrated at the surface<br />

membrane and a diffuse cytoplasmic staining pattern in the<br />

normal lobular epithelial cells and surrounding endothelial<br />

cells (used as internal positive control) in all 69 cases. A<br />

strong significant difference (p < 0,0001) was found in terms<br />

of CAV-1 expression between LIN [28/35 (80%)] and invasive<br />

lesions [11/34 (32,3%)]. If CAV-1 expression was considered<br />

within different LIN grades, no significant difference<br />

was found between LIN1 and LIN2 while a significant difference<br />

was found between LIN1 and LIN3 (p = 0,02) and<br />

between LIN2 and LIN3 (p = 0,038). Moreover no significant<br />

difference was found between LIN3 and invasive lesions.<br />

Furthermore, a negative significant correlation was<br />

found between CAV-1 expression and lobular neoplasia grading.<br />

Conclusions. The higher percentage of CAV-1 positive LIN<br />

lesions compared with invasive lobular cancer and the significant<br />

negative correlation between CAV-1 expression and<br />

lobular neoplasia grading are further evidence of the possible<br />

role of CAV-1 in the development of human lobular breast<br />

cancer. Furthermore, our results show that CAV-1 expression<br />

is similar in LIN3 lesions and in invasive lobular carcinoma.<br />

A provocative possible explanation of the latter data is that<br />

LIN3, rather than LIN1 and LIN2 lesions, is a precursor lesion<br />

of invasive lobular carcinoma rather than a simple risk<br />

factor.<br />

References<br />

1 Williams TM. Mol Biol Cell 2003;14:1027-42.<br />

2 Park SS, et al. Histopathology 2005;47:625-30.<br />

261


262<br />

Correlazioni pre- e post-operatorie nella<br />

diagnostica dei tumori mammari<br />

M.G. Cattani<br />

Anatomia Patologica, Azienda USL Bologna, Ospedale Maggiore<br />

Introduzione. Sono stati studiati 232 carcinomi mammari diagnosticati<br />

pre-operatoriamente e successivamente operati presso<br />

l’Ospedale Maggiore di Bologna nel periodo gennaio 2000dicembre<br />

2004. Requisiti per l’inclusione nello studio sono stati:<br />

diagnosi preoperatoria cito o istologica effettuata presso il<br />

nostro ospedale, neoplasie T1 trattate con intervento conservativo<br />

associato alla tecnica del linfonodo sentinella, inclusione<br />

delle pz in un follow-up aziendale. Scopo dello studio è stato<br />

quello di valutare in una casistica omogenea l’accuratezza delle<br />

metodiche diagnostiche recentemente adottate in patologia<br />

mammaria con particolare attenzione alle diverse tecniche istologiche<br />

di diagnosi preoperatoria e alla metodica del linfonodo<br />

sentinella. A tale scopo sono stati esaminati una serie di parametri<br />

tra cui: 1) correlazione tra dimensioni della lesione all’imaging<br />

e all’intervento; 2) presenza e caratteristiche degli esiti<br />

macro e microscopici della biopsia preoperatoria sul pezzo chirurgico;<br />

3) correlazione tra diagnosi preoperatoria e diagnosi<br />

definitiva con valutazione di percentuale di sottostima della lesione,<br />

di riproducibilità di istotipo e di grading; 4) numero di<br />

linfonodi sentinella individuati, incidenza di metastasi, di micrometastasi<br />

e di cellule tumorali isolate; 5) percentuale di ripresa<br />

locale di malattia nel periodo di follow-up.<br />

Risultati e conclusioni. I risultati ottenuti hanno confermato<br />

l’elevata affidabilità diagnostica delle tecniche pre-operatorie,<br />

l’utilità di adottare strumenti diagnostici diversi secondo le caratteristiche<br />

di imaging della lesione, l’elevata affidabilità della<br />

tecnica del linfonodo sentinella che nel 83% dei casi è risultato<br />

essere l’unico linfonodo interessato dalla malattia.<br />

Carcinoma lobulare diffuso: profilo<br />

biopatologico e significato prognostico<br />

F. Cartaginese, A. Sidoni, M.G. Mameli, G. Bellezza, M.<br />

Giansanti, R. Del Sordo, R. Colella, M. Toraldo, L. Di<br />

Terlizzi, M. Sagramola, M.G. Cacace, M. Spinelli, A. Cavaliere<br />

Istituto di Anatomia e Istologia Patologica, Università di Perugia<br />

Introduzione. Il carcinoma lobulare di tipo diffuso (CLD) è<br />

una neoplasia mammaria che cresce senza formare una massa<br />

tumorale distinta. Per la sua rarità, i dati riguardanti questa<br />

neoplasia sono scarsi; abbiamo pertanto esaminato una<br />

serie consecutiva di CLD per studiarne il profilo biopatologico<br />

ed il comportamento clinico.<br />

Tab. I. Profilo biopatologico e metastasi nei CLD e CLI.<br />

Materiali e metodi. Nel nostro Istituto sono stati studiati 15<br />

casi consecutivi di CLD (0,3% di tutti i carcinomi invasivi della<br />

mammella) osservati nel periodo compreso tra il 1989 ed il<br />

2007. Sono stati valutati i parametri morfologici, biopatologici<br />

(ER, PR, Mib-1, c-ErbB-2) e clinici. Tutti i dati sono stati confrontati<br />

con un gruppo di 71 carcinomi lobulari infiltranti (CLI)<br />

convenzionali (44 casi pT1 e 27 casi pT2). I parametri morfologici<br />

e biopatologici sono stati correlati con il follow-up.<br />

Risultati. Tutti i casi sono stati osservarti in pazienti di sesso<br />

femminile di età compresa tra 38 e 89 anni. Età media dei CLD<br />

60,4 anni (mediana 59,0); età media dei CLI (pT1 + pT2) 65,4<br />

anni (mediana 67,0). Il follow-up medio è stato di 53,6 mesi<br />

(mediana 48,2). I principali dati riguardanti il profilo biopatologico<br />

e le metastasi sono riportati nella Tabella I. I CLD sono<br />

risultati più frequentemente negativi per ER rispetto ai CLI<br />

pT1 (p = 0,002) e pT2 (p = 0,03) ed hanno mostrato un maggior<br />

numero di casi con metastasi linfonodali rispetto al gruppo<br />

dei CLI pT1 (p = 0,05) ma non rispetto ai CLI pT2. Non si<br />

sono osservate variazioni statisticamente significative per ciò<br />

che concerne PR, Mib-1, c-ErbB-2, sopravvivenza libera da<br />

malattia (SLM) e sopravvivenza globale (SG).<br />

Conclusioni. I dati del presente studio non mostrano un andamento<br />

clinico peggiore dei CLD in termini di SLM e SG<br />

rispetto ai CLI. È stato documentato un più alto numero di<br />

casi con metastasi linfonodali rispetto ai CLI pT1, ma non rispetto<br />

ai pT2, anche se la presenza delle metastasi non ha influito<br />

sulla SLM e sulla SG. In conclusione i nostri dati non<br />

consentono di delineare una categoria prognostica separata<br />

dei CLD 1 pur riconoscendone la peculiare difficoltà nell’identificazione<br />

clinico-strumentale.<br />

Bibliografia<br />

1 Tot T. Virchows Arch 2003;443:718-24.<br />

POSTERS<br />

La diagnostica del carcinoma della mammella<br />

nella provincia di Granma a Cuba. Il progetto<br />

dei Patologi oltre Frontiera<br />

D. Fenocchio, R. Tumino * , P. Giovenali, F. Serrat<br />

Gomez ** , V. Stracca Pansa *** , L. Viberti ****<br />

U.O. Anatomia Patologica, Ospedale “Silvestrini”, Perugia;<br />

* Registro Tumori e Anatomia Patologica, Dip. Oncologia,<br />

A.O. “Civile M.P. Arezzo”, Ragusa; ** Ospedale “Carlos<br />

Manuel de Cespedes Bajamo”, Cuba; *** U.O. Anatomia Patologica,<br />

Ospedale Civile “SS Giovanni e Paolo”, Venezia;<br />

**** U.O. Anatomia Patologica Ospedale “EvangelicoValdese”,<br />

ASL1 Torino<br />

Introduzione. La ONG Patologi oltre Frontiera gestisce dal<br />

2004 a Cuba, nella Provincia di Granma, un progetto con il<br />

supporto del PDHL (Programa del Las Naciones Unidas Para<br />

el Desarrollo), il comune di Foligno e di Venezia e l’O-<br />

ER+ PR+ Mib-1 Metastasi Metastasi<br />

elevato linfonodali sistemiche<br />

N % N % N % N % N %<br />

CLD 10 66,7 12 80,0 2 13,3 8 53,3 2 13,3<br />

CLI pT1 43 97,7 35 79,5 11 25,6 9 22,0 2 4,5<br />

CLI pT2 25 92,6 22 81,5 7 28,0 17 65,4 3 11,1


POSTERS<br />

spedale di Perugia. La cooperazione riguarda due ambiti di<br />

patologia femminile: il carcinoma della mammella e della<br />

cervice uterina (prima e seconda causa di mortalità femminile<br />

a Cuba). Per il carcinoma della mammella i risultati sperati<br />

erano di aumentare le diagnosi in stadio T1 N0 M0, la creazione<br />

di un registro tumori organo specifico della mammella<br />

e la diminuzione della mortalità. Il programma nazionale di<br />

diagnostica del carcinoma della mammella comincia a Cuba<br />

nel 1991, nella regione del Granma nel 1992 e si basa sull’autopalpazione,<br />

l’ecografia delle donne sintomatiche e il<br />

prelievo citologico con agoaspirazione. Il mammografo in<br />

dotazione alla provincia non è funzionante.<br />

Metodi. Il progetto italiano, basato sullo scambio di specialisti,<br />

è cominciato nel 2004: sono stati inviati computer, microscopi,<br />

un ecografo e, allo scopo di istruire un registro tumori<br />

organo specifico della mammella, è stato installato un<br />

sistema informatico di raccolta dati SQTM. La provincia di<br />

Granma comprende 297.832 donne e il programma prevede<br />

lo screening con ecografia di 2.000 donne con ecografia e citoaspirazione.<br />

Risultati. Le valutazioni a due anni sull’utilità della diagnostica<br />

integrata ecografia/citologia nel carcinoma della mammella<br />

sono riportate in Tabella I.<br />

Tab. I. Carcinoma della mammella.<br />

Provincia Granma 2004 2005 2006<br />

T1-2 31,9% 46,9% 70,2%<br />

T3-4 21,1% 12,2% 5,4%<br />

Ca. con T non definito 47,0% 40,9% 24,4%<br />

Il miglioramento delle tecniche di prelievo e di colorazione<br />

ha ridotto gli inadeguati citologici dal 18,8% nel 2004 al<br />

6,2% nel 2006 e i falsi negativi dal 2,1% al 1,8%<br />

Conclusioni. Allo stato attuale nella provincia di Granma<br />

non esiste la possibilità di utilizzare un mammografo, da qui<br />

la necessità di implementare la diagnostica ultrasonografica e<br />

citoaspirativa.<br />

La formazione del patologo e del radiologo può considerarsi<br />

buona. Sono attualmente regolarmente registrati tutti i casi<br />

citologici e istologi di tumori della mammella. Il laboratorio<br />

di Anatomia Patologica è però in condizioni inaccettabili: il<br />

successivo sviluppo del progetto dovrebbe prevedere di potenziare<br />

la strumentazione minima, continuare la formazione,<br />

inserire la tecnica del linfonodo sentinella con blu di toluidina<br />

e la determinazione dei fattori prognostici e dei recettori<br />

ormonali.<br />

Cystic papillary adenomyoepithelioma of the<br />

breast. A case report<br />

A. Labate, G. Certo, P. Lo Verde, M. Mesiti<br />

Casa di Cura “Cappellani SPA”, Messina, Italia<br />

Introduction. Adenomyoepithelioma is a proliferative disorder<br />

of both epithelial and myoepithelial cells. This lesion<br />

may be found in salivary glands, skin appendages and, very<br />

rarely, in the mammary gland. Cystic papillary adenomyoepithelioma<br />

of the breast is a very rare tumor.<br />

Case report. We report a case of this entity in a 37-year-old<br />

woman The initial clinical finding was usually a nodular<br />

mass in the breast and examination suggested the diagnosis<br />

of a fibroadenoma.Ultrasound showed a cyst with an intracystic<br />

mass. The lesion was removed and sent to our observation.<br />

Histopathological examination and immunohistochemical<br />

analysis of the lesion was found to be a cystic papillary<br />

adenomyoepithelioma.<br />

Materials e methods. Nodular lesions of 2.2 x 2.2 cm sent to<br />

our observation. The specimens were fixed in 10% buffed<br />

formalin, and paraffin embedded. Paraffin sections were<br />

stained with hematoxilyn and eosin for histological evaluation.<br />

For immunohistochemical studies, section were incubated<br />

with anti estrogen and progesterone receptor, cHER-<br />

B2, Ki 67 and secondly with desmin and SMA polyclonal antibody.<br />

Following incubation with avidin-biotin-peroxidase<br />

and the reaction was detected with 3,3’-diaminobenzidine.<br />

Results. The morphological grossly apparence produced a<br />

circumscribed, firm tumor with nodularity and cysts. The<br />

consistence not is strongly. Histopathological features describes<br />

a circumscribed lesions that showed ducts lined by inner<br />

epithelial and outer myoepithelial cells with papillary<br />

pattern and solid areas made up of fasciculated spindle myoepithelial<br />

cells. Was associated adenosis. Relatively bland is<br />

cytologic features. Immunohistochemical studies distinguished<br />

epithelial (CK+) from myoepithelial cells (SMAdesmine+).<br />

Hormone receptor studies showed estrogen and<br />

progesterone positive (20-25%); cHER-B2(Neg) and Ki67<br />

positive (5-10%).<br />

Discussion. Adenomyoepithelioma was first described in<br />

1970 and very few cases have so far been reviewed in the literature.<br />

This paper reports the clinical, histological and immunohistochemical<br />

characteristics of an adenomyoepithelioma<br />

in a 37 year old woman; the clinical feature suggested<br />

a fibroadenoma. A more complete study of the excised tumor<br />

tissue by immunohistochemical analysis proved that the correct<br />

diagnosis was cistyc papillary-adenomyoepithelioma.<br />

Literature findings indicate that adenomyoepithelioma is a<br />

benign this lesion is a benign or a low-grade malignant<br />

whether the possibility of local recurrence, wide local excision<br />

is recommended.<br />

References<br />

Accurso A, et al. Tumori 1990;76:606-10.<br />

Papaevangelou A, et al. Breast 2004;13:356-8.<br />

263<br />

Carcinoma lobulare mammario metastatico<br />

ad un polipo endometriale<br />

M. De Vito, L. Ventura * , T. Ventura, M.L. Brancone<br />

Istituto Veneri, Laboratorio di Analisi Citoistopatologiche,<br />

Tortoreto (TE); * U.O. di Anatomia Patologica, ASL 4, Ospedale<br />

“San Salvatore”, L’Aquila<br />

Introduzione. Le metastasi di neoplasie extrapelviche in sede<br />

uterina sono rare. Le più frequenti sono rappresentate da<br />

neoplasie mammarie (43%), coliche (17,5%) e gastriche<br />

(11%) 1 .<br />

Metodi. Giungeva alla nostra osservazione una paziente di<br />

sesso femminile, di 58 anni, con precedente diagnosi di carcinoma<br />

mammario posta in altra sede nel 1999, ed in terapia


264<br />

con tamoxifene fino al 2005. La paziente presentava da qualche<br />

mese episodi di metrorragia. L’isteroscopia evidenziava<br />

una lesione polipoide, peduncolata, delle dimensioni di 3 x 1<br />

x 0,5 cm. Il materiale chirurgico veniva processato e tagliato<br />

in sezioni di 4 µm di spessore, colorate in ematossilina-eosina<br />

e con metodo immunoistochimico.<br />

Risultati. L’esame istologico evidenziava un polipo endometriale<br />

con ghiandole di dimensioni variabili immerse in un denso<br />

stroma fibrovascolare con condensazione perighiandolare.<br />

Lo stroma mostrava foci multipli di cellule monomorfe, focalmente<br />

organizzate in filiere. I nuclei erano ipercromatici e talora<br />

localizzati in posizione eccentrica. L’endometrio adiacente<br />

era di tipo ipotrofico. Le cellule neoplastiche erano immunopositive<br />

per CK7 e recettori estrogeni (ER). La positività per<br />

i recettori del progesterone (PR) era focale. L’indice di proliferazione<br />

era pari all’8%. Veniva posta diagnosi di carcinoma<br />

lobulare mammario metastatico ad un polipo endometriale.<br />

Conclusioni. Il tamoxifene, un farmaco utilizzato nel trattamento<br />

del carcinoma mammario, agisce sia come parziale<br />

agonista degli ER che come antagonista. La prima caratteristica<br />

è quella prevalente sull’endometrio mentre le proprietà<br />

antiestrogeniche lo rendono efficace nel trattamento delle<br />

neoplasie mammarie.<br />

Le metastasi da carcinoma mammario su polipo endometriale,<br />

associate a terapia con tamoxifene, sono state descritte raramente<br />

in letteratura 2 . Il carcinoma lobulare è l’istotipo più<br />

frequente essendone stati descritti 4 casi. In aggiunta sono<br />

stati illustrati un caso di metastasi da carcinoma apocrino ed<br />

uno da carcinoma duttale invasivo. Tutte le donne, inclusa<br />

quella del nostro caso, si presentavano con sintomi costituiti<br />

essenzialmente da metrorragia. Lo scopo di questo report è<br />

quello di segnalare la possibilità di metastasi da carcinoma<br />

mammario in donne con una pregressa diagnosi di neoplasia<br />

che siano state sottoposte a terapia con tamoxifene. A tale fine<br />

risulta fondamentale la corretta interpretazione dell’esame<br />

istologico del materiale proveniente da curettage e/o della<br />

biopsia endometriale.<br />

Bibliografia<br />

1 Al-Brahim N, et al. Ann Diag Pathol 2005;9:166-8.<br />

2 Alvarez C, et al. Obstet Gynecol 2003;102:1149-51.<br />

Expression of endothelial protein c receptor<br />

and thrombomodulin in human breast<br />

cancer<br />

S. Ferrero, M. Falleni, L. Caruso, G. Fontana * , L. Tagliavacca<br />

* , E.M. Faioni * , S. Bosari<br />

Department of Medicine, Surgery and Dental Sciences, Division<br />

of Pathology, University of Milan, A.O. “S Paolo” and<br />

Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico e “Regina Elena”,<br />

Milan, Italy; * Hematology and Thrombosis Unit, DM-<br />

CO, Università di Milano and Ospedale “San Paolo”, Milano,<br />

Italy<br />

Background. Endothelial protein C receptor (EPCR) plays a<br />

critical role in augmenting protein C activation by thrombinthrombomodulin<br />

complex and it participates in the regulation<br />

of inflammation and possibly cell growth. Though hemostasis<br />

is important for cancer growth and invasiveness, little information<br />

is available regarding the expression of the EPCR<br />

in human cancer. This study aims to analyze the expression<br />

of EPCR in human breast cancer and to compare it to the expression<br />

of other known markers of breast cancer, such as the<br />

POSTERS<br />

progesterone and estrogen receptors, Ki-67, and c-erb-b2, as<br />

well as cancer stage. Thrombomodulin expression was analyzed<br />

as well.<br />

Methods. Retrospective surgical specimens from 96 breast<br />

cancer women were investigated for EPCR and Thrombomodulin<br />

both at protein and at transcriptional levels; EPCR<br />

protein was also analyzed in breast cancer cells with confocal<br />

microscopy. Results were statistically compared with<br />

known clinico-pathological characteristics of cases.<br />

Results. EPCR immunoreactivity was found in 49/96 (51%)<br />

breast cancer, one fifth of which with high intensity. EPCR<br />

expression was prevalently detected in lower stage cancer<br />

and it was inversely related to c-erb-B2 expression. EPCR<br />

was not found in normal breast parenchyma far removed<br />

from the malignancy except for the vessel endothelium,<br />

while it was expressed by the epithelial cancer cells and the<br />

myoepithelium, often with a polarized pattern. Thrombomodulin<br />

was detected in 17/96 (20%) breast cancers only,<br />

and it was equally distributed between EPCR positive (10/49,<br />

20%) and negative (7/47, 21%; p = 0.5955) tissues. None of<br />

the analyzed clinical or immunochemical characteristics was<br />

specifically associated with thrombomodulin positive vs.<br />

thrombomodulin negative cancers.<br />

Conclusions. These findings suggest that protein C may not<br />

be always activated at the cancer cell surface since thrombomodulin<br />

is not invariably co-expressed with EPCR on the<br />

breast cancer cell. This receptor may have an extra-hemostatic<br />

role in breast cancer and might represent a functional<br />

state of cancer growth.<br />

Malattia di Paget della mammella associata a<br />

carcinoma lobulare pleomorfo: descrizione di<br />

due casi<br />

M. Bosco, R. Senetta, I. Castellano, L. Macrì, A. Sapino<br />

Dipartimento di Scienze Biomediche e Oncologia Umana,<br />

Università di Torino<br />

Introduzione. La malattia di Paget della mammella (MPD) è<br />

caratterizzata da una crescita intraepiteliale di cellule neoplastiche<br />

a livello dell’epidermide areolare e/o del capezzolo. La<br />

maggior parte dei casi di MPD origina da carcinoma duttale<br />

in situ o invasivo del sottostante tessuto mammario. Rari casi<br />

appaiono originare primariamente a livello dell’epidermide<br />

del capezzolo. In letteratura è descritto un solo caso di associazione<br />

di carcinoma lobulare in situ e MPD 1 . Sono qui<br />

descritti due casi di MPD insorto su carcinoma lobulare in situ<br />

o infiltrante pleomorfo della mammella.<br />

Risultati. Caso 1. Si tratta di una donna di 48 anni con sovvertimento<br />

strutturale diffuso della mammella identificato<br />

ecograficamente. La cute del capezzolo e dell’areola erano<br />

indenni. È stata posta diagnosi istologica di carcinoma lobulare<br />

infiltrante pleomorfo (G3 pT1cm pN1a) associato a carcinoma<br />

lobulare in situ pleomorfo. I dotti galattofori erano<br />

indenni. A livello della cute areolare era presente un’infiltrazione<br />

intraepidermica di cellule con moderata quantità di citoplasma<br />

amfofilo, nuclei pleomorfi, cromatina vescicolosa,<br />

nucleoli prominenti.<br />

Caso 2. Si tratta di una donna di 73 anni con nodo mammario<br />

palpabile sottoareolare. La cute del capezzolo mostrava<br />

un’estesa reazione eczematoide. È stata posta diagnosi di carcinoma<br />

lobulare in pleomorfo multifocale e carcinoma duttale<br />

in situ di alto grado. Era presente un invasione pagetoide<br />

del dotti galattofori e dell’epidermide del capezzolo da parte


POSTERS<br />

di cellule con caratteristiche morfologiche e immunoistochimiche<br />

sovrapponibili a quelle della componente in situ lobulare<br />

pleomorfa.<br />

Le cellule di Paget in entrambi i casi mostravano il seguente<br />

assetto immunofenotipico: negatività per caderina E ed<br />

HER2; positività per il recettore degli estrogeni e del progesterone,<br />

citocheratina 7 ed EMA.<br />

Conclusioni. La diagnosi differenziale in questi due casi deve<br />

essere posta con un MPD da CDIS; tuttavia la morfologia<br />

delle cellule di Paget, l’assenza di carcinoma duttale in situ e<br />

invasivo (nel caso 1), la cancerizzazione dei dotti galattofori<br />

da parte del carcinoma lobulare (nel caso 2), la negatività per<br />

HER2 e caderina E e la positività per i recettori ormonali<br />

supportano la diagnosi di MPD da carcinoma lobulare in situ.<br />

Viste le basse atipie citologiche le cellule di tipo lobulare<br />

in MPD potrebbero essere confuse con le cellule di Toker che<br />

risiedono normalmente in tale sede e che risultano CK7 e caderina<br />

E positive.<br />

Bibliografia<br />

1 Sahoo S, et al. Arch Pathol Lab Med 2002;126:90-2.<br />

Miofibroblastoma della mammella:<br />

descrizione di un caso<br />

G. Ingravallo, A. Cimmino, A. Napoli, M.A. Bruno * , A.<br />

Colagrande, C. Giardina<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica, Università-Policlinico<br />

di Bari; * Servizio di Anatomia Patologica, ASL Matera-4<br />

Introduzione. Il miofibroblastoma (MFB) della mammella è<br />

una neoplasia benigna dei tessuti molli, con maggiore incidenza<br />

nell’uomo anziano. Lesioni con morfologia e immunofenotipo<br />

simili al MFB mammario possono essere osservate anche<br />

in sedi extramammarie, soprattutto nella regione inguinale.<br />

Metodi. Uomo di 67 anni con nodulo mammario palpabile<br />

del diametro di circa 1 cm, mobile osservato da alcuni mesi.<br />

Non erano presenti alterazioni cutanee né linfoadenopatie regionali.<br />

Il paziente fu sottoposto ad agoaspirazione eco-giudata<br />

del nodulo.<br />

Risultati. L’esame citologico si presentava ricco in cellule<br />

prevalentemente di tipo fusato sia riunite in clusters che disperse,<br />

con frequenti dismorfie e dismetrie nucleari. Il giudizio<br />

conclusivo fu: positivo per malignità (C5). In base a ciò,<br />

il paziente fu sottoposto a mastectomia.<br />

Il tumore appariva come un nodulo ben circoscritto del diametro<br />

di 1,2 cm.<br />

Esame istologico: la lesione circoscritta, non capsulata, era<br />

costituita da cellule prevalentemente fusate disposte in fascetti<br />

con aspetti a palizzata suggestivi per un neurinoma. Le<br />

cellule in prevalenza avevano nuclei allungati con cromatina<br />

finemente dispersa e rari nucleoli. Tra queste erano, inoltre,<br />

presenti cellule con nuclei grandi e con un elevato grado di<br />

pleomorfismo. Si osservava una ricca componente vascolare<br />

con diffusa fibrosi perivascolare. Assenti le figure mitotiche.<br />

Nella lesione mancavano strutture ghiandolari mammarie.<br />

Immunoistochimica: il tumore mostrava diffusa positività per<br />

vimentina, CD99, bcl2 e recettori estrogenici, focale positività<br />

per actina muscolo liscio e CD34; risultava negativo per<br />

citocheratine, EMA e proteina S-100. Viene posta diagnosi di<br />

MFB mammario.<br />

Conclusioni. Il MFB mammario appartiene al gruppo di neoplasie<br />

a cellule fusate costituite da una popolazione cellulare<br />

Vimentina+/CD34+ al quale appartengono anche il fibroma,<br />

265<br />

il tumore stromale miogenico, il tumore fibroso solitario e il<br />

lipoma a cellule fusate. In questo caso la presenza di atipie<br />

cellulari, rilevate anche all’esame citologico, ha portato ad<br />

“overtreatment” chirurgico della lesione.<br />

L’aspetto istologico di questa ha posto problemi di d.d. in<br />

primo luogo con il neurinoma, ed anche, con le altre neoplasie<br />

a cellule fusate. Questi, pur mostrando un vario grado di<br />

eterogeneità morfologica e immunofenotipica, hanno un<br />

comportamento biologico benigno. Essenziale è la d.d. dal<br />

carcinoma a cellule fusate e dalla fibromatosi localmente aggressiva.<br />

“Matrix-producing carcinoma” con necrosi<br />

centrale: descrizione di un caso<br />

A. Festa, P. Cossu Rocca, F. Pili, M. Contini, A. Mura, N.<br />

Caragliu * , V. Marras, G. Massarelli<br />

Istituto di Anatomia ed Istologia Patologica, Università di<br />

Sassari; * Servizio di Radiologia, Ospedale Conti, Sassari<br />

Introduzione. Il “matrix-producing” carcinoma (MPC) è<br />

una rara variante di carcinoma metaplasico eterologo della<br />

mammella caratterizzato da una transizione diretta tra la<br />

componente carcinomatosa e la matrice cartilaginea/ossea,<br />

senza una componente intermedia a cellule fusate od osteoclastica;<br />

inoltre, la componente carcinomatosa può esprimere<br />

un immunofenotipo mioepiteliale. La presenza di necrosi<br />

centrale è già stata descritta da Wargotz et al. nel 1989 in<br />

un’ampia serie di MPC. Recentemente, è stata individuata<br />

una nuova entità, denominata “carcinoma duttale infiltrante<br />

ad alto grado con ampia area centrale acellulata”, caratterizzata<br />

da un fenotipo basalioide-mioepiteliale e da necrosi centrale<br />

che occupa più del 30% della massa neoplastica. Tale<br />

entità mostra pertanto forti similitudini con il MPC, per<br />

quanto si differenzi in termini prognostici.<br />

Metodi. Il caso è relativo ad una paziente di 68 anni sottoposta<br />

a mastectomia totale sinistra con linfadenectomia per la<br />

presenza di due noduli palpabili, di 1 cm ed 1,5 cm, localizzati<br />

rispettivamente in sede subareolare e nel QII, mammograficamente<br />

radiopachi e a margini circoscritti, risultati positivi<br />

per malignità all’esame citologico.<br />

Risultati. L’istologia mostra due neoformazioni nodulari,<br />

circoscritte, caratterizzate da un’area periferica costituita da<br />

una proliferazione solida di elementi atipici in continuità<br />

con una componente condroide a stroma mixoide. L’area<br />

centrale appare ampiamente necrotica. I linfonodi esaminati<br />

sono risultati negativi. Le analisi immunoistochimiche<br />

hanno evidenziato diffusa positività negli elementi neoplastici<br />

per CK7, EMA, S100 e focale per e-cadherin, actina,<br />

calponina, CD10, p63, CK5/6. Negativi i recettori ormonali<br />

e Her2.<br />

Conclusioni. Il nostro caso mostra morfologia ed immunofenotipo<br />

compatibili con un MPC e si caratterizza per l’inusuale<br />

presenza di due distinti foci neoplastici. La presenza di ampia<br />

necrosi centrale e l’espressione di markers mioepiteliali<br />

sono peraltro caratteristici anche del carcinoma ad alto grado<br />

con area centrale acellulata, che viene però associato ad una<br />

prognosi infausta per l’elevata incidenza di metastasi cerebrali<br />

o polmonari. Nel nostro caso, a distanza di 3 anni dall’intervento,<br />

la paziente non ha mostrato ripresa di malattia.<br />

È auspicabile la raccolta di una più ampia casistica di tali lesioni,<br />

in modo da definire ulteriori criteri morfologici ed immunofenotipici<br />

distintivi che ne consentano un corretto inquadramento<br />

clinico-patologico.


PATHOLOGICA 2007;99:266-271<br />

Statistical analysis of RT-PCR human<br />

mammaglobin detection for diagnosis of<br />

pleural effusion from breast cancer patients<br />

N. Gorji, P. Ferro * , M.C. Franceschini, B. Bacigalupo, P.<br />

Dessanti, A. Giannico, M. Moroni, L. Pietra, M.P. Pistillo<br />

** , S. Roncella, F. Fedeli<br />

U.O. di Anatomia ed Istologia Patologica, ASL 5, La Spezia;<br />

* Associazione Italiana Leucemie Linfoma e Mieloma,<br />

Sezione “Francesca Lanzone”, La Spezia; ** Unità di Ricerca<br />

Traslazionale A, Istituto Nazionale Ricerca Cancro<br />

(IST), Genova, Italia<br />

Introduction. Detection of breast cancer (BC) cells in pleural<br />

effusions (PE) is usually achieved by routine cytomorphology.<br />

However, the diagnosis of PE by this methodology<br />

shows scarce sensitivity thus requiring more sensitive and<br />

specific techniques. Recently, polymerase chain reaction<br />

(PCR) has been proposed to improve the diagnostic accuracy<br />

of PE.<br />

The aim of this study was to investigate the possible application<br />

of a nested RT-PCR for human mammaglobin (hMAM)<br />

mRNA detection in the diagnostic evaluation of PE. Accurate<br />

statistical analysis of the results obtained and a comparative<br />

analysis with cytology was performed.<br />

Methods. Twohundred and fifty PE samples including 32<br />

from patients who had diagnosis of BC, 116 from patients<br />

with other cancers and 102 from patients with benign diseases<br />

were subjected to nested RT-PCR for hMAM. Diagnostic<br />

performance of hMAM RT-PCR was based on binomial<br />

distribution while comparison between correlated proportions<br />

was assessed through MCNemar test. Two-tailed pvalue<br />

< 0.05 was considered as statistically significant.<br />

Results. hMAM was found expressed in 76/250 (30.4%) total<br />

PE and in 23/28 (sensitivity of 82.1%) of the PE subgroup<br />

due to metastasis from BC. The specificity for hMAM<br />

detection method was 75.7%, while accuracy (Ac), positive<br />

predictive value (PPV) and negative predictive value (NPV)<br />

were 76.4%, 30.3% and 97.1%, respectively. hMAM was also<br />

detected in 46/116 (39.6%) PE specimens from other types<br />

of cancer and in 7/102 (6.8%) from benign diseases.<br />

Comparative analysis of RT-PCR and cytology showed that<br />

14 PE samples from metastatic BC (50%) were positive by<br />

both PCR and cytology, 9 (32.1%) were positive only by<br />

PCR and 5 (17.9%) were negative by both tests whereas no<br />

cases were found of positive cytology with negative PCR.<br />

RT-PCR increased sensitivity of BC effusion detection of<br />

32.1% (McNemar test p-value = 0.004).<br />

Conclusions. The RT-PCR methodology, developed for this<br />

study, has provided a rapid, reproducible and cost-effective<br />

hMAM analysis test for BC diagnosis of PE. Moreover, RT-<br />

PCR for hMAM test was more sensitive but less specific than<br />

cytomorphology. We conclude that this test may be useful in<br />

adjunct to cytology for the routine screening of malignant BC<br />

effusions.<br />

Patologia molecolare<br />

Clinical significance of human mammaglobin<br />

mrna expression in peripheral blood of<br />

breast cancer patients by RT-PCR<br />

N. Gorji, P. Ferro * , M.C. Franceschini, B. Bacigalupo, P.<br />

Dessanti, E. Falco ** , A. Giannico, D. Gianquinto ** , M.<br />

Moroni, L. Pietra, S. Roncella, F. Fedeli<br />

U.O. di Anatomia ed Istologia Patologica, ASL 5 La Spezia;<br />

* Associazione Italiana Leucemie Linfoma e Mieloma, Sezione<br />

“Francesca Lanzone”, La Spezia; ** Dipartimento di Chirurgia<br />

ASL 5 La Spezia, Italia<br />

Introduction. Breast cancer (BC) has been shown to shed tumor<br />

cells into the peripheral blood (PB) at the earliest stages<br />

of primary tumor development. These malignant cells are potentially<br />

able to form metastasis so that their early detection<br />

may have important therapeutic and prognostic implication.<br />

Human mammaglobin (hMAM) has recently been recognized<br />

as a breast associated glycoprotein and proposed as a<br />

marker for BC micrometastasis detection. However, hMAM<br />

expression in PB has been investigated in a relatively small<br />

number of patients and its correlation with others prognostic<br />

marker is controversial and must be further evaluated.<br />

The aim of our study was to assess the possible association<br />

of hMAM mRNA expression in PB with the patient’s characteristics<br />

and the recognized prognostic parameters of BC.<br />

Methods. Five ml of PB sample was drown in EDTA from<br />

the following subjects: healthy volunteers, patients with benign<br />

breast pathology before surgery and BC patients before<br />

treatment who underwent surgery.<br />

Total RNA was extracted from peripheral mononuclear cells<br />

separated by density gradient centrifugation and reverse transcribed<br />

into cDNA. RT-PCR amplifications were performed<br />

with primers specific for hMAM mRNA. Fisher’s exact test<br />

was used to evaluate the correlation between age of patients,<br />

type and size of tumor, nodal stage, histologic grade, c-erbB-<br />

2 expression, Ki67 labelling index, estrogen and progesterone<br />

receptors status.<br />

Results. All samples from 66 healthy blood donors and 151<br />

patients with benign breast disease were hMAM negative as<br />

assessed by nested RT-PCR. In contrast, hMAM was detected<br />

in 16/137 (12%) of BC patients.<br />

Statistical analysis demonstrated that the proportion of<br />

hMAM positive specimens correlated with tumor size (Fisher’s<br />

exact test p-value < 0.0001), nodal stage (Fisher’s exact<br />

test p-value < 0.003) and histological grade (Fisher’s exact<br />

test p-value < 0.027). On the contrary, no association was<br />

found with other parameters evaluated.<br />

Conclusions. The results of our study show that the hMAM<br />

RT-PCR assay has high specificity and low sensitivity for detection<br />

of BC cells in PB, as reported by other authors. However,<br />

the test is important because the positivity of hMAM<br />

expression identifies a subset of patients under-going poor<br />

prognosis. Other studies are needed to better understand the<br />

clinical significance of this finding and define its application<br />

in the management of BC patients.


POSTERS<br />

Caratterizzazione del gene HER2 nel tumore<br />

della mammella<br />

A. Michelucci, P. Collecchi, S. Gelmini * , C. Orlando * , G.<br />

Bevilacqua, A. Cavazzana<br />

Dipartimento di Oncologia, Divisione di Anatomia Patologica<br />

e di Diagnostica Molecolare ed Ultrastrutturale, Università<br />

di Pisa ed Azienda Ospedaliera Pisana, Pisa; * Dipartimento<br />

di Fisiopatologia Clinica, Università di Firenze ed<br />

Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Firenze<br />

Introduzione. Un’iperespressione del recettore di membrana<br />

HER2 è documentata nel 25% dei tumori mammari ed è attribuibile<br />

nel 90% dei casi all’amplificazione del gene che<br />

correla con una prognosi peggiore, ma permette di selezionare<br />

le pazienti da sottoporre a terapia con erceptina. Quest’ultimo<br />

farmaco è un anticorpo monoclonale diretto in modo<br />

specifico contro il recettore. Determinare correttamente lo<br />

stato di HER2 è quindi essenziale; i test comunemente utilizzati<br />

sono l’immunoistochimica per la proteina e l’ibridazione<br />

in situ interfasica per il gene. In questo studio sono stati inoltre<br />

valutati i livelli di mRNA e sono stati correlati con i risultati<br />

ottenuti con le metodiche precedenti.<br />

Metodi. HER2 è stato caratterizzato per i livelli di espressione<br />

trascrizionali e proteici, ma anche per il numero di copie<br />

del gene in 100 tumori mammari sporadici consecutivi. I livelli<br />

di mRNA sono stati valutati con real-time RT-PCR ed i<br />

livelli di proteina mediante IHC; il numero di copie del gene<br />

è stato determinato con la FISH.<br />

Risultati. Confrontando i livelli di mRNA e proteina di<br />

HER2 è emerso che il gruppo 3+ ha un’espressione trascrizionale<br />

più elevata rispetto al gruppo 0-1+. Confrontando poi<br />

i livelli di mRNA con il numero di copie del gene HER2 è<br />

emersa la significativa associazione tra livelli trascrizionali e<br />

amplificazione. È stata evidenziata una buona concordanza<br />

tra i risultati ottenuti con IHC e FISH, ma il livello di espressione<br />

di mRNA correla meglio con lo stato di amplificazione<br />

genica che con l’espressione proteica. Infatti, 2 dei 3 falsi negativi<br />

hanno valori di espressione molto superiori rispetto alla<br />

media di espressione del gruppo 2+ e i 2 casi falsi positivi<br />

hanno valori di espressione molto inferiori rispetto alla media<br />

di espressione del gruppo 3+. I valori medi di espressione<br />

genica sono maggiori di un fattore 100 nel gruppo amplificato<br />

rispetto a quello non, ma la dispersione dei valori all’interno<br />

del gruppo amplificato è molto ampia per cui il<br />

gruppo positivo, e quindi adatto alla terapia con Erceptina, è<br />

eterogeneo per l’espressione genica.<br />

Conclusioni. È stata evidenziata una buona concordanza tra<br />

la tecnica IHC e le tecniche molecolari quali real-time PCR<br />

e FISH; inoltre, i livelli trascrizionali di HER2 potrebbero<br />

rappresentare un ideale complemento alle indagini di inquadramento<br />

prognostico-terapeutico, IHC e FISH, del carcinoma<br />

mammario, in considerazione dell’estrema variabilità dei<br />

valori di mRNA nel gruppo amplificato.<br />

267<br />

Expression of lactoferrin MRNA in human<br />

breast cancer cells selected by lasermicrodissection<br />

G. Giuffrè, S. Penco * , A. Simone, V. Barresi, G. Tuccari<br />

Department of Human Pathology, University of Messina,<br />

Italy; * Department of Laboratory Medicine, Medical Genetics<br />

Unit, “Niguarda-Cà Granda” Hospital, Milan, Italy<br />

Introduction. Lactoferrin (Lf), a 80 kDa basic glycoprotein,<br />

is a member of the transferrin family of iron-binding proteins<br />

which is coded by a gene present in the short arm of chromosome<br />

3 (3p); transcription of the Lf gene leads to two<br />

products, Lf and ∆-Lf mRNAs. Multiple functions have been<br />

proposed for Lf, such as iron transport, storage and chelation,<br />

regulation of cell growth, the host defense against bacterial<br />

and viral infections, and modulation of the inflammatory response.<br />

The immunomodulatory activity of Lf seems to play<br />

an antitumoral and antimetastatic role; in fact, an oral administration<br />

of bovine Lf to rodents significantly reduces tumorigenesis<br />

in different organs. Moreover a deregulation of<br />

Lf expression has been documented in vivo and in vitro in<br />

some tumours and the 3p21.3 region is one of the most frequently<br />

lost in various cancers, comprising that of breast. In<br />

order to investigate Lf and ∆-Lf mRNAs expression exclusively<br />

in human breast cancer cells, we have performed a<br />

study utilizing a laser-assisted tissue microdissection procedure<br />

that avoids cellular contamination due to tissue heterogeneity.<br />

Methods. On cryostatic sections of 15 human breast cancers<br />

obtained at surgery and post-fixed with ethanol we applied<br />

laser-microdissection procedure using a Leica AS LMD system<br />

(Leica Microsystems, Germany). From each section<br />

stained with Haematoxilin-Eosin, a variable number of neoplastic<br />

epithelial cells (from 300 to 600) has been harvested<br />

in different PCR tubes. RNA extraction has been performed<br />

by RNeasy Micro Kit (Qiagen); successively, using the 1st<br />

Strand cDNA Synthesis Kit for RT-PCR (Roche Applied Science),<br />

RNA has been reverse transcribed into single-stranded<br />

cDNA. Finally, cDNA has been amplified utilizing primer<br />

pairs designed for the specific detection of target sequences<br />

of human Lf, its alternative isoform ∆Lf as well as β-actin.<br />

Results. All samples showed expression for β-actin. Sufficient<br />

cDNA for Lf amplification has been obtained starting<br />

from 300 epithelial cells. Lf mRNA has been detected in<br />

14/15 breast cancer samples, with an occasional ∆Lf expression<br />

in 2/15 cases.<br />

Conclusions. The Lf expression by us documented in a selected<br />

cellular population of breast cancer suggests a maintained<br />

quite constant evidence of Lf, although the ∆Lf isoform<br />

appears to be downregulated. Finally, the laser microdissection<br />

may be considered a valid tool to perform a<br />

precise Lf molecular analysis.


268<br />

GCET1 expression in endemic Burkitt<br />

lymphoma. Correlation with EBV status and<br />

IGH mutation pattern<br />

C. Bellan, S. Lazzi, M. Cocco, T. Amato, N. Palummo, G.<br />

De Falco, E. Leucci, S. Mannucci, P. Tosi, M. Piris * , L.<br />

Leoncini<br />

Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia, Università<br />

di Siena, Italy; * Centro Nacional de Investigaciones Oncologicas<br />

(CNIO), Madrid, Spain<br />

Introduction. GCET1 (centerin, serpin A9) is a gene induced<br />

in B cells by CD40-CD40L interaction and suspected<br />

to play an important role in GC-B cell development 1 . Previous<br />

studies have shown that expression of GCET1 is primarily<br />

restricted to GC B-cells (centroblasts and large centrocytes<br />

but not small centrocytes). The normal counterpart of<br />

the neoplastic B cells in Burkitt lymphoma (BL) is still unclear.<br />

Basing on immunoglobulin gene rearrangement studies,<br />

some authors suggest an origin from germinal center B<br />

cells and others from memory B cells 2 . To better clarify the<br />

cells of origin in BL we analysed GCET1 expression on 38<br />

endemic BL, and we correlated its expression with EBV status<br />

and immunoglobulin gene mutation pattern of these cases.<br />

Materials and methods. All cases were classified as eBLs according<br />

to WHO criterias. IHC for GCET1 expression and ISH<br />

for EBERs were performed on consecutive sections according<br />

to the manufacturers. Groups of 5-7 GCET1 positive cells were<br />

taken through LCM. Following overnight digestion, the lysate<br />

was directly used as a template in a semi-nested PCR amplification<br />

for VH gene rearrangements analysis. The PCR products<br />

were subsequently cloned and sequenced in both directions.<br />

Only sequences showing a perfect homology were chosen for<br />

comparison with germline sequences from ImmunoGeneTiCs<br />

database. V H genes were considered mutated if they differed<br />

2% or more from the corresponding germ line sequence.<br />

Results. We found that GCET1 expression was significantly<br />

correlated with EBV status. In fact, of 31 EBV positive eBLs,<br />

29 did not shown evidence of GCET1 expression, while 5 out<br />

of seven EBV negative eBLs actively expressed the gene.<br />

This finding was further supported by the analisys of VH<br />

genes (Tab. I), which highlighted a A9- higher degree of mutation<br />

either between EBV+ and EBV- B cases.<br />

Conclusions. All together these results again suggested that<br />

EBV-positive and EBV-negative BL might originate from<br />

distinct subsets of B cells, pointing to a particular role for the<br />

germinal center reaction in the pathogenesis of these tumors.<br />

The immunoglobulin gene mutation patterns of further single<br />

Tab. I.<br />

Range of Average Antigen<br />

mutations mutation selection<br />

frequency<br />

(mean)<br />

EBV-/A9+ 1-7 1.7 0/5<br />

EBV-/A9- 6-9 2.9 0/2<br />

EBV+/A9+ 7-8 3.1 0/2<br />

EBV+/A9- 5-25 5.1 9/29<br />

GC A9+ and A9- cells will be analysed and compared to that<br />

of BL to confirm the results.<br />

References<br />

1 Frazer JK, et al. Eur J Immunol 2000;30:3039-48.<br />

2 Bellan C, et al. Blood 2005;106:1031-6.<br />

POSTERS<br />

Correlazione nei tumori ovarici tra stato di<br />

metilazione dei geni RASSF1A e BRCA1 e<br />

grado di differenziazione<br />

M. Carosi, G. Chichierchia, E. Vizza * , G. Cutillo * , A. Savarese<br />

** , A. Papatantonakis, A. Marsella *** , L. Perracchio<br />

* , P. Visca, F. Marandino, R. Perrone Donnorso<br />

S.C. Anatomia e Istologia Patologica, Istituto “Regina Elena”,<br />

Roma; * Ginecologia Oncologica, Istituto “Regina Elena”,<br />

Roma; ** Oncologia Medica A, Istituto “Regina Elena”,<br />

Roma; *** Radiologia Istituto “Regina Elena”, Roma<br />

Gli eventi molecolari responsabili della carcinogenesi nell’epitelio<br />

ovario non sono ancora tutti noti e nonostante i miglioramenti<br />

terapeutici e chirurgici la sopravvivenza al termine,<br />

per le pazienti soprattutto con malattia avanzata, resta<br />

piuttosto deludente. Tutto ciò è dovuto principalmente alla<br />

nostra poca abilità nello scoprire i tumori nei loro stati precoci<br />

e pertanto nuove strategie volte ad individuare nuovi<br />

markers debbono essere trovate.<br />

Infatti le neoplasie ovariche includono vari istotipi con caratteristiche<br />

isto-morfologiche differenti e pertanto di difficile<br />

valutazione prognostica. La metilazione del DNA risulta<br />

essere un importante regolatore della trascrizione genica<br />

ed il suo ruolo nella carcinogenesi ha suscitato considerevole<br />

interesse negli ultimi anni nell’ambito dell’insorgenza<br />

di molte neoplasie. Infatti l’ipermetilazione come modificazione<br />

epigenetica che reprime la trascrizione dei geni coinvolti<br />

nella soppressione del tumore è stato ampiamente studiato.<br />

Lo scopo di questo studio è di valutare lo stato di metilazione<br />

del promotore dei geni RASSF1A e BRCA1 in vari tipi e<br />

fasi di tumori epiteliali ovarici per valutare se sia possibile<br />

individuare nuovi markers per i quali ideare nuovi farmaci<br />

che possano interferire con gli eventi evolutivi della cellula<br />

neoplastica, con una maggiore selettività del tumore ed al<br />

tempo stesso una minore tossicità. Nel nostro studio sono stati<br />

analizzati 40 tumori epiteliali ovarici in un range che va dai<br />

cistoadenomi benigni, tumori a basso potenziale di malignità<br />

e carcinomi (10 cistoadenomi; 12 tumori a basso potenziale<br />

di malignità e 18 carcinomi) usando il metodo della metilazione-specifica<br />

PCR.<br />

In considerazione dei dati finora ottenuti si e potuto vedere<br />

che il promotore del gene RASSF1A risulta metilato soprattutto<br />

nei tumori a basso potenziale di malignità e nei carcinomi;<br />

mentre il promotore del gene BRCA1 risulta essere<br />

metilato prevalentemente nei carcinomi.


POSTERS<br />

Carcinoma mammario: correlazione tra lo<br />

stato recettoriale (ER-alfa negativi) e<br />

metilazione del gene<br />

M. Carosi, G. Chichierchia, A. Pennetti, M. Diodoro, R.<br />

Covello, S. Sentinelli, P. Visca, F. Marandino, R. Perrone<br />

Donnorso<br />

S.C. Anatomia e Istologia Patologica, Istituto “Regina Elena”,<br />

Roma<br />

Il tentativo di colpire la cellula tumorale attraverso l’utilizzo<br />

di trattamenti ormonali e da considerarsi la più vecchia ma al<br />

tempo stesso la più attuale.<br />

La risposta alla terapia ormonale rappresenta un fattore determinante<br />

per il carcinoma della mammella ed è strettamente<br />

correlata con lo stato recettoriale delle cellule tumorali. Per<br />

questo motivo le ricerche sono concentrate su quei meccanismi<br />

che regolano l’espressione di recettori ormonali presenti<br />

nei tessuti sani e tumorali per poter ottenere elementi innovativi<br />

per quanto riguarda gli aspetti prognostici e terapeutici.<br />

Pazienti con carcinomi poco differenziati possono non<br />

esprimere recettori ormonali e sono associati ad un andamento<br />

clinico peggiore. Inoltre si è visto che pazienti con recettori<br />

ormonali negativi sono meno sensibili alla terapia ormonale.<br />

Sebbene i meccanismi che possono causare la perdita<br />

di espressione dei recettori ormonali sono diversi, quali<br />

mutazioni, polimorfismi, la causa predominante è la metilazione<br />

del promotore di alcuni geni tra cui alfa-ER.<br />

Partendo da questo presupposto abbiamo preso in considerazione<br />

20 pazienti con carcinomi mammari ER- negativi ed<br />

abbiamo analizzato lo stato di metilazione del promotore del<br />

gene ER-alfa. In base ai nostri risultati si e visto che circa il<br />

70% delle pazienti risultava avere il promotore del gene metilato.<br />

Pertanto in base ai risultati ottenuti si può ipotizzare<br />

che esiste una correlazione tra lo stato recettoriale e metilazione<br />

e questo ci potrebbe permettere di individuare un ulteriore<br />

markers per il quale disegnare un trattamento farmacologico<br />

alternativo e sicuramente più efficace.<br />

Instabilità dei microsatelliti ed espressione<br />

delle proteine del mismatch repair nel<br />

carcinoma endometriale<br />

R. Gafà, A. Gaban, I. Maestri, E. Grandi, L. Cavazzini, G.<br />

Lanza<br />

Dipartimento di Medicina Sperimentale e Diagnostica, Sezione<br />

di Anatomia Istologia e Citologia Patologica, Università<br />

di Ferrara<br />

Introduzione. Il carcinoma endometriale (CE) è la neoplasia<br />

con la più elevata frequenza di instabilità dei microsatelliti<br />

(MSI), determinata da metilazione del promoter di MLH1<br />

nelle forme sporadiche e da mutazioni dei geni MLH1,<br />

MSH2 e MSH6 nelle forme ereditarie. Numerosi aspetti relativi<br />

alle caratteristiche clinico-patologiche ed alla diagnostica<br />

di questi tumori devono ancora essere definiti.<br />

Metodi. Lo studio è stato condotto su una serie consecutiva<br />

di 123 CE diagnosticati negli anni 2002-2004. L’analisi genetica<br />

della MSI è stata effettuata su DNA estratto da campioni<br />

tissutali fissati in formalina ed inclusi in paraffina con<br />

metodica di PCR fluorescente, utilizzando i markers del panel<br />

di Bethesda (BAT26, BAT25, D2S123, D5S346,<br />

D17S250) ed il BAT40. In alcuni casi sono stati utilizzati an-<br />

269<br />

che i markers NR21, NR22 ed NR24. I tumori con instabilità<br />

in > 30% dei loci esaminati sono stati classificati come MSI-<br />

H, quelli con instabilità in < 30% dei loci come MSI-L, e<br />

quelli senza instabilità come MSS. È stata valutata inoltre la<br />

espressione immunoistochimica delle proteine MLH1,<br />

MSH2 ed MSH6.<br />

Risultati. Del totale dei casi, 82 (66,7%) sono stati classificati<br />

come MSS, 4 (3,2%) come MSI-L e 37 (30,1%) come<br />

MSI-H. Dei 114 casi risultati valutabili alla analisi immunocitochimica,<br />

76 (66,7%) hanno evidenziato normale reattività<br />

nucleare per tutte e tre le proteine (MMRP+), mentre 38<br />

(33,3%) hanno presentato perdita di espressione di almeno<br />

una delle proteine (MMRP-). In particolare, in 29 tumori è<br />

stata osservata perdita di espressione di MLH1, in 4 perdita<br />

combinata di espressione di MSH2 e di MSH6 ed in 5 perdita<br />

selettiva della espressione di MSH6. Nel complesso, è stata<br />

rilevata una buona concordanza dei risultati ottenuti con le<br />

due metodiche (p < 0,001). Infatti, 74 dei 76 tumori MMRP+<br />

sono risultati MSS, uno MSI-L ed uno MSI-H, mentre dei 38<br />

carcinomi MMRP- 33 sono stati classificati come MSI-H, 3<br />

come MSI-L e 2 come MSS. Non sono state riscontrate correlazioni<br />

significative tra espressione delle proteine del mismatch<br />

repair (MMR) o status MSI e parametri clinico-patologici,<br />

quali età, grado, istotipo e stadio.<br />

Conclusioni. I risultati ottenuti indicano che deficit del<br />

MMR è di frequente riscontro nel CE e che un numero significativo<br />

di CE sembra insorgere su base ereditaria per alterazioni<br />

dei geni MSH2 e MSH6. A differenza del colon-retto,<br />

infine, i CE MSI-L presentano spesso perdita di espressione<br />

delle proteine del MMR.<br />

Up-regulation of the HIF-1 transcriptional<br />

pathway in colorectal carcinomas<br />

R. Cerutti, D. Furlan, N. Sahnane, I. Carnevali, S. Uccella,<br />

A.M. Chiaravalli, V. Bertolini, F. Bertoni * , I. Kwee * , C.<br />

Capella<br />

Department of Human Morphology, Section of Anatomic<br />

Pathology, University of Insubria and Ospedale di Circolo,<br />

Varese, Italy; * Lab Experimental Oncology, Oncology Institute<br />

of Southern Switzerland<br />

Introduction. Hypoxia-inducible factor-1 (HIF-1) regulates<br />

gene expression in critical pathways involved in tumor<br />

growth and metastases.<br />

Methods. The expression of HIF-1α and thirteen HIF-1 target<br />

genes regulating energy metabolism (AMF, CAIX), angiogenesis<br />

(VEGF, VEGFR1, VEGFR2), cell motility and<br />

survival (HGF, MET, TGFα, EGFR, IGF2, MMP2, PLAUR,<br />

NIX) was quantified by real time PCR in 78 formalin-fixed<br />

and paraffin-embedded specimens of invasive colorectal carcinomas<br />

and in 10 samples of normal colorectal mucosa. The<br />

aim of this study was to evaluate whether the expression levels<br />

of HIF-1α and/or HIF-1 target genes could be useful as<br />

independent predictors of poor outcome for patients with colorectal<br />

carcinomas. A second purpose was to test the feasibility<br />

of a multi-marker real time PCR assay using archival<br />

tissue blocks to stratify these patients in a low and a high risk<br />

group. Tumor samples were selected in order to include three<br />

groups of patients with different 5-year disease-free survival<br />

rates: 18 colorectal carcinomas with microsatellite instability,<br />

42 colorectal carcinomas without MSI and 18 poorly differentiated<br />

endocrine carcinomas (PDECs).


270<br />

Results. A general up-regulation of HIF-1α and its target genes<br />

was observed in cancer compared with normal samples,<br />

with mRNA expression increases by 2- to 1500-folds. High<br />

levels of HIF-1α were significantly associated with poor histological<br />

grade (p < 0.05) and histological type of PDECs (p<br />

< 0.001). A two-way unsupervised hierarchical clustering applied<br />

to the full expression data stratified all samples in two<br />

main branches: cluster I including “normal-like” cancer samples<br />

and cluster II separating tumor samples with significantly<br />

higher expression levels of all genes examined. This second<br />

group comprised 16 out of 18 PDECs and the univariate<br />

analysis showed a significant decrease of overall survival<br />

for patients of cluster II compared with patients of cluster I<br />

(p < 0.04). The univariate analysis showed that poor overall<br />

survival was significantly correlated with: poor histological<br />

grade (p < 0.002), histological type of PDECs (p < 0.001),<br />

advanced tumor stage (p < 0.001), presence of lymph node<br />

metastases (p = 0.0017), and high expression levels of TGFα<br />

(p < 0.001) and NIX (p < 0.01). The multivariate analysis<br />

showed that advanced stage, presence of lymph node metastases<br />

and high levels of TGFα had an independent effect on<br />

survival (p < 0.006; p < 0.01; p < 0.0006). Gene expression<br />

data were used to calculate a predictive score of overall survival<br />

that stratified the patients in a low and a high risk group<br />

(p < 0.0006).<br />

Conclusions. These findings suggest an up-regulation of the<br />

HIF-1 transcriptional pathway in colorectal carcinomas and<br />

confirm in vivo its association with tumor growth and aggressiveness.<br />

A quantitative real time PCR assay can be used<br />

as a sensitive diagnostic technology to measure mRNA from<br />

archival tissue blocks.<br />

Analisi dell’espressione e dello stato genico di<br />

EGFR nel carcinoma colorettale: confronto<br />

S. Crippa, V. Martin, A. Camponovo, M. Ghisletta, S.<br />

Banfi, L. Lunghi-Etienne, L. Mazzucchelli, M. Frattini<br />

Istituto Cantonale di Patologia, Locarno, Svizzera<br />

Introduzione. Cetuximab è un nuovo farmaco nel trattamento<br />

del carcinoma colorettale metastatico (mCRC). I criteri per<br />

la somministrazione del farmaco includono l’immunoreattività<br />

per EGFR, bersaglio molecolare di cetuximab, nel cancro<br />

primitivo. Tuttavia, il cancro primitivo potrebbe mostrare<br />

un profilo molecolare distinto da quello della rispettiva<br />

metastasi. Scopo del presente lavoro è confrontare il grado di<br />

espressione e lo stato genico di EGFR tra i cancri primitivi e<br />

le rispettive metastasi.<br />

Metodi. Abbiamo analizzato l’espressione proteica tramite il<br />

kit PharmDx (Dako) e lo stato genico di EGFR tramite FISH<br />

utilizzando le sonde LSI EGFR/CEP7 (Vysis) in 32 cancri<br />

primitivi consecutivi e nelle rispettive metastasi (sincrone o<br />

metacrone) di pazienti affetti da mCRC, operati dal 2004 al<br />

2006. Un campione è definito amplificato per EGFR quando<br />

l’amplificazione genica è stata osservata in almeno il 10%<br />

delle cellule. La marcata polisomia è definita quando almeno<br />

3 copie del cromosoma 7 sono osservate in più del 50% delle<br />

cellule. Per ogni campione sono state valutate almeno 100<br />

cellule.<br />

Risultati. A livello immunoistochimico abbiamo osservato<br />

immunoreattività per EGFR in 31 casi (97%). L’espressione<br />

della proteina non cambia confrontando il cancro primitivo<br />

con la rispettiva metastasi. All’indagine FISH effettuata sui<br />

cancri primitivi abbiamo osservato disomia in 11 casi (34%),<br />

POSTERS<br />

marcata polisomia in 13 casi (41%), amplificazione genica in<br />

7 casi (22%) e perdita del cromosoma 7 in 1 caso (3%). Nel<br />

confronto con le rispettive metastasi, 17 casi hanno mostrato<br />

lo stesso pattern, mentre differenze sono state osservate in 15<br />

pazienti. Di questi, 5 casi con polisomia o amplificazione nel<br />

cancro primitivo hanno mostrato disomia o polisomia nelle<br />

metastasi, probabilmente a causa della scarsa rappresentatività<br />

della biopsia; 10 casi con disomia del cromosoma 7 nel<br />

cancro hanno mostrato polisomia o amplificazione di EGFR<br />

nelle metastasi, indice di progressiva deregolazione genica.<br />

Non c’è alcuna correlazione tra stato genico ed espressione<br />

proteica di EGFR.<br />

Conclusioni. I nostri dati indicano che l’indagine FISH limitata<br />

al cancro primitivo può sottostimare il numero di pazienti<br />

potenzialmente rispondenti al trattamento con cetuximab;<br />

pertanto è opportuno esaminare anche il campione metastatico<br />

nei pazienti il cui cancro primitivo mostra disomia<br />

per il cromosoma 7.<br />

Il-6 dependent clusterin-Ku-Bax interactions:<br />

apoptosis inhibition and tumor progression.<br />

New in situ and serological marker<br />

S. Pucci, P. Mazzarelli, F. Sesti, E. Bonanno, L.G. Spagnoli<br />

Department of Biopathology, University of Rome “Tor Vergata”,<br />

Italy<br />

Introduction. Several experimental data have shown a<br />

strong correlation between the presence of the different isoforms<br />

of clusterin and tumoral progression. The disappearance<br />

of the proapoptotic form and the overexpression of the<br />

cytoplasmic isoform marks the transition from normal cell to<br />

neoplastic phenotype. Pro-inflammatory cytokines such as<br />

TGFβ and IL-6 influence the transcription of this protein.<br />

TGFβ influences directly clusterin promoter inducing the activation<br />

of the transcription factor AP1. The action of the IL-<br />

6 on the clusterin gene transcript has not been clarified at<br />

molecular level yet. Several experimental evidences underline<br />

an increased production of IL-6 and TGFβ in tumor progression.<br />

It has been observed that the levels of circulating<br />

IL-6 increases in relationship to tumoral mass.<br />

Methods and results. We have focused our attention on defined<br />

pathways that underlie the promotion, initiation and<br />

progression of colon cancer. In particular we examined the<br />

relationship among IL6, clusterin isoforms expression pattern<br />

shift, Ku and Bax interactions in human colon tumorigenesis.<br />

Besides the acquisition of aggressiveness in colon carcinoma<br />

we observed that the overexpression of the secreted<br />

form (sCLU) and disappearance of the pro apoptotic clusterin<br />

isoform, strongly correlates to the inhibition of apoptosis and<br />

the loss of DNA repair activity of the complex Ku70/80.<br />

Moreover we observed an increase in the level of this protein<br />

in the serum and in stools of colon cancer patients as compared<br />

to the control suggesting a strong realease of sclusterin<br />

in the cripta lumen. Preliminary results obtained by ELISA<br />

confirmed that patients affected by colon cancer have a<br />

strong increase of clusterin in blood and in stools and this<br />

level correlated with the IL-6 level suggesting a possible twin<br />

set of new non invasive diagnostic markers.<br />

Conclusions. Hence, in colon cancer biopsies we found the<br />

loss of Ku80 and Ku70 protein translocated from the nucleus<br />

to the cytoplasm where it sterically inhibits cell death induction.<br />

These interactions in colon tumorigenesis are partially


POSTERS<br />

driven by IL-6 that influence the Clu-Ku-Bax interaction.<br />

These data may provide valuable information on cancer progression<br />

and apoptosis induction in colon carcinoma and<br />

could suggest new strategies in the development of therapeutics<br />

that control apoptosis-related diseases.<br />

Carnitine palmitoyl transferase I in human<br />

carcinomas: a novel role in histone<br />

deacetylation?<br />

P. Mazzarelli, S. Pucci, E. Bonanno, F. Sesti, M. Calvani * ,<br />

L.G. Spagnoli<br />

Dipartimento di Biopatologia, Istituto di Anatomia Patologica,<br />

Università di Tor Vergata, Roma, Italia; * Dipartimento<br />

Scientifico, Sigma Tau S.p.a. Pomezia, Italia<br />

Introduction. Carnitine palmitoyl transferase I (CPT1) catalyzes<br />

the transport of long-chain fatty acids into mitochondria<br />

for β-oxidation. A link between CPT1 and apoptosis has<br />

been suggested on the basis of several experimental data.<br />

Nevertheless, results are contradictory about the effective<br />

role of CPT1 in cell survival control and cancer development.<br />

Conversely, Fatty acid synthase (FAS) enzyme, required<br />

for the synthesis of fatty acids, is found over-expressed<br />

in tumours and inhibition of FAS triggers apoptosis<br />

in human cancer cells.<br />

Methods. We have studied the tumour-specific modulation<br />

of CPT1 and FAS in human colorectal cancer (n = 11) and<br />

271<br />

breast carcinomas (n = 24) by immunohistochemistry on<br />

tissue microarrays. We also performed in vitro experiments<br />

using epithelial neoplastic (MCF-7, Caco-2, HepG2 cells)<br />

and non neoplastic cell lines (MCF-12F), analyzing CPT1<br />

expression by immunocytochemistry and western blot. In<br />

the nuclear environment the protein would modulate the<br />

levels of acetyl/acyl-CoA implicated in the regulation of<br />

gene transcription. To clarify the role of nuclear CPT1,<br />

neoplastic and control cells were treated with inhibitors of<br />

histone deactylase (HDAC), butyrate and trichostatin A.<br />

Then, CPT1 protein expression and the immunoprecipitation<br />

with histone deacetylase protein were evaluated in<br />

treated cells.<br />

Results. CPT1 was significantly decreased in the cytoplasm<br />

of tumoural samples (p ≤ 0.04), whereas FAS was increased<br />

(p ≤ 0.04). A striking CPT1 nuclear localization was evident<br />

in tumours (p ≤ 0.04) and in neoplastic cells. Histone<br />

deacetylase (HDAC) activity showed significantly higher<br />

levels in nuclear extracts from neoplastic than from control<br />

cells. HDAC1 and CPT1 proteins co-immunoprecipitated in<br />

nuclear extracts from MCF-7 cells. Moreover, the treatment<br />

with HDAC inhibitors significantly decreased nuclear expression<br />

of CPT1 and its bond to HDAC1. We also identified<br />

the existence of CPT1A RNA transcript variant 2 in MCF-7,<br />

beside to the classic isoform 1.<br />

Conclusion. The peculiar localization of CPT1 in the nuclei<br />

of human carcinomas and the disclosed functional link<br />

between nuclear CPT1 and HDAC1 propose a new role of<br />

CPT1 in the histonic acetylation level of tumours.


PATHOLOGICA 2007;99:272-276<br />

Flow cytometric analysis of dna ploidy using<br />

oral scrapings of potentially malignant oral<br />

lesions<br />

A. Demurtas * , I. Rostan ** , A. Marsico ** , M. Pentenero, S.<br />

Gandolfo, R. Navone **<br />

Department of Biomedical Sciences and Human Oncology;<br />

Oral Medicine Section and * Pathology Section, University of<br />

Turin, Italy; ** UOADU Pathology 2, ASO “S. Giovanni Battista”,<br />

Turin, Italy<br />

Introduction. Survival rate for oral squamous carcinoma is<br />

not only lower than that of the more common tumours but,<br />

above all, has not improved over the last 25 years, as it is often<br />

diagnosed in advanced stages. Late diagnosis may depend<br />

on the diagnostic difficulty: indeed, the variability of<br />

the histological diagnosis of dysplasia on oral squamous lesions<br />

is higher than in other sites. Moreover, the histo-cytological<br />

findings of oral dysplasia indicate no more that a lesion<br />

has an increased risk of malignant change, but this cannot<br />

used for confident prediction in any individual case, as<br />

carcinoma can develop from lesions in which epithelial dysplasia<br />

has not been diagnosed in previous biopsies. DNA<br />

content has been reported to be a reliable marker in oral oncology<br />

for both malignant and pre-malignant lesions, but intra-tumoral<br />

ploidy heterogeneity is high (12-45% in squamous<br />

cell carcinoma) suggesting that it is far from easy to<br />

analyse correct DNA content on only one specimen. Therefore,<br />

we propose the application of a sampling technique that<br />

uses a dermatological curette to collect cells representative of<br />

the whole visible lesion. Our study included the comparison<br />

of DNA ploidy results and cytological and histological<br />

(scalpel biopsy) diagnosis in potentially malignant oral lesions<br />

(PML).<br />

Material and methods. Scrapings and scalpel biopsies were<br />

obtained from 211 patients with PML. Of these 151 samples<br />

were considered adequate for flow cytometry. Samples were<br />

conserved using both Thin Prep® vials for cytology and microhistology<br />

and saline for flow cytometry. Cytometric assessment<br />

was performed with the cytofluorimeter FACSCalibur<br />

(Becton Dickinson) and the Cycletest Plus DNA<br />

Reagent Kit. A minimum of 20,000 events were acquired for<br />

each sample; the DNA index (D.I.) was elaborated by Mod-<br />

Fit-Software.<br />

Results. Aneuploidy was found in 17/31 (54.8%) squamous<br />

cell carcinoma, 0/6 (0%) verrucous carcinoma, and 34/114<br />

(29.8%) premalignant lesions: 24/48 (50.0%) dysplastic and<br />

10/66 (15.1%) non-dysplastic lesions. A significant difference<br />

in the aneuploidy rate was linked to the presence of dysplasia<br />

(p = 0.004), irrespective of its grade.<br />

Conclusions. The cell material used for exfoliative cytology<br />

of the oral cavity may be used for further studies. In particular,<br />

the DNA test may provide useful informations in the diagnosis<br />

of oral PML. Should aneuploidy be present in lesions<br />

with no morphological evidence of dysplasia, it may be well<br />

of prognostic value.<br />

Patologia orale<br />

Correlazioni tra citologia esfoliativa e<br />

microistologia del cavo orale: analisi di una<br />

nuova metodica di prelievo<br />

A. Marsico, I. Rostan, P. Burlo ** , M. Pentenero * , S. Gandolfo<br />

* , R. Navone<br />

Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana<br />

dell’Università di Torino, Sezione di Anatomia Patologica e<br />

di * Medicina Orale, e ** S.C. Anatomia Patologica 1, ASO<br />

“San Giovanni Battista”, Torino<br />

Introduzione. La sopravvivenza del carcinoma orale (38% a<br />

5 anni in Italia) non è migliorata nell’ultimo ventennio e l’incidenza<br />

(> 500.000 nuovi casi/anno a livello mondiale) è in<br />

aumento anche in Paesi industrializzati (UK, Francia). La<br />

diagnosi tardiva può dipendere da difficoltà diagnostiche: in<br />

particolare, è frequente che il prelievo isto-citopatologico<br />

non sia rappresentativo della lesione. Poiché è noto che carcinomi<br />

possono svilupparsi da lesioni orali potenzialmente<br />

maligne (PML) in cui precedenti biopsie non avevano mostrato<br />

evidenza morfologica di displasia, sarebbe importante<br />

un “campionamento” che interessi tutte le zone sospette,<br />

comprese quelle sinora considerate “a basso rischio”. Scopo<br />

dello studio è l’analisi di un metodo di prelievo innovativo<br />

che, oltre all’esame citologico in “strato sottile” ed all’analisi<br />

della ploidia del DNA, consente l’esame istologico sui microfrustoli<br />

“accidentali” ottenuti con questa metodica, campionando<br />

una superficie molto più ampia di quella ottenibile<br />

con la sola biopsia chirurgica (“scalpel biopsy”).<br />

Metodi. In 138 pazienti affetti da PML orali abbiamo eseguito<br />

un prelievo con una curette dermatologica (AcuDispo<br />

Curette, Acuderm inc.). Il materiale è stato posto parte in<br />

Thin Prep per l’esame citologico e microistologico, parte in<br />

soluzione fisiologica per l’analisi del DNA. Ogni paziente è<br />

stato inoltre sottoposto a biopsia chirurgica della lesione.<br />

Risultati. In 3 casi il materiale per la microistologia non era<br />

adeguato per un giudizio diagnostico. Nei restanti 135 casi la<br />

diagnosi finale è stata di 73 casi positivi per displasia o carcinoma<br />

e 62 negativi. La più alta percentuale di casi positivi<br />

(70/73) è stata fornita dalla microistologia, seguita dalla<br />

“scalpel biopsy” (63/73) e dalla citologia (61/73).<br />

Conclusioni. La curette, rispetto ad altre metodiche, non solo<br />

consente di ottenere una maggiore quantità di cellule degli<br />

strati profondi utilizzabili per l’esame citologico e la ploidia<br />

del DNA, ma permette di ottenere dei microfrustoli utilizzabili<br />

per l’esame istologico. Data la superficie più ampia di<br />

prelievo e la possibilità di prelievi multipli, la sensibilità della<br />

metodica è superiore sia all’esame citologico che alla biopsia<br />

chirurgica tradizionale. La “microistologia” potrebbe<br />

pertanto essere un efficiente test, da affiancare alla citologia<br />

come esame di 1° livello, riservando alla “scalpel biopsy” il<br />

ruolo di esame di 2° livello per i casi positivi o sospetti e per<br />

i casi aneuploidi.


POSTERS<br />

Studio clinicopatologico, immunoistochimico<br />

e ultrastrutturale di 2 casi di carcinomi<br />

mioepiteliali a cellule chiare delle ghiandole<br />

salivari<br />

N.S. Losito * , G. Botti * , F. Ionna ** , G. Pasquinelli *** **** , M.<br />

Bisceglia ****<br />

Dipartimenti di * Patologia Clinica e di ** Otorinolaringoiatria,<br />

Istituto Nazionale Tumori, Fondazione “G. Pascale”,<br />

Napoli; *** Dipartimento di Patologia Clinica, Università di<br />

Bologna, Policlinico “S. Orsola”, Bologna; **** Dipartimento<br />

di Patologia Clinica, IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza”,<br />

San Giovanni Rotondo<br />

Introduzione. Cellule chiare (CC) risultano ben descritte<br />

nella composizione di mioepiteliomi benigni e di quelli maligni,<br />

o carcinomi mioepiteliali (CM), delle ghiandole salivari,<br />

a volte come componente parziale, a volte come componente<br />

esclusiva o prevalente. Sono stati però finora pubblicati<br />

in letteratura in totale solo 13 casi appartenenti a questa seconda<br />

categoria, di cui 10 a carico della parotide, 1 della sottomandibolare,<br />

e 2 di ghiandole salivari minori (1: palato; 1:<br />

seno mascellare) 1 2 . Abbiamo osservato 2 casi di CM a CC<br />

della ghiandola sottomandibolare (GS), entrambi analizzati<br />

con indagini immunoistochimiche e ultrastrutturali.<br />

Materiali, metodi, e risultati. Aspetti clinicopatologici. Caso<br />

1. Donna di 67 anni, affetta da una tumefazione dura e fissa<br />

ai piani contigui in sede sottomandibolare sinistra, presente<br />

da molti anni e in rapido accrescimento da pochi mesi. Intervento<br />

di scialoadenectomia radicale: neoplasia solida di 10<br />

cm, di colorito grigiastro in sezione. Caso 2. Donna di 64 anni,<br />

affetta da una tumefazione dura e fissa in sede sottomandibolare<br />

sinistra, comparsa da 6 mesi, diagnosticata come<br />

mioepitelioma-NOS a cellule chiare su agobiopsia perorale,<br />

preoperatoria. Intervento di scialoadenectomia radicale: neoplasia<br />

solida di 6 cm, di colorito giallastro in sezione.<br />

Esame istologico. Le neoplasie, in entrambi i casi, sono risultate<br />

costituite di cellule di grossa taglia, di aspetto chiaro,<br />

ricche di glicogeno (PAS+/PASD-), con pattern prevalente<br />

cordonale e trabecolare nel 1° caso e lobulo-alveolare solido<br />

nel 2°, infiltranti le parti molli adiacenti. Franche atipie, elevato<br />

indice mitotico (10 M:10 HPF), mitosi atipiche, e focolai<br />

di necrosi, in entrambe. Nel 1° caso, anche, sparsi focolai<br />

di metaplasma squamosa, abbondante matrice mixoialina, ed<br />

evidenza di un’area di un residuo tumore misto benigno; una<br />

metastasi linfonodale.<br />

Esame immunoistochimico. In entrambi i casi: positività per<br />

vimentina, proteina S-100, calponina, alpha-SMA, p63, CK-<br />

AE1/AE3, CK14, CK34Beta-E12; negatività per GFAP, Hcaldesmon,<br />

e desmina; negatività per CK7 e CK8.<br />

Esame ultrastrutturale. In entrambi i casi, nelle cellule: glicogeno<br />

libero, filamenti intermedi di tipo vimentinico, e microfilamenti<br />

contrattili di actina; tra cellule adiacenti: desmosomi;<br />

all’esterno: lamina basale pluristratificata commista<br />

a proteoglicani.<br />

Diagnosi differenziali considerate. Mioepitelioma benigno,<br />

carcinoma monomorfo a CC, carcinoma epi-mioepiteliale,<br />

carcinoma a CC ialinizzante, oncocitoma a CC, metastasi di<br />

carcinoma renale a CC. Diagnosi finali. Sulla base della documentata<br />

differenziazione ibrida, epiteliale e mioide, nello<br />

stesso citotipo, è stata posta diagnosi di carcinoma mioepiteliale,<br />

variante a CC, “ex tumore misto” il primo, “de novo” il<br />

secondo.<br />

Conclusioni e follow-up. Il CM a CC delle ghiandole salivari<br />

è molto raro. I 2 casi qui presentati sono il 2° e 3° in assoluto<br />

a sede nella GS, uno dei quali (caso 1) è il primo in assoluto<br />

insorto su adenoma pleomorfo, ed entrambi sono i primi casi<br />

studiati sul piano ultrastrutturale. Nel CM-CC il decorso è altamente<br />

aggressivo e la prognosi infausta. Nei nostri casi: recidiva<br />

locale dopo 3 anni nel 1° caso; rapida recidiva locale in<br />

pochi mesi nel 2° caso con invasione di strutture vitali, scarsa<br />

risposta alla radioterapia, exitus entro 16 mesi.<br />

Bibliografia<br />

1 Michal M, et al. Histopathology 1996;28:309-15.<br />

2 Savera AT, et al. Am J Surg Pathol 2000;24:761-74.<br />

273<br />

Correlazione tra espressione di proteine<br />

“chromosomal passenger” e parametri<br />

clinico-prognostici nei pazienti affetti da<br />

carcinoma squamoso del cavo orale<br />

P. Bufo, F. Sanguedolce, A. Santoro, M.C. Pedicillo, L. Lo<br />

Muzio * , C. Rubini ** , G. Pannone<br />

Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Sezione di Anatomia<br />

Patologica, Università di Foggia; * Dipartimento di Scienze<br />

Chirurgiche, Sezione di Patologia Orale, Università di Foggia;<br />

** Istituto di Anatomia patologica, Università di Ancona<br />

Introduzione. Le proteine “chromosomal passenger” (IN-<br />

CENP, chinasi Aurora-B e survivin) sono coinvolte nel corretto<br />

espletamento dell’evento mitotico, in quanto svolgono<br />

ruoli integrati in un complesso macromolecolare che regola<br />

la condensazione e la segregazione dei cromosomi, ed infine<br />

la citochinesi.<br />

Di queste, l’importanza della survivin nella cancerogenesi<br />

umana è stata ormai acclarata da numerosi studi, mentre la<br />

correlazione tra l’espressione delle altre proteine del gruppo<br />

è molto meno nota. Recenti evidenze sperimentali suggeriscono<br />

un ruolo di Aurora B nella cancerogenesi del distretto<br />

urogenitale maschile e della tiroide. Non esistono a tutt’oggi<br />

dati circa l’espressione genica di Aurora B nel carcinoma<br />

squamoso del cavo orale (OSCC).<br />

Materiali e metodi. L’espressione della proteina Aurora B è<br />

stata analizzata in 105 casi di OSCC mediante metodica standard<br />

immunoistochimica LSAB-HRP (linked streptavidinbiotin<br />

horseradish peroxidase), con anticorpo policlonale<br />

(NB100-294, Novus Biologicals); di tutti i pazienti sono stati<br />

raccolti i dati clinico-patologici e il follow-up a 5 anni.<br />

L’espressione proteica delle proteina e della sua forma attiva<br />

fosforilata è stata inoltre valutata mediante Western Blotting<br />

su 6 linee cellulari di OSCC di differente grado istologico e<br />

1 linea cellulare di cheratinociti normali.<br />

Risultati. In tutti i casi esaminati la proteina era significativamente<br />

iperespressa se paragonata all’epitelio normale. La<br />

valutazione statistica mediante analisi univariata ha dimostrato<br />

una correlazione significativa tra espressione di Aurora<br />

B e stadio clinico avanzato (p < 0,05). È stato inoltre rilevato<br />

un incremento dell’espressione proteica nei tumori meno<br />

differenziati, sebbene non statisticamente significativo. Il<br />

Western Blotting ha dimostrato in tutte le linee di OSCC un<br />

incremento statisticamente significativo di espressione di<br />

Aurora e della sua forma attiva variabile dall’81 al 90% (p <<br />

0,05).<br />

Conclusioni. I nostri risultati dimostrano l’iperespressione<br />

genica di Aurora B e la sua attivazione nel carcinoma squamoso<br />

del cavo orale.<br />

Oltre ad un possibile ruolo prognostico della molecola, è ipotizzabile<br />

anche un potenziale impiego clinico delle proteine


274<br />

“chromosomal passenger” come bersaglio terapeutico grazie<br />

ai crescenti sviluppi della ricerca oncofarmacologica nel<br />

campo degli inibitori chinasici.<br />

Espressione di NIS in tessuti normali e<br />

neoplastici delle ghiandole salivari<br />

S. Lega, A. Farnedi, T. Ragazzini, K.J. Rhoden * , R. Cocchi<br />

** , G. Farneti *** , C. Marchetti **** , M.P. Foschini<br />

Sezione di Anatomia Patologica ed Istocitopatologia, Università<br />

di Bologna, Ospedale “Bellaria”, Bologna; * U.O.<br />

Genetica Medica, Dipartimento Medicina Interna, Cardioangiologia<br />

ed Epatologia, Università di Bologna; ** U.O.<br />

di Chirurgia Maxillo-Facciale, Ospedale “Bellaria”, Bologna;<br />

*** U.O. di Otorinolaringoiatria, Ospedale di Budrio,<br />

Bologna; **** Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche,<br />

Chirurgia Maxillo-Facciale Università di Bologna<br />

Introduzione. La proteina “sodium/iodide symporter” (NIS)<br />

è una glicoproteina di membrana che consente il trasporto di<br />

Iodio (I-) all’interno della cellula. La sua espressione è nota<br />

in tessuti tiroidei, normali e neoplastici. Recentemente si è<br />

evidenziato che NIS è espressa anche in altri organi, tra i quali<br />

sono comprese le ghiandole salivari. Scopo del presente lavoro<br />

è di studiare l’espressione del NIS in tessuti normali e<br />

neoplastici delle ghiandole salivari.<br />

Materiali e metodi. Ventisette casi di neoplasie benigne e<br />

maligne delle ghiandole salivari ed il relativo tessuto ghiandolare<br />

normale adiacente, sono stati selezionati dall’archivio<br />

dell’Anatomia Patologica dell’Università di Bologna, all’Ospedale<br />

“Bellaria” (Bologna). I tessuti sono stati fissati in<br />

formalina ed inclusi in paraffina. Da blocchetti selezionati si<br />

sono ottenute sezioni per la colorazione immunoistochimica<br />

con anticorpo anti NIS (hNIS Ab-1-Clone FP5A, Neo-<br />

Markers-LabVision Corporation, Fremont, Ca. diluzione<br />

1:200).<br />

Risultati. Tessuto normale: NIS è espresso in sede baso-laterale<br />

della membrana plasmatica delle cellule luminali dei<br />

dotti striati, mentre è risultato negativa nelle cellule acinari.<br />

Nel tessuto parotideo NIS è espresso da tutte le cellule dei<br />

dotti striati, mentre nella ghiandola sottomandibolare e nelle<br />

ghiandole salivari minori l’espressione è limitata dal 60<br />

all’80% delle cellule.<br />

Neoplasie: NIS è espresso nella porzione baso-laterale della<br />

membrana plasmatica delle cellule che rivestono le cavità cistiche<br />

del tumore di Warthin (positività in 3/3 casi) e nel caso<br />

di oncocitoma (positività in 1/1 caso). Inoltre sono risultate<br />

positive rare cellule in un caso di adenoma pleomorfo (positività<br />

in 1/3 casi). Tra le neoplasie maligne solo il carcinoma<br />

mucoepidermoide ha evidenziato cellule positive (positività<br />

in 7/10 casi). La positività era localizzata alla membrana<br />

plasmatica di cellule epidermoidi ed intermedie. Sono risultate<br />

negative tutte le restanti neoplasie maligne incluse nello<br />

studio: carcinoma cinico (3 casi) carcinoma adenoideo-cistico<br />

(4 casi), carcinoma mioepiteliale (1 caso), carcinoma<br />

squamoso (2 casi).<br />

Conclusioni. Il presente studio conferma che nelle ghiandole<br />

salivari NIS è espressa nei dotti striati ed evidenzia<br />

che l’espressione è maggiore nel tessuto parotideo rispetto<br />

alle altre ghiandole salivari. NIS compare nelle neoplasie<br />

che presentano differenziazione analoga ai dotti striati,<br />

quali tumore di Warthin, oncocitoma e carcinoma mucoepidermoide.<br />

POSTERS<br />

Ameloblastic fibro-odontoma. A case report<br />

N. Scibetta, L. Marasà<br />

Servizio di Anatomia Patologica, ARNAS “Civico, Di Cristina,<br />

Ascoli”, Palermo, Italia<br />

Introduction. Ameloblastic fibrodontoma (AFO) is a rare<br />

mixed epithelial-mesenchymal odontogenic neoplasm, in<br />

which the mesenchymal compartment resembles the connective<br />

tissue of the dental papilla, while the epithelial component,<br />

composed of islands of cells with stellate reticulum, resembles<br />

early enamel organ developement, and with varyng<br />

degrees of inductive change and dental hard tissue formation.<br />

Clinically this neoplasm behaves as a slow-growing, well-encapsulated,<br />

benign lesion and it is frequently asyntomatic.<br />

Methods. A 14 years-old boy displayed an asymptomatic<br />

swelling in the left mascella. There was no history of local<br />

trauma or infection. The initial panoramic radiograph revealed<br />

a well defined, radiolucent region which contained<br />

several radiopaque bodies of varing sizes and shapes. The lesion<br />

was treated conservatly as a benign tumor by curettage.<br />

The specimen was processed and paraffin embedded. Sections<br />

were stained with H&E, PAS.<br />

Immunoistochemical staining was performed with antibodies<br />

to cytokeratin AE1-AE3, vimentin.<br />

An unerupted tooth was grossly present.<br />

Results. Microscopically the tumor was composed of soft and<br />

hard tissues. The soft tissue component was represented by an<br />

immature connective tissue with stellate-shaped fibroblasts<br />

reminiscent of the dental papilla; within this background there<br />

were cords of cuboidal to columnar epithelial cells, reminiscent<br />

of the early stages of enamel organ development.<br />

The hard tissue component consisted of dental hard structures,<br />

enamel, dentin, and cementum arranged haphazard.<br />

The diagnosis of AFO was performed for the presence of<br />

mineralized dental hard tissue products.<br />

Conclusions. Many authors reported that AFO is not aggressive<br />

and can be treated adequately through a surgical curettage<br />

to the lesion. In the literature recurrences have been<br />

rarely described, alone two cases of malignant transformation<br />

have been described. The innocuous behavior of these<br />

tumors does not justify more aggressive management. In the<br />

event of a recurrence, the resection may be more extensive<br />

and includes a margin of normal bone.<br />

We have reported a case of AFO treated conservatly by a excisional<br />

biopsy. 6 months after enucleation there was no sign<br />

of recurrence, but further periodic examination are regarded<br />

as necessary.<br />

Loss of expression of TGF-beta1, TbetaRI,<br />

TbetaRII and involucrin correlates with oral<br />

squamous cell carcinoma grade and clinical<br />

stage<br />

L. Artese, A. Piattelli, G. Mincione * , G. Vianale * , M. Piccirilli,<br />

V. Perrotti, C. Rubini ** , R. Muraro *<br />

Department of Stomatology and Oral Science, * Department<br />

of Oncology and Neurosciences, University “G. d’Annunzio”<br />

of Chieti-Pescara, Chieti, Italy; ** Department of Pathology,<br />

University of Ancona, Italy<br />

Introduction. Aim of the study was to define and correlate<br />

the expression levels of TGF-β1, TGF-β type I, type II re-


POSTERS<br />

ceptors (TβRI, TβRII) and involucrin with the clinico-pathological<br />

characteristics of the oral squamous cell carcinomas.<br />

Moreover, we investigated on two squamous carcinoma cell<br />

lines the responsiveness to TGF-b1 treatment in relation to<br />

the baseline expression patterns of TbRI and TbRII receptors.<br />

Methods. Immunohistochemistry was performed from 22<br />

oral carcinomas and their corresponding normal mucosae using<br />

antibodies against TGF-β1, TβRI, TβRII and involucrin.<br />

TGF-β1, TβRI and TβRII expression levels were also evaluated<br />

by Western blot analysis using specific antibodies.<br />

Results. TGF-β1, TGF-β receptors and involucrin were differentially<br />

expressed in neoplastic tissues as compared to the<br />

surrounding apparently unaffected normal epithelia. The<br />

TGF-β1 system and involucrin were expressed in normal epithelia<br />

of all patients. In contrast, in the neoplastic tissues a<br />

loss of expression of TGF-β1, TGF-β1 receptors and involucrin<br />

was observed. The reduction of the expression was correlated<br />

with the clinical stage of disease, decreasing progressively<br />

from stage I to stage IV. In addition, a correlation between<br />

TGF-β1 system molecules/involucrin expressions and<br />

grade of differentiation of the tumor was observed. In all cases,<br />

TGF-β1, TGF-β1 receptors and involucrin expressions<br />

were significantly diminished in G3 and G2 tumors as compared<br />

to G1 lesions. Moreover, our results demonstrated a reduced<br />

and a lack of TbRI expression in the oral squamous<br />

carcinoma cell lines Cal27 and FaDu respectively. In addition,<br />

a significant decrease of TbRII expression, as compared<br />

to Cal27 cells, was shown in FaDu cell line. The decreased<br />

expression of TbRII and the absence of TbRI, could account<br />

for the resistance of FaDu cells to the growth-inhibiting effect<br />

of TGF-b1 in vitro treatments.<br />

Conclusion. In OSCC, the loss of TGF-β1, TGF-β1 receptors<br />

and involucrin expression significantly correlated with<br />

the grade of differentiation and with the clinical stage of the<br />

tumor. Thus, the decrease of expression of the TGF-β1 system<br />

molecules, associated to advanced and more aggressive<br />

tumors, suggests a functional role of these molecules in the<br />

oral tumor progression. Moreover, results from in vitro studies<br />

suggest that alterations in TGF-b1 receptors expression<br />

could represent one of the mechanisms that allow cells to<br />

evade TGF-b1-induced growth arrest.<br />

P16 expression in odontogenic tumors<br />

L. Artese, A. Piattelli, C. Rubini * , V. Perrotti, G. Iezzi, M.<br />

Piccirilli, F. Carinci **<br />

Department of Stomatology and Oral Science, University<br />

“G. d’Annunzio” of Chieti-Pescara, Chieti, Italy; * Department<br />

of Pathology, University of Ancona, Italy; ** Departemnt<br />

of D.M.C.C.C., Section of Maxillofacial Surgery, University<br />

of Ferrara, Italy<br />

Introduction. The odontogenic tumors (OTs) are uncommon<br />

lesions. The p16 gene was discovered as a multiple tumor<br />

suppressor gene, which directly regulates the cell cycle and<br />

inhibits cell division. The aim of the present study was to examine<br />

the expression of p16 in OTs with a low and a high risk<br />

of recurrences, to clarify the possible role of this factor in the<br />

invasiveness of these tumors.<br />

Methods. The tissues of 36 OTs were evaluated: 2 calcifyng<br />

cystic OTs, 2 odontogenic fibromas, 9 ameloblastomas-unicystic<br />

type, 4 ameloblastomas-extraosseous/peripheral type,<br />

19 ameloblastomas-solid/multicystic type To evaluate the<br />

p16 expression a mean percentage of positive cells was de-<br />

275<br />

termined, derived from the analysis of 100 cells in ten random<br />

areas at x 40 magnification. To better evaluate the relationship<br />

between p16 expression and prognosis, the tumors<br />

were divided in 2 groups according to the clinical behavior.<br />

A. OTs with low risk of recurrences (i.e. calcifyng cystic<br />

OTs, odontogenic fibromas, ameloblastomas-unicystic type,<br />

ameloblastomas-extraosseous/peripheral type); B. OTs with<br />

high risk of recurrences (i.e. ameloblastomas-solid/multicystic<br />

type).<br />

Results. P16 was expressed in all the OTs but the location of<br />

the expression was different. Group A: the positivity was expressed<br />

at the level of the stellate reticulum cells in 15 cases<br />

(88.23%), while these cells were negative in 2 case (11.76%).<br />

Columnar/cuboidal peripheral cells were almost negative in<br />

all cases. Group B: it was possible to observe a prevalent positivity<br />

of the stellate reticulum cells in 12 cases (85.71%),<br />

while in 2 cases a prevalent negativity (14.28%) was present.<br />

Columnar/cuboidal peripheral cells were positive in 6 cases<br />

(42.85%), while were prevalently negative in 8 cases<br />

(57.14%). Statistically difference was found in p16 expression<br />

of peripheral cells with an increase of the expression in<br />

group A compared to group B (p < 0.05). Statistically significant<br />

difference was found in p16 positive expression of the<br />

central cells of OTs with a decrease of the expression in<br />

group A compared to group B (p < 0.05).<br />

Conclusion. The study show a correlation between the p16<br />

expression and biological behavior of OTs. The peripheral<br />

portion of the tumors (i.e. the areas of tumor growth) shows<br />

a statistically significant higher quantity of p16+ cells in the<br />

group of tumors with a high risk of recurrences. p16 can be<br />

considered an useful marker to predict the recurrence and aggressive<br />

behavior of OTs.<br />

Sialolipoma della sottomandibolare: case<br />

report<br />

P. Parente, F. Castri, I. Pennacchia, G. Bigotti, F. Federico,<br />

A. Coli, G. Massi<br />

Istituto di Anatomia Patologica, Università Cattolica del Sacro<br />

Cuore, Roma<br />

Introduzione. Le neoplasie a componente adipocitaria delle<br />

ghiandole salivari sono rare (0,5% circa) e sono rappresentate<br />

dal lipoma e dalle forme miste. Nel 2001 Nagao descrive<br />

una nuova variante istologica denominata sialolipoma. Riportiamo<br />

il primo caso di sialolipoma a insorgenza nella<br />

ghiandola sottomandibolare.<br />

Case report. Una donna di 77 anni viene operata per l’asportazione<br />

di una neoformazione solida non dolente in zona<br />

retromandibolare adiacente alla ghiandola salivare, ben capsulata<br />

e non infiltrante le strutture anatomiche circostanti.<br />

Materiali e metodi. Il materiale è stato tutto incluso e sezionato<br />

e colorato in Ematossilina Eosina. All’esame macroscopico<br />

la neoplasia era compatta, capsulata e omogenea e giallastra<br />

al taglio, del diametro di 2 cm, adiacente ma non infiltrante<br />

la ghiandola salivare. Istologicamente la neoformazione<br />

era composta da una proliferazione di adipociti maturi tipici,<br />

privi di mitosi e necrosi, tra i quali erano rare strutture<br />

ghiandolari con aspetti di differenziazione oncocitaria, circondata<br />

da una capsula fibrosa dalla quale partivano sottili<br />

introflessioni conferenti alla neoplasia un aspetto settato.<br />

Discussione. Le neoplasie con componente adipocitaria delle<br />

ghiandole salivari sono il lipoma e i tumori misti. Nagao<br />

descrive un istotipo particolare caratterizzato dalla presenza


276<br />

di rare strutture ghiandolari all’interno della proliferazione<br />

adipocitaria, il sialolipoma, di cui sono stati descritti finora in<br />

letteratura 12 casi, di cui uno congenito, ma tutti intraparotidei.<br />

Il nostro caso è il primo descritto di sialolipoma della<br />

ghiandola sottomandibolare. La presenza della capsula fibrosa<br />

esclude, infatti, la lipomatosi e una diagnosi di involuzione<br />

ghiandolare; la presenza di rare strutture ghiandolari la<br />

diagnosi di lipoma o adenolipoma, l’assenza di componente<br />

mesenchimale (osso, cartilagine, tessuto fibroso o vasolare)<br />

POSTERS<br />

di tumore misto. Le caratteristiche oncocitarie della componente<br />

ghiandolare in assenza di infiltrato infiammatorio contrastano<br />

con l’ipotesi di una differenziazione in tal senso della<br />

quota epiteliale a seguito di una stimolazione flogistica,<br />

come accade in altri organi, deponendo per un’insorgenza<br />

“de novo”.<br />

Conclusioni. Il caso descritto in questo report è il primo in<br />

letteratura di sialolipoma ad insorgenza nella ghiandola sottomandibolare.


PATHOLOGICA 2007;99:277-278<br />

Fibroma ossificante psammomatoide dello<br />

sfenoide con estensione all’orbita ed alla<br />

base del cranio<br />

V. Arena, P. Andreotta * , F. De Giorgio ** , G. Monego *** , E.<br />

Arena, A. Evangelista, A. Capelli<br />

Istituto di Anatomia Patologica; * Istituto di Radiologia;<br />

** *** Istituto di Medicina Legale; Istituto di Anatomia Umana,<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma<br />

Introduzione. Il fibroma ossificante è una rara lesione fibroossea<br />

benigna. L’età media alla diagnosi è 31 anni con un<br />

range che va da 3 a 63 anni ed una ratio maschi:femmine pari<br />

a 1:1.6. Si localizza tipicamente a livello delle ossa craniofaciali<br />

con una particolare predilezione per la mandibola nel<br />

75-89% dei casi. Meno comunemente sono convolte l’orbita,<br />

i seni paranasali o l’osso mascellare. Per evitare la recidiva è<br />

raccomandata l’escissione totale.<br />

Metodi. Riportiamo un caso di una fibroma ossificante dello<br />

sfenoide con massiva estensione locale. Si tratta di una donna<br />

di 70 anni con una recente storia di algia cranio-faciale ed<br />

edema periorbitale con episodi di epistassi e senso di ostruzione<br />

nasale. La signora non lamentava disturbi del gusto né<br />

della visione. L’esame endoscopico delle cavità nasali mostrava<br />

deviazione del setto a destra e secchezza della mucosa.<br />

Una RM del cranio ha evidenziato una massa ovoidale<br />

con caratteri espansivi-infiltrativi nei confronti dello sfenoide<br />

e del clivus, che occupava interamente il seno sfenoidale<br />

e si estendeva anteriormente alle celle etmoidali posteriori,<br />

alla porzione posteriore del setto nasale e dei turbinati superiore<br />

e medio sx infiltrando la parete mediale del seno mascellare.<br />

A sx infiltrava l’apice orbitario circondando il nervo<br />

ottico sx e la grande ala dello sfenoide. La formazione si<br />

estendeva poi in sede sellare e parasellare infiltrando il seno<br />

cavernoso di destra. Le dimensioni totali della massa erano di<br />

4,7 (AP) x 4,2 (LL) x 2,6 (CC). Il radiologo in prima istanza<br />

suggeriva l’ipotesi di un carcinoma a partenza dal seno sfenoidale.<br />

Veniva così effettuata una biopsia che mostrava una<br />

neoplasia relativamente monomorfa, con pattern di crescita<br />

prevalentemente solido-nodulare con presenza di calcificazioni<br />

di aspetto irregolare che talora ricordavano i cementicoli.<br />

Vi erano altresì aree di aspetto mixoide e sporadici elementi<br />

gigantocellulari. Il quadro morfologico appariva coerente<br />

con un fibroma ossificante aggressivo psammomatoide.<br />

Risultati e conclusioni. Riconoscere tale variante è fondamentale<br />

sia per la corretta caratterizzazione nosologica della<br />

malattia sia perché si tratta di una lesione con potenziale aggressivo<br />

e con capacità invasive e distruttive locali. Ad un<br />

anno dall’intervento di asportazione della massa, stante la<br />

difficoltà di accesso chirurgico la lesione è ancora presente<br />

con marcata estensione loco-regionale e riduzione dell’ampiezza<br />

della cisterna prepontina.<br />

Patologia ossea<br />

Descrizione di un caso di<br />

emangioendotelioma maligno epitelioide<br />

osseo complicato da infarto intestinale:<br />

diffusione angiotropica mesenterica o<br />

neoplasia multifocale?<br />

V. Arena, P. Andreotta * , F. De Giorgio ** , G. Monego *** , E.<br />

Arena, A. Capelli<br />

Istituto di Anatomia Patologica; * Istituto di Radiologia;<br />

** *** Istituto di Medicina Legale; Istituto di Anatomia Umana,<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma<br />

Introduzione. L’emangioendotelioma (EHE) osseo è una<br />

neoplasia relativamente poco osservata nella routine anatomo-patologica<br />

e solitamente la “prima” diagnosi che viene<br />

formulata è quella di una metastasi da carcinoma, solitamente<br />

sostenuta da un quadro radiologico di multiple lesioni<br />

osteolitiche.<br />

Metodi. Descriviamo di seguito un caso giunto alla nostra<br />

osservazione di un paziente di sesso maschile di 76 anni che<br />

per l’insorgenza di una sintomatologia dolorosa ossea ingravescente<br />

si sottoponeva alle indagini del caso. Il quadro radiologico<br />

mostrava multiple lesioni osteolitiche diffuse a tutto<br />

lo scheletro con particolare concentrazione delle stesse a<br />

livello degli arti superiori. La biopsia su una delle lesioni<br />

omerali documentava una proliferazione di elementi cellulari<br />

di grossa-media taglia, talora binucleati, senza evidenza di<br />

un pattern di crescita specifico. Tali elementi neoplastici permeavano<br />

la struttura ossea compresa nel prelievo. Le indagini<br />

immunoistochimiche mostravano una positività per pancitocheratine,<br />

Vimentina, parzialmente per CD68 ed una marcata<br />

immunoreattività per CD31. Sulla base delle evidenze<br />

morfologiche-cliniche ed immunoistochimiche è stata posta<br />

diagnosi di emangioendotelioma epitelioide maligno. A distanza<br />

di qualche giorno dal prelievo osseo il paziente veniva<br />

operato d’urgenza per un addome acuto e sottoposto ad intervento<br />

chirurgico di ileoresezione per infarto intestinale; a<br />

livello delle diramazioni vascolari del viscere asportato si è<br />

potuta documentare la presenza di multipli elementi neoplastici<br />

di natura emangioendoteliomatosa, senza però che la<br />

morfologia potesse aiutare nell’esprimersi sulla primitività<br />

vascolare intestinale o sulla natura metastatica di quanto osservato<br />

poiché si osservavano sia emboli neoplastici che proliferazioni<br />

a partenza dalla parete endoteliale.<br />

Conclusioni. A differenza dei tumori ad insorgenza nei tessuti<br />

molli, l’esperienza clinica e prognostica della controparte<br />

ossea dell’EHE rimane ancora ad oggi limitata. Per le lesioni<br />

dei tessuti molli è riportato un 30% di metastatizzazione<br />

mentre sono molto scarsi i report di emangioendoteliomi<br />

epitelioidi ossei in cui sia accertata la metastatizzazione. Il<br />

caso da noi presentato appare sicuramente insolito per la presentazione<br />

clinica e pone un interrogativo difficilmente risolvibile<br />

se non si sia di fronte ad una neoplasia multifocale già<br />

all’esordio.


278<br />

Cranio-axial chordomas. A 15-year clinicopathological<br />

experience at the “Casa Sollievo<br />

della Sofferenza” hospital<br />

M. Bisceglia * , C. Clemente * , M. Vairo * , L. Di Candia * , G.<br />

Giannatempo ** , M. Bianco *** , V.A. D’Angelo *** G. Pa-<br />

* ****<br />

squinelli<br />

Departments of * Pathology, ** Radiology, and *** Neurosurgery,<br />

IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza” Hospital, San<br />

Giovanni Rotondo, Italy; **** Department of Clinical Pathology,<br />

Policlinico “S. Orsola” Hospital, Bologna, Italy<br />

Introduction. Chordoma (CD) is a rare, slowly growing, malignant<br />

tumor with phenotypic epithelial features arising<br />

from notochordal rests, and occurring in several anatomic locations.<br />

Axial skeleton involvement from the clivus to the tip<br />

of coccyx is the standard, but even heterotopic CD are on<br />

record (paraxial-lateral bone and soft tissue occurrence). CD<br />

represents only 1% to 4% of all primary bone tumors 1 . The<br />

yearly estimated incidence is < 1 case per million individuals,<br />

and most large general hospitals see 1 case every 1-2<br />

years. CD is a tumor of adults and the elderly (peak incidence:<br />

VI decade) and very rare under 20 years. Both sexes<br />

are affected. The clinical presentation is diverse and related<br />

to the tumor location. Histological variants have been described:<br />

i.e., atypical, anaplastic, spindle cell, and dedifferentiated<br />

(DD) – with 53 cases on record of the latter as either<br />

primary or secondary to radiation 2 .<br />

Design. The clinicopathologic records of 24 total CDs seen<br />

over the last 15 years, focusing on their histologies, were reviewed.<br />

All cases underwent imaging studies. The age ranged<br />

from 9 years to 80 years (mean 47.5 years); 4 of them occurred<br />

under 30 years of age (1 case in the I and 3 in the III<br />

decade). Male to female ratio was 11:13. All patients complained<br />

of diverse site-based symptomatology. The tumor location<br />

was cranial in 13 cases, vertebral in 6, and sacral in 4;<br />

1 case was heterotopic (maxillary bone). All cases underwent<br />

surgery or needle biopsy. 6 cases had multiple biopsy (preoperative;<br />

recurrence; regional metastasis). Tumor size<br />

ranged from 2 (maxillary bone) to 15 cm (sacral). All cases<br />

were histologically diagnosed and immunoistochemically assessed.<br />

3 cases were examined by electron microscopy (EM).<br />

1 case was left with uncertain diagnosis (sacral CD vs. h.g.<br />

myxoid chondrosarcoma) and excluded from this review.<br />

Results. At histology a classic pattern was seen in 19 cases.<br />

Atypical or anaplastic features were seen in 4 cases. 1 case<br />

with anaplastic features was mainly a primary DD-CD of the<br />

POSTERS<br />

T9 vertebra. Immunohistochemistry (vimentin, EMA, S-100<br />

pr, CK w.s. + ty) was of support in all cases and decisive in<br />

some. EM was of invaluable help in 1 intracranial chondroid<br />

CD, and in 1 L5 vertebral CD with marked epithelial features<br />

by showing the classical RER-mitochondrial complexes and<br />

other suggestive features; focal rhabdomyosarcomatous differentiation<br />

in the DD-CD was also first recognized on EM.<br />

The differential diagnosis often included metastatic mucinous<br />

carcinoma; metastatic renal cell carcinoma was considered<br />

in the L5 vertebral case; pleomorphic sarcoma was first<br />

suspected in the DD-CD.<br />

Conclusions. CD should always be suspected in any case of<br />

epithelial-looking tumors with extracellular myxoid matrix<br />

or mucocellular features involving the cranioaxial skeleton.<br />

Metastatic carcinoma both mucinous and non-mucinous may<br />

be mimicked by CD. Chondroid CD and DD-CD might be<br />

undistinguishable from myxoid chondrosarcoma and other<br />

sarcomas.<br />

References<br />

1 Dorfman HD, Czerniak B. Bone Tumors. St Louis, MO: Mosby 1998,<br />

p. 1139-52.<br />

2 Bisceglia M, et al. Ann Diagn Pathol 2007, in press.<br />

Metastasis of high grade renal cell<br />

carcinoma, clear cell type, in fibrous<br />

dysplasia with superimposed giant cell<br />

reparative granuloma<br />

C. Rizzardi, M. Schneider, M. Melato<br />

DIA di Anatomia Patologica e Medicina Legale, Università<br />

di Trieste, Trieste, Italia<br />

A case of monostotic fibrous dysplasia in a 54-year-old man<br />

complaining of severe pain in the right hip is presented.<br />

Imaging findings demonstrated an extremely aggressive lesion<br />

involving bones, liver, lungs, and lymph nodes, and suggested<br />

the possibility of sarcomatous transformation. Histological<br />

examination established a diagnosis of metastatic<br />

high grade renal cell carcinoma, clear cell type, and demonstrated<br />

the presence of superimposed giant cell reparative<br />

granuloma. It is a rare example of giant cell reparative granuloma<br />

arising in a long bone and in association with fibrous<br />

dysplasia. The clinical, radiographic, and histopathologic<br />

features of fibrous dysplasia and giant cell reparative granuloma<br />

are reviewed.


PATHOLOGICA 2007;99:279-280<br />

Amartoma mesenchimale del fegato. Una<br />

variante inusuale<br />

R. Devito, R. Boldrini, F. Gennari * , P. Bagolan ** , V. Nobili<br />

*** , F. Callea<br />

Servizio di Anatomia Patologica; * DMCEGN; ** U.O.C. Chirurgia<br />

Neonatale; *** U.O.C. Epatologia Ospedale “Bambino<br />

Gesù”, Roma<br />

Introduzione. L’amartoma mesenchimale del fegato è una<br />

rara lesione benigna che colpisce prevalentemente i bambini<br />

al disotto dei due anni di vita. Si presenta in forma solida e<br />

cistica ed è costituito istologicamente da una commistione di<br />

tessuto mesenchimale, dotti biliari ed epatociti con associate<br />

strutture vascolari ed emopoiesi extramidollare. Presentiamo<br />

un caso, evidenziato in epoca prenatale ed asportato subito<br />

dopo la nascita, che mostra un inusuale aspetto morfologico<br />

della componente epatocitaria.<br />

Metodi. la lesione del diametro massimo di 8 cm è stata campionata<br />

estensivamente e colorata routinariamente con ematossilina-eosina,<br />

PAS e PAS-D ed immunoistochimicamente<br />

con CK7, Vimentina, Desmina, CD34. Un piccolo campione<br />

è stato allestito per l’esame ultrastrutturale.<br />

Risultati. L’esame morfologico evidenziava una lesione costituita<br />

da elementi mesenchimali stellati, immersi in uno<br />

stroma lasso con aree di degenerazione cistica, nel cui contesto<br />

erano evidenti strutture duttali di forma bizzarra e irregolare,<br />

reminescenti la malformazione della lamina duttale. Gli<br />

epatociti erano di grandi dimensioni con citoplasma chiaro,<br />

intensamente PAS positivo. All’esame ultrastrutturale vi corrispondeva<br />

un ricco corredo di glicogeno che ne occupava<br />

tutto il citoplasma dislocando gli organuli alla periferia. Tale<br />

pattern di glicogeno non era osservato nel fegato perilesionale.<br />

La componente mesenchimale mostrava positività per Vimentina<br />

e Desmina e negatività per CD34. Le strutture duttali<br />

mostravano positività per CK7.<br />

Conclusioni. Negli epatociti intralesionali di questo amartoma<br />

mesenchimale è presente accumulo di glicogeno che risparmia<br />

invece gli epatociti perilesionali. L’accumulo può riflettere<br />

alterazione del metabolismo del glicogeno, acquisito<br />

nello sviluppo della lesione da cloni epatocitari “sequestrati”.<br />

Coeliac disease associated with<br />

trimethylaminuria<br />

A. Salerno, P. Alvisi * , A. Lambertini * , P. Minelli * , A. Bondi<br />

Servizio di Anatomia Patologica; * Unità Operativa di Pediatria,<br />

Ospedale Maggiore, Azienda AUSL Bologna, Italia<br />

Introduction. TMA is a rare inherited autosomal recessive<br />

disease. The condition results from mutations affecting the<br />

flavin-containing monooxygenase 3 (FMO3) gene 1 . The mutation<br />

causes the impairment of hepatic trimethylamine oxidation.<br />

TMA or “fish odour syndrome” is determined by the<br />

excessive excretion into the body fluids and the breath of<br />

trimethylamine originating from the enterobacterial<br />

metabolism of dietary precursors. The disorder becomes apparent<br />

when food containing high amount of choline (fish,<br />

cheese, liver, etc.) are introduced into the diet.<br />

Patologia pediatrica<br />

Methods. A 9-year old girl with trimethylaminuria (TMA)<br />

came to the hospital complaining of abdominal pain. A complete<br />

examination was performed.<br />

Results. Blood tests were positive for antibodies against<br />

gliadin (AGA), endomysium (EMA) and transglutaminase<br />

(TG). HLA analysis revealed the presence of double-dose<br />

DQB1 * 02 (01-02) allele. A duodenal biopsy showed no evident<br />

villous atrophy, but the intraepithelial lymphocytic<br />

count (IEL) was more than 25/100 enterocytes. The morphological<br />

and immunophenotypic features were consistent<br />

with Type I coeliac disease (Marsh and Oberhuber classification).<br />

Conclusion. Coeliac disease (CD) is a common autoimmune<br />

disease characterized by an immune response to ingested<br />

gluten. CD is strongly associated with HLA-DQ2 and HLA-<br />

DQ8 molecules 2 . CD has been reported in association with<br />

many other diseases. However, as far as we know this is the<br />

first case of CD associated with TMA ever reported in literature.<br />

References<br />

1 Chalmers RA, et al. J Inherit Metab Dis 2006;29:162-72.<br />

2 Monsuur AJ, et al. Ann Med 2006;38:578-91.<br />

Human and murine Omenn syndrome: thymic<br />

disorganization leads to autoimmunity<br />

P.L. Poliani, V. Marrella * , F. Rucci * , M. Ravanini, A. Villa<br />

* , L.D. Notarangelo ** , F. Facchetti<br />

Department of Pathology, University of Brescia, Italy; * Human<br />

Genome Department, Istituto di Tecnologie Biomediche,<br />

CNR, Segrate, Milan, Italy; ** Division of Immunology, Children’s<br />

Hospital, Harvard Medical School, Boston, Massachusetts,<br />

USA<br />

Introduction. Omenn syndrome (OS) is a severe immunodeficiency<br />

characterized by autoimmune manifestations due to<br />

the presence of oligoclonal activated T cells mainly infiltrating<br />

skin and gut. Mutations in Recombination Activating<br />

Genes 1 and 2 (RAG1 and RAG2) cause a spectrum of severe<br />

immunodeficiencies ranging from classical T - B - SCID to OS.<br />

While it is well-established that the specific genetic defect in<br />

either of the RAG genes is the first determinant of the clinical<br />

presentation in OS, less is known about the pathogenesis<br />

of the autoimmune manifestations. Negative selection of autoreactive<br />

T cell clones during development take place in the<br />

thymus. We have previously shown that altered expression of<br />

self-antigens and deficiency of Autoimmune Regulator Element<br />

(AIRE) expression in thymi obtained from OS patients<br />

can contribute to the pathogenesis of autoimmune manifestations,<br />

suggesting a dysregulation in central tolerance 1 . In order<br />

to get clues into this issue we studied thymic organization<br />

in both human and murine OS.<br />

Methods. We have recently generated and characterized a<br />

murine OS model, carrying Rag2 mutations (R229Q) 2 , that<br />

well recapitulate the human disease. Paraffin embedded<br />

thymic samples from both human and murine Rag2 R229Q/R229Q<br />

model have been extensively analyzed focusing on the expression<br />

of different thymic epithelial cell (TEC) markers<br />

(cytokeratins 5 and 8, p63, UEA, MTS10 and Claudin-4) and


280<br />

molecule that have been described to be involved in the immune-regulation<br />

(AIRE).<br />

Results. Both in human and in murine OS thymi showed a<br />

overall lymphoid depletion with severe architectural disorganization,<br />

lack of corticomedullary demarcation and defect in<br />

forming mature Hassal bodies. Interestingly, despite the presence<br />

of a large amount of CK5+, CK8+, p63+ TEC forming a<br />

diffuse epithelial network throughout the thymic parenchyma,<br />

there was a complete absence of the AIRE+ Claudin-4+ TEC<br />

subset, known to be involved in the development of central tolerance<br />

in the normal thymus. Moreover, real time expression<br />

analysis of tissue antigens mRNAs expressed by TEC cells revealed<br />

a severe decrease of transcripts encoding for self-antigens.<br />

Conclusions. Interaction between developing thymocytes and<br />

thymic stromal cells is essential to optimal expression of AIRE<br />

and of tissue-specific transcripts by medullary TEC, and hence<br />

to negative selection. Our data suggest that in OS the defective<br />

T cell maturation impair thymocytes-epithelial cell interactions<br />

with consequent loss of Aire + Claudin-4+ TEC subset.<br />

This results in impaired expression of tissue antigens by TEC<br />

leading to abnormal negative T cell selection. Autoreactive T<br />

cell clones, escaping thymic negative selection, reach target<br />

tissues and can lead to autoimmune manifestation.<br />

References<br />

1 Cavadini P, et al. J Clin Investigation 2005;115:728-32.<br />

2 Marrella V, et al. J Clin Investigation 2007;117:1260-9.<br />

POSTERS


PATHOLOGICA 2007;99:281-286<br />

Patologia prenatale e neonatale<br />

CD105 (endoglin) expression in human fetal<br />

and neonatal lung: an immunohistochemical<br />

study<br />

V. Barresi, E. Vitarelli, A. Ieni, M. Grosso<br />

Dipartimento di Patologia Umana, Università di Messina,<br />

Italia<br />

Introduction. CD105 (endoglin) is a 180 KDa glycoprotein,<br />

mainly expressed on endothelial cells of newly formed vessels<br />

in regenerating, inflamed or neoplastic tissues. Its expression<br />

is up-regulated by the hypoxia inducible factor 1<br />

(HIF-1), a potent stimulator of VEGF expression. The relative<br />

hypoxic environment in which fetal lung develops<br />

favours HIF-1 dependent gene expression, including the<br />

CD105 and VEGF ones. Herein, we analysed CD105 immunoexpression<br />

in the human neonatal and fetal lung at midand<br />

late gestation.<br />

Methods. Lung samples were obtained at autopsy from 14<br />

fetuses (15-41 wks), 7 pre-term infants and 2 term infants.<br />

Specimens were formalin fixed, paraffin embedded and cut<br />

into 4 µm sections for histological evaluation and immunohistochemical<br />

procedure. After pre-treatment with proteinase<br />

K (S3020, Dako), sections were incubated overnight at 4 °C<br />

with CD105 primary monoclonal antibody (clone SN6h, w.d.<br />

1:50, Dako).<br />

Results. In the fetuses, at glandular stage CD105 was evidenced<br />

in peri-tubular mesenchymal stem cells and in the endothelia<br />

of peri-bronchial vessels in normal lungs, whereas<br />

immunoreaction was limited to stem cells in the hypoplasic<br />

lungs. At canalicular stage, CD105 was expressed by the peribronchial<br />

vessels in normal lungs, whereas it was present only<br />

in the stem cells of a hypoplasic lung and absent in a fetus<br />

with Down syndrome and in one with severe cardiac malformations.<br />

At saccular and alveolar stages, CD105 antibody labelled<br />

endothelia of the alveolar capillaries and of peribronchial<br />

vessels. No immunoreaction was encountered in<br />

lungs of an IUGR fetus and in a fetus with massive pulmonary<br />

haemorrhage. In preterm infants CD105 stain was<br />

observed in alveolar capillaries and in peri-bronchial vessels;<br />

nonetheless, in an infant with alveolar capillary dysplasia<br />

(ACD) and in a macrosomic infant (born of a diabetic mother)<br />

CD105 expression was restricted to peri-bronchial vessels.<br />

Lungs of term infants both displayed atelectasia; no immunoexpression<br />

was evidenced in one case, whereby the endothelia<br />

of peri-bronchial vessels were stained in the other.<br />

Conclusions. Our study suggests CD105 role in pulmonary<br />

vascular system development. Maintenance of CD105 expression<br />

in the lung vessels up to term suggests that lung vasculogenetic<br />

process endures throughout gestation. CD105 absence,<br />

total or within the alveolar capillaries at late gestation,<br />

may reflect lung vasculogenesis disorders in some pathologic<br />

conditions.<br />

Potenziali effetti avversi degli steroidi sulla<br />

maturazione polmonare del neonato: caso<br />

clinico<br />

B. Zappacosta, A. Colasante, G. Lattanzio, R. Zappacosta,<br />

M. Piccolomini, S. Magnasco, T. D’Antuono, D. Angelucci<br />

Istituto di Anatomia Patologica, Ospedale Clinicizzato “SS.<br />

Annunziata”, Chieti<br />

Introduzione. La maggior parte degli studi concernenti gli<br />

effetti della somministrazione esogena di glucocorticoidi sulla<br />

maturazione polmonare neonatale è stata condotta utilizzando<br />

modelli animali; in essi è stata dimostrata l’abolizione<br />

dello sviluppo del processo di alveolazione ed alveolizzazione<br />

(formazione della parete alveolare e del network capillare).<br />

Riportiamo la prima descrizione di alterazioni polmonari<br />

da deficit maturativo dopo terapia corticosteroidea nell’uomo.<br />

Metodi. Una lattante di circa tre mesi era ospedalizzata per<br />

crisi dispnoiche e deceduta a 48 ore dal ricovero dopo una<br />

crisi di iperpiressia. In anamnesi era riferita terapia farmacologica<br />

di più settimane con cortisone. Il quadro radiologico<br />

escludeva una polmonite interstiziale cronica. La SO 2 era del<br />

98%. Si eseguiva riscontro diagnostico autoptico.<br />

Risultati. Lo studio istologico del tessuto polmonare mostrava<br />

un aspetto prevalentemente sacculare associato ad alveologenesi<br />

incompleta e ridotta alveolizzazione. L’interstizio<br />

presentava ispessimento con ipernucleosi, massiva presenza<br />

di elementi istiocitari (CD68+), assenza di fibrosi ed edema.<br />

Gli istiociti risultavano pressoché assenti a livello alveolare.<br />

Le indagini di morfologia molecolare con anticorpi anti-<br />

CD20, CD3 e CD8 escludevano una significativa e patologica<br />

presenza di elementi linfoidi (< 1 linfocita/100 cellule). Il<br />

TTF-1 mostrava l’interstizio ricco di pneumociti di II tipo<br />

con scarsa presenza a livello delle pareti alveolari. Al contrario,<br />

gli pneumociti di I tipo (CKAE-1+) erano evidenti sia<br />

nelle pareti alveolari che nell’interstizio. In tale ultimo comparto<br />

gli anticorpi anti-CD31 e anti-CD34 segnalavano abbondanza<br />

di microvasi e cellule angiogeniche. La bambina<br />

aveva un pannicolo adiposo notevolmente ispessito, specie in<br />

corrispondenza del dorso-collo (facies cushingoide), in assenza<br />

di anomalie macro e microscopiche surrenaliche ed<br />

ipofisarie.<br />

Conclusioni. Lo studio istologico dei polmoni della bimba<br />

mostrava un alterato processo di alveolazione ed alveolizzazione.<br />

Si poteva escludere con certezza una polmonite interstiziale/polmonite<br />

cellulare dei bambini per assenza di infiltrato<br />

flogistico linfoplasmacellulare e granulocitario. Era, invece,<br />

verosimile una displasia broncopolmonare. Tale patologia,<br />

inizialmente descritta nel prematuro, è possibile anche<br />

nei bambini nati a termine in relazione a prolungate terapie<br />

farmacologiche con glucocorticoidi 1 2 . Nel caso in esame, data<br />

l’assenza di patologia ipofisaria e/o surrenalica, il rapporto<br />

con la terapia steroidea appare molto suggestivo.<br />

Bibliografia<br />

1 Massaro D, et al. Am J Physiol Lung Cell Mol Physiol 2002;282:345-<br />

58.<br />

2 Kovar J, et al. J Appl Physiol 2005;98:881-8.


282<br />

La placenta: da diario della gravidanza a<br />

anamnesi del neonato. Corioamnionite<br />

istologica (HCAM) nel nato pretermine<br />

S. Chiarelli, S. Pizzi, E. D’Alessandro, G.F. Fais * , S. Vedovato<br />

** , D. Gharapetian, V. Zanardo **<br />

Dipartimento di Scienze Medico Diagnostiche e Terapie Speciali,<br />

Anatomia Patologica I, Università di Padova, Azienda<br />

Ospedaliera di Padova; * Dipartimento di Scienze Ginecologiche<br />

e della Riproduzione Umana, Università di Padova,<br />

Azienda Ospedaliera di Padova; ** Dipartimento di Pediatria,<br />

Università di Padova, Azienda Ospedaliera di Padova<br />

Introduzione. Una nota definizione vede la placenta quale<br />

“diario della gravidanza” e suggerisce un’ottica materna. Noi<br />

privilegiamo l’ottica fetale e il ruolo della placenta nella<br />

anamnesi del nato vivo, in particolare del nato altamente pretermine.<br />

Considerando la HCAM, è noto che l’opportunità ed<br />

utilità dello staging in rapporto all’outcome neonatale aveva<br />

incontrato perplessità e scettici. Di fatto lo staging proposto<br />

da Naye nel 1981 ha trovato scarsa o nulla applicazione. Per<br />

contro appare probabile che lo staging proposto recentemente<br />

da Redline et al. possa trovare riscontro nella pratica corrente.<br />

Metodi. Dal 2000 le placente di tutti i nati vivi a < 32 s.g.<br />

presso la Clinica Ostetrica e ricoverati presso la terapia intensiva<br />

neonatale sono state esaminate presso il Servizio di<br />

Anatomia Patologica I in modo omogeneo. Stante il dibattito,<br />

abbiamo scelto di porre una diagnosi istologica dettagliata<br />

di HCAM, riferita alle singole strutture anatomiche,<br />

così da permettere di incrociare i dati in un futuro anche<br />

molto lontano. La nostra esperienza di collaborazione prospettica<br />

è ora di oltre 400 placente/neonati altamente prematuri.<br />

Scopo della presentazione è: 1) focalizzare la problematica<br />

metodologica ed in particolare: esame macroscopico, esame<br />

urgente al congelatore, prelievi multipli di membrane e funicolo,<br />

colorazioni speciali e immunoistochimica; 2) correlare<br />

i dati di HCAM con l’outcome neonatale, in particolare con<br />

danno respiratorio acuto e cronico e cerebrale.<br />

Risultati. Circa un quarto dei nati altamente prematuri presenta<br />

HCAM, e tra questi in circa metà è di alto grado/stadio<br />

(su 287 casi consecutivi 68 presentavano HCAM, 26/68<br />

grado 3, e 35/68 stadio 3 sec. Naye). I nostri dati confermano<br />

una correlazione tra HCAM e danno respiratorio, in particolare<br />

con displasia broncopolmonare. Per quanto riguarda<br />

il danno neurologico, questo era presente in 39/287 di<br />

cui 24/219 senza HCAM e 15/68 con HCAM. Non abbiamo<br />

riscontrato correlazione tra HCAM e IVH né tra danno cerebrale<br />

e gravità della HCAM (grado 2-3 vs. 1 e stadio 2-3<br />

vs. 1).<br />

Conclusioni. Questa incidenza della HCAM impone la nostra<br />

attenzione e la percentuale di HCAM estesa all’amnios ci<br />

sembra giustificare una suddivisione in base all’integrità dell’epitelio,<br />

ultima barriera tra madre e nascituro. Riteniamo<br />

che la HCAM vada dettagliatamente stadiata per poter definire<br />

correttamente il dato anamnestico. Per quanto riguarda<br />

lo staging della risposta fetale sottolineiamo in particolare<br />

l’importanza dell’esame macroscopico del funicolo e come<br />

prelievi multipli mostrino una variabilità di grading e staging.<br />

Il confronto con i dati neonatali evidenzierà quali patologie<br />

e deficit possano essere correlati ad una infezione già<br />

contratta in utero.<br />

Giardiasi e malaria: un agguato tra i villi<br />

A. Zambon, S. Marinello * , M. De Pieri * , G.F. Fais, S.<br />

Chiarelli **<br />

Dipartimento di Scienze Ginecologiche e della Riproduzione<br />

Umana, Università di Padova, Azienda Ospedaliera di Padova;<br />

* Scuola di Specializzazione in Malattie Infettive, Università<br />

di Padova, Azienda Ospedaliera di Padova; ** Dipartimento<br />

di Scienze Medico Diagnostiche e Terapie Speciali,<br />

Anatomia Patologica I, Università di Padova, Azienda Ospedaliera<br />

di Padova<br />

Introduzione. Villi intestinali e villi coriali hanno molto in<br />

comune, non solo il nome. Giardia e Plasmodium sono entrambi<br />

protozoi, entrambi frequenti in Paesi extracomunitari.<br />

Stante l’incremento dei viaggi e soprattutto della immigrazione,<br />

il problema si pone con crescente frequenza. Entrambi<br />

possono sfuggire alla valutazione istologica.<br />

Metodi. Giardiasi: presentiamo 3 casi recenti, diagnosticati<br />

nell’arco di 15 mesi. Donne, di 27, 5, 11 anni, due extracomunitarie.<br />

Riesaminiamo la problematica istologica, clinica e<br />

laboratoristica in particolare rapportata al sospetto di celiachia<br />

e alla transglutaminasi.<br />

Malaria: donna nigeriana di 27 anni. Nessun esame eseguito<br />

in gravidanza prima del ricovero, con iperpiressia e dolori<br />

addominali. Parto spontaneo alla 35 + 6 s.g., nato vivo e vitale.<br />

Il reperto nella placenta delle tipiche emazie nel sangue<br />

materno ci ha indotti a riesaminare insieme i dati anamnestici,<br />

clinici e laboratoristici del caso specifico in questa paziente<br />

e il problema della malaria in gravidanza in generale e<br />

l’incidenza in Europa.<br />

Discussione. In Italia i casi di malaria notificati erano circa<br />

1.000 nel 2000, di cui il 78% nelle regioni del Nord. Il 70%<br />

dei casi è peraltro nel sesso maschile. Nel Veneto i casi di<br />

malaria notificati sono passati da 137 nel 1993 a 236 nel<br />

2001 1 . Pertanto i casi che possono presentarsi al patologo in<br />

placenta sono ancora eccezionali. Usualmente, in aborti e<br />

placenta, la nostra attenzione è focalizzata sui vasi dei villi e<br />

sul sangue del feto: può sfuggire la diagnosi.<br />

Conclusioni. La Giardiasi è ben nota al patologo dei villi, eppure<br />

sfugge ancora. La malaria in placenta è un problema<br />

nuovo in Europa. La crescente incidenza della malaria di importazione<br />

implica una maggior attenzione di tutti a questa<br />

patologia. Il patologo, in particolare nei pazienti immigrati,<br />

può essere il primo filtro per la diagnosi.<br />

Guardiamo i villi sì, ma anche tra i villi: i protozoi sono in<br />

agguato.<br />

Bibliografia<br />

1 Gruppo di lavoro ULSS 9 Treviso, ULSS 17 Este, ULSS 20 Verona,<br />

Ospedale di Negrar.<br />

Gemelli siamesi ischiopagi con esencefalia<br />

POSTERS<br />

A. Cappellini, V. Lucchini, G. Cattoretti, M.S. Cuttin<br />

Dipartimento di Patologia Clinica, U.O. di Anatomia Patologia<br />

e Citologia Diagnostica, Università di Milano “Bicocca”,<br />

Azienda Ospedaliera “S. Gerardo”, Monza<br />

Introduzione. Osservazione di un caso interessante e “spettacolare”<br />

di gemelli siamesi ischiopagi con exencefalia e oloprosencefalia<br />

a livello di un gemello sirenomielico e massa di<br />

tessuto nervoso con reazione angiomatosa a livello dell’altro


POSTERS<br />

gemello con voluminosa laparoschisi e pentalogia di Cantrell.<br />

Metodi. Esecuzione di esame autoptico fetopatologico mirato<br />

alla complessità delle malformazioni, seguito da esame<br />

istologico dei diversi organi e delle formazioni cerebrali.<br />

Risultati. In sintesi i risultati dell’esame fetopatologico sono:<br />

placenta monocoriale monoamniotica, fusione ischiosacrococcigea<br />

dei due feti e riscontro in un gemello di Quadro<br />

di Pentalogia di Cantrell (erniazione di fegato, milza, visceri<br />

addominali e cuore), acrania con abbozzo teratomatoso dell’encefalo,<br />

pelvi con 2 arti e reni con displasia cistica, genitali<br />

esterni di tipo maschile e presenza di testicoli. L’altro gemello<br />

presenta ano imperforato e genitali ambigui, assenza di<br />

reni. La fusione con l’altro gemello comporta assenza di pelvi<br />

e presenza di abbozzo di arti inferiori fusi con quadro di sirenomelia.<br />

Presenta inoltre acrania con oloprosencefalia alobare.<br />

L’analisi istologica del tessuto cerebrale e meningi del<br />

I gemello mostra un aspetto pseudoangiomatoso delle meningi<br />

e un aspetto tele angectasico della corteccia cerebrale<br />

con persistenza con persistenza sottocorticale di tessuto nervoso<br />

immaturo di tipo sostanza germinale.<br />

Conclusioni<br />

Il quadro osservato è di un complesso malformativo secondario<br />

a sindrome del cordone corto (lime body wall sindrome).<br />

Sofferenza fetale acuta da rottura spontanea<br />

intrauterina della vena ombelicale<br />

F. Di Nuovo, P. Uboldi, M. Spinelli<br />

Dipartimento di Patologia, A.O. “G. Salvini”, Servizio di<br />

Anatomia e Istologia Patologica, Ospedale “S. Corona”,<br />

Garbagnate Milanese, Milano<br />

Introduzione. La rottura della vena ombelicale è una rara patologia<br />

che si manifesta con incidenza pari a 1:5.000 nascite<br />

e può determinare morte intrauterina nel 50% dei casi se non<br />

si interviene immediatamente; condiziona inoltre ematoma<br />

del cordone ombelicale. L’etiologia è sconosciuta sebbene<br />

siano noti diversi fattori di rischio quali infezioni, abnorme<br />

lunghezza del cordone, anomalie congenite della parete venosa,<br />

post-maturità del feto e lacerazioni iatrogene del funicolo<br />

durante amniocentesi o funicolocentesi.<br />

Materiali. Una donna gravida di 32 anni, alla prima gravidanza,<br />

si è presentata in travaglio precoce alla 38° settimana<br />

di gravidanza. Il monitoraggio fetale aveva evidenziato sofferenza<br />

fetale acuta in atto, pertanto veniva effettuato il parto<br />

cesareo d’urgenza. Il liquido amniotico appariva marcatamente<br />

ematico.<br />

Le condizioni materne post-partum erano normali. La neonata<br />

mostrava innalzamento di SGOT, SGPT e LDH, nonché<br />

una marcata riduzione delle piastrine; inoltre il fluido<br />

gastrico risultò positivo per E. Coli così come il tampone<br />

auricolare risultò positivo per Stafilococco epidermis. Durante<br />

il 3° giorno la neonata aveva accusato distress respiratorio<br />

con polipnea e bradicardia, e nel sospetto di una coagulopatia<br />

è stata trasferita in unità intensiva pediatrica dalla<br />

quale è stata dimessa dopo 10 giorni in buone condizioni<br />

di salute.<br />

Risultati e conclusioni. La placenta pesava 480 g, il cordone<br />

ombelicale misurava 48 cm di lunghezza, era edematoso ed<br />

emorragico con falsi nodi ed ampio ematoma per una estensione<br />

di 8 cm; le membrane erano rossastre e i cotiledoni mostravano<br />

focali aree biancastre e rare microcalcificazioni. L’esame<br />

istologico di sezioni seriate dell’area comprendente l’e-<br />

matoma del funicolo evidenziava rottura della parete della vena<br />

ombelicale. La placenta mostrava uno sviluppo compatibile<br />

con il terzo trimestre di gravidanza. Pur rappresentando un<br />

evento raro, la rottura della vena ombelicale è una condizione<br />

ad alto rischio di sofferenza fetale, richiede un’immediata diagnosi<br />

clinico-ecografica ed un intervento rapido ed adeguato al<br />

fine di evitare la morte intrauterina del feto.<br />

Bibliografia<br />

1 Seoud M, Aboul-Hosn L, Nassar A, Khalil A, Usta I. Spontaneous<br />

umbilical cord hematoma: a rare cause of acute fetal distress. Am J<br />

Perinatol 2001;18:99-102.<br />

Profili di espressione proteica in encefali di<br />

feti con trisomia 21 e correlazioni cliniche<br />

283<br />

G. Merone, F.S. Zeppetella Del Sesto, M. Mangiapia, M.<br />

Giordano, F. Ventre, R. Vecchione, M. D’Armiento<br />

Dipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Sezione<br />

di Anatomia Patologica, Università “Federico II” di<br />

Napoli<br />

Introduzione. La sindrome di Down (SD) è caratterizzata da<br />

anomalie somatiche, ritardo mentale e demenza precoce. I<br />

soggetti che sopravvivono oltre la terza decade sviluppano<br />

una forma di demenza correlata ad alterazioni neuropatologiche<br />

sovrapponibili a quelle della malattia di Alzheimer (AD)<br />

determinate dal deposito di amiloide Aβ nel tessuto cerebrale.<br />

Pertanto l’encefalo dei soggetti SD è considerato un modello<br />

naturale per lo studio della AD.<br />

Una delle proteine che rivestono un ruolo nel metabolisimo<br />

dell’APP e quindi nella patogenesi delle lesioni della AD è la<br />

secretasi BACE2 che mappa sulla regione critica del cromosoma<br />

21.<br />

Nei soggetti SD l’espressione di tale proteina potrebbe risultare<br />

alterata ed implicata nello sviluppo delle anomalie della<br />

corticogenesi in essa osservate come nella formazione dei depositi<br />

di amiloide Aβ. Pertanto lo scopo del presente lavoro è<br />

di determinare l’espressione e la regionalizzazione delle proteine<br />

APP e BACE2 negli encefali dei feti SD e negli encefali<br />

di adulti AD.<br />

Metodi. Da una casistica di 700 autopsie perinatali sono stati<br />

selezionati 46 feti di età gestazionale media di 22 settimane,<br />

di cui 24 con trisomia 21 citogeneticamente accertata, 22<br />

controlli ed un controllo patologico adulto. Sono stati eseguiti<br />

prelievi secondo le Linee Guida dell’AFIP su cui sono<br />

state effettuate colorazioni di routine ed immunoistochimiche<br />

con anticorpi anti-BACE2 ed anti-APP.<br />

Risultati. L’immunoblot delle proteine ha dimostrato una<br />

espressione significativamente maggiore rispetto ai controlli.<br />

Lo studio morfologico ha rilevato una sostanziale overespressione<br />

delle due proteine negli encefali SD rispetto ai<br />

controlli, ma con diversa distribuzione nelle varie aree encefaliche.<br />

BACE2 è stata localizzata elettivamente nei neuroni<br />

del piatto corticale, cellule di Cajal-Rezius, neuroni del corno<br />

d’Ammone, ependima e strato granulare subpiale. Negativo<br />

invece è risultato il neuroepitelio subventricolare. Viceversa<br />

APP è risultato positivo nel neuroepitelio subventricolare<br />

della zona marginale e della zona intermedia, nello strato<br />

granulare subpiale e nell’ependima.<br />

Nell’adulto il pattern di espressione delle due proteine è risultato<br />

sovrapponibile a quello fetale.<br />

Conclusioni. L’overespressione delle proteine in esame, unitamente<br />

alla peculiare regionalizzazione, potrebbe suggerire


284<br />

un coinvolgimento, in particolare di BACE2, sia nei disturbi<br />

della migrazione sia nella patogenesi delle alterazioni neuropatologiche<br />

dell’AD.<br />

Pathology of IUGR by study of growth<br />

factors and apoptosis markers<br />

M. Mangiapia, G. Maruotti * , G. Merone, I. Ventre, F. Ventre,<br />

F.P. D’Armiento, M. D’Armiento<br />

Dipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Sezione<br />

di Anatomia Patologica, Università “Federico II” di<br />

Napoli; * Dipartimento di Ginecologia ed Ostetricia, Università<br />

“Federico II” di Napoli, Italia<br />

Introduction. Intrauterine growth restriction (IUGR) could<br />

be associated with congenital anomalies, frequently with vascular<br />

placental pathology, sometimes with maternal pathology<br />

(early-onset preeclampsia).<br />

We will study organs and placentas by perinatal autopsies<br />

performed by a standardized autoptic protocol (by malformated<br />

and not cases) of IUGR cases and control cases.<br />

For each case, we will confirm IUGR and diagnosis paraffin<br />

blocks of representative areas of the lesion will be selected<br />

(principally brain, kidney, lung – markers of development and<br />

maturation – and placenta) to evaluate morphogenetic alterations<br />

and apoptosis of placenta of fetus and of pregnancies<br />

with preeclampsia/liveborn IUGR and controls.<br />

Methods. Organs and pacental sections were obtained from<br />

women with early-onset preeclampsia/liveborn IUGR (n. 11)<br />

and in controls (n. 18). Trophoblast’s apoptosis into placenta<br />

was quantified evaluating bcl-2, PARP 1 and Apaf-1 apoptosis<br />

markers; placental’s morphogenetic alterations was evaluated<br />

with HGF/c-met/STAT3 cascade (by immunohistochemistry<br />

and RNA extraction).<br />

Results. We found two patterns of placental development IU-<br />

GR-related: 1) accelerated maturation and 2) delayed maturation<br />

(“terminal villous deficiency” mixed with mild persisting<br />

immaturity). Unexpectly, trophoblast apoptosis was<br />

not increased in preeclampsia/IUGR significantly (p > 0.05);<br />

HGF/c-met/STAT3 cascade was completely altered in severe<br />

IUGR patients with placentas showing terminal villous deficiency<br />

(p < 0.05).<br />

Conclusions. This review focuses on different roles of trophoblast<br />

apoptosis into placenta and show the role of HGF/cmet/STAT3<br />

cascade in the onset of pregnancies with<br />

preeclampsia/IUGR.<br />

Expression of homeobox genes in placentas<br />

with thrombophilias: significant<br />

overexpression of HOX-A2 gene<br />

F. Castiglione, A.M. Buccoliero, F. Garbin, C.F. Gheri, F.<br />

Mecacci * , D. Moncini, D. Rossi Degl’Innocenti, M. Paidas<br />

** , G.L. Taddei<br />

Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia Azienda<br />

Ospedaliera Universitaria Careggi, Firenze; * Dipartimento<br />

di Ginecologia e Perinatologia e Fisiopatologia della Riproduzione<br />

Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, Firenze;<br />

** Yale University USA<br />

Homeobox genes (HOX) are a family of regulatory genes<br />

that encode nuclear proteins (homeoproteins) which act as<br />

POSTERS<br />

transcription factors. These homeoproteins have the autoregulation<br />

ability and also regulate other homeobox genes.<br />

Homeoproteins can either activate or inactivate downstream<br />

genes acting on transcription phase.<br />

Although initially described as control genes regulating pattern<br />

formation in developing embryos, homeobox genes are<br />

now known to be expressed in specific adult tissues: placenta<br />

and cancer. In addition they play a critical role in the regulation<br />

of cellular differentiation at many levels 1 2 .<br />

The aim of this study was to investigate the role of HOX<br />

genes A2, A4, A9, C6 in human placenta.<br />

HOX genes mRNA expression was assessed in fresh tissue of<br />

human placenta from 12 consecutive placentas of thrombophilic<br />

women and from 10 sample of normal human placenta.<br />

All patients have a term birth. All the women were<br />

treated at the Department of Gynecology, Perinatology and<br />

Reproductive Medicine of the University of Florence –<br />

School of Medicine, Florence, Italy, from August 2005 to<br />

January 2006. The patients age was from 28 to 37 years (median,<br />

32.5 years; mean, 32.1 years). RNA amplification was<br />

assessed by reverse-transcription polymerase chain reaction<br />

assay and measured quantitatively. mRNA was successfully<br />

extracted in all cases.<br />

Expression of HOX-A2, HOX-A4, HOX-A9 and HOX-C6<br />

genes was detected respectively in 66%, 50%, 91%, 100% of<br />

the placentas with thrombolphilias, and respectively in 50%,<br />

20%, 90%, and 90% of physiological placentas. HOX-A2 expression<br />

showed a significant correlation between placentas<br />

with thrombophilias and the mean of physiological placentas<br />

(p = 0,05 Kruskal-Wallis test), whereas no correlation was<br />

found in HOX-A4, HOX-A9 and HOX-C6 genes expression<br />

between placentas with thrombophilias and the mean of<br />

physiological placentas.<br />

Until now, only this report investigated the quantitative expression<br />

of HOX genes in placentas using PCR Real-time.<br />

The presence of HOX genes and the correlation of HOX-A2<br />

gene expression levels between placentas with thrombophilias<br />

and physiological placentas support the hypothesis that<br />

this genes may be involved in the regulation of cellular differentiation,<br />

playing a critical role.<br />

These results suggest to deepen these researches with further<br />

investigation, in order to estimate a possible prognostic value<br />

of HOX genes expression in thrombophilic placenta.<br />

References<br />

1 Zhang X, Zhu T, Chen Y, et al. Human growth hormone-regulated<br />

HOXA1 is a human mammary epithelial oncogene. J Biol Chem<br />

2003;278:7580-90.<br />

2 Amesse LS, Moulton R, Zhang YM, et al. Expression of HOX gene<br />

products in normal and abnormal trophoblastic tissue. Gynecol Oncol<br />

2003;90:512-8.<br />

Linfangioma neonatale: esordio con<br />

insufficienza respiratoria. Caso clinico<br />

F. Tallarigo, I. Putrino, S. Squillaci ** , U.P. Corapi * , V. Poerio<br />

* , M. Bisceglia *<br />

U.O. Anatomia Patologica e Citodiagnostica, * U.O. Patologia<br />

Neonatale TIN “Capotorti”, Ospedale “S. Giovanni di<br />

Dio”, Crotone; ** U.O. Anatomia Patologica e Citodiagnostica<br />

Ospedale di Vallecamonica, Esine (BS)<br />

Introduzione. I Linfangiomi sono anomalie del sistema linfatico,<br />

presenti già alla nascita, associate ad alterazioni della di-


POSTERS<br />

namica circolatoria della linfa. Esistono forme localizzate, di<br />

più frequente riscontro, e diffuse con coinvolgimento viscerale,<br />

spesso letali, come la “linfangectasia viscerale diffusa” o la<br />

“linfangiomatosi viscerale”. Non sono segnalati in letteratura<br />

casi di linfagioma epatici ad esordio neonatali massivi che<br />

hanno condizionato lo sviluppo né la vita di neonati.<br />

Materiali. E.P., neonata a termine, da gravidanza normocondotta<br />

nasce da taglio cesareo d’emergenza per sofferenza fetale<br />

documentata al tracciato cardiotocografico. Alla nascita<br />

le condizioni cliniche sono compromesse, è asfittica, (Apgar<br />

0/6) intubata e connessa al ventilatore decede dopo solo 2 ore<br />

nonostante le manovre rianimatorie, oltre che ad emotrasfusione<br />

di plasma e globuli rossi.<br />

Risultati. Viene eseguito esame autoptico in cui si evidenzia<br />

che la topografia degli organi addominali è alterata in quanto<br />

il fegato è aumentato di volume, soprattutto a carico della<br />

porzione mediana ed inferiore del lobo di destra dove mostra<br />

la presenza di una massa, a superficie bozzoluta, di colore<br />

rossastro, di circa 15 cm di asse maggiore. La massa del lobo<br />

epatico di destra si estende fino alla fossa iliaca destra e si<br />

sposta medialmente, con conseguente spostamento delle matasse<br />

intestinali nella porzione sinistra della cavità addominale.<br />

Il fegato causa inoltre innalzamento del diaframma. La<br />

massa ha consistenza lievemente aumentata e sulla superficie<br />

di taglio ha colore rossastro, con aree emorragiche centrali.<br />

Dal punto di vista istologico la neoformazione epatica è incapsulata,<br />

ben circoscritta, ed è costituita da una proliferazione<br />

di vasi linfatici ectasici con ampie aree emorragiche;<br />

caratteristiche morfologiche che fanno inquadrare la lesione<br />

come un linfangioma epatico.<br />

Conclusioni. La malformazione linfatica (ML), definita in<br />

precedenza linfangioma, è un difetto localizzato del sistema<br />

linfatico. Ne esistono due tipi: la ML macrocistica (igroma cistico<br />

o linfangioma cistico) e la ML microcistica del tessuto<br />

infiltrante che dà origine ad uno strato infiltrato e disseminato<br />

di vescicole chiare o ematiche superficiali (linfangioma circoscritto).<br />

Le forme macrocistiche e quelle microcistiche sono<br />

spesso associate, soprattutto nella regione della faccia e<br />

della bocca o nelle localizzazioni viscerali. La maggior parte<br />

di queste lesioni sono già presenti alla nascita oppure compaiono<br />

prima dei 2 anni. Le lesioni interessano la cute e/o le<br />

mucose. Le forme viscerali sono rare. Le ML sono sempre più<br />

estese, rispetto a quanto si possa immaginare in base all’esame<br />

clinico. In ogni momento si possono sviluppare cisti latenti.<br />

Le forme macrocistiche danno origine a masse elastiche,<br />

a volte irregolari, in genere translucide sotto la cute normale.<br />

Il sanguinamento intracistico le può rendere dolorose e dure al<br />

tatto. Le localizzazioni più frequenti riguardano la regione<br />

ascellare e il collo. La diagnosi prenatale è possibile con l’ecografia<br />

al quarto mese di gravidanza. In presenza di lesioni<br />

voluminose, la risonanza magnetica nel terzo trimestre è in<br />

grado di precisare le dimensioni, l’estensione delle lesioni e<br />

può suggerire un eventuale parto cesareo. Dopo la nascita, l’ecografia,<br />

la TAC e la risonanza magnetica possono identificare<br />

le lesioni che contengono liquido, ma, in caso di masse atipiche,<br />

sono consigliate la puntura esplorativa e l’analisi citologica<br />

del liquido, per escludere che si tratti di una lesione di<br />

natura diversa. Le forme microcistiche di ML sono caratterizzate<br />

da vescicole chiare o ematiche disseminate su tutta la regione<br />

colpita della cute o delle mucose. Si possono associare<br />

macrocisti linfatiche. Le lesioni più profonde della regione del<br />

viso possono causare la distorsione dei lineamenti e la formazione<br />

di masse tumorali sugli arti. Le forme viscerali toraciche,<br />

in particolare quelle addominali e quelle pelviche, sono<br />

285<br />

rare e la loro diagnosi e il loro trattamento sono problematici,<br />

in quanto si associano a masse addominali e a dolori, ad un’ostruzione<br />

intestinale da volvolo, ad un’enteropatia con perdita<br />

di proteine. Le lesioni orbitali comportano la dislocazione<br />

del globo, la diplopia e persino la proptosi. Le forme viscerali<br />

sono caratterizzate da emorragie associate a coagulopatia<br />

cronica da consumo, che produce un aumento significativo<br />

del dimero-D e la caduta dei livelli di fibrinogeno. Le malformazioni<br />

linfatiche non vanno incontro a degenerazione. In letteratura<br />

non sono riportati casi con esordio alla nascita ma solo<br />

2 casi con un esordio più tardivo. Il caso viene descritto in<br />

quanto è un evento non riportato.<br />

Role of the fetal autopsy, placental<br />

examination and toxicologic screening for<br />

morphine, cocaine and its metabolites in the<br />

causes of fetal death: a retrospective study<br />

between 2005-2006 in Modena province<br />

F. Rivasi, M. Licata * , M. Lupi, L. Reggiani Bonetti, E. Silingardi<br />

* , K. Szoke **<br />

Department of Diagnostic and Laboratory Service and Forensic<br />

Medicine, Section of <strong>Pathologica</strong>l Anatomy, * Section<br />

of Forensic Medicine, and ** Department of Obstetric and<br />

Gynecology, University of Modena and Reggio Emilia, Modena<br />

Introduction. Stillbirth is one of the most common adverse<br />

outcomes of pregnancy and occurs far more frequently in developing<br />

countries than in developed ones. However, evaluation<br />

of a putative cause is difficult in some cases and significant<br />

stillbirth rates are unexplained. The amount of cocaine<br />

abusers rised significantly in our region in the last few years,<br />

and the phenomenon affected both males and fertile women<br />

1 . As a result, the number of pregnant drug-addicted mothers<br />

rised as well. Evidence shows that maternal use of drugs like<br />

morphine, cocaine and its metabolites during gestation, may<br />

lead to abruptio placentae, abortion and fetal 2 . The aim of<br />

this study is to document the importance of coupling toxicological<br />

examinations to fetal autopsy and placental investigations,<br />

the in order to determine stillbirths’ causes.<br />

Materials and methods. This is a retrospective casenote review<br />

of 48 stillbirths analyzed in the Department of Pathologic<br />

Anatomy of Modena, between 2005-2006. The stillbirth<br />

rate was 6.4/1000 with no difference between the two sexes.<br />

The fetal autopsy and relative placental investigations were<br />

performed in agreement with SIAPEC-APEFA guide-lines<br />

and recommendations. Meconium samples and hair specimens<br />

collected during the fetal autopsy were analyzed for<br />

toxicology screening at the Service of Toxicology of the Legal<br />

Medicine Institute by gas chromatography-mass spectometry.<br />

The toxicologic examinations were performed on<br />

75% of all stillbirths (36/48 cases) while in 12 cases the specimen<br />

was insufficient. The post-mortem records were related<br />

with the clinical findings.<br />

Results. Fetal death occurred either at around 23 weeks or after<br />

41 weeks of gestational age. Low social and economic<br />

status and inadequate hygiene conditions are some important<br />

risk factors for fetal morbidity. In this study, there are three<br />

main important causes of stillbirth: fetal and placental inflammation<br />

(37.5%), fetal asphyxia occurring during placenta<br />

abruption and cord anomalies (14.4%) and fetal growth restriction<br />

(12.8%). Maternal injury, anomalies in maternal-


286<br />

placental circulation and fetal malformations are other relevant<br />

causes of stillbirth. Despite thorough investigations, unexplained<br />

fetal death occurs in 18.6% of all the stillbirths examined;<br />

in 3 cases, morphine, cocaine and its metabolites,<br />

were found in the hair (three cases) and in the meconium<br />

(one case).<br />

Conclusions. The importance of role of fetal autopsy, placental<br />

examination, and toxicologic screening to explain the<br />

causes fetal deaths is emphasized.<br />

References<br />

1 Pichini S, et al. Forensic Sci Int 2005;153:59-65.<br />

2 Ferraro F, et al. Arch Pédiatr 1997;4:677-82.<br />

Il deficit luteale negli aborti spontanei del<br />

primo trimestre<br />

Y. Musizzano, E. Fulcheri<br />

Dipartimento di Discipline Chirurgiche, Morfologiche e Metodologie<br />

Integrate (Di.C.M.I.), Sezione di Anatomia Patologica,<br />

Università di Genova<br />

Introduzione. Al deficit luteale (LD) viene riconosciuto un<br />

ruolo patogenetico nell’infertilità e negli aborti spontanei<br />

precoci (ASP). In una minoranza di ASP si osservano, come<br />

reperto unico o accessorio, segni di inadeguata stimolazione<br />

o risposta progestinica sufficienti a giustificare l’aborto. Le<br />

alterazioni elementari che sostengono tali quadri sono tuttavia<br />

mal definibili e proprio la difficoltà di trovare elementi<br />

patognomonici sicuramente riferibili a DL primitivo rende la<br />

diagnosi difficile. Alla generica descrizione di scarsa o incompleta<br />

decidualizzazione dell’endometrio basale è necessario<br />

sostituire l’osservazione riproducibile di alcune lesioni<br />

elementari.<br />

Materiali e metodi. 950 ASP (gennaio 2004-aprile 2007) sono<br />

stati diagnosticati e successivamente approfonditi con metodiche<br />

istochimiche (PAS, Masson tricromica, Weigert-fibrina)<br />

ed immunoistochimiche (vimentina, actina-ML, hPL).<br />

Si sono poi confrontati i dati clinico-anamnestici e morfologici<br />

dei casi di ASP compatibili con deficit luteale (ASPDL)<br />

con quelli degli ASP da altra causa (controlli).<br />

Risultati. In 57 casi (6%) è stata posta diagnosi di DL. L’età<br />

mediana è di 34 anni per le pazienti ASPDL e di 35 anni per<br />

i controlli. Il picco di ASPDL si attesta alla 9° settimana, contro<br />

la 10° settimana dei controlli. Nel gruppo ASPDL si osserva<br />

una maggiore frequenza di aborti pregressi (28,1%) o<br />

ricorrenti, fecondazione assistita (5,3%) e gravidanze patologiche<br />

(7%), rispetto al 17,9%, 3% e 0,4% dei controlli. Le lesioni<br />

istopatologiche sono costituite da inadeguata modificazione<br />

del connettivo, dello stroma citogeno e dei vasi deciduali<br />

nel 93%. La scarsa o incompleta modificazione della<br />

parete dei vasi viene diagnosticata con sicurezza evidenziando<br />

la persistenza delle cellule leiomuscolari dell’intima e della<br />

media e la conservazione parziale dell’endotelio dei vasi.<br />

Conclusioni. Una scarsa decidualizzazione endometriale, ma<br />

ancor più l’inadeguata modificazione delle arterie spirali e<br />

basali in presenza di adeguata proliferazione di trofoblasto<br />

intermedio, sembrano reperti patognomonici di DL. Accanto<br />

alle cause di ASP per impianto inadeguato o insufficiente per<br />

POSTERS<br />

deficit di crescita e maturazione villare o per scarsa proliferazione<br />

del trofoblasto extravillare è dunque opportuno inserire<br />

come causa rilevante anche l’inadeguata modificazione<br />

del letto vascolare materno per DL. Il riconoscimento di tale<br />

causa dà spazio per opportune correzioni terapeutiche nel<br />

monitoraggio di future gravidanze.<br />

Corrispettivi anatomici e lesioni linfatiche<br />

precoci della translucenza nucale<br />

M. Rutigliani, F. Boccardo * , C. Bellini ** , E. Bonioli ** , C.<br />

Campisi * , F. Grillo, M. Valenzano ** , E. Fulcheri<br />

Dipartimento di Anatomia Patologica (DICMI), Ospedale<br />

“San Martino”, Università di Genova; * Dipartimento di<br />

Chirurgia (DIC-DICMI) UOSD di Chirurgia dei Linfatici,<br />

Ospedale “San Martino”, Università di Genova; ** Servizio<br />

di Patologia Neonatale, Dipartimento di Pediatria (DIPE),<br />

Università di Genova, Istituto “G. Gaslini”, Genova, Italia;<br />

*** Clinica Ostetrica e Ginecologica, Università di Genova<br />

Introduzione. Negli ultimi anni, lo sforzo maggiore della ricerca<br />

in medicina fetale è stato quello di identificare, in epoca<br />

quanto più precoce possibile, anomalie fenotipiche da correlare<br />

ad alterazioni cromosomiche. Fra i numerosi test biochimici<br />

e biofisici per lo screening della trisomia 21 e della trisomia<br />

18, il Test Combinato viene eseguito nel primo trimestre di<br />

gravidanza (10° e la 14°) e prevede anche la misurazione della<br />

translucenza nucale (TN). Il corrispettivo anatomico della<br />

translucenza nucale aumentata è l’edema con linfangiectasia<br />

cistica nucale e/o l’igroma cistico. Entrambe le lesioni in epoche<br />

gestazionali precoci sono però difficili da confermare in<br />

microscopia ottica sulla base delle sole colorazioni. La grande<br />

quantità di tessuti edematosi ipodermici superficiali o profondi<br />

tendono ad allontanare bande di connettivo, lobuli di adipociti<br />

o di tessuti connettivali lassi formando cavità pseudocistiche<br />

che facilmente mimano le linfangiectasie.<br />

Si rendono dunque necessari ulteriori approfondimenti diagnostici<br />

con colorazioni immunoistochimiche (IIC), con anticorpi<br />

capaci di riconoscere l’endotelio dei vasi linfatici (CD<br />

31 che riconosce l’endotelio dei vasi ematici e linfatici e D2-<br />

40 che riconosce selettivamente l’endotelio dei vasi linfatici).<br />

Per lo studio della parete dei vasi si sono invece utilizzati gli<br />

anticorpi Actina m.l, Desmina e Vimentina.<br />

Materiali. Sulla casistica di 1098 (effettuate tra 1986 e 2007)<br />

185 erano rappresentate da feti tra la 10° e la 14° settimana.<br />

Risultati. In soli 18 veniva confermata l’esistenza di vasi linfatici<br />

ectasici sulla base delle osservazioni microscopiche e<br />

della conferma con colorazioni IIC. 10 casi avevano anomalie<br />

del cariotipo. Di questi 6 sono risultati essere linfangiectasie<br />

cistiche nucali, senza idrope fetale associata, mentre 12<br />

sono risultati essere igromi cistici di cui 4 con idrope fetale<br />

associata.<br />

Discussione. Lo studio della parete dei vasi ha consentito di<br />

differenziare le linfangiectasie cistiche nucali, costituite da<br />

vasi linfatici a parete sottile con cellule muscolari lisce quasi<br />

assenti, dagli igromi cistici, caratterizzati da grossi collettori<br />

o cisterne linfatiche a parete spessa strutturata. Questi ultimi<br />

sono da considerarsi vere e proprie linfangiodisplasie<br />

spesso integranti quadri sindromici complessi.


PATHOLOGICA 2007;99:287-288<br />

Problematiche correlate al management<br />

Contributo integrato della FNA e della<br />

microbiopsia mammaria nella gestione delle<br />

donne con anomalie rilevate in corso di<br />

screening mammografico: l’esperienza nel<br />

2006 a Trieste<br />

F. Zanconati, D. Bonifacio, M. Di Napoli, S. Dudine, F.<br />

Frezza * , C. Gasparini * , E. Isidoro, F. Martellani, A. Romano,<br />

D. Sarcinella, I. Schiavon, L. Ulcigrai, M. Tonutti * ,<br />

L. Di Bonito<br />

U.C.O. di Citodiagnostica ed Istopatologia e * U.C.O. di Radiologia,<br />

Azienda Ospedaliero-Universitaria “Ospedali Riuniti”,<br />

Università di Trieste<br />

L’avvio del programma regionale di screening mammografico<br />

ha determinato anche a Trieste un incremento delle lesioni<br />

radiologicamente dubbie e sospette, con conseguente necessità<br />

di approfondimenti cito-istologici. 598 pazienti sono<br />

state richiamate al II livello (tasso di richiami del 7%) e di<br />

queste, 199 selezionate per ulteriori indagini cito-istologiche.<br />

In considerazione della consolidata collaborazione tra radiologo<br />

e patologo, si è preferito l’approccio con citologia agoaspirativa<br />

(FNA) in tutti i casi in cui il reperto mammografico<br />

era identificabile anche in ecografia (153 pazienti per complessivi<br />

176 noduli), limitando l’utilizzo del VAB ai soli casi<br />

con lesioni mammografiche che rendevano necessaria la guida<br />

radiostereotassica (58 pazienti). Il ricorso al prelievo con<br />

tru-cut sotto guida ecografica è stato molto limitato: per 15<br />

pazienti il prelievo microistologico era stato richiesto per una<br />

definizione morfologica dopo citologia inadeguata (C1) o sospetta<br />

(C4) oppure per i casi C5 da trattare con chemioterapia<br />

neoadiuvante. Solo in 4 pazienti il tru-cut non era stato<br />

preceduto da una FNA. La distribuzione dei noduli sottoposti<br />

a FNA, tru-cut e VAB suddivisi per categorie diagnostiche<br />

ed il corrispondente quadro radiologico sono riportati nella<br />

tabella seguente.<br />

L’esame citologico, eseguito su 176 noduli, ha consentito di<br />

definire in maniera conclusiva 131 lesioni (C2 o C5), mentre<br />

il tru-cut ha recuperato 8 lesioni benigne (di cui 1 C1, 5 C3 e<br />

2 C0) ed 8 maligne (tra cui 5 C4 e 2 C0).<br />

L’approccio con VAB è stato riservato ai casi di microcalcificazioni<br />

o distorsioni mammografiche per le quali non esisteva<br />

un corrispettivo ecografico da utilizzare quale guida per<br />

il prelievo (E0-1, 54 casi) oppure nei rari casi di lesioni con<br />

citologia benigna discrepante con il quadro radiologico o inadeguata.<br />

Nella nostra esperienza la FNA si è rivelata lo strumento migliore<br />

per l’approfondimento delle lesioni da screening evidenziabili<br />

all’ecografia. L’utilizzo di tale metodica non esclude comunque<br />

di ricorrere ad un approfondimento di tipo microistologico<br />

in casi selezionati. L’esame VAB è da riservare ai soli casi<br />

con quadro ecografico negativo in presenza di distorsioni parenchimali<br />

o di microcalcificazioni dubbie o sospette.<br />

Il programma di sostegno al Dipartimento di<br />

Anatomia Patologica del Beit Jala Hospital di<br />

Betlemme, territori autonomi palestinesi:<br />

bilancio del primo anno di attività<br />

S. Guzzetti, E. Ferrero, E. Petretto, T. Zanin, P. Giovenali<br />

Associazione “Patologi oltre Frontiera” ONG, Progetto Beit<br />

Jala<br />

Introduzione. Nel luglio 2006 l’associazione “Patologi oltre<br />

Frontiera” ONG in collaborazione con la Cooperazione Italiana<br />

allo Sviluppo, con il Programma delle Nazioni Unite per lo<br />

Sviluppo (UNDP) e con la Provincia di Venezia, ha intrapreso<br />

un programma di riorganizzazione del Dipartimento di Anatomia<br />

Patologica del Beith Jala Hospital di Betlemme; tale programma<br />

rientra in un più vasto progetto gestito da UNDP il cui<br />

obiettivo è fare del Beit Jala Hospital un polo oncologico per<br />

l’area dei Territori Autonomi Palestinesi a sud di Gerusalemme.<br />

Metodi. Al Dipartimento lavorano attualmente un tecnico di<br />

laboratorio residente e un patologo consulente con una buona<br />

autonomia diagnostica. A partire dal luglio 2006 sono state<br />

programmate brevi missioni dall’Italia della durata di due settimane<br />

per un patologo ed un tecnico di laboratorio volontari.<br />

Ciascuna missione aveva lo scopo di intervenire in settori specifici<br />

delle attività del Dipartimento per migliorarne sia gli<br />

FNA R1-3/E1-3 R3/E4-5 R4-5/E2-3 R4-5/E4-5 R1/E4-5<br />

C1 5 4<br />

C2 41 6 4 2<br />

C3 11 2 1 4<br />

C4 3 1 2 12<br />

C5 1 4 2 68 3<br />

VAB R1-3/E1-3 R3/E4-5 R4-5/E2-3 R4-5/E4-5 R4-5/E0-1<br />

B2 8 1 1 26<br />

B3-4 6<br />

B5 2 14<br />

TRU-CUT R1-3/E1-3 R3/E4-5 R4-5/E2-3 R4-5/E4-5 R4-5/E0-1<br />

B1 1<br />

B2 6 1 1<br />

B4 1 1<br />

B5 8


288<br />

aspetti di tipo organizzativo (prevalentemente il controllo delle<br />

varie fasi di gestione dei casi) sia quelli più propriamente<br />

tecnici (miglioramento delle attività del tecnico locale). Tra<br />

una missione e la successiva, cadenzate con periodicità bimestrale,<br />

il patologo ed il tecnico locale venivano invitati a proseguire<br />

nelle loro attività applicando le azioni correttive decise<br />

nell’ultima missione; a quella successiva spettava inoltre il<br />

compito di verificare l’applicazione di tali migliorie.<br />

Risultati. Nonostante i numerosi problemi che le varie missioni<br />

si sono trovate ad affrontare, a causa della particolare<br />

situazione politica e sociale di quel territorio, si è finora riusciti<br />

ad intervenire decisamente sulla gestione dei casi (informatizzazione<br />

completa ed eliminazione della registrazione<br />

cartacea), sulla logistica del Dipartimento (riorganizzazione<br />

degli spazi di lavoro) nonché sul miglioramento delle comunicazioni<br />

e, di riflesso, della diagnostica (installazione di una<br />

rete ADSL a cui è stato collegato un microscopio digitale manovrabile<br />

in remoto per la telediagnosi).<br />

Conclusioni. Il programma prevede l’assistenza attraverso tali<br />

missioni fino al completamento del ciclo di studi di due medici<br />

palestinesi, attualmente specializzandi in Anatomia Patologica<br />

in un’Università giordana e del tirocinio di un secondo<br />

tecnico di laboratorio. Il Dipartimento potrebbe essere inoltre<br />

coinvolto fra breve in un programma di screening sul carcinoma<br />

della mammella coordinato dalla Cooperazione Italiana.<br />

Sperimentazione di un modello di gestione<br />

del rischio clinico integrato con il sistema di<br />

gestione della qualità<br />

A. Pastorino, M. Benvenuto, G. Borreo, L. Caliendo, A.<br />

Dellachà, D. De Leonardis, S. Poggi, C. Silvestro, E. Venturino<br />

Ospedale “S. Paolo”, ASL2 Savonese<br />

Introduzione. La nostra Unità Operativa (UO) con Sistema<br />

di Gestione Qualità (SGQ) certificato nel 2001 ha aderito al<br />

POSTERS<br />

progetto dipartimentale 2004-2005 dal titolo “Ridurre i tempi<br />

e gli errori, migliorare la qualità, aumentare la sicurezza”.<br />

Il progetto prevedeva l’introduzione dell’analisi del rischio<br />

all’interno dei piani di processo e per le attività con indice di<br />

rischio elevato, il controllo attraverso gli indicatori, e l’attivazione<br />

di azioni di miglioramento per la riduzione del rischio<br />

in ottica pro-attiva. Nel 2006 è stato così attivato il progetto<br />

“Sperimentazione di un modello di gestione del rischio<br />

clinico integrato con il SGQ”.<br />

Metodi. Nel nostro reparto la prima fase prevedeva la formazione<br />

di 2 tutor e 13 operatori. La seconda fase prevedeva<br />

10 ore di lavoro di gruppo da effettuarsi presso l’UO (con<br />

crediti ECM). La terza fase in aula per la presentazione dei<br />

lavori svolti. La quarta fase altre 10 ore di lavoro di gruppo<br />

con ritorno in aula per la conclusione. L’UO ha individuato<br />

due processi ad alto indice di rischio: la citologia extravaginale<br />

e l’esame estemporaneo intraoperatorio al congelatore.<br />

Sono stati costituiti gruppi di lavoro; scorporate le attività<br />

nelle fasi costitutive (subprocessi) identificando i possibili<br />

errori e determinando l’indice di priorità di rischio (IPR), applicando<br />

gli strumenti di analisi pro-attiva FMEA, FMECA e<br />

reattiva su eventi avversi “5 perché” e diagramma causa-effetto.<br />

A quelli con IPR elevato è stato applicato il “diagramma<br />

a lisca di pesce”.<br />

Risultati. Sono stati individuati 5 errori/non conformità per<br />

la citologia extravaginale e 7 errori/non conformità per l’esame<br />

estemporaneo intraoperatorio al congelatore, identificate<br />

le cause e le azioni di miglioramento da attuare.<br />

Conclusioni. È stato ottenuto un innalzamento dell’attenzione<br />

degli operatori verso la sicurezza con ricadute migliorative<br />

sull’organizzazione del lavoro. I risultati ottenuti sono stati<br />

realizzati anche per l’abitudine al lavoro di gruppo e all’uso<br />

di tecniche di sviluppo organizzativo.<br />

Bibliografia<br />

Ministero della Salute. Risk management in Sanità. Il problema degli errori<br />

Roma, marzo 2004.


PATHOLOGICA 2007;99:289<br />

Problematiche medico-legali<br />

Variabilità diagnostica istopatologica nelle<br />

lesioni cervicali uterine<br />

A. Marsico * , B. Ghiringhello ** , G. Montanari *** , R. Navone<br />

*<br />

* Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana<br />

dell’Università di Torino, Sezione di Anatomia Patologica,<br />

Torino; ** UO di Anatomia patologica O.I.R.M. “S. Anna”,<br />

Torino; *** Centro di Prevenzione Oncologica (CPO) della<br />

Regione Piemonte, Torino<br />

Introduzione. Il problema dell’errore e della variabilità diagnostica<br />

in anatomia patologica (cito- ed istopatologia) è diventato<br />

di grande rilevanza pratica, per le sue implicazioni<br />

sociali, economiche e medico legali, per l’importante sottostima<br />

del tasso di errore, per la difficoltà di misurarne l’entità,<br />

e per la riluttanza ad affrontare il fatto che l’errore è una<br />

componente inevitabile del lavoro dell’anatomo-patologo. In<br />

particolare restano indefiniti i “Gold standards” per ridurre il<br />

tasso di errore (secondo parere? terzo parere? “consensus<br />

conferences”? nuove tecnologie?). Scopo di questa ricerca è<br />

la verifica della riproducibilità della diagnosi istopatologica<br />

di lesioni squamose e ghiandolari in una casistica di biopsie<br />

e curettages della cervice uterina, e dell’utilità dei metodi<br />

proposti per ridurre la variabilità diagnostica.<br />

Materiale. Un set di 101 preparati istologici relativi a biopsie<br />

e curettages della cervice uterina è stato inviato a 42 U.O. di<br />

Anatomia Patologica, affinché venissero formulate le relative<br />

diagnosi istopatologiche, che poi sono state raccolte e codificate<br />

anonimamente.<br />

Risultati. Si è evidenziata un’ampia variabilità diagnostica:<br />

in particolare, lesioni benigne come metaplasie immature,<br />

cheratosi ed atrofie si associavano frequentemente a diagnosi<br />

falsamente positive (k = 0,35); epitelio cilindrico cervicale<br />

da curettages veniva spesso interpretato come displasia<br />

ghiandolare o adenocarcinoma (k = 0,32); la presenza o l’assenza<br />

di coilocitosi risultava poco riproducibile (k = 0,29).<br />

Maggiore riproducibilità si osservava per i casi positivi, soprattutto<br />

se di alto grado (k = 0,40).<br />

Conclusioni. In due riunioni di consenso svoltesi a Torino<br />

sono stati rivisti i casi più controversi, e la concordanza diagnostica<br />

è migliorata notevolmente (k > 0,50). Nell’ultima<br />

riunione si è concluso che: 1) la non uniforme qualità dei preparati<br />

può accentuare il problema della variabilità diagnostica;<br />

2) un “consenso” su lesioni “difficili” necessita di un approccio<br />

basato non soltanto sull’esame microscopico con<br />

ematossilina-eosina, ma anche su metodiche obiettive, come<br />

la valutazione dell’attività proliferativa cellulare, indiscutibilmente<br />

legata al grado di displasia; 3) per quanto riguarda i<br />

“Gold standards” più utili per ridurre l’incidenza dell’errore<br />

in isto- e citopatologia, dai nostri dati la risposta parrebbe<br />

orientata più sulle riunioni di consenso e sulle nuove tecnologie<br />

piuttosto che su un secondo o terzo parere di presunti<br />

“esperti”.


PATHOLOGICA 2007;99:290-291<br />

Identificazione di carcinomi polmonari<br />

responsivi a gefitinib con metodiche di FISH e<br />

CISH per l’analisi di EGFR e HER2 su biopsie e<br />

campioni citologici<br />

L. Daniele, L. Macrì, M. Schena * , D. Dongiovanni * , L.<br />

Bonello ** , E. Armando, L. Ciuffreda * , O. Bertetto * , G.<br />

Bussolanti, A. Sapino<br />

Dipartimento di Scienze Biomediche e Oncologia Umana,<br />

Università di Torino; * Oncologia Medica, ASO “San Giovanni<br />

Battista”, Torino; ** Center for Experimental Research<br />

and Medical Studies (CeRMS), Università di Torino<br />

Introduzione. Nei carcinomi polmonari non a piccole cellule<br />

(NSCLC) l’analisi mutazionale del recettore per l’EGF<br />

(EGFR) rappresenta un eccellente fattore predittivo di risposta<br />

a terapie con inibitori del dominio tirosin-chinasico come<br />

gefitinib. In più dell’80% dei NSCLC prelievi citologici o<br />

biopsie endoscopiche rappresentano gli unici campioni disponibili<br />

per l’analisi mutazionale, tuttavia l’amplificazione<br />

con tecniche di PCR del DNA estratto da piccoli campioni<br />

fissati e inclusi in paraffina può determinare mutazioni artefattuali.<br />

L’ibridazione in situ con fluorescenza (FISH) dei geni<br />

EGFR ed HER2 è stata proposta come tecnica alternativa<br />

di analisi. Lo scopo di questo studio è determinare il metodo<br />

di valutazione ottimale della FISH e della ibridazione in situ<br />

cromogenica (CISH) condotte su piccoli prelievi di NSCLC<br />

allo scopo di individuare pazienti responsivi a gefitinib.<br />

Metodi. Analisi di FISH o CISH dei geni EGFR e HER2 sono<br />

state effettuate su 42 piccoli prelievi provenienti da pazienti<br />

affetti da NSCLC e trattati con gefitinib. L’analisi mutazionale<br />

del gene EGFR è stata condotta dopo aver effettuato<br />

controlli sulla quantità e sulla qualità del DNA estratto.<br />

Risultati. In 7 su 7 casi la presenza di polisomia bilanciata<br />

del gene EGFR e del cromosoma 17 correlava con l’identificazione<br />

di specifiche mutazioni del gene EGFR. Inoltre, sette<br />

casi su sette con polisomia bilanciata dei geni EGFR e<br />

HER2 e 2 su 3 casi con trisomia bilanciata dei geni EGFR e<br />

HER2 presentavano una risposta a gefitinib (75% dei pazienti<br />

responsivi). Al contrario, le mutazioni del gene EGFR rappresentavano<br />

un fattore predittivo di risposta solamente nel<br />

58% dei pazienti responsivi a gefitinib.<br />

Conclusioni. Quando sono disponibili solamente biopsie endoscopiche<br />

o prelievi citologici, questo studio propone l’utilizzo<br />

di indagini di FISH/CISH dei geni EGFR e HER2 come<br />

test elettivo per selezionare pazienti per il trattamento con<br />

gefitinib, e di considerare fattore predittivo negativo di risposta<br />

l’assenza di aumento del numero di geni EGFR e<br />

HER2.<br />

Target therapy<br />

Significato dell’iperespressione (IHC) ed<br />

amplificazione (FISH) di EGFR nei carcinomi<br />

mammari HER2 amplificati<br />

L. Baron, M. Postiglione, P. Beltotti, F. Quarto<br />

Struttura Complessa di Anatomia ed Istologia Patologica e<br />

Citopatologia, P.O. “San Leonardo”, ASL NA5, Castellammare<br />

di Stabia, Napoli<br />

Introduzione. Il ruolo di HER2 nello sviluppo e nella progressione<br />

del carcinoma mammario ha portato alla razionalizzazione<br />

delle terapie convenzionali e allo sviluppo di nuove<br />

terapie mirate. Tuttavia poco si sa sui meccanismi di resistenza<br />

che si sviluppano durante tali terapie. In proposito si<br />

suppone che l’interazione fra i 4 membri della famiglia HER<br />

e soprattutto il ruolo di EGFR potrebbe essere fondamentale<br />

nell’identificazione di possibili meccanismi di interazione attivanti<br />

vie alternative, responsabili di fenotipi più aggressivi<br />

e resistenti alle terapie classiche e “target” oggi usate.<br />

Materiali e metodi. Di 126 carcinomi (ca) mammari, abbiamo<br />

estrapolato il sottogruppo di ca amplificati per HER2 (PathVysion,<br />

Vysis) e sottoposti a metodiche IHC (EGFR<br />

pharmDx, Dako) e FISH (LSI EGFR/CEP7, Vysis) per la<br />

ricerca della sovraespressione e/o amplificazione di EGFR.<br />

L’assetto dei 2 recettori HER, è stato correlato a parametri<br />

istomorfologici (grado istologico, stato linfonodale, dimensioni<br />

del tumore) e immunofenotipici (assetto recettoriale<br />

estroprogestinico, espressione del Ki67 e della p53).<br />

L’analisi statistica è stata effettuata con il test del χ 2 e il livello<br />

di significatività statistica è stato definito per valori di<br />

p < 0,05.<br />

Risultati. Il 30% (9/30) dei ca mostravano una colorazione<br />

di membrana per EGFR in più del 10% delle cellule neoplastiche,<br />

ma solo 1/9 amplificava il gene corrispondente<br />

(11,1%).<br />

L’amplificazione di HER2 vs. parametri istomorfologici presentava<br />

una correlazione con il grado istologico (p < 0,05), lo<br />

stato linfonodale (p < 0,001) e con le dimensioni del tumore<br />

(p < 0,05), mentre l’iperespressione EGFR presentava un incremento<br />

non significativo con il grado e lo stadio (p > 0,05).<br />

L’amplificazione di HER2 presentava una relazione di proporzionalità<br />

inversa con l’assetto recettoriale estrogenico (p<br />

< 0,001) ma non progestinico e una relazione di proporzionalità<br />

diretta, non significativa, con il Ki67 e con la P53 (p ><br />

0,05).<br />

L’iperespressione di EGFR correlava anche con la frazione<br />

cellulare proliferante (p < 0,05) e con la sovraespressione di<br />

P53 (p < 0,05).<br />

Conclusioni. L’iperespressione di EGFR è indipendente dall’amplificazione<br />

genica, ma sembra correlare con l’amplificazione<br />

di HER2; inoltre si associa a fattori prognostici sfavorevoli<br />

(Ki67 e P53). Questi dati gli attribuiscono una valenza<br />

prognostica e soprattutto predittiva di risposta alle terapie<br />

bersaglio suggerendo l’eventuale necessità di associare<br />

ulteriori terapie mirate anti-EGFR.


POSTERS<br />

Indicatori surrogati di possibile<br />

amplificazione di HER-2/neu nel carcinoma<br />

mammario in assenza di immunoreattività<br />

F. Zanconati, D. Bonifacio, S. Dudine, I. Schiavon, A. Romano,<br />

F. Martellani, D. Sarcinella, E. Ober, A. De Pellegrin,<br />

L. Di Bonito<br />

U.C.O. Citodiagnostica e Istopatologia, Università di Trieste<br />

La valutazione di HER-2/neu nei carcinomi della mammella<br />

è ormai indispensabile per la selezione delle pazienti candidate<br />

al trattamento con Trastuzumab anche in adiuvante.<br />

L’immunoistochimica è ritenuta la metodica di prima scelta<br />

per una valutazione accurata dell’espressione recettoriale in<br />

tutti i casi di carcinoma mammario, riservando l’esecuzione<br />

di analisi molecolari più approfondite in grado di evidenziare<br />

un’eventuale amplificazione del gene, ai soli casi di neoplasie<br />

con di espressione dubbia (score 2+).<br />

Il nostro studio si è posto come obiettivo la comparazione dei<br />

risultati immunoistochimici con quelli ottenuti con la FISH<br />

su una casistica retrospettiva di carcinomi mammari, risalente<br />

al 1994.<br />

Su tutti i casi in cui si disponeva di tessuto ritenuto quantitativamente<br />

e qualitativamente adeguato, sono state eseguite<br />

sia la valutazione immunoistochimica dell’espressione recettoriale<br />

di HER-2/neu, sia la ricerca di amplificazione del gene<br />

con metodica FISH.<br />

Complessivamente sono stati testati 105 casi di carcinoma<br />

mammario. La percentuale di positività è risultata del 13,4%<br />

per entrambe le metodiche, tuttavia l’incrocio dei risultati,<br />

come illustrato dalla tabella, ha evidenziato un indice di concordanza<br />

pari allo 0,92.<br />

Immunoistochimica FISH+ FISH-<br />

+ (score 2-3) 9 4<br />

- (score 0-1) 4 88<br />

291<br />

I 4 casi positivi all’immunoistochimica non confermati erano<br />

tutti tumori con score 2+, per i quali è prevista dalle linee<br />

guida internazionali una valutazione con metodica FISH.<br />

Invece i 4 casi falsi negativi sono stati riconsiderati sulla base<br />

delle caratteristiche isto-morfologiche e sui dati immunofenotipici<br />

in merito ai recettori ormonali desunti dai referti<br />

originali.<br />

Da tale analisi è emerso che tutti e 4 erano carcinomi duttali,<br />

3 dei quali di grado G3; tutti evidenziavano assenza di recettori<br />

del progesterone ed in 3 di essi l’immunoistochimica era<br />

negativa anche per i recettori estrogenici.<br />

L’individuazione di alcune caratteristiche comuni nel gruppo<br />

di tumori con assenza di espressione immunoistochimica di<br />

HER-2/neu potrebbe suggerire l’opportunità di una verifica<br />

mediante FISH anche di una sottopopolazione di pazienti con<br />

carcinomi aggressivi ed assenza di recettori ormonali, soprattutto<br />

di quelli del progesterone, altrimenti esclusa a priori<br />

da un eventuale trattamento con Trastuzumab.


Abate A., 238<br />

Abbamonte L.H., 247<br />

Abrate M., 237<br />

Accinelli G., 151<br />

Acquati P., 250<br />

Adani G.L., 140<br />

Addeo S.R., 249<br />

Agostinelli C., 109<br />

Alberani A., 222<br />

Alberizzi P., 247<br />

Alexiadis S., 156<br />

Altavilla A., 228<br />

Altavilla A., 246, 234<br />

Altimari A., 114<br />

Altomare V., 261<br />

Alvisi P., 279<br />

Amantea A., 179<br />

Amato T., 268<br />

Ambrogetti D., 124<br />

Ambrosini-Spaltro A., 201<br />

Amenta M., 242<br />

Amico P., 137, 144<br />

Ammannati F., 195<br />

Amorosi A., 161, 188<br />

Andreotta P., 277<br />

Andriulli A., 214<br />

Angeli G., 127, 221<br />

Angelini G., 223<br />

Angelucci D., 232, 281<br />

Angione V., 137<br />

Antonacci C.M., 155, 232<br />

Antonetti R., 163, 165<br />

Antonucci E., 222<br />

Apicella P., 137<br />

Apicella P., 164<br />

Aragona F., 184, 223, 235<br />

Arancia G., 249<br />

Arcaini L., 138<br />

Ardoino S., 165, 169, 174, 230, 243, 256<br />

Arena E., 160, 216, 277<br />

Arena V., 160, 216, 277<br />

Aristei C., 218<br />

Arizzi C., 156, 258<br />

Armando E., 151, 196, 290<br />

Artese L., 274, 275<br />

Asioli S., 151<br />

Assi A., 102, 209<br />

Assisi D., 210<br />

Attino V., 251<br />

Avellini C., 140, 220<br />

Awadelkarim K.D., 258<br />

Azzoni C., 215<br />

Baccarini P., 222<br />

Bacci F., 109<br />

Bacigalupo B., 266<br />

Badiali De Giorgi L., 136, 140<br />

Bagnasco M., 224<br />

Bagni A., 114<br />

Bagolan P., 279<br />

Baldassarre F., 256<br />

Baldi E., 236<br />

Baldini L., 138<br />

Ballarini D., 247<br />

Ballario O., 165<br />

Bandelloni R., 244<br />

Bandiera L., 138<br />

Indice per Autori<br />

Banfi S., 270<br />

Barassi F., 148<br />

Barbareschi M., 148<br />

Barberis M., 149, 156<br />

Barberis M.C., 258<br />

Barbieri P., 253<br />

Barisella M., 149, 199, 255<br />

Baron L., 290<br />

Barreca A., 143<br />

Barresi E., 160, 235<br />

Barresi G., 174, 194, 222<br />

Barresi V., 174, 194, 222, 267, 281<br />

Bartoli G., 258<br />

Basilisco G., 224<br />

Basso C., 104<br />

Basso E., 143<br />

Battanello W., 240<br />

Battista G., 256<br />

Battista S., 260<br />

Baumhoer D., 219, 221<br />

Beccarani U., 140<br />

Beccati M.D., 124<br />

Becherini F., 192, 195<br />

Belfiore A., 249<br />

Bellan C., 205, 268<br />

Bellezza G., 143, 218, 226, 258, 262<br />

Bellini C., 286<br />

Bellomi A., 122, 166, 167, 177, 178, 203<br />

Bellone S., 142<br />

Beltotti P., 290<br />

Beltrami C.A., 140<br />

Benvenuto M., 243, 288<br />

Berardengo E., 150<br />

Beretta R., 155<br />

Bernabei R., 156<br />

Bernardi A., 150<br />

Berno E., 150<br />

Bertacca G., 241<br />

Bertetto O., 290<br />

Bertoglio P., 216<br />

Bertolini V., 145, 198, 269<br />

Bertoni F., 147, 269<br />

Betta P.G., 96, 253<br />

Bevilacqua G., 241, 267<br />

Biancalani M., 164<br />

Bianchi A., 178<br />

Bianchi D., 157<br />

Bianchi P., 212<br />

Bianchi S., 124, 137<br />

Bianco M., 192, 278<br />

Bianconi F., 226<br />

Biasin M.R., 178<br />

Bigotti G., 177, 233, 233, 275<br />

Billo P.R., 209<br />

Bisanti L., 91<br />

Bisceglia M., 192, 214, 251, 252, 273, 278,<br />

284<br />

Biunno I., 258<br />

Blandamura S., 240<br />

Boaron M., 226<br />

Boccardo F., 286<br />

Boiocchi L., 211, 212<br />

Boldorini R., 220<br />

Boldrini R., 234, 279<br />

Bollito E., 243, 248<br />

Bonaccorsi L., 236<br />

Bonanno E., 156, 157, 203, 259, 260, 270, 271<br />

Bondi A., 186, 279<br />

Bonello L., 290<br />

Bonetti F., 121, 239, 242<br />

Boni L., 198<br />

Bonifacio D., 166, 287, 291<br />

Bonioli E., 286<br />

Bono F., 231<br />

Bonoldi E., 139<br />

Bonucci M., 216, 227, 228<br />

Bordi C., 215<br />

Borreo G., 288<br />

Bosari S., 138, 148, 211, 212, 250, 254, 264<br />

Bosco M., 264<br />

Bosincu L., 206<br />

Bosisio D., 208<br />

Bottarelli L., 215<br />

Botti G., 189, 212, 220, 222, 249, 250, 273<br />

Boveri E., 138, 206<br />

Bovo G., 238<br />

Bozzola C., 239<br />

Braghiroli G., 124<br />

Braidotti P., 191, 224<br />

Brambilla T., 180, 191<br />

Brancato B., 124<br />

Brancato F., 144<br />

Brancone M.L., 181, 228, 263<br />

Broglia F., 146, 205<br />

Brunelli M., 223, 237, 239, 242<br />

Bruno M.A., 265<br />

Bubendorf L., 250<br />

Buccoliero A.M., 122, 195, 204, 284<br />

Budillon A., 249<br />

Bufo P., 146, 175, 184, 222, 273<br />

Bulfamante G., 170<br />

Buonadonna A.L., 240<br />

Buonvino M., 216<br />

Burlo P., 272<br />

Busatto G., 234<br />

Bussani R., 160<br />

Bussolanti G., 290<br />

Bussolati G., 151, 168, 196<br />

Buttitta F., 148<br />

Cabibi D., 184, 197, 223, 235, 257<br />

Cabras A., 138<br />

Cacace M.G., 262<br />

Cacciatore M., 184, 223, 235, 257<br />

Calabrese G., 166, 167, 203<br />

Caliendo L., 174<br />

Caliendo L., 230, 243, 256, 288<br />

Callea F., 234, 279<br />

Calori R., 211<br />

Caltabiano R., 137<br />

Calvani M., 271<br />

Calzavara-Pinton P.G., 180<br />

Campanini N., 215<br />

Campanino P., 259<br />

Campi F., 170<br />

Campielli C., 109<br />

Campione M., 223<br />

Campisi C., 286<br />

Campisi P., 168<br />

Campisi V., 139<br />

Camponovo A., 150, 270<br />

Canalini P., 210<br />

Canavese G., 150<br />

Cancellieri A., 226


294<br />

Canesso A., 234<br />

Cannizzaro C., 223<br />

Cannone M., 149<br />

Cantile M., 250<br />

Canzonieri V., 248, 257<br />

Capasso G., 147<br />

Capella C., 120, 145, 147, 182, 183, 198,<br />

230, 253, 269<br />

Capelli A., 160, 216, 277<br />

Capelli P., 223<br />

Capello D., 115<br />

Capizzi E., 114<br />

Caporale B., 168<br />

Cappelli S., 156<br />

Cappellini A., 282<br />

Capponi G., 244<br />

Caprara G., 225, 226<br />

Caraceni D., 168<br />

Carafa V., 219<br />

Caraglia M., 249<br />

Caragliu N., 265<br />

Carantoni A., 124<br />

Carbone A., 136, 138, 236<br />

Carcangiu M.L., 94<br />

Carcano G., 145<br />

Cardone C., 175<br />

Carelli V., 140<br />

Cariaggi P., 164<br />

Carinci F., 275<br />

Carini M., 236, 241<br />

Carlà T.G., 187<br />

Carmignani L., 250<br />

Carnevali I., 269<br />

Carosi I., 251, 251<br />

Carosi M., 268, 269<br />

Carsana L., 220<br />

Cartaginese F., 143, 218, 226, 258, 262<br />

Carten G., 147<br />

Cartenì M., 222<br />

Carturan E., 104<br />

Caruso G., 141, 228, 246<br />

Caruso L., 264<br />

Caruso R.A., 182<br />

Casadio C., 256<br />

Casali P., 149, 199<br />

Casali P.G., 199, 255<br />

Casazza S., 244<br />

Casiello M., 168, 207, 215<br />

Cassisa A., 166, 167, 177, 178, 203<br />

Cassoni P., 151, 196<br />

Castagna M., 192, 195, 195<br />

Castellano I., 135, 264<br />

Castelvetere M., 192<br />

Castiglione F., 122, 161, 195, 204, 284<br />

Castri F., 177, 233, 275<br />

Casu M., 238<br />

Catania A., 254<br />

Cattaneo L., 156<br />

Cattani M.G., 262<br />

Cattoretti G., 230, 231, 238, 282<br />

Cavaliere A., 143, 218, 226, 258, 262<br />

Cavallari V., 182<br />

Cavalli F., 147<br />

Cavallini G.M., 170<br />

Cavazzana A., 139, 241, 267<br />

Cavazzini L., 144, 269<br />

Cavicchi C., 124<br />

Cavone D., 225<br />

Cecchi F., 161<br />

Cellini A., 206<br />

Cenacchi G., 136, 140<br />

Ceppa P., 224<br />

Ceppi P., 243<br />

Cerasoli S., 193, 194<br />

Ceriolo P., 224<br />

Cerrato M., 135<br />

Certo G., 263<br />

Cerutti R., 269<br />

Cesari S., 247<br />

Cesarotto L., 140<br />

Chiapparini L., 256<br />

Chiaravalli A.M., 145, 198, 269<br />

Chiarelli S., 237, 282<br />

Chichierchia G., 210, 268, 269<br />

Chieffi P., 250<br />

Chilosi M., 210, 211, 237, 239<br />

Chiodera P., 205<br />

Chistè K., 135<br />

Chiusa L., 196, 243<br />

Cianfriglia M., 195<br />

Ciappetta P., 139<br />

Cicinelli E., 245<br />

Cillo C., 250<br />

Cimmino A., 139, 197, 200, 201, 254, 265<br />

Cindolo L., 250<br />

Ciocca C., 174<br />

Ciocca F., 188<br />

Cioccoloni C., 226<br />

Cirucca M.C., 169<br />

Ciuffreda L., 290<br />

Claren R., 169<br />

Clemente C., 278<br />

Cocca M.P., 197, 200, 201<br />

Cocchi R., 274<br />

Cocco M., 205, 268<br />

Coggi G., 138, 148, 180, 211, 212, 224, 254<br />

Cognein P., 224<br />

Colagrande A., 200, 265<br />

Colantoni A., 156, 157, 259<br />

Colasante A., 232, 281<br />

Colecchia M., 136, 236<br />

Colella R., 143, 218, 226, 258, 262<br />

Coli A., 233, 275<br />

Collecchi P., 241, 267<br />

Collini P., 149, 199, 255<br />

Colombi A., 91<br />

Colonna M., 193<br />

Colozza M., 143<br />

Colpani F., 166, 167, 177, 178, 203<br />

Comi A., 190<br />

Comi P., 158<br />

Conde A.F., 137<br />

Conforti F., 161, 188<br />

Contini M., 206, 265<br />

Coppola D., 256<br />

Corapi U.P., 284<br />

Corazzelli G., 212<br />

Corsetti G.L., 227<br />

Cortelezzi A., 138<br />

Corti B., 114<br />

Corti D., 172, 241<br />

Cosci E., 175<br />

Cossu Rocca P., 206, 265, 239<br />

Costa G., 182<br />

Costantini A., 156, 157, 259<br />

Cotrupi S., 148<br />

Covello R., 269<br />

Crino L., 143, 226<br />

Crippa S., 270<br />

Criscuolo M., 240<br />

Cristina S., 235<br />

Crova A., 150<br />

Cucciarelli F., 258<br />

Cuppari D., 218<br />

Curduman M., 185<br />

Cutillo G., 268<br />

Cuttin M.S., 282<br />

INDICE PER AUTORI<br />

Dacorsi M., 221<br />

D’Adda T., 215<br />

Daddi G., 226<br />

Daidone M.G., 236<br />

Dal Bello B., 247<br />

D’Alessandro E., 240, 282<br />

D’Alessandro R., 140<br />

Dalfior D., 237<br />

Dalla Palma P., 135, 148<br />

D’Amati G., 161<br />

D’Ambrosio E., 240<br />

D’Ambrosio G., 247<br />

Damiani S., 225, 226<br />

D’Amico M., 149<br />

D’Amuri A., 187, 164<br />

D’Andrea E., 237<br />

Danese P., 177<br />

D’Angelo V.A., 192, 278<br />

Daniele L., 290<br />

Danieli D., 207<br />

D’Antuono T., 162, 232, 281<br />

Daprile R., 137<br />

D’Armiento F.P., 284<br />

D’Armiento M., 283, 284<br />

David E., 143<br />

De Blasio P., 258<br />

De Camilli E., 211<br />

De Cecio R., 234<br />

De Chiara A., 212, 220<br />

De Falco G., 268<br />

De Giorgio F., 216, 277, 277<br />

De Laurentis M., 168<br />

De Leonardis D., 165, 169, 288<br />

De Maria S., 222<br />

De Nisi M.C., 175<br />

De Pellegrin A., 291<br />

De Pieri M., 282<br />

De Pirro W., 165<br />

De Pirro W., 169<br />

De Renzo A., 212<br />

De Rosa G., 189, 234<br />

De Rosa V., 220<br />

De Trovato F., 241<br />

De Vito M., 181, 217, 228, 245, 263<br />

De Zio A., 202<br />

Declich P., 142<br />

Dei Tos A.P., 220<br />

Deiana A., 241<br />

Del Curto B., 147<br />

Del Granmastro M., 148<br />

Del Sordo R., 143, 218, 226, 258, 262<br />

Del Vecchio L., 212<br />

Delazer A.L., 124<br />

Delfino C., 179<br />

Dellachà A., 174, 230, 243, 256, 288<br />

Dell’Osa E., 232<br />

Delpiano C., 169<br />

Delsedime L., 143<br />

Demurtas A., 272<br />

D’Errico Grigioni A., 114<br />

Dessanti M.L., 210<br />

Dessanti P., 266<br />

Destro A., 146, 158<br />

Devito R., 234, 279<br />

Devizzi L., 138


INDICE PER AUTORI<br />

Dezzana M., 244<br />

Di Bernardo A., 139<br />

Di Bonito L., 125, 166, 287, 291<br />

Di Candia L., 278<br />

Di Carlo E., 162, 232<br />

Di Carlo L., 226<br />

Di Cristofano C., 241<br />

Di Lernia S., 188<br />

Di Marco B., 209<br />

Di Martino D., 93<br />

Di Napoli A., 141<br />

Di Napoli M., 166, 287<br />

Di Nuovo F., 169, 172, 179, 198, 209, 283<br />

Di Silvestre K., 228<br />

Di Spiezio Sardo A., 234<br />

Di Terlizzi L., 262<br />

Di Tommaso L., 146, 158<br />

Dileo P., 199<br />

Dimitri L., 252<br />

Diodoro M., 210, 269<br />

Diomedi Camassei F., 234<br />

Doglioni C., 147, 208, 244<br />

Donataccio M., 214<br />

Donati P., 179<br />

Donati R., 193<br />

Donato G., 161, 188<br />

Dongiovanni D., 290<br />

Donnola T., 172<br />

Draghini L., 218<br />

Dudine S., 166, 287, 291<br />

Duplaga M., 155<br />

Duranti E., 146, 217<br />

D’Urso P., 139<br />

Eccher A., 223, 237, 239, 242<br />

Elamin E.O.M., 258<br />

Ellis I., 137<br />

Elwali N.E., 258<br />

Epistolato M.C., 175<br />

Erino R., 146<br />

Esposito F., 250<br />

Eusebi V., 111<br />

Evangelista A., 277<br />

Fabbris V., 224<br />

Fabbrizio B., 114<br />

Fabris G., 206<br />

Facchetti F., 180, 193, 194, 205, 208, 279<br />

Facco C., 253<br />

Fadda G., 149, 157<br />

Faioni E.M., 264<br />

Fais G.F., 282<br />

Falco E., 266<br />

Falconi M., 223<br />

Falleni M., 148, 254, 264<br />

Falleti J., 234<br />

Fante R., 166, 167, 177, 178, 203<br />

Faravelli A., 158<br />

Farnedi A., 274<br />

Farneti G., 274<br />

Fasoli E., 138, 148, 254<br />

Fattori S., 195<br />

Fedeli F., 266<br />

Fedelini P., 147<br />

Federico F., 177<br />

Federico F., 233, 275<br />

Felicioni L., 148<br />

Fenocchio D., 262<br />

Fermo E., 212<br />

Feroce F., 221<br />

Ferrara G., 212<br />

Ferrarese S., 156<br />

Ferrari A.M., 158<br />

Ferraro A., 219<br />

Ferreri A.J.M., 147<br />

Ferrero E., 287, 224, 247, 264<br />

Ferri A., 155, 232<br />

Ferri I., 226<br />

Ferro A., 148<br />

Ferro P., 266<br />

Festa A., 265<br />

Fiaccavento S., 123<br />

Fibbi M.L., 198<br />

Ficarra V., 239<br />

Fimiani M., 175<br />

Finocchiaro G., 194<br />

Finzi G., 182, 183<br />

Fiocca R., 224<br />

Fiore M., 149, 199<br />

Fiore M.G., 182, 204<br />

Fiorella M.L., 227<br />

Fiorentino E., 223<br />

Fiorentino M., 114<br />

Fiorillo R., 158<br />

Fiorina P., 183<br />

Flacco A., 226<br />

Flamminio F., 111<br />

Florena A.M., 139, 257<br />

Florio F., 252<br />

Folli F., 183<br />

Fontana G., 264<br />

Fontanella E., 189, 220, 250<br />

Forlano R., 214<br />

Formica G., 222<br />

Fornaciari G., 188<br />

Forni M., 143, 156<br />

Forte L., 250<br />

Forte S., 155<br />

Forti G.I., 236<br />

Fortunato C., 156, 157, 259<br />

Foschini M.P., 274<br />

Francalanci P., 234<br />

Franceschetti S., 115, 206<br />

Franceschini M.C., 266<br />

Franchi A., 179<br />

Franchi G., 146<br />

Franco R., 189, 212, 220, 222, 249, 250<br />

Franco V., 139, 257<br />

Franzi F., 253<br />

Frasson C., 145, 259<br />

Frattini M., 150, 270, 244<br />

Frezza F., 287<br />

Fulcheri E., 247, 286<br />

Furlan D., 145, 269<br />

Fusco A., 219, 250<br />

Fusilli S., 251, 163, 165<br />

Gaban A., 144, 269<br />

Gabusi E., 114<br />

Gaetti L., 166, 167, 177, 203<br />

Gafà R., 144, 269<br />

Gagliardi E., 182<br />

Gaidano G., 115, 206<br />

Galasso O., 188<br />

Galimberti D., 191<br />

Galliani C., 252<br />

Galligioni E., 148<br />

Gallo F., 230<br />

Gallo P., 156, 157<br />

Gambacorta M., 138, 142<br />

Gandolfo S., 272<br />

Garbin F., 284<br />

Garbini F., 122, 161, 195, 204<br />

Garofalo L., 143<br />

Gasbarra R., 139, 227<br />

Gasparini C., 287<br />

Gatta A., 214<br />

Gazzano G., 250<br />

Geboes K., 117<br />

Gelmini S., 267<br />

Gemma C., 182<br />

Gennari F., 279<br />

Gentile M., 240<br />

Gentili F., 180<br />

Gharapetian D., 282<br />

Gheri C.F., 122, 161, 195, 204, 284<br />

Ghiringhello B., 289<br />

Ghisletta M., 150, 270<br />

Ghisolfi G., 135<br />

Giampaolino P., 234<br />

Gianatti A., 241<br />

Gianelli U., 138, 138, 180, 211, 212<br />

Giannatempo G., 278<br />

Gianni A.M., 138<br />

Giannico A., 266<br />

Giannini A., 164<br />

Giannini E., 224<br />

Gianquinto D., 266<br />

Giansanti M., 262<br />

Giardina C., 265<br />

Giarnieri E., 126<br />

Giordano M., 283<br />

Giovagnoli M.R., 126<br />

Giovenali P., 262, 287<br />

Girardi L.R., 236<br />

Giuffrè G., 267<br />

Giuffrida R., 257<br />

Giurato E., 185<br />

Giustiniani M.C., 217<br />

Gobbato M., 237<br />

Gobbo S., 223, 237, 239, 242<br />

Goldhirsch A., 111<br />

Gori S., 143, 258<br />

Gorji N., 266<br />

Goteri G., 206<br />

Granchelli G., 166, 167, 203<br />

Grandi E., 269<br />

Graziano P., 139<br />

Graziano P., 207, 227<br />

Greco P., 144, 185<br />

Grieco P., 249<br />

Grigioni W.F., 114<br />

Grillo F., 286<br />

Grimaldi A., 249<br />

Grimaldi A.M., 147<br />

Gronchi A., 149, 199, 255<br />

Grosso G., 242<br />

Grosso M., 281<br />

Gruppioni E., 114<br />

Guarnotta C., 184<br />

Guarrera G.M., 135<br />

Guazzoni G., 244<br />

Guerriero M., 219, 221<br />

Gulisano M., 155, 257<br />

Gullotta G., 261<br />

Gurrera A., 144, 185<br />

Guumnthert U., 221<br />

Guzzetti S., 158, 287<br />

Hamad H.M.A., 258<br />

Hameed O., 137<br />

Harding B., 195<br />

Hashimoto H., 202<br />

295


296<br />

Iaffaioli V.R., 220<br />

Iannelli A., 195<br />

Iasi G., 224<br />

Ibarra J., 137<br />

Ieni A., 281<br />

Iezzi G., 275<br />

Ilardi G., 189<br />

Immovilli S., 124<br />

Imperatori A., 253<br />

Incardona P., 205<br />

Ingravallo G., 265<br />

Ionna F., 273<br />

Isidoro E., 166, 287<br />

Iurlo A., 211, 212<br />

Jacoub M., 161<br />

Jacques T.S., 195<br />

Kawamukai K., 226<br />

Klersy C., 198<br />

Kwee I., 269<br />

La Mura A., 147, 189, 249<br />

La Rosa S., 120, 183, 230<br />

Labate A., 218, 263<br />

Labriola A., 137<br />

Lagrasta C., 215<br />

Lambertenghi Deliliers G., 138, 211, 212<br />

Lambertini A., 279<br />

Lanza G., 144, 269<br />

Lanzafame S., 137<br />

Lanzavecchia A., 205<br />

Lapenta R., 210<br />

Laratta C., 188<br />

Larghi A., 149<br />

Lattanzio G., 281<br />

Latteri F., 223<br />

Lauriola L., 189<br />

Lazzarino M., 138<br />

Lazzi S., 205, 268<br />

Lecca P.G., 149<br />

Lega S., 216, 217, 274<br />

Leo A.M., 254<br />

Leoncini L., 205, 268<br />

Leone A., 139, 227<br />

Leone O., 103<br />

Leong A., 137<br />

Leoni P., 206<br />

Lepanto D., 178<br />

Lescarini G., 261<br />

Lessi F., 241<br />

Lestani M., 210, 211, 249<br />

Leucci E., 268<br />

Leutner M., 220<br />

Licata M., 285<br />

Ligorio C., 225, 226<br />

Liguori G., 212, 250<br />

Liotti D., 260<br />

Lipsi R., 163, 165<br />

Lo Muzio L., 273<br />

Lo Re V., 179<br />

Lo Verde P., 263<br />

Loizzi M., 225<br />

Loquercio G., 189<br />

Losito N.S., 273<br />

Losito S., 249<br />

Losito S.N., 220<br />

Lovadina P., 150<br />

Lucchini V., 282<br />

Lucioni M., 138<br />

Ludovini V., 226<br />

Lugani A., 165<br />

Lugli A., 219, 221<br />

Lunardi M., 145<br />

Lunghi-Etienne L., 150, 270<br />

Lupattelli M., 218<br />

Lupi M., 285<br />

Lupo R., 196<br />

Luzzatto L., 236<br />

Maccio L., 216, 217<br />

Macciomei M.C., 139, 207, 227<br />

Maccioni A., 187<br />

Macrì L., 264, 290<br />

Maestri I., 144<br />

Maestri I., 269<br />

Maffezzini M., 244<br />

Maggioni M., 250<br />

Magnasco S., 232, 281<br />

Magri E., 145<br />

Magrini U., 138<br />

Magro G., 137, 144, 185<br />

Maiarù L., 140<br />

Maiello F.M., 256<br />

Maio V., 161, 179<br />

Malagnino V., 175<br />

Maltese L., 161, 188<br />

Mameli M.G., 143, 226, 258, 262<br />

Mamo M., 218<br />

Manara S., 156<br />

Manca A., 206<br />

Mancini M., 161<br />

Mandato D., 234<br />

Manente L., 139, 207, 227<br />

Maneo A., 231<br />

Manfrin E., 121<br />

Mangiapia M., 283, 284<br />

Manini C., 237<br />

Mannucci S., 205, 268<br />

Manz M.G., 205<br />

Manzi G., 188<br />

Marandino F., 268, 269<br />

Marasà L., 162, 190, 245, 246, 260, 274<br />

Marasà S., 260<br />

Marchet S., 182, 198, 230, 253<br />

Marchetti A., 148<br />

Marchetti C., 274<br />

Marchetti P., 146<br />

Marchione R., 202<br />

Marchioro G., 239<br />

Marci V., 248<br />

Margaria E., 150<br />

Mariani N., 253<br />

Mariani-Costantini R., 258<br />

Marinello S., 282<br />

Marini C., 195<br />

Marino C., 174, 243<br />

Marino C.E., 230, 256<br />

Marino M., 189, 210<br />

Marinucci A., 259<br />

Mariscotti G., 259<br />

Marone P., 220<br />

Marra M., 249<br />

Marras V., 265<br />

Marrella V., 279<br />

Marsella A., 268<br />

Marsico A., 272, 289<br />

Martella C., 197, 200, 201<br />

Martellani F., 166, 287, 291<br />

Martignoni G., 223, 237, 239, 242<br />

Martin V., 147, 150, 270<br />

INDICE PER AUTORI<br />

Martinelli B., 145<br />

Martinelli G., 147<br />

Martinelli G.N., 136, 140, 216, 217<br />

Martinengo C., 235<br />

Martinetti N., 150<br />

Martorana A., 197, 235<br />

Martucci R., 210<br />

Maruotti G., 284<br />

Marzullo A., 141, 204, 225, 254<br />

Masala D., 147<br />

Mascolo M., 189<br />

Massarelli G., 206, 265<br />

Massi D., 179<br />

Massi G., 177, 233, 233, 275<br />

Mastrodonato M., 182<br />

Matteuzzi M., 144<br />

Matysiak K., 155<br />

Mazzarelli P., 203, 270, 271<br />

Mazzeo N., 161<br />

Mazzolari M.G., 172<br />

Mazzucchelli L., 147, 150, 270<br />

Mazzucchelli R., 98<br />

Mecacci F., 284<br />

Mekki S.O., 258<br />

Melato M., 248, 278<br />

Melotti F., 141<br />

Memeo L., 155, 257<br />

Menestrina F., 210, 211, 223, 237, 239, 242<br />

Menicagli M., 241<br />

Mennonna P., 195<br />

Meo G., 249<br />

Mercurio C., 188<br />

Mercurio P., 172, 241<br />

Merone G., 283, 284<br />

Mesiti M., 263<br />

Messina A., 255<br />

Micello D., 182, 230<br />

Michelucci A., 267<br />

Migliora P., 221<br />

Mignogna C., 234<br />

Mincione G., 274<br />

Minelli P., 279<br />

Minervini A., 241<br />

Minervini R., 241<br />

Minola E., 142<br />

Miracco C., 175, 196<br />

Molina E., 164<br />

Molinari A., 249<br />

Moncini D., 122, 195, 204, 284<br />

Moneghini L., 170, 180, 191<br />

Monego G., 160, 216, 277<br />

Montagna L., 210, 211<br />

Montanari G., 289<br />

Montinari E., 216, 217<br />

Montironi P.L., 237<br />

Montironi R., 98<br />

Mora M., 247<br />

Morandi L., 226<br />

Morassi F., 157<br />

Morassi M., 180<br />

Morini S., 219, 261<br />

Moro A., 212<br />

Moroni M., 202, 266, 266<br />

Morosi C., 255<br />

Morra E., 138<br />

Morra I., 248<br />

Mourmouras V., 175<br />

Mulattieri S., 206<br />

Mura A., 206, 265<br />

Muraro R., 274<br />

Muscarà M., 235


INDICE PER AUTORI<br />

Muscio M., 143<br />

Musizzano Y., 286<br />

Mussi C., 199<br />

Musti M., 225<br />

Napoli A., 265<br />

Napoli G., 168, 207, 215<br />

Napoli P., 218<br />

Nappi O., 147<br />

Nardi I., 192<br />

Nardini V., 192, 195<br />

Natoli G., 146<br />

Nava L., 244<br />

Navone R., 272, 289<br />

Nebuloni M., 155, 232<br />

Negri S., 166, 167, 178, 203<br />

Nenci I., 145, 242, 259<br />

Nenna R., 225<br />

Nesi G., 236<br />

Ninfo V., 237<br />

Nirchio F., 163<br />

Nirchio V., 163, 165<br />

Nobili V., 279<br />

Nori J., 124<br />

Notarangelo L.D., 279<br />

Novero D., 209<br />

Nunnari J., 139, 207, 227<br />

Ober E., 291<br />

Olivotto I., 161<br />

Omazzi B., 142<br />

Omodeo Zorini E., 155, 232<br />

Onorati F., 161<br />

Oreste P., 142<br />

Ori M., 192<br />

Orlando C., 267<br />

Ottaviantonio M., 168<br />

Pacchioni D., 151, 168<br />

Padoan I., 237<br />

Pagano F., 155, 232<br />

Paglierani M., 236<br />

Pagni E., 230<br />

Paidas M., 284<br />

Pala O., 191<br />

Palaia R., 220<br />

Pallante P.L., 219<br />

Palomba A., 179, 204<br />

Palombo A., 240<br />

Palumbo M., 182, 200, 227, 245<br />

Palummo N., 205, 268<br />

Palvarini L., 177<br />

Pampiglione S., 170, 189<br />

Panelos J., 179<br />

Pannarale C., 228<br />

Pannarale G., 228<br />

Pannarale L., 228<br />

Pannone G., 146, 175, 184, 222, 273<br />

Pantuso G., 223<br />

Papa V., 136<br />

Papadantonakis A., 210<br />

Papanikolau N., 230<br />

Papatantonakis A., 268<br />

Papotti M., 243, 248<br />

Paradisi S., 191<br />

Parafioriti A., 95<br />

Paraluppi G., 143<br />

Parente P., 177, 233, 233, 275<br />

Parenti A.R., 237<br />

Parisi A., 237<br />

Parodi M.C., 224<br />

Parolini C., 239<br />

Pasanen A., 146<br />

Pasqualetti M., 192<br />

Pasquinelli G., 273, 278<br />

Pasquini C., 138<br />

Pasquini S., 160<br />

Passalacqua R., 112<br />

Passantino R., 260<br />

Pastorino A., 174, 230, 243, 244, 256, 288<br />

Paulli M., 106, 138<br />

Paulon C., 158<br />

Pavanelli M.C., 221<br />

Pea M., 242<br />

Pecchioni C., 135<br />

Pecciarini L., 147<br />

Pecori S., 223<br />

Pederzoli P., 223<br />

Pedica F., 222<br />

Pedicillo M.C., 146, 273<br />

Pedriali M., 145, 242, 259<br />

Pedron S., 210, 211<br />

Pel-Bleuming S.A., 142<br />

Pellegatta S., 194<br />

Pellegrinelli A., 136, 199, 236<br />

Pellegrini C., 148<br />

Penatti M., 172<br />

Penco S., 267<br />

Pennacchia I., 177, 233, 233., 275<br />

Pennecchi F., 158<br />

Pennella A., 225<br />

Pennelli N., 137<br />

Pennetti A., 269<br />

Pentenero M., 272<br />

Perasole A., 178<br />

Perego P., 230, 231<br />

Perin T., 248<br />

Perracchio L., 268<br />

Perrone Donnorso R., 210, 268, 269<br />

Perrone G., 178, 219, 261<br />

Perrotta I., 188<br />

Perrotti V., 274, 275<br />

Pesce G., 224<br />

Pession A., 226<br />

Petrella D., 142<br />

Petretto E., 287<br />

Pettinato G., 212<br />

Pezzica E., 137, 172, 241<br />

Piattelli A., 274<br />

Piattelli A., 275<br />

Picardi P., 206<br />

Piccaluga P.P., 109<br />

Piccirilli M., 274, 275<br />

Piccoli P., 210, 211<br />

Piccolomini M., 232, 281<br />

Pietra L., 266<br />

Pileri S.A., 109<br />

Pili F., 206, 265<br />

Pilotti S., 149, 199, 255<br />

Pilotto A., 214<br />

Pilozzi E., 217<br />

Pimpinelli N., 179<br />

Pinotti G., 147<br />

Piovesan M., 172<br />

Pirini M.G., 114<br />

Piris M., 268<br />

Pirisi M., 220<br />

Pisa R., 139, 207, 227<br />

Pisani F., 210<br />

Pisani G., 256<br />

Piscitelli D., 141, 182, 204, 227, 254<br />

Piselli F., 258<br />

Pistillo M.P., 266<br />

Pistola L., 226<br />

Pizzamiglio S., 137<br />

Pizzi S., 215, 282<br />

Placidi C., 145, 182, 183, 198<br />

Poerio V., 284<br />

Poggi S., 165, 288<br />

Polara A., 242<br />

Poletto L., 234<br />

Poliani P.L., 193, 194, 279<br />

Polimeno L., 182<br />

Pollice L., 225<br />

Pompei G., 197<br />

Pompili C., 146<br />

Pontoni S., 165, 169<br />

Ponzoni M., 147, 205, 208<br />

Porpiglia F., 243, 248<br />

Possanzini P., 180, 191<br />

Postiglione M., 290<br />

Postorivo D., 260<br />

Preda P., 136<br />

Pruneri G., 147<br />

Pucci A., 143<br />

Pucci S., 203, 270, 271<br />

Pulerà F., 156<br />

Pulini S., 206<br />

Putrino I., 284<br />

Puzzo L., 137<br />

Quaranta N., 227<br />

Quarto F., 290<br />

Querzoli G., 145<br />

Querzoli P., 145, 259<br />

297<br />

Rabitti C., 178, 219, 261<br />

Radaelli F., 211, 212<br />

Rafaniello P.R., 211<br />

Raffaelli M., 157<br />

Ragazzini T., 274<br />

Rahal D., 146<br />

Ramponi A., 206<br />

Ranelletti F.O., 160<br />

Raparelli F., 156<br />

Rappa F., 162<br />

Raspollini M.R., 204<br />

Ravanini M., 180, 194, 279<br />

Re P., 253<br />

Regattieri L., 122<br />

Reggiani Bonetti L., 285<br />

Reisoli E., 192<br />

Remo A., 249<br />

Remorgida V., 247<br />

Remotti D., 139, 207, 227<br />

Renzulli A., 161<br />

Renzulli G., 168, 200, 207, 215<br />

Repele M., 240<br />

Resat L., 201<br />

Resta L., 182, 227, 245, 254<br />

Restini E., 216<br />

Rhoden K.J., 274<br />

Riboni R., 138<br />

Ricca R., 247<br />

Ricci R., 149<br />

Riccioni L., 193<br />

Ricco R., 139, 168, 197, 200, 201, 207, 215<br />

Rigatti P., 244<br />

Righi L., 243<br />

Rigoli E., 230<br />

Rinaldi R., 140, 145, 259<br />

Rindi G., 215<br />

Risio M., 118<br />

Riva C., 230


298<br />

Rivasi F., 170, 189, 285<br />

Rizzardi C., 248, 278<br />

Rizzo G., 158<br />

Rizzo P., 164<br />

Rocco F., 250<br />

Rodolico V., 184<br />

Romagnani E., 150<br />

Romagnoli R., 143<br />

Romagnoli S., 148, 254<br />

Romano A., 166, 287, 291<br />

Roncalli M., 131, 146, 158<br />

Roncella S., 266<br />

Roncoroni L., 209<br />

Rosano I., 166<br />

Rosini S., 168<br />

Rossi D., 115<br />

Rossi Degl’Innocenti D., 284<br />

Rossi E.D., 149, 157, 216, 227, 228<br />

Rossi R., 182, 201, 204, 227, 228, 245, 254<br />

Rossi S., 124, 137, 170, 242<br />

Rostan I., 272, 272<br />

Rotolo N., 253<br />

Rubegni P., 175<br />

Rubini C., 273, 274, 275<br />

Rucci F., 279<br />

Rucco V., 249<br />

Ruco L., 141, 146, 217<br />

Rupoli S., 206<br />

Russo A., 91<br />

Russo S., 256<br />

Rutigliani M., 286<br />

Sabato N., 166<br />

Sabattini E., 109<br />

Sacchetti S., 219<br />

Saggia C., 221<br />

Sagramola M., 262<br />

Sahnane N., 269<br />

Sala L., 220<br />

Salerno A., 279<br />

Saletti P., 150<br />

Salizzoni M., 143<br />

Salviato T., 248<br />

Sanguedolce F.,<br />

Sanguedolce F., 139, 146, 204, 222<br />

Santagostino A., 221<br />

Santambrogio L., 148, 254<br />

Santi R., 179<br />

Santini D., 219<br />

Santoro A., 180, 222, 273<br />

Santoro B., 216<br />

Santoro L., 217<br />

Santucci M., 179<br />

Sapino A., 135, 259, 264, 290<br />

Sarcinella D., 287, 291<br />

Sarra M., 188<br />

Savarese A., 268<br />

Savarino V., 224<br />

Savi F., 211<br />

Scacchi C., 256<br />

Scala S., 147, 189<br />

Scamarcio R., 168, 207, 215<br />

Scarpa R.M., 248<br />

Scarpino S., 141, 146<br />

Scarpulla S., 155, 257<br />

Scattone A., 225, 240, 254<br />

Schena M., 290<br />

Schiavon I., 287, 291<br />

Schips L., 250<br />

Schneider M., 248, 278<br />

Scibetta N., 190, 245, 246, 274<br />

Scordari M.D., 164<br />

Scotti C., 172<br />

Semeraro A., 226<br />

Senatore S., 164<br />

Senetta R., 196, 259, 264<br />

Sentinelli S., 210, 269<br />

Serio G., 141, 225, 240, 245, 254<br />

Serni S., 236<br />

Serrat Gomez F., 262<br />

Serresi S., 206<br />

Sessa F., 120, 253<br />

Sesti F., 203, 270, 271<br />

Siciliano A., 256<br />

Sidoni A., 143, 218, 226, 258, 262<br />

Signorelli M., 230<br />

Silingardi E., 285<br />

Silini E.M., 247<br />

Silvestri E., 139, 207, 227, 160<br />

Silvestro C., 288<br />

Simeone A., 214, 251<br />

Simoncelli D., 172<br />

Simone A., 267<br />

Simonetti E., 157<br />

Sintini M., 193<br />

Sironi S., 238<br />

Slatich G., 166<br />

Smirne C., 220<br />

Sorrentino C., 162, 232<br />

Sozzani S., 180<br />

Spagnoli L.G., 156, 157, 179, 203, 259, 260,<br />

270, 271<br />

Spairani C., 202<br />

Spano G., 197<br />

Spinelli M., 169, 179, 198, 209, 262, 283<br />

Spinucci G., 222<br />

Squillaci S., 202, 284<br />

Stacchiotti S., 149, 199, 199, 255<br />

Staibano S., 189<br />

Stefano P., 161<br />

Sterrantino M., 218<br />

Stigliano E., 160, 216<br />

Stoppacciaro A., 217<br />

Stracca Pansa V., 262<br />

Strada G.R., 238<br />

Stramazzotti D., 206<br />

Stramignoni D., 237<br />

Striano S., 249<br />

Stronati A., 206<br />

Stura S., 168<br />

Szoke K., 285<br />

Taddei G.L., 122, 161, 164, 195, 204, 284<br />

Tagliavacca L., 264<br />

Talerico C., 141<br />

Tallarigo F., 202, 284<br />

Tallini G., 201, 226<br />

Tamburini E., 215<br />

Tarantino L., 136<br />

Tarantino V., 140<br />

Tassetti A., 206<br />

Tatasciore U., 232<br />

Tateo D.M., 141<br />

Tateo S., 247<br />

Tavaglione V., 243<br />

Tavani E., 142<br />

Tell G., 140<br />

Ternullo M.P., 162<br />

Terracciano L., 219<br />

Terracciano L.M., 221<br />

Terracciano L., 249, 250<br />

Terrone C., 243<br />

Teta G., 256<br />

Thiene G., 104<br />

Tibiletti M.G., 147<br />

Tizzani P., 163<br />

Tofanetti F.R., 226<br />

Tomasello G., 112<br />

Tomasello I., 161<br />

Tomezzoli A., 214<br />

Tonini G., 219<br />

Tonutti M., 287<br />

Toraldo M., 258, 262<br />

Tornillo L., 219, 221, 249, 250<br />

Torri E., 227<br />

Tortorella S., 146<br />

Tosi A.L., 216, 217<br />

Tosi P., 205, 268<br />

Trabucco S., 246<br />

Traggiai E., 205<br />

Traversi C., 200<br />

Tresoldi D., 158<br />

Trevisan G., 140<br />

Tripepi S., 188<br />

Tripodo C., 139, 257<br />

Trozzi C., 157<br />

Tuccari G., 194, 222, 267<br />

Tucci M.G., 206<br />

Tumino R., 262<br />

Tura M., 198<br />

Turbino L., 244<br />

Turnbull I.R., 193<br />

Tussiwand R., 205<br />

Uboldi P., 169, 172, 198, 209, 283<br />

Uccella S., 147, 269<br />

Uguccioni M.G., 208<br />

Ulcigrai L., 166, 287<br />

Usellini L., 183<br />

Uziel L., 138<br />

INDICE PER AUTORI<br />

Vago L., 155, 232<br />

Vaira V., 138, 148, 254<br />

Vairo M., 278<br />

Valente G., 206<br />

Valentini S., 235<br />

Valentino P., 188<br />

Valenzano M., 286<br />

van den Brink G.R., 142<br />

Varsi C., 187<br />

Vascotto C., 140<br />

Vasquez E., 185<br />

Vecchio F.M., 149<br />

Vecchione R., 283<br />

Vedovato S., 282<br />

Vellone V.G., 129<br />

Vener C., 138, 211, 212<br />

Ventre F., 283, 284<br />

Ventre I., 284<br />

Ventrella V., 137<br />

Ventura L., 181, 188, 217, 228, 245, 263<br />

Ventura T., 181, 228, 263<br />

Venturino E., 165, 169, 174, 230, 243, 256,<br />

288<br />

Verderio P., 137<br />

Vermi W., 180, 193, 208<br />

Vezzosi V., 124, 137, 204<br />

Viacava P., 128<br />

Vianale G., 274<br />

Viberti L., 158, 262<br />

Vigan P., 238<br />

Vigna S., 135<br />

Villa A., 279


INDICE PER AUTORI<br />

Vinaccia P., 256<br />

Viola F., 191<br />

Visca P., 268, 269<br />

Vitali R., 258<br />

Vitarelli E., 174, 222, 281<br />

Vizza E., 268<br />

Volante M., 243, 248<br />

Volpe A., 243<br />

Von Lorch W., 156<br />

Wechsler J., 175<br />

Zaccaria M., 227<br />

Zaffaroni N., 136, 236<br />

Zagami M., 261<br />

Zambon A., 282<br />

Zamboni G., 119<br />

Zamparese R., 175, 184<br />

Zanardo V., 282<br />

Zanca A., 177, 178<br />

Zanconati F., 166, 287, 291<br />

Zanella A., 212<br />

Zanin T., 287<br />

Zannoni G.F., 129<br />

Zappacosta B., 168, 232, 281, 168, 281<br />

Zappulla E., 122, 195, 204<br />

Zattoni F., 239<br />

Zavatta M., 140<br />

Zedda C., 187<br />

Zeppetella Del Sesto F.S., 283<br />

Zingaro B., 158<br />

Zingrillo M., 163<br />

Zini E., 164<br />

Zito F.A., 137<br />

Zlobec I., 221<br />

Zlobec L., 250<br />

Zolfanelli F., 164<br />

Zoni R., 222<br />

Zorzi M.G., 210, 211, 249<br />

Zucca E., 147<br />

Zuccalà V., 182<br />

Zucchini N., 114<br />

299

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