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Pathologica 4-07.pdf - Pacini Editore

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PATHOLOGICA 2007;99:187-191<br />

Dirofilariasi umana repens a sede insolita:<br />

descrizione di un nuovo caso in Puglia<br />

A. D’Amuri *** , T.G. Carlà *<br />

* Ospedale “Sacro Cuore di Gesù”, U.O. Anatomia Patologica<br />

ASL/LE Area Sud Maglie; ** Scuola di Dottorato in Biotecnologie<br />

Mediche, Dipartimento di Patologia Umana ed<br />

Oncologia, Università di Siena<br />

Introduzione. La Dirofilaria repens è un nematode parassita<br />

presente in animali domestici quali il cane e il gatto ed anche<br />

selvatici, antropozoonosi con localizzazione preferenziale a<br />

livello sottocutaneo delle parti anatomiche esposte (testa,<br />

collo, tronco e arti superiori) mentre più rare sono le localizzazioni<br />

in sede anatomica profonda (polmone, omento, mesentere<br />

e organi sessuali).<br />

Metodi. Uomo di anni 45, durante un intervento chirurgico<br />

di ernioplastica inguinale sinistra, gli fu riscontrata occasionalmente<br />

una neoformazione solida, lardacea e dolente a livello<br />

del funicolo del testicolo sinistro. Praticata l’escissione<br />

chirurgica del didimo, epididimo e funicolo sinistro, il tutto<br />

fu inviato presso la nostra Unità Operativa di Anatomia Patologica<br />

ponendo come quesito diagnostico differenziale tra<br />

lesione infiammatoria o neoplastica. Macroscopicamente il<br />

pezzo operatorio comprendeva didimo del diametro massimo<br />

di 5 cm epididimo e funicolo della lunghezza complessiva di<br />

9 cm; a circa 2 cm dal margine di resezione del funicolo si<br />

rinveniva un’area di consistenza aumentata nodulariforme<br />

del diametro massimo di cm 2,5.<br />

Risultati. Istologicamente al livello del parenchima didimario<br />

ed epididimario non si riscontravano alterazioni patologiche.<br />

A livello del cellulare fibro-adipo-vascolare del funicolo<br />

era presente una intensa reazione flogistica di tipo cronica e<br />

granulomatosa ad impronta linfo-istiocitaria con presenza di<br />

numerosi eosinofili incentrata attorno a sezioni trasversali di<br />

nematode identificato del tipo Dirofilaria repens. Fu, quindi<br />

formulata una diagnosi di dirofilariasi repens in sede annessiale<br />

testicolare.<br />

Conclusioni. La Dirofilariasi dal punto di vista diagnostico<br />

istopatologico è sempre una evenienza non frequente, dopo i<br />

9 casi già descritti in passato nella regione Puglia 1 . Resta in<br />

ogni caso da rilevare la localizzazione rara (2 casi segnalati<br />

in passato in Italia, ed 1 in Ungheria) 2 a livello degli annessi<br />

testicolari in sede funicolare, ed il fatto che si è trattato di un<br />

reperto occasionale durante un intervento chirurgico di ernioplastica<br />

inguinale.<br />

Bibliografia<br />

1 Pampiglione S, et al. <strong>Pathologica</strong> 1994;86:528-32.<br />

2 Elek G, et al. Pathol Oncol Res 2000;6:141-5.<br />

Miscellanee<br />

Ricognizione sul cadavere dello storico Pietro<br />

Martini, “pietrificato” nel 1866 dal medico<br />

cagliaritano Efisio Marini<br />

A. Maccioni, C. Varsi, C. Zedda *<br />

U.O di Anatomia Patologica, P.O. “SS. Trinità”, ASL 8 Cagliari;<br />

* Storico<br />

La necessità della ricognizione sul cadavere dello storico sardo<br />

Pietro Martini a 140 anni dalla morte, nasce dalla peculiarità<br />

del trattamento conservativo di “pietrificazione” cui è<br />

stato sottoposto dal Medico cagliaritano Efisio Marini, secondo<br />

una metodica di cui non sono mai stati rivelati i particolari.<br />

All’interno del loculo sono stati reperiti vari oggetti<br />

(vetri, borchie, bicchieri, bottiglie in vetro), la cui presenza è<br />

stata giustificata sulla base dei dati reperibili negli archivi<br />

storici. Il microambiente non idoneo in cui il cadavere è stato<br />

conservato, ha favorito i processi di scheletrizzazione e la<br />

persistenza di pochi esiti del trattamento “pietrificante”. I dati<br />

anatomici osservati non consentono di avanzare ipotesi sulla<br />

causa della morte, che appare comunque insorta in tempi<br />

brevi in un uomo che nel complesso aveva goduto di buona<br />

salute fino a poco tempo prima del decesso. Significativo appare<br />

il reperto microscopico di ectasia della componente alveolare<br />

polmonare associata a depositi interstiziali di pigmento<br />

antracotico; tali dati sono stati ottenuti dopo reidratazione<br />

tessutale secondo tecniche impiegate su mummie egizie.<br />

La buona conservazione delle strutture oculari (protette<br />

da lenti corneali), la persistenza del disegno digitale e delle<br />

unghie delle mani, indicano la tempestività con cui il cadavere<br />

è stato trattato dopo la morte. Si segnala la presenza di<br />

un artigianale “parrucchino” ottimamente conservato. Non<br />

sono state repertate vie anatomiche di accesso dei reagenti alle<br />

cavità corporee, come in genere avveniva nei trattamenti<br />

conservativi di altri “pietrificatori”. La consistenza lapidea<br />

del materiale repertato all’interno della scatola cranica e la<br />

presenza di stratificazioni grigio-biancastre in corrispondenza<br />

del peritoneo parietale, consentono di avanzare l’ipotesi<br />

che i composti conservativi del Marini (verosimilmente a base<br />

di silicati), sono simili a quelli impiegati dal lodigiano Gorini,<br />

benché utilizzati con esclusive tecniche di permeazione,<br />

agoinfusione endovasale e l’impiego delle cavità naturali. Il<br />

trattamento di “pietrificazione” non è risultato in grado di impedire<br />

del tutto i processi di scheletrizzazione, ma da questo<br />

giudizio impietoso deve essere risparmiato il medico Efisio<br />

Marini, autore di altre “pietrificazioni” ottimamente conservate,<br />

che si batté strenuamente per impedire la traslazione del<br />

cadavere in ambienti inidonei per la duratura efficacia del<br />

suo trattamento.

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