Storia del Teatro dei Piccoli - Il Rossetti
Storia del Teatro dei Piccoli - Il Rossetti
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incredibile, fra gli elogi schietti e vivi non v’era neppure una goccia di quel sottile veleno, non un briciolo di<br />
quella pungente ironia, non una di quelle prudenti riserve a cui i francesi, anche quando fanno un panegirico, non<br />
sanno e sembra non possano rinunciare».<br />
Sull’onda <strong>del</strong>le critiche entusiaste, esaltanti, arriva la folla a premere davanti al botteghino. I <strong>Piccoli</strong> erano<br />
scritturati per quindici giorni. Rimasero invece a Parigi tre mesi. Nel ricordo di quel successo, George Ravon, in<br />
un pezzo sul “Figaro Literaire” <strong>del</strong> 28 novembre 1953, ha scritto: «La capitale etait a leurs pieds. Les critiques<br />
les plus séveres tissaient des couronnes pour leurs petites têtes. Le bon public était ravi. Les snobs<br />
renchérissaient. On ne trouvait plus de places pour les enfants. Un triomphe, une révelation. Vittorio Podrecca<br />
devint l’homme du jour».<br />
Perché l’esigentissima Parigi è “ai piedi” di Podrecca? «Perché “l’abilità” e l’affiatamento di queste <strong>del</strong>iziose<br />
marionette hanno realmente <strong>del</strong> prodigioso» spiega ai propri lettori italiani l’inviato Francesco Saitta in una<br />
corrispondenza <strong>del</strong> gennaio 1929. E continua: «Nascoste nell’alto <strong>del</strong>le quinte, ventitre persone reali hanno la<br />
destrezza di far muovere in basso, sul palcoscenico, cinquecentoventitre persone di legno! E ogni fantoccio è<br />
mosso da una quantità di fili, che in alcuni giungono fino a venticinque! Con questi mezzi di estrema semplicità gli<br />
attori invisibili sanno imprimere ai fantocci un’infinita varietà di movimenti e di espressioni… E tutto senza mai<br />
uno sbaglio, una sola disarmonia, di voci e di mosse. <strong>Il</strong> fantoccio aderisce all’azione, alla musica, alla mano e al<br />
pensiero <strong>del</strong> manovratore come se egli stesso avesse un’anima e seguisse un proprio impulso interiore».<br />
Fu allora che André François Poncet, all’epoca Direttore generale alle Belle Arti, insignì Podrecca di quella “Legion<br />
d’Onore” che in seguito egli portò sempre all’occhiello. Nel discorso, pronunciato durante la cerimonia, Poncet<br />
disse: « … conferendovi le insegne <strong>del</strong>la Legion d’Onore, vi prego di riscontrarvi una prova <strong>del</strong>la stima e <strong>del</strong>la<br />
gratitudine che noi tutti abbiamo per la vostra persona, per il vostro magnifico sforzo d’arte». E Paul Leon,<br />
Accademico di Francia, aggiunse: «… Da tanti anni voi date all’arte <strong>del</strong>le marionette il vostro cuore e il vostro<br />
pensiero. Voi offrite, infine, a Parigi, tra applausi unanimi, l’apoteosi <strong>del</strong>l’arte vostra e <strong>del</strong> vostro meraviglioso<br />
repertorio … <strong>Teatro</strong> e cinema non riflettono che noi stessi. Qui, invece, appaiono altri esseri, creature insieme<br />
assai esatte e assai irreali».<br />
Nel corso <strong>del</strong>la cerimonia, il Ministro <strong>del</strong>l’Educazione si avvicinò a Mario Gorno, inventore e animatore <strong>del</strong><br />
pianista, per dirgli: «A Parigi, nei salotti aristocratici e fra il popolino, non si parla che di voi e <strong>del</strong>la vostra<br />
marionetta».<br />
Unica voce critica, ma a distanza di tempo, quella di Simone de Beauvoir: in una pagina <strong>del</strong> libro “L’età forte”,<br />
ricorda che i <strong>Piccoli</strong> non le piacquero perché troppo realistici. Ed è singolare le sia sfuggita proprio la<br />
caratteristica cardine <strong>del</strong>lo spettacolo: la carica di umorismo e di fantasia che la perfezione tecnica dava alle<br />
marionette di Podrecca, trasfigurate proprio nel loro verismo.<br />
Dopo tre mesi di repliche, spesso con due recite al giorno, la Compagnia lascia Parigi, scritturata in Belgio e<br />
nuovamente in Svizzera. Poi la solita ma sempre più striminzita pausa estiva e, a settembre, l’apertura <strong>del</strong>la<br />
stagione 1929-1930 in Grecia e in Turchia. «Mentre ci trovavamo, per circa un mese, a Costantinopoli - scrive<br />
Podrecca nei suoi ricordi - il nostro ambasciatore in Turchia ci portò da Ankara il simpatico appello di Kemal<br />
Pascià per dare un corso di recite alla nuova capitale turca, offrendoci viaggi e trasporti attraverso l’Asia Minore,<br />
ma difficoltà tecniche dovettero rinviare ad altra occasione questo viaggio, sicché <strong>Il</strong> gatto con gli stivali non poté<br />
stavolta apparire fra i celebri gatti di Angora».<br />
La compagnia si trasferisce successivamente in Egitto, al Cairo, a Luxor e ad Alessandria. «Avremmo anche<br />
dovuto dare una recita alla Corte <strong>del</strong> re d’Egitto - raccontava Podrecca - ma purtroppo la sala al palazzo reale <strong>del</strong><br />
Cairo non presentava sufficiente capienza per i nostri apparati scenici. Perché al contrario di quanto potrebbe<br />
credersi, il nostro piccolo teatro esige tecnicamente grandi palcoscenici ed una certa distanza dallo spettatore,<br />
per dare tutti i suoi effetti. Sempre al Cairo, sulla scena, ci onorò <strong>del</strong>la sua visita l’alto Commissario inglese, il<br />
quale mi domandò dettagli sulla costruzione <strong>del</strong>le marionette. Dovetti rispondergli: “Vede, Eccellenza, le<br />
marionette sono fabbricate un po’ qua, un po’ là, ma i fili che le tirano sono tutti inglesi!” E non c’era alcuna<br />
allusione, politica, se non il chiarimento che realmente il filo che adoperiamo è filo di scozia».