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Storia del Teatro dei Piccoli - Il Rossetti

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«Mentre son qui tranquillo, non posso fare a meno di riandare alle meravigliose avventure <strong>dei</strong> miei burattini<br />

attraverso il mondo; come essi seppero conquistare gli uomini più diversi per spirito e per lingua; come seppero<br />

conquistare anche me e imporsi anche a me che avevo dato loro la vita. Improvvisamente mi accorsi che essi<br />

erano diventati adulti: avevano otto anni di età quando mi accorsi di questo ed espressero subito una così<br />

risoluta personalità che da allora fu vano voler continuare ad imporre loro la mia. Posso dire di essere ora<br />

semplicemente il loro consigliere, un consigliere amato e rispettato dal quale si ascoltano i consigli e si accettano<br />

paternali e rabbuffi, ma nient’altro che un consigliere. Ormai sono loro che creano se stessi. Se chiudo gli occhi li<br />

vedo tentare una nuova figura, accennare un nuovo passo, abbozzare una caricatura. L’indomani o un altro giorno<br />

li chiamo sul palcoscenico e provo le loro creazioni, suggerisco una piccola modificazione, un particolare più<br />

incisivo, un atteggiamento più teatrale, di più immediata presa sul pubblico. A Londra, nel 1923, alla loro prima<br />

sortita dall’Italia, mi resi conto di essere diventato un buon vecchio padre di figli che sapevano ormai muoversi<br />

da soli nel mondo. Fu Shaw che, durante una prova, mi pose l’imbarazzante domanda: “Siete sicuro che i vostri<br />

burattini accetterebbero di portare sulle scene una pièce che non fosse di loro gradimento?”».<br />

Due giorni dopo l’approdo a Genova, i <strong>Piccoli</strong> debuttano all’Augustus. Un lungo, commosso applauso saluta, al<br />

levarsi <strong>del</strong> sipario, il loro ritorno.<br />

Vittorio Podrecca è a “casa”, in patria, dopo quattordici anni di lontananza. Molti sono stati anni duri, nonostante<br />

l’affetto, la solidarietà <strong>del</strong> Paese che lo ha ospitato per tutto il periodo <strong>del</strong> conflitto, <strong>del</strong>la forzata emigrazione e<br />

<strong>del</strong>l’immediato dopoguerra. Duri sul piano pratico e non soltanto su quello <strong>dei</strong> sentimenti <strong>del</strong>la nostalgia. Anni<br />

quasi da profugo. E un profugo, con al seguito l’esercito <strong>dei</strong> <strong>Piccoli</strong> e con dentro l’ossessione di un teatro, di<br />

un’“idea” da salvare. Podrecca è tornato carico di gloria, ma leggero di quattrini e malfermo in salute. In<br />

Argentina ha dovuto sottoporsi a due operazioni di ulcera duodenale. Appena a Genova, deve subirne una terza,<br />

per cui non può assistere ai primi spettacoli <strong>del</strong>la rentrée.<br />

In quell’ulcera che, bisturi dopo bisturi, gli mangia lo stomaco, c’è lo zampino degli affanni finanziari, <strong>dei</strong> salti<br />

mortali per non arrendersi, <strong>del</strong>l’ansia quotidiana di portare avanti un teatro che, in tempi di esplosione <strong>del</strong><br />

cinema e di nascente minaccia <strong>del</strong>la televisione, sembra una scommessa, una testarda sfida.<br />

Certo, i <strong>Piccoli</strong> sono carichi di gloria: 25 mila rappresentazioni e tutte fragorose di applausi, di lodi, di iperbolica<br />

ammirazione. Walt Disney ha parlato di magia, Charlie Chaplin ha scritto, senza freni di modestia: «Se si esclude<br />

Charlot, nessuno ha saputo creare uno spettacolo così geniale». Greta Garbo si è mossa dagli eremi <strong>del</strong> suo<br />

divismo per vedere la marionetta che la imita. Arturo Toscanini ha detto: «I <strong>Piccoli</strong> sono un fenomeno unico nella<br />

storia <strong>del</strong>l’arte teatrale: piacciono a me, alla mia famiglia, al mio autista, alla mia cuoca, ai bambini <strong>del</strong> mio<br />

autista e <strong>del</strong>la mia cuoca».<br />

La gloria, soprattutto adesso che è finito l’incubo <strong>del</strong>la guerra, la situazione si è normalizzata e i <strong>Piccoli</strong> non sono<br />

più costretti a rosicchiare il solito e già spolpato osso argentino, assicura buoni incassi. Ma non è che i problemi di<br />

Podrecca siano risolti. La “macchina” <strong>dei</strong> <strong>Piccoli</strong>, fra la troupe fissa, le orchestre da ingaggiare (solo negli ultimi<br />

anni Podrecca si rassegnerà ad una colonna sonora su nastro), le spese di trasporto <strong>del</strong>lo sterminato materiale, è<br />

estremamente costosa e obbliga a continue capriole per assicurare la sopravvivenza <strong>del</strong>la Compagnia.<br />

Ma Podrecca ha la grazia di un poetico entusiasmo e un sorridente ottimismo <strong>del</strong>la volontà. È vicino ai settanta.<br />

Ma non molla. Appena può alzarsi dal letto <strong>del</strong> suo terzo intervento chirurgico, si ributta al lavoro e raggiunge la<br />

Compagnia che, in quella sua prima tournée italiana dopo la lunghissima parentesi <strong>del</strong>la guerra, ha impegni a<br />

catena e passa da un teatro all’altro, da una città all’altra: una settimana al Duse di Bologna, venti giorni<br />

all’Excelsior di Milano, tutto dicembre al Mercadante di Napoli, oltre due mesi al Quattro Fontane di Roma. Poi<br />

Lucca, Pisa, Livorno, Siena, Torino (tutto l’aprile <strong>del</strong> ’52 al <strong>Teatro</strong> Alfieri), Piacenza, ancora Milano (dall’inizio di<br />

maggio a metà giugno), ancora Genova e chiusura <strong>del</strong>la stagione a Tirrenia, dove i <strong>Piccoli</strong> girano da protagonisti<br />

due cortometraggi a colori, Circo e Music Hall, che saranno presentati e premiati alla Mostra d’arte<br />

cinematografica di Venezia, al Festival <strong>del</strong> 1952. Podrecca tira le somme. La rentrée italiana è stata cadenzata<br />

dagli applausi, dall’entusiasmo, dal pieno consenso <strong>del</strong>la critica che sottolinea soprattutto la modernità, la<br />

giovinezza, l’intatto fascino <strong>dei</strong> <strong>Piccoli</strong>, nonostante gli anni, e sono ormai trentotto, e le rapide, radicali<br />

metamorfosi <strong>del</strong> gusto, <strong>del</strong>la cultura in quel non breve arco di tempo.

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