Capitolo IV. Uno dei centosessanta - Dott. Faustino Nazzi
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modo particolare e non possono essere trascurate, dimenticate perché costituiscono, per la loro<br />
posizione geografica e per altre ragioni ben note, un punto nevralgico d'Italia.<br />
Anche per il clero - di conseguenza - la situazione economica non è allettante. Non esistono, infatti,<br />
benefici ecclesiastici. Tutti i sacerdoti, per il loro sostentamento, raccolgono, quasi elemosinando, alcuni<br />
generi in natura (secondo i vari luoghi: grano, fagioli, patate, uva, castagne, latte, formaggio, burro,<br />
uova, legna) che la popolazione, quando può, dà più per tradizione che per obbligo legalmente<br />
riconosciuto, togliendoli, forse, all'alimento <strong>dei</strong> propri bambini. Solo le parrocchie di Drenchia, S.<br />
Leonardo e S. Pietro al Natisone hanno un supplemento di congrua dal fondo del Culto, che dopo gli<br />
aumenti del 1949 può arrivare al massimo a £. 60.000 annue. Insomma, oggi, i sacerdoti devono fare del<br />
funambolismo per tirare avanti la carretta con un certo decoro nel portamento e per tenersi aggiornati<br />
culturalmente, perché vestiti e libri costano.<br />
Ora, ragionando a fil di logica e con spirito di comprensione e di obiettività, il comportamento del<br />
clero delle Convalli del Natisone e del Torre, rientra nell'ordine naturale delle cose umane, e pertanto -<br />
in coscienza - nessuna colpa può essere addebitata a detto clero se esso si dimostra oggi - come si è<br />
sempre dimostrato - fermo e intransigente nei suoi punti di vista nazionalistici. Tale suo atteggiamento<br />
trova logica giustificazione, specialmente nei seguenti fatti:<br />
Primo: i sacerdoti delle Convalli del Natisone e del Torre sono - lo abbiamo detto - in prevalenza di<br />
origine slovena. Nessuno, pertanto, li può obbligare a rinunziare alla loro nazionalità ed ai diritti a<br />
questa connessi. Nessuno li può costringere, legalmente e umanamente, a non usare, anche nei loro<br />
rapporti con la popolazione, la lingua materna. Nessuno può impedire loro di desiderare l'unione delle<br />
Valli in parola alla Jugoslavia, che dal punto di vista etnico e nazionale rappresenta per loro la vera<br />
patria.<br />
Secondo: nello svolgimento della loro attività religiosa ed educativa, nel superamento delle non<br />
indifferenti difficoltà di vita, nell'esame e nella soluzione <strong>dei</strong> vari problemi inerenti al loro ministero - se<br />
si eccettua l'autorità ecclesiastica - sono stati, in sostanza, abbandonati a se stessi, anzi spesso sono stati,<br />
con scarso tatto politico, derisi ed offesi nei loro sentimenti nazionali, calunniati, perseguitati e, talvolta,<br />
perfino condannati, forse con eccessiva leggerezza e senza esaurienti prove di fatto. (Internamento, nel<br />
1915, <strong>dei</strong> sacerdoti don Giuseppe Saligoi di Mersino, don Pietro Cernotta di Liessa. Internamento e<br />
carcerazione, nel 1919, di don Luigi di Erbezzo e di don Giobatta Cruder di Rodda ecc.).<br />
È umano, quindi, che nell'animo di questi sacerdoti sia sorto un senso di larvata avversione verso le<br />
autorità italiane, accompagnato dal desiderio di unirsi al popolo al quale si sentono, per razza e<br />
mentalità, più affini, e dal quale sperano di essere, un giorno, più considerati, più compresi e rispettati.<br />
La colpa di questa situazione, invece - secondo il nostro punto di vista - va addebitata ad un'errata<br />
politica di confine; va addebitata alle autorità competenti che, purtroppo, - come abbiamo detto -<br />
all'oscuro di problemi e di esigenze e quindi incapaci di valutare, con cognizione di causa, situazioni ed<br />
ambienti, si sono alienate la stima e la fiducia del clero in questione, rendendolo quasi ostile all'Italia e<br />
alle sue istituzioni.<br />
Non così agiva - tutti lo sanno - la defunta monarchia asburgica, vero mosaico di razze e di lingue.<br />
Maestra nell'opera di snazionalizzazione ed assimilazione <strong>dei</strong> popoli, essa era riuscita, con intelligente e<br />
fattiva politica di confine, a cattivarsi la simpatia e la benevolenza, non solo del clero italiano (mons.<br />
Faidutti arcivescovo di Gorizia ecc.), ma anche di una buona parte della popolazione italiana di<br />
frontiera, inclusa entro i confini del vasto impero. E ancora oggi, nei centri italiani del basso Isonzo -<br />
specie tra il clero - si rimpiangono i tempi dell'Austria. Ciò è molto significativo!<br />
Attualmente il clero delle Convalli del Natisone e del Torre occupa al completo le sedi in organico<br />
con cura d'anime e conta complessivamente n. 33 sacerdoti.<br />
Dal punto di vista etnico-linguistico, detto clero, può essere diviso in due gruppi.<br />
A- Gruppo indigeno, meno uno, profugo dalla diocesi di Lubiana. Totale sacerdoti n. 23 che, essendo<br />
di origine slovena, conoscono e possono usare, anzi usano, la parlata del popolo. Essi sono:<br />
1- Don Valentino Birtig, da Rodda, in servizio a Drenchia Cras.<br />
2- Don Mario Laurencig, nativo di Spignon (Pulfero), in servizio a S. Volfango.<br />
3- Don Mario Cernetig, nativo di Montefosca (Pulfero), in servizio a Topolò.<br />
4- Don Giovanni Zupancič, profugo da Lubiana, in servizio a Erbezzo.<br />
5- Don Giuseppe Ciacig (vere Chiacig ndr.), nativo di Morso di Sotto, in servizio a Tercimonte.<br />
6- Don Pasquale Guion, nativo di Biacis (Pulfero), in servizio a Montemaggiore.<br />
7- Don Fortunato Blasutig, da Vernassino, in servizio a Stregna.<br />
8- Don Alessandro Tomasetig, nativo di Cosizza, in servizio a Tribil di Sopra.<br />
9- Don Francesco Cicigoi, nativo di Drenchia, in servizio a Oblizza.<br />
10- Don Arturo Blasutto, nato a Monteaperta (Nimis), in servizio a Grimacco-Clodig.<br />
11- Don Angelo Cracina, nativo di Campeglio, in servizio a S. Leonardo.<br />
12- Don Giuseppe Iaculin, nativo di S. Leonardo, in servizio a Cravero.<br />
13- Don Pietro Qualizza, nativo di Cosizza, in servizio a Vernasso (S. Pietro al Natisone).