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parte seconda - Ministero dell'Interno - Libertà civili e immigrazione

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Gli immigrati qualificati africani<br />

l’Inghilterra (vedi, ad es., Mezzanotte, 2006; The Sun, 2010)..Un calcolo effettuato dalla<br />

Reale Società degli Infermieri inglese dice infatti che il costo di formazione di un operatore<br />

sanitario in Africa è appena poco più della metà di quanto costa lo stesso percorso<br />

formativo per un cittadino britannico. L’Occidente ha perciò aperto una via preferenziale a<br />

queste persone che ricevono un trattamento ben diverso da quello solitamente riservato<br />

agli altri immigrati. Alcuni grandi ospedali inviano addirittura propri rappresentanti in<br />

Africa per reclutare medici e infermieri, con promesse di stipendi mensili che equivalgono<br />

spesso al salario annuale locale. Un altro fattore che risulta determinante per la scelta di<br />

emigrare è spesso anche la speranza di un lavoro stabile, dato che i programmi di aggiustamento<br />

strutturale e le politiche finanziarie del Fondo Monetario Internazionale hanno<br />

imposto drastici tagli alle spese sanitarie dei Paesi poveri, che hanno avuto pesanti ripercussioni<br />

sull’occupazione (Bach, 2006).<br />

E non è solo una questione di denaro. Mezzanotte (2006) spiega il fenomeno attraverso<br />

le parole di un giovane medico nigeriano, il quale afferma che solo pochi dei suoi compagni<br />

di università sono rimasti in Nigeria, mentre la gran <strong>parte</strong> è partita per gli Stati Uniti<br />

o il Regno Unito. Egli spiega questa situazione con il fatto che in Nigeria la situazione è<br />

divenuta tragica e mancano al medico le infrastrutture di base per fare il proprio lavoro,<br />

per specializzarsi, per la ricerca e migliorare le proprie conoscenze. A questa frustrazione<br />

se ne aggiunge un’altra: quella di vedere continuamente la gente morire perché mancano<br />

le medicine e i sussidi sanitari più elementari e l’impotenza davanti al dolore diviene per<br />

molti medici così pesante che, alla fine, decidono di andar via.<br />

Per chi rimane, il carico di lavoro diventa perciò insostenibile: si alimenta così un circolo<br />

vizioso che, insieme ai buchi di organico lasciati dall’AIDS, danneggia interi sistemi<br />

sanitari nazionali. In Malawi la disponibilità di personale è ormai dimezzata. In Zambia,<br />

dall’indipendenza ad oggi, sono stati formati 600 medici ma solo 50 lavorano nel loro<br />

Paese. In Ghana si calcolano persi ad oggi più di 400 medici e quasi 2mila infermieri. L’80%<br />

dei medici del Benin lavora in Francia. Questo prelievo è tanto più grave perché si inserisce<br />

in una situazione già fortemente carente, dato che l’Africa ha una cronica mancanza di<br />

personale sanitario (Mezzanotte, 2006).<br />

Davanti a questa emorragia, i Paesi africani hanno cominciato a reagire. Nel 2004, a<br />

Ginevra, ad una riunione dell’Organizzazione mondiale della sanità, hanno sollevato il problema,<br />

chiedendo ai Paesi ricchi di interrompere, almeno per qualche anno, le assunzioni<br />

di personale sanitario proveniente dai Paesi che ne hanno maggiore carenza. L’Inghilterra,<br />

il più grande Paese di destinazione per i medici africani, ha di conseguenza adottato un<br />

codice di condotta per gli ospedali pubblici, secondo il quale non è più possibile reclutare<br />

attivamente il personale proveniente dai Paesi poveri inclusi in una specifica lista.<br />

Tuttavia, se la richiesta è spontanea, non viene rifiutata. Inoltre il codice non vale per le<br />

strutture private, che diventano la porta di servizio da cui far passare poi il personale nel<br />

settore pubblico.<br />

Non è neppure detto che l’emigrazione risolva almeno la situazione personale del<br />

migrante: infatti, secondo Bach (2006), l’iscrizione all’ordine professionale del personale<br />

medico immigrato nei Paesi anglosassoni indica più l’intenzione di lavorare che il reale<br />

stato di occupazione e alcuni tra loro, pur se iscritti nel relativo ordine professionale, lavorano<br />

poi come badante o baby-sitter.<br />

A FRICA – ITALIA. SCENARI MIGRATORI

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