Scarica il PDF - Grande Oriente d'Italia
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A PROPOSITO DI UNITÀ E PATRIA<br />
L’Italia ha cent’anni<br />
non 150<br />
di Giuseppe Parlato*<br />
16 luglio 2010<br />
In un momento storico e politico<br />
molto particolare, nel quale<br />
le celebrazioni del 150° dell’unità<br />
italiana rischiano di diventare,<br />
da diverse parti, un acritico<br />
atto d’accusa contro l’unità e l’identità<br />
italiana, <strong>il</strong> denso saggio<br />
storico del gesuita e docente<br />
universitario Giovanni Sale, responsab<strong>il</strong>e<br />
della sezione storica<br />
nel “Collegio degli scrittori” della<br />
“Civ<strong>il</strong>tà Cattolica”, offre alla<br />
discussione un contributo significativo<br />
e originale.<br />
Sale mette in evidenza le conseguenze che nella Chiesa ebbe la<br />
proclamazione dell’Unità, <strong>il</strong> 17 marzo 1861, quando Roma era ancora<br />
capitale dello Stato della Chiesa. Decurtato delle tre regioni<br />
che oltre al Lazio lo componevano (Marche, Umbria e la parte<br />
pontificia dell’Em<strong>il</strong>ia Romagna), lo Stato di Pio IX protestò invano<br />
a livello internazionale per l’indebita sottrazione di territori; <strong>il</strong> Papa<br />
si fidò ingenuamente di Napoleone III – che a parole ribadiva<br />
la sua protezione nei confronti della Santa Sede – e fece cadere l’ipotesi<br />
di creare una Confederazione italiana sotto la formale presidenza<br />
del Pontefice, subordinandola alla restituzione dei territori<br />
occupati.<br />
CAVOUR E LA CHIESA<br />
Garibaldi non era ancora sceso con i M<strong>il</strong>le in Sic<strong>il</strong>ia e forse uno<br />
spazio di trattativa vi poteva ancora essere. Ma le cose non andarono<br />
così: la politica anticlericale di Cavour prima (leggi Siccardi),<br />
e infine la conclusiva presa di Roma nel 1870 finirono con lo scavare<br />
un fossato profondo tra i cattolici e gli altri italiani, facendo<br />
tramontare, almeno apparentemente, per decenni quelle ipotesi<br />
cattolico-liberali che puntavano a una convergenza fra la fede religiosa<br />
e la pulsione nazionale italiana.<br />
Il saggio di Sale, al di là della consueta precisione documentaria e<br />
dell’equ<strong>il</strong>ibrata ricostruzione, si segnala per altri due elementi<br />
fondamentali che possono portare un contributo importante al dibattito<br />
sul centocinquantenario e che inducono l’autorevole rivista<br />
dei Gesuiti a differenziarsi nettamente dalle mode antiunitarie che<br />
recentemente sono assurte agli onori delle cronache.<br />
La prima questione è <strong>il</strong> riconoscimento, non nuovo nella migliore tradizione<br />
storiografica cattolica, delle garanzie che lo Statuto albertino<br />
offriva alle libertà fondamentali della persona. Libertà che erano tutt’altro<br />
che riconosciute dagli ordinamenti degli Stati preunitari, dei quali<br />
spesso si favoleggia come di mitici luoghi di benessere sociale.<br />
>>> segue a pagina 35 >>><br />
Era stato del resto Papa Paolo VI che<br />
nel 1970, in occasione del centenario<br />
dell’annessione di Roma all’Italia,<br />
aveva affermato come la fine del potere<br />
temporale dei Papi fosse stato un<br />
evento in ultima analisi positivo per<br />
una Chiesa che, sgombra da preoccupazioni<br />
temporalistiche, ne avrebbe<br />
tratto ulteriore slancio nel perseguimento<br />
delle sue finalità religiose.<br />
>>> segue a pagina 34 >>><br />
13-14<br />
2010<br />
33<br />
>>> segue da pagina 3 >>><br />
Chiesa<br />
e Unità d’Italia<br />
di Santi Fedele*<br />
Pio IX<br />
150º Unità d’Italia e dintorni