Pathologica 4-07.pdf - Pacini Editore
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PATHOLOGICA 2007;99:106-110<br />
I linfomi B a cellule della zona marginale<br />
M. Paulli<br />
Dipartimento di Patologia Umana, Università di Pavia<br />
Nel 1958, Lennert fu il primo a descrivere la cosiddetta “istiocitosi<br />
immatura dei seni “, che si rivelò poi essere una proliferazione<br />
linfoide reattiva di un peculiare “subset” di cellule<br />
B definite come “monocitoidi”. Lennert aveva osservato<br />
questa reazione sia in casi di sialoadenite linfoepiteliale sia in<br />
alcuni immunocitomi sempre insorti a livello delle ghiandole<br />
salivari.<br />
Successivamente, vari Autori segnalarono linfomi con caratteristiche<br />
citomorfologiche riconducibili alle cellule B<br />
monocitoidi, ma solo nel 1992 si iniziò ad ipotizzare l’esistenza<br />
di una stretta correlazione tra il linfoma a cellule della<br />
zona marginale nodale da un lato e, rispettivamente, i linfomi<br />
MALT-correlati ed il linfoma primitivo splenico della<br />
zona marginale dall’altro.<br />
Seguono alcune brevi note dedicate in parte alla descrizione<br />
dei principali aspetti morfofunzionali della zona marginale<br />
“normale”, in parte al linfoma marginale a primitività nodale,<br />
forma quest’ultima di relativamente rara osservazione. In<br />
margine, alcune considerazioni sui dati emergenti che sembrano<br />
dimostrare la rilevanza eziopatogenetica dell’infezione<br />
da virus HCV nell’eziopatogenesi di alcuni “subsets” di linfomi<br />
della zona marginale.<br />
La zona marginale: definizione, distribuzione anatomica<br />
e morfologia. La zona marginale ZM è un ben distinto compartimento<br />
B-cellulare, più evidente in quegli organi linfoidi<br />
ad es. polpa bianca della milza, placche del Peyer nel piccolo<br />
intestino, tonsille dove il contatto con l’antigene è più frequente<br />
e quantitativamente più rilevante. Per questa ragione<br />
nei linfonodi, in condizioni di normale stimolo antigenico, la<br />
ZM è di solito poco riconoscibile, con la sola eccezione dei<br />
linfonodi mesenterici.<br />
La ZM circonda la corona mantellare ed è costituita da elementi,<br />
prevalentemente di medie dimensioni, con citoplasma<br />
spesso chiaro e nuclei, da tondeggianti ad ovoidali, con uno<br />
o due nucleoli. All’esame ultrastrutturale le cellule della ZM<br />
contengono numerosi piccoli mitocondri, scarse cisterne di<br />
reticolo endoplasmatico rugoso ed un ben sviluppato apparato<br />
del Golgi. Le cellule della ZM sono frammiste ad una quota<br />
variabile di elementi di aspetto blastico, piccoli linfociti,<br />
macrofagi, plasmacellule e talora granulociti.<br />
Mentre la ZM è poco sviluppata nei linfonodi normali, essa è<br />
invece ben evidente in varie linfoadenopatie reattive, la gran<br />
parte dei quali ad eziologia infettiva ad es. toxoplasmosi, infezione<br />
da HIV, ecc., in forma di una proliferazione B di aspetto<br />
monocitoide, con caratteristica distribuzione sinusale<br />
sottocapsulare cosiddetta “istiocitosi immatura dei seni”.<br />
Proliferazione/iperplasia delle cellule B-monocitoidi è spesso<br />
osservabile anche in linfonodi che drenano da aree sede di<br />
neoplasia ad es. carcinoma della mammella e carcinoma gastrico.<br />
Il profilo immunofenotipico delle cellule della ZM prevede<br />
l’espressione degli antigeni CD20 e CD79a con negatività<br />
per CD5, CD10, CD23 e CD43. Si osserva inoltre reattività<br />
per le sIgM con debole/assente espressione di IgD; frequenti<br />
le positività per CD21/CD35 CR1/2 e C3 e per la fosfatasi alcalina.<br />
Allo stato dell’arte, non sono disponibili marcatori<br />
Linfomania<br />
immunoistochimici assolutamente specifici per le cellule della<br />
ZM; alcune speranze in tal senso vengono dai risultati dei<br />
tests condotti con l’anticorpo anti-IRTA-1 “immune receptor<br />
translocation associated-1 protein, sviluppato presso il laboratorio<br />
del prof. Falini.<br />
Nonostante il termine ZM identifichi una micro-area anatomica<br />
in sede splenica, vari studi hanno sottolineato le analogie<br />
morfofunzionali tra le componenti cellulari della ZM rispettivamente<br />
splenica e nodali. Esistono però, tra questi distretti,<br />
minori differenze in termini di profilo antigenico responsabili,<br />
almeno in parte, delle loro differenti caratteristiche funzionali.<br />
Queste differenze immunofenotipiche riguardano l’espressione<br />
di IgM e bcl-2 rispettivamente variabile ed assente<br />
negli elementi monocitoidi nodali, del Ki-B3, epitopo del<br />
CD45RA presente sugli elementi monocitoidi nodali, negativo<br />
nella ZM splenica e dell’antigene DBA44 negativo sulla<br />
ZM splenica, positivo nel 20% circa degli elementi monocitoidi<br />
nodali.<br />
Su queste basi rimane aperto il dibattito sull’esatta o meno<br />
corrispondenza funzionale tra le cellule della ZM splenica e<br />
gli elementi B monocitodi nodali.<br />
Secondo alcuni Autori, questi ultimi rappresenterebbero una<br />
sottopopolazione B funzionalmente differente rispetto alle<br />
cellule della ZM splenica: studi sullo stato mutazionale dei<br />
geni delle regioni variabili delle immunoglobuline IgvH condotti<br />
su cellule della ZM splenica ed a livello delle placche<br />
del Payer hanno dimostrato trattarsi prevalentemente di<br />
“memory-cells”, con una componente minoritaria di elementi<br />
“naive”. Al contrario, gli elementi monocitoidi nodali, ad<br />
esempio quelli presenti in corso di linfoadenite toxoplasmosica,<br />
sono risultati prevalentemente di tipo “naive” con<br />
una quota 25% circa di cellule post-centro germinativo “nonantigen-selected”.<br />
L’esatta origine degli elementi della ZM e la loro funzione<br />
non sono quindi completamente chiarite: evidenze sperimentali<br />
indicherebbero le cellule della ZM quali precursori delle<br />
plasmacellule tipo Marschalko; questa modulazione funzionale<br />
si realizzerebbe entro 24 ore circa dal contatto con<br />
l’antigene, attraverso il passaggio immunoblasto, plasmoblasto<br />
sino a plasmacellula, indipendentemente dai meccanismo<br />
di regolazione T-mediati. A livello della polpa bianca<br />
splenica, le cellule della ZM rappresenterebbero poi sia<br />
dei siti di legame che dei vettori di trasporto di antigeni e di<br />
complessi immuni, che verrebbero così più facilmente messi<br />
a contatto con i prolungamenti degli elementi dendritico-reticolo-follicolari.<br />
Linfomi a derivazione dalla zona marginale. Nonostante<br />
siano caratterizzati da analogie sia morfologiche che immunomolecolari,<br />
i linfomi della ZM mostrano tuttavia alcune<br />
peculiarità in termini di presentazione clinica e di “outcome”,<br />
tali da giustificarne una distinzione in forme primitive nodali<br />
e forme primitive extranodali.<br />
La “WHO Lymphoma Classification” ha quindi suddiviso i<br />
linfomi B della zona marginale rispettivamente in:<br />
a. linfoma B della zona marginale a primitività nodale;<br />
b. linfoma B della zona marginale a primitività extranodale<br />
del tessuto linfoide mucosa associato MALT * ;<br />
c. linfoma B della zona marginale a primitività splenica.<br />
* a queste principali categorie deve essere aggiunto il linfoma<br />
B della zona marginale a primitività cutanea, inserito come