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Capitolo IV. Uno dei centosessanta - Dott. Faustino Nazzi

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così sintomatiche? Qui mi pare si disveli una deprimente intesa con il potere militare che<br />

significa una cosa sola: l'abisso che ormai divide basso ed alto clero; questi ultimi se ne sono<br />

andati per la tangente a braccetto con i politici.<br />

Nell'elenco <strong>dei</strong> sacerdoti appaiono degli errori sia nella trascrizione <strong>dei</strong> cognomi che nelle<br />

destinazioni. Il più sintomatico è quello che colloca don Zaban a Rodda al posto di don Elio<br />

Tracogna, che non viene neppure nominato. Lo si è fatto con l'intento di distogliere<br />

l'attenzione dallo Zaban, ottimo ed indispensabile collaboratore del servizio informazioni<br />

militare, dal momento che non si poteva glissare sulla tensione esistente tra i frazionisti di<br />

Pegliano ed il parroco di Antro. Il questionario del Sim era preciso e l'informazione<br />

obbligatoria.<br />

I Peglianesi, per venir a capo delle proprie buone ragioni, avevano capovolto il cliché<br />

invalso nelle Valli: prete slavofilo, popolazione riottosa. Si appoggiavano infatti al vicario di<br />

Lasiz, don A. Cuffolo, al quale ricorrevano per le ufficiature <strong>dei</strong> defunti e per le intenzioni di<br />

messe. Erano giunti ad accusare il parroco presso la Concistoriale di falsità e di persecuzione<br />

nei confronti del confratello di Lasiz, obbligando la curia udinese a fastidiose messe a punto.<br />

Superarono la misura quando chiesero un servizio religioso in lingua slava.<br />

Il «povero» parroco, che questa volta aveva trovato pane per i suoi denti (e questo è un<br />

segno evidente di come un popolo non sia vittima di nessuno qualora lo voglia), tentava in<br />

ogni modo di venire a capo senza troppi danni per sé e per i suoi datori di lavoro. Elaborò un<br />

progetto degno della sua megalomania: allontanare il Cuffolo, slavofilo, aggregare ad Antro la<br />

vicaria di Lasiz ed ottenere un cappellano per i Peglianesi (Acau, Antro, 1950 passim). Ma per<br />

tanto progetto bisognava «stornare» forze dell'organizzazione per un affare privato ed era<br />

troppo anche per una dittatura.<br />

L'elenco effettivo <strong>dei</strong> preti non corrisponde alle promesse introduttive. Chi lo ha riportato<br />

in «bella copia» deve averlo fatto sotto la supervisione del col. Giuseppe Cosmacini,<br />

incaricato della sezione informazioni, dunque un laico sia pure su dati che hanno un<br />

abbondante sapore di sagrestia.<br />

Il documento riporta ancora un'informazione di routine sul Pci e tutte le sue mosse,<br />

dimostrando la presenza di un infiltrato, certamente iscritto a quel partito e forse parte della<br />

stessa direzione. Scoprirne l'identità è compito <strong>dei</strong> suoi compagni, se non altro per guardarsi<br />

da un eventuale suo erede.<br />

Con quale legittimità democratica i servizi segreti dello Stato italiano pretendevano di<br />

pedinare, con i soldi <strong>dei</strong> contribuenti, compresi quelli <strong>dei</strong> comunisti, un partito politico ed i<br />

suoi aderenti, parte integrante della Repubblica italiana? Se erano <strong>dei</strong> delinquenti espliciti o<br />

potenziali li dovevano perseguire alla luce del sole, con le strutture democratiche, rispettando<br />

i diritti <strong>dei</strong> cittadini e non intossicando tutto il sistema democratico. Chi si è comportato così<br />

non è meglio del suo ipotetico avversario.<br />

La sintetica biografia dello Zuliani è la tipica scheda, già in atto fin dal 1947, se non prima,<br />

che andrà ad infoltire i fascicoli personali di Forte Braschi al tempo del gen. De Lorenzo,<br />

parecchi <strong>dei</strong> quali poi giunsero in varie mani «fraterne», comprese quelle di Licio Gelli (DE<br />

LUTIIS 1984, p. 47). Pino Arlacchi, commemorando il Capo della Polizia, Vincenzo Parisi, cita<br />

come sua principale benemerenza «l'abolizione del casellario politico centrale e delle pratiche<br />

ad esso collegate, avvenuta a partire dal 1968, per impulso di una (sua) lettera ufficiale inviata<br />

al Capo della Polizia del tempo. Nato nel 1896, ma cresciuto a dismisura sotto Mussolini, il<br />

regime di spionaggio facente capo al casellario centrale era articolato in 4 diversi livelli di<br />

sorveglianza: 'continua', 'attenta', 'normale', 'discreta'. Esso si rivolgeva, nel 1961, a 13.716<br />

soggetti (il 91% di sinistra, 4,5% anarchici, 4,5% di destra)». Il casellario si ridusse a 280<br />

nomi nel 1978, e cessò del tutto nel 1987 (Repubblica del 3-1-1995). Fatti successivi dimostrano<br />

che la schedatura continua.<br />

3. Trieste città emblematica.

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