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Tipi di fotografie astronomiche - Andrea Pagnoni

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al soggetto, la sagoma nera del bordo dell’oculare. Più piccolo è il <strong>di</strong>ametro della lente<br />

dell’oculare, maggiore sarà tale <strong>di</strong>fetto. Si può eliminarlo sia in post-produzione, tramite<br />

fotoritocco al computer, sia <strong>di</strong>rettamente in fase <strong>di</strong> ripresa, ma solo se la macchina è dotata <strong>di</strong><br />

zoom. Pren<strong>di</strong>amo in considerazione solo uno zoom ottico, escludendo a priori quello <strong>di</strong>gitale,<br />

che deteriora incre<strong>di</strong>bilmente l’immagine. Zoomando, quin<strong>di</strong>, si estende a tutto fotogramma, o<br />

a gran parte <strong>di</strong> esso, l’immagine che ci interessa, evitando <strong>di</strong> sprecare pixel utili con un fondo<br />

completamente nero.<br />

Deciso l’uso o meno dello zoom, tutto è pronto. Tenendo il tutto molto fermo si provare a scattare.<br />

La prima cosa da fare è controllare nel <strong>di</strong>splay il risultato. E’ questa il grande vantaggio della<br />

fotografia <strong>di</strong>gitale, potendo eventualmente correggere al momento eventuali errori. Per vedere<br />

meglio se l’immagine è a fuoco è opportuno zoomare il “review” al massimo. Per la Luna non<br />

dovrebbero esserci gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà, in quanto i suoi dettagli sono molto ben visibili, anche<br />

attraverso un piccolo <strong>di</strong>splay. Quin<strong>di</strong> la messa a fuoco, dopo alcuni tentativi, dovrebbe riuscire<br />

abbastanza bene. Inoltre è un soggetto luminosissimo per cui la macchina setterà un tempo<br />

veloce, in<strong>di</strong>spensabile, date le numerosi vibrazioni che scaturiscono nel tenerla appoggiata<br />

a mano all’oculare. Per i pianeti, invece, le cose sono un po’ più complesse, in quanto sono<br />

soggetti piuttosto piccoli. Il fotogramma rimane per lo più nero, e la macchina imposta un<br />

tempo lungo. Meglio, se possibile, impostare la modalità manuale decidendo i tempi opportuni.<br />

Si consideri che non tutti sono fotografabili. Si può tentare con gli unici cinque visibili anche ad<br />

occhio nudo, che nell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> luminosità, sono: Venere, Giove, Saturno e Marte (<strong>di</strong>pende dai<br />

perio<strong>di</strong> quale è il più brillante tra i due), e Mercurio. Di solito sono i primi tre, a dare qualche<br />

sod<strong>di</strong>sfazione in più.<br />

Alcuni pianeti ripresi in afocale usando <strong>di</strong>versi oculari<br />

Eclisse parziale <strong>di</strong> Sole del 29 marzo 2006<br />

Kodak DX 7630 - 39 mm - f/2,8 - 1/32 sec - iso 100<br />

Telescopio riflettore, Ø 114 mm - lunghezza focale 1000 mm<br />

con filtro solare<br />

Facendo delle prove, si riesce ad identificare il proprio set-up migliore, decidendo, ad esempio,<br />

qual è l’oculare migliore o se è opportuno o meno usare lo zoom della macchina. (Personalmente<br />

lo sconsiglio dato che a focali spinte, il numero f/ sale, la luminosità cala, e la posa si allunga<br />

ulteriormente.) E’ importante anche non esagerare nel voler immagini gran<strong>di</strong>.<br />

La ricerca dell’ingran<strong>di</strong>mento è una caratteristica tipica dei neofiti, tesi ad ingran<strong>di</strong>re al massimo<br />

i soggetti, sia in visuale che in fotografia. Ma c’è un limite tecnico, consentito in primo luogo<br />

dagli strumenti usati e in secondo dalle con<strong>di</strong>zioni del cielo, che va rispettato.<br />

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