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Jozef Cíger-Hronský | Mária Ďuríčková | Klára Jarunková | Jaroslava ...

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22 |<br />

proiettò davanti agli occhi l’immagine del bambino che mi<br />

aveva mostrato la vicina.<br />

“Come sei finita qui?”<br />

La piccola principessa si fermò un attimo a riflettere e si<br />

fece più seria.<br />

“Non lo so nemmeno io” disse dopo un po’. “Ai bambini<br />

piccoli come me non glielo dicono come fanno a venire al mondo”.<br />

“In modo del tutto naturale,” dissi io; anche se non capivo<br />

ciò che stesse accadendo.<br />

Era successo che avevo incontrato la Piccola Principessa.<br />

Quello che accadde quando mi ripresi dallo shock ve lo devo<br />

raccontare molto rapidamente, dato che anche la Piccola<br />

Principessa andava di fretta. Di solito gli esseri umani non<br />

sanno quanto tempo hanno a disposizione per conoscere il<br />

mondo in cui sono nati. E tantomeno sanno di quanto tempo<br />

Jana Juráňová<br />

Caro Dio,<br />

i ragazzi sono migliori delle ragazze? So che sei un ragazzo, ma<br />

prova a essere corretto.<br />

Sylvia e Babeta<br />

Prima parte del libro per ragazze<br />

Inizio del racconto<br />

Un giorno è nata una bambina. I genitori contenti le misero il<br />

nome della madre: Zuzanka. Il papà sarebbe stato più contento<br />

con un maschio. Ma nella vita non può essere tutto perfetto<br />

e così si accontentò anche di una figlia. Zuzanka cresceva, i<br />

genitori erano contenti di lei. Le compravano le tutine rosa, i<br />

giochini, i nastri di diversi colori, successivamente i vestitini<br />

rosa e le bambole e quando ha iniziato a camminare le<br />

scarpette di vernice. In breve, fecero quello che era nelle loro<br />

forze.<br />

Per fortuna per Zuzanka, la madre dopo un po’ di tempo<br />

avrebbe dovuto partorire un bebè. Zuzanka aveva quattro<br />

anni. I genitori decisero che lo avrebbero chiamato come<br />

il papà: <strong>Jozef</strong>. Non vedevano l’ora. Il papà soprattutto non<br />

vedeva l’ora di poter comprare anche una piccola pistola,<br />

un trenino, una macchinina. Volevano e si prepararono così<br />

tanto ad un maschietto che alla fine nacque loro una bambina.<br />

Zuzanka aveva dunque una sorellina e tutti rimasero così<br />

sorpresi da non saperla come chiamare. La mamma all’inizio<br />

voleva chiamarla <strong>Jozef</strong>inka, come il padre. Ma il papà protestò<br />

violentemente. Forse che non avrebbe mai più avuto un figlio<br />

da poter chiamare con il suo stesso nome? Alla mamma non<br />

piaceva per nulla l’idea di dover mettere al mondo per la<br />

terza volta un bambino. Quando dalla maternità chiesero per<br />

telefono al padre che nome avrebbero messo alla loro seconda<br />

figlia la risposta fu: “Chiamatela come volete!” Inutilmente la<br />

madre gli spiegò che la seconda figlia gli assomigliava molto.<br />

RIVISTA DI LETTERATURA SLOVACCA<br />

Ján Uličiansky/Jana Juráňová<br />

hanno bisogno per conoscere se stessi. Quando nasciamo<br />

non sappiamo assolutamente nulla di questo mondo che ci<br />

ha accolto. Mi chinai sulla piattaforma dell’ascensore perché<br />

non mi andava di guardare la bambina dall’alto verso il basso.<br />

“Ascolta,” iniziai a bassa voce. “Che spiegazione posso dare? Il<br />

nostro ascensore si rompe spesso e più di una volta mi ero promesso<br />

che avrei fatto sempre le scale; qualcosa di simile però non mi era<br />

mai accaduto. Prima l’immagine dell’ecografia, dopo quella strana<br />

lettera nella cassetta della posta, e ora... TU!”<br />

“Per quanto tempo resterai qui rinchiuso?” mi chiese la<br />

piccola.<br />

Riflettei:<br />

“Forse fino a stasera. Ora sono tutti al lavoro. Ci vorrà dunque<br />

del tempo prima che qualcuno chiami un tecnico...”<br />

Traduzione di Enzo Passerini<br />

BABETKA VIENE AL MONDO<br />

(estratto)<br />

Il padre sapeva comunque che la parte più importante del<br />

corpo non gli assomigliava affatto, e non si ammorbidì.<br />

Portando in braccio la sua seconda figlia, che ancora non<br />

aveva nome, la madre incontrò sul corridoio un’ostetrica,<br />

una brava donna, che disse: “Che bel bambino!”;“E’ una<br />

bambina” disse la madre triste.<br />

“Una bambina?” chiese gentilmente la donna. E aggiunse:<br />

“le ragazze hanno vita dura. E quando non le accolgono con<br />

gioia... è tutto un pianto. Solo non so come nascerebbero gli<br />

aitanti giovanotti senza noi ragazze.”<br />

Forse era una fata buona, forse una fata madrina, che si<br />

erano dimenticati di invitare al battesimo, e così si era diretta al<br />

più vicino reparto maternità per donare la sua buona profezia a<br />

qualcuno che ne aveva molto bisogno: “Questa vostra bambina<br />

vi porterà molta gioia.” La madre voleva ringraziare la fata, ma<br />

quella come era apparsa si disperse. In quel momento la madre<br />

seppe che al suo bambino, dunque alla sua bambina, avrebbe<br />

dato il nome di Babetka, Babeta, Babetuocka, Bábocka. E subito<br />

l’accarezzò. Babetka aprì la sua morbida boccuccia senza denti<br />

in un sorriso felice. Che il padre se ne andasse pure alla partita<br />

della Coppa Campioni, neanche questo lo avrebbe aiutato.<br />

Babetka era al mondo. Chiedeva amore e lo avrebbe ricevuto.<br />

Cosa pensate, di quale bambina dissero le fate che è bella,<br />

forte come un faggio, come un burattino? Cosa avreste detto<br />

del bebè nel caso che la fata non sapesse se è una bambina o<br />

un bambino?<br />

Continuazione del racconto<br />

Il padre veramente non era un tale orso come potrebbe<br />

sembrare da quello che abbiamo visto all’inizio. A Babetka si<br />

affezionò. Lentamente si abituò anche all’idea di essere padre<br />

di due figlie e di non avere a chi e perché comprare pistole<br />

Marzo 2010<br />

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