Tipi di fotografie astronomiche - Andrea Pagnoni
Tipi di fotografie astronomiche - Andrea Pagnoni
Tipi di fotografie astronomiche - Andrea Pagnoni
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI URBINO<br />
Corso <strong>di</strong> Scenografia<br />
Tesi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ploma<br />
<strong>di</strong><br />
FOTOGRAFIA<br />
FOTOGRAFIA ASTRONOMICA<br />
per ASTROFILI<br />
relatore<br />
Prof. Massimo Tosello<br />
anno accademico 2006/2007<br />
sessione autunnale<br />
allievo<br />
<strong>Andrea</strong> <strong>Pagnoni</strong>
In<strong>di</strong>ce<br />
Prefazione<br />
Introduzione<br />
La fotografia astronomica<br />
come ricerca scientifica<br />
Onde ra<strong>di</strong>o<br />
Infrarosso<br />
Ultravioletto<br />
Raggi X e gamma<br />
Onde gravitazionali<br />
<strong>Tipi</strong> <strong>di</strong> <strong>fotografie</strong> <strong>astronomiche</strong><br />
Materiali<br />
Tecniche a grande campo<br />
Cavalletto<br />
Fotografia in parallelo<br />
Tecniche a piccolo campo<br />
Afocale<br />
Fotografia al fuoco <strong>di</strong>retto<br />
Proiezione da oculare, barlow<br />
e riduttore <strong>di</strong> focale<br />
Webcam<br />
Elaborazioni<br />
Sistema solare<br />
Grande campo e oggetti deboli<br />
Conclusioni<br />
Siti internet<br />
Ringraziamenti<br />
4<br />
5<br />
9<br />
11<br />
12<br />
13<br />
14<br />
15<br />
16<br />
19<br />
24<br />
24<br />
34<br />
41<br />
41<br />
45<br />
49<br />
50<br />
56<br />
57<br />
58<br />
60<br />
61<br />
62<br />
3
Prefazione<br />
All’interno <strong>di</strong> una stella atomi <strong>di</strong> idrogeno si scontrano producendo, dopo<br />
varie reazioni, atomi <strong>di</strong> elio e fotoni ad altissima energia.<br />
I fotoni prodotti <strong>di</strong>ssipano energia spostandosi verso l’esterno della stella<br />
e ne escono alla fine come luce visibile ed altre forme <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione<br />
elettromagnetica.<br />
La luce viaggia poi per decine, centinaia, migliaia, milioni <strong>di</strong> anni in<strong>di</strong>sturbata<br />
nello spazio vuoto.<br />
Saranno “pochi” i fotoni che alla fine, dopo il lungo viaggio, raggiungeranno<br />
le lenti <strong>di</strong> un obiettivo e si poseranno su <strong>di</strong> una pellicola fotosensibile o<br />
ecciteranno i pixel <strong>di</strong> un sensore.<br />
Riuscire a catturare questi fotoni nel modo migliore è lo scopo <strong>di</strong> chi, come<br />
<strong>Andrea</strong>, si de<strong>di</strong>ca alla fotografia astronomica.<br />
Nella sua Tesi vengono esposte e documentate con molte foto sia le tecniche<br />
classiche sia le più recenti della fotografia astronomica.<br />
Un lavoro interessante, svolto con pazienza e passione.<br />
Michelangelo Rocchetti<br />
4
Introduzione<br />
Il cielo stellato è uno degli spettacoli più belli che la natura ci offre e da sempre l’uomo ne<br />
rimane affascinato.<br />
Sin dalle prime civiltà conosciute, Sole, stelle e pianeti rappresentavano una parte significativa<br />
nella vita degli in<strong>di</strong>vidui. Molto spesso erano parti integranti delle culture primitive, giocando<br />
un ruolo fondamentale nelle tra<strong>di</strong>zioni, negli usi e costumi, nella religione.<br />
I nostri primi antenati vivevano a stretto contatto con la natura e davanti ai loro occhi si<br />
manifestavano <strong>di</strong> continuo fenomeni che la loro ragione non poteva comprendere. Tali fenomeni<br />
venivano allora associati ad entità superiori, capaci quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> far piovere, scagliare fulmini,<br />
illuminare e riscaldare.<br />
Ecco che nacquero, così, una serie <strong>di</strong> dei, personaggi e racconti fantastici legati a quegli<br />
avvenimenti che oggi ci fanno quasi sorridere data la semplicità delle loro <strong>di</strong>namiche. Basta<br />
pensare al più banale e ripetitivo fenomeno astronomico: il sorgere e tramontare del Sole.<br />
Indagando tra le <strong>di</strong>verse culture, si viene a conoscenza, ad esempio, <strong>di</strong> come il passaggio del<br />
Sole in cielo venisse attribuito dai greci al <strong>di</strong>o Elios che, ogni mattina, guidava il carro del<br />
Sole, trainato da cavalli, sopra l’orizzonte, preceduto <strong>di</strong> poco dalla sorella Eos, dea dell’Aurora.<br />
Oppure al <strong>di</strong>o Ra, per gli egiziani, spesso rappresentato a bordo <strong>di</strong> una barca, mentre solca il<br />
cielo, da Est verso Ovest.<br />
In questa mappa sono visibili le figure relative alle costellazioni<br />
Emisfero Celeste Boreale. Uranometria, 1603 Emisfero Celeste Australe. Uranometria, 1603<br />
Con il passare dei secoli, le scoperte scientifiche iniziarono a spiegare quei fenomeni prima<br />
incomprensibili e l’uomo abbandonò le motivazioni attribuite alle <strong>di</strong>vinità; ma la sua curiosità<br />
verso il cielo non andava attenuandosi; piuttosto si evolse, e lo sguardo passò da una semplice<br />
contemplazione <strong>di</strong> avvenimenti a una osservazione più attenta a capire i meccanismi celesti.<br />
5
I primi semplici strumenti astronomici riuscivano a calcolare<br />
e prevedere la posizione degli astri, facilitando <strong>di</strong> molto le<br />
osservazioni; ma è con l’avvento del telescopio che si aprì,<br />
a partire dal 1608, grazie allo scienziato Galileo Galilei,<br />
una nuova era per l’astronomia.<br />
Questo oggetto meraviglioso poteva mostrare centinaia <strong>di</strong><br />
crateri sulla Luna, alcune delle lune <strong>di</strong> Giove, il sistema<br />
<strong>di</strong> anelli <strong>di</strong> Saturno, e man mano che si perfezionava si<br />
scoprivano nebulose lontane, ammassi <strong>di</strong> stelle, nuove<br />
galassie…<br />
Gli astronomi per <strong>di</strong>vulgare le loro scoperte, o semplicemente<br />
per prendere appunti, erano soliti <strong>di</strong>segnare ciò che vedevano<br />
attraverso gli oculari dei loro strumenti. E’ del 1781 la<br />
pubblicazione del Catalogo Messier, che recensiva 103<br />
oggetti dall’aspetto nebulare, molti dei quali accompagnati Galileo Galilei (1564-1642)<br />
da accurati <strong>di</strong>segni. Stupisce ancor oggi la loro precisione e l’assomiglianza che hanno con le<br />
moderne riprese fotografiche.<br />
Disegni <strong>di</strong> Galileo in seguito all’osseravazione delle fasi lunari<br />
Appunti <strong>di</strong> Galileo Galilei sulle osservazioni <strong>di</strong> Giove<br />
e dei suoi quattro principali satelliti eseguite col suo<br />
cannocchiale<br />
Per quanto ben fatti, però, i <strong>di</strong>segni erano sempre legati all’abilità dell’astronomo e alla sua<br />
sensibilità personale. Occorreva qualcosa che quasi meccanicamente riuscisse a prelevare la<br />
debole luce proveniente dal cielo e restituirla, fedele, su un supporto permanente.<br />
Tutto ciò iniziò a svilupparsi nei primi del 1800, e nel 1826 Joseph Nicephore Niepce ottenne<br />
la prima fotografia della storia.<br />
Il nuovo sistema per creare immagini fu migliorato, e negli anni quaranta dell’ottocento, per<br />
mezzo del dagherrotipo, ne vennero realizzate <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfacenti della Luna e del Sole, dei quali<br />
si <strong>di</strong>stinguevano numerosi dettagli. Era nata la fotografia astronomica.<br />
6
Una moderna ripresa <strong>di</strong> M42, la celebre Nebulosa <strong>di</strong> Orione, e nel riquadro un <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Lord Rosse eseguito a metà dell’800<br />
7
In seguito tale <strong>di</strong>sciplina <strong>di</strong>venne utile<br />
per lo stu<strong>di</strong>o vero e proprio del cielo,<br />
analizzando ad esempio le caratteristiche<br />
superficiali del Sole, che ben si prestava<br />
ad essere fotografato data la sua grande<br />
luminosità.<br />
Si susseguirono proce<strong>di</strong>menti sempre<br />
nuovi fino ad arrivare a produrre <strong>fotografie</strong><br />
capaci <strong>di</strong> registrare migliaia <strong>di</strong> stelle<br />
e nebulose che l’occhio, nemmeno al<br />
telescopio, riusciva a scorgere.<br />
La pratica dell’osservazione visuale e del<br />
<strong>di</strong>segno astronomico caddero lentamente<br />
in <strong>di</strong>suso e la fotografia astronomica si affermò sempre più.<br />
Passando dal dagherrotipo, alla pellicola, sino al <strong>di</strong>gitale <strong>di</strong> oggi, i proce<strong>di</strong>menti sono <strong>di</strong>ventati<br />
molto più semplici. Si sono anche drasticamente ridotti i tempi per produrre <strong>fotografie</strong> e, altra<br />
cosa molto importante, i costi sono <strong>di</strong>ventati accessibili anche ai non professionisti del settore,<br />
rendendo <strong>di</strong> fatto la fotografia astronomica molto <strong>di</strong>ffusa anche tra gli astrofili.<br />
Quando si guarda attraverso un telescopio si rimane spesso delusi dalla piccola, sbia<strong>di</strong>ta<br />
immaginetta che si vede proiettata. E’ la tipica reazione <strong>di</strong> chi non ha mai osservato il cielo con<br />
uno strumento e <strong>di</strong> chi, <strong>di</strong> solito, è abituato a vedere le meravigliose immagini a colori (<strong>di</strong> Luna,<br />
pianeti o galassie che siano) che si trovano nei libri..<br />
La maggior parte degli astrofili, seppur estasiati dalla mesta visione telescopica, dopo <strong>di</strong>verso<br />
tempo <strong>di</strong> “pratica” e <strong>di</strong> osservazione visuale, tendono quasi naturalmente al grande passo verso<br />
la fotografia.<br />
E’ una strada tutt’altro che facile, che richiede una <strong>di</strong>screta conoscenza del cielo, tanti sacrifici<br />
ed infinita pazienza, provando e riprovando, fino a raggiungere i primi, sudatissimi, <strong>di</strong>screti<br />
risultati. Allora sarà immensa la sod<strong>di</strong>sfazione nel veder impressa, su pellicola o supporto<br />
elettronico, anche il più semplice dei soggetti astronomici, con dettagli, colori o sfumature<br />
tipiche che fino a poco tempo prima era quasi impensabile riuscire a riprendere.<br />
Come nella maggior parte delle cose, anche qui, la pratica è la miglior maestra. Le notti passate<br />
e apparentemente sprecate sopra una macchina fotografica e un telescopio sono fondamentali<br />
per prendere confidenza con i mezzi e le tecniche. Si comprende cosa funziona e cosa no, qual<br />
è il sito giusto per determinati soggetti, se la serata è adatta…oppure è meglio lasciar perdere,<br />
al fine <strong>di</strong> ottenere una buona immagine. Tante sono le variabili che solo l’esperienza (nostra e/o<br />
altrui) può aiutarci.<br />
La passione, la pazienza e la costanza, prima <strong>di</strong> tutto.<br />
La prima fotografia della storia (Joseph Nicephore Niepce, 1826)<br />
Di seguito verranno proposte e spiegate <strong>di</strong>verse tecniche <strong>di</strong> astrofotografia, procedendo con<br />
or<strong>di</strong>ne dalle più semplici ed economiche, fino a quelle più complesse.<br />
L’esposizione è tesa ad illustrare quei proce<strong>di</strong>menti che <strong>di</strong> sicuro accompagneranno l’aspirante<br />
astrofotografo ai primi risultati sod<strong>di</strong>sfacenti, utilizzando una comune strumentazione amatoriale<br />
o poco più.<br />
8
La fotografia astronomica<br />
come ricerca scientifica<br />
A che cosa serve la fotografia astronomica?<br />
Fondamentalmente possiamo <strong>di</strong>videre il suo utilizzo in tre parti ben <strong>di</strong>stinte: la fotografia estetica,<br />
che mira solamente ad ottenere belle riprese <strong>di</strong> soggetti astronomici, e che è la protagonista <strong>di</strong><br />
questa Tesi, la fotografia impiegata nell’astronomia <strong>di</strong> posizione, utile a stu<strong>di</strong>are le traiettorie<br />
dei corpi celesti, e la fotografia impiegata in astrofisica (fisica degli astri), che sostanzialmente<br />
attraverso l’analisi della luce emessa o assorbita dai vari corpi consente <strong>di</strong> stabilirne la genesi,<br />
le <strong>di</strong>mensioni, la massa, la velocità e l’età.<br />
Quest’ultimo aspetto è forte e presente tutt’oggi, e la maggior parte del lavoro in tal senso<br />
viene svolto dalle strutture professionali specializzate, come i gran<strong>di</strong> osservatori in cui sono<br />
posizionati potenti strumenti che tentano <strong>di</strong> guardare sempre più lontano nello spazio, e <strong>di</strong><br />
conseguenza, più lontano nel tempo. Non deve sorprendere l’accoppiamento spazio-tempo<br />
come fossero due cose strettamente legate. In effetti, più il soggetto che guar<strong>di</strong>amo è lontano,<br />
più tempo impiegherà la sua luce ad arrivare fino a noi. La velocità della luce è <strong>di</strong> circa 300.000<br />
chilometri al secondo, e per quanto sia <strong>di</strong> gran lunga la cosa più veloce all’universo, le <strong>di</strong>stanze<br />
in esso in gioco sono talmente gran<strong>di</strong> che anche tale velocità risulta poca cosa; ad esempio la<br />
luce che parte ora dalla stella più vicina a noi (Sole escluso), Proxima Centauri, viaggerà per<br />
più <strong>di</strong> quattro anni prima <strong>di</strong> arrivare sulla Terra. Quando arriverà, quin<strong>di</strong>, noi vedremo la stella<br />
non come sarà in quel momento preciso, ma così come era quando quella luce è partita, cioè<br />
quattro anni prima, in un tempo passato. Le galassie sono <strong>di</strong>stanti milioni e miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni luce,<br />
per cui le ve<strong>di</strong>amo com’erano da giovani, dando agli astronomi informazioni importantissime<br />
sulle prime fasi <strong>di</strong> vita dell’Universo. Il tempo viene quin<strong>di</strong> considerato la vera e propria quarta<br />
<strong>di</strong>mensione spaziale.<br />
Una ricerca forte è presente anche<br />
tra gli astrofili, che essendo tanti e<br />
sparpagliati per i vari continenti, hanno<br />
un fortissimo potere indagatore. I loro<br />
campi vertono ovviamente su quelle<br />
tematiche alla portata dei loro strumenti<br />
amatoriali, sfornando a volte foto<br />
ugualmente interessanti. Gli astrofili<br />
ad esempio si de<strong>di</strong>cano alla ricerche<br />
<strong>di</strong> comete (la cometa Hale Bopp, che<br />
passò nel 1997, venne scoperta proprio<br />
da due astrofili). Oppure alla ricerca <strong>di</strong><br />
supernove che esolodono in galassie<br />
lontane. Eseguendo ripetute <strong>fotografie</strong><br />
La cometa Hale-Bopp che passò nel 1997<br />
a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> più giorni dello stesso<br />
soggetto, si potrebbe scoprire una<br />
supernova e seguirne lo sviluppo. Anche le perturbazioni nelle atmosfere dei pianeti vicini<br />
e gli sciami meteorici interessano gli astrofili, che ad esempio, cercano i bagliori generati da<br />
meteoroi<strong>di</strong> che cadono nella mezzaluna buia, se la fase lunare lo consente.<br />
Le immagini che vengono ottenute dai professionisti per la ricerca sono completamente <strong>di</strong>verse<br />
9
da quelle spettacolari che invece nascono con fini puramente estetici. Spesso si mostrano come<br />
foto a “falsi colori”, ovvero con tonalità non reali, fatte <strong>di</strong> colori accesi e puramente in<strong>di</strong>cativi<br />
per riconoscere in tali zone valori <strong>di</strong> temperature definite e altre caratteristiche proprie del<br />
campo inquadrato. A volte appaiono piene <strong>di</strong> punti luminosi, come una normale ripresa stellare,<br />
celando ancor <strong>di</strong> più il reale valore scientifico dello scatto. Ce ne sono <strong>di</strong> tanti tipi <strong>di</strong>versi, a<br />
seconda <strong>di</strong> quale è stata la tecnica usata e in quale zona dello spettro elettromagnetico ci si è<br />
esposti.<br />
Lo spettro, infatti, è piuttosto ampio, e comprende, nella sua interezza, onde con lunghezze<br />
molto <strong>di</strong>fferenti, e quin<strong>di</strong> con energie <strong>di</strong>verse. Partendo dalla parte più “debole” dello spettro,<br />
e proseguendo verso la più energetica, troviamo: le onde ra<strong>di</strong>o, l’infrarosso, la parte visibile,<br />
l’ultravioletto, i raggi x e i raggi gamma.<br />
Lo spettro elettromagnetico<br />
L’universo è un serbatoio pressoché infinito <strong>di</strong> tali energie, scaturite da processi molto complessi<br />
e <strong>di</strong> proporzioni immense. Tutti gli astri, le galassie (nonché la nostra), le nubi interstellari, le<br />
nebulose, le esplosioni <strong>di</strong> supernove, ecc., emettono ra<strong>di</strong>azioni nelle varie lunghezze d’onda.<br />
In ogni oggetto predomina una porzione <strong>di</strong> spettro, che non sempre coincide con quella che<br />
siamo in grado <strong>di</strong> percepire a occhio nudo. L’occhio umano è infatti sensibile solo per una<br />
sua piccolissima parte, alle lunghezze comprese in<strong>di</strong>cativamente tra i 400 nanometri (nm),<br />
per il rosso e i 700 per il violetto. Un nanometro è un milionesimo <strong>di</strong> millimetro. Le onde alle<br />
estremità dello spettro vanno circa dalle decine <strong>di</strong> chilometri per le onde ra<strong>di</strong>o, ai 0,0005 nm<br />
per i raggi gamma. Si capisce quin<strong>di</strong> che la maggior parte dell’universo, ci è <strong>di</strong> fatto invisibile.<br />
Nell’ultimo secolo gli enormi progressi scientifici hanno portato a risultati inimmaginabili,<br />
tanto che oggigiorno gli astrofisici, tramite sofisticate attrezzature e telescopi specifici,<br />
riescono a vedere anche nelle bande dello spettro interdette all’occhio umano. In questo modo<br />
la quantità <strong>di</strong> informazioni a <strong>di</strong>sposizione per tentare <strong>di</strong> comprendere l’universo aumentano<br />
notevolmente.<br />
10
Onde ra<strong>di</strong>o<br />
Lo stu<strong>di</strong>o del cielo nelle onde ra<strong>di</strong>o prese il via negli anni ’30 del novecento, quasi per caso.<br />
Nei primi anni del secolo si stava enormemente affermando la comunicazione ra<strong>di</strong>ofonica ed<br />
erano tanti gli esperimenti che si facevano tramite le antenne per cercare <strong>di</strong> sviluppare sempre<br />
più, e meglio, questa tecnologia. Diversi erano i laboratori de<strong>di</strong>cati, ma i Bell Laboratories<br />
americani erano forse i più avanzati, <strong>di</strong>sponendo <strong>di</strong> numerosi strumenti e de<strong>di</strong>cando ampio<br />
spazio alla ricerca. Indagando su alcuni <strong>di</strong>sturbi che affliggevano le comunicazioni un tecnico<br />
Bell, Karl Jansky, trovò che in <strong>di</strong>rezione della costellazione del Sagittario, in piena Via Lattea,<br />
provenivano costantemente segnali ra<strong>di</strong>o. Era proprio l’emissione scaturita dalla nostra Galassia.<br />
Nel corso degli anni la ra<strong>di</strong>oastronomia <strong>di</strong>venne importantissima, ma è nel 1964 che, sempre<br />
casualmente e sempre dai Bell Laboratories, si fece una tra le scoperte più importanti per la<br />
storia dell’evoluzione scientifica: due ingegneri, Robert Wilson e Arno Penzias scoprirono una<br />
sorta <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo che interferiva nelle comunicazioni, debole ma costante e proveniente allo<br />
stesso modo da qualsiasi zona del cielo. Anche se inconsciamente avevano scoperto sul campo<br />
ciò che un fisico russo, George Gamow, ipotizzò due decenni prima: la ra<strong>di</strong>azione cosmica <strong>di</strong><br />
fondo. Ossia la “traccia fossile” del Big Bang; una debolissima ra<strong>di</strong>azione nelle microonde<br />
(onde ra<strong>di</strong>o con lunghezza d’onda <strong>di</strong> 21 centimetri) della temperatura <strong>di</strong> 3° K.<br />
La famosa immagine scattata dal satellite COBE nel 1992. Le macchie rappresentano le variazioni <strong>di</strong> temperatura<br />
Questa scoperta fu una prova fortissima della vali<strong>di</strong>tà della teoria cosmologica del Big Bang.<br />
Un’ulteriore conferma si ha dalla fotografia scattata dal satellite COBE, nel 1992. Essa<br />
mostra, a seguito <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> misurazioni nella banda delle microonde, che la ra<strong>di</strong>azione<br />
non è uniforme, e le seppur piccolissime variazioni della sua temperature significavano un<br />
universo capace <strong>di</strong> formare galassie, miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni fa.<br />
Oltre questa avventurosa parentesi storica (doverosa)<br />
la ra<strong>di</strong>oastronomia ha continuato e continua tutt’ora<br />
a essere <strong>di</strong> fondamentale importanza per la ricerca e la<br />
comprensione dell’Universo. Vengono stu<strong>di</strong>ati il Sole,<br />
i pianeti ma anche esplosioni e resti <strong>di</strong> supernove, lenti<br />
gravitazionali (spiegati grazie alle teorie <strong>di</strong> Einstein) e<br />
oggetti lontani miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni luce, come quasar (giovani<br />
galassie, estremamente brillanti).<br />
Immagine ra<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un quasar sdoppiato per effetto <strong>di</strong> una lente gravitazionale<br />
11
Infrarosso<br />
La banda dell’infrarosso (Ir) è più energetica della ra<strong>di</strong>o, si avvicina alla luce visibile, ma rimane<br />
sempre invisibile all’occhio umano. E’ molto interessante indagare l’universo in questa<br />
banda poiché essa è emessa da un gran<strong>di</strong>ssimo numero <strong>di</strong> oggetti celesti, come il Sole, la Luna<br />
e i pianeti. Inoltre è anche possibile osservare la polvere cosmica, la formazione <strong>di</strong> stelle e <strong>di</strong><br />
nuovi sistemi solari, la Via Lattea e le galassie più <strong>di</strong>stanti. L’infrarosso è la ra<strong>di</strong>azione termica<br />
<strong>di</strong> un corpo, e anche il corpo umano ne emette. Per riprenderla occorre un sensore estremamente<br />
raffreddato, in modo che la ripresa non sia alterata dal calore del sensore stesso. L’atmosfera<br />
terrestre (o meglio le goccioline d’acqua che in essa è contenuta) è un debole schermo per l’Ir,<br />
lasciandolo passare abbastanza. Da Terra, quin<strong>di</strong>, anche se la finestra <strong>di</strong> lavoro è un po’ limitata<br />
si può tentare <strong>di</strong> riprendere questa ra<strong>di</strong>azione. I migliori risultati si ottengono però nelle zone<br />
particolarmente sopraelevate rispetto il livello del mare e piuttosto fredde. L’Antartide, con<br />
un’altitu<strong>di</strong>ne elevata, temperature glaciali e ottime trasparenza e secchezza del cielo, risulta<br />
essere uno dei luoghi più adatti per l’indagine all’Ir. Oppure, ovviamente, lo spazio. Il primo<br />
satellite per l’infrarosso fu IRAS, lanciato nel 1983, fornendo numerose <strong>fotografie</strong> in grado <strong>di</strong><br />
coprire tutto il cielo.<br />
La Nebulosa <strong>di</strong> Orione in Ir<br />
Ripresa a grande campo delle regioni del Toro, Auriga e<br />
Orione dal satellite IRAS
Ultravioletto<br />
L’ultravioletto (Uv) Segue la luce visibile, pertanto ne è <strong>di</strong> poco più energetica. Lo stu<strong>di</strong>o del<br />
cielo nell’ultravioletto permette <strong>di</strong> reperire informazioni su corpi celesti quali le stelle calde, le<br />
novae e le supernovae, i <strong>di</strong>schi d’accrescimento nei sistemi binari, i nuclei galattici attivi.<br />
Anche la ra<strong>di</strong>azione Uv è quasi totalmente schermata dalla nostra atmosfera (fortunatamente,<br />
dato che è estremamente dannosa per il nostro corpo) quin<strong>di</strong> è dallo spazio che si possono<br />
compiere le migliori osservazioni. Nel 1978 è stato lanciato il satellite IUE che ha segnato l’inizio<br />
della astronomia nell’ultravioletto.<br />
Grazie alle immagini che ha catturato<br />
ininterrottamente per più <strong>di</strong> 13 anni<br />
(circa 11mila oggetti osservati) ad<br />
esempio, IUE ha fornito il primo stu<strong>di</strong>o<br />
sistematico delle variazioni d’attività<br />
<strong>di</strong> una cometa durante il suo viaggio<br />
attraverso il sistema solare, ha rivelato<br />
la presenza <strong>di</strong> fenomeni d’aurora su<br />
Giove ed ha permesso <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are le<br />
loro variazioni all’interno del ciclo<br />
solare che ha una durata <strong>di</strong> 11 anni.<br />
Ancora più lontano dal nostro Sistema<br />
Solare, IUE ha permesso la prima<br />
Planisfero Celeste ripreso dal satellite IUE<br />
osservazione <strong>di</strong>retta dell’alone nella<br />
nostra galassia - un’enorme quantità <strong>di</strong><br />
materia cal<strong>di</strong>ssima nelle zone estreme della Via Lattea - ed anche <strong>di</strong> misurare le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong><br />
un buco nero presente nel nucleo <strong>di</strong> una galassia attiva. Inoltre, l’unico quasar ad alto redshift<br />
stu<strong>di</strong>ato nell’UV è stato scoperto proprio da IUE.<br />
La galassia Vortice (M51) nei Cani da caccia ripresa in Uv<br />
13
Raggi X e gamma<br />
L’astronomia nei raggi X e gamma si occupa delle parti più energetiche dello spettro<br />
elettromagnetico. Queste onde sono emesse ogni volta che ci sono degli avvenimenti<br />
estremamente violenti, <strong>di</strong> maestosa portata. Più nello specifico ci vengono fornite informazioni<br />
interessanti riguardo le stelle <strong>di</strong> neutroni, i quasar, la caduta <strong>di</strong> materiale dentro i buchi neri,<br />
i gamma ray burst (ossia violentissime esplosioni con rilascio <strong>di</strong> raggi gamma), ammassi <strong>di</strong><br />
galassie, nuclei galattici attivi, resti <strong>di</strong> supernova, e tanti altri. L’atmosfera ci protegge da<br />
entrambe queste ra<strong>di</strong>azioni per cui, anche in questo caso, lo spazio è il luogo migliore da dove<br />
poter compiere osservazioni. Non sono quin<strong>di</strong> mancati lanci <strong>di</strong> satelliti per fotografare il cielo<br />
in queste bande.<br />
Per quanto riguarda i raggi X nel 1996 è stato lanciato il satellite Beppo SAX, de<strong>di</strong>cato al fisico<br />
fossempronese Giuseppe Occhialini, padre dell’astrofisica italiana. Il satellite era equipaggiato<br />
<strong>di</strong> telescopi particolari e rilevatori che gli permettevano <strong>di</strong> raccogliere informazioni in tutta la<br />
banda degli X; Beppo SAX ha dato un notevole contributo alla comprensione dei gamma ray<br />
burst, identificandoli come lontani da noi miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> anni luce.<br />
Fasi finali <strong>di</strong> un Gamma Ray Burst, riprese dal satellite Beppo SAX<br />
Una data storica nello sviluppo dell’astronomia gamma fu il 1991, quando la NASA lanciò<br />
in orbita il Compton Gamma Ray Observatory (CGRO). In circa <strong>di</strong>eci anni <strong>di</strong> operatività ha<br />
rivelato circa 2 milioni <strong>di</strong> fotoni gamma; <strong>di</strong> questi, molti costituiscono il fondo <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azione<br />
gamma <strong>di</strong>ffusa <strong>di</strong> origine galattica ed extragalattica, e in parte sono riconducibili a sorgenti<br />
gamma quali le pulsar e i nuclei galattici attivi. Inoltre, sono stati rilevati migliaia <strong>di</strong> Gamma<br />
Ray Burst.<br />
Immagine ai raggi gamma <strong>di</strong> un resto <strong>di</strong> supernova nella<br />
costellazione dello Scorpione<br />
Il Sole ripreso nei raggi X dal satellite SkyLab<br />
14
Onde gravitazionali<br />
La ricerca delle onde gravitazionali è un campo ancora in attesa dei primi risultati. Sebbene ci<br />
siano <strong>di</strong>versi centri e strutture imponenti per il rilevamento e lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> queste onde, ancora<br />
manca purtroppo un’osservazione <strong>di</strong>retta che <strong>di</strong>a la prova della loro effettiva esistenza.<br />
Le onde gravitazionali sono state ipotizzate e descriverebbero la propagazione <strong>di</strong> un campo<br />
gravitazionale deformando e increspando lo spazio-tempo entro cui gli oggetti si trovano.<br />
Riuscire a rilevarle significherebbe un notevole passo in avanti nell’astrofisica e nella scienza in<br />
generale. Strumenti appositi, allora, sarebbero in grado <strong>di</strong> “mostrarcele”, nascoste sotto forma<br />
<strong>di</strong> immagini che in<strong>di</strong>cano le concentrazioni <strong>di</strong> tali increspature.<br />
Aspettiamo ansiosi.<br />
15
<strong>Tipi</strong> <strong>di</strong> <strong>fotografie</strong> <strong>astronomiche</strong><br />
Ma cosa possono realizzare gli astrofili, in termini <strong>di</strong> <strong>fotografie</strong> <strong>astronomiche</strong>?<br />
Parlando <strong>di</strong> fotografia astronomica è quasi obbligatorio fare delle <strong>di</strong>stinzioni e imporsi delle<br />
categorie in modo da non racchiudere, in maniera <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nata, entro questa pratica, aspetti<br />
molto <strong>di</strong>versi. Esistono numerose possibilità infatti per riprendere i più svariati soggetti. La<br />
<strong>di</strong>stinzione che propongo è un po’ inusuale e non si rifà, come spesso avviene, alla tecnica usata<br />
o al soggetto, ma piuttosto al campo inquadrato nella foto.<br />
Quin<strong>di</strong>, in questo caso, la <strong>di</strong>visione proposta è: fotografia a “grande campo” (o “campo largo”)<br />
e a “piccolo campo” (o “campo stretto).<br />
Per “campo inquadrato” si intende quanto spazio riusciamo a far entrare nella nostra fotografia.<br />
Ad esempio se si inquadra solo la Luna, in modo che occupi tutta la foto, il campo inquadrato<br />
sarà minore piuttosto che, se oltre alla Luna, in foto si vedono anche le stelle attorno e parti <strong>di</strong><br />
paesaggio terrestre.<br />
Nel grande campo possiamo includere riprese <strong>di</strong> intere costellazioni, le classiche <strong>fotografie</strong> del<br />
sorgere e del tramontare del Sole (considerando che è, come accennato in precedenza, un vero<br />
e proprio fenomeno astronomico), oppure le tracce naturalmente <strong>di</strong>segnate dalle stelle, che con<br />
il passare del tempo sembrano ruotare attorno alla stella Polare. Anche foto <strong>di</strong> scorci <strong>di</strong> Via<br />
Lattea entrano prepotentemente in questa categoria, evidenziando talvolta forma e struttura<br />
della nostra galassia.<br />
Viene perciò qui esclusa la possibilità <strong>di</strong> vedere singoli particolari piuttosto ingran<strong>di</strong>ti dei vari<br />
oggetti celesti;<br />
Fotografia a grande campo. Si vedono la Luna piena che sta sorgendo e parti <strong>di</strong> paesaggio terrestre 16
Il piccolo campo si concentra invece proprio ad immortalare tali particolari, selezionando la<br />
piccola porzione <strong>di</strong> cielo entro cui si trovano. Quin<strong>di</strong> Sole, Luna, pianeti, galassie, nebulose,<br />
ammassi, stelle doppie… vengono fotografati in maniera precisa e dettagliata, <strong>di</strong>ventando il<br />
soggetto principale dell’immagine. Si riconosceranno qui le nature stesse dei soggetti. I pianeti,<br />
ad esempio, non appariranno come semplici puntini luminosi, ma come veri e propri deschetti,<br />
all’interno dei quali (o anche all’esterno, per Saturno) si vedranno più o meno caratteristiche<br />
dell’atmosfera e della morfologia a seconda dei momenti.<br />
Oppure le nebulose ad emissione, oltre che come semplici “batuffoli <strong>di</strong> cotone”, si mostrano<br />
come complesse trame <strong>di</strong> gas brillanti spesso aventi colori precisi, <strong>di</strong> solito tendenti al rosso.<br />
In alcuni casi le tecniche esposte sono simili, se non identiche, per entrambe le categorie. Quello<br />
che cambia è l’utilizzo <strong>di</strong> strumenti <strong>di</strong>versi, che sviluppano più o meno ingran<strong>di</strong>menti. Ad alti<br />
ingran<strong>di</strong>menti è molto più <strong>di</strong>fficile eseguire una buona foto, in quanto si deve far fronte ad<br />
un maggior numero <strong>di</strong> problemi. In linea <strong>di</strong> massima, quin<strong>di</strong>, anche se hanno <strong>di</strong>versi punti in<br />
comune, le <strong>fotografie</strong> a grande campo sono le più semplici, e adatte quin<strong>di</strong>, per fare le prime<br />
esperienze.<br />
Due particolari della<br />
superficie lunare, nei<br />
pressi del terminatore.<br />
Il campo inquadrato è<br />
molto piccolo
Entrambe le categorie comunque sono estremamente affascinanti, e se ben sviluppate, serbano<br />
foto <strong>di</strong> grande spettacolarità. La scelta dell’una o dell’altra è determinata da numerosi fattori:<br />
• In primo luogo, da cosa si vuol fotografare. Ovvero da quale si voglia che sia il risultato<br />
finale. Ognuno, inoltre, pre<strong>di</strong>lige uno dei due campi e tende a specializzarsi e a ritrarlo più<br />
frequentemente.<br />
• Si sceglie anche in base al materiale che si ha a <strong>di</strong>sposizione. Il campo stretto necessita<br />
<strong>di</strong> strumenti specifici (ad esempio è necessario un telescopio) ed è un percorso più laborioso da<br />
affrontare.<br />
• Il sito <strong>di</strong> ripresa è fondamentale. Se siamo in presenza <strong>di</strong> un forte inquinamento luminoso,<br />
ad esempio, è sconsigliata la fotografia a grande campo e <strong>di</strong> oggetti deboli, in quanto il cielo<br />
anziché nero risulterebbe chiarissimo non permettendo la visibilità <strong>di</strong> numerose stelle.<br />
• Le con<strong>di</strong>zioni della serata in cui si effettuano le riprese sono molto importanti e spesso<br />
influenzano le decisioni del fotografo. Ovviamente con “con<strong>di</strong>zioni” non si intende se il<br />
cielo è sereno o meno (in caso <strong>di</strong> cielo nuvoloso o coperto non ha senso parlare <strong>di</strong> fotografia<br />
astronomica), piuttosto si parla <strong>di</strong> “seeing” e <strong>di</strong> “trasparenza”, termini che in<strong>di</strong>cano appunto<br />
la qualità del cielo. Un buon seeing prevede che le immagini appaiano ferme, a fuoco, nitide<br />
e precise nei contorni. Di solito si ha quando c’è poca turbolenza nell’aria. Quin<strong>di</strong> il vento e<br />
le masse d’aria <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse temperature che si spostano ad alta quota causano cattivo seeing.<br />
La trasparenza dell’aria, invece, in<strong>di</strong>ca proprio se il cielo è trasparente, cioè ad esempio, se<br />
riusciamo o meno a vedere numerose stelle, magari anche quelle più deboli. Solitamente si<br />
scelgono foto <strong>di</strong> astri del Sistema Solare quando il seeing è migliore, degli oggetti deboli e in<br />
generale foto a grande campo quando è migliore la trasparenza. Non è detto che buoni seeing e<br />
trasparenza siano presenti assieme.<br />
18
Materiali<br />
Per realizzare <strong>fotografie</strong> <strong>astronomiche</strong>, al contrario <strong>di</strong> quello che si potrebbe pensare, non<br />
occorrono strumenti particolarmente strani o complessi. Certo è che non basta una qualsiasi<br />
macchina fotografica da puntare a mano verso il cielo e scattare: non uscirebbe fuori nemmeno<br />
una stella!<br />
A seconda se vogliamo de<strong>di</strong>carci ad una o l’altra categoria <strong>di</strong> foto <strong>astronomiche</strong> abbiamo<br />
bisogno <strong>di</strong> attrezzature <strong>di</strong>fferenti.<br />
Per quel che riguarda il grande campo, è obbligatorio premettere che sono necessari, nella<br />
maggior parte dei casi, tempi <strong>di</strong> esposizione piuttosto lunghi (si parla <strong>di</strong> decine <strong>di</strong> secon<strong>di</strong>),<br />
in modo da fissare le deboli luci delle stelle. Fondamentale è quin<strong>di</strong> una fotocamera che sia<br />
in grado <strong>di</strong> farlo. Tale caratteristica si trova sia nelle analogiche che nelle <strong>di</strong>gitali. In entrambi<br />
i casi, però, bisogna far attenzione: le più <strong>di</strong>ffuse macchine fotografiche che si trovano nella<br />
maggior parte delle case, sono le cosiddette “compatte”, adatte alle foto terrestri e senza la<br />
possibilità <strong>di</strong> cambiare obiettivi e gestire i comuni parametri <strong>di</strong> ripresa (tempi e <strong>di</strong>aframmi),<br />
che sono invece in<strong>di</strong>spensabili in astronomia. Solo alcune compatte <strong>di</strong> fascia me<strong>di</strong>o-alta hanno<br />
queste caratteristiche, che le rendono, <strong>di</strong> fatto, più adatte per il cielo.<br />
Le migliori macchine sono dunque le “reflex”, analogiche<br />
o <strong>di</strong>gitali che siano, che si prestano meravigliosamente<br />
alla fotografia astronomica. La completa gestione delle<br />
opzioni <strong>di</strong> ripresa ci permette <strong>di</strong> adattare la macchina<br />
ad ogni situazione, semplificando non poco la vita del<br />
fotografo. Cambiando gli obiettivi, inoltre, la gamma <strong>di</strong><br />
possibilità si estende notevolmente riuscendo a spaziare<br />
tra numerosi soggetti <strong>di</strong>versi, passando talvolta dal<br />
grande al piccolo campo.<br />
La fotocamera compatta Kodak DX7630. La possibilità <strong>di</strong><br />
gestire manualmente alcuni parametri la rende una delle<br />
poche compatte adatte alla fotografia astronomica<br />
La reflex <strong>di</strong>gitale Canon 350D è una delle più<br />
comuni fotocamere utilizzate dagli astrofili<br />
19
Volendo spendere alcune parole sugli obiettivi, occorre precisare quali sono le loro caratteristiche<br />
che ci interessano, in campo prettamente astronomico: ogni obiettivo ha un paio <strong>di</strong> numeri<br />
che ci danno informazioni importanti. Il primo è la lunghezza focale, espressa in millimetri,<br />
ossia la <strong>di</strong>stanza che c’è tra la lente dell’obiettivo e il piano in cui l’immagine va a fuoco. Di<br />
solito, i più comuni obiettivi che sono venduti assieme alle macchine, variano circa tra i 20 e<br />
200 mm. Esistono dei modelli zoom che hanno la focale variabile. In sostanza, più il numero<br />
è basso, più campo si riesce a inquadrare nel fotogramma. A titolo in<strong>di</strong>cativo, a 20 mm si<br />
riprendono, nella stessa foto, numerose costellazioni, a 200 mm solo parte del Grande Carro.<br />
Il secondo numero in<strong>di</strong>ca il rapporto focale. E’ il rapporto che c’è tra la lunghezza focale e il<br />
<strong>di</strong>ametro dell’obiettivo (in mm) e si presenta come una frazione con al numeratore la lettera<br />
“f” o una <strong>di</strong>visione dove al <strong>di</strong>videndo c’è il numero “1”. Alcuni esempi, tra i più comuni,<br />
possono essere: 1:3,5 oppure f/3,5 – 1:2,8 o f/2,8. Nei modelli zoom si trovano due numeri:<br />
uno corrispondente alla focale minima e uno alla massima, ad esempio f/3,5 – 5,6. Questo<br />
numero è utile per due cose: sapere la luminosità dell’obiettivo e determinare la profon<strong>di</strong>tà<br />
<strong>di</strong> campo, cioè lo spazio entro cui le immagini riprese risultano essere a fuoco. Ad un numero<br />
piccolo corrisponde maggiore luminosità e minore profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> campo. Il valore riportato<br />
in<strong>di</strong>ca sempre la massima luminosità, quin<strong>di</strong> il numero è il più piccolo possibile. Lo si può<br />
aumentare chiudendo il <strong>di</strong>aframma (quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>minuisce la luminosità, occorrono tempi più<br />
lunghi, ma aumenta la profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> campo). In base alle esigenze si cambiano gli obiettivi e si<br />
mo<strong>di</strong>ficano i valori. Anche se al momento il neofito risulta <strong>di</strong>sorientato, rassicuro <strong>di</strong>cendo che<br />
basta veramente poco per prendere confidenza con i numeri, e in seguito tutto sarà alquanto<br />
imme<strong>di</strong>ato.<br />
Utile, ma non in<strong>di</strong>spensabile, potrebbe essere<br />
uno scatto flessibile che evita le vibrazioni<br />
causate dal <strong>di</strong>to premuto nel pulsante<br />
dell’otturatore.<br />
Dati i lunghi tempi <strong>di</strong> posa è obbligatorio<br />
munirsi <strong>di</strong> un cavalletto sul quale fissare<br />
la fotocamera, onde evitare <strong>di</strong> ottenere<br />
immagini mosse. Con le sue numerose<br />
possibili regolazioni, è utilissimo per<br />
cambiare inquadratura in pochissimi<br />
secon<strong>di</strong> ed essere subito operativi per<br />
altri scatti. In casi <strong>di</strong> emergenza, nulla<br />
vieta comunque, <strong>di</strong> appoggiare la macchina<br />
sopra un qualsiasi supporto <strong>di</strong> fortuna.<br />
L’obiettivo fornito insieme alla Canon 350D.<br />
Si notino i numeri descritti nel testo<br />
Altra cosa fondamentale, da tener presente per chi<br />
lavora in analogico, è la scelta della pellicola, che dovrà<br />
avere una sensibilità adatta al tipo <strong>di</strong> ripresa. Si potrebbe<br />
pensare che un numero ISO maggiore sia consigliato data la debolezza dei soggetti, in realtà è<br />
meglio utilizzare pellicole a me<strong>di</strong>a sensibilità, <strong>di</strong>ciamo comprese tra i 200 e gli 800 ISO. Più<br />
saliamo in questa scala, maggiore è la grana prodotta e visibile in foto. Si tratta <strong>di</strong> un <strong>di</strong>sturbo<br />
creato dagli alogenuri d’argento (le particelle fotosensibili della pellicola) che sono tanto più<br />
gran<strong>di</strong> quanto più è sensibile la pellicola. Ai massimi valori, tranne in alcuni casi eccezionali, la<br />
grana è visibilissima e crea un notevole <strong>di</strong>sturbo in tutta l’immagine. Il tempo <strong>di</strong> posa, inoltre,<br />
influisce negativamente: più si espone, maggiore <strong>di</strong>venta la <strong>di</strong>mensione dei grani. Occorre<br />
quin<strong>di</strong> trovare il compromesso giusto tra i vari fattori onde evitare spiacevoli sorprese.<br />
Chi lavora con il <strong>di</strong>gitale deve tenere presente un problema analogo. Anche nelle reflex<br />
20
<strong>di</strong>gitali è possibile variare gli ISO e anche qui impostando un valore alto si aumenta, oltre<br />
che la sensibilità, un “rumore” fasti<strong>di</strong>osissimo che va a deturpare l’immagine finale. Si tratta<br />
dell’equivalente della grana analogica, ma in questo caso è dovuta alla corrente elettrica che<br />
scalda il sensore; i pixel rispondono in maniera <strong>di</strong>versa e a caso, nella foto, si vedono punti più<br />
o meno luminosi. Anche qui maggiore il tempo, maggiore il rumore.<br />
Un altro tipo <strong>di</strong> fotografia a grande campo, detta “in parallelo”,<br />
necessita obbligatoriamente dello strumento astronomico<br />
per eccellenza: il telescopio. Ovviamente non lo si usa per<br />
fotografarci attraverso, ma come supporto della fotocamera,<br />
come fosse un cavalletto. Serve come “guida” per compensare<br />
il moto <strong>di</strong> rotazione terrestre. Infatti, una fotografia dal cavalletto<br />
tra<strong>di</strong>zionale non potrà avere tempi <strong>di</strong> posa lunghissimi, in quanto<br />
la Terra, girando su se stessa, produrrà un effetto <strong>di</strong> mosso sulle<br />
stelle, che invece rimangono fisse.<br />
La maggior parte dei telescopi hanno la possibilità, invece, <strong>di</strong><br />
inseguire gli oggetti celesti, che apparentemente si muovono<br />
in cielo, agendo su delle manopole o più comodamente,<br />
attivando dei particolari motori elettrici. In questo modo,<br />
se l’inseguimento è preciso, i tempi <strong>di</strong> posa si possono<br />
allungare notevolmente senza avere la percezione<br />
del mosso. Così si riescono a far risaltare anche i<br />
dettagli più deboli.<br />
Occorre perciò un accessorio che sia in<br />
grado <strong>di</strong> collegare i due strumenti.<br />
Alcuni telescopi hanno un vite a<br />
passo fotografico installata nella<br />
sommità della montatura. Altrimenti<br />
è possibile, con un po’ d’ingegno,<br />
costruirsi qualcosa che possa fare al<br />
caso nostro.<br />
Un oculare <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a focale con un<br />
reticolo illuminato all’interno, anche<br />
se non fondamentale, può essere<br />
utile per essere più precisi durante<br />
l’inseguimento, o per correggere<br />
eventuali errori dei motori.<br />
Il piccolo telescopio (Ø 114 mm) che utlizzo in alcune <strong>fotografie</strong> <strong>astronomiche</strong>.<br />
Si noti la montatura <strong>di</strong> tipo “equatoriale” sprovvista <strong>di</strong> motori. Tramite le due leve<br />
flessibili è possibile effettuare piccole correzioni <strong>di</strong> puntamento, utili, ad esempio, per<br />
inseguire gli oggetti celesti.<br />
Le <strong>fotografie</strong> a piccolo campo sono equamente <strong>di</strong>vise<br />
tra quelle che necessitano <strong>di</strong> lunghe e corte pose e gli<br />
strumenti necessari sono un po’ più specifici, alcuni dei<br />
quali <strong>di</strong> largo utilizzo per coloro che già da un po’ sono<br />
appassionati praticanti <strong>di</strong> astronomia.<br />
Il telescopio, in<strong>di</strong>spensabile nel “piccolo campo” dovrà<br />
essere adatto al tipo si soggetto.<br />
Ciò che è importante ai fini della fotografia è il rapporto<br />
focale del telescopio, che esattamente come in un obiettivo<br />
fotografico, ne in<strong>di</strong>ca la luminosità. Gli strumenti<br />
amatoriali hanno luminosità, per così <strong>di</strong>re, abbastanza<br />
Ecco cosa si vede guardando attraverso un telescopio con reticolo illuminato.<br />
Nel centro dei filamenti luminosi si posiziona una stella e si cerca <strong>di</strong> mantenerla ferma<br />
agendo sui movimenti micrometrici<br />
21
standar<strong>di</strong>zzate, ovvero i “riflettori” sono in genere più luminosi, (poiché hanno <strong>di</strong>ametri<br />
generosi) e quin<strong>di</strong> adatti per gli oggetti deboli (nebulose, galassie, comete, ammassi globulari),<br />
mentre i “rifrattori” hanno rapporti focali maggiori, quin<strong>di</strong> sono più bui e meglio si adattano<br />
alle riprese in alta definizione <strong>di</strong> oggetti luminosi (Sole, Luna e pianeti).<br />
Esistono anche rifrattori a corta focale, combinando un’elevata luminosità ad una eccellente<br />
lavorazione delle ottiche, ma qui i prezzi salgono parecchio.<br />
I miei oculari. Partendo dal primo in alto a sinistra, fino all’ultimo in basso a destra,<br />
le focali sono: 25mm - 20mm - 20mm - 12mm - 12mm - 10mm - 6mm - 4mm - 4mm<br />
Per il metodo “afocale” occorre un<br />
telescopio, una gamma <strong>di</strong> oculari<br />
vasta il più possibile e una macchina<br />
fotografica. Va bene, in questo caso,<br />
anche una semplice compatta (molto<br />
meglio <strong>di</strong>gitale, dato che consente <strong>di</strong><br />
visualizzare la foto appena scattata, ed<br />
eventualmente, <strong>di</strong> apportare subito le<br />
dovute correzioni). In questo modo,<br />
con un po’ <strong>di</strong> pratica, si riusciranno<br />
ad ottenere foto interessanti degli<br />
astri più brillanti.<br />
Per il “fuoco <strong>di</strong>retto” sono in<strong>di</strong>spensabili un paio <strong>di</strong> raccor<strong>di</strong> posti tra la macchina fotografica<br />
priva <strong>di</strong> obiettivo (dunque si può usare solo una reflex, in questo caso) e il focheggiatore del<br />
telescopio (che funge così da obiettivo). Il primo è il cosiddetto “anello T2”. Da una parte<br />
si applica al posto dell’obiettivo della macchina, dall’altra ha una filettatura per l’innesto <strong>di</strong><br />
altri accessori, anche non astronomici. Il secondo è un raccordo specifico che andrà avvitato<br />
nell’estremità libera dell’anello e poi inserito nel focheggiatore, come un comune oculare.<br />
Gli stessi raccor<strong>di</strong> avvitati insieme e pronti per l’uso<br />
I due raccor<strong>di</strong> descritti nel testo smontati<br />
E’ importante, soprattutto se il soggetto è debole e richiede un tempo <strong>di</strong> posa assai lungo,<br />
che il telescopio insegua piuttosto bene, con margini <strong>di</strong> errore bassissimi o praticamente nulli,<br />
altrimenti, data la focale spinta, i soggetti risulteranno allungati. E’ opportuno quin<strong>di</strong> che la<br />
montatura sia motorizzata (lo sono ormai la maggior parte) o che si provveda a montare un altro<br />
piccolo telescopio, in parallelo, con il quale inseguire a mano anche se è piuttosto <strong>di</strong>fficile ed<br />
impegnativo. Si può incrementare ulteriormente l’ingran<strong>di</strong>mento frapponendo tra la macchina<br />
e il telescopio un oculare o una lente <strong>di</strong> Barlow; ma attenzione, perché le <strong>di</strong>fficoltà aumentano<br />
in proporzione all’ingran<strong>di</strong>mento sviluppato.<br />
22
Una tra le webcam più quotate per l’uso astronomico:<br />
la Philips Toucam Pro III (SPC900NC)<br />
Infine, uno strumento utilissimo, e <strong>di</strong> recente<br />
impiego, è una comune webcam.<br />
Queste piccole ed economiche telecamere<br />
da applicare al computer sono utilissime<br />
per la fotografia degli oggetti del sistema<br />
solare. L’unica accortezza è <strong>di</strong> sceglierne<br />
una con risoluzione <strong>di</strong> almeno 640 x 480<br />
px e con la possibilità <strong>di</strong> essere smontata. Il<br />
suo obiettivo, infatti, non serve, e la camera<br />
viene usata con le ottiche del telescopio.<br />
23
Tecniche a grande campo<br />
Le tecniche a grande campo sono le più semplici da realizzare.<br />
Per questo sono le prime che gli astrofili prendono in considerazione per iniziare a far foto<br />
<strong>astronomiche</strong>. Si possono realizzare in molti casi e da molti siti. Anche quando il seeing e la<br />
trasparenza non sono ottimali, si riescono a fare foto abbastanza buone. La città, contrariamente<br />
a quanto si possa credere, può essere un buon punto <strong>di</strong> partenza, dove fare le prime esperienza<br />
e prendere <strong>di</strong>mestichezza con gli strumenti.<br />
Volendo essere il più precisi possibile, possiamo <strong>di</strong>videre queste tecniche in due categorie: le<br />
<strong>fotografie</strong> “da cavalletto” e “in parallelo”. Per le prime occorre semplicemente una fotocamera<br />
e un cavalletto, mentre nella seconda è necessario anche un telescopio.<br />
I soggetti che è possibile riprendere in questa categoria sono numerosissimi, e alcuni sembrano<br />
ad<strong>di</strong>rittura non essere attinenti con l’astronomia.<br />
Fotografia “da cavalletto”<br />
La fotocamera posizionata sul<br />
cavalletto, ponta per scattare
• Procedendo con or<strong>di</strong>ne, le foto più semplici da realizzare sono quelle dei tramonti e<br />
delle albe, quando il Sole è quin<strong>di</strong> vicinissimo all’orizzonte e il cielo assume la caratteristica<br />
colorazione rossastra. In questo caso, data la grande luminosità, non è nemmeno necessario il<br />
più delle volte, il cavalletto. I parametri tecnici da regolare sono pochissimi e anche settate in<br />
“automatico”, le macchine <strong>di</strong> solito producono ottime immagini. Si usano corte o me<strong>di</strong>e focali,<br />
perciò va benissimo anche una qualsiasi compatta. E’ importante qui, più <strong>di</strong> ogni altra fotografia<br />
astronomica, preoccuparsi dell’inquadratura, in modo da rendere piacevole l’immagine e<br />
conferire originalità ad un soggetto gia molto in voga tra i fotografi. Utilissimi sono i particolari<br />
terrestri che fanno da contorno al fenomeno. E’ consigliato, infatti, far rientrare in foto anche<br />
il paesaggio terrestre onde evitare <strong>di</strong> produrre immagini con solo cielo, prive <strong>di</strong> identità, che<br />
potrebbero essere state scattate in qualsiasi parte del pianeta e da chiunque. Possono essere<br />
molto interessanti luoghi dove dominano imponenti gru, cantieri, strade trafficate, gran<strong>di</strong><br />
strutture architettoniche. Anche elementi naturali come montagne, colline, corsi d’acqua, sono<br />
importanti e <strong>di</strong> grande aiuto. Attenzione particolare va posta alla linea dell’orizzonte: salvo i<br />
rari casi dove potrebbe essere interessante qualche gioco <strong>di</strong> simmetria, è opportuno attenersi<br />
alla “regola dei terzi”, ponendola a 1 o 2 terzi dal bordo dell’inquadratura. Di grande impatto<br />
sono le <strong>fotografie</strong> effettuate con obiettivi a cortissima focale e <strong>di</strong>aframmati <strong>di</strong> qualche stop<br />
(per sfruttare una maggior profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> campo ed avere, così, tutto a fuoco) dove si vedono<br />
ampissime porzioni <strong>di</strong> cielo e terra.<br />
L’ultima cosa da dover decidere è, a questo punto, la scelta dell’esposizione; cioè se vogliamo<br />
che sia correttamente esposto il paesaggio, o il cielo con il Sole. Le due varianti producono effetti<br />
<strong>di</strong>versi: nel primo caso il cielo verrà sovraesposto, si perde un po’ l’effetto alba o tramonto, ma<br />
si vedranno molto bene i particolari terrestri. Nel secondo il cielo sarà della giusta tonalità, con<br />
il Sole ben visibile, e l’orizzonte apparirà come un’unica sagoma nera.<br />
• Un soggetto altrettanto semplice da fotografare è il “parelio solare”. Si tratta <strong>di</strong> un<br />
riflesso solare che è visibile ogni tanto in cielo, durante le ore <strong>di</strong>urne, quando sono presenti<br />
particolari nubi, alte e stratiformi: i cirri. Il parelio si manifesta come un piccolo bagliore <strong>di</strong><br />
luce a lato del Sole e talvolta è visibile sia a destra sia a sinistra. E’ dovuto alla rifrazione dei<br />
reggi solari nei piccoli cristalli <strong>di</strong> ghiaccio dei cirri. In questo modo la luce viene scomposta e<br />
il parelio assume i colori tipici dell’arcobaleno. Il rosso è sempre verso il Sole. I parametri e<br />
le modalità <strong>di</strong> ripresa sono gli stessi che per i tramonti e le albe. La cosa più <strong>di</strong>fficile, quin<strong>di</strong>, è<br />
trovarsi nel posto giusto al momento giusto.<br />
• Un tipo <strong>di</strong> fotografia molto in voga tra i principianti (e non solo) è la classica strisciata<br />
attorno la stella Polare. Si tratta <strong>di</strong> lasciare aperto l’otturatore della macchina per un tempo<br />
sufficientemente lungo da mostrare le tracce prodotte dalle stelle mentre ruotano (apparentemente,<br />
dato che in realtà è la Terra a ruotare) attorno alla stella Polare. Dal punto <strong>di</strong> vista tecnico si<br />
capisce subito la semplicità <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> foto. Anche qui, però, ci sono accortezze da tenere a<br />
mente: innanzi tutto è bene non scegliere una sensibilità troppo elevata, altrimenti il fondo cielo<br />
<strong>di</strong>verrebbe troppo chiaro. Meglio non superare gli 800 ISO. E’ opportuno inoltre, <strong>di</strong>aframmare<br />
<strong>di</strong> uno o due stop l’obiettivo per avere immagini più incise, una maggior profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> campo,<br />
e poter usufruire <strong>di</strong> più tempo <strong>di</strong> posa (= strisciate più lunghe) mantenendo accettabile il fondo<br />
cielo. E’ anche importante sapere che parte <strong>di</strong> cielo si sta inquadrando per determinare il corretto<br />
tempo <strong>di</strong> posa. Si consideri che le stelle in cielo non ruotano tutte con la stessa velocità lineare<br />
(in un dato tempo percorrono lunghezze <strong>di</strong>verse): la stella Polare rimane fissa (in realtà quasi<br />
fissa, dato che non si trova esattamente sul Polo Nord celeste), e man mano che le stelle si<br />
trovano più lontano da lei ruotano sempre più velocemente, raggiungendo il massimo lungo<br />
l’Equatore celeste. Puntando in quest’ultima <strong>di</strong>rezione, piuttosto che in un’altra, quin<strong>di</strong>, a parità<br />
<strong>di</strong> tempo, la strisciata risulterà maggiore. Anche il tipo d’obiettivo è importante per determinare<br />
i tempi. Una focale lunga produrrà velocemente l’effetto mosso, mentre una corta necessita,<br />
25
in casi estremi, anche <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi minuti. Anche in questo caso è importante l’inquadratura,<br />
che potrà essere solo “astronomica”, includendo solo stelle, o “ibrida”, incorporando parte <strong>di</strong><br />
paesaggio.<br />
• Riducendo opportunamente i tempi, si possono riprendere intere costellazioni, senza<br />
però far apparire le strisciate. Sono foto molto belle, se ben eseguite, e <strong>di</strong> grande sod<strong>di</strong>sfazione<br />
per l’astrofotografo alle prime armi, perché talvolta si riescono ad in<strong>di</strong>viduare le deboli strutture<br />
<strong>di</strong> qualche galassia, o nebulosa. Oppure la Via Lattea, con le sue zone oscure all’interno. In<br />
ogni caso, comunque, si contano in foto tante stelle in più <strong>di</strong> quelle che si vedono ad occhio<br />
nudo. Di seguito è riportata una tabella con i tempi massimi, in base alla focale utilizzata e alla<br />
declinazione dell’area inquadrata.<br />
Focale in mm T max a 0° T max a 15° T max a 30° T max a 45° T max a 60°<br />
18 30” 32” 35” 43” 61”<br />
28 19” 20” 23” 28” 39”<br />
35 15” 16” 18” 22” 31”<br />
50 11” 12” 13” 16” 22”<br />
80 7” 7” 8” 10” 13”<br />
135 4” 4” 5” 6” 8”<br />
200 3” 3” 4” 5” 6”<br />
300 2” 2” 2” 3” 4”<br />
La tabella si riferisce specificatamente alle classiche macchine analogiche, con pellicola 35mm.<br />
Lavorando in <strong>di</strong>gitale i valori esatti saranno leggermente <strong>di</strong>versi.<br />
26
Tramonto<br />
Canon 350D - 55 mm - f/5,6 - 1/1000 sec - iso 100
Falce <strong>di</strong> Luna e Venere al tramonto<br />
Canon 350D - 38 mm - f/8 - 3,2 sec - iso 100
Venere e Mercurio al tramonto<br />
Canon 350D - 31 mm - f/22 - 4 sec - iso 200
Parelio solare<br />
Kodak DX7630 - 39 mm - f/8 - 1/1000 sec - iso 100
Tracce stellari attorno alla Stella Polare<br />
Canon 350D - 18 mm - f/3,5 - circa 400 sec - iso 800
Scorcio <strong>di</strong> Via Lattea nei pressi del Sagittario<br />
Canon 350D - 18 mm - f/3,5 - 31 sec - iso 800
Traccia <strong>di</strong> una perseide (stella cadente del 10 agosto)<br />
Canon 350D - 18 mm - f/3,5 - 30 sec - iso 800
Fotografia in parallelo<br />
Il telescopio con la Canon montata nella barra del contrappeso pronta all’uso.<br />
Si notino lo scatto remoto autocostruito e il sostegno per la fotocamera, anch’esso autocostruito<br />
La fotografia in parallelo è forse quella che, tra le tecniche più semplici, da maggiori sod<strong>di</strong>sfazioni.<br />
La tecnica è molto semplice: la fotografia si realizza con l’ottica della macchina.<br />
Il fotografo deve osservare nell’oculare del telescopio una stella guida usando il massimo<br />
ingran<strong>di</strong>mento possibile. Questa inizia naturalmente a spostarsi, a causa della rotazione terrestre.<br />
Quin<strong>di</strong> bisogna cercare <strong>di</strong> compensare il movimento e mantenere la stella il più possibile<br />
ferma nella sua posizione agendo sulle leve del telescopio. Si muoverà così anche la macchina<br />
fotografica che gli è attaccata, e la foto risulterà ferma.<br />
Ovviamente più si è precisi nell’inseguimento manuale, migliore risulterà essere la foto, ma<br />
non bisogna spaventarsi: una volta presa la mano è piuttosto semplice inseguire e la cosa più<br />
importante è che sono ammessi errori abbastanza grossolani (in base all’obiettivo usato: focali<br />
corte = ammessi errori maggiori). Il campo inquadrato dall’obiettivo, infatti, è molto maggiore<br />
<strong>di</strong> quello inquadrato dal telescopio, quin<strong>di</strong> il movimento apparente è molto meno marcato.<br />
Minore è il campo, più velocemente gli astri sembrano spostarsi, ed è per questo che è meglio<br />
34
inseguire con ingran<strong>di</strong>menti molto alti, così si è molto più precisi!<br />
E’ molto utile un oculare con un reticolo illuminato all’interno. Si tratta <strong>di</strong> un filamento<br />
luminoso, inserito dentro l’oculare, che forma una croce. Un ulteriore punto <strong>di</strong> riferimento nel<br />
quale posizionare la stella guida. Non è tuttavia un accessorio in<strong>di</strong>spensabile, soprattutto se la<br />
posa non supera i 4-5 minuti.<br />
La macchina dovrà, per forza, consentire pose piuttosto lunghe, almeno <strong>di</strong> trenta secon<strong>di</strong>,<br />
per essere certi <strong>di</strong> ottenere qualcosa <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfacente. Sono quin<strong>di</strong> consigliate le reflex che,<br />
impostando la posa B (bulb), permettono un qualsiasi tempo voluto dal fotografo.<br />
Per quanto riguarda gli obiettivi anche qui, come per la tecnica precedente, è bene mantenersi su<br />
focali corte e numeri f/ piccoli (obiettivi luminosi). Salendo con la focale si riesce a selezionare<br />
una piccola parte <strong>di</strong> cielo, ma è molto più <strong>di</strong>fficile ottenere immagini ferme.<br />
La messa a fuoco è forse la cosa più <strong>di</strong>fficile. Deve essere perfetta per ottenere stelle puntiformi.<br />
Se si lavora in <strong>di</strong>gitale, sono utili delle prove da rivedere al momento, e correggere in fase <strong>di</strong><br />
ripresa gli eventuali errori. Posizionare la ghiera della messa a fuoco su “infinito” non sempre<br />
garantisce la massima precisione. Diaframmando <strong>di</strong> un paio <strong>di</strong> stop e allungando quin<strong>di</strong> la<br />
profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> campo, si ha un fuoco sicuramente migliore. Inoltre chiudere il <strong>di</strong>aframma<br />
comporta anche ridurre notevolmente le aberrazioni dell’obiettivo. In<strong>di</strong>cativamente sono spesso<br />
buone, le foto realizzate tra f/4 e f/5.6, anche se richiedono tempi un po’ più lunghi.<br />
La procedura da effettuare per poter essere operativi richiede qualche passaggio fondamentale,<br />
ma tutto si può <strong>di</strong>re, tranne che sia complicata.<br />
Innanzi tutto occorre precisare che il telescopio dovrà essere equipaggiato <strong>di</strong> una montatura<br />
“equatoriale”, adatta all’inseguimento degli oggetti celesti. Sebbene anche le montature<br />
“altazimutali” permettano <strong>di</strong> farlo, le <strong>fotografie</strong> con essa effettuate risulteranno affette dalla<br />
“rotazione <strong>di</strong> campo”. (Ve<strong>di</strong>amo in seguito che significa).<br />
La prima cosa necessaria è lo “stazionamento” del telescopio. Tecnicamente significa renderlo<br />
parallelo con l’asse terrestre, facendo puntare l’asse polare del telescopio verso un polo celeste<br />
(ovviamente per noi, si parla <strong>di</strong> polo Nord), in modo da renderlo effettivamente pronto per<br />
l’inseguimento. Le istruzioni per lo stazionamento si trovano solitamente nel manuale allegato<br />
allo strumento oppure facilmente, facendo una ricerca sul Web. Dopo le prime volte, lo<br />
stazionamento risulterà molto semplice e intuitivo e non richiederà più <strong>di</strong> una manciata <strong>di</strong><br />
minuti. E’ importante curare questa prima fase poiché uno stazionamento ben fatto semplifica<br />
notevolmente l’inseguimento.<br />
Il passo successivo è collegare la macchina al telescopio. Alcune montature hanno una vite<br />
con passo fotografico sulla sommità. In questo caso i due strumenti appaiono perfettamente<br />
allineati e paralleli. Quin<strong>di</strong> ognuno punterà la stessa zona <strong>di</strong> cielo. Oppure esistono numerosi<br />
raccor<strong>di</strong>, da applicare in <strong>di</strong>verse parti della montatura, per fissare la macchina in parallelo.<br />
Quello proposto è un pezzo da me progettato e fatto realizzare da un fabbro.<br />
Il sostegno in dettaglio.<br />
Consente <strong>di</strong> fissare qualsiasi fotocamera me<strong>di</strong>ante la vite a passo fotografico<br />
(<strong>di</strong> fianco a destra) e <strong>di</strong> eseguire <strong>fotografie</strong> in parallelo sfruttando un allineamento<br />
<strong>di</strong>sassato, utile per essere più precisi nell’inseguimento 35
Consente anche l’inseguimento “<strong>di</strong>ssasato”, che può essere talvolta vantaggiosa: il telescopio<br />
e la macchina puntano zone <strong>di</strong>fferenti. Si usa quando si vogliono ottenere inseguimenti<br />
particolarmente precisi. In questo caso la macchina si punta verso il soggetto, mentre il<br />
telescopio verso una stella guida posta lungo l’Equatore celeste o in prossimità <strong>di</strong> questo. In<br />
quella <strong>di</strong>rezione il moto apparente risulta molto più veloce, quin<strong>di</strong> si sarà costretti a continue,<br />
piccole, precise correzioni.<br />
Le foto potrebbero però essere affette dalla “rotazione <strong>di</strong> campo” se il telescopio non è stato<br />
allineato al polo con sufficiente precisione. Essa appare come una sorta <strong>di</strong> leggero mosso, con<br />
le tracce stellari arcuate, con centro nella stella guida, maggiore man mano che da lei ci si<br />
allontana, e proporzionale a tempo <strong>di</strong> posa.<br />
Fatto questo, si puntano gli strumenti. Se l’inseguimento è in asse (perfettamente parallelo),<br />
non è detto che nel campo dell’oculare ci sia una stella luminosa adatta per fare da guida. In tal<br />
caso basta muoversi in ascensione retta o in declinazione fino a trovarne una. Se ci si muove <strong>di</strong><br />
poco, l’inquadratura della fotocamera rimarrà praticamente la stessa.<br />
Ora è tutto pronto per scattare. Conviene iniziare a inseguire un po’ prima, così da prendere<br />
confidenza con il movimento da fare e conviene anche, se la macchina lo consente, sollevare<br />
prima lo specchio, aspettare qualche secondo che finiscano le vibrazioni, e successivamente<br />
aprire l’otturatore. Alcuni telescopi, la maggior parte ormai, sono equipaggiati <strong>di</strong> un motore<br />
elettrico sull’asse <strong>di</strong> ascensione retta (alcuni anche in declinazione) per inseguire in automatico.<br />
I motori sono effettivamente molto utili, e fanno gran parte del lavoro, ma l’inseguimento va<br />
sempre controllato attraverso l’oculare, anche qui meglio se illuminato. Ogni tanto, a causa <strong>di</strong><br />
uno stazionamento non perfetto e dell’errore perio<strong>di</strong>co (imperfezioni meccaniche tipiche delle<br />
montature, anche delle più costose), la stella guida tende comunque a muoversi. Qui si interviene<br />
manualmente, con i movimenti micrometrici, e si riporta la stella alla posizione iniziale. Questa<br />
operazione si chiama “posa guidata”, oltre che essere, ovviamente, “inseguita”.<br />
La guida è utilissima, e quasi in<strong>di</strong>spensabile (soprattutto nelle foto a piccolo campo dove gli errori<br />
<strong>di</strong> inseguimento sono molto più visibili). E’ possibile anche guidare in automatico, servendosi<br />
<strong>di</strong> una telecamera da inserire nel portaoculari che, collegata ad un computer, collegato a sua<br />
volta al telescopio, calcola lo spostamento della stella guida e fornisce i dati necessari per far<br />
muovere i motori e riportarla nella giusta posizione. E’ tuttavia un processo un po’ laborioso, e<br />
più che altro, necessita <strong>di</strong> strumenti che non sono in possesso <strong>di</strong> un neofito che si avvicina per<br />
la prima volta all’astrofotografia, per questo non mi soffermo a trattarlo.<br />
La nebulosa Nord America ripresa in parallelo. A sinistra è stato sovrapposto il <strong>di</strong>segno della nebulosa, da confrontare con la foto originale <strong>di</strong> destra.<br />
36
La galassia <strong>di</strong> Andromeda (M31) in parallelo.<br />
Me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> tre pose - 102 mm - f/5,6 - 30 sec - iso 800
La galassia <strong>di</strong> Andromeda (M31) in parallelo. Si notano le stelle leggermente elongate a causa <strong>di</strong> un inseguimento non perfetto<br />
Me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> cinque pose - 200 mm - f/5,6 - 30 sec - iso 800
Nebulosa <strong>di</strong> Orione (M42). In alto si vedono le tre stelle della “cintura <strong>di</strong> Orione”.<br />
Me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> sette pose - 102 mm - f/5,6 - 30 sec - iso 800
Nebulosa <strong>di</strong> Orione (M42). Come in precedenza, a focali più spinte, si notano i soliti problemi <strong>di</strong> inseguimento.<br />
Me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> quattro pose - 200 mm - f/5,6 - 30 sec - iso 800
Tecniche a Piccolo campo<br />
Le tecniche a piccolo campo, come si è detto, sono volte a riprendere piccole parte <strong>di</strong> cielo.<br />
I soggetti preferiti sono tutti gli astri del sistema solare (Luna, Sole, pianeti, comete) e i più<br />
svariati oggetti <strong>di</strong> “profondo cielo” (stelle, nebulose, ammassi, galassie). Non tutto questo può<br />
essere però fotografato nello stesso modo e con le stesse con<strong>di</strong>zioni esterne: per i soggetti del<br />
Sisema Solare anche la città va benissimo, anzi, dato che non si riscontrano particolari <strong>di</strong>fferenze<br />
nei risultati, rimanere ad esempio nel cortile <strong>di</strong> casa, o anche in un terrazzo, può talvolta essere<br />
molto più comodo. Gli oggetti <strong>di</strong> profondo cielo, invece, sono bisognosi <strong>di</strong> lunghe pose che<br />
farebbero risaltare il cielo inquinato della città. In questo caso un sito buio è in<strong>di</strong>spensabile.<br />
Buoni seeing e trasparenze, e assenza <strong>di</strong> turbolenza, aiutano in ogni caso.<br />
Come già molte volte detto, più il soggetto è luminoso, più semplice sarà eseguire la foto, in<br />
quanto occorre esporre per meno tempo. Il sole e la Luna sono quin<strong>di</strong> i favoriti. Contrariamente<br />
a quanto si possa pensare, tra i due, è la Luna l’astro più semplice. Il Sole è talmente luminoso<br />
che se osservato attraverso un’ottica (ma anche ad occhio nudo) recherebbe gravi danni ai<br />
nostri occhi … e alle ottiche stesse. E’ quin<strong>di</strong> necessario un filtro (appositamente creato per usi<br />
astronomici) per fotografarlo.<br />
Per ogni tecnica qui presentata è fondamentale avere un telescopio, meglio se dotato <strong>di</strong><br />
montatura equatoriale motorizzata, attraverso il quale fotografare. In queste tecniche l’ottica<br />
usata è sempre quella del telescopio che potrà essere abbinata o meno ad altre, ad esempio a<br />
quella <strong>di</strong> una macchina <strong>di</strong>gitale.<br />
Il metodo afocale<br />
Metodo Afocale<br />
41
E’ il metodo più facile per ottenere foto <strong>di</strong>screte e a buona risoluzione, con <strong>di</strong>versi dettagli<br />
quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> Luna, pianeti e, se dotati dell’apposito filtro, anche del Sole.<br />
Si tratta <strong>di</strong> rendere il telescopio operativo per l’osservazione visuale e scattare accostando la<br />
macchina fotografica all’oculare. Conviene far pratica sulla Luna, <strong>di</strong>spensatrice infinita <strong>di</strong><br />
banchi <strong>di</strong> prova. La maggior parte <strong>di</strong> coloro che si sono avvicinati alle riprese in alta risoluzione<br />
hanno cominciato con il nostro satellite, data la sua luminosità, il suo generoso <strong>di</strong>ametro e la<br />
ricchezza <strong>di</strong> dettagli e paesaggi mozzafiato <strong>di</strong> cui è ricca. Inoltre è visibile molto spesso in<br />
cielo, anche se in ore e zone <strong>di</strong>verse, e non ci sono, come invece accade per gli altri soggetti,<br />
lunghi momenti dell’anno in cui non si presenta mai sopra l’orizzonte. E ogni giorno è sempre<br />
un po’ <strong>di</strong>versa, riproponendo ciclicamente ogni ventinove giorni l’intera varietà delle sue fasi.<br />
Fornisce, quin<strong>di</strong>, spunti costanti per gli astrofotografi, anche i più esperti.<br />
Dettagli lunari ripresi in afocale con una piccola <strong>di</strong>gitale<br />
compatta, appoggiandola a mano nell’oculare.<br />
f/4,5 - 1/60 sec - iso 100<br />
Stessa tecnica della foto precedente. Si noti la marcata vignettatura attorno il soggetto.<br />
f/2,8 - 1/60 sec - iso 100<br />
La procedura è piuttosto semplice e possiamo spiegarla in pochi passaggi.<br />
Prima cosa da fare è puntare con il telescopio il soggetto (facciamo l’esempio proprio della<br />
Luna), e osservarlo con un oculare. Si possono fare prove con <strong>di</strong>versi oculari, determinando<br />
ingran<strong>di</strong>menti tali da far rientrare tutta la Luna nel fotogramma o solo alcuni suoi dettagli. Poi<br />
si è quasi pronti per scattare. Paradossalmente con una compatta (meglio <strong>di</strong>gitale) le operazioni<br />
risultano più semplici e imme<strong>di</strong>ate che con una reflex. Infatti settando la macchina in automatico<br />
(ricordandosi però <strong>di</strong> escludere il flash), rimane una sola operazione prima dello scatto: la<br />
messa a fuoco.<br />
Come in ogni tecnica, la messa a fuoco, è molto importante e richiede un po’ <strong>di</strong> pazienza.<br />
In questo caso si deve impostare “infinito” sulla macchina, e focheggiare <strong>di</strong>rettamente dal<br />
telescopio, finche attraverso il <strong>di</strong>splay l’immagine sembra nitida. Sicuramente si vedrà una<br />
vignettatura (calo <strong>di</strong> luminosità nei bor<strong>di</strong> della foto) molto marcata, o ad<strong>di</strong>rittura intorno<br />
42
al soggetto, la sagoma nera del bordo dell’oculare. Più piccolo è il <strong>di</strong>ametro della lente<br />
dell’oculare, maggiore sarà tale <strong>di</strong>fetto. Si può eliminarlo sia in post-produzione, tramite<br />
fotoritocco al computer, sia <strong>di</strong>rettamente in fase <strong>di</strong> ripresa, ma solo se la macchina è dotata <strong>di</strong><br />
zoom. Pren<strong>di</strong>amo in considerazione solo uno zoom ottico, escludendo a priori quello <strong>di</strong>gitale,<br />
che deteriora incre<strong>di</strong>bilmente l’immagine. Zoomando, quin<strong>di</strong>, si estende a tutto fotogramma, o<br />
a gran parte <strong>di</strong> esso, l’immagine che ci interessa, evitando <strong>di</strong> sprecare pixel utili con un fondo<br />
completamente nero.<br />
Deciso l’uso o meno dello zoom, tutto è pronto. Tenendo il tutto molto fermo si provare a scattare.<br />
La prima cosa da fare è controllare nel <strong>di</strong>splay il risultato. E’ questa il grande vantaggio della<br />
fotografia <strong>di</strong>gitale, potendo eventualmente correggere al momento eventuali errori. Per vedere<br />
meglio se l’immagine è a fuoco è opportuno zoomare il “review” al massimo. Per la Luna non<br />
dovrebbero esserci gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà, in quanto i suoi dettagli sono molto ben visibili, anche<br />
attraverso un piccolo <strong>di</strong>splay. Quin<strong>di</strong> la messa a fuoco, dopo alcuni tentativi, dovrebbe riuscire<br />
abbastanza bene. Inoltre è un soggetto luminosissimo per cui la macchina setterà un tempo<br />
veloce, in<strong>di</strong>spensabile, date le numerosi vibrazioni che scaturiscono nel tenerla appoggiata<br />
a mano all’oculare. Per i pianeti, invece, le cose sono un po’ più complesse, in quanto sono<br />
soggetti piuttosto piccoli. Il fotogramma rimane per lo più nero, e la macchina imposta un<br />
tempo lungo. Meglio, se possibile, impostare la modalità manuale decidendo i tempi opportuni.<br />
Si consideri che non tutti sono fotografabili. Si può tentare con gli unici cinque visibili anche ad<br />
occhio nudo, che nell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> luminosità, sono: Venere, Giove, Saturno e Marte (<strong>di</strong>pende dai<br />
perio<strong>di</strong> quale è il più brillante tra i due), e Mercurio. Di solito sono i primi tre, a dare qualche<br />
sod<strong>di</strong>sfazione in più.<br />
Alcuni pianeti ripresi in afocale usando <strong>di</strong>versi oculari<br />
Eclisse parziale <strong>di</strong> Sole del 29 marzo 2006<br />
Kodak DX 7630 - 39 mm - f/2,8 - 1/32 sec - iso 100<br />
Telescopio riflettore, Ø 114 mm - lunghezza focale 1000 mm<br />
con filtro solare<br />
Facendo delle prove, si riesce ad identificare il proprio set-up migliore, decidendo, ad esempio,<br />
qual è l’oculare migliore o se è opportuno o meno usare lo zoom della macchina. (Personalmente<br />
lo sconsiglio dato che a focali spinte, il numero f/ sale, la luminosità cala, e la posa si allunga<br />
ulteriormente.) E’ importante anche non esagerare nel voler immagini gran<strong>di</strong>.<br />
La ricerca dell’ingran<strong>di</strong>mento è una caratteristica tipica dei neofiti, tesi ad ingran<strong>di</strong>re al massimo<br />
i soggetti, sia in visuale che in fotografia. Ma c’è un limite tecnico, consentito in primo luogo<br />
dagli strumenti usati e in secondo dalle con<strong>di</strong>zioni del cielo, che va rispettato.<br />
43
E’ meglio una immagine più piccola ma nitida, che una grande ma mossa e priva <strong>di</strong> dettagli.<br />
Anche scattando con una reflex si ottengono risultati positivi. E’ solo un po’ più impegnativa<br />
la preparazione prima <strong>di</strong> arrivare allo scatto. Intanto non è possibile osservare attraverso il<br />
<strong>di</strong>splay, ma per forza attraverso il mirino. Quin<strong>di</strong> dobbiamo stare attaccati alla macchina anche<br />
con la testa, aumentando le vibrazioni. Anche durante lo scatto, visto che specchio e otturatore<br />
si muovono, il mosso è in agguato. Sono fotocamere più ingombranti, e risulta più complesso<br />
tenerle con una mano sola, mentre con l’altra si agisce sul focheggiatore del telescopio. E’<br />
comunque tutta questione <strong>di</strong> pratica. Prendendo <strong>di</strong>mestichezza con una reflex, che generalmente<br />
ha un’ottica e una resa migliori, le foto risulteranno sicuramente meglio riuscite.<br />
Volendo scattare in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> minor precarietà, è possibile acquistare delle staffe<br />
appositamente create per sostenere le fotocamere vicino l’oculare. Sono regolabili in più mo<strong>di</strong>,<br />
così da adattarle a qualsiasi situazione e apparecchiatura. Se si è provvisti <strong>di</strong> una spiccata<br />
manualità e ingegno, è possibile provare a costruirsi da soli tale accessorio.<br />
Luna in afocale. L’oculare a lunga focale ha permesso la ripresa dell’intera Luna<br />
Kodak DX 7630 - 39 mm - f/2,8 - 1/45 sec - iso 100<br />
Telescopio rifrattore, Ø 70 mm - lunghezza focale 910 mm<br />
44
Fotografie al fuoco <strong>di</strong>retto<br />
La fotocamera al fuoco <strong>di</strong>retto del telescopio.<br />
Si inserisce nel portaoculari me<strong>di</strong>ante due raccor<strong>di</strong>.<br />
La fotografia al fuoco <strong>di</strong>retto sfrutta appieno il telescopio. Questo <strong>di</strong>venta infatti l’obiettivo<br />
della macchina fotografica. E’ scontato, quin<strong>di</strong>, che per questa tecnica la macchina deve per<br />
forza essere una reflex. Non vanno bene le compatte.<br />
Fotografare in questo modo non è molto semplice se scegliamo soggetti molto deboli che<br />
richiedono tempi lunghi, come nebulose o galassie. Il problema è sempre lo stesso: data la focale<br />
spinta del telescopio, il campo inquadrato sarà piccolo, e il movimento apparente del soggetto<br />
risulterà maggiore. L’inseguimento deve essere perfetto per non evidenziare il mosso.<br />
I motori non sempre, anzi quasi mai, sono sufficienti a garantire la precisione necessaria per<br />
pose <strong>di</strong> alcuni minuti. Inoltre non è possibile guidare a mano usando un oculare poiché il<br />
focheggiatore è occupato dalla fotocamera. In realtà esistono accessori particolari che permettono<br />
sia l’innesto della fotocamera sia <strong>di</strong> un oculare che inquadra un campo <strong>di</strong> poco a lato a quello<br />
del soggetto; occorre essere abbastanza fortunati <strong>di</strong> riuscire qui a trovare una stella abbastanza<br />
luminosa per la guida. La tecnica prende il nome <strong>di</strong> “guida fuori asse”.<br />
Si può anche fissare un altro telescopio, in parallelo al primo, dove poter inserire un oculare<br />
illuminato, o una telecamera per la guida automatica. Ovviamente la montatura deve essere<br />
molto robusta, in quanto dovrà sopportare il peso <strong>di</strong> due telescopi più la macchina fotografica.<br />
Il tutto dovrà essere ben bilanciato affinché i motori facciano al meglio il loro lavoro.<br />
Si capisce che tale soluzione non è né <strong>di</strong> semplice realizzazione né economica, pertanto in<br />
questa tecnica l’autoguida è quantomai utile.<br />
45
Le cose cambiano se si fotografano gli oggetti del Sistema<br />
Solare. Qui bastano pose al massimo <strong>di</strong> qualche secondo.<br />
Inutile <strong>di</strong>re che la Luna è il miglior soggetto per iniziare.<br />
Tecnicamente servono dei raccor<strong>di</strong> per collegare la macchina<br />
fotografica al telescopio. Sono due: il primo è un anello che<br />
va applicato al posto dell’obiettivo della macchina. Si chiama<br />
“Anello T2”. Da una parte ha l’innesto per la macchina (le<br />
<strong>di</strong>verse marche, e alcuni modelli, avranno il loro anello<br />
de<strong>di</strong>cato), dall’altra una vite con filettatura adatta a vari<br />
accessori fotografici. In questa estremità andrà avvitata una estremità del secondo adattatore,<br />
appositamente creato per l’astrofotografia;<br />
l’altra si inserisce al posto dell’oculare del telescopio.<br />
Saturno al fuoco <strong>di</strong>retto <strong>di</strong> un grande telescopio<br />
(Ø 40 cm, f/8)<br />
Per mettere a fuoco si agisce sul focheggiatore. Non è semplicissimo trovare il giusto fuoco<br />
guardando dentro il mirino della reflex, quin<strong>di</strong> alcune prove iniziali sono fondamentali. Onde<br />
evitare <strong>di</strong> creare vibrazioni è opportuno utilizzare uno scatto flessibile e anche in questo caso,<br />
così come in precedenza, è meglio sollevare anticipatamente lo specchio della reflex.<br />
Occultazione <strong>di</strong> Saturno (in basso a destra; si vede metà pianeta. L’altra metà è nascosta <strong>di</strong>etro la Luna) del 22/05/2007<br />
Canon 350D al fuoco <strong>di</strong>retto <strong>di</strong> un rifrattore 70/700. Posa <strong>di</strong> 1/10 sec a 800 iso 46
Nebulosa <strong>di</strong> Orione (M42), parte centrale.<br />
Canon 350D al fuoco <strong>di</strong>retto <strong>di</strong> un Ritchey Chrétien <strong>di</strong> 400 mm e 3200 <strong>di</strong> focale.<br />
Me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 4 pose da 311 sec (iso 400), 289 sec (iso 800), 60 sec (iso 200), 74 sec (iso 200) 47
strisciata dell’eclisse da aprire<br />
Fasi dell’eclisse totale <strong>di</strong> Luna del 3/03/2007.<br />
Canon 350D al fuoco del rifrattore 70/700<br />
48
Luna<br />
Canon 350D al fuoco del piccolo rifrattore 70/700<br />
1/80 sec - iso 100<br />
Proiezione da oculare, da Barlow e da riduttore <strong>di</strong> focale<br />
Per queste tecniche il set-up è simile alla tecnica precedente. Qui, in più, si posiziona un oculare<br />
o una lente <strong>di</strong> barlow (che aumenta la focale del telescopio) tra il telescopio e la macchina.<br />
Solitamente i raccor<strong>di</strong> hanno una filettatura interna adatta all’innesto degli oculari, mentre la<br />
lente si posiziona <strong>di</strong>rettamente nel portaoculari e poi, <strong>di</strong> seguito, il raccordo con la reflex. Il<br />
risultato sarà quello <strong>di</strong> avere una immagine più ingran<strong>di</strong>ta del soggetto inquadrato, aumentando<br />
come sempre in questi casi, le <strong>di</strong>fficoltà per ottenere una buona foto.<br />
Oppure si applica un riduttore <strong>di</strong> focale, che invece serve per <strong>di</strong>minuire la focale dello strumento<br />
e aumentare la luminosità e il campo inquadrato.<br />
49
Webcam<br />
Il set-up pronto all’uso per fare <strong>fotografie</strong> con la webcam (inserita nel focheggiatore del telescopio) e il pc dal quale controllare le riprese<br />
e i parametri<br />
Recentemente sono <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>ssimo utilizzo le webcam, le piccole telecamere che si collegano<br />
al computer nate perlopiù per effettuare videoconferenze o simili. Sono utilissime anche in<br />
campo astronomico e permettono <strong>di</strong> ottenere risultati <strong>di</strong> gran lunga migliori che ne usando una<br />
macchina fotografica.<br />
Il campo d’azione utile delle webcam si riduce alla fotografia degli oggetti del Sistema Solare:<br />
Sole, Luna e pianeti.<br />
Il concetto è abbastanza semplice: si sfrutta la possibilità della telecamera <strong>di</strong> eseguire filmati.<br />
Questi sono fondamentalmente una serie <strong>di</strong> <strong>fotografie</strong> (fotogrammi) scattate in rapi<strong>di</strong>ssima<br />
successione, con tempi piuttosto brevi, che vanno bene quin<strong>di</strong> per gli oggetti brillanti. Di solito,<br />
la maggior parte delle camere, permettono <strong>di</strong> arrivare fino un massimo <strong>di</strong> 30 fotogrammi al<br />
secondo (30 fps). In seguito, con appositi software (alcuni fortunatamente gratuiti) si elabora<br />
il filmato usando i fotogrammi migliori. Tecnicamente significa prendere tutti i fotogrammi<br />
scelti, sovrapporli perfettamente e fare una me<strong>di</strong>a matematica delle loro luminosità, in modo da<br />
ottenerne uno unico, finale, che sia esente da numerosi errori.<br />
Ad esempio, me<strong>di</strong>ando molti scatti, si migliora il rapporto s/n (signal/noise = segnale/rumore),<br />
dove per segnale si intende sostanzialmente l’immagine del soggetto, che è più o meno la stessa<br />
in ogni fotogramma, e per rumore il rumore <strong>di</strong> fondo dei sensori, che è casuale, andandosi ad<br />
50
“appiattire” dopo molti fotogrammi me<strong>di</strong>ati. Anche l’effetto turbolento delle immagini <strong>di</strong>storte<br />
tende ad annullarsi con l’aumentare dei fotogrammi me<strong>di</strong>ati. La procedura, che sembra complessa,<br />
viene in realtà completamente eseguita in qualche minuto dai software de<strong>di</strong>cati. Infine, tramite<br />
un qualsiasi programma <strong>di</strong> elaborazione <strong>di</strong>gitale, si applicano le ultime correzioni.<br />
Quasi ogni webcam dovrebbe essere adatta.<br />
Per esserlo deve rispettare alcune caratteristiche fondamentali:<br />
• l’obiettivo deve essere removibile. Solitamente, dopo aver tolto le coperture esterne,<br />
l’obiettivo si può svitare ed estrarre completamente, lasciando “scoperto” il piccolo sensore;<br />
• La risoluzione reale (numero <strong>di</strong> pixel del sensore) deve essere almeno 640x840<br />
permettendoci <strong>di</strong> ottenere immagini sufficientemente gran<strong>di</strong> e dettagliate;<br />
• Il software che gestisce la webcam deve permettere la regolazione manuale <strong>di</strong> alcuni<br />
parametri fondamentali: esposizione e guadagno primi fra tutti, che opportunamente mo<strong>di</strong>ficati<br />
servono per determinare la giusta luminosità del soggetto, prima <strong>di</strong> iniziare l’acquisizione.<br />
Questo punto può essere garantito da altri software gratuiti de<strong>di</strong>cati;<br />
• E’ in<strong>di</strong>spensabile un computer portatile, al quale collegare la webcam. Il computer e<br />
il telescopio dovrebbero vicini, in modo da vedere in tempo reale l’immagine fornita dalla<br />
camera, regolarla, e correggere gli eventuali errori;<br />
Le webcam si possono usare al fuoco <strong>di</strong>retto, ovvero si svita il piccolo obiettivo, e la si fissa,<br />
tramite un raccordo (spesso autocostruito) al portaoculari del telescopio, oppure, come nel<br />
precedente caso delle reflex, con oculari e lenti <strong>di</strong> Barlow, per aumentare l’ingran<strong>di</strong>mento<br />
(molto utile nei pianeti, dove si cerca il massimo ingran<strong>di</strong>mento utile).<br />
Il consiglio è comunque <strong>di</strong> far pratica senza questi accessori.<br />
Da questa angolazione si nota il sensore <strong>di</strong> piccolissime <strong>di</strong>mensioni<br />
La webcam da me utilizzata sprovvista del suo obiettivo e con<br />
l’adattatore inserito<br />
51
Le fasi per procedere alla realizzazione <strong>di</strong> una fotografia sono le seguenti:<br />
• una volta scelto il soggetto (consiglio sempre la Luna – specialmente con le webcam -<br />
per fare esperienza) vi si punta il telescopio e si inserisce la webcam, già collegata al computer,<br />
nel portaoculari. Il raccordo può essere facilmente realizzato con un contenitore <strong>di</strong> pellicole<br />
fotografiche. Sono cilindretti <strong>di</strong> plastica che si prestano perfettamente in quanto hanno un<br />
<strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> circa 32 mm, esattamente come la maggior parte dei portaoculari. Eliminato il<br />
fondo, si fissa saldamente una estremità del raccordo (<strong>di</strong> solito la più grande, dove si incastrava<br />
il tappo) alla webcam sprovvista <strong>di</strong> obiettivo, cercando <strong>di</strong> mantenere l’asse del raccordo<br />
perpen<strong>di</strong>colare al sensore. E’ importante essere precisi: viste le ridotte <strong>di</strong>mensioni del sensore,<br />
è <strong>di</strong>fficile inquadrare i pianeti se la camera non è perfettamente allineata al telescopio;<br />
• Quando nel monitor del computer si vede la superficie lunare occorre regolare la<br />
messa a fuoco, tramite il focheggiatore del telescopio, e trovare la giusta combinazione tra<br />
esposizione e guadagno fino a vedere bene tutte le parti e i dettagli, senza saturare alcuna parte<br />
dell’immagine;<br />
• A questo punto è possibile iniziare ad acquisire il filmato. Dovrà essere acquisito alla<br />
massima risoluzione possibile (consigliata 640 x 480, o più). Se il telescopio è sprovvisto <strong>di</strong><br />
motori, si vedrà l’immagine del soggetto attraversare molto velocemente il fotogramma, fino<br />
a scomparire. In questo caso consiglio <strong>di</strong> far partire e fermare il video quando il soggetto è<br />
interamente visibile. Conviene impostare il massimo numero <strong>di</strong> frame per secondo. Avremo<br />
così un filmato <strong>di</strong> non moltissimi fotogrammi, ma in ognuno <strong>di</strong> essi il soggetto è presente<br />
totalmente. In fase <strong>di</strong> elaborazione quin<strong>di</strong>, il programma allineerà tutti i fotogrammi per poi<br />
prendere i migliori. Conviene ripetere più volte questa operazione, salvando sull’hard <strong>di</strong>sk<br />
numerosi filmati, da elaborare separatamente, avendo più possibilità <strong>di</strong> ottenere una valida<br />
immagina finale.<br />
Il pianeta Giove, ripreso con la webcam al<br />
fuoco <strong>di</strong>retto <strong>di</strong> un piccolo rifrattre 70/910.<br />
Me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> circa 50 fotogrammi<br />
Per questa foto ho utilizzato un telescopio da Ø 250 mm a f/10.<br />
Me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> quattro <strong>fotografie</strong> ottenute da altrettanti filmati <strong>di</strong>versi.<br />
I due satelliti sono Ganimede e Io<br />
52
Congiunzione Venere-Saturno.<br />
E’ stata prima eseguita una foto in afocale, per stabilire le posizioni dei pianeti all’interno del campo dell’oculare, poi tramite un<br />
fotomontaggio sono stati applicati nei punti corretti i due pianeti elaborati singolarmente da alcuni filmati<br />
Dettagli lunari.<br />
Mosaico <strong>di</strong> due foto ottenute tramite webcam.<br />
Telescopio da 2500 mm <strong>di</strong> focale<br />
53
Mosaico dell’intera superficie lunare pochi istanti prima che occultasse Saturno<br />
Altri esempi <strong>di</strong> dettagli lunari ottenuti<br />
con il riflettore 114/1000.<br />
Dove si vede molto rumore <strong>di</strong> fondo, sono<br />
stati me<strong>di</strong>ati pochi fotogrammi<br />
54
Mosaico lunare composto da venti <strong>di</strong>verse <strong>fotografie</strong>, ognuna ottenuta da un filmato
Elaborazioni<br />
Elaborare una fotografia significa sottoporla a dei trattamenti che permettono <strong>di</strong> renderla<br />
migliore.<br />
Tali trattamenti vengono eseguiti tramite software de<strong>di</strong>cati all’elaborazione <strong>di</strong> immagini <strong>di</strong>gitali<br />
o più in particolare alle immagini <strong>astronomiche</strong>. Alcuni sono a pagamento altri invece sono<br />
gratuitamente rapibili tramite la rete. In ogni caso, i parametri su cui intervenire per apportare<br />
le giuste mo<strong>di</strong>fiche, sono i principali, che dovrebbero pertanto essere riportati su ogni software,<br />
anche gratuito, de<strong>di</strong>cato all’”imaging”.<br />
Segnalo e raccomando due programmi freeware (gratuiti) molto utili all’astrofotografo. Sono<br />
<strong>di</strong> facile utilizzo, ed essendo concepiti appositamente per l’astronomia, prevedono dei passaggi<br />
completamente automatici aiutando chi è alle prime armi, permettendo comunque <strong>di</strong> ottenere<br />
ottimi risultati. Il primo è “Deep Sky Stacker”, utile nelle riprese a grande campo, e degli<br />
oggetti deboli. Il secondo è “Registax”, che permette <strong>di</strong> elaborare i filmati delle webcam, ed è<br />
pertanto in<strong>di</strong>spensabile per le foto del Sistema Solare.<br />
In questo capitolo vengono prese in considerazione le <strong>fotografie</strong> realizzate con un supporto<br />
elettronico, vale a <strong>di</strong>re una macchina <strong>di</strong>gitale o un sensore ccd de<strong>di</strong>cato all’astronomia.<br />
Nel nostro specifico caso, migliorare una fotografia astronomica, significa in genere cercare <strong>di</strong><br />
eseguire due operazioni fondamentali:<br />
• eliminare, o quantomeno ridurre, i <strong>di</strong>fetti dell’immagine;<br />
• estrapolare più informazioni possibili dal soggetto che si è ripreso senza alterare la<br />
veri<strong>di</strong>cità della foto stessa.<br />
Per quanto riguarda il primo punto occorre intanto descrivere brevemente i <strong>di</strong>fetti più comuni<br />
ai quali sono affette le <strong>fotografie</strong> <strong>astronomiche</strong>.<br />
• In primo luogo, come già più volte ripetuto, il rumore <strong>di</strong> fondo determinato dal sensore<br />
è forse il più fasti<strong>di</strong>oso.<br />
• Il cielo molto chiaro, magari dovuto all’inquinamento luminoso, può andare a nascondere<br />
parti del soggetto, soprattutto se è debole e non ben definito, come una nebulosa, ad esempio.<br />
• Così come escono dalla macchina, le foto spesso appaiono un po’ basse nei toni e nei<br />
contrasti, e il soggetto tende un po’ ad impastarsi con lo sfondo.<br />
Per il secondo punto bastano alcune precisazioni: spesso si cerca, con l’elaborazione, <strong>di</strong> fare dei<br />
piccoli miracoli, e <strong>di</strong> ottenere belle foto anche se in partenza, gli scatti sono pessimi.<br />
E’ bene tenere a mente, che la fase più importante è la ripresa sul campo. Una buona immagine<br />
<strong>di</strong> partenza si presta meglio ad essere elaborata, ed è una sicura base per arrivare ad avere ottime<br />
<strong>fotografie</strong> finali. Bisogna fare attenzione a non elaborare troppo le immagini, andando a creare<br />
artefatti, cioè dettagli che in realtà non fanno parte del soggetto ma si sono resi appunto visibili<br />
56
dopo un’elaborazione troppo forzata. Questo è l’errore in cui spesso cadono i neofiti, abbagliati<br />
dalle meravigliose <strong>fotografie</strong> degli astroimagers esperti, e vogliosi <strong>di</strong> imitare i loro risultati.<br />
Le operazioni viste sopra sono tipiche <strong>di</strong> tutte le foto, ma per effettuarle si usano tecniche <strong>di</strong>verse<br />
a seconda se le riprese sono state ottenute con una webcam (per il Sistema Solare), <strong>di</strong>sponendo<br />
quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> un filmato, o con una macchina fotografica (per gli altri soggetti), ottenendo singoli<br />
scatti.<br />
Fotografie del Sistema Solare<br />
In questo caso tutto il lavoro necessario per l’elaborazione viene svolto dal software. Come già<br />
scritto in precedenza, Registax fa al caso nostro, essendo un programma gratuito, e <strong>di</strong> facile<br />
utilizzo.<br />
Propongo una prima serie <strong>di</strong> passaggi da effettuare per trasformare il filmato in una fotografia.<br />
Sono i più semplici, in<strong>di</strong>spensabili almeno all’inizio, quando ancora non si è pratici. In rete si<br />
trovano comunque guide più complete, che aiutano nelle operazioni più evolute.<br />
• Una volta aperto il programma, importare il filmato tramite il comando “select” in alto<br />
a sinistra;<br />
• A questo punto occorre selezionare il fotogramma migliore, in modo da farlo comparare<br />
con gli altri e determinare tra tutti, quali sono da scartare e quali da tenere per la me<strong>di</strong>a finale.<br />
Si fa scorrendo a mano la lista dei fotogrammi, visualizzando la cartella “framelist”, in basso a<br />
destra. Trovato il migliore, si clicca in un dettaglio del soggetto, che sarà il riferimento usato dal<br />
programma per allineare tutti gli altri. Cliccare in seguito su “Align”. Il programma provvede<br />
all’allineamento <strong>di</strong> tutti i frames.<br />
• Il tasto “limit” elimina i fotogrammi non buoni, in base a quanto sono <strong>di</strong>fferenti dal<br />
primo selezionato. Tale <strong>di</strong>fferenza la possiamo stabilire impostando la percentuale che troviamo<br />
in alto, nella sezione “quality estimete”. In<strong>di</strong>cativamente conviene non scendere sotto al 70%.<br />
• Con “Optimize and Stack” il programma elabora tutti i fotogrammi scelti, creandone<br />
uno finale. Passando infine alla scheda “Wavelet”, si possono apportare notevoli migliorie<br />
spostando i vari cursori posti in basso a sinistra. Il contrasto dell’immagine, e i dettagli<br />
superficiali miglioreranno sensibilmente in quest’ultima fase. Attenzione a non tirare troppo<br />
l’elaborazione, altrimenti è qui che inizieranno ad essere visibili gli artefatti <strong>di</strong> cui sopra ho<br />
parlato.<br />
• Infine si salva l’immagine, meglio in formato Tiff, per evitare che una compressione<br />
esagerata vada a deturpare la fotografia.<br />
Differenze tra i fotogrammi singoli (sinistra) e l’elaborazione <strong>di</strong> quelli scelti<br />
e me<strong>di</strong>ati con Registax (destra) delle foto <strong>di</strong> Giove già viste in precedenza<br />
57
Fotografie a grande campo e <strong>di</strong> oggetti deboli<br />
Per ridurre il rumore <strong>di</strong> fondo esistono parecchie tecniche.<br />
Alcuni programmi offrono dei filtri appositi, ma non sono mai precisi come dovrebbero e<br />
andrebbero evitati.<br />
Il modo migliore per abbassare il noise, è probabilmente fare la me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> molte pose. In fase <strong>di</strong><br />
ripresa, conviene quin<strong>di</strong> scattare molte foto al soggetto, e me<strong>di</strong>arle successivamente.<br />
Il concetto è semplice: ogni foto avrà un rumore <strong>di</strong>verso dalle altre (dato che perlopiù esso è<br />
casuale, i pixel “rumorosi” saranno <strong>di</strong>versi in ogni foto). Me<strong>di</strong>ando più scatti, cioè facendo la<br />
me<strong>di</strong>a matematica delle varie luminosità, riusciremo a livellare questi picchi isolati, e rendere<br />
abbastanza uniforme il fondo cielo. Più scatti si fanno, migliore sarà il risultato finale.<br />
Già questa me<strong>di</strong>a, potrebbe bastare per ottenere ottime foto. In più, oltre ad avere la componente<br />
casuale, il noise ha un valore fisso, tipico per ogni singolo pixel. Come <strong>di</strong>re cioè che ogni pixel<br />
ha il suo rumore costante, che si ripropone in ogni scatto, da sommare ogni volta al valore<br />
dettato dal caso. Sapendo i singoli valori costanti, possiamo andarli ad eliminare completamente<br />
con una sorta <strong>di</strong> “operazione inversa”: occorre ottenere una foto completamente nera (dark<br />
frame) in cui siano presenti solamente tali punti che poi si andranno a sottrarre dalla foto vera<br />
e propria. Anche in questo caso è opportuno ottenere una me<strong>di</strong>a dei dark (master dark) da<br />
sottrarre ad ogni singola posa.<br />
Quin<strong>di</strong>, riassumendo, le operazioni sono le seguenti:<br />
• In fase <strong>di</strong> ripresa fare numerosi scatti allo stesso soggetto (light frame). E’ bene, se la<br />
macchina <strong>di</strong>gitale lo consente, riprendere in modalità RAW, in modo da avere memorizzate nel<br />
file molte più informazioni che nel formato JPG.<br />
• Sempre in fase <strong>di</strong> ripresa, fare i dark frame. Essi sono sostanzialmente delle foto<br />
identiche a quelle del soggetto, ma con il tappo sull’obiettivo. Devono avere gli stessi parametri<br />
dei light frame: tempo, iso, temperatura esterna, ecc. Procedere sempre in RAW.<br />
• Tramite Deep Sky Stacker, ad esempio, ottenere la me<strong>di</strong>a dei dark e la sua sottrazione per<br />
ogni posa light. Me<strong>di</strong>are infine tutte le pose risultanti. Sembra questa un’operazione complessa.<br />
In realtà fa tutto il software automaticamente. Dobbiamo solo <strong>di</strong>rgli quali sono i dark, quali i<br />
light, e lui ci restituisce l’immagine finale.<br />
A questo punto, possiamo intervenire sui parametri tipo “luminosità/contrasto”, “curve” e<br />
“livelli” per tentare <strong>di</strong> scurire il fondo cielo, rendere più visibili le stelle e soprattutto enfatizzare<br />
la presenza e la struttura dei soggetti deboli, contrastandoli contro il cielo.<br />
Con un po’ <strong>di</strong> pazienza si troveranno le combinazioni migliori e i giusti valori <strong>di</strong> queste<br />
importanti regolazioni.<br />
Differenze tra la singola posa (sinistra) e<br />
la me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> sette <strong>di</strong>verse pose (destra).<br />
Si vede la drastica riduzione del rumore <strong>di</strong><br />
fondo
Due versioni della stessa fotografia (M31):<br />
Canon 350D - 112 mm - 76 sec - f/6,3 - iso 1600.<br />
- in alto non è stata eseguita alcuna elaborazione. Così è come si presenta la foto appena scaricata dalla memory card<br />
della fotocamera<br />
- in basso la foto è stata elaborata tramite i coman<strong>di</strong> “livelli” e “luminosità/contrasto”. Oltre alla galassia emerge molto<br />
rumore <strong>di</strong> fondo<br />
59
Conclusioni<br />
Queste pagine scritte da un astrofotografo che è quasi alle prime armi, devono semplicemente<br />
essere d’aiuto a chi inizia a muoversi in questo affascinante mondo.<br />
Non vogliono nel modo più assoluto essere considerate una guida completa ed esaustiva sulla<br />
fotografia astronomica. In esse sono comunque riportati i temi e i concetti fondamentali <strong>di</strong> questa<br />
impegnativa e bellissima <strong>di</strong>sciplina al fine <strong>di</strong> poterla affrontare con la giusta consapevolezza.<br />
L’obiettivo era quello <strong>di</strong> esporre le principali tecniche in modo sufficiente per iniziare a provare,<br />
a <strong>di</strong>vertirsi, ad appassionarsi, a fotografare…<br />
Prendendo queste pagine come spunto, l’astrofilo non deve perciò fermarsi e credere <strong>di</strong> essere<br />
arrivato, anzi, tutt’altro; armato dalla smodata passione per il cielo stellato dovrà essere pronto<br />
a passare intere serate senza che possa uscire una foto decente; a spendere un po’ <strong>di</strong> risparmi<br />
per la strumentazione più appropriata; a confrontarsi con persone più esperte <strong>di</strong> lui chiedendo<br />
lumi; a gioire quando finalmente i risultati lo permettono.<br />
60
Siti Internet<br />
Astronomia generale:<br />
www.nasa.gov<br />
www.esa.it<br />
www.astronomia.com<br />
Pagine personali <strong>di</strong> Astrofili<br />
www.danilopivato.com<br />
http://marcobracale.altervista.org<br />
http://<strong>di</strong>gilander.libero.it/skyimages<br />
http://xoomer.alice.it/astrosergio<br />
http://astrotillo.altervista.org<br />
www.danielegasparri.com<br />
www.renzodelrosso.com<br />
www.astropix.it<br />
www.ar-dec.net<br />
Siti internet dei software<br />
Registax:<br />
http://www.astronomie.be/registax/index.html<br />
Deep Sky Stacker:<br />
http://deepskystacker.free.fr/english/index.html<br />
nota: alcune informazioni inserite nel capitolo “La fotografia astronomica come ricerca<br />
scientifica” sono state reperite dai portali “www.wikipe<strong>di</strong>a.it” e “http://it.encarta.msn.com/”<br />
61
Ringraziamenti<br />
Desidero infine ringraziare vivamente tutti coloro che hanno partecipato attivamente alla mia<br />
vita accademica durante questi quattro anni, e in particolare:<br />
• Francesco Calcagnini e Christian Cassar, per la passione costante <strong>di</strong>mostrata in questi<br />
anni <strong>di</strong> insegnamento;<br />
• Massimo Tosello, per l’assoluta <strong>di</strong>sponibilità, pazienza e de<strong>di</strong>zione mostrata nei miei<br />
confronti durante gli ultimi due anni e in questo periodo <strong>di</strong> compilazione della tesi, nonché per<br />
gli insegnamenti sulla Tecnica e Storia della Fotografia;<br />
• Cecilia Marino, da molti anni carissima amica e compagna <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>;<br />
• Tutti i compagni del corso <strong>di</strong> Scenografia;<br />
e soprattutto ringrazio chi ha svolto un ruolo fondamentale per la stesura <strong>di</strong> questa tesi, e in<br />
particolare:<br />
• Massimo Tosello, docente relatore;<br />
• Ivaldo Cervini, esperto astrofotografo, per il preziosissimo contributo dato, leggendo e<br />
correggendo più volte, queste pagine;<br />
• Michelangelo Rocchetti, Eugenio Bertozzi e Giovanni Coltro, colleghi <strong>di</strong> lavoro, per<br />
aver messo a mia <strong>di</strong>sposizione il loro tempo e le loro competenze;<br />
• La mia famiglia e Alice, per il sostegno, la comprensione e la pazienza;<br />
62