Linee guida per la prevenzione, la diagnosi e il trattamento dell ...
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Insufficienza renale acuta<br />
L’insufficienza renale acuta è una complicanza piuttosto frequente<br />
<strong>dell</strong>’EI, verificandosi nel 30% circa dei pazienti, ed è predittiva<br />
di prognosi sfavorevole 261 . Le cause sono spesso di tipo<br />
multifattoriale 262 :<br />
- glomerulonefrite da vasculiti e immunocomplessi,<br />
- infarto renale,<br />
- compromissione emodinamica nei casi di SC o sepsi severa o<br />
dopo procedura cardiochirurgica,<br />
- tossicità da antibiotici (nefrite interstiziale acuta), primariamente<br />
determinata dal<strong>la</strong> somministrazione di aminoglicosidi,<br />
vancomicina (tossicità sinergica in combinazione con gli<br />
aminoglicosidi) e <strong>per</strong>sino penic<strong>il</strong>lina ad alte dosi,<br />
- nefrotossicità da mezzo di contrasto ut<strong>il</strong>izzato a scopo diagnostico.<br />
Sebbene in alcuni pazienti sia necessaria l’emodialisi 263 , l’insufficienza<br />
renale acuta è spesso reversib<strong>il</strong>e. Allo scopo di prevenire<br />
questa complicanza, <strong>il</strong> dosaggio degli antibiotici deve essere<br />
aggiustato basandosi sul<strong>la</strong> clearance del<strong>la</strong> creatinina, monitorando<br />
attentamente i livelli sierici (di aminoglicosidi e vancomicina).<br />
Nei pazienti che presentano compromissione emodinamica<br />
o pregressa disfunzione renale devono essere evitati<br />
gli esami di imaging con mezzo di contrasto che possono indurre<br />
nefrotossicità.<br />
Complicanze reumatiche<br />
Nell’EI è frequente <strong>la</strong> comparsa di sintomi che coinvolgono l’apparato<br />
muscolo-scheletrico (artralgia, mialgia, mal di schiena),<br />
tanto che le complicanze reumatiche possono rappresentare <strong>la</strong><br />
prima manifestazione del<strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia. L’artrite <strong>per</strong>iferica si sv<strong>il</strong>uppa<br />
nel 14% circa dei casi e <strong>la</strong> spond<strong>il</strong>odiscite nel 3-15% 264-266 .<br />
In uno studio, l’EI è stata diagnosticata nel 30.8% dei pazienti<br />
con spond<strong>il</strong>odiscite piogenica, con una maggiore prevalenza<br />
nei casi di infezione da streptococchi ed in presenza di condizioni<br />
cardiache predisponenti 267 . I pazienti con EI che soffrono<br />
di mal di schiena deve essere sottoposti a TC o RM del<strong>la</strong> colonna<br />
vertebrale, mentre i pazienti con <strong>diagnosi</strong> certa di spond<strong>il</strong>odiscite<br />
piogenica e sottostanti condizioni cardiache predisponenti<br />
possono essere sottoposti ad esame ecocardiografico. In<br />
generale, nei casi di spond<strong>il</strong>odiscite accertata è necessaria una<br />
terapia antibiotica a lungo termine.<br />
Ascessi splenici<br />
Se da un <strong>la</strong>to gli emboli splenici sono di frequente riscontro,<br />
dall’altro gli ascessi splenici sono invece rari. La presenza di febbre<br />
<strong>per</strong>sistente o ricorrente e di batteriemia è suggestiva del<strong>la</strong><br />
<strong>diagnosi</strong> ed i pazienti devono essere valutati mediante TC addominale,<br />
RM ed ecografia. Il <strong>trattamento</strong> consiste nell’instaurare<br />
un adeguato regime antibiotico. L’intervento di splenectomia,<br />
da eseguire eventualmente prima del<strong>la</strong> chirurgia valvo<strong>la</strong>re<br />
a meno che questa non abbia un’indicazione di urgenza,<br />
può essere preso in considerazione in caso di rottura splenica o<br />
di ascessi di grosse dimensioni che rispondono in maniera insoddisfacente<br />
al<strong>la</strong> so<strong>la</strong> terapia antibiotica. Il drenaggio <strong>per</strong>cutaneo<br />
rappresenta un’alternativa <strong>per</strong> i candidati al<strong>la</strong> chirurgia<br />
ad alto rischio 268,269 .<br />
Miocardite, <strong>per</strong>icardite<br />
L’insufficienza cardiaca può essere determinata anche da una<br />
miocardite, frequentemente associata al<strong>la</strong> formazione di ascessi.<br />
Inoltre, si possono verificare infarti miocardici regionali a seguito<br />
di eventi embolici coronarici o compressione coronarica.<br />
e27<br />
L’insorgenza di aritmie ventrico<strong>la</strong>ri è suggestiva di un coinvolgimento<br />
miocardico, che può essere accuratamente valutato<br />
mediante ETE, e comporta una prognosi sfavorevole 3 .<br />
La <strong>per</strong>icardite può essere associata ad ascessi, miocarditi e<br />
batteriemie spesso come conseguenza di un’infezione da S. aureus.<br />
Il drenaggio chirurgico può essere necessario nei rari casi<br />
di <strong>per</strong>icardite purulenta 270,271 . Eccezionalmente, gli pseudoaneurismi<br />
che sono andati incontro a rottura o le fistole possono<br />
determinare <strong>la</strong> comunicazione con <strong>il</strong> <strong>per</strong>icardio, con conseguenze<br />
drammatiche e spesso fatali.<br />
K. Outcome post-dimissione e prognosi<br />
a lungo termine<br />
<strong>Linee</strong> <strong>guida</strong> ESC<br />
Le complicanze tardive che si verificano dopo <strong>il</strong> primo episodio<br />
infettivo contribuiscono a peggiorare <strong>la</strong> prognosi <strong>dell</strong>’EI. Successivamente<br />
al <strong>trattamento</strong> intraospedaliero, le complicanze<br />
principali sono rappresentate dalle recidive <strong>dell</strong>’infezione, dallo<br />
SC, dal<strong>la</strong> necessità di intervento di chirurgia valvo<strong>la</strong>re e dal<strong>la</strong><br />
mortalità 272,273 .<br />
Recrudescenza: recidive e reinfezioni<br />
Il rischio di recidiva tra i pazienti sopravvissuti ad un episodio di<br />
EI varia tra <strong>il</strong> 2.7% e <strong>il</strong> 22.5% 57,105,235-237,273-275 . In una recente casistica<br />
di ampie dimensioni con un follow-up medio di 5 anni,<br />
l’incidenza di recidiva, con l’esclusione dei casi di EI da IVDA, è<br />
risultata <strong>dell</strong>’1.3% <strong>per</strong> paziente-anno 272 .<br />
Sebbene in letteratura non esista una differenziazione sistematica,<br />
si possono distinguere due tipi di recrudescenza: le<br />
recidive e le reinfezioni. Il termine “recidiva” si riferisce ad episodi<br />
ripetuti di EI causati dal medesimo microrganismo responsab<strong>il</strong>e<br />
del primo episodio 56 , mentre <strong>il</strong> termine “reinfezione”<br />
viene fondamentalmente impiegato <strong>per</strong> definire un’infezione<br />
provocata da un microrganismo differente 56 . Quando, durante<br />
un successivo episodio di EI, viene iso<strong>la</strong>to lo stesso ceppo batterico,<br />
non è sempre chiaro se <strong>il</strong> ripetersi <strong>dell</strong>’infezione sia da considerarsi<br />
una recidiva <strong>dell</strong>’infezione iniziale o, viceversa, un<br />
nuovo processo infettivo (reinfezione). In questi casi, devono<br />
essere ut<strong>il</strong>izzate metodiche di biologia moleco<strong>la</strong>re che includano<br />
<strong>la</strong> tipizzazione <strong>dell</strong>e varie specie batteriche 3,56 . Qualora queste<br />
metodiche non siano disponib<strong>il</strong>i e non sia possib<strong>il</strong>e risalire<br />
all’identità di entrambi gli iso<strong>la</strong>ti, <strong>per</strong> differenziare una recidiva<br />
da una reinfezione può essere preso come riferimento <strong>il</strong> timing<br />
del secondo episodio di EI, <strong>per</strong>ché le recidive si verificano<br />
generalmente ad intervalli di tempo più brevi, seppur variab<strong>il</strong>i,<br />
rispetto alle reinfezioni – a grandi linee, un episodio di EI provocato<br />
dallo stesso ceppo batterico entro 6 mesi dal primo episodio<br />
costituisce una recidiva, mentre gli eventi che si verificano<br />
più tardivamente sono indicativi di una reinfezione 56,275 .<br />
Proprio <strong>per</strong> questo motivo è raccomandata <strong>la</strong> conservazione<br />
dei materiali iso<strong>la</strong>ti <strong>per</strong> almeno 1 anno 3,56 .<br />
I fattori associati ad un’aumentata incidenza di recidive sono<br />
elencati nel<strong>la</strong> Tabel<strong>la</strong> 22. Le recidive sono più frequentemente<br />
determinate da un’insufficiente durata del <strong>trattamento</strong>,<br />
da una scelta subottimale degli antibiotici e dal<strong>la</strong> <strong>per</strong>sistenza<br />
del foco<strong>la</strong>io infettivo (ad es. un ascesso <strong>per</strong>iprotesico). L’endocardite<br />
recidivante causata da un’insufficiente durata del<strong>la</strong> terapia<br />
o da una scelta inappropriata <strong>dell</strong>’antibiotico deve essere<br />
trattata nuovamente <strong>per</strong> 4-6 settimane in base all’agente eziologico<br />
e al<strong>la</strong> sua sensib<strong>il</strong>ità (rammentarsi che nel frattempo può<br />
essersi sv<strong>il</strong>uppata resistenza).