Storia del Teatro dei Piccoli - Il Rossetti
Storia del Teatro dei Piccoli - Il Rossetti
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appresentazione suscitò negli ambienti artistici <strong>del</strong>la capitale doveva ben crescere la curiosità nel grosso<br />
pubblico: non ci fu spettacolo che non si desse a teatro esaurito. Inevitabile … Ogni prima rappresentazione di<br />
opere, quali La gazza ladra, La bella dormiente nel bosco, <strong>Il</strong> gatto con gli stivali, La tempesta, L’occasione fa il<br />
ladro, ecc., rovesciava nel nostro teatro il pubblico più fine e intelligente <strong>del</strong>la capitale… I più illustri<br />
rappresentanti <strong>del</strong>l’aristocrazia inglese non mancano mai ai nostri spettacoli; e così gli uomini politici. Un<br />
frequentatore assiduo ed entusiasta è Asquith che dice di amare le nostre marionette più di qualsiasi illustre<br />
attore: abbiamo visto qualche volta nel nostro teatro Lord George, Baldwin, Lord Churchill ed altri. Tra i letterati<br />
che amano i nostri spettacoli abbiamo notato Barry, Shaw, Sutro: Shaw specialmente dichiara di non aver mai<br />
visto nulla di così bello come le nostre esecuzioni… E poi si parla un po’ dappertutto <strong>del</strong> nostro teatro; perfino alla<br />
camera <strong>dei</strong> Comuni dove un deputato ministeriale ha dichiarato di preferire le marionette <strong>dei</strong> <strong>Piccoli</strong> ai fantocci<br />
<strong>del</strong>l’opposizione. Come vede abbiamo riportato anche un successo parlamentare».<br />
Tre mesi al New Scala Theatre e subito dopo, a riprova <strong>del</strong> trionfo, un’altra scrittura per Londra: quella <strong>del</strong><br />
Coliseum, un’immensa sala di tremila posti, una specie di università <strong>del</strong> music hall internazionale. Per tutto<br />
luglio, i <strong>Piccoli</strong> diedero su questo palcoscenico due recite al giorno. È di quel periodo una lettera di Eleonora Duse<br />
a Vittorio Podrecca. La più grande attrice italiana di tutti i tempi recitava, in quei giorni, all’Oxford Theatre.<br />
Aveva sessantacinque anni. <strong>Il</strong> 5 maggio 1921, dopo un lungo, volontario esilio dalle scene, aveva dovuto<br />
riprendere a lavorare, perché la guerra e l’inflazione avevano bruciato tutti i suoi risparmi. A Londra, Eleonora<br />
Duse si preparava ad affrontare un nuovo debutto negli Stati Uniti: l’ultima tournée che si concluse a Pittsburgh<br />
con la sua morte, il lunedì di Pasqua <strong>del</strong> 1924.<br />
Al di là <strong>del</strong>le critiche entusiaste che, sui giornali di tutto il mondo, accompagnano l’avventura <strong>del</strong> teatro di<br />
Podrecca e al di là <strong>del</strong>la catena di scritture e di platee sempre esaurite, queste poche righe di Eleonora Duse sono<br />
una testimonianza altissima, toccante e di poetica immediatezza per capire la realtà, la portata creativa e<br />
teatrale <strong>dei</strong> <strong>Piccoli</strong>. «Caro signor Podrecca, ho voluto parlarle, ma non mi fu possibile. Volevo ripeterle a voce<br />
saluti, auguri, ammirazione per il suo lavoro e dirle ancora tutto il bene che penso. Anche la marionetta può<br />
essere perfetta, quando è guidata da un’anima. I suoi attori non parlano ed obbediscono; i miei parlano e non<br />
obbediscono. Quanto sarei lieta che mi portasse, con il suo teatro, anch’io con voi, a fare il giro <strong>del</strong> piccolo<br />
mondo nostro! Parto tra poco per Parigi, Hotel Regina. Eleonora Duse».<br />
Londra fu una tappa decisiva non solo nel cammino teatrale <strong>del</strong>le teste di legno ma anche nell’esistenza stessa di<br />
Vittorio Podrecca, <strong>del</strong> loro “papà” come lui stesso si definiva. Un giorno di quell’estate, Podrecca dovette<br />
forzatamente rimpiazzare la cantante che dava la voce alla protagonista <strong>del</strong>la Bella dormiente di Respighi.<br />
L’impresario Willy Marwod gli segnalò un giovane soprano irlandese, Cissie Vaughan che, allieva di Leoncavallo e<br />
di A<strong>del</strong>ina Patti, era in quel momento in forza al Covent Garden. Le proposero una scrittura. <strong>Il</strong> soprano si disse<br />
assai lusingata, accettò e cominciò a studiare lo spartito. Nessuno le aveva chiarito che si trattava di “doppiare”<br />
una marionetta.<br />
«Dopo una settimana - ha raccontato Podrecca - Cissie si presentò alle prove e rimase come pietrificata alla vista<br />
<strong>dei</strong> suoi compagni. Erano piccini, avevano il viso stranamente immobile, avevano movimenti sciolti ma<br />
grotteschi».<br />
Andò su tutte le furie. Avrebbe voluto ritirarsi. Ma c’era un contratto firmato. Cissie Vaughan cantò e finì per<br />
rimanere tutta la vita insieme ai <strong>Piccoli</strong>. «Donna intelligente e sensibile - ha scritto Podrecca - vide che le nostre<br />
teste di legno facevano sul serio, amavano il teatro e l’arte non meno di lei. Scoprì che colui che le aveva portate<br />
fin lì non giocherellava». Rimase e, divorziata, divenne la moglie di Vittorio. «Pensare! – commentò - Avevo<br />
giurato a me stessa di non sposare mai né un italiano né un cantante».<br />
Si scelse anche un nome nostrano: Lia. E da quel giorno fu la dolce, attiva, partecipe compagna <strong>del</strong> lavoro di<br />
Podrecca, <strong>dei</strong> suoi entusiasmi, <strong>del</strong>le sue fatiche: il suo alter ego e, alla morte di Vittorio, la bandiera <strong>dei</strong> <strong>Piccoli</strong><br />
che cercò di portare avanti fra mille peripezie.<br />
Un mese di repliche al Coliseum e poi, nel pieno <strong>del</strong>l’estate, trasferta <strong>del</strong>la Compagnia, debutto e ormai rituale<br />
successo all’Hippodrome Theatre di Manchester e di Bristol. Gli applausi, le ovazioni <strong>del</strong>l’Inghilterra aprono ai<br />
<strong>Piccoli</strong> la via degli Stati Uniti. Nella già citata intervista di Mario Labroca su “L’Idea Nazionale”, Mario Fidora