Pathologica 4-07.pdf - Pacini Editore
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Alterazioni istopatologiche e ultrastrutturali<br />
nel connettivo subsinoviale nella sindrome<br />
del tunnel carpale idiopatica<br />
G. Donato, F. Conforti, I. Perrotta * , L. Maltese, C. Laratta,<br />
S. Tripepi * , P. Valentino ** , O. Galasso *** , A. Amorosi<br />
Cattedra di Anatomia Patologica, Facoltà di Medicina e<br />
Chirurgia, Università “Magna Graecia”, Catanzaro; * Dipartimento<br />
di Ecologia, Università della Calabria, Rende; **<br />
Cattedra di Ortopedia, Facoltà di Medicina e Chirurgia,<br />
Università “Magna Graecia”, Catanzaro; *** Cattedra di<br />
Neurologia, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università<br />
“Magna Graecia”, Catanzaro<br />
Introduzione. La sindrome del tunnel carpale è una patologia<br />
con una incidenza in crescita, stimata tra circa 100 e 200<br />
casi per 100.000 persone per anno (Ashworth, 2007). Nella<br />
maggior parte dei casi la patologia è idiopatica, mentre più<br />
raramente si riconoscono cause come malattie metaboliche,<br />
lesioni occupanti spazio, infezioni ecc. Le alterazioni istopatologiche<br />
nella sindrome del tunnel carpale sono poco conosciute.<br />
Tradizionalmente il dato saliente è considerato una fibrosi<br />
sinoviale non infiammatoria a livello dei tendini dei<br />
muscoli flessori accompagnata a livello ultrastrutturale da alterazioni<br />
delle fibrille collagene del connettivo subsinoviale<br />
(Ettema, 2004; Oh, 2006).<br />
Metodi. Scopo del nostro lavoro è stato quello di valutare dal<br />
punto di vista istopatologico, immunoistochimico e ultrastrutturale<br />
le alterazioni presenti nella membrana sinoviale<br />
dei tendini flessori in 16 soggetti (11 donne e 5 uomini) sottoposti<br />
a intervento chirurgico per sindrome del tunnel carpale.<br />
La nostra valutazione ha avuto anche lo scopo di formulare<br />
nuove ipotesi sulla genesi di questa entità patologicoclinica.<br />
Dal punto di vista istopatologico i nostri dati confermano<br />
quelli recenti della letteratura: Presenza di fibrosi e proliferazione<br />
vascolare con iperplasia e ipertrofia intimale.<br />
Risultati. Dal punto di vista immunoistochimico è stato possibile<br />
rilevare che nei soggetti studiati la valutazione dell’attività<br />
proliferativa cellulare, effettuata mediante studio dell’antigene<br />
Ki-67 (anticorpo MIB-1), ha evidenziato come<br />
una percentuale variabile dal 2 al 5% di cellule dell’endotelio<br />
vasale e dello stroma fosse in fase mitotica.<br />
Un altro dato interessante dal punto di vista immunoistochimico<br />
è il rilievo della positività delle cellule stromali per gli<br />
antigeni CD34 e CD31. Tale rilievo suggerisce che tali elementi<br />
hanno caratteristiche di progenitori endoteliali simili a<br />
quelle capaci di formare una rete di strutture capillary-like in<br />
coltura (Alessandri, 2001).<br />
Dal punto di vista ultrastrutturale in microscopia elettronica<br />
a scansione e a trasmissione si rileva come il processo di<br />
iperplasia e ipertrofia endoteliale porti spesso a occlusione<br />
delle strutture vascolari neoformate con conseguente ischemia<br />
del tessuto.<br />
Conclusioni. In conclusione dal punto di vista patogenetico<br />
è possibile che si instauri una sorta di circolo vizioso a partire<br />
dai primi episodi ischemici microtraumatici che portano a<br />
una risposta angiogenetica anomala all’ipossia.<br />
POSTERS<br />
Paleoistologia dei resti mummificati del<br />
Tadrart Acacus, Libia sud-occidentale (IV<br />
millennio a.C.)<br />
L. Ventura, C. Mercurio, F. Ciocca, M. Sarra, S. Di Lernia<br />
* , G. Manzi ** , G. Fornaciari ***<br />
U.O. di Anatomia Patologica, ASL 4, Ospedale “San Salvatore”,<br />
L’Aquila; * Dipartimento di Scienze Storiche Archeologiche<br />
e Antropologiche dell’Antichità, Università “La Sapienza”,<br />
Roma; ** Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo,<br />
Università “La Sapienza”, Roma; *** Divisione di<br />
Paleopatologia, Dipartimento di Oncologia, dei Trapianti e<br />
delle Nuove Tecnologie in Medicina, Università di Pisa<br />
Introduzione. La Missione Archeologica Italo-Libica nell’Acacus<br />
e Messak, finalizzata allo studio della straordinaria<br />
arte rupestre ed alla ricostruzione delle vicende umane della<br />
regione, comprende concessioni di scavo di enorme prestigio<br />
per l’archeoantropologia italiana.<br />
Presentiamo i risultati dello studio di 2 individui parzialmente<br />
mummificati (TK-H1 e TK-H9), rinvenuti nel massiccio<br />
del Tadrart Acacus e vissuti nel IV millennio a.C. (datazione<br />
al radiocarbonio: 6090 ± 60 e 5600 ± 70 anni fa).<br />
Metodi. I resti sono stati sottoposti ad analisi radiologica,<br />
esame esterno e campionamento. Prelievi di ossa, tendini, dischi<br />
intervertebrali, muscoli scheletrici, vasi, cute e visceri<br />
sono stati reidratati in soluzione di Sandison per 24-72 ore,<br />
includendo preliminarmente in agar i campioni più delicati e<br />
decalcificando in acido forte per 1 ora l’osso reidratato. I tessuti<br />
sono stati processati ed inclusi in paraffina per ottenere<br />
sezioni di 4 µm, colorate con ematossilina-eosina, Masson,<br />
Perls e van Gieson fibre elastiche.<br />
Risultati. Entrambi gli individui risultavano di sesso femminile,<br />
con età apparente di 30-35 anni per il soggetto H1 e non<br />
definibile per H9 a causa della limitatezza dei segmenti corporei.<br />
L’esame radiologico di H1 evidenziava iperostosi cranica,<br />
frattura ulnare sinistra in consolidamento, lesione sclerotica<br />
del collo femorale destro, strie di Harris dell’epifisi tibiale<br />
prossimale sinistra. Il soggetto H9 non presentava alterazioni<br />
significative.<br />
L’analisi istologica dei campioni mostrava tessuto fibroso<br />
con lacune riferibili ad alterazioni tafonomiche, muscolo<br />
scheletrico con buona evidenza di striature, osso spugnoso e<br />
compatto, pareti viscerali e materiale fecale contenente ectoparassiti.<br />
Numerosi campioni presentavano contaminazione<br />
da materiale terroso e diffusa colonizzazione da spore fungine.<br />
Conclusioni. Gli individui femminili neolitici, sebbene incompleti,<br />
presentavano segni di patologia traumatica (esiti di<br />
fratture) e carenziale (strie di Harris, iperostosi cranica).<br />
L’evidenza di strutture riferibili a tessuti molli e scheletrici<br />
pur prive di patologie ha consentito di studiare le caratteristiche<br />
di organi che possono essere considerati tra i più antichi<br />
sottoposti ad esame istologico.<br />
La presenza di spore fungine, da non interpretare come emazie,<br />
è costante in paleoistologia e non assume significato patologico.<br />
Esami immunoistochimici, ultrastrutturali, parassitologici e<br />
molecolari consentiranno di ampliare le informazioni sui tessuti<br />
e le condizioni di salute degli individui in esame.