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antiche sacre rappresentazioni - San Marco in Lamis Web

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12<br />

per gli eccessi verificatisi nel teatr<strong>in</strong>o sul molo “Donna Peppa” il 1889. 40 L’autore<br />

della “Cantata dei pastori” <strong>in</strong>serisce <strong>in</strong>nanzitutto nel suo dramma sacro, una popolare<br />

maschera napoletana del 1600. Si tratta del Razzullo, personaggio della commedia<br />

dell’arte napoletana il quale agiva con le sue buffonerie a Napoli <strong>in</strong> piazza del Castello<br />

con largo successo popolare. Vediamo così, nelle varie scene della Cantata, questo<br />

personaggio comico affiancato alle <strong>sacre</strong> figure della Madonna, di san Giuseppe,<br />

dell’arcangelo Gabriele e del diavolo Belfagor. Assistiamo così ad un doppio piano<br />

l<strong>in</strong>guistico dove il dialetto napoletano di Razzullo fa da contrappunto plebeo alla<br />

italianissima e letteraria l<strong>in</strong>gua dei personaggi sacri e di quelli arcadici quali il pastore<br />

Armenzio, il pastorello Ben<strong>in</strong>o, il pescatore Ruscellio e il cacciatore Cidonio. Il<br />

Perrucci, nel costruire la sceneggiatura del suo dramma sacro, aveva att<strong>in</strong>to ad una<br />

larga serie di segni ed episodi tradizionali (sebbene non ortodossi), che a Napoli<br />

costituivano il tessuto delle più <strong>antiche</strong> <strong>sacre</strong> <strong>rappresentazioni</strong> del Natale. 41<br />

Rappresentazioni ormai proibite dalla Controriforma se gestite liberamente, oppure<br />

accettate solo se controllate, purgate e sculturalizzate, all’<strong>in</strong>terno del teatro gesuitico.<br />

Bisogna <strong>in</strong>nanzitutto dire che il testo di p. Andrea Perrucci è assunto semplicemente<br />

come una specie di canovaccio nel quale si fanno rientrare tutta una serie di elementi<br />

teatrali cari al pubblico popolare e che non si <strong>in</strong>tuirebbero mai leggendo il solo testo<br />

teatrale. In tal senso il testo è zeppo di farcimenti, battute improvvisate, elementi del<br />

teatro giullaresco e da circo (capriole ed acrobazie dei diavoli), canzoni e balli che<br />

fanno parte solo di una tradizione orale. A tutto ciò si metta che la tradizione popolare<br />

ha affiancato un’altra figura comica al personaggio di Razzullo. Si tratta di<br />

Sarchiapone (una figura di barbiere deforme, omicida e folle), il quale anima con le<br />

sue battute melense e spesso oscene il tessuto scenico di tutto il dramma. Insomma <strong>in</strong><br />

queste <strong>rappresentazioni</strong> tuttora vive, si assiste ad una specie di riv<strong>in</strong>cita del popolo<br />

che, proprio <strong>in</strong> un testo repressivo e controriformistico, ha rivendicato di forza tutti<br />

quegli elementi che lo stesso autore Perrucci nel 1600 aveva tentato di elim<strong>in</strong>are per<br />

sempre dalla tradizione non cattolica del Natale. Per tali motivi le <strong>rappresentazioni</strong><br />

popolari della Cantata dei pastori hanno sempre provocato a Napoli le ostilità delle<br />

autorità civili e religiose.<br />

In Calabria molto simile alla Cantata dei pastori si recitava Amor Redentore, dramma<br />

<strong>in</strong> tre atti <strong>in</strong> versi di l<strong>in</strong>gua calabrese di autore anonimo. Alcuni pastori sono dei<br />

marioli e, <strong>in</strong> dialetto calabrese, chiacchierano col diavolo che cerca di istigarli a<br />

maltrattare Maria e Giuseppe.<br />

Si ricordano a Br<strong>in</strong>disi il testo La beata notte scritto da Fasol<strong>in</strong>o nel 1635, il testo di<br />

un anonimo dal titolo La nascita di Gesù nel 1683, l’Operetta spirituale di Teodomiro<br />

Leo del 1716 e La notte lum<strong>in</strong>osa di Agost<strong>in</strong>o Chimienti del 1863. 42 Sono pervenuti<br />

fissi e comunque simbolici del presepe meridionale. I pastori portano <strong>in</strong> dono alla Madonna un<br />

cesto di pomodori, a san Giuseppe un corno contro la iettatura e una seggiol<strong>in</strong>a al Bamb<strong>in</strong>o<br />

40<br />

La rappresentazione fu vietata nel 1889. Anno <strong>in</strong> cui ebbe un illustre spettatore <strong>in</strong> Benedetto<br />

Croce che, pur deprecando gli eccessi (ma lui stesso rilevava <strong>in</strong> queste opere un gran<br />

materializzamento del sentimento religioso riconoscendole adatte al popolo che ama<br />

l’esagerato e il materiale), lo def<strong>in</strong>ì capolavoro di spettacolo o dramma seicentistico che si dà<br />

ogni anno la notte di Natale alla Fenice, al S. Ferd<strong>in</strong>ando, al Mercadante, al Partenone e più<br />

avanti uno dei pochi superstiti di quella folta schiera di drammi sacri che il Seicento produsse,<br />

il Settecento seguitò a rappresentare e il secolo nostro vede a poco a poco sparire.<br />

41<br />

Il classico presepe napoletano nell’ambientazione scenica e dei pupi si rifà molto alla<br />

Cantata dei pastori.<br />

42<br />

B. Tragni, Il presepe nella tradizione poplare pugliese, <strong>in</strong> C. Galeo e B. Tragni, Il presepe<br />

pugliese arte e folklore, Bari, 1992, p. 114.

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