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Vol. 3 – Anno 2012 – Numero 3 Fratello, amico o nemico? <strong>Fogli</strong> <strong>Campostrini</strong><br />
6. Peul e Balinesi: la paura del palcoscenico<br />
La cultura peul ci offre, sotto questo prof<strong>il</strong>o, una cartina di tornasole, che ci<br />
consente di verificare questa notevole disparità tra la grande e rischiosa recita in pubblico<br />
e i contesti di intimità che invece si realizzano «quando si è soli o in privato con una<br />
persona con cui si abbia un rapporto di confidenza e r<strong>il</strong>assatezza (la madre, la sorella e <strong>il</strong><br />
fratello uterini, <strong>il</strong> fratello della madre, la moglie)» (Mariano 2002: 41; Riesman 1975:<br />
168). La cartina di tornasole ci è data dalla semteende, la quale è «l’unica emozione,<br />
ovvero l’unica debolezza, che non è bandita dalla pulaaku e che ne è anzi una delle<br />
qualità principali» (Mariano 2002: 44).<br />
Come si è visto, <strong>il</strong> Peul in pubblico è un uomo corazzato, che tiene sotto rigido<br />
controllo bisogni, passioni, emozioni; la semteende, l’unica emozione ammessa dalla<br />
pulaaku, è – nella definizione di Riesman (1975: 185-186) – la «paura di venir meno alla<br />
pulaaku». Beninteso, non sono i più deboli tra i Peul quelli che provano la semteende;<br />
tutti i Peul, recitando la pulaaku, tradiscono questa paura; anzi, la stessa pulaaku prevede<br />
che si provi semteende. Il Peul, anche quando recita, non è tutto d’un pezzo, e l’ideale<br />
peul non è una pulaaku senza semteende, un autocontrollo privo della paura che si incrini,<br />
un autocontrollo tanto spinto da diventare automatico.<br />
Anche qui, noi vediamo bene che <strong>il</strong> recitare si accompagna alla consapevolezza del<br />
recitare e questa consapevolezza di essere sulla scena contiene inesorab<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> timore<br />
di sbagliare, di tradire se stesso e le proprie emozioni. La semteende – come precisa<br />
Mariano (2002: 44) – è «una specie di ansia leggera, una tensione costante che aumenta<br />
la concentrazione» dell’attore e della sua capacità di autocontrollo. E quando si inciampa<br />
in un comportamento non controllato, la semteende si traduce in «un senso di vergogna<br />
sociale, che annienta l’individuo e lo blocca nell’imbarazzo».<br />
Ci sia consentito, a questo punto, fare un breve paragone con <strong>il</strong> concetto di lek,<br />
presente nella cultura balinese. A proposito di Bali, Clifford Geertz parla di<br />
cerimonializzazione delle relazioni sociali, che consiste in un «tentativo di nascondere alla<br />
vista gli aspetti più carnali della condizione umana – l’individualità, la spontaneità, la<br />
mortalità, l’emotività, la vulnerab<strong>il</strong>ità»: società e cultura coincidono dunque con un<br />
esplicito «recitare» (come gli stessi Balinesi dicono), <strong>il</strong> quale dà luogo a un complesso ed<br />
elaborato «spettacolo teatrale» (Geertz 1987: 383-384).<br />
Rivista online della <strong>Fondazione</strong> <strong>Centro</strong> Studi <strong>Campostrini</strong> ‐ Verona – Italy<br />
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