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in rete!<br />

tutto sui biofilm<br />

sito della Montana state University tutto<br />

dedicato ai biofilm: approfondimenti, news,<br />

curiosità, esercizi e altro ancora.<br />

www.biofilmsonline.com<br />

Museo virtuale<br />

raccolta ragionata di link a siti dedicati a<br />

differenti aspetti della microbiologia<br />

(evoluzione dei batteri, microrganismi<br />

estremofili, sicurezza alimentare ecc.).<br />

www.bacteriamuseum.org Un’altra<br />

interessante raccolta di link si trova<br />

all’indirizzo www.microbes.info<br />

Ambienti e metodi<br />

sito educational dedicato all’ecologia, alla<br />

diversità e all’evoluzione dei microrganismi,<br />

con un’attenzione particolare per le<br />

metodologie di ricerca. http://serc.<br />

carleton.edu/microbelife<br />

tra le tante linee di ricerca del suo laboratorio<br />

ce n'è anche una sulla simbiosi tra il batterio<br />

Asaia e la zanzara Anopheles stephensi, uno<br />

dei vettori della malaria. ci può raccontare<br />

qualcosa?<br />

come gli esseri umani, anche gli insetti ospitano<br />

ricche comunità di batteri, che spesso svolgono<br />

funzioni importanti per la loro sopravvivenza. alcuni<br />

afidi, per esempio, ospitano batteri che li rendono<br />

più resistenti all’attacco di funghi patogeni oppure<br />

microrganismi che forniscono loro amminoacidi<br />

essenziali. Quindi è abbastanza normale trovare<br />

batteri simbionti all’interno di insetti. Un paio di<br />

anni fa abbiamo scoperto un batterio – Asaia,<br />

appunto – stabilmente associato con Anopheles<br />

stephensi. abbiamo anche scoperto che questo<br />

batterio si trasmette di generazione in generazione<br />

secondo una particolare modalità: i maschi lo<br />

passano alle femmine, le quali a loro volta lo<br />

trasmettono alla progenie. Questa scoperta<br />

potrebbe aprire la strada allo sviluppo di nuove<br />

strategie per il controllo della malaria.<br />

in che modo?<br />

anzitutto, si può verificare se, in natura, esistano<br />

ceppi di Asaia capaci di interferire con<br />

l’insediamento e la proliferazione nell'insetto del<br />

plasmodio, il protozoo responsabile della malaria.<br />

se esistono, si possono selezionare maschi di A.<br />

stephensi “naturalmente” ricchi di Asaia e introdurli<br />

in una popolazione di zanzare perché diffondano il<br />

batterio: si scelgono i maschi perché non pungono<br />

e, <strong>qui</strong>ndi, non aumentano la possibilità di<br />

trasmissione della malattia a chi vive nella zona. se<br />

invece questi ceppi non dovessero esistere, si può<br />

tra granelli Di sabbia e gocce D’acqua<br />

Per il grande entomologo e naturalista Edward O. Wilson (il “padre” della<br />

sociobiologia), la microbiologia ambientale è oggi la disciplina più affascinante. Ecco<br />

che cosa scrive nella sua autobiografia, Naturalist (Warner Books, New York 1994,<br />

non tradotto in italiano): «If I could do it all over again and relive my vision in the<br />

twenty-first century, I would be a microbial ecologist. [...] Into that world I would go<br />

with the aid of modern microscopy and molecular analysis. I would cut my way<br />

through clonal forests sprawled across grains of sand, travel in an imagined<br />

submarine through drops of water<br />

proportionately the size of lakes, and track<br />

predators and prey in order to discover new<br />

life ways and alien food webs. All this, and I<br />

need venture no farther than ten paces<br />

outside my laboratory building. The jaguars,<br />

ants, and orchids would still occupy distant<br />

forests in all their splendor, but now they<br />

would be joined by an even stranger and<br />

vastly more complex living world virtually<br />

without end».<br />

pensare – anche se la via è più difficile – di<br />

produrli in laboratorio attraverso tecniche di<br />

ingegneria genetica.<br />

quali sono i ferri del mestiere di un<br />

microbiologo ambientale?<br />

Quando si ha per le mani un campione nuovo, per<br />

prima cosa si misurano le attività presenti in situ:<br />

tasso di respirazione, di produzione di co 2, di<br />

azotofissazione e così via. si tratta, in pratica, di<br />

scattare una fotografia del funzionamento del<br />

sistema. in secondo luogo, si studia la diversità<br />

microbica presente nel campione. come abbiamo<br />

detto, non si può farlo isolando i singoli organismi,<br />

ma occorre basarsi su metodi molecolari: esistono<br />

tecniche specifiche per amplificare e sequenziare<br />

tratti di Dna che dicono quali e quanti organismi<br />

sono presenti in un campione. Quando è possibile,<br />

infine, si cerca di isolare gli organismi per studiarli<br />

meglio. per esempio, una volta isolato il batterio<br />

Asaia, lo abbiamo reintrodotto nelle zanzare dopo<br />

averlo manipolato geneticamente per marcarlo con<br />

una proteina fluorescente: in questo modo, abbiamo<br />

potuto seguirne il percorso nell’ospite, scoprendo<br />

come lo colonizzava, come veniva trasmesso ecc.<br />

Lei consiglierebbe a un giovane studente di<br />

tenere d’occhio questo settore di ricerca per<br />

un possibile sviluppo professionale?<br />

sì, mi sento decisamente di consigliarlo. in<br />

particolare nei settori dell’ambiente e<br />

dell’alimentazione, le biotecnologie microbiche<br />

stanno aprendo scenari immensi: credo che, per<br />

chi ha voglia di fare e di mettersi in gioco, lo spazio<br />

ci sia! -<br />

vALentinA MureLLi<br />

è giornalista e redattrice<br />

scientifica free lance.<br />

collabora con varie<br />

testate tra cui “le<br />

scienze”, “Mente e<br />

cervello” e “l’espresso”.<br />

ottobre 2009 11

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