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Capitolo IV. Uno dei centosessanta - Dott. Faustino Nazzi

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Siamo alla stretta finale; c'è molto allarmismo su pericoli di invasioni slave, ma<br />

provenienti da fonti italiane, vaticane ed americane. Gli accordi fra alleati avevano assegnato<br />

questa zona agli inglesi, ma ora, in previsione della guerra fredda, interessava assolutamente<br />

agli americani. Se questa è la strategia, ponti d'oro ai fanatici gappisti di Giacca<br />

abbondantemente infiltrati da ex-osovani e suasivamente convinti da un non challenge<br />

cospirativo col nemico (KERSEVAN 1995, p. 341 n. 17).<br />

Chi ha acceso la miccia di quella che poi si chiamerà strategia della tensione sono stati i<br />

nostri osovani "deviati", sotto l'alto patrocinio dell'Oss. Diranno poi a nostro conforto:<br />

"Abbiamo salvato per tutti la libertà, per noi e per loro. Nessuno ci avrebbe salvato per 50<br />

anni dalla schiavitù di un sistema politico e militare di oppressione, di sfruttamento, di<br />

miseria, di umiliazioni" (Messaggero Veneto 1-5-2004). Questa è la "fede" che li ha sorretti nelle<br />

tribolazioni che arrecavano al prossimo a fin di bene.<br />

Siamo di fronte dunque ad un progetto di vasto raggio e di lunga durata, continuamente<br />

aggiornato e puntualizzato, di amplissima intesa, comprendente le forze in campo di tutti i<br />

fronti possibili contro i titini comunisti, il vero obiettivo di tanto spiegamento. La stretta finale<br />

urgeva presso tutte le sedi e l'allerta metteva in fibrillazione tutte le strategie nell'ambito del<br />

famoso indirizzo dell'Oss. Coinvolte in modo drammatico le vittime predisposte sia le<br />

sacrificali osovane di Porzûs che quelle <strong>dei</strong> gappisti carnefici, compreso il Pc udinese, da cui<br />

partì un ambiguo messaggio epistolare, «va e fai bene» (KERSEVAN 1995, p. 252) al gruppo di<br />

Giacca per degli obiettivi plurimi: un fanatico di quella fatta (un brigatista rosso) era disposto<br />

a tutto, anche a far fuori sua madre, bastava tenerlo in caldo. Sappiamo bene che da lassù<br />

erano appena scesi a valle Paolo (Berzanti), Giorgio Zardi (Glauco) e don Candido (don<br />

Redento Bello): fortunata coincidenza della quale i protagonisti hanno sempre ringraziato la<br />

divina Provvidenza.<br />

L'aggressione non è avvenuta per mano <strong>dei</strong> partigiani slavi, i veri antagonisti del gruppo<br />

osovano di Bolla che si trovava in zona di occupazione da loro rivendicata e dunque in<br />

rapporto di guerra: non si capisce quali difficoltà psicologiche dovessero affrontare per tanto<br />

compito; solo pochi giorni prima (16-1-'45) avevano prelevato dai dintorni tre osovani:<br />

Mache, Vandalo e Rinato, sospettati di spionaggio, i cui corpi vennero poi ritrovati sepolti a<br />

Ruchin (MASCIALINO 1978, p. 112). Aldo Bricco (Centina), l'unico che è riuscito a fuggire dalle<br />

malghe sebbene ferito, fu curato dai partigiani del IX Corpus a Robedischis (KERSEVAN 1995,<br />

p. 39).<br />

Visto l'uso che si è fatto di questa tragedia, specie nel dopoguerra, bisogna riconoscere che<br />

se l'episodio non fosse accaduto, sarebbe stato necessario provocarlo. Da quanto abbiamo fin<br />

qui cercato di capire da una succinta analisi <strong>dei</strong> documenti è che le cose successe dopo erano<br />

tutte accadute prima. Il Moretti riconosce:<br />

«Oggi lo storico che vede le cose da lontano, difficilmente giustifica il modo di agire dell'Osoppo di<br />

fronte alla Garibaldi. Anche se non c'era comando unificato fra le due formazioni, tuttavia gesti così<br />

gravi come quelli di dialogare col nemico non era prudente compierli senza una mutua intesa. E se<br />

quella non era raggiungibile, pur di non destare sospetti, prudenza avrebbe dovuto suggerire di non<br />

farne nulla. E in questa condanna includo me stesso che ci fui dentro, mentre pur so e testifico che nulla<br />

in nessun modo avremmo accettato che suonasse tradimento ai nostri compagni di lotta. Visti oggi,<br />

questi incontri non s'avevan da fare!» (MORETTI 1975, p. 128).<br />

Ma il Moretti, con questa confidenza, più che confessare il peccato, si ammanta di ulteriore<br />

saggezza: non si trattava solo di zelo sprovveduto; come prete avrebbe dovuto confessare che<br />

quelle «cose», che superavano «il limite oltre il quale cessa il lecito», non doveva farle, né<br />

lasciarle fare ed in ogni caso denunciarle. Noi siamo in grado di completare la sua<br />

confessione.<br />

L'eccidio di Porzûs lo hanno auspicato, voluto e determinato i responsabili del progetto<br />

«fronte unito "cattolico"» contro la marea slavo-comunista. Giorno dopo giorno, di fronte alle<br />

titubanze degli alleati, Bolla stesso inconsciamente si è disposto quale vittima per la bisogna:<br />

«expedit vobis ut unus moriatur homo pro populo, et non tota gens pereat» (Gv.11,50). Tutte le

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