Lo scandalo della mutilazione delle Erme in Tucidide ... - Aula Digitale

A ntologia di classici
Lo scandalo della mutilazione delle Erme
Per comprendere meglio i testi di Tucidide, Plutarco e Andocide presentati in questa
breve antologia, riportiamo un brano del grecista Luciano Canfora che ricostruisce gli
avvenimenti e le implicazioni politiche che, nell’estate del 415 a.C. ad Atene, seguirono
alla scoperta del gesto sacrilego della mutilazione delle Erme.
In una notte d’estate del 415 a.C. un gruppo di giovani ateniesi fece baldoria. Non
erano nuovi a queste imprese. Ma quella notte successe dell’altro. Destandosi, il giorno
dopo, gli Ateniesi avevano trovato le erme di pietra, le colonne a base quadrangolare
con la testa e il fallo di Hermes, presenti per ogni dove in città mutilate […] Forse per
una bravata o forse perché qualcuno aveva voluto imbastire una provocazione politica
di vaste proporzioni. Si seppe anche che erano stati mimati in casa di qualcuno i misteri
eleusini. «Andavano gonfiando le cose» dice Tucidide «e sostenevano che l’obiettivo
era di abbattere la democrazia». Cominciarono le delazioni e gli arresti. Si cominciò
a fare il nome di Alcibiade, che qualcuno voleva colpire. Si montò così, e raggiunse
proporzioni enormi, il maggiore «scandalo della repubblica» mai esploso ad Atene.
Si instaurò a quel punto un tale clima di sospetti che, a dire di un testimone
certo interessato, quale Andocide, la gente non frequentava più neanche l’agorà:
«Scappavano» dice «dall’agorà, ciascuno temendo di poter essere arrestato». Alcibiade
chiese invano di essere processato subito; invece lo si volle lasciar partire, per poi
richiamarlo e processarlo in posizione di debolezza. Molte furono le denunce, e tra
le molte alcune erano calzanti. Gli arresti colpivano soprattutto le grandi famiglie e i
clan aristocratici. Tra gli altri fu arrestato Andocide, con buona parte dei suoi parenti,
su denuncia di un certo Dioclide. Se, come vedremo, è difficile stabilire in che misura
Andocide fosse implicato personalmente nella mutilazione delle erme, certo dalle
sue molto calcolate parole risulta chiaro che il clan di cui faceva parte (la «eterìa» di
Eufileto) era coinvolto in prima linea nella vicenda. Il che significa che, dei moltissimi
arresti cui si procedette, alcuni (non pochi) colsero nel segno.
A sbloccare la situazione valse la delazione di Andocide. In che cosa propriamente
consistette tale delazione è problema aperto; accusò anche se stesso? e chi altri? Certo,
una volta arrestati e puniti coloro che lui denunciò, la grande paura finì. Come premio,
Andocide ottenne l’impunità. Ma subito dopo un decreto, che parve fatto apposta
contro di lui, presentato da un certo Isotimide, sancì la interdizione dalla vita pubblica
«per i rei confessi di empietà». Andocide, sentendosi bersaglio, preferì autoesiliarsi.
Da quel momento, e fino alla generale amnistia del 403, la sua vita fu randagia e però
sempre volta ad ottenere il rientro. Ma l’amnistia non fu risolutiva. Lasciò non poco
spazio alle vendette e ai regolamenti di antichi conti.
Nel 399, mentre si celebravano ad Eleusi i «Grandi misteri», ed Andocide medesimo,
con gli altri iniziati, era ancora ad Eleusi, un’accusa fu depositata contro di lui presso
l’arconte re. Accusatori erano un certo Cefisio, e inoltre Meleto […] ed Epicare. Si
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appellavano al decreto di Isotimide ed esigevano che Andocide continuasse ad essere
interdetto come sacrilego.
Questa volta, diversamente che nel 415, si giunse al processo. Dopo ben sedici anni
ciascuna delle parti alfine ricostruì, a suo modo, la vicenda dello scandalo. Di questo
processo è rimasto un documento importante: il discorso composto in propria difesa
da Andocide, intitolato tradizionalmente Sui misteri perché nella prima parte tratta la
vicenda dei misteri profanati, mentre una parte più ampia, e meno persuasiva, riguarda
appunto la mutilazione delle Erme.
I tre nomi intorno a cui ruota l’interpretazione della vicenda sono quelli di Andocide
– imprigionato perché subito apparso sospetto ma prosciolto come compenso della
sua delazione –, di Alcibiade – la cui colpevolezza non fu mai accerata in modo
serio talmente ghiotta preda egli costituiva per i suoi avversari – e di Tucidide –
che si fece storico di queste scottanti vicende contemporanee ma forse perseguì
anche lui il proposito di affermare, nel quadro nobile di un’opera di storia, una sua
precisa tesi sulla inconsistenza delle accuse rivolte ad Alcibiade. Quanto a Tucidide,
il suo tono è tutt’altro che distaccato spesso è polemico e sarcastico, come quando
descrive la notte di veglia passata dagli Ateniesi, sovreccitati, in attesa di un attacco
spartano a sorpresa, di cui – secondo insistenti «rivelazioni» – Alcibiade doveva
essere l’occulto promotore, e che mai ci fu. E tuttavia, se sono esatte le parole che
Andocide fa pronunciare a Dioclide («mi dissero: Se ce la facciamo a ottenere quello
che vogliamo, sarai dei nostri»), un qualche progetto eversivo dietro la dissacrante
messinscena doveva pur esserci.
1. Il racconto di Tucidide
(dalle Storie VI, 27-30, 1; 53, 2-3; 60-61, 7)
27.1
(da La lista di Andocide, Sellerio, Palermo 1998)
Lo storico ateniese Tucidide fu contemporaneo ai fatti qui narrati. È autore di una
storia nella quale, dopo aver sintetizzato le vicende precedenti del popolo greco, narra
con ricchezza di particolari la guerra del Peloponneso, a cui egli stesso aveva all’inizio
preso parte. Di idee politiche democratico-moderate fu il primo a basare, di solito,
la propria ricostruzione storica su documenti precisi, avviandosi a una concezione
scientifica della storia.
Ἐν δὲ τούτῳ ὅσοι Ἑρμαῖ ἦσαν λίθινοι ἐν τῇ πόλει τῇ Ἀθηναίων (εἰσὶ δὲ κατὰ τὸ
ἐπιχώριον, ἡ τετράγωνοϛ ἐργάσία, πολλοὶ καὶ ἐν ἰδίοιϛ προθύροιϛ καὶ ἐν ἱεροῖϛ), μιᾷ
νυκτὶ οἱ πλεῖστοι περιεκόπησαν τὰ πρόσωπα.
27.1 Ἐν δὲ τούτῳ: «Nel frattempo», cioè durante
l’estate del 415 a.C., quando erano ormai pressoché
ultimati i preparativi per la spedizione in Sicilia, che
segnò la ripresa in grande della guerra del Peloponneso
contro Sparta; spedizione voluta con forza dai
democratici ateniesi, da tempo protesi verso una politica
espansionistica, e dal loro capo Alcibiade. – Ἑρμαῖ:
«Erme». Erano statue a busto del dio Hermes, collocate
su piedistalli quadrangolari e distribuite in diverse parti
della città; erano oggetto di culto da parte dei cittadini.
– κατὰ τὸ ἐπιχώριον: «secondo l’uso del paese». – τὰ
πρόσωπα: «nel volto». È un accusativo di relazione.
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27.2
27.3
28.1
28.2
29.1
29.2
29.3
Καὶ τοὺϛ δράσανταϛ ᾔδει οὐδείϛ, ἀλλὰ μεγάλοιϛ μηνύτροιϛ δημοσίᾳ οὗτοί τε ἐζητοῦντο
καὶ προσέτι ἐψηφίσαντο, καὶ εἴ τιϛ ἄλλο τι οἶδεν ἀσέβημα γεγενημένον, μηνύειν ἀδεῶϛ
τὸν βουλόμενον καί ἀστῶν καὶ ξένων καὶ δούλων. Καὶ τὸ πρᾶγμα μειζόνωϛ ἐλάμβανον·
τοῦ τε γὰρ ἔκπλου οἰωνὸϛ ἐδόκει εἶναι καὶ ἐπὶ ξυνωμοσίᾳ ἅμα νεωτέρων πραγμάτων καὶ
δήμου καταλύσεωϛ γεγενῆσθαι. Μηνύεται οὖν ἀπὸ μετοίκων τέ τινων καὶ ἀκολούθων
περὶ μὲν τῶν Ἑρμῶν οὐδέν, ἄλλων δὲ ἀγαλμάτων περικοπαί τινεϛ πρότερον ὑπὸ
νεωτέρων μετὰ παιδιᾶϛ ναὶ οἴνου γεγενημέναι, καὶ τὰ μυστήρια ἅμα ὡϛ ποιεῖται ἐν
οἰκίαιϛ ἐφ᾿ ὕβρει· ὧν καὶ τὸν Ἀλκιβιάδην ἐπῃτιῶντο. Καὶ αὐτὰ ὑπολαμβάνοντεϛ οἱ
μάλιστα τῷ Ἀλκιβιάδῃ ἀχθόμενοι, ἐμποδὼν ὄντι σφίσι μὴ αὐτοῖϛ τοῦ δήμου βεβαίωϛ
προεστάναι, καὶ νομίσαντεϛ, εἰ αὐτὸν ἐξελάσειαν, πρῶτοι ἂν εἶναι, ἐμεγάλυνον καὶ
ἐβόων ὡϛ ἐπὶ δήμου καταλύσει τά τε μυστικὰ καὶ ἡ τῶν Ἑρμῶν περικοπὴ γένοιτο καὶ
οὐδὲν εἴη αὐτῶν ὅ τι οὐ μετ᾿ ἐκείνου ἐπράχθη, ἐπιλέγοντεϛ τεκμήρια τὴν ἄλλην αὐτοῦ
ἐϛ τὰ ἐπιτηδεύματα οὐ δημοτικὴν παρανομίαν. Ὁ δ᾿ ἔν τε τῷ παρόντι πρὸϛ τὰ μηνύματα
ἀπελογεῖτο καὶ ἑτοῖμοϛ ἦν πρὶν ἐκπλεῖν κρίνεσθαι, εἴ τι τούτων εἰργασμένοϛ ἦν (ἤδη γὰρ
καὶ τὰ τῆϛ παρασκευῆϛ ἐπεπόριστο), καὶ εἰ μὲν τούτων τι εἴργαστο, δίκην δοῦναι, εἰ δ᾿
ἀπολυθείη, ἄρχειν. Καὶ ἐπεμαρτύρετο μὴ ἀπόντοϛ πέρι αὐτοῦ διαβολὰϛ ἀποδέχεσθαι,
ἀλλ᾿ ἤδη ἀποκτείνειν, εἰ ἀδικεῖ, καὶ ὅτι σωφρονέστερον εἴη μὴ μετὰ τοιαύτηϛ αἰτίαϛ,
πρὶν διαγνῶσι, πέμπειν αὐτὸν ἐπὶ τοσούτῳ στρατεύματι. Οἱ δ᾿ ἐχθροί, δεδιότεϛ τό τε
στράτευμα μὴ εὔνουν ἔχῃ, ἣν ἤδη ἀγωνίζηται, ὅ τε δῆμοϛ μὴ μαλακίζηται, θεραπεύων
ὅτι δι᾿ ἐκεῖνον οἵ τ᾿ Ἀργεῖοι ξυνεστράτευον καὶ τῶν Μαντινέων τινέϛ, ἀπέτρεπον καὶ
ἀπέσπευδον, ἄλλουϛ ῥήτοραϛ ἐνιέντεϛ, οἳ ἔλεγον νῦν μὲν πλεῖν αὐτὸν καὶ μὴ κατασχεῖν
τὴν ἀναγωγήν, ἐλθόντα δὲ κρίνεσθαι ἐν ἡμέραιϛ ῥηταῖϛ, βουλόμενοι ἐκ μείζονοϛ
27.2 μεγάλοιϛ μηνύτροιϛ: «con ingenti taglie». – καὶ εἴ
τιϛ ... οἶδεν: «anche qualora qualcuno fosse a conoscenza
di ...». In tal modo l’inchiesta era destinata ad allargarsi
pericolosamente.
27.3 μειζόνωϛ: «con notevole serietà». È un comparativo
assoluto, avverbio. – οἰωνόϛ: «un cattivo presagio». –
ἐπὶ ξυνωμοσίᾳ ... νεωτέρων πραγμάτων: «in seguito a
una congiura che mirasse alla rivoluzione». Dunque si
diffuse l’opinione, tra i democratici, che alla base della
mutilazione vi fosse una trama oligarchica, di quel partito
conservatore che era avverso alla spedizione e alla ripresa
della politica espansionistica.
28.1 οὐδέν: è il soggetto, collocato in grande risalto a
fine proposizione. Si avverte l’ironia: lo scrittore vuole
evidenziare la vanità e la tendenziosità dell’inchiesta. –
τὰ μυστήρια, etc.: erano i misteri eleusini, riti segreti
e protetti dallo stato, in onore di Demetra e Core. Si
può rendere liberamente: «si parodiavano per scherno
in case private i riti eleusini»; era una violazione
gravissima. – ὧν: «e di ciò»; nesso relativo. L’inchiesta
si allarga alla violazione dei misteri arbitrariamente e
in tal modo coinvolge Alcibiade, giovane imbevuto di
idee sofistiche, portato a prendersi gioco della religione
e dei valori tradizionali. Proprio a lui probabilmente
miravano gli orditori della «congiura», se congiura
veramente ci fu.
28.2 αὐτά: «queste accuse». – ἐμποδὼν ὄντι σφίσι
αὐτοῖϛ: «poiché era loro d’ostacolo». – μὴ ... προεστάναι:
«nel porsi a capo». Il verbo ἵστημι, ricorda, è intransitivo
nelle forme fortissime; regge poi il genitivo, come tutti
i verbi che indicano superiorità e comando. – ἂν εἶναι:
«sarebbero stati». È l’apodosi di un periodo ipotetico
della possibilità, dipendente all’infinito. – γένοιτο ... εἴη:
traduci con l’indicativo; sono ottativi obliqui. – οὐδὲν
εἴη αὐτῶν ὅτι οὐ: «e che non c’era nessuno di quei fatti,
che non ...». – τεκμήρια: «come prova»; è predicativo
dell’oggetto.
29.1 πρὶν ἐκπλεῖν: «prima di salpare», come uno
dei comandanti della spedizione in Sicilia . – δίκην
δοῦναι: «(era pronto) a pagare il fio», nel significativo
comune dell’espressione δίδωμι δίκην.
29.2 ἀπόντοϛ πέρι αὐτοῦ: «su di lui, quando sarebbe
stato assente». – εἴη: «era»; ottativo obliquo. – πρὶν
διαγνῶσι: «prima di aver chiarito la faccenda». È un
congiuntivo aoristo III.
29.3 τὸ στράτευμα ... ὁ δῆμοϛ: Alcibiade era molto
popolare tra i soldati e la massa del popolo. – ἢν ἤδη
ἀγωνίζηται: «qualora si facesse il dibattito subito».
– θεραπεύων ὅτι: «tenendo conto del fatto che». Un
contingente di Argivi e di Mantineesi, di Peloponnesiaci
dunque, era pronto difatti a prender parte alla spedizione
di Atene, e se ne dava il merito ad Alcibiade. – ἐνιέντεϛ:
«mettendo innanzi, facendo entrare in azione». –
ἐλθόντα δέ: «mentre, una volta tornato».
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30.1
53.2
53.3
60.1
60.2
60.3
διαβολῆϛ, ἣν ἔμελλον ῥᾷον, αὐτοῦ ἀπόντοϛ, ποριεῖν, μετάπεμπτον κομισθέντα, αὐτὸν
ἀγωνίσασθαι. Καὶ ἔδοξε πλεῖν τὸν Ἀλκιβιάδην.
Μετὰ δὲ ταῦτα, θέρουϛ μεσοῦντοϛ ἤδη, ἡ ἀναγωγὴ ἐγίγνετο ἐϛ τὴν Σικελίαν.
Οἱ γὰρ Ἀθηναῖοι, ἐπειδὴ ἡ στρατιὰ ἀπέλευσεν, οὐδὲν ἧσσον ζήτησιν ἐποιοῦντο τῶν περὶ
τὰ μυστήρια καὶ τῶν περὶ τοὺϛ Ἑρμᾶϛ δρασθέντων, καὶ οὐ δοκιμάζοντεϛ τοὺϛ μηνυτάϛ,
ἀλλὰ πάντα ὑπόπτωϛ ἀποδεχόμενοι, διὰ πονηρῶν ἀνθρώπων πίστιν πάνυ χρηστοὺϛ
τῶν πολιτῶν ξυλλαμβάνοντεϛ, κατέδουν, χρησιμώτερον ἡγούμενοι εἶναι βασανίσαι τὸ
πρᾶγμα καὶ εὑρεῖν ἢ διὰ μηνυτοῦ πονηρίαν τινὰ καὶ χρηστὸν δοκοῦντα εἶναι αἰτιαθέντα
ἀνέλεγκτον διαφυγεῖν.
Ἐπιστάμενοϛ γὰρ ὁ δῆμοϛ ἀκοῇ τὴν Πεισιστράτου καὶ τῶν παίδων τυραννίδα χαλεπὴν
τελευτῶσαν γενομένην καὶ προσέτι οὐδ᾿ ὑφ᾿ ἑαυτῶν καὶ Ἁρμοδίου καταλυθεῖσαν, ἀλλ᾿
ὑπὸ τῶν Λακεδαιμονίων, ἐφοβεῖτο αἰεὶ καὶ πάντα ὑπόπτωϛ ἐλάμβανεν.
Ὧν ἐνθυμούμενοϛ ὁ δῆμοϛ ὁ τῶν Ἀθηναίων, καὶ μιμνῃσκόμενοϛ ὅσα ἀκοῇ περὶ αὐτῶν
ἠπίστατο, χαλεπὸϛ ἦν τότε καὶ ὑπόπτηϛ ἐϛ τοὺϛ περὶ τῶν μυστικῶν τὴν αἰτίαν λαβόνταϛ,
καὶ πάντα αὐτοῖϛ ἐδόκει ἐπὶ ξυνωμοσίᾳ ὀλιγαρκικῇ καὶ τυραννικῇ πεπρᾶχθαι. Καὶ
ὡϛ αὐτῶν διὰ τὸ τοιοῦτον ὀργιζομένων πολλοί τε καὶ ἀξιόλογοι ἄνθρωποι ἤδη ἐν τῷ
δεσμωτηρίῳ ἦσαν καὶ οὐκ ἐν παύλῃ ἐφαίνετο, ἀλλὰ καθ᾿ ἡμέραν ἐπεδίδοσαν μᾶλλον
ἐϛ τὸ ἀγριώτερόν τε καὶ πλείουϛ ἔτι ξυλλαμβάνειν, ἐνταῦθα ἀναπείθεται εἷϛ τῶν
δεδεμένων, ὅσπερ ἐδόκει αἰτιώτατοϛ εἶναι, ὑπὸ τῶν ξυνδεσμωτῶν τινὸϛ εἴτε ἄρα καὶ
τὰ ὄντα μηνῦσαι εἴτε καὶ οὔ· ἐπ᾿ ἀμφότερα γὰρ εἰκάζεται, τὸ δὲ σαφὲϛ οὐδεὶϛ οὔτε
τότε οὔτε ὕστερον ἔχει εἰπεῖν περὶ τῶν δρασάντων τὸ ἔργον. Λέγων δὲ ἔπεισεν αὐτὸν
ὡϛ χρή, εἰ μὴ καὶ δέδρακεν, αὑτόν τε ἄδειαν ποιησάμενον σῶσαι καὶ τὴν πόλιν τῆϛ
παρούσηϛ ὑποψίαϛ παῦσαι· βεβαιοτέραν γὰρ αὐτῷ σωτηρίαν εἶναι ὁμολογήσαντι μετ᾿
– ἐκ μείζονοϛ διαβολῆϛ: «in base a una accusa più grave».
– ἣν ἔμελλον ῥᾷον ... ποριεῖν: «che avevano intenzione
di costruire più facilmente»; μέλλω + infinito equivale
alla perifrastica attiva latina. Contemporaneamente, si
otteneva lo scopo di indebolire la spedizione, tenendo
uno dei capi sotto la spada di Damocle. – μετάπεμπτον
κομισθέντα: «mandato a chiamare sotto citazione».
Così appunto avverrà.
53.2 οὐδὲν ἧσσον: «per nulla meno». – τῶν ...
δρασθέντων: «delle cose compiute, dei misfatti». – οὐ
δοκιμάζοντεϛ: «non sottoponendo a controllo»; segno
della tendenziosità del procedimento, secondo Tucidide.
– διὰ ... πίστιν: «sulla parola». – ἤ: «piuttosto che». –
τινὰ καὶ χρηστὸν δοκοῦντα εἶναι: «qualcuno che pur
sembrasse essere una persona per bene».
53.3 χαλεπὴν τελευτῶσαν γενομένην: «era divenuta alla
fine insopportabile». – καὶ Ἀρμοδίου καταλυθεῖσαν: «e
non era stata abbattuta da Armodio». Armodio fu uno
dei tirannicidi che uccisero Ipparco, figlio di Pisistrato,
e aprirono così la strada alla democrazia di Atene. Il
popolo ateniese temeva dunque che Sparta potesse
approfittare del momento di turbamento della città,
per intervenire di nuovo nella politica della rivale, come
cento anni prima.
60.1 Ὧν ἐνθυμούμενοϛ: «Considerando queste cose»
(nesso relativo); cioè i precedenti che concernevano la
fine della tirannide in Atene.
60.2 ὡϛ: puoi renderlo con un «quando» o con un
«poiché». – οὐκ ἐν παύλῃ ἐφαίνετο: lett. «e non
apparira in pausa» = «e (la cosa) non accennava a
cessare». – ἐπεδίδοσαν: «progredivano»; regge sia ἐϛ
τὸ ἀγριώτερον sia (ἐϛ τὸ) ξυλλαμβάνειν. – ἐνταῦθα:
«a questo punto»; segue la principale. – εἷϛ τῶν
δεδεμένων: «uno degli imprigionati». Tucidide non
lo nomina ma è Andocide, di cui riporteremo più
avanti buona parte dell’orazione Sui misteri. – ὑπὸ ...
τινόϛ: «da uno dei ...». – μηνῦσαι: «(viene persuaso)
a confessare »; infatti dipende da ἀνεπείθεται. Questo
compagno di prigione fu, secondo lo stesso Andocide,
Carmide; invece Plutarco fa il nome di un Timeo. – ἐπ᾿
ἀμφότερα γὰρ εἰκάζεται: «infatti si fanno supposizioni
in entrambi i sensi». È interessante che neppure il
contemporaneo Tucidide vedesse molto chiaro nello
sviluppo ambiguo dei fatti. – ἔχει εἰπεῖν: «è in grado di
dire»; è il tipico ἔχω + infinito.
60.3 αὑτόν τε, etc.: «sia salvare se stessi, assicurandosi
l’impunità»; essa veniva appunto garantita a chi facesse
la denuncia, anche se implicato nei fatti. – διὰ δίκηϛ
ἐλθεῖν: «venire al processo», dopo aver ammesso la
colpa, piuttosto che ... .
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60.4
60.5
61.1
61.4
61.5
61.6
61.7
ἀρνηθέντι διὰ δίκηϛ ἐλθεῖν. Καὶ ὁ μὲν αὐτόϛ τε καθ᾿ ἑαυτοῦ καὶ κατ᾿ ἄλλων μηνύει
τὸ τῶν Ἑρμῶν· ὁ δὲ δῆμοϛ ὁ τῶν Ἀθηναίων ἄσμενοϛ λαβών, ὡϛ ᾤετο, τὸ σαφὲϛ καὶ
δεινὸν ποιούμενοι πρότερον εἰ τοὺϛ ἐπιβουλεύονταϛ σφῶν τῷ πλήθει μὴ εἴσονται, τὸν
μὲν μηνυτὴν εὐθὺϛ καὶ τοὺϛ ἄλλουϛ μετ᾿ αὐτοῦ ὅσων μὴ κατηγορήκει ἔλυσαν, τοὺϛ δὲ
καταιτιαθένταϛ, κρίσειϛ ποιήσαντεϛ, τοὺϛ μὲν ἀπέκτειναν, ὅσοι ξυνελήφθησαν, τῶν δὲ
διαφυγόντων θάνατον καταγνόντεϛ, ἐπανεῖπον ἀργύριον τῷ ἀποκτείναντι. Κἀν τούτῳ
οἱ μὲν παθόντεϛ ἄδηλον ἦν εἰ ἀδίκωϛ ἐτετιμώρηντο, ἡ μέντοι ἄλλη πόλιϛ ἐν τῷ παρόντι
περιφανῶϛ ὠφέλητο. Περὶ δὲ τοῦ Ἀλκιβιάδου, ἐναγόντων τῶν ἐχθρῶν, οἵπερ καὶ πρὶν
ἐκπλεῖν αὐτὸν ἐπέθεντο, χαλεπῶϛ οἱ Ἀθηναῖοι ἐλάμβανον· καὶ ἐπειδὴ τὸ τῶν Ἑρμῶν
ᾤοντο σαφὲϛ ἔχειν, πολὺ δὴ μᾶλλον καὶ τὰ μυστικά, ὧν ἐπαίτιοϛ ἦν, μετὰ τοῦ αὐτοῦ
λόγου καὶ τῆϛ ξυνωμοσίαϛ ἐπὶ τῷ δήμῳ ἀπ᾿ ἐκείνου ἐδόκει πραχθῆναι [...] Πανταχόθεν τε
περιειστήκει ὑποψία ἐϛ τὸν Ἀλκιβιάδην. ῞Ωστε βουλόμενοι αὐτόν, ἐϛ κρίσιν ἀγαγόντεϛ,
ἀποκτεῖναι, πέμπουσιν οὕτω τὴν Σαλαμινίαν ναῦν ἐϛ τὴν Σικελίαν ἐπί τε ἐκεῖνον καὶ
ὧν πέρι ἄλλων ἐμεμήνυτο. Εἴρητο δὲ προειπεῖν αὐτῷ ἀπολογησομένῳ ἀκολουθεῖν
ξυλλαμβάνειν δὲ μή θεραπεύοντεϛ τό τε πρὸϛ ἐν τῇ Σικελίᾳ στρατιώταϛ σφετέρουϛ
καὶ πολεμίουϛ μὴ θορυβεῖν καὶ οὐχ ἥκιστα τοὺϛ Μαντινέαϛ καὶ Ἀργείουϛ βουλόμενοι
παραμεῖναι, δι᾿ ἐκείνου νομίζοντεϛ πεισθῆναι σφίσι ξυστρατεύειν. Καὶ ὁ μὲν ἔχων τὴν
ἑαυτοῦ ναῦν καὶ οἱ ξυνδιαβεβλημένοι ἀπέπλεον μετὰ τῆϛ Σαλαμινίαϛ ἐκ τῆϛ Σικελίαϛ ὡϛ
ἐϛ τὰϛ Ἀθήναϛ· καὶ ἐπειδὴ ἐγένοντο ἐν Θουρίοιϛ, οὐκέτι ξυνείποντο, ἀλλ᾿ ἀπελθόντεϛ
ἀπὸ τῆϛ νεὼϛ οὐ φανεροὶ ἦσαν, δείσαντεϛ τὸ ἐπὶ διαβολῇ ἐϛ δίκην καταπλεῦσαι. Οἱ δ᾿ ἐκ
τῆϛ Σαλαμινίαϛ τέωϛ μὲν ἐζήτουν τὸν Ἀλκιβιάδην καὶ τοὺϛ μετ᾿ αὐτοῦ· ὡϛ δ᾿ οὐδαμοῦ
φανεροὶ ἦσαν ᾤχοντο ἀποπλέοντεϛ. Ὁ δὲ Ἀλκιβιάδηϛ ἤδη φυγὰϛ ὤν, οὐ πολὺ ὕστερον
ἐπὶ πλοίου ἐπεραιώθη ἐϛ Πελοπόννησον ἐκ τῆϛ Θουρίαϛ· οἱ δ᾿ Ἁθηναῖοι ἐρήμῃ δίκῃ
θάνατον κατέγνωσαν αὐτοῦ τε καὶ τῶν μετ᾿ ἐκείνου.
60.4 ὁ μὲν αὐτόϛ: «il medesimo», cioè Andocide. –
δεινὸν ποιούμενοι πρότερον: «e poiché prima stimava
cosa insopportabile»; nota il passaggio dal singolare al
plurale, a senso. – ὅσων μὴ κατηγορήκει: «quanti non
aveva accusato»; il verbo κατηγορέω vuole il genitivo
della persona accusata. – τῷ ἀποκτείναντι: «per chi li
avesse uccisi».
60.5 Κἀν = Καὶ ἐν: «E in questa vicenda».
61.1 ἐναγόντων τῶν ἐχθρῶν: «istigandoli gli
avversari»; genitivo assoluto. – χαλεπῶϛ ...
ἐλάμβανον: «concepivano una forte ira». – μετὰ τοῦ
αὐτοῦ λόγου καὶ τῆϛ ξυνωμοσίαϛ: «col medesimo
intento della congiura»; καὶ equivale ad un ac, atque
latino.
61.4 ὧν πέρι ἄλλων = (ἐπὶ) ἄλλουϛ περὶ ὧν: «e contro gli
altri intorno a lui ...; attrazione inversa del relativo; πέρι,
con accento ritratto, perché posposto al pronome che
regge.
61.5 ἀπολογησομένῳ: «per scolparsi»; participio futuro
con valore finale.
61.6 οἱ ξυνδιαβεβλημένοι: «coloro che erano stati
accusati insieme a lui». – ὡϛ ἐϛ: «come verso ...» =
«come se avessero intenzioni di dirigersi verso ...». – ἐν
Θουρίοιϛ: «a Turi», colonia della Lucania.
61.7 Οἱ δ᾿ ἐκ τῆϛ Σαλαμινίαϛ: «Quelli della nave
Salaminia». – ἐρήμῃ δίκῃ: «in contumacia». Di
conseguenza Alcibiade, ormai esule da Atene, passò,
come è noto, dalla parte degli Spartani.
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2. Il racconto di Plutarco
(dalla Vita di Alcibiade 18,6-21)
18.6
18.7
18.8
19.1
19.2
19.3
19.4
Plutarco era di Cheronea, in Beozia. Visse tra il I e il II secolo d.C.; quindi è lontano
dai fatti. Scrisse, oltre ai Moralia, operette di contenuto molto vario, le famose Vite
parallele (in cui a ogni biografia di un greco mette accanto quella di un romano), più
attente a delineare i caratteri dei personaggi che alla precisione storica.
Ἡ μέντοι τῶν Ἑρμῶν περικοπή, μιᾷ νυκτὶ τῶν πλείστων ἀκρωτηριασθέντων τὰ πρόσωπα,
πολλοὺϛ καὶ τῶν περιφρονύντων τὰ τοιαῦτα διετάραξεν. Ἐλέχθη μὲν οὖν ὅτι Κορίνθιοι
διὰ τοὺϛ Συρακουσίουϛ, ἀποίκουϛ ὄνταϛ, ὡϛ ἐπισχέσεωϛ ἐσομένηϛ πρὸϛ τὸν οἰωνὸν
ἢ μεταγνώσεωϛ τοῦ πολέμου, ταῦτα δράσειαν. Οὐ μὴν ἥπτετό γε τῶν πολλῶν οὔθ᾿
οὗτοϛ ὁ λόγοϛ οὔθ᾿ ὁ τῶν σημεῖον δεινὸν εἶναι μηδὲν οἰομένων, ἀλλ᾿ οἷα φιλεῖ φέρειν
ἄκρατοϛ, ἀκολάστων νέων εἰϛ ὕβριν ἐκ παιδιᾶϛ ὑποφερομένων· ὀργῇ δ᾿ ἅμα καὶ φόβῳ
τὸ γεγονὸϛ λαμβάνοντεϛ, ὡϛ ἀπὸ συνωμοσίαϛ ἐπὶ πράγμασι μεγ́λοιϛ τετολμημένον,
ἅπασαν ἐξήταζον ὑπόνοιαν πικρῶϛ ἥ τε βουλὴ συνιοῦσα περὶ τούτων καὶ ὁ δῆμοϛ ἐν
ὀλίγαιϛ ἡμέραιϛ πολλάκιϛ.
Ἐν δὲ τούτῳ δούλουϛ τινὰϛ καὶ μετοίκουϛ προήγαγεν Ἀνδροκλῆϛ ὁ δημαγωγόϛ, ἄλλων
τ᾿ ἀγαλμάτων περικοπὰϛ καὶ μυστηρίων παρ᾿ οἶνον ἀπομιμήσειϛ τοῦ Ἀλκιβιάδου καὶ
τῶν φίλων κατηγοροῦνταϛ.
Ἔλεγον δὲ Θεόδωρον μέν τινα δρᾶν τὰ τοῦ κήρυκοϛ, Πουλυτίωνα δὲ τὰ τοῦ δᾳδούχου,
τὰ δὲ τοῦ ἱεροφάντου τὸν Ἀλκιβιάδην, τοὺϛ δ᾿ ἄλλουϛ ἑταίρουϛ παρεῖναι καὶ θεᾶσθαι,
μύσταϛ προσαγορευομένουϛ. Ταῦτα γὰρ ἐν τῇ εἰσαγγελίᾳ γέγραπται Θεσσαλοῦ τοῦ
Κίμωνοϛ. εἰσαγγείλαντοϛ Ἀλκιβιάδην ἀσεβεῖν περὶ τὼ θεώ. Τραχυνομένου δὲ τοῦ δήμου
καὶ πικρῶϛ πρὸϛ τὸν Ἀλκιβιάδην ἔχοντοϛ, καὶ τοῦ Ἀνδροκλέουϛ – ἦν γὰρ ἐχθρὸϛ οὗτοϛ
ἐν τοῖϛ μάλιστα τοῦ Ἀλκιβιάδου – παροξύνοντοϛ, ἐν ἀρχῇ μὲν ἐταράχθησαν οἱ περὶ τὸν
Ἀλκιβιάδην, αἰσθόμενοι δὲ τούϛ τε ναύταϛ, ὅσοι πλεῖν ἔμελλον εἰϛ Σικελίαν, εὔνουϛ
ὄνταϛ αὐτοῖϛ καὶ τὸ στρατιωτικόν, Ἀργείων δὲ καὶ Μαντινέων, χιλίων ὄντων ὁπλιτῶν,
18.6 τὰ πρόσωπα: «nei volti»; accusativo di relazione.
– τῶν περιφρονούντων τὰ τοιαῦτα: «di coloro che
sdegnano cose del genere».
18.7 ὅτι ... δράσειαν: «al pensiero che vi sarebbe stata
una sospensione». Ricorda l’uso di ὡϛ + participio (qui
genitivo assoluto).
18.8 Οὐ μὴν ἥπτετό γε τῶν πολλῶν: «Tuttavia non
(come sempre οὐ μήν) toccò (o sfiorò) la massa»; il
genitivo è richiesto dal verbo ἅπτω, analogo ai verbi di
percezione. – ὁ τῶν ... οἰομένων: «quello (il discorso)
di coloro che pensavano». – ἄκρατοϛ: l’aggettivo
propriamente significa «puro, non mescolato»; quindi,
sostantivato, indica il «vino puro» e, qui, la sua
conseguenza, l’«ubriachezza». – ἀκολάστων νέων ...
ὑποϕερομένων: genitivo assoluto con valore temporale.
– ὡϛ ἀπὸ συνωμοσίαϛ ... τετολμημένον: «come se fosse
stato osato in seguito a una congiura»; ὡϛ + participio.
19.1 Ἀνδροκλῆϛ ὁ δημαγωγόϛ: uomo politico, uno
dei capi riconosciuti dei democratici più radicali.
Anche tra costoro vi erano alcuni avversari di
Alcibiade e l’unione, contro di lui, di conservatori e
democratici più radicali lo metterà in grave difficoltà.
– κατηγοροῦνταϛ: «che denunciano»; è il participio
congiunto a δούλουϛ τινὰϛ καὶ μετοίκουϛ: è costruito
con l’accusativo della cosa e il genitivo della persona
accusata.
19.2 δρᾶν τὰ τοῦ κήρυκοϛ: «svolgeva il ruolo di araldo».
Araldo, ceroforario e ierofante erano i ministri del rito
misterico di Eleusi. Secondo la denuncia di Andromaco,
in Andocide (Sui misteri 12; 14), la parodia dei misteri
si teneva appunto in casa Pulitione. – μύσταϛ: era il
termine che designava gli «iniziati».
19.3 Θεσσαλοῦ τοῦ Κίμωνοϛ: «di Tessalo, figlio di
Cimone». Era il capo dei conservatori: la saldatura tra i due
partiti contro Alcibiade, è così chiaramente documentata.
– περὶ τὼ θεώ: «riguardo le due dee»; Demetra e Core,
cioè le dee che erano al centro dei misteri eleusini. – ἐν
τοῖϛ μάλιστα: «quant’altri mai». L’odio dei democratici
più estremisti verso Alcibiade, pure leader del partito
democratico, risaliva all’anno 417, quando Alcibiade aveva
votato insieme ai conservatori di Nicia per l’ostracismo di
Iperbolo. – οἱ περὶ ...: «i seguaci di...»; però in Plutarco
l’espressione, comune, equivale ad «Alcibiade».
19.4 τοὺϛ ναύταϛ ... ὄνταϛ: «che i marinai erano»; tipico
participio predicativo dopo verbo di percezione. –
Ἀργείων δὲ καὶ Μαντινέων ... ἀκούοντεϛ ... λεγόντων:
«e sentendo che Argivi e Mantineesi affermavano»;
il participio e il genitivo sono voluti dal verbo di
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6 A ntologia di classici

19.5
19.6
19.7
20.1
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ἀκούντεϛ ἀναφανδὸν λεγόντων, ὡϛ δι᾿ Ἀλκιβιάδην στρατεύοιντο διαπόντιον καὶ
μακρὰν στρατείαν, ἂν δέ τιϛ ἀγνωμονῇ περὶ τοῦτον, εὐθὺϛ ἀποστήσεσθαι, ἀνεθάρρουν
καὶ παρίσταντο τῷ καιρῷ πρὸϛ τὴν ἀπολογίαν, ὥστε τοὺϛ ἐχθροὺϛ πάλιν ἀθυμεῖν
καὶ φοβεῖσθαι, μὴ περὶ τὴν κρίσιν ὁ δῆμοϛ ἀμβλύτεροϛ αὐτῷ γένηται διὰ τὴν χρείαν.
Πρὸϛ ταῦτ᾿ οὖν τεχνάζουσι τῶν ῥητόρων τοὺϛ οὐ δοκοῦνταϛ ἐχθροὺϛ τοῦ Ἀλκιβιάδου,
μισοῦνταϛ δ᾿ αὐτὸν οὐχ ἧττον τῶν ὁμολογούντων, ἀνισταμένουϛ ἐν τῷ δήμῳ λέγειν,
ὡϛ ἄτοπόν ἐστιν αὐτοκράτορι στρατηγῷ τηλικαύτηϛ ἀποδεδειγμένῳ δυνάμεωϛ,
ἠθροισμένηϛ τῆϛ στρατιᾶϛ καὶ τῶν συμμάχων, μεταξὺ κληροῦνταϛ δικαστήριον καὶ
ὕδωρ διαμετροῦνταϛ, ἀπολλύναι τὸν καιρόν· «ἀλλὰ νῦν μὲν ἀγαθῇ τύχῃ πλεέτω, τοῦ δὲ
πολέμου διαπραχθέντοϛ, ἐπὶ τοῖϛ αὐτοῖϛ ἀπολογείσθω παρών».
Οὐκ ἐλάνθανε μὲν οὖν ἡ κακοήθεια τῆϛ ἀναβολῆϛ τὸν Ἀλκιβιάδην, ἀλλ᾿ ἔλεγε παριὼν
ὡϛ δεινόν ἐστιν, αἰτίαϛ ἀπολιπόντα καθ᾿ ἑαυτοῦ καὶ διαβολάϛ, ἐκπέμπεσθαι μετέωρον
ἐπὶ τοσαύτηϛ δυνάμεωϛ· ἀποθανεῖν γὰρ αὐτῷ προσήκειν, μὴ λύσαντι τὰϛ κατηγορίαϛ,
λύσαντι δὲ καὶ φανέντι καθαρῷ, τρέπεσθαι πρὸϛ τοὺϛ πολεμίουϛ, μὴ δεδοικότι τοὺϛ
συκοφάνταϛ.
Ἐπεὶ δ᾿ οὐκ ἔπειθεν, ἀλλὰ πλεῖν ἐκέλευον αὐτόν, ἀνήχθη μετὰ τῶν συστρατήγων,
ἔχων τριήρειϛ μὲν οὐ πολλῷ τῶν τεσσαράκοντα καὶ ἑκατὸν ἀποδεούσαϛ, ὁπλίταϛ δὲ
πεντακισχιλίουϛ καὶ ἑκατόν, τοξόταϛ δὲ καὶ σφενδονήταϛ καὶ ψιλοὺϛ περὶ τριακοσίουϛ
καὶ χιλίουϛ καὶ τὴν ἄλλην παρασκευὴν ἀξιόλογον. Προσβαλὼν δ᾿ Ἰταλίᾳ καὶ Ῥήγιον
ἑλών, εἰσηγήσατο γνώμην ὅτῳ πρόπῳ πολεμητέον ἐστί, καὶ Νικίου μὲν ἀντιλέγοντοϛ,
Λαμάχου δὲ προσθεμένου, πλεύσαϛ εἰϛ Σικελίαν προσηγάγετο Κατάνην, ἄλλο δ᾿ οὐδὲν
ἔπραξε, μετάπεμπτοϛ ὑπὸ τῶν Ἀθηναίων ἐπὶ τὴν κρίσιν εὐθὺϛ γενόμενοϛ. Πρῶτον μὲν γάρ,
ὥσπερ εἴρηται, τυφλαί τινεϛ ὑποψίαι, καὶ διαβολαὶ κατὰ τοῦ Ἀλκιβιάδου προσέπιπτον ἀπὸ
δούλων καὶ μετοίκων, ἔπειτα τῶν ἐχθρῶν, ἀπόντοϛ αὐτοῦ, καθαπτομένων σφοδρότερον,
καὶ τοῖϛ περὶ τοὺϛ Ἑρμᾶϛ ὑβρίσμασι καὶ τὰ μυστικὰ συμπλεκόντων, ὡϛ ἀπὸ μιᾶϛ ἐπὶ
νεωτερισμῷ συνωμοσίαϛ πεπραγμένα, τοὺϛ μὲν ὁπωσοῦν ἐπαιτιαθένταϛ ἐνέβαλον
percezione diretta. Anche Tucidide (VI 29, 3) afferma
che il contingente di Argo e Mantinea, pronto a prendere
parte alla spedizione in Sicilia, con una decisione ostile
nei confronti di Sparta e delle altre città del Peloponneso,
era fedele ad Alcibiade. – στρατεύοιντο: ottativo
obliquo; traduci con l’indicativo. – ἂν δέ τιϛ ἀγνωμονῇ:
«e qualora qualcuno agisse male». – ἀποστήσεσθαι: «si
sarebbero ritirati»; è intransitivo perché si tratta di un
futuro medio (ricordi la regola di ἵστημι?). – τῷ καιρῷ:
«al momento opportuno». – φοβεῖσθαι, μή: «temettero
che»; come in latino timeo ne. – αὐτῷ: cioè verso
Alcibiade. – διὰ τὴν χρείαν: «per bisogno».
19.5 τεχνάζουσι: «fanno entrare sulla scena». – οὐχ
ἧττον τῶν ὁμολογούντων: «non meno di coloro che
lo riconoscevano». – ἀνισταμένουϛ ... λέγειν: «che si
alzavano a sostenere»; ἵστημι, è anche qui intransitivo
in base alla nota regola. – ἐστιν: «era»; si usa il presente
perché il greco spesso segue i tempi del discorso diretto.
– ἀποδεδειγμένῳ ... ἀπολλύναι τὸν καιρόν: «far perdere
l’occasione propizia a lui (Alcibiade) che era stato
designato ...»; ὄλλυμι, ricorda, segue la medesima regola
di ἵστημι. – μεταξὺ κληροῦνταϛ ... διαμετροῦντας:
«mentre sorteggiavano i giudici e controllavano le
clessidre». L’osservazione è ironica: erano operazioni
preliminari dei processi: scelta dei giudici e regolazione
delle clessidre ad acqua, che misuravano la durata dei
singoli interventi nel dibattito.
19.6 ἀγαθῇ τύχῃ: «con la buona sorte». – ἐπὶ τοῖϛ
αὐτοῖϛ: «alle medesime condizioni»; è neutro.
19.7 παριών: lett. «passando via», cioè «presentandosi a
parlare». – μετέωρον: «sospeso», cioè «in piena incertezza».
– μὴ λύσαντι: «se non avesse dimostrato false»; participio
congiunto ad αὐτῷ, di valore condizionale, come indica
l’uso del μή. – μὴ δεδοικότι: «senza aver timore dei ...»;
μή qui sembra sottolineare il senso volitivo.
20.1 οὐ πολλῷ ... ἀποδεούσαϛ: «non di molto inferiori
al numero di ...».
20.2 Ῥήγιον ἑλών: «avendo conquistato Reggio». –
εἰσηγήσατο γνώμην ὅτῳ πρόπῳ: «espresse la propria
opinione sulla strategia con cui...».
20.3 Νικίου ... Λαμάχου: Nicia e Lamaco erano gli altri
due ammiragli scelti per guidare la spedizione; il primo
era da anni l’esponente più in vista dei conservatori,
il secondo era l’ufficiale più accreditato e capace
dell’Atene di quel momento storico. – μετάπεμπτοϛ ...
εὐθὺϛ γενόμενοϛ: «poiché fu subito richiamato».
20.4 προσέπιπτον: «piovvero addosso».
20.5 τῶν ἐχθρῶν ... καθαπτομένων σφοδρότερον, καὶ
... συμπλεκόντων: «poiché gli avversari lo attaccarono
con maggiore violenza e collegarono».– καὶ τὰ μυστικά:
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21.4
21.5
ἀκρίτουϛ εἰϛ τὸ δεσμωτὴριον, ἤχθοντο δὲ τὸν Ἀλκιβιάδην μὴ λαβόντεϛ ὑπὸ τὰϛ ψήφουϛ
τότε μηδὲ κρίναντεϛ ἐπ᾿ αἰτίαιϛ τηλικαύταιϛ. Ὁ δὲ τῇ πρὸϛ ἐκεῖνον ὀργῇ περιπεσών,
οἰκεῖοϛ ἢ φίλοϛ ἢ συνήθηϛ, χαλεπωτέροιϛ αὐτοῖϛ ἐχρήσατο. Τοὺϛ δὲ μηνύσανταϛ ὁ μὲν
Θουκυδίδηϛ ὀνομάσαι παρῆκεν, ἄλλοι δ᾿ ὀνομάζουσι Διοκλείδαν καὶ Τεῦκρον.
Καίτοι βέβαιον οὐδὲν οὐδ᾿ ἰσχυρὸν οἱ μηνύοντεϛ ἐδείκνυσαν. Εἷϛ δ᾿ αὐτῶν ἐρωτώμενοϛ,
ὅπωϛ τὰ πρόσωπα τῶν Ἑρμοκοπιδῶν γνωρίσειε, καὶ ἀποκρινόμενοϛ ὅτι πρὸϛ τὴν
σελήνην, ἐσφάλη τοῦ παντόϛ, ἕνηϛ καὶ νέαϛ οὔσηϛ, ὅτε ταῦτ᾿ ἐδρᾶτο, καὶ θόρυβον μὲν
παρέσχε τοῖϛ νοῦν ἔχουσι, τὸν δὲ δῆμον οὐδὲ τοῦτο μαλακώτερον ἐποίησε πρὸϛ τὰϛ
διαβολάϛ, ἀλλ᾿ ὥσπερ ὥρημσεν ἐξ ἀρχῆϛ, οὐκ ἐπαύσατο φέρων καὶ καταβάλλων εἰϛ τὸ
δεσμωτήριον, οὗ τιϛ κατείποι.
Τῶν οὖν δεθέντων καὶ φυλαττομένων ἐπὶ κρίσει τότε καὶ Ἀνδοκίδηϛ ἦν ὁ ῥήτωρ, ὃν
Ἑλλάνικοϛ ὁ συγγραφεὺϛ εἰϛ τοὺϛ Ὀδυσσέωϛ ἀπογόνουϛ ἀνήγαγεν. Ἐδόκει δὲ μισόδημοϛ
εἶναι καὶ ὀλιγαρχικὸϛ ὁ Ἀνδοκίδηϛ, ὕποπτον δ᾿ οὐχ ἥκιστα τῆν τῶν Ἑρμῶν περικοπῆϛ
ἐποίησεν ὁ μέγαϛ Ἑρμῆϛ ὁ πλησίον αὐτοῦ τῆϛ οἰκίαϛ, ἀνάθημα τῆϛ Αἰγηίδοϛ φυλῆϛ,
ἱδρυμένοϛ· ἐν γὰρ ὀλίγοιϛ πάνυ τῶν ἐπιφανῶν μόνοϛ σχεδὸν ἀκέραιοϛ ἔμεινε· διὸ καὶ νῦν
Ἀνδοκίδου καλεῖται, καὶ πάντεϛ οὕτωϛ ὀνομάζουσι, τῆϛ ἐπιγραφῆϛ ἀντιμαρτυρούσηϛ.
Συνέβη δὲ τῷ Ἀνδοκίδῃ μάλιστα τῶν τήν αὐτὴν αἰτίαν ἐχόντων ἐν τῷ δεσμωτηρίῳ
γενέσθαι συνήθη καὶ φίλον, ἔνδοξον μὲν οὐχ ὁμοίωϛ ἐκείνῳ, συνέσει, δὲ καὶ τόλμῃ
περιττόν, ὄνομα Τίμαιον.
«anche le parodie dei misteri». – ὡϛ ... πεπραγμένα:
«come se si fossero effettuate». – ὁπωσοῦν: «in
qualunque modo». Plutarco sottolinea la sommarietà
del procedimento. – ἤχθοντο ... μὴ λαβόντεϛ: «si
rammaricarono di non aver sottoposto». – τότε: «allora»,
cioè quando potevano, prima della partenza.
20.6 Ὁ ... περιπεσών: «Colui che cade». – χαλεπωτέροιϛ
αὐτοῖϛ ἐχρήσατο: lett. «ebbe a che fare con loro più
esasperati», cioè «fu trattato da loro con notevole
durezza». – παρῆκεν: «tralasciò». Difatti, come abbiamo
visto, Tucidide tace i nomi dei denunciatori. – ἄλλοι δ᾿:
«altri invece». Si tratta soprattutto di Andocide, di cui
esamineremo una vasta parte dell’orazione Sui misteri,
con la narrazione delle denunce di Teucro e di Dioclide.
20.8 Εἷϛ αὐτῶν: «Uno di loro». Fu Dioclide: la sua
vicenda ci è raccontata da Andocide (Sui misteri 38;
65). – ὅπωϛ ... γνωρίσειε: «come avesse riconosciuto». –
πρὸϛ τὴν σελήνην: «alla luce della luna». – ἐσφάλη τοῦ
παντόϛ: «cadde in fallo clamorosamente». – ἕνηϛ καὶ
νέαϛ οὔσηϛ: lett. «essendo vecchia e nuova», cioè poiché
era il novilunio. Così si diceva quando la notte cadeva
tra due mesi lunari, quello vecchio e quello nuovo, e vi
era perciò luna nuova, cioè notte buia. – οὐκ ἐπαύσατο
φέρων καὶ καταβάλλων: «non smise di arrestare e
scaraventare»; i verbi che significano «cominciare,
continuare, finire» reggono in greco il participio
predicativo nel senso dell’infinito italiano. – οὗ: «colui
che »; elisione del pronome dimostrativo.
21.1 Ἀνδοκίδηϛ ... ὁ ῥήτωρ: di Andocide, come abbiamo
detto poco sopra, leggeremo presto un lungo brano e ne
apprenderemo più a fondo le intricate vicende.
21.2 ὁ μέγαϛ Ἑρμῆϛ ὁ ... ἱδρυμένοϛ: «la grande Erma,
collocata». Si confronti con Andocide (Sui misteri 62): fu
considerato indizio contro Andocide il fatto che in tutta
la città solo, o quasi, l’erma che stava accanto a casa sua
fosse rimasta intatta, come se l’avesse risparmiata per
stornare i sospetti da sé.
21.3 τῆϛ ἐπιγραφῆϛ ἀντιμαρτυρούσηϛ: «benché
l’iscrizione dica diversamente»; genitivo assoluto con
significato concessivo.
21.4 Τίμαιον: «Timeo». Di questo compagno di
prigionia di Andocide Tucidide, come abbiamo visto,
non fa il nome, mentre Andocide fa il nome di Carmide,
come presto vedremo.
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8 A ntologia di classici

21.6
21.7
21.8
Οὗτοϛ ἀναπείθει τὸν Ἀνδοκίδην ἑαυτοῦ τε κατήγορον καὶ τινων ἄλλων γενέσθαι μὴ
πολλῶν· ὁμολογήσαντι γὰρ ἄδειαν εἶναι κατὰ ψήφισμα τοῦ δήμου, τὰ δὲ τῆϛ κρίσεωϛ
ἄδηλα πᾶσι, τοῖϛ δὲ δυνατοῖϛ φοβερώτατα· βέλτιον δὲ σωθῆναι ψευδόμενον ἢ μετὰ τῆϛ
αὐτῆϛ αἰτίαϛ ἀποθανεῖν ἀδόξωϛ. καὶ τὸ κοινῇ σκοποῦντι συμφέρον ὑπάρχειν, ὀλίγουϛ
καὶ ἀμφιβόλουϛ προέμενον, πολλοὺϛ καὶ ἀγαθοὺϛ ἐξελέσθαι τῆϛ ὀργῆϛ. Ταῦτα τοῦ
Τιμαίου λέγοντοϛ καὶ διδάσκοντοϛ, ὁ Ἀνδοκίδηϛ ἐπείσθη, καὶ γενόμενοϛ μηνυτὴϛ καθ᾿
αὑτοῦ καὶ καθ᾿ ἑτέρων, ἔσχε τὴν ἀπὸ τοῦ ψηϕίσματοϛ ἄδειαν αὐτόϛ, οὓϛ δ᾿ ὠνόμασε,
πάντεϛ πλὴν τῶν φυγόντων ἀπώλοντο. Καὶ πίστεωϛ ἕνεκα προσέθηκεν αὐτοῖϛ οἰκέταϛ
ἰδίουϛ ὁ Ἀνδοκίδηϛ.
Οὐ μὴν ὅ γε δῆμοϛ ἐνταῦθα τὴν ὀργὴν ἅπασαν ἀφῆκεν. ἀλλὰ μᾶλλον ἀπαλλαγεὶϛ τῶν
Ἑρμοκοπιδῶν, ὥσπερ σχολάζοντι τῷ θυμῷ πρὸϛ τὸν Ἀλκιβιάδην ὅλοϛ ἐρρύη, καὶ τέλοϛ
ἀπέστειλε τὴν Σαλαμινίαν ἐπ᾿ αὐτόν, οὐ φαύλωϛ αὐτό γε τοῦτο προστάξαϛ, μὴ βιάζεσθαι
μηδ᾿ ἅπτεσθαι τοῦ σώματοϛ, ἀλλὰ τῷ μετριωτάτῳ λόγῳ χρῆσθαι, κελεύονταϛ ἀκολουθεῖν
ἐπὶ κρίσιν καὶ πείθειν τὸν δῆμον, Ἐφοβοῦντο γὰρ ταραχὰϛ τοῦ στρατεύματοϛ ἐν πολεμίᾳ
γῇ καὶ στάσιν, ἣν ῥᾳδίωϛ ἂν ἐξειργάσατο βουληθεὶϛ ὁ Ἀλκιβιάδηϛ.
21.5 ὁμολογήσαντι: «per lui, se avesse confessato».
Sono le parole di Timeo; analogo il racconto delle altre
due fonti. – τοῖϛ δυνατοῖϛ: «per le persone di condizione
elevata», come Andocide; perché verso di loro il δῆμοϛ
era più ostile e perché erano più esposte al rischio di
confische dei beni. – μετὰ τῆϛ αὐτῆϛ: «con la medesima
imputazione». – τὸ κοινῇ σκοποῦντι συμφέρον: «ciò
che era utile per chi osservasse»; ὑπάρχω nell’uso
classico significava «essere»; l’ἐξ dell’altro infinito regge
il genitivo τῆϛ ὀργῆϛ: «sottrarre all’ira». – πολλοὺϛ καὶ
ἀγαθούϛ: «molti galantuomini», nel senso di possidenti
e uomini di ceto elevato, conservatori implicati nelle
accuse, come Andocide.
21.6 οὓϛ δ᾿ ὠνόμασε: «mentre coloro che denunciò»; è
una prolesi della frase relativa. – πίστεωϛ ἕνεκα: «per
essere creduto».
21.7 Οὐ μήν: «Tuttavia non». – ἀφῆκεν: «abbandonò»;
aoristo III di ἀφίημι. – ὥσπερ σχολάζοντι τῷ
θυμῷ: «con l’animo per così dire libero» (dalla
preoccupazione per il delitto delle erme e dall’odio
per gli autori). – ὅλοϛ ἐρρύη: «si riversò tutto quanto
contro ...». – οὐ φαύλωϛ: «non senza ragione». –
ἀκολουθεῖν ... καὶ πείθειν: il soggetto sottinteso degli
infiniti è Alcibiade.
21.8 ἂν ἐξειργάσατο: «avrebbe provocato»; ἄν +
indicativo di tempo storico indica qui una apodosi
irreale. – βουληθείϛ: «se avesse voluto»; infatti il
participio costituisce la protasi implicita del periodo
ipotetico irreale.
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3. Il processo del 399 a.C. contro Andocide per i fatti dell’estate 415
(scelta dall’orazione di Andocide, Sui misteri)
11
12
15
La prima denuncia di profanazione dei misteri
Ἦν μὲν γὰρ ἐκκλησία τοῖϛ στρατηγοῖϛ τοῖϛ εἰϛ Σικελίαν, Νικίᾳ καὶ Λαμάχῳ καὶ
Ἀλκιβιάδῃ, καὶ τριήρηϛ ἡ στρατηγὶϛ ἤδη ἐξώρμει ἡ Λαμάχου· ἀναστὰϛ δὲ Πυθόνικοϛ
ἐν τῷ δήμῳ εἶπεν· «Ὦ Ἀθηναῖοι, ὑμεῖϛ μὲν στρατιὰν ἐκπέμπετε καὶ παρασκευὴν
τοσαύτην, καὶ κίνδυνον ἀρεῖσθαι μέλλετε· Ἀλκιβιάδην δὲ τὸν στρατηγὸν ἀποδείξω ὑμῖν
τὰ μυστήρια ποιοῦντα ἐν οἰκίᾳ μεθ᾿ ἑτέρων, καὶ ἐὰν ψηφίσησθε ἄδειαν ᾧ ἐγὼ κελεύω,
θεράπων ὑμῖν ἑνὸϛ τῶν ἐνθάδε ἀνδρῶν, ἀμύητοϛ ὤν, ἐρεῖ τὰ μυστήρια· εἰ δὲ μή, χρῆσθε
ἐμοὶ ὅ τι ἂν ὑμῖν δοκῇ, ἐὰν μὴ τἀληθῆ λέγω». Ἀντιλέγοντοϛ δὲ Ἀλκιβιάδου πολλὰ καὶ
ἐξάρνου ὄντοϛ, ἔδοξε τοῖϛ πρυτάνεσι τοὺϛ μὲν ἀμυήτουϛ μεταστήσασθαι, αὐτοὺϛ δ᾿
ἰέναι ἐπὶ τὸ μειράκιον ὃ ὁ Πυθόνικοϛ ἐκέλευε. Καὶ ᾤχοντο, καὶ ἤγαγον θεράποντα
Ἀλκιβιάδου· Ἀνδρόμαχοϛ αὐτῷ ὄνομα ἦν. Ἐπεὶ δὲ ἐψηφίσαντο αὐτῷ τὴν ἄδειαν, ἔλεγεν
ὅτι ἐν τῇ οἰκίᾳ τῇ Πουλυτίωνοϛ γίγνοιτο μυστήρια· Ἀλκιβιάδην μὲν οὖν καὶ Νικίδην
καὶ Μέλητον, τούτουϛ μὲν αὐτοὺϛ εἶναι τοὺϛ ποιοῦνταϛ, συμπαρεῖναι δὲ καὶ ὁρᾶν τὰ
γιγνόμενα καὶ ἄλλουϛ, παρεῖναι δὲ καὶ δούλουϛ, ἑαυτόν τε καὶ τὸν ἀδελφὸν καὶ Ἱκέσιον
το·ν αὐλητὴν καὶ τὸν Μελήτου δοῦλον.
La seconda denuncia, quella di Teucro
Δευτέρα τοίνυν μήνυσιϛ ἐγένετο. Τεῦκροϛ ἦν ἐνθάδε μέτοικοϛ, ὃϛ ᾤχετο Μέγαράδε
ὑπεξελθών, ἐκεῖθεν δὲ ἐπαγγέλλεται τῇ βουλῇ, εἴ οἱ ἄδειαν δοῖεν, μηνύσειν περὶ τῶν
11 Ἦν μὲν γὰρ ἐκκλησία τοῖϛ ...: «Si teneva
un’assemblea generale del popolo per ...». Come
già abbiamo visto, gli ammiragli scelti per guidare
la spedizione in Sicilia erano tre: Nicia, capo
riconosciuto, da tempo, del partito conservatoreoligarchico;
Lamaco, militare capace e di fiducia; e
Alcibiade, giovane e brillante esponente del partito
democratico, che tuttavia si era reso inviso a parecchi
dei suoi, quando due anni prima, nel 417, aveva dato
una mano a Nicia nell’ostracizzare il democratico
Iperbolo. – ἀναστάϛ: «alzatosi»; participio aoristo III
di ἀνίστημι, perciò intransitivo. – ἀρεῖσθαι μέλλετε:
«state per sobbarcarvi»; μέλλω + infinito, nel senso
della perifrastica attiva latina; ἀρεῖσθαι è l’infinito
futuro di αἴρω. – ἀποδείξω ... ποιοῦντα: «dimostrerò
che compie». Dunque Andocide inverte l’ordine dei
fatti e prima parla della profanazione dei misteri,
poi parlerà dei mutilatori delle Erme, evidentemente
per dimostrare la propria estraneità alla prima colpa,
per poi affrontare meglio la seconda, a cui non era
affatto etraneo. – ἐν οἰκίᾳ: «in una casa privata». Già
questo costituiva una grave violazione, come il fatto,
che presto vedremo, che vi assistessero persone non
iniziate e perfino gli schiavi. Evidentemente si riteneva
che Alcibiade, giovane razionalista, vicino alle idee dei
sofisti, facesse una parodia dissacrante dei riti; cosa che
ci appare verosimile, ma per nulla attinente al misfatto
delle Erme, da cui il caso aveva preso inizio. – ἄδειαν:
«l’impunità». – ᾧ: «per colui al quale»; elisione del
dimostrativo. – τῶν ἐνθάδε ἀνδρῶν: «degli uomini che
sono qui, in assemblea». – ἀμύητοϛ ὤν: «che non è
iniziato», o anche «pur non essendo iniziato». – χρῆσθε
ἐμοὶ ὅ τι ἂν ὑμῖν δοκῇ: lett. «fate uso di me riguardo
a ciò che eventualmente vi sembri opportuno», cioè
«fate di me quel che volete»; nota χράομαι + dativo,
l’elisione del dimostrativo τοῦτο (accusativo di
relazione) davanti ad ὅ τι, ἄν + congiuntivo nel senso
dell’avverbio «eventualmente».
12 τοῖϛ πρυτάνεσι: «ai pritani». Erano i presidenti del
Consiglio dei Cinquecento e presiedevano a turno le
sedute del Consiglio stesso e dell’Assemblea. – τοὺϛ
ἀμυήτουϛ μεταστήσασθαι: «di allontanare i non
iniziati»; nota che ἵστημι nell’aoristo debole ha, come
vuole la regola, valore transitivo. I non iniziati vengono
allontanati appunto perché non potevano apprendere
e vedere nulla dei misteri. – αὐτοὺϛ δ᾿ ἰέναι: «e di
andare di persona»; αὐτούϛ = lat. ipsos. – ἐν τῇ οἰκίᾳ
τῇ Πουλυτίωνοϛ: «nella casa di Pulitione». – γίγνοιτο:
«si tenevano», cioè «si parodiavano»; ottativo obliquo.
– Μέλητον: compare anche nell’elenco dei mutilatori
delle Erme (35, 63); uomo politico conservatore, non
pare identificarsi con il famoso accusatore di Socrate.
15 μέτοικοϛ: «meteco». Cioè cittadino straniero residente
ad Atene; come tale era privo dei fondamentali diritti
del cittadino. – ὑπεξελθών: «uscito di soppiatto»; l’ὑπό
del verbo indica il fare qualcosa «sotto sotto». – εἴ οἱ
ἄδειαν δοῖεν: «se gli concedessero l’impunità»; οἱ forma
secondaria per αὑτῷ.
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μυστηρίων, συνεργὸϛ ὤν, καὶ τοὺϛ ἄλλουϛ τοὺϛ ποιοῦνταϛ μεθ᾿ ἑαυτοῦ, καὶ περὶ τῶν
Ἑρμῶν τῆϛ περικοπῆϛ ἃ ᾔδει. Ψηφισαμένηϛ δὲ τῆϛ βουλῆϛ (ἦν γὰρ αὐτοκράτωρ),
ᾤχοντο ἐπ᾿ αὐτὸν Μέγαράδε· καὶ κομισθείϛ, ἄδειαν εὑρόμενοϛ, ἀπογράφει τοὺϛ μεθ᾿
ἑαυτοῦ. Καὶ οὗτοι κατὰ τὴν Τεύκρου μήνυσιν ᾤχοντο φεύγοντεϛ.
La terza e la quarta denuncia
Τρίτη μήνυσιϛ ἐγένετο. Ἡ γυνὴ Ἀλκμεωνίδου, γενομένη δὲ καὶ Δάμωνοϛ (Ἀγαρίστη
ὄνομα αὐτῇ), αὕτη ἐμήνυσεν ἐν τῇ οἰκίᾳ τῇ Χαρμίδου τῇ παρὰ τὸ Ὀλυμπιεῖον μυστήρια
ποιεῖν Ἀλκιβιάδην καὶ Ἀξίοχον καὶ Ἀδείμαντον· καὶ ἔφυγον οὗτοι πάντεϛ ἐπὶ ταύτῃ τῇ
μηνύσει.
Ἔτι μήνυσιϛ ἐγένετο μία. Λυδὸϛ ὁ Φερεκλέουϛ τοῦ Θημακέωϛ ἐμήνυσε μυστήρια
γίγνεσθαι ἐν τῇ οἰκίᾳ Φερεκλέουϛ τοῦ δεσπότου τοῦ ἑαυτοῦ ἐν Θημακῷ· καὶ ἀπογράφει
τούϛ τε ἄλλουϛ, καὶ τὸν πατέρα ἔφη τὸν ἐμὸν παρεῖναι μέν, καθεύδειν δὲ ἐγκεκαλυμμένον.
Σπεύσιπποϛ δέ, βουλεύων, παραδίδωσιν αὐτοὺϛ τῷ δικαστηρίῳ. Κἄπειτα ὁ πατήρ,
καταστήσαϛ ἐγγυητάϛ, ἐγράψατο τὸν Σπεύσιππον παρανόμων, καὶ ἠγωνίσατο ἐν
ἑξακισχιλίοιϛ Ἀθηναίων, καὶ μετέλαβε, δικαστῶν τοσούτων, οὐδὲ διακοσίαϛ ψήϕουϛ, ὁ
Σπεύσιπποϛ. Ὁ δὲ πείσαϛ καὶ δεόμενοϛ μεῖναι τὸν πατέρα ἐγὼ ἦν μάλιστα, εἶτα δὲ καὶ
ἄλλοι συγγενεῖϛ.
Αἱ μὲν μηνύσειϛ ὧδε τῶν μυστηρίων αὗται ἐγένοντο τέτταρεϛ· οἳ δὲ ἔφυγον καθ᾿ ἑκάστην
μήνυσιν, ἀνέγνων ὑμῖν τὰ ὀνόματα αὐτῶν, καὶ οἱ μάρτυρεϛ μεμαρτυρήκασιν. Ἔτι δὲ
πρὸϛ τούτοιϛ ἐγὼ πιστότητοϛ ὑμῶν ἕνεκα, ὦ ἄνδρεϛ, τάδε ποιήσω. Τῶν γὰρ φυγόντων
ἐπὶ τοῖϛ μυστηρίοιϛ οἱ μέν τινεϛ ἀπέθανον φεύγοντεϛ, οἱ δ᾿ ἥκουσιν καὶ εἰσιν ἐνθάδε καὶ
πάρεισιν, ὑπ᾿ ἐμοῦ κεκλημένοι. Ἐγὼ οὖν ἐν τῷ ἐμῷ λόγῳ δίδωμι τῷ βουλομένῳ ἐμὲ
ἐξελέγξαι, ὅτι ἔφυγέ τιϛ αὐτῶν δι᾿ ἐμὲ ἢ ἐμήνυσα κατ᾿ αὐτοῦ, ἢ οὐχ ἕκαστοι ἔφυγον
– συνεργὸϛ ὤν: «dato che ne era stato complice». –
ἀπογράφει: «presenta un elenco di ...». Erano dodici
nomi per la faccenda dei misteri e per le Erme un
elenco di diciotto nomi, tra cui quelli di Eufileto, che
conosceremo, e di Meleto. – κατά: «in seguito a».
Come abbiamo visto, la denuncia di Teucro accomuna
profanatori dei misteri e mutilatori delle Erme.
16 Ἡ γυνή: «la moglie». – καὶ Δάμωνοϛ: «anche di
Damone». Alcmeonide, Agariste sono nomi che ci
riportano alla nobilissima famiglia degli Alcmeonidi. –
Χαρμίδου: Carmide era cugino di Andocide e avrà un
ruolo importante più avanti, quando indurrà Andocide
alla confessione (48 ss.) . – παρὰ τὸ Ὀλυμπιεῖον: «a lato
del tempio di Zeus Olimpio». – Ἀξίοχον καὶ Ἀδείμαντον:
Assioco era zio di Alcibiade, Adimanto suo amico. –
ἐπὶ ταύτῃ τῇ μηνύσει: «in seguito a questa denuncia».
Non certo però Alcibiade, che probabilmente era nel
frattempo già partito per la Sicilia.
17 τοῦ Θημακέωϛ: «del demo di Temaco». – τὸν πατέρα
... τὸν ἐμὸν παρεῖναι: «che era presente mio padre».
Si chiamava Leogora. È il primo fatto che implica
Andocide nella faccenda dei misteri. – μέν ... δέ: nota il
rapporto tra le due particelle, poiché Lido vuole riferire
che il padre di Andocide «era sì presente ma dormiva».
– ἐγκεκαλυμμένον: «col capo coperto col mantello». –
Σπεύσιπποϛ δέ, βουλεύων: «Speusippo, membro del
Consiglio dei Cinquecento». – καταστήσαϛ ἐγγυητὰϛ:
«avendo dato dei garanti»; nota ἵστημι nel significato
transitivo, poiché è un aoristo debole. – ἐγράψατο ...
παρανόμων: «accusò di illegalità». – ἠγωνίσατο ἐν
ἑξακισχιλίοιϛ: «sostenne la propria causa tra seimila...».
Erano tutti i componenti dell’assemblea dell’Eliea, al
completo; questa corte suprema di Atene si radunò
eccezionalmente al completo, data la gravità dei fatti. –
δικαστῶν τοσούτων: «pur essendo così tanti giudici»;
genitivo assoluto con valore concessivo. Dunque
Leogora ebbe un chiaro successo. – Ὁ δὲ πείσαϛ ... ἐγὼ
ἦν: «colui che persuase ... fui io». Andocide lo sottolinea,
anche per confutare le voci che giravano, come vedremo,
che egli avesse deposto contro suo padre.
25 ὧδε: «così». – οἳ δὲ ἔφυγον ... ἀνέγνων ὑμῖν τὰ
ὀνόματα: «io vi lessi i nomi di coloro che fuggirono»; è
una prolessi della frase relativa. – καθ᾿ ἑκάστην μήνυσιν:
«in seguito a ciascuna denuncia». – πιστότητοϛ ὑμῶν
ἕνεκα: «per ottenere la vostra fiducia»; ἕνεκα + genitivo
= lat. genitivo + causa o gratia. – φεύγοντεϛ: «in esilio»;
φεύγω significa anche «vivo in esilio». – κεκλημένοι:
«convocati», «citati».
26 ἐν τῷ ἐμῷ λόγῳ: «durante il tempo del mio
discorso», cioè «usufruendo del tempo misurato per
me dalla clessidra per il mio discorso». – δίδωμι:
«concedo». – ἐμὲ ἐξελέγξαι, ὅτι: «accusarmi,
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κατὰ τὰϛ μηνύσειϛ ταύταϛ, ἃϛ ἐγὼ ὑμῖν ἀπέδειξα. Καὶ ἐάν τιϛ ἐλέγξῃ με ὅτι ψεύδομαι,
χρήσασθέ μοι ὅ τι βούλεσθε. Καὶ σιωπῶ καὶ παραχωρῶ, εἴ τιϛ ἀναβαίνειν βούλεται.
Φέρε δή, ὦ ἄνδρεϛ, μετὰ ταῦτα τί ἐγένετο; Ἐπειδὴ αἱ μηνύσειϛ ἐγένοντο, περὶ τῶν
μηνύτρων (ἦσαν γὰρ κατὰ τὸ Κλεωνύμου ψήφισμα χίλιαι δραχμαί, κατὰ δὲ Πεισάνδρου
μύριαι), περὶ δὲ τούτων ἠμφισβήτουν οὗτοί τε οἱ μηνύσαντεϛ καὶ Πυθόνικοϛ, φάσκων
πρῶτοϛ εἰσαγγεῖλαι, καὶ Ἀνδροκλῆϛ ὑπὲρ τῆϛ βουλῆϛ. Ἔδοξεν οὖν τῷ δήμῳ ἐν τῷ τῶν
θεσμοθετῶν δικαστηρίῳ τοὺϛ μεμυημένουϛ, ἀκούσανταϛ τὰϛ μηνύσειϛ, ἃϛ ἕκαστοϛ
ἐμήνυσε, διαδικάσαι. Καὶ ἐψηφίσαντο πρώτῳ μὲν Ἀνδρομάχῳ, δευτέρῳ δὲ Τεύκρῳ, καὶ
ἔλαβον Παναθηναίων τῷ ἀγῶνι Ἀνδρόμαχοϛ μὲν μυρίαϛ δραχμάϛ, Τεῦκροϛ δὲ χιλίαϛ.
Περὶ μὲν τῶν μυστηρίων, ὦ ἄνδρεϛ, ὧν εἵνεκα ἡ ἔνδειξιϛ ἐγένετο καὶ περὶ ὧν ὑμεῖϛ
οἱ μεμευημένοι εἰσεληλύθατε, ἀπεδέδεικταί μοι ὡϛ οὔτε ἠσέβηκα οὔτε μεμήνυκα περὶ
οὑδενὸϛ οὔτε ὡμολόγηκα περὶ αὐτῶν, οὐδὲ ἔστι μοι ἁμάρτημα περὶ τὼ θεὼ οὔτε μεῖζον
οὔτ᾿ ἔλαττον οὐδέν. ῞Οπερ ἐμοὶ περὶ πλείστου ἐστὶν ὑμᾶϛ πεῖσαι. Καὶ γὰρ οἱ λόγοι τῶν
κατηγόρων – ταῦτα τὰ δεινὰ καὶ φρικώδη ἀνωρθίαζον, καὶ λόγους εἶπον, ὡϛ πρότερον
ἑτέρων ἁμαρτόντων καὶ ἀσεβησάντων περὶ τὼ θεώ, οἷα ἕκαστοϛ αὐτῶν ἔπαθε καὶ
ἐτιμωρήθη – τούτων οὖν ἐμοὶ τῶν λόγων ἢ τῶν ἔργων τί προσήκει; Καὶ ὑμᾶϛ ἀναμιμνῄσκω
τὰ γεγενημένα, οἵτινεϛ, ὅρκουϛ μεγάλουϛ ὀμόσαντεϛ, οἴσετε τὴν ψῆφον περὶ ἐμοῦ, καὶ
ἀρασάμενοι τὰϛ μεγίσταϛ ἀρὰϛ ὑμῖν τε αὐτοῖϛ καὶ παισὶ τοῖϛ ὑμετέροιϛ αὐτῶν, ἦ μὴν
ψηϕιεῖσθαι περὶ ἐμοῦ τὰ δίκαια, πρὸϛ δὲ τούτοιϛ μεμύησθε καὶ ἑοράκατε τοῖν θεοῖν τὰ
ἱερά, ἵνα τιμωρήσητε μὲν τοὺϛ ἀσεβοῦνταϛ, σῴζητε δὲ τοὺϛ μηδὲν ἀδικοῦνταϛ. Νομίσατε
τοίνυν ἀσέβημα οὐδὲν ἔλαττον εἶναι τῶν μηδὲν ἠδικηκότων ἀσεβεῖν καταγνῶναι ἢ τοὺϛ
ἠσεβηκόταϛ μὴ τιμωρεῖσθαι. ῞Ωστ᾿ ἐγὼ ὑμῖν πολὺ μᾶλλον τῶν κατηγόρων πρὸϛ τοῖν
θεοῖν ἐπισκήπτω, ὑπέρ τε τῶν ἱερῶν ἃ εἴδετε, καὶ ὑπὲρ τῶν Ἑλλήνων οἳ τῆϛ ἑορτῆϛ
ἕνεκεν ἔρχονται δεῦρο· εἰ μέν τι ἠσέβηκα ἢ ὡμολόγηκα ἢ ἐμήνυσα κατά τινοϛ ἀνθρώπων,
dimostrando che». Andocide vuole dunque dimostrare
che quanti andarono in esilio in seguito alle denunce sui
misteri, non lo dovettero fare in conseguenza di una sua
denuncia. – χρήσασθέ μοι ὅ τι βούλεσθε: «fate di me
quel che volete»; espressione già vista al paragrafo 11. –
ἀναβαίνειν: «salire (sulla tribuna a parlare)».
27 περὶ τῶν μηνύτρων: «sulle taglie». – κατὰ τὸ...:
«secondo il...». Per sollecitare la denuncia dei
colpevoli era stata promessa dapprima la somma
di mille dracme, successivamente altre diecimila.
Cleonimo e Pisandro erano personaggi noti come
democratici radicali. – Ἀνδροκλῆϛ ὑπὲρ τῆϛ βουλῆϛ:
«Androcle sul ruolo avuto in Consiglio» (il passo,
discusso, pare si debba intendere così). Già abbiamo
conosciuto Androcle, in Plutarco (Alcibiade 19, 3),
come democratico radicale e nemico giurato, dopo il
fatto di Iperbolo, di Alcibiade.
28 ἐν τῷ τῶν θεσμοθετῶν δικαστηρίῳ: «nel tribunale
dei tesmoteti», cioè dei sei arconti minori, che avevano
funzioni essenzialmente giudiziarie. – διαδικάσαι:
«facessero la scelta»; il διά del verbo indica la scelta
tra le diverse persone aventi diritto. – Παναθηναίων
τῷ ἀγῶνι: «durante la festa delle Panatenee»; per dare
maggiore solennità al conferimento.
29 ὧν εἵνεκα: «a causa dei quali»; equivale ad ἕνεκα.
– ἡ ἔνδειξιϛ: «la denuncia (contro di me)». Proprio
da questa, come abbiamo constatato, Andocide è
partito nella sua difesa. – ἀποδέδεικται μοι: «è stato
da me dimostrato»; μοι è dativo di agente. – οὔτε
ὡμολόγηκα: «né ho fatto confessione». – περὶ τὼ
θεώ: «nei confronti delle due dee» di Eleusi, cioè
Demetra e Core. – ῞Οπερ: «E di questo»; nesso
relativo, accusativo di relazione. – περὶ πλείστου: περί
+ genitivo esprime il complemento di stima.
30 Καὶ γὰρ...: il periodo è fortemente anacolutico e
sottolinea così la concitazione dell’oratore. Il nominativo
iniziale rimane sospeso: «infatti, anche i discorsi
degli accusatori... di questi... a me cosa riguarda?». –
ἀνωρθίαζον: «urlarono a voce alta». – ὡϛ ... ἑτέρων
ἁμαρτόντων: «poiché altri in precedenza avevano
sbagliato»; ὡϛ + participio (qui genitivo assoluto). – οἷα:
«come».
31 ἀρασάμενοι τὰϛ μεγίσταϛ: «dopo esservi augurati le più
grandi maledizioni» (nel caso che non aveste mantenuto il
giuramento). – ἦ μὴν ψηφιεῖσθαι: «che avreste decretato
senz’altro»; ἦ μήν è formula dei giuramenti: «senz’altro».
– πρὸϛ δὲ τούτοιϛ: – «ed oltre a ciò».
32 τῶν μηδὲν ἠδικηκότων ἀσεβεῖν καταγνῶναι:
«condannare coloro che non hanno commesso alcun
delitto»; καταγιγνώσκω è di norma costruito con il
genitivo della persona e l’accusativo della pena; l’infinito
ha la funzione dell’accusativo. – πρὸϛ τοῖν θεοῖν
ἐπισκήπτω: «vi imploro in nome delle due dee»; è il
significato che assume spesso πρὸϛ + genitivo. – τῆϛ
ἑορτῆϛ ἕνεκεν: «per la festa». – οὐ παραιτοῦμαι: «non
ricuso (la pena)».
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ἢ ἄλλοϛ τιϛ περὶ ἐμοῦ, ἀποκτείνατέ με, οὐ παραιτοῦμαι· εἰ δὲ οὐδὲν ἡμάρτηταί μοι, καὶ
τοῦτο ὑμῖν ἀποδείκνυμι σαφῶϛ, δέομαι ὑμῶν αὐτὸ φανερὸν τοῖϛ ῞Ελλησι πᾶσι ποιῆσαι,
ὡϛ ἀδίκωϛ εἰϛ τόνδε τὸν ἀγῶνα κατέστην. Ἐὰν γὰρ μὴ μεταλάβῃ τὸ πέμπτον μέροϛ τῶν
ψήφων καὶ ἀτιμωθῇ ὁ ἐνδείξαϛ ἐμὲ Κηφίσιοϛ οὑτοσί, οὐκ ἔξεστιν αὐτῷ εἰϛ τὸ ἱερὸν τοῖν
θεοῖν εἰσιέναι, ἢ ἀποθανεῖται. Εἰ οὖν ὑμῖν δοκῶ ἱκανῶϛ περὶ τούτων ἀπολελογῆσθαι,
δηλώσατέ μοι, ἵνα προθυμότερον περὶ τῶν ἄλλων ἀπολογῶμαι.
La mutilazione delle Erme. Le denunce di Teucro e di Dioclide
Περὶ δὲ τῶν ἀναθημάτων τῆϛ περικοπῆϛ καὶ τῆϛ μηνύσεωρ, ὥσπερ καὶ ὑπεσχόμην ὑμῖν,
οὕτω καὶ ποιήσω· ἐξ ἀρχῆϛ γὰρ ὑμᾶϛ διδάξω ἅπαντα τὰ γεγενημένα. Ἐπειδὴ Τεῦκροϛ
ἦλθε Μεγαρόθεν, ἄδειαν εὑρόμενοϛ, μηνύει περί τε τῶν μυστηρίων ἃ ἤδει καὶ τῶν
περικοψάντων τὰ ἀναθήματα, καὶ ἀπογράφει δυοῖν δέονταϛ εἴκοσιν ἄνδραϛ. Ἐπειδὴ δὲ
οὗτοι ἀπεγράφησαν, οἱ μὲν αὐτῶν φεύγοντεϛ ᾤχοντο, οἱ δὲ συλληφθέντεϛ ἀπέθανον
κατὰ τὴν Τεύκρου μήνυσιν.
Ἐπειδὴ δὲ ταῦτα ἐγένετο, Πείσανδροϛ καὶ Χαρικλῆϛ, ὄντεϛ μὲν τῶν ζητητῶν, δοκοῦντεϛ
δ᾿ ἐν ἐκείνῳ τῷ χρόνῳ εὐνούστατοι εἶναι τῷ δήμῳ, ἔλεγον ὡϛ εἴη τὰ ἔργα τὰ γεγενημένα
οὐκ ὀλίγων ἀνδρῶν ἀλλ᾿ ἐπὶ τῇ τοῦ δήμου καταλύσει, καὶ χρῆναι ἔτι ζητεῖν καὶ μὴ
παύσασθαι. Καὶ ἡ πόλιϛ οὕτωϛ διέκειτο, ὥστ᾿, ἐπειδὴ τὴν βουλὴν εἰϛ τὸ βουλευτήριον
ὁ κῆρυξ ἀνείποι ἰέναι καὶ τὸ σημεῖον καθέλοι, τῷ αὐτῷ σημείῳ ἡ μὲν βουλὴ εἰϛ τὸ
βουλευτήριον ᾔει, οἱ δ᾿ ἐκ τῆϛ ἀγορᾶϛ ἔφευγον, δεδιότεϛ εἷϛ ἕκαστοϛ μὴ συλληφθείη.
Ἐπαρθεὶϛ οὖν τοῖϛ τῆϛ πόλεωϛ κακοῖϛ, εἰσαγγέλλει Διοκλείδηϛ εἰϛ τὴν βουλήν, ϕάσκων
εἰδὲναι τοὺϛ περικόψανταϛ τοὺϛ Ἑρμᾶϛ, καὶ εἶναι αὐτοὺϛ εἰϛ τριακοσίουϛ· ὡϛ δ᾿ ἴδοι καὶ
περιτύχοι τῷ πράγματι, ἔλεγε. Καὶ τούτοιϛ, ὦ ἄνδρεϛ, δέομαι ὑμῶν προσέχονταϛ τὸν νοῦν
33 ἡμάρτηταί μοι: «è stato compiuto da me»; dativo
di agente. – ὡϛ ... κατέστην: «che cioè sono stato
trascinato»; καθίστημι, aoristo III: significato perciò
intransitivo, lett. «mi posi». – μεταλάβῃ: «ottenga».
– καὶ ἀτιμωθῇ: «e perciò sia privato dei diritti del
cittadino». Così prescriveva la legge per combattere il
propagarsi di false accuse. – ὁ ἐνδείξαϛ ἐμὲ Κηφίσιοϛ
οὑτοσί: «questo Cefisio qui che mi ha accusato». Era
uno dei firmatari dell’atto di accusa contro Andocide
nel 399; un altro era Meleto. – οὐκ ἔξεστιν: «non gli
è lecito», «non gli sarà lecito». Era infatti uno dei
diritti perduti. – ἢ ἀποθανεῖται: «oppure morirà»,
cioè «sarà condannato a morte», per la violazione. –
δηλώσατέ μοι: «manifestatemelo» (con applausi, segni
di approvazione). – περὶ τῶν ἄλλων: «riguardo alle
altre imputazioni». Così Andocide termina la prima
parte della sua difesa, intenta a confutare le accuse di
profanazione dei misteri. Ora passa a parlare dell’altro
capo d’accusa, cioè di aver preso parte alla mutilazione
delle Erme.
34 ὑπεσχόμην ὑμῖν: «vi promisi». – Τεῦκροϛ: lo
abbiamo conosciuto nella seconda denuncia per i
misteri, ma, come abbiamo visto, egli aveva esteso
la sua denuncia anche ai mutilatori delle Erme. – καὶ
(περί) τῶν περικοψάντων: «sia intorno a coloro che
avevano mutilato». – δυοῖν δέονταϛ εἴκοσι: «venti
mancati di due», cioè «diciotto» (latino duodeviginti).
Tra questi vi erano Eufileto e Meleto, non Andocide.
– ἀπεγράφησαν: «furono registrati per la denuncia». –
κατὰ τὴν ... μήνυσιν: «in seguito alla denuncia».
36 Πείσανδροϛ καὶ Χαρικλῆϛ ... δοκοῦντεϛ: «Pisandro e
Caricle, che sembravano...». Pisandro ci è già noto (par.
27) come democratico radicale e tale era anche Caricle;
se non che entrambi cambiarono poi bandiera, poiché
favorirono il colpo di stato oligarchico nel 411 e Caricle
fu perfino uno dei trenta tiranni nel 404. Di qui l’evidente
ironia di Andocide. – τῶν ζητητῶν: «fra gli zeteti», cioè
tra i membri della commissione d’inchiesta. – ὡϛ εἴη:
«che erano (opera di)»; ottativo obliquo. – ἀλλ᾿ ἐπὶ
τῆ...: «ma (erano stati compiuti) in vista di ...». – οὕτωϛ
διέκειτο: «era in tale stato»; διάκειμαι e κεῖμαι + avverbio
equivalgono a ἔχω + avverbio. – ὥστε: i verbi della
consecutiva sono ᾔει («andava», «entrava») e ἔφευγον
(«fuggivano»). – ἀνείποι ... καὶ ... καθέλοι: «dava
l’ordine di ... e ... abbassava»; gli ottativi, nelle temporali,
indicano l’azione ripetuta. – τὸ σημεῖον: «il segnale», «la
bandiera». Sembra intendere che si abbassava la bandiera
per segnalare che l’ingresso al Palazzo del Consiglio
era terminato e che la seduta era iniziata. Ma il passo è
controverso. – μὴ συλληφθείη: «di essere arrestato». La
descrizione del panico generale è davvero efficace.
37 Ἐπαρθείϛ: «Incoraggiato»; participio aoristo passivo
di ἐπαίρω. Vi è subito una nota psicologica negativa
contro il nuovo denunciatore, Dioclide, già conosciuto
in Plutarco (Alcibiade 20,8). – εἰϛ τριακοσίουϛ: «circa
trecento». – περιτύχοι: «si fosse trovato di fronte
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ἀναμιμνῄσκεσθαι, ἐὰν ἀληθῆ λέγω, καὶ διδάσκειν ἀλλήλουϛ· ἐν ὑμῖν γὰρ ἦσαν οἱ λόγοι,
καί μοι ὑμεῖϛ τούτων μάρτυρέϛ ἐστε. Ἔφη γὰρ εἶναι μὲν ἀνδράποδόν οἱ ἐπὶ Λαυρείῳ.
Δεῖν δὲ κομίσασθαι ἀποφοράν. Ἀναστὰϛ δὲ πρῴ, ψευσθεὶϛ τῆϛ ὥραϛ, βαδίζειν· εἶναι δὲ
πανσέληνον. Ἐπεὶ δὲ παρὰ τὸ προπύλαιον τοῦ Διονύσου ἦν, ὁρᾶν ἀνθρώπουϛ πολλοὺϛ
ἀπὸ τοῦ Ὠιδείου καταβαίνονταϛ εἰϛ τὴν ὀρχήστραν· δείσαϛ δὲ αὐτούϛ, εἰσελθὼν ὑπὸ
τὴν σκιάν, καθέζεσθαι μεταξύ του κίονοϛ καὶ τῆϛ στήληϛ ἐφ᾿ ᾗ ὁ στρατηγόϛ ἐστιν ὁ
χαλκοῦϛ. Ὁρᾶν δὲ ἀνθρώπουϛ τὸν μὲν ἀριθμὸν μάλιστα τριακοσίουϛ, ἑστάναι δὲ κύκλῳ
ἀνὰ πέντε καὶ δέκα ἄνδραϛ, τοὺϛ δὲ ἀνὰ εἴκοσιν· ὁρῶν δὲ αὐτῶν πρὸϛ τὴν σελήνην τὰ
πρόσωπα τῶν πλείστων γιγνώσκειν.
Καὶ πρῶτον μέν, ὦ ἄνδρεϛ, τοῦθ᾿ ὑπέθετο – δεινότατον πρᾶγμα, οἶμαι –, ὅπωϛ ἐν ἐκείνῳ
εἴη, ὅντινα βούλοιτο Ἀθηναίων, φάναι τῶν ἀνδρῶν τούτων εἶναι, ὅντινα δὲ μὴ βούλοιτο,
λέγειν ὅτι οὐκ ἦν. Ἰδὼν δὲ ταῦτ᾿ ἔφη ἐπὶ Λαύρειον ἰέναι, καὶ τῇ ὑστεραίᾳ ἀκούειν ὅτι
οἱ Ἑρμαῖ εἶεν περικεκομμένοι· γνῶναι οὖν εὐθὺϛ ὅτι τούτων εἴη τῶν ἀνδρῶν τὸ ἔργον.
῞Ηκων δὲ εἰϛ ἄστυ, ζητητάϛ τε ἤδη ᾑρημένουϛ καταλαμβάνειν καὶ μήνυτρα κεκηρυγμένα
ἑκατὸν μνᾶϛ. Ἰδὼν δὲ Εὔφημον τὸν Καλλίου τοῦ Τηλοκλέουϛ ἀδελφὸν ἐν τῷ χαλκείῳ
καθήμενον, ἀναγαγὼν αὐτὸν εἰϛ τὸ Ἡφαιστεῖον, λέγειν ἅπερ ὑμῖν ἐγὼ εἴρηκα, ὡϛ ἴδοι
ἡμᾶϛ ἐν ἐκείνῃ τῇ νυκτὶ· οὔκουν δέοιτο παρὰ τῆϛ πόλεωϛ χρήματα λαβεῖν μᾶλλον ἢ
παρ᾿ ἡμῶν, ὥσθ᾿ ἡμᾶϛ ἔχειν φίλουϛ. Εἰπεῖν οὖν τὸν Εὔφημον ὅτι καλῶϛ ποιήσειεν
εἰπὼν, καὶ νῦν ἥκειν κελεῦσαί οἱ εἱϛ τὴν Λεωγόρου οἰκίαν, «ἵνα ἐκεῖ συγγένῃ μετ᾿ ἐμοῦ
a»; tale è il significato di τυγχάνω + dativo. – τούτοιϛ
... προσέχονταϛ τὸν νοῦν: «rivolgendo l’attenzione a
queste cose», costruzione molto comune. – ἐν ὑμῖν: «tra
di voi», «in vostra presenza», È però vero che dal 415
erano passati sedici anni!
38 οἱ = αὑτῷ. – ἐπὶ Λαυρείῳ: «al Laurion». Località
situata a una cinquantina di chilometri da Atene,
presso il capo Sunion, verso Oriente, famosa per le
miniere d’argento. Evidentemente lo schiavo di Euclide
lavorava nelle miniere e parte del salario spettava al
padrone; però egli si era alzato molto presto, secondo
il suo racconto, per compiere il cammino non breve.
– κομίσασθαι ἀποφοράν: «riscuotere i proventi». –
Ἀναστάϛ: «alzatosi»; aoristo III, perciò intransitivo.
– ψευσθεὶϛ τῆϛ ὥραϛ: «ingannatosi sull’ora»; regge il
genitivo, in quanto verbo che significa «ottenere, fallire,
ingannarsi su». La luce della luna, cioè sostiene Dioclide,
lo aveva ingannato sull’ora e si era perciò avviato a notte
fonda: per questo aveva sorpreso i mutilatori delle
Erme. Ma l’inganno sarà più tardi clamorosamente
scoperto: quella notte era di luna nuova! (Plutarco,
Alcibiade 20,8). – τοῦ Διονύσου ... ἀπὸ τοῦ Ὠιδείου
... εἰϛ τὴν ὀρχήστραν: il teatro di Dionisio era a lato
del’Acropoli; nel mezzo, sul piano, l’«orchestra»,
corrispondete alla platea di un nostro teatro, dove
durante le rappresentazioni si collocava il coro; l’Odeon
era stato costruito da Pericle, con ampie gradinate, per
le audizioni musicali, ma fu adibito a usi svariati. – του
κίονοϛ: «una colonna»; attenzione: του (senza accento) è
forma secondaria di τινόϛ. – ὁ στρατηγόϛ ... ὁ χαλκοῦϛ:
«lo stratega di bronzo». Veramente nel teatro di Dioniso
vi erano due statue di bronzo, una di Milziade e l’altra
di Temistocle. – τὸν ἀριθμόν: «di numero»; accusativo
di relazione. – μάλιστα: «circa»; ha questo significato
quando si accompagna a un numero. – ἀνὰ πέντε: «a
gruppi di cinque». – τὰ πρόσωπα: «i volti»; collocato a
metà tra le due frasi, diventa il complemento oggetto di
entrambe. – τῶν πλείστων: «della maggior parte».
39 τοῦθ᾿ ὑπέθετο: «mise questo fondamento», cioè «fece
questa premessa». – ἐν ἐκείνῳ εἴη: «fosse il suo potere»;
regge φάναι che a sua volta regge εἶναι: «affermare che
c’era tra...». Certo in tal modo Dioclide acquistava il
potere di ricattare chiunque. – εἶεν περικεκομμένοι:
«erano state mutilate»; ottativo (obliquo) del perfetto,
forma perifrastica. – γνῶναι: «e che capì»; continua il
racconto di Dioclide. – εἴη «era»; ottativo obliquo.
40 ῞Ηκων: «tornato». – ζητητάϛ: «zeteti», «commissari
per l’inchiesta». – ἑκατὸν μνᾶϛ: «cento mine». Siccome
la mina equivaleva a cento dracme, si tratta delle
diecimila dracme, che, come abbiamo visto, erano state
promesse come taglia secondo il decreto di Pisandro.
Εὔφημον: non conosciamo questo Eufemo, se non per
quanto dice qui. Possedeva un’officina ed era fratello di
Callia figlio di Telocle; Callia era cognato di Andocide.
La famiglia di quest’ultimo sta dunque per essere
coinvolta. – εἰϛ τὸ Ἡφαιστεῖον: «al tempio di Efesto». –
ὡϛ ἴδοι ἡμᾶϛ: «che cioè ci aveva visti»; ottativo obliquo.
Quell’ἡμᾶϛ, inatteso, ci dimostra quanto Andocide si
sentisse ormai coinvolto nell’accusa. – οὔκουν δέοιτο:
«che non aveva certo bisogno»; ottativo obliquo: sono
le parole di Dioclide, che avrebbe cercato di ricattare
i presunti colpevoli. – ὥσθ᾿ ἡμᾶϛ ἔχειν: «in modo tale
da averci». – εἰπεῖν οὖν τὸν Εὔφημον: «(e continuò a
raccontare) che dunque Eufemo rispose». – καλῶϛ
ποιήσειεν εἰπών: «che aveva fatto bene a parlare»;
ottativo obliquo. – καὶ νῦν ἥκειν κελεῦσαί οἱ: «e che
(Eufemo) lo esortò ad andare immediatamente con lui»;
οἱ = αὑτῷ. – Λεωγόρου: «di Leogora», che era il padre
di Andocide. Era dunque la casa di Andocide, il quale,
secondo Dioclide, era uno dei mutilatori delle statue.
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Ἀνδοκίδῃ καὶ ἑτέροιϛ οἷϛ δεῖ». ῞Ηκειν ἔφη τῇ ὑστεραίᾳ καὶ δὴ κόπτειν τὴν θύραν· τὸν
δὲ πατέρα τὸν ἐμὸν τυχεῖν ἐξιόντα, καὶ εἰπεῖν αὐτόν· «Ἆρά γε σὲ οἵδε περιμένουσι;
Χρὴ μέντοι μὴ ἀπωθεῖσθαι τοιούτουϛ φίλουϛ». Εἰπόντα δὲ αὐτὸν ταῦτα, οἴχεσθαι. Καὶ
τούτῳ μὲν τῷ τρόπῳ τὸν πατέρα μου ἀπώλλυε, συνειδότα ἀποφαίνων. Εἰπεῖν δὲ ἡμᾶϛ
ὅτι δεδογμένον ἡμῖν εἴη δύο μὲν τάλαντα ἀργυρίου διδόναι οἱ ἀντὶ τῶν ἑκατὸν μνῶν τῶν
ἐκ τοῦ δημοσίου, ἐὰν δὲ κατάσχωμεν ἡμεῖϛ ἃ βουλόμεθα, ἕνα αὐτὸν ἡμῶν εἶναι, πίστιν
δὲ τουτων δοῦναί τε καὶ δέξασθαι. Ἀποκρίνασθαι δὲ αὐτὸϛ πρὸϛ ταῦτα ὅτι βουλεύσοιτο·
ἡμᾶϛ δὲ κελεύειν αὐτὸν ἥκειν εἰϛ Καλλίου τοῦ Τηλοκλέουϛ, ἵνα κἀκεῖνοϛ παρείη. Τὸν δ᾿
αὖ κηδεστήν μου οὕτωϛ ἀπώλλυεν. ῞Ηκειν ἔφη εἰϛ Καλλίου, καί, καθομολογήσαϛ ἡμῖν,
πίστιν δοῦναι ἐν ἀκροπόλει, καὶ ἡμᾶϛ, συνθεμένουϛ οἱ τὸ ἀργύριον εἰϛ τὸν εἰσιόντα
μῆνα δώσειν, διαψεύδεσθαι καὶ οὐ διδόναι· ἥκειν οὖν μηνύσων τὰ γενόμενα.
Terrore in città dopo la denuncia di Dioclide
Ἡ μὲν εἰσαγγελία αὐτῷ, ὦ ἄνδρεϛ, τοιαύτη· ἀπογράφει δὲ τὰ ὀνόματα τῶν ἀνδρῶν ὧν
ἔφη γνῶναι, δύο καὶ τετταράκοντα, πρώτουϛ μὲν Μαντίθεον καὶ Ἀψεφίωνα, βουλευτὰϛ
ὄνταϛ καὶ καθημένουϛ ἔνδον, εἶτα δὲ καὶ τοὺϛ ἄλλουϛ. Ἀναστὰϛ δέ, Πείσανδροϛ
ἔφη χρῆναι λύειν τὸ ἐπὶ Σκαμανδρίου ψήφισμα καὶ ἀναβιβάζειν ἐπὶ τὸν τροχὸν τοὺϛ
ἀπογραφένταϛ, ὅπωϛ μὴ πρότερον νὺξ ἔσται, πρὶν πυθέσθαι τοὺϛ ἄνδραϛ ἅπανταϛ.
Ἀνέκραγεν ἡ βουλὴ ὡϛ εὖ λέγει. Ἀκούσαντεϛ δὲ ταῦτα, Μαντίθεοϛ καὶ Ἀψεφίων ἐπὶ τὴν
ἑστίαν ἐκαθέζοντο, ἱκετεύοντεϛ μὴ στρεβλωθῆναι ἀλλ᾿ ἐξεγγυηθέντεϛ κριθῆναι. Μόλιϛ
δὲ τούτων τυχόντεϛ, ἐπειδὴ τοὺϛ ἐγγυητὰϛ κατέστησαν, ἐπὶ τοὺϛ ἵππουϛ ἀναβάντεϛ,
ᾤχοντο εἰϛ τοὺϛ πολεμίουϛ αὐτομολήσαντεϛ, καταλιπόντεϛ τοὺϛ ἐγγυητάϛ, οὓϛ ἔδει ἐν
41 τυχεῖν ἐξιόντα: «stava uscendo»; τυγχάνω + participio
predicativo. – μὴ ἀπωθεῖσθαι: «non respingere». La
frase che Leogora avrebbe rivolto a Dioclide: «non
bisogna respingere amici del genere» era probabilmente
carica di sarcasmo e di disprezzo, ma per il delatore
divenne una specie di prova del coinvolgimento di
Leogora nel delitto. – ἀπώλλυε: «rovinò»: ὄλλυμι
segue la medesima regola di ἵστημι: è transitivo perché
è un imperfetto attivo. – Εἰπεῖν δὲ ἡμᾶϛ: «e che noi
gli dicemmo». – ὅτι δεδογμένον ἡμῖν εἴη: «che ci era
sembrato opportuno»; ottativo (obliquo) del perfetto di
δοκέω, forma perifrastica. – δύο τάλαντα ἀργυρίου: «due
talenti d’argento», che valevano dodicimila dracme, cioè
più della taglia dello Stato. – οἱ = αὑτῷ. – κατάσχωμεν:
«otteniamo». – ἕνα αὐτὸν ἡμῶν εἶναι: «egli sarebbe
stato uno di noi»; ci saremmo aspettati un infinito futuro
invece di εἶναι. La frase rappresenta un momento cruciale
dell’accusa di Dioclide: se infatti la interpretiamo in
senso politico, il clan di cui faceva parte Andocide gli
avrebbe proposto: «tu taci e non denunciarci; noi ti
paghiamo e in più, se riusciremo a ottenere ciò che ci
proponiamo – cioè l’abbattimento della democrazia e
l’instaurazione di un regime oligarchico –, tu sarai dei
nostri». Sarebbe la riprova che la mutilazione delle Erme
mirava a destabilizzare la democrazia.
42 ὅτι βουλεύσοιτο: «che ci avrebbe pensato». – εἰϛ
Καλλίου: «a casa di Callia». Era, abbiamo detto,
cognato di Andocide; così dal racconto di Dioclide
viene coinvolto anche lui. – καθομολογήσαϛ ἡμῖν:
«accordatosi con noi». – συνθεμένουϛ οἱ ... δώσειν:
«dopo aver promesso che gli avremmo consegnato»;
οἱ = αὑτῷ. – ἥκειν οὖν μηνύσων: «e che perciò venne
(in Consiglio) per denunciare»; participio futuro con
valore finale. Così termina il resoconto della denuncia
di Dioclide.
43 ὧν = οὕϛ: attrazione del relativo. – Μαντίθεον καὶ
Ἀψεφίωνα: dunque questi Mantiteo e Apsefione, di cui
si sa ben poco, erano membri del Consiglio e stavano in
quel momento seduti in aula! – Πείσανδροϛ: sempre il
solito demagogo, già a noi ben noto. – λύειν: «abrogare».
– τὸ ἐπὶ Σκαμανδρίου ψήφισμα: «il decreto emanato
al tempo di Scamandrio». Non abbiamo notizie di
questo decreto né della sua epoca, ma evidentemente
proibiva di sottoporre a tortura i cittadini ateniesi; era
tale la tensione in città, che si proponeva la tortura per
i cittadini come se fossero schiavi! – ὅπωϛ μὴ ... νὺξ
ἔσται: «perché non venisse notte».
44 ἐπὶ τὴν ἑστίαν: «sull’altare». Nell’aula del Consiglio
vi era un sacello con le statue di Zeus e di Atena; si tratta
probabilmente dell’altare di Zeus. – μὴ στρεβλωθῆναι:
«di non essere torturati». – ἐξεγγυηθέντεϛ: «dopo
aver fornito dei garanti». – τούτων τυχόντεϛ: «dopo
aver ottenuto ciò»; τυγχάνω + genitivo: «ottenere».
– κατέστησαν: «ebbero fornito»; transitivo, perché
è aoristo debole. – αὐτομολήσαντεϛ: «dopo aver
disertato». Si recarono probabilmente alla frontiera
della Beozia, che era nemica, o presso gli Spartani, che
in quel momento avevano un contingente sull’Istmo. –
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τοῖϛ αὐτοῖϛ ἐνέχεσθαι ἐν οἷσπερ οὓϛ ἠγγυήσαντο. Ἡ δὲ βουλή, ἐξελθοῦσα, ἐν ἀπορρήτῳ
συνέλαβεν ἡμᾶϛ καὶ ἔδησεν ἐν τοῖϛ ξύλοιϛ. Ἀνακαλέσαντεϛ δὲ τοὺϛ στρατηγούϛ,
ἀνειπεῖν ἐκέλευσαν Ἀθηναίων τοὺϛ μὲν ἐν ἄστει οἰκοῦνταϛ ἰέναι εἰϛ τὴν ἀγοράν, τὰ
ὅπλα λαβόνταϛ, τοὺϛ δ᾿ ἐν μακρῷ τείχει εἰϛ τὸ Θησεῖον, τοὺϛ δ᾿ ἐν Πειραιεῖ εἰϛ τὴν
Ἱπποδαμείαν ἀγοράν, τοὺϛ δὲ ἱππέαϛ ἔτι νυκτὸϛ σημῆναι τῇ σάλπιγγι ἥκειν εἰϛ τὸ
Ἀνάκειον, τὴν δὲ βουλὴν εἰϛ ἀκρόπολιν ἰέναι κἀκεῖ καθεύδειν, τοὺϛ δὲ πρυτάνειϛ ἐν τῇ
θόλῳ. Βοιωτοὶ δέ, πεπυσμένοι τὰ πράγματα, ἐπὶ τοῖϛ ὁρίοιϛ ἦσαν ἐξεσρατευμένοι, Τὸν
δὲ τῶν κακῶν τούτων αἴτιον Διοκλείδην, ὡϛ σωτῆρα ὄντα τῆϛ πόλεωϛ, ἐπὶ ζεύγουϛ ἦγον
εἰϛ τὸ πρυτανεῖον στεφανώσαντεϛ, καὶ ἐδείπνει ἐκεῖ.
Andocide in carcere
Ἐπειδὴ δὲ ἐδεδέμεθα παντεϛ ἐν τῷ αὐτῷ, καὶ νύξ τε ἦν καὶ τὸ δεσμωτήριον συνεκέκλῃτο,
ἧκον δὲ τῷ μὲν μήτηρ, τῷ δὲ ἀδελφή, τῷ δὲ νυνὴ καὶ παῖδεϛ, ἦν δὲ βοὴ καὶ οἶκτοϛ
κλαιόντων καὶ ὀδυρομένων τὰ παρόντα κακά, λέγει πρόϛ με Χαρμίδηϛ, ὢν μὲν ἀνεψιόϛ,
ἡλικιώτηϛ δὲ καὶ συνεκτραφεὶϛ ἐν τῇ οἰκίᾳ τῇ ἡμετέρᾳ ἐκ παιδόϛ, ὅτι «Ἀνδοκίδη, τῶν
μὲν παρόντων κακῶν ὁρᾷϛ τὸ μέγεθοϛ, ἐγὼ δ᾿ ἐν μὲν τῷ παρελθόντι χρόνῳ οὐδὲν
ἐδεόμην λέγειν οὐδέ σε λυπεῖν, νῦν δὲ ἀναγκάζομαι διὰ τὴν παρούσαν ἡμῖν συμφοράν.
Οἷϛ γὰρ ἐχρῶ καὶ οἷϛ συνῆσθα ἄνευ ἡμῶν τῶν συγγενῶν, οὗτοι ἐπὶ ταῖϛ αἰτίαιϛ, δι᾿
ἃϛ ἡμεῖϛ ἀπολλύμεθα, οἱ μὲν αὐτῶν τεθνᾶσιν, οἱ δὲ οἴχονται φεύγοντεϛ, σφῶν αὐτῶν
καταγνόντεϛ ἀδικεῖν. Εἰ ἤκουσάϛ τι τούτου τοῦ πράγματοϛ τοῦ γενομένου, εἰπέ, καὶ
πρῶτον μὲν σεαυτὸν σῶσον, εἶτα δὲ τὸν πατέρα, ὃν εἰκόϛ ἐστί σε μάλιστα φιλεῖν, εἶτα
δὲ τὸν κηδεστήν, ὃϛ ἔχει σου τὴν ἀδελφήν, ἥπερ σοι μόνη ἐστίν, ἔπειτα δὲ τοὺϛ ἄλλουϛ
συγγενεῖϛ καὶ ἀναγκαίουϛ, τοσούτουϛ ὄνταϛ, ἔτι δὲ ἐμέ, ὃϛ ἐν ἅπαντι τῷ βίῳ ἠνίασα μέν
σε οὐδὲν πώποτε, προθυμότατοϛ δὲ εἰϛ σὲ καὶ τὰ σὰ πράγματά εἰμι, ὅ τι ἂν δέῃ ποιεῖν».
Λέγοντοϛ δέ, ὦ ἄνδρεϛ, Χαρμίδου ταῦτα, ἀντιβολούντων δὲ τῶν ἄλλων καὶ ἱκετεύοντοϛ
ἑνὸϛ ἑκάστου, ἐνεθυμήθην πρὸϛ ἐμαυτόν· «Ὢ πάντων ἐγὼ δεινοτάτῃ συμφορᾷ
ἐν τοῖϛ αὐτοῖϛ ἐνέχεσθαι: «soggiacessero alle medesime
pene». – οὓϛ ἠγγυήσαντο: «coloro che essi avevano
garantito»; nota l’omissione del pronome dimostrativo
al nominativo.
45 ἐν τοῖϛ ξύλοιϛ: «ai ceppi». – ἀνειπεῖν: «di
proclamare che»; è retto da ἐκέλευσαν. Segue, come
si vede, una mobilitazione generale. – τοὺϛ ἐν μακρῷ
τείχει: «quelli che abitavano tra le lunghe mura», che
congiungevano Atene ai suoi porti. – εἰϛ τὸ Θησεῖον:
«al Teseion», tempio di Teseo, ov’era la sua tomba. – εἰϛ
τὴν Ἱπποδαμείαν ἀγοράν: «nella piazza Ippodamia»,
la piazza del Pireo, ove aveva lavorato l’architetto
Ippodamo. – σημῆναι τῇ σάλπιγγι: «e di dare il
segnale con la tromba»; anche questo infinito è retto
da ἐκέλευσαν. – ἔτι νυκτόϛ: «mentre era ancora notte»;
genitivo di tempo. Va con ἥκειν. – εἰϛ τὸ Ἀνάκειον:
l’Anakeion era un tempio di Castore e Polluce, a nord
dell’Acropoli. – καθεύδειν: «passare la notte». – ἐν
τῇ θόλῳ: «nella Rotonda», dove solitamente i pritani
mangiavano. I pritani erano i presidenti del Consiglio
dei Cinquecento, che presiedevano a turno. – ὡϛ ...
ὄντα: «come se fosse»; ὡϛ + participio. – ἐπὶ ζεύγουϛ:
«su un carro». – εἰϛ τὸ πρυτανεῖον: «al Pritaneo»,
palazzo dei pritani. – ἐδείπνει: «banchettava». Come
premio per i suoi presunti meriti!
48 ἐν τῷ αὐτῷ: «nel medesimo luogo». – Χαρμίδηϛ:
primo cugino di Andocide, di famiglia elevata,
oligarchico. Tucidide, come abbiamo visto, non fa il
nome di questo amico, mentre Plutarco (Alcibiade 21,
4-6) parla di Timeo.
49 ὅτι: come spesso in greco, ha la funzione dei due punti
del discorso diretto. – οὐδὲν ἐδεόμην λέγειν: «non ebbi
mai necessità di dire nulla». – Οἷϛ γὰρ ἐχρῶ καὶ οἷϛ ...,
οὗτοι: «Infatti coloro con i quali avevi dei rapporti e ai
quali ...»; prolessi del relativo; χράομαι + dativo: «faccio
uso di», «ho rapporti con». – ἄνευ ἤμῶν τῶν συγγενῶν:
«a parte noi, tuoi parenti», o anche «senza di noi,
tuoi parenti», per sottolineare l’estraneità dei parenti
rispetto ai «veri colpevoli», come Eufileto e Meleto, gli
«amici» del gruppo degli oligarchici. – σφῶν αὐτῶν
καταγνόντεϛ: «essendo così accusati»; καταγιγνώσκω
regge il genitivo della persona e l’accusativo della cosa
(qui l’infinito).
50 ὂν εἰκόϛ ἐστί σε ...: «che è naturale che tu ...». – τὸν
κηδεστήν: «tuo cognato», cioè Callia, che abbiamo
conosciuto (par. 40-42). – ὅ τι ἂν δέῃ ποιεῖν: «qualunque
cosa sia necessario fare».
51 Λέγοντοϛ ... ἀντιβολούντων ... ἱκετεύοντοϛ:
«mentre Carmide diceva ... mentre ... mentre ...»;
sono tre genitivi assoluti di significato temporale.
– ἑνὸϛ ἑκάστου: «ciascuno singolarmente»; latino
uniuscuiusque. – ἐνεθυμήθην: «io riflettevo». –
Ὢ... ἐγὼ ... περιπεσών: «Oh, io che son caduto»,
cioè «Oh, me infelice, che son caduto»; πότερα,
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περιπεσών, πότερα περιίδω τοὺϛ ἐμαυτοῦ συγγενεῖϛ ἀπολλυμένουϛ ἀδίκωϛ, καὶ αὐτούϛ
τε ἀποθανόνταϛ καὶ τὰ χρήματα αὐτῶν δημευθέντα, πρὸϛ δὲ τούτοιϛ ἀναγραφένταϛ ἐν
στήλαιϛ, ὡϛ ὄνταϛ ἀλιτηρίουϛ τῶν θεῶν, τοὺϛ οὐδενόϛ αἰτίουϛ τῶν γεγενημένων, ἔτι δὲ
τριακοσίουϛ Ἀθηναίων μέλλονταϛ ἀδίκωϛ ἀπολέσθαι, τὴν δὲ πόλιν ἐν κακοῖϛ οὖσαν τοῖϛ
μεγίστοιϛ καὶ ὑποψίαν εἰϛ ἀλλήλουϛ ἔχονταϛ, ἢ εἴπω Ἀθηναίοιϛ ἅπερ ἤκουσα Εὐφιλήτου
αὐτοῦ τοῦ ποιήσαντοϛ;».
La verità di Andocide
Διὰ ταῦτα εἶπον τῇ βουλῇ ὅτι εἰδείην τοὺϛ ποιήσανταϛ, καὶ ἐξέδειξα τὰ γενόμενα, ὅτι
εἰσηγήσατο μὲν πινόντων ἡμῶν ταύτην τὴν βουλὴν Εὐφίλητοϛ, ἀντεῖπον δὲ ἐγώ, καὶ
τότε μὲν οὐ γένοιτο δι᾿ ἐμέ. ῞Υστερον δ᾿ ἐγὼ μὲν ἐν Κυνοσάργει ἐπὶ πωλίον, ὅ μοι ἦν,
ἀναβάϛ, ἔπεσον καὶ τὴν κλεῖ͂ν συνετρίβην καὶ τὴν κεφαλὴν κατεάγην, φερόμενόϛ τε ἐπὶ
κλίνηϛ, ἀπεκομίσθην οἴκαδε. Αἰσθόμενοϛ δ᾿ Εὐφίλητοϛ ὡϛ ἔχοιμι, λέγει πρὸϛ αὐτοὺϛ
ὅτι πέπεισμαι ταῦτα συμποιεῖν καὶ ὡμολόγηκα αὐτῷ μεθέξειν τοῦ ἔργου καὶ περικόψειν
τὸν Ἑρμῆν τὸν παρὰ τὸ Φορβαντεῖον. Ταῦτα δ᾿ ἔλεγεν, ἐξαπατῶν ἐκείνουϛ· καὶ διὰ
ταῦτα ὁ Ἑρμῆϛ ὃν ὁρᾶτε πάντεϛ, ὁ παρὰ τὴν πατρῴαν οἰκίαν τὴν ἡμετέραν, ὃν ἡ Αἰγηὶϛ
ἀνέθηκεν, οὐ περιεκόπη μόνοϛ τῶν Ἑρμῶν τῶν Ἀθήνησιν, ὡϛ ἐμοῦ τοῦτο ποιήσοντοϛ,
ὡϛ ἔφη πρὸϛ αὐτοὺϛ Εὐφίλητοϛ. Οἱ δ᾿, αἰσθόμενοι, δεινὰ ἐποίουν, ὅτι εἰδείην μὲν
τὸ πρᾶγμα, πεποιηκὼϛ δὲ οὐκ εἴην. Προσελθόντεϛ δέ μοι τῇ ὑστεραίᾳ Μέλητοϛ καὶ
Εὐφίλητοϛ ἔλεγον ὅτι «Γεγένηται, ὦ Ἀνδοκίδη, καὶ πέπρακται ἡμῖν ταῦτα. Σὺ μέντοι εἰ
μὲν ἀξιοῖϛ ἡσυχίαν ἔχειν καὶ σιωπᾶν, ἕξειϛ ἡμᾶϛ ἐπιτηδείουϛ ὥσπερ καὶ πρότερον· εἰ δὲ
μή, χαλεπώτεροί σοι ἡμεῖϛ ἐχθροὶ ἐσόμεθα ἢ ἄλλοι τινὲϛ δι᾿ ἡμᾶϛ φίλοι».
o più comunemente πότερον, ... ἤ introducono
l’interrogativa doppia (latino utrum .. an); i due verbi
sono congiuntivi dubitativi. – ἀπολλυμένουϛ: «che
... cadono in rovina»; ὄλλυμι, presente medio, perciò
intransitivo; come i participi predicativi che seguono
(ἀποθανόνταϛ, δημευθέντα, ἀναγραφένταϛ, μέλλονταϛ,
οὖσαν, ἔχονταϛ), dipende da περιίδω come verbo di
percezione: si traducono perciò come se fossero tante
oggettive. – ἀναγραφένταϛ ἐν στήλαιϛ: «che siano incisi
sulle stele». – ὡϛ ὄνταϛ ἀλιτηρίουϛ: «come se fossero
profanatori». Come appunto si faceva con i sacrileghi.
– μέλλονταϛ ἀπολέσθαι: «stiano per morire»; μέλλω +
infinito = perifrastica attiva latina; ὄλλυμι intransitivo
poichè è un aoristo forte. – ἔχονταϛ: «e che (i cittadini)
abbiano»; improvvisa variatio rispetto a τὴν πόλιν. –
Εὐφιλήτου αὐτοῦ: «da Eufileto in persona».
61 ὅτι εἰδείην: «che conoscevo»; da οἶδα, ottativo
obliquo. – ὅτι εἰσηγήσατο: «cioè che ci aveva proposto»;
nota la correlazione μέν ... δέ. – πινόντων ἡμῶν: mentre
noi bevevamo»; genitivo assoluto di valore temporale.
Dunque, più che altro una bravata, che fu concepita
nell’ebrezza del vino da giovani scioperati; così si veniva
ad attenuare la matrice politica del gesto, e forse proprio
questo voleva Andocide, mentre accusava Eufileto. –
ἀντεῖπον δὲ ἐγώ: «ma io mi ero opposto». – γένοιτο:
ottativo obliquo; traduci con l’indicativo. – δι᾿ ἐμέ: «per
merito mio». – ἐν Κυνοσάργει: «al Cinosarge», ginnasio
alla periferia di Atene, sacro ad Eracle. – τὴν κλεῖν ...
τὴν κεφαλήν: sono accusativi di relazione; i due verbi
sono infatti aoristi passivi, il secondo da κατάγνυμι. – ἐπὶ
κλίνηϛ: «su di una barella».
62 ὡϛ ἔχοιμι: «come stavo»; ἔχω + avverbio; è una
interrogativa indiretta. – πρὸϛ αὐτούϛ: cioè agli amici
della bevuta. – μεθέξειν τοῦ ἔργου: «che avrei preso
parte all’impresa»; μετέχω + genitivo, in quanto significa
«prendo parte a». – τὸν παρὰ τὸ Φορβαντεῖον: «quella
collocata a lato del tempio di Forbante». Forbante era,
sembra un figlio di Posidone. Era la località dov’era
situata la casa di Andocide. – ὂν ἡ Αἰγηὶϛ ἀνέθηκεν:
«che la tribù Egeide consacrò». – μόνοϛ: quella sola
o poche, come affermano le fonti. – τῶν Ἀθήνησιν:
«collocate ad Atene»; è forma di stato luogo, con
suffisso locativo. – ὡϛ ἐμοῦ τοῦτο ποιήσοντοϛ: «poiché
quell’impresa avrei dovuto farla io»; ὡϛ + participio (qui
genitivo assoluto). Faceva parte dell’inganno di Eufileto,
secondo Andocide.
63 δεινὰ ἐποίουν: lett. «facevano cose terribili», come
noi diciamo «facevano i diavoli a quattro», cioè «si
infuriarono». – ὅτι εἰδείην ... πεποιηκὼϛ δὲ οὐκ εἴην:
«poiché ero a conoscenza ..., ma non ne avevo preso
parte». Il che appariva loro molto pericoloso. – ὅτι:
anche qui vale per i due punti. – ἡμῖν: «da noi»; dativo
di agente. – δι᾿ ἡμᾶϛ: «per causa nostra», cioè «per il
fatto di averci traditi». Grave minaccia di Eufileto.
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Εἶπον αὐτοῖϛ ὅτι νομίζοιμι μὲν διὰ τὸ πρᾶγμα Εὐφίλητον πονηρὸν εἶναι, ἐκείνοιϛ δὲ οὐκ
ἐμὲ δεινὸν εἶναι, ὅτι οἶδα, ἀλλὰ μᾶλλον αὐτὸ τὸ ἔργον πολλῷ, ὅτι πεποίηται.
Ὡϛ οὖν ἦν ταῦτ᾿ ἀληθῆ, τόν τε παῖδα τὸν ἐμὸν παρέδωκα βασανίσαι, ὅτι ἔκαμνον καὶ
οὐδ᾿ ἀνιστάμην ἐκ τῆϛ κλίνηϛ, καὶ τὰϛ θεραπαίναϛ ἔλαβον οἱ πρυτάνειϛ, ὅθεν ὁρμώμενοι
ταῦτ᾿ ἐποίουν ἐκεῖνοι.
La conclusione dell’inchiesta del 415 sulla mutilazione delle Erme
Ἐξελέγχοντεϛ δὲ τὸ πρᾶγμα ἥ τε βουλὴ καὶ οἱ ζητηταί, ἐπειδὴ ἦν ᾗ ἐγὼ ἔλεγον καὶ
ὡμολογεῖτο πανταχόθεν, τότε δὴ καλοῦσι τὸν Διοκλείδην· καὶ οὐ πολλῶν λόγων
ἐδέησεν, ἀλλ᾿ εὐθὺϛ ὡμολόγει ψεύδεσθαι καὶ ἐδεῖτο σῴζεσθαι, φράσαϛ τοὺϛ πείσανταϛ
αὐτὸν λέγειν ταῦτα· εἶναι δὲ Ἀλκιβιάδην τὸν Φηγούσιον καὶ Ἀμίαντον τὸν ἐξ Αἰγίνηϛ.
Καὶ οὗτοι μὲν δείσαντεϛ ᾤχοντο φεύγοντεϛ· ὑμεῖϛ δέ, ἀκούσαντεϛ ταῦτα, Διοκλείδην μὲν
τῷ δικαστηρίῳ παραδόντεϛ ἀπεκτείνατε, τοὺϛ δὲ δεδεμένουϛ καὶ μέλλονταϛ ἀπολεῖσθαι
ἐλύσατε, τοὺϛ ἐμοὺϛ συγγενεῖϛ, δι᾿ ἐμέ, καὶ τοὺϛ φεύγονταϛ κατεδέξασθε, αὐτοὶ δὲ
λαβόντεϛ τὰ ὅπλα ἀπῇτε, πολλῶν κακῶν καὶ κινδύνων ἀπαλλαγέντεϛ. Ἐν οἷϛ ἐγώ, ὦ
ἄνδρεϛ, τῆϛ μὲν τύχηϛ, ᾗ ἐχρησάμην, δικαίωϛ ἂν ὑπὸ πάντων ἐλεηθείην, τῶν δὲ γενομένων
ἕνεκεν εἰκότωϛ ἂν ἀνὴρ ἄριστοϛ δοκοίην εἶναι, ὅστιϛ εἰσηγησαμένῳ μὲν Εὐφιλήτῳ
πίστιν τῶν ἐν ἀνθρώποιϛ ἀπιστοτάτην ἠναντιώθην καὶ ἀντεῖπον καὶ ἐλοιδόρησα ἐκεῖνον
ὧν ἦν ἄξιοϛ, ἁμαρτόντων δ᾿ ἐκείνων, τὴν ἁμαρτίαν αὐτοῖϛ συνέκρυψα, καί, μηνύσαντοϛ
κατ᾿ αὐτῶν Τεύκρου, οἱ μὲν αὐτῶν ἀπέθανον, οἱ δὲ ἔφυγον, πρὶν ἡμᾶϛ ὑπὸ Διοκλείδου
δεθῆναι καὶ μέλλειν ἀπολεῖσθαι. Τότε δὲ ἀπέγραψα τέτταραϛ ἄνδραϛ, Παναίτιον,
64 ὅτι νομίζοιμι: «che ritenevo»; ottativo obliquo.
– δεινὸν ... ὅτι:“pericoloso ... perché». – μᾶλλον ...
πολλῷ: «molto di più». – αὐτὸ τὸ ἔργον ... ὅτι: «il fatto
in sé ...poiché»; in latino factum ipsum. – Ὡϛ: «Per
dimostrare che». – τὸν παῖδα: «lo schiavo».– βασανίσαι:
«da torturare». – ὅτι: «per dimostrare che». – ὄθεν
ὁρμώμενοι: «(di quelle case), partendo dalle quali».
Si procedeva dunque sottoponendo a torture e a duri
trattamenti schiavi e schiave, dato che i padroni, uomini
liberi e cittadini ateniesi, non potevano essere torturati.
L’intero periodo, si sarà notato, è molto disarticolato e
probabilmente risente della concitazione del momento.
65 Ἐξελέγχοντεϛ: «Valutando». – ᾗ: «come». – οὐ ...
ἐδέησεν: «e non ci fu bisogno». – ἐδεῖτο σῴζεσθαι:
«scongiurava di salvarlo». – Ἀλκιβιάδην τὸν Φηγούσιον
καὶ Ἀμίαντον: «Alcibiade di Fegonte e Amianto».
Fegonte era un villaggio presso Maratona. Il primo
era cugino del più famoso Alcibiade e gli sarebbe
stato compagno più tardi durante l’esilio; il secondo
è ignoto. Se quest’ultima rivelazione di Dioclide
corrisponde a verità, la denuncia falsa di lui era stata
ispirata dall’ambiente del leader democratico Alcibiade
e cercava di colpire come ideatori e realizzatori della
mutilazione delle Erme parecchi oligarchici, tra cui
Andocide e diversi membri della sua famiglia e del
suo parentato. Tuttavia, se Andocide sembra risultare
relativamente estraneo ai fatti imputati, e così i suoi, la
colpa sembra ricadere sui suoi stessi «amici», i giovani
del clan oligarchico di Eufileto e Meleto.
66 ἀπεκτείνατε: «condannaste a morte». – δι᾿ ἐμέ:
«per merito mio». – τοὺϛ φεύγονταϛ κατεδέξασθε:
«riaccoglieste in patria gli esuli». – λαβόντεϛ τὰ
ὅπλα: «raccolte le armi». – ἀπῇτε: «ve ne tornaste a
casa»; imperfetto di ἄπειμι: Perché lo stato di assedio,
che era stato proclamato, era cessato.
67 Ἐν οἷϛ: «In questi fatti»; nesso relativo. – μέν ... δέ:
«da una parte ... dall’altra». – ᾗ ἐχρησάμην: «con cui
ebbi a che fare»: χράομαι + dativo. – ἂν ... ἐλεηθείην:
«potrei ottenere pietà»; regge il genitivo qui, invece di
un più normale ἐπί + dativo. – τῶν γενομένων ἕνεκεν: «a
causa di ciò che è accaduto»; genitivo + ἕνεκεν o ἕνεκα. –
ὅστιϛ: «io che». – εἰσηγησαμένῳ Εὐφιλήτῳ πίστιν: «ad
Eufileto che mi aveva proposto un patto». Era un patto
di complicità, come abbiamo visto. – ἠναντιώθην: «mi
opposi». – ὧν: «di quelle ingiurie di cui»; elisione del
dimostrativo. – ἁμαρτόντων δ᾿ ἐκείνων: «mentre, dopo
che quelli (cioè Eufileto e i suoi amici) ebbero commesso
il misfatto»; genitivo assoluto. – ἀπέθανον: «furono
condannati a morte». – πρὶν ἡμᾶϛ ὑπὸ Διοκλείδου
δεθῆναι: – «prima che noi fossimo incarcerati in seguito
alla denuncia di Dioclide»; πρίν regge qui l’infinito (δέω,
aoristo passivo) e quindi il soggetto è in accusativo. –
Τότε δὲ ἀπέγραψα: «solo allora feci il suo nome di...».
I nomi che seguono ci sono ignoti, salvo quello di
Lisitrato, di cui forse parla – male – più volte Aristofane
nelle sue commedie. Andocide teme ancora le reazioni
del clan che nel 415 aveva accusato e cerca di sminuire
la portata delle sue stesse rivelazioni.
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Διάκριτον, Λυσίστρατον, Χαιρέδημον· οὗτοι μὲν ἔφυγον δι᾿ ἐμέ, ὁμολογῶ· ἐσώθη δέ γε
ὁ πατήρ, ὁ κηδεστήϛ, ἀνεψιοὶ τρεῖϛ, τῶν ἄλλων συγγενῶν ἑπτά, μέλλοντεϛ ἀποθανεῖσθαι
ἀδίκωϛ, οἳ νῦν ὁρῶσι τοῦ ἡλίου τὸ φῶϛ δι᾿ ἐμέ, καὶ αὐτοὶ ὁμολογοῦσιν· ὁ δὲ τὴν πόλιν
ὅλην συνταράξαϛ καὶ εἰϛ τοὺϛ ἐσχάτουϛ κινδύνουϛ καταστήσαϛ ἐξηλέγχθη· ὑμεῖϛ δὲ
ἀπηλλάγητε μεγάλων φόβων καὶ τῶν εἰϛ ἀλλήλουϛ ὑποψιῶν.
Καὶ ταῦτ᾿ εἰ ἀληθῆ λέγω, ὦ ἄνδρεϛ, ἀναμιμνῄσκεσθε, καὶ οἱ ἰδόντεϛ διδάσκετε τοὺϛ
ἄλλουϛ. Σὺ δέ μοι αὐτοὺϛ κάλει τοὺϛ λυθένταϛ δι᾿ ἐμέ· ἄριστα γὰρ ἂν εἰδότεϛ τὰ γενόμενα
λέγοιεν εἰϛ τούτουϛ. Οὑτωσὶ δὲ ἔχει, ὦ ἄνδρεϛ· μέχρι τούτου ἀναβήσονται καὶ λέξουσιν
ὑμῖν, ἕωϛ ἂν ἀκροᾶσθαι βούλησθε.
68 καὶ αὐτοὶ ὁμολογοῦσιν: «ed essi stessi lo ammettono».
– ὁ δὲ ... συνταράξαϛ: «colui poi che aveva sconvolto».
È Dioclide. – ἐξηλέγχθη: «fu smascherato».
69 οἱ ἰδόντεϛ: «e voi che avete visto». – Σὺ δέ μοι ...
κάλει: «Tu chiamami». Si rivolge al cancelliere del
tribunale. – εἰδότεϛ: «dato che conoscono»; participio
o congiunto di valore causale. – Οὑτωσὶ ἔχει: «Così
stanno le cose»; ἔχω + avverbio. – μέχρι τούτου: «fino
ad allora»; viene poi ripreso dall’ἕωϛ. – ἀναβήσονται:
«saliranno sul palco». – ἕωϛ ἄν: «finché eventualmente».
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