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Jozef Cíger-Hronský | Mária Ďuríčková | Klára Jarunková | Jaroslava ...

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18 |<br />

– Solo che nel nostro ci sono dei corridoi lunghissimi. Portano<br />

fino al Danubio.<br />

Per questo sono così umidi!<br />

Nella sgranò le pupille:<br />

– Conducimi là!<br />

E lui che pensava di spaventarla!<br />

In cantina ci andava soltanto il papà. Andava a prendere il<br />

carbone per nonnicchia e tornava sporco come uno spazzacamino.<br />

– Porterò una candela – insistette Nella. – Insieme a te non avrò<br />

paura!<br />

– Nei sotterranei c’è corrente d’aria, la candela si spegnerebbe,<br />

– le disse in tono di rimprovero.<br />

– Allora porterò una normale torcia. Se vuoi posso anche<br />

intrecciare una scaletta di corda. Lunghissima, fino al Danubio! Va<br />

bene?<br />

Luca assentì. E se insieme a Nella avessero potuto scoprire il<br />

mistero del castello incantato? E se avessero sciolto l’incantesimo<br />

del castello? Non avrebbe più dovuto vergognarsi della sua casa.<br />

Dopotutto, qualsiasi incantesimo dei castelli incantati può essere<br />

sciolto…<br />

Risalirono in fretta per le scale, fino a restare senza fiato. Di<br />

colpo fu come se fossero rimbalzati in un altro paesaggio! Ed era<br />

così: da un paesaggio incantato a un paesaggio ferroviario.<br />

La stanza di Luca era spaziosa, come tutte le stanze delle vecchie<br />

case. E per l’intera stanza si estendeva un paesaggio ferroviario.<br />

Si era allargato a tal punto che a stento aveva lasciato il posto<br />

per il tavolo e il letto. Luca e il papà avevano trasferito l’armadio<br />

nell’atrio.<br />

Nella toccava con tenerezza gli animaletti e i piccoli abitanti del<br />

paesaggio ferroviario. I tunnel, i cavalcavia, le rotaie e i trenini non<br />

le interessavano molto. Le piacevano il boschetto, il prato con le<br />

pecore, la campagna e la cittadella cinta di torri. Quanto si sarebbe<br />

divertita la sua bambola più piccola!<br />

Di colpo fissò seria la lampada, scrutò il soffitto e disse che non<br />

nevicava da tanto tempo.<br />

Dietro le finestre splendeva un’estate smagliante. Di quelle che<br />

fanno spuntare le piante dalla terra e le foglie anche dai rami più<br />

Dušan Dušek<br />

LA PORTA PER IL BUCO<br />

DELLA SERRATURA<br />

Non ci riuscimmo. Puko non ottenne nulla, Kikuš<br />

non ottenne nulla, e io lo stesso. Poi arrivarono<br />

le vacanze. E appena arrivarono Puko e Kikuš<br />

partirono, entrambi avevano ancora le nonne,<br />

solo io non partii, perché una nonna era già morta e dall’altra<br />

non potevano andare in vacanza anche se avessimo voluto, e<br />

volevamo, ma ancora di più la nonna voleva passare le vacanze da<br />

noi. Perché si prendesse cura di noi. Perché raccontasse le notizie<br />

alla mamma e al papà.<br />

Altre volte le dava Fedor, il secondo bambino in famiglia e<br />

RIVISTA DI LETTERATURA SLOVACCA<br />

Alta Vášová/Dušan Dušek<br />

secchi, che tirano fuori gli scarafaggi dai buchi e la gente dalle case.<br />

E soprattutto stava per strappar via le vacanze dal calendario.<br />

Ciononostante, Luca corse in cucina.<br />

Fecero la neve con grande impegno, senza risparmi! Usarono<br />

fino all’ultimo granello di zucchero in polvere. Si compiacquero<br />

uno dell’altro. Si compiacquero a lungo del loro bellissimo<br />

paesaggio.<br />

– La prossima volta che mi salta l’ora di flauto, torno da te, –<br />

promise Nella.<br />

– Ti aspetterò davanti al palazzo della musica e ti farò vedere<br />

il pappagallo Giaco! Conosce le melodie di tutte le finestre.<br />

Scommetto che sa pure quella che suoni tu con il flauto.<br />

Nella tirò fuori il flauto dalla custodia e cominciò a suonare<br />

pian pianino. Un raggio di sole penetrò dalla finestra e la neve<br />

nel paesaggio ferroviario scintillò. I treni in quel momento si<br />

fermarono. Si avvicinava la sera.<br />

Quando Nella fu andata via, Luca corse su per la scaletta a<br />

chiocciola e salì da nonnicchia. Lui la mamma la chiamava mamma,<br />

il papà lo chiamava papà, ma la nonna la chiamava nonnicchia.<br />

All’inizio questo nome era piaciuto alla mamma, poi al papà e<br />

alla fine la chiamava così tutto il palazzo. Ormai era nonnicchia<br />

per tutti, per la zia Marta, per il signor Fabbrica, per Giaco, per la<br />

sarta Elena, e addirittura per i due sposini, Daniele e Daniela, che<br />

di recente avevano fatto una grande festa di nozze e sembravano<br />

una coppia di gemelli.<br />

Solo il piccolo Mario e il dottor Natale non la chiamavano così.<br />

Il piccolo Mario perché ancora non sapeva parlare. Il dottor Natale<br />

invece perché non chiamava nessuno con il nome di battesimo.<br />

D’altra parte nessuno conosceva il suo. Sul suo biglietto da<br />

visita dorato brillava una misteriosa I. Luca chiedeva a tutti se<br />

significasse Ignazio, oppure Ivano. Ma aveva paura di chiederlo al<br />

dottor Natale.<br />

Luca non aveva detto niente a Nella della stanzetta di nonnicchia<br />

sotto il tetto. Pensasse pure che si trattava soltanto di un comune<br />

lavatoio. Non doveva per forza conoscere subito tutte le meraviglie<br />

del castello incantato.<br />

Traduzione di Alessandra Mura<br />

(estratto)<br />

mio fratello minore. Si lamentava di me, per quel che poteva, ma<br />

durante le vacanze le notizie le dava la nonna, così Fedor parlava<br />

solo a vanvera e inventava delle cose sagge: ogni momento<br />

inventava qualcosa e ci azzeccava. Noi niente, ed eravamo tre.<br />

Fedor aveva finito la seconda classe e andava per la quarta: la<br />

terza classe l’avrebbe saltata, e attaccava briga con me dicendo<br />

che il contenuto della terza lo conosceva a memoria già da molto<br />

tempo.<br />

“Allora dimmi qualcosa della terza”, diceva, “ci sei andato,<br />

no? Allora, parla!”<br />

Marzo 2010<br />

LitRevue_SlovLitRev201001.indd B18 3/8/10 8:06 PM

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